CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JACOBS

presentate il 15 settembre 2005 1(1)

Causa C-301/03

Repubblica italiana

contro

Commissione delle Comunità europee






 Introduzione

1.     Ai termini dell’art. 159 CE la Comunità appoggia la realizzazione degli obiettivi di coesione sociale ed economica, compreso lo sviluppo delle regioni, agendo attraverso strumenti finanziari come i fondi a finalità strutturale (2).

2.     Ai termini dell’art. 161 CE il Consiglio definisce i compiti, gli obiettivi prioritari e l’organizzazione dei fondi a finalità strutturale, le norme generali ad essi applicabili, nonché le disposizioni necessarie per garantire l’efficacia e il coordinamento dei fondi tra loro e con gli altri strumenti finanziari esistenti.

3.     Il Consiglio ha per questo adottato un regolamento sui fondi strutturali (3) che disciplina obiettivi, organizzazione, funzionamento ed esecuzione di tali fondi, assieme a compiti e poteri della Commissione e degli Stati membri al riguardo.

4.     Il contributo, principalmente finanziario, fornito al livello dei fondi strutturali è corrisposto nel corso di varie fasi di programmazione ed esecuzione. I «complementi di programmazione» costituiscono l’ultima fase del processo. Essi contengono elementi dettagliati di attuazione della strategia generale e degli assi prioritari già definiti nei «programmi operativi» e nei «documenti unici di programmazione» – per esempio, indicano la categoria di beneficiari finali di ciascuna misura –, precisando tra l’altro l’importo della dotazione finanziaria prevista per la partecipazione del Fondo in questione. Vengono in rilievo in sede di attuazione di operazioni specifiche o di azioni cofinanziate dai fondi strutturali.

5.     In applicazione del principio di stretta cooperazione (ovvero di «partenariato») fra Stati membri e Commissione, alla base del regolamento sui fondi strutturali, i programmi operativi e i documenti unici di programmazione sono approvati dalla Commissione, mentre i complementi di programmazione sono predisposti e approvati dallo Stato membro interessato ovvero dalle autorità di gestione da esso designate. Gli elementi dei complementi di programmazione sono passibili, all’occorrenza, di modifiche (4). Queste, il più delle volte (5), sono approvate a livello nazionale; la Commissione ne viene solo informata.

6.     Il presente ricorso ai sensi dell’art. 230 CE concerne le spese per modifiche dei complementi di programmazione a norma del regolamento sui fondi strutturali. La Repubblica italiana chiede l’annullamento di una serie di atti correlati in cui la Commissione ha preso posizione sulla data a partire dalla quale tali spese possono essere ammesse al pagamento.

7.     Secondo il governo italiano, in sostanza, nonostante il carattere asseritamente interpretativo, gli atti impugnati sono intesi a produrre effetti giuridici. Essi impongono obblighi che la Commissione non ha la facoltà di imporre e che sono contrari o quanto meno estranei al regolamento sui fondi strutturali.

8.     La Commissione contesta la ricevibilità del ricorso. I detti atti non sono impugnabili ai sensi dell’art. 230 CE perché non hanno, né intendono avere, effetti giuridici. In subordine, la Commissione ritiene il ricorso infondato.

9.     Sia l’Italia che la Commissione sono state rappresentate all’udienza.

 Il diritto comunitario pertinente

 Il regolamento sui fondi strutturali

10.   Le nozioni rilevanti ai fini della presente controversia sono definite all’art. 9 del regolamento sui fondi strutturali.

11.   Ai termini dell’art. 9, lett. e), s’intendono per «interventi» «forme d’intervento dei Fondi» come «i programmi operativi o il documento unico di programmazione».

12.   Per programma operativo l’art. 9, lett. f), intende «il documento approvato dalla Commissione ai fini dell’attuazione di un quadro comunitario di sostegno [(6)], composto di un insieme coerente di assi prioritari articolati in misure pluriennali, per la realizzazione del quale è possibile far ricorso ad uno o più Fondi e ad uno o più degli altri strumenti finanziari esistenti, nonché alla BEI».

13.   Per documento unico di programmazione l’art. 9, lett. g), intende «un documento unico approvato dalla Commissione che riunisce gli elementi contenuti in un quadro comunitario di sostegno e in un programma operativo».

14.   Per complemento di programmazione l’art. 9, lett. m), intende «il documento di attuazione della strategia e degli assi prioritari dell’intervento, contenente gli elementi dettagliati a livello di misure (…), elaborato dallo Stato membro o dall’autorità di gestione (7) (…); viene trasmesso alla Commissione a titolo informativo». Il medesimo articolo precisa che i complementi di programmazione possono essere adattati, se del caso, conformemente all’art. 34, n. 3.

15.   Ai termini dell’art. 34, n. 3, l’autorità di gestione «adatta, su richiesta del comitato di sorveglianza o di sua iniziativa, il complemento di programmazione senza modificare l’importo totale della partecipazione dei Fondi concesso per l’asse prioritario di cui trattasi né gli obiettivi specifici del medesimo. Entro un mese, previa approvazione del comitato di sorveglianza, essa comunica alla Commissione il suddetto adattamento». Sempre in base alla medesima disposizione, «[l]e eventuali modifiche che riguardano gli elementi contenuti nella decisione relativa alla partecipazione dei Fondi sono decise dalla Commissione, d’intesa con lo Stato membro interessato, entro un termine di quattro mesi a decorrere dall’approvazione del comitato di sorveglianza».

16.   L’approvazione di questi vari documenti nel processo di programmazione è disciplinata principalmente dall’art. 15 del regolamento sui fondi strutturali, intitolato «Preparazione e approvazione», che al n. 4, secondo comma, così recita: «La Commissione valuta le proposte di programmi operativi presentate dallo Stato membro in funzione della loro coerenza con gli obiettivi del corrispondente quadro comunitario di sostegno e della loro compatibilità con le politiche comunitarie». La detta istituzione adotta, allora, d’intesa con lo Stato membro interessato, una decisione relativa alla partecipazione dei Fondi, purché le proposte soddisfino tutte le condizioni poste dal regolamento sui fondi strutturali.

17.   Ai sensi dell’art. 15, n. 5, «la Commissione (…) adotta una decisione sui documenti unici di programmazione d’intesa con lo Stato membro interessato», purché siano soddisfatte tutte le condizioni poste dal regolamento sui fondi strutturali.

18.   L’art. 15, n. 6, stabilisce che «[l]o Stato membro o l’autorità di gestione adottano il complemento di programmazione definito all’articolo 9, lettera m), previo accordo del comitato di sorveglianza se il complemento di programmazione è elaborato dopo la decisione di partecipazione dei Fondi della Commissione, o previa consultazione delle parti interessate se è elaborato prima della decisione di partecipazione dei Fondi. In quest’ultimo caso il comitato di sorveglianza conferma il complemento di programmazione o chiede un adeguamento in conformità dell’articolo 34, paragrafo 3». Lo Stato membro lo trasmette, allora, alla Commissione al più tardi entro tre mesi dalla decisione della stessa recante approvazione di un programma operativo o di un documento unico di programmazione.

19.   L’ammissione della spesa alla partecipazione dei Fondi è regolamentata dall’art. 30.

20.   Conformemente all’art. 30, n. 2, «[u]na spesa non ha i requisiti per essere ammessa alla partecipazione dei Fondi se è stata effettivamente sostenuta dal beneficiario finale prima della data di ricezione della domanda d’intervento da parte della Commissione. Tale data costituisce il termine iniziale per l’ammissione delle spese». La medesima disposizione precisa che «[i]l termine finale per l’ammissione delle spese è fissato nella decisione relativa alla partecipazione dei Fondi». Nessun punto del regolamento sui fondi strutturali disciplina espressamente l’ammissione di una spesa relativa a modifiche dei complementi di programmazione.

21.   Il pagamento della partecipazione dei Fondi è disciplinato dall’art. 32, n. 2. In sostanza, l’autorità di pagamento designata dallo Stato membro certifica la spesa e chiede, poi, il rimborso alla Commissione. La Commissione può decidere di non accogliere la domanda qualora non siano soddisfatte le condizioni prescritte e ingiungere allo Stato membro e all’autorità di pagamento di intraprendere le misure necessarie per ovviare alla situazione prima che il rimborso sia accordato.

22.   L’art. 53, n. 2, del regolamento sui fondi strutturali autorizza la Commissione ad adottare le modalità di applicazione inter alia dell’art. 30, purché secondo la procedura prevista all’art. 48, n. 2, lett. a), che a sua volta rinvia all’art. 47, n. 3, ai cui sensi il comitato per lo sviluppo e la riconversione delle regioni, esercitando le competenze del comitato di sorveglianza e, in qualche caso, dello stesso Consiglio, vota la proposta della Commissione.

23.   I comitati di sorveglianza sono istituiti dagli Stati membri conformemente al diritto nazionale al fine di seguire ogni quadro comunitario di sostegno o documento unico di programmazione e ogni programma operativo.

24.   L’art. 35 ne definisce organizzazione, ruolo e funzioni. Il principale compito di un comitato di sorveglianza è di controllare l’attuazione dei documenti suddetti e assicurarsi dell’efficienza e della qualità dell’esecuzione dell’intervento. La composizione di tali comitati può variare, purché gli Stati membri coinvolgano autorità competenti locali e regionali, partner economici e sociali ed altri organi competenti per i contributi. Un comitato di rappresentanza partecipa, poi, ai lavori del comitato di sorveglianza, ma solo con voto consultivo.

25.   Il comitato di sorveglianza provvede, fra l’altro, a confermare o ad adattare il complemento di programmazione, compresi gli indicatori fisici e finanziari da impiegare nella sorveglianza dell’intervento. La sua approvazione è richiesta prima di qualsiasi ulteriore adattamento. Esso altresì esamina ed approva i criteri di selezione delle operazioni finanziate a titolo di ciascuna misura; esamina i risultati dell’esecuzione; esamina ed approva i rapporti annuali e finali di esecuzione prima che siano trasmessi alla Commissione; esamina e approva qualsiasi proposta di modifica inerente al contenuto della decisione della Commissione concernente la partecipazione dei Fondi e può comunque proporre all’autorità di gestione qualsiasi adattamento o revisione dell’intervento (8).

26.   Infine, il comitato per lo sviluppo e la riconversione delle regioni è un comitato istituito dall’art. 47 per assistere la Commissione nell’attuazione del regolamento sui fondi strutturali. A norma dell’art. 48 esso è composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. Esercita competenze di comitato consultivo o di gestione secondo le questioni che tratta.

 Fatti all’origine della controversia

27.   La presente controversia è sorta nell’ambito di un processo di consultazioni tra la Commissione e gli Stati membri destinato alla semplificazione delle procedure per l’utilizzo dei Fondi strutturali.

28.   Il 24 luglio 2002, durante la 67a riunione del comitato per lo sviluppo e la riconversione delle regioni, la Commissione presentava un progetto di documento intitolato «Nota sulla semplificazione, il chiarimento, il coordinamento e la flessibilità della gestione delle politiche strutturali 2000-2006» (nota CDRR‑03-0013-00). La stessa nota veniva distribuita per essere discussa durante la riunione ministeriale del 7 ottobre 2002 tra il commissario Barnier e i ministri degli Stati membri.

29.   In quella nota la Commissione proponeva alcuni chiarimenti e semplificazioni delle procedure di gestione dei Fondi, fra cui una semplificazione delle modifiche dei complementi di programmazione: dove tali modifiche da parte dei comitati di sorveglianza richiedono aggiustamenti dell’intervento deliberato, anche la prima decisione della Commissione relativa all’intervento dev’essere corrispondentemente modificata. Lo Stato membro e la Commissione devono perciò dare la loro approvazione secondo le pertinenti disposizioni del regolamento sui fondi strutturali. Dove, invece, le modifiche riguardano soltanto il complemento di programmazione, non occorre l’approvazione della Commissione.

30.   Come attestato dal verbale della 67a riunione, il rappresentante della Commissione, rispondendo ad un quesito formulato dal delegato italiano, dichiarava che «in caso di modifica dei programmi, la data iniziale di ammissibilità delle nuove misure (o delle misure modificate), era identica a quella del programma, vale a dire nella maggior parte dei casi la data di ricevimento di un programma ammissibile».

31.   Dal verbale risulta anche che il presidente, ossia il rappresentante della Commissione, rispondendo ai commenti generali della delegazione spagnola sul carattere vieppiù normativo delle note informative della Commissione, affermava che queste ultime «mirano a rendere edotti gli Stati membri delle modalità con cui i servizi della Commissione interpretano e applicano le regole per la messa in opera dei Fondi strutturali. Per loro natura tali note sono interne e non sono mai definitive».

32.   Durante la 75a riunione dello stesso comitato, la Commissione presentava una nota intitolata «Data di ammissibilità delle nuove spese in caso di modifica dei documenti di programmazione». In essa la Commissione precisava che l’ammissibilità di una spesa presentata all’atto della modifica di un programma operativo o di un documento unico di programmazione decorre dalla data in cui perviene alla Commissione la domanda di modifica dell’intervento, vale a dire dalla data prevista all’art. 30 del regolamento sui fondi strutturali.

33.   In caso di modifiche dei complementi di programmazione, però, la nota distingue fra due casi.

34.   Se si rende necessario anche un cambiamento del singolo documento di programmazione o del programma operativo, si applica la data di ammissibilità riportata nella decisione recante approvazione della modifica del detto documento ovvero del detto programma.

35.   Se, invece, la modifica riguarda unicamente il complemento di programmazione, la data iniziale dell’ammissibilità «sarà determinata dal comitato di sorveglianza; tuttavia, per motivi di corretta gestione finanziaria, tale data non può precedere la data di approvazione, da parte dello stesso comitato, della modifica proposta».

36.   Tale nota costituisce la prima misura oggetto del ricorso di annullamento (in prosieguo: la «nota impugnata»).

37.   Successivamente, nell’ambito delle procedure consultive scritte avviate dai comitati di sorveglianza della Regione Sardegna, della Regione Siciliana e della Regione Lazio, la Commissione inviava a ciascuno di essi una lettera con sue osservazioni sui rispettivi complementi di programmazione (in prosieguo: le «lettere impugnate»).

38.   Quanto alla Sardegna, la Commissione confermava che, conformemente alla nota impugnata, allegata alla sua lettera, nel caso di modifiche dei complementi di programmazione «come quelle previste dalla procedura scritta in oggetto», la data d’inizio dell’ammissibilità delle spese dev’essere determinata dal comitato di sorveglianza ma, per motivi di corretta gestione finanziaria, non può in nessun caso essere antecedente all’approvazione, da parte dello stesso comitato di sorveglianza, della modifica proposta.

39.   La Commissione allegava la nota impugnata anche alla lettera al comitato di sorveglianza della Regione Lazio e ricordava che, nel caso di modifiche dei complementi di programmazione «come quelle previste dalla procedura scritta in oggetto», la data d’inizio dell’ammissibilità delle spese dev’essere «determinata dal Comitato di sorveglianza e non può precedere la data di approvazione, da parte dello stesso Comitato, della modifica proposta (in questo caso, la data di chiusura della procedura scritta). Il Complemento di programmazione modificato dovrà specificare la data d’inizio di ammissibilità delle nuove spese interessate dalla modifica del documento».

40.   Infine, nel caso del comitato di sorveglianza della Regione Siciliana, la Commissione invitava l’autorità di gestione ad esplicitare di nuovo la data di decorrenza dell’ammissibilità della spesa, tenuto conto della recente presa di posizione della Commissione, con riferimento implicito alla nota impugnata.

 Ricevibilità

 Argomenti

41.   La Commissione sostiene che le misure controverse non producono, né mirano a produrre, effetti giuridici diretti nei confronti di soggetti esterni all’amministrazione e non possono perciò essere impugnate ex art. 230 CE.

42.   La Commissione fa riferimento anzitutto alla giurisprudenza secondo la quale gli atti con cui essa meramente interpreta una disposizione di legge o annuncia di voler seguire una certa linea di condotta non possono ritenersi dotati di efficacia giuridica. Suscettibili di produrre effetti giuridici non sono l’interpretazione della disposizione di diritto comunitario o l’annuncio d’intenti, bensì la loro applicazione ad una certa situazione (9).

43.   Per quanto attiene alla nota impugnata, la Commissione ne evidenzia anzitutto il contesto e la forma. Entrambi mostrano che essa non mirava a produrre l’effetto vincolante lamentato dall’Italia.

44.   La nota è finalizzata a rendere edotti gli Stati membri e le autorità di gestione nazionali sui criteri che la Commissione si propone di applicare nelle successive decisioni sulle richieste di pagamento, anticipando loro l’intenzione di non ammettere al contributo le spese per modifiche ai complementi di programmazione sostenute antecedentemente alle date indicate nella nota medesima. Solo le decisioni di rigetto o di accoglimento delle richieste di pagamento sono atti idonei a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi e, come tali, possono essere impugnate ex art. 230 CE.

45.   La Commissione riconosce che la nota impugnata può influenzare gli Stati membri e le autorità di gestione, ma ciò, in conformità con la sentenza IBM (10), costituisce una conseguenza di fatto, piuttosto che un effetto giuridico.

46.   La Commissione riconosce anche che, conformemente alla giurisprudenza citata dall’Italia, atti contenenti un’interpretazione errata del diritto comunitario sono autonomamente impugnabili se, per effetto di tale interpretazione, impongono agli Stati membri obblighi diretti non previsti dalla norma medesima e neppure da una successiva misura di applicazione. La nota impugnata non rientra, però, in tale categoria di atti.

47.   Le lettere impugnate, fa notare la Commissione, contengono valutazioni e suggerimenti non vincolanti per i Comitati di sorveglianza nell’ambito delle consultazioni scritte avviate da questi ultimi in ordine alle modifiche dei complementi di programmazione. Rispetto a tale procedura, di competenza delle autorità nazionali, la Commissione non può imporre alcuna variazione. Le osservazioni hanno la medesima natura informativa già evidenziata con riferimento alla nota impugnata e debbono perciò ritenersi non impugnabili ai sensi dell’art. 230 CE.

48.   Secondo l’Italia, la nota impugnata non si limita a chiarire la portata delle disposizioni relative all’ammissibilità delle spese, bensì pone obblighi ulteriori, non previsti dal regolamento sui fondi strutturali. Le condizioni e i limiti di ammissibilità delle spese introdotti dalla Commissione nelle misure impugnate non trovano riscontro testuale nell’art. 30, n. 2, del regolamento.

49.   L’Italia osserva che, visto l’obbligo loro imposto dall’art. 10 CE, gli Stati membri devono adottare immediatamente regole differenti per conformarsi ai precetti contenuti nella nota impugnata a pena di esclusione del rimborso delle spese non conformi ai criteri di ammissibilità stabiliti dalla Commissione. Ciò considerato, detta nota è suscettibile di produrre effetti giuridici.

50.   L’Italia fa riferimento alle sentenze della Corte in una serie di ricorsi della Francia contro l’adozione da parte della Commissione di un «codice di condotta» per gli Stati membri (11), di due comunicazioni interpretative (12) e di «istruzioni di servizio» per i dipendenti della stessa Commissione (13).

 Analisi

51.   Secondo una giurisprudenza consolidata, il ricorso di annullamento è esperibile avverso qualsiasi provvedimento adottato dalle istituzioni, indipendentemente dalla sua natura o dalla sua forma, che miri a produrre effetti giuridici (14).

52.   Poiché l’Italia è uno Stato membro e non le occorre dimostrare uno specifico interesse giuridico ad esperire un ricorso ex art. 230 CE, non ritengo necessaria la prova che i suoi specifici interessi sono stati lesi (15).

53.   Rilevante è, piuttosto, se le misure impugnate hanno potuto in quanto tali modificare la posizione giuridica – ovvero il complesso dei diritti e degli obblighi in un dato momento – di un terzo.

54.   Vi è tuttavia una serie di motivi per cui è difficile pervenire ad una conclusione pienamente soddisfacente in merito alla ricevibilità del ricorso.

55.   Da un lato, le misure impugnate non paiono rispondere appieno ai criteri individuati dalla giurisprudenza per affermare che producono o mirano a produrre effetti giuridici su terzi. Al contrario, alla luce di tale giurisprudenza, esse sembrano solo prefigurare alcune decisioni ulteriori destinate, per parte loro, a produrre effetti giuridici (16) e tradurre «l’intenzione» della Commissione «di seguire una determinata linea di condotta» (17).

56.   Tale conclusione è corroborata dai contesti di fatto e di diritto in cui le misure impugnate sono state adottate, ma anche da un’analisi del loro contenuto.

57.   I contesti di fatto e di diritto suggeriscono che mancava l’intenzione di conferire efficacia vincolante alle misure impugnate.

58.   La nota impugnata era il risultato di discussioni generali in seno al comitato per lo sviluppo e la riconversione delle regioni. Non era fondata su una specifica disposizione, né era stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale. Prima di distribuirla agli Stati membri nel corso della 67a riunione (18) la Commissione aveva esplicitamente avvertito che si trattava di un documento interno, modificabile e puramente indicativo. La Commissione ha inoltre affermato più volte di non aver mai inteso attribuire a quella nota effetti giuridici non riscontrabili nell’art. 30 del regolamento sui fondi strutturali, ciò che spiega l’assenza in essa di qualsivoglia riferimento normativo.

59.   Le tre lettere impugnate, risulta dal fascicolo, sono state inviate ai comitati di sorveglianza come parte della procedura consultiva scritta avviata da questi ultimi al fine di emendare i complementi di programmazione. Nel corso di tale procedura, come osserva lo stesso governo italiano nel merito ed emerge dal combinato disposto degli artt. 15, n. 6, 34, n. 3, e 35 del regolamento sui fondi strutturali, la Commissione ricopre piuttosto un ruolo consultivo (19) e non può adottare atti vincolanti che richiedano modifiche da parte delle autorità nazionali.

60.   Anche da un punto di vista sostanziale, le misure impugnate sembrano sprovviste di propri effetti giuridici, diversi da quelli contenuti nel regolamento sui fondi strutturali. Esse non ledono i diritti sostanziali o procedurali degli Stati membri, visto che a rigore non impediscono loro di presentare alla Commissione richieste di rimborso di spese non conformi ai criteri di ammissibilità enucleati nella nota impugnata. La situazione giuridica degli Stati membri resta perciò la stessa. La Commissione continua a dover esaminare tutte le domande e adottare una decisione definitiva su di esse in conformità con l’art. 35 del regolamento sui fondi strutturali. Come la Corte ha affermato in casi simili (20), sarebbero piuttosto decisioni definitive di rifiuto del pagamento a produrre gli effetti giuridici che l’Italia attribuisce alla nota impugnata.

61.   Dall’altro lato, una dichiarazione d’irricevibilità sarebbe insoddisfacente sotto più profili.

62.   Come osserva l’Italia, e la stessa Commissione riconosce, le autorità nazionali possono essere indotte a modificare norme e procedure interne per dare attuazione alle misure impugnate – cosa ben probabile, ove si consideri il tenore imperativo e inequivocabile delle lettere (21) e la natura generale della nota in contestazione –. Il comportamento della Commissione al riguardo non è certo immune da censure.

63.   Inoltre, come meglio risulterà in sede di disamina del merito, la nota impugnata sembra chiaramente prescindere, quanto alle modifiche dei complementi di programmazione, dall’unica disposizione del regolamento sui fondi strutturali che traccia i criteri per l’ammissibilità della spesa, vale a dire l’art. 30, n. 2. Se davvero è così, la Commissione, più che offrire una semplice interpretazione di quella disposizione, introdurrebbe un criterio prima facie non previsto dal regolamento sui fondi strutturali.

64.   In base a questi soli elementi la nota impugnata apparirebbe eccedere quanto richiesto dal regolamento sui fondi strutturali e, alla luce della giurisprudenza citata dall’Italia, le misure impugnate sembrerebbero effettivamente intese a produrre effetti giuridici.

65.   La soluzione della ricevibilità del ricorso si lascia preferire anche per ragioni di economia processuale e di certezza del diritto.

66.   Coma l’Italia ha osservato all’udienza, l’irricevibilità varrebbe solo a ritardare il giudizio della Corte sulla validità delle misure contestate, in violazione del principio di economia processuale. Nonostante la chiarezza dei termini con cui la Commissione si è espressa in tali misure, l’intenzione dichiarata di applicare quell’interpretazione e il carattere generale della nota impugnata, una decisione d’irricevibilità costringerebbe gli Stati membri ad aspettare un atto esplicito di rigetto, da parte della Commissione, della richiesta di pagamento per poi depositare un nuovo ricorso sul fondamento degli stessi motivi dedotti nella fattispecie.

67.   Ciò prolungherebbe la situazione di incertezza del diritto innescata dalla nota impugnata (22). Qualche Stato membro potrebbe astenersi dal presentare richieste di spese che in un successivo giudizio la Corte riterrà invece ammissibili. Altri potrebbero, viceversa, decidere di non tener conto della detta nota e andare avanti con le domande di pagamento, impugnando poi dinanzi alla Corte eventuali decisioni di rigetto della Commissione. Una situazione siffatta difficilmente può dare certezze del diritto. Se esaminasse nel merito le misure impugnate nella presente controversia, la Corte chiarirebbe la situazione giuridica, fornirebbe certezze del diritto e preverrebbe procedimenti futuri.

68.   In questo contesto si deve ricordare come ha proceduto in un caso analogo sorto a livello nazionale il Consiglio di Stato francese (Conseil d’État). Discostandosi dalla sua precedente posizione esso ha dichiarato conformi al diritto amministrativo francese le impugnazioni di circolari interpretative «se l’interpretazione che queste forniscono o fraintende il significato e la portata delle disposizioni statutarie o derivate interpretate, o ripete una norma contraria ad un’altra di rango superiore» (23). La ratio di questa mutata impostazione sembra risiedere nel bisogno di certezza del diritto. Poiché i dipendenti pubblici tendono ad applicare le circolari interpretative stesse anziché le norme che queste vanno ad illustrare, il Conseil d’État considera più proficuo chiarire il prima possibile la situazione giuridica per prevenire controversie future (24).

69.   Altrimenti detto, un approccio preventivo sembrerebbe il più adatto nel caso di misure generali come quelle di cui trattasi, che paiono intese a produrre effetti giuridici generali e che con ogni probabilità riguarderanno numerosi procedimenti futuri. Grande sarebbe il vantaggio di dichiarare il ricorso ricevibile anziché rinviare l’esame del merito ad un momento successivo.

70.   Eppure, nonostante tutte le considerazioni svolte, sono del parere che, in conformità con la giurisprudenza dominante, il ricorso debba essere dichiarato irricevibile. L’assenza di effetti giuridici definitivi sulle autorità nazionali fa pendere la bilancia a favore della convenuta.

71.   La facies di effetto vincolante, benché chiaramente meritevole di considerazione, nella fattispecie non sarebbe un elemento decisivo. Stati membri e autorità nazionali attivi nella gestione dei fondi strutturali comunitari sono pratici di procedimenti a norma del regolamento sui fondi strutturali e perfettamente in grado di valutare ad impronta la legittimità degli atti della Commissione al di là della forma che rivestono. Meno adeguata sarebbe, invece, l’analisi eventualmente svolta da privati, che magari hanno minori conoscenze di diritto (25).

72.   Tale considerazione vale soprattutto nel caso di specie giacché, come osservato dalla stessa Italia nel merito, il regolamento sui fondi strutturali non sembra indicare il fondamento giuridico che permetterebbe alla Commissione di adottare motu proprio un’interpretazione vincolante dell’art. 30, n. 2. Poiché in assenza di un’apposita disposizione tale potere non può essere presunto (26), e poiché è giurisprudenza costante che i pareri espressi dalla Commissione alle autorità di uno Stato membro in settori in cui essa non ha la facoltà di adottare decisioni vincolanti sono mere opinioni prive di effetti giuridici (27), gli Stati membri dispongono di riferimenti giurisprudenziali sufficientemente chiari per decidere la propria linea di condotta.

73.   Ma vi è di più (28). Nonostante possano influenzare il comportamento delle autorità nazionali, le misure impugnate non modificano di per sé la posizione giuridica di terzi, in particolare non modificano quella delle autorità nazionali. La prima condizione posta dalla giurisprudenza non è dunque soddisfatta. Le modifiche che le dette autorità possono apportare alle modalità di trattazione delle spese per rettifiche ai complementi di programmazione, affinché le loro richieste di pagamento non siano respinte, sarebbero una mera conseguenza di fatto (29). Inoltre il Tribunale ha affermato che il carattere non vincolante di un atto non può essere messo in discussione per il fatto che l’autorità nazionale cui era destinato ha adottato susseguentemente provvedimenti di diritto interno (30) o vi si è conformata(31).

74.   Ritengo, poi, che le circostanze di specie siano diverse da quelle dei casi citati dall’Italia a sostegno del suo ricorso (32). Lì la Commissione contestava la ricevibilità per motivi simili a quelli dedotti nella presente fattispecie, ma la Corte accolse tutti quei ricorsi e affermò che gli atti impugnati miravano a dispiegare effetti giuridici essi stessi, in aggiunta o a latere di quelli perseguiti dalle norme comunitarie che interpretavano o integravano. Su quelle premesse la Corte dichiarò la nullità degli atti.

75.   Quanto al «codice di condotta» (33), in cui la Commissione indicava gli obblighi derivati agli Stati membri da una precisa disposizione comunitaria, la Corte ritenne che esso imponesse obblighi specifici ulteriori rispetto a quelli previsti da tale disposizione.

76.   Parimenti nei due casi delle comunicazioni interpretative emesse dalla Commissione per meglio definire alcuni obblighi derivanti da specifiche disposizioni di diritto comunitario derivato e primario. La Corte ritenne che quelle comunicazioni non si limitassero a chiarire le disposizioni che intendevano interpretare, bensì imponessero nuovi obblighi agli Stati membri (34). Siccome la Commissione non era legittimata ad agire in quel modo, la Corte annullò entrambe le comunicazioni interpretative.

77.   La situazione nel caso di specie è invece diversa, giacché la nota impugnata non impone nuovi obblighi agli Stati membri. Non richiede loro di adattare le procedure nazionali, né li trattiene dal presentare richieste di pagamenti non conformi ai criteri di ammissibilità individuati dalla Commissione.

78.   Non solo. In sede di conclusioni sul «codice di condotta», la Corte enfatizzò l’affermazione della Commissione all’udienza secondo cui uno Stato membro può infrangere il codice senza violare al tempo stesso la disposizione del regolamento che quest’ultimo intendeva interpretare (35). Quell’affermazione equivaleva a riconoscere che il codice mirava a produrre effetti giuridici indipendentemente dal regolamento e sembra aver rivestito un ruolo significativo nella decisione della Corte. Nel caso di specie, invece, la Commissione ha sempre sostenuto che la nota impugnata non mirava a produrre effetti giuridici propri e non ha mai affermato che la si poteva disattendere senza violare al tempo stesso il regolamento sui fondi strutturali da essa interpretato.

79.   Si osservi anche che in uno dei casi concernenti le comunicazioni interpretative la Corte ha evidenziato che la comunicazione era stata adottata per l’incapacità del Consiglio di raggiungere un compromesso su una direttiva volta a completare gli obiettivi delle disposizioni del Trattato rilevanti nella fattispecie, e ha lasciato intendere che essa de facto sostituiva tale direttiva (36). Così non è nel presente caso.

80.   Infine, «le istruzioni di servizio» (37) sono state ritenute produrre effetti giuridici perché assicuravano ai dipendenti della Commissione poteri di ispezione nei confronti degli Stati membri e contenevano procedure dettagliate di attuazione sebbene tali poteri non fossero previsti dal regolamento in questione. Poiché la Commissione non aveva la facoltà di integrare il testo comunitario, la Corte annullò le «istruzioni di servizio» (38). Nel caso di specie, adottando le misure impugnate la Commissione non si è arrogata nuovi poteri da esercitare nei confronti delle autorità nazionali.

81.   Anche se la giurisprudenza ha un ampio concetto di atti impugnabili, sono del parere che in circostanze come quelle di specie la dichiarazione di ricevibilità contrasterebbe con una giurisprudenza consolidata e creerebbe, perciò, uno stato di incertezza. La mia conclusione può essere, però, rivista. Se la Commissione respingesse una richiesta di pagamento adducendo che non soddisfa i criteri di ammissibilità come interpretati nella nota, tale sua decisione sarebbe senz’altro impugnabile ex art. 230 CE. Le problematiche sollevate dall’Italia nella presente fattispecie potrebbero essere decise nell’ambito di un tale ricorso. Il principio dell’effettività della tutela giudiziaria, su cui a mio avviso s’incentra la giurisprudenza sulla ricevibilità dei ricorsi contro atti delle istituzioni comunitarie, è salvaguardato.

82.   Ciò considerato, propongo alla Corte di dichiarare il ricorso irricevibile in quanto persegue l’annullamento di atti che non hanno, né mirano ad avere, effetti giuridici.

 Merito

83.   Procederò comunque a una disamina del merito delle allegazioni dell’Italia per l’ipotesi che la Corte riconosca alle misure impugnate efficacia diretta e dichiari pertanto il ricorso ricevibile.

 Argomenti

84.   L’Italia deduce tre motivi principali di annullamento.

85.   In primo luogo, essa sostiene che le misure impugnate sono state adottate in violazione della ripartizione di competenze tra la Commissione e gli Stati membri quale enunciata agli artt. 15 e 34 del regolamento sui fondi strutturali. Mentre i documenti unici di programmazione e i programmi operativi sono approvati dalla Commissione, i complementi di programmazione sono decisi dagli Stati membri e rientrano nella loro competenza. La Commissione ha dunque ecceduto l’ambito delle sue competenze quale stabilito dal regolamento sui fondi strutturali.

86.   In secondo luogo, l’Italia lamenta una violazione dell’art. 30 del regolamento sui fondi strutturali. L’art. 30, n. 2, fissa il termine iniziale per l’ammissione delle spese alla data in cui la Commissione riceve la domanda d’intervento, e non prevede possibilità di deroghe. Tale data varrebbe, perciò, anche nel caso in cui le modifiche dei complementi di programmazione non richiedano modifiche dei singoli documenti di programmazione o dei programmi operativi.

87.   In terzo luogo, l’Italia sostiene che la nota impugnata è viziata da «difetto di base giuridica ed eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento di procedura, del difetto di competenza e della violazione del Regolamento interno della Commissione».

88.   Per l’esattezza, l’Italia rileva che la nota impugnata non conteneva alcun riferimento alla base giuridica, che in ogni caso le condizioni dell’unica disposizione che avrebbe potuto essere invocata per darle un fondamento normativo, ossia quella contenuta nell’art. 53 del regolamento sui fondi strutturali, non erano state rispettate e che, stando ai documenti in suo possesso, tale nota avrebbe violato le disposizioni del regolamento della Commissione relative all’adozione di decisioni al suo interno.

 Analisi

89.   Esamino per primo il secondo motivo, vertente sulla violazione dell’art. 30, n. 2, del regolamento sui fondi strutturali.

90.   È pacifico che l’unica disposizione del regolamento sui fondi strutturali che tratta il problema dell’ammissibilità delle spese è l’art. 30. Riguardo alla data di ammissibilità delle spese, il n. 2 del detto articolo esplicitamente stabilisce che è la data di ricezione da parte della Commissione della domanda d’intervento che costituisce il termine iniziale per l'ammissione delle spese. In mancanza di un’apposita disposizione che stabilisca un criterio diverso per il caso in cui la spesa riguardi modifiche ai complementi di programmazione, e dato il tenore inequivocabile dell’art. 30, n. 2, ho difficoltà a convenire con la Commissione che il regolamento sui fondi strutturali autorizzi un’interpretazione come quella contenuta nelle misure impugnate. Introducendo un dies a quo per l’ammissibilità delle spese diverso da quello esplicitamente stabilito dall’art. 30, n. 2, la Commissione ha violato, a mio parere, il regolamento sui fondi strutturali.

91.   La conclusione è corroborata da un esame dei motivi secondo cui la Commissione non aveva il potere di adottare la nota impugnata.

92.   Convengo con l’Italia che solo l’art. 53, n. 2, del regolamento sui fondi strutturali potrebbe essere interpretato nel senso di attribuire un simile potere alla Commissione (39). È comunque pacifico che la procedura da esso prevista non è stata rispettata. Ne consegue che, adottando come ha fatto la nota impugnata, la Commissione ha violato un requisito procedurale essenziale.

93.   Infine, a mio avviso, meriterebbe di essere accolto anche il motivo con cui l’Italia deduce un difetto di base giuridica. È giurisprudenza costante che per ragioni di certezza del diritto qualsiasi atto che miri a produrre degli effetti giuridici deve trarre la propria forza vincolante da una disposizione del diritto comunitario che prescriva la forma giuridica di cui l’atto dev’essere rivestito e che sia espressamente indicata come base giuridica (40).

94.   Ebbene, la nota impugnata non contiene alcun riferimento alla base giuridica. Se la Corte dovesse ritenere che essa mirava a produrre effetti giuridici, la Commissione avrebbe violato il principio di certezza del diritto adottando un atto senza indicare espressamente da quale disposizione di diritto comunitario esso trae la propria forza vincolante.

95.   Dal momento che la nota impugnata dovrebbe essere annullata già solo per tali motivi, non occorre procedere all’esame del suo contenuto, tanto meno esaminare gli altri motivi dedotti dall’Italia.

96.   Anche le lettere impugnate, se la Corte dovesse ritenere che hanno effetti giuridici, andrebbero annullate in quanto fanno riferimento a, e sono fondate su, una misura invalida.

 Spese

97.   Ai sensi dell’art. 69, n. 3, del suo regolamento di procedura, la Corte può, per motivi eccezionali, discostarsi dalla regola secondo cui la parte soccombente va condannata alle spese. Nella fattispecie, ritengo che l’Italia ben avesse motivo di agire contro la Commissione. Propongo, pertanto, che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

 Conclusione

98.   Tutto ciò considerato, propongo alla Corte di:

1) dichiarare il ricorso irricevibile;

2) condannare ciascuna parte alle proprie spese.


1 – Lingua originale: l'inglese.


2 – Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione «orientamento»; Fondo sociale europeo; Fondo europeo di sviluppo regionale.


3 – Regolamento (CE) del Consiglio 21 giugno 1999, n. 1260, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161, pag. 1), che sostituisce il regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1988, n. 2052, relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti (GU L 185, pag. 9).


4 – Con riferimento ai complementi di programmazione adopererò fungibilmente i termini «adattamento» e «modifica», nonché i lemmi ad essi correlati.


5 – V. paragrafo 15 e nota 19, infra.


6 – L'art. 9, lett. d), definisce il quadro comunitario di sostegno come «il documento approvato dalla Commissione, d'intesa con lo Stato membro interessato, sulla base della valutazione del piano presentato dallo Stato membro e contenente la strategia e le priorità di azione dei Fondi e dello Stato membro, i relativi obiettivi specifici, la partecipazione dei Fondi e le altre risorse finanziarie. Tale documento è articolato in assi prioritari ed è attuato tramite uno o più programmi operativi».


7 – Trattasi dell'autorità designata dallo Stato membro per gestire l'aiuto conformemente al regolamento sui fondi strutturali.


8 – Art. 35, n. 3, del regolamento sui fondi strutturali.


9 – Sentenza 27 settembre 1988, causa C‑114/86, Regno Unito/Commissione (Racc. pag. 5289, punti 12 e 13); sentenza 6 aprile 2000, causa C‑443/97, Spagna/Commissione (Racc. pag. I‑2415, punto 34); sentenza 5 maggio 1998, causa C‑180/96, Regno Unito/Commissione (Racc. pag. I‑2265, punto 28). Quanto alla giurisprudenza del Tribunale di primo grado, la Commissione rinvia principalmente alla sentenza 16 luglio 1998, causa T‑81/97, Regione Toscana/Commissione (Racc. pag. II‑2889, punto 23).


10 – Sentenza 11 novembre 1981, causa C‑60/81, IBM/Commissione (Racc. pag. 2639).


11 – Sentenza 13 novembre 1991, causa C‑303/90, Francia/Commissione (Racc. pag. I‑5315).


12 – Sentenza 16 giugno 1993, causa C‑325/91, Francia/Commissione (Racc. pag. I‑3283), e 20 marzo 1997, causa C‑57/95, Francia/Commissione (Racc. pag. I‑1627).


13 – Sentenza 9 ottobre 1990, causa C‑366/88, Francia/Commissione (Racc. pag. I‑3571).


14 – V., inter alia, causa C‑57/95, Francia/Commissione (cit. alla nota 12), punto 7, e la giurisprudenza ivi citata.


15 – È giurisprudenza costante che si può chiedere l'annullamento ex art. 230 CE solo di misure direttamente vincolanti per il ricorrente che pregiudichino i suoi interessi. Tale posizione avrebbe senso solo nel caso di ricorrenti privati e non privilegiati. La Corte ha nondimeno deciso così anche in ricorsi proposti da Stati membri, per esempio nella sentenza 5 ottobre 1999, causa C‑308/95, Paesi Bassi/Commissione (Racc. pag. I‑6513). In ogni caso, mi sembra che le misure impugnate chiaramente pregiudichino interessi dell'Italia in quanto possono limitare la spesa ammissibile al cofinanziamento comunitario a titolo dei fondi strutturali.


16 – Sentenza 30 aprile 1996, causa C‑58/94, Paesi Bassi/Consiglio (Racc. pag. I‑2169, punto 26); v. anche sentenza Regione Toscana (cit. alla nota 9), punti 22 e 23.


17 – Sentenza Spagna/Commissione (cit. alla nota 9), punto 34, e la giurisprudenza ivi citata. Quanto al Tribunale di primo grado, oltre alla sentenza Regione Toscana, v. , più di recente, la sentenza 10 aprile 2003, cause riunite T‑93/00 e T‑46/01, Alessandrini e a. (Racc. pag. II‑1635, punto 61).


18 – V. supra, paragrafo 30.


19 – Eccezion fatta per le modifiche che si ripercuotono sugli elementi della decisione sulla partecipazione del Fondo: in tal caso la Commissione decide su tali modifiche d'intesa con lo Stato membro interessato in applicazione dell'art. 34, n. 3, del regolamento sui fondi strutturali.


20 – V. sentenza Spagna/Commissione (cit. alla nota 9), punto 33, in cui la Corte ha affermato che «le linee direttrici indicano le linee generali in base alle quali la Commissione si propone (…) di adottare successivamente singole decisioni la cui legittimità potrà essere contestata dallo Stato membro interessato dinanzi alla Corte secondo il procedimento di cui all'art. [230] del Trattato». Si osservi che in quella causa la Corte non accolse le conclusioni dell'avvocato generale La Pergola, per il quale le linee generali in questione avrebbero prodotto effetti giuridici propri (ibidem, paragrafi 18‑24). V. anche sentenza Paesi Bassi/Commissione (cit. alla nota 15), punto 29, dove, con riferimento alla passata giurisprudenza, la Corte affermò che una lettera nella quale la Commissione si limitava a ricordare l'interpretazione da essa data a disposizioni regolamentari non poteva modificare la posizione giuridica dei Paesi Bassi. V. anche la giurisprudenza citata alla nota 17, sentenza 15 settembre 1998, causa T-54/96, Oleifici Italiani e Fratelli Rubino Industrie Olearie (Racc. pag. II-3377, punto 49), e sentenza 13 dicembre 1990, causa T‑113/89, Nefarma e a./Commissione (Racc. pag. II‑797, punti 84-94).


21 – Le lettere inviate ai comitati di sorveglianza per le Regioni Sardegna e Lazio, in particolare, fanno riferimento alla nota impugnata e sono scritte in termini tali da far sembrare quest'ultima vincolante. V. supra, paragrafi 38 e 39. Si osservi che nella causa C‑57/95, Francia/Commissione (cit. alla nota 12), punto 18, la Corte osservò per prima cosa che la comunicazione interpretativa in contestazione era formulata in termini tassativi e per questo la annullò.


22 – Dal fascicolo risulta che anche il rappresentante spagnolo nel comitato per lo sviluppo e la riconversione delle regioni ha contestato l'uso della Commissione delle note interpretative. V. supra, paragrafo 31.


23 – CE, Sez. 18 dicembre 2002, Mme Duvignères, r. nr. 233618. V. la discussione sul punto di S. Lefevre, «Interpretative communications and implementation of Community Law at national level», in: European Law Review 29 (2004) pagg. 808 e segg., in particolare pag. 815 [segue una frase irrilevante per il lettore italiano].


24 – V., inoltre, ibid., pag. 816.


25 – Nella causa Oleifici Italiani (cit. alla nota 20), il Tribunale affermò che, per accertare se l'atto impugnato aveva leso gli interessi dell'Italia modificandone in maniera rilevante la posizione giuridica, era importante stabilire il significato obiettivo che la lettera poteva ragionevolmente avere, nel momento in cui era stata inviata, per un operatore economico diligente ed accorto attivo nel settore considerato.


26 – Sentenza Nefarma (cit. alla nota 20), punto 69, e la giurisprudenza ivi citata.


27 – Sentenza Nefarma (cit. alla nota 20), punto 68, e la giurisprudenza ivi citata.


28 – V. supra, paragrafo 60.


29 – Sentenza IBM (cit. alla nota 10), punto 19.


30 – Sentenza Nefarma (cit. alla nota 20), punto 76.


31 – Causa T‑160/98, Van Parijs e Pacific Fruit Company/Commissione (Racc. pag. II‑233, punto 65, e la giurisprudenza ivi citata).


32 – V. supra, note 11,12 e 13.


33 – Causa 303/90, Francia/Commissione (cit. alla nota 11), punto 24.


34 – Cause C‑325/91 e C‑57/95, Francia/Commissione (entrambe cit. alla nota 12), rispettivamente punti 22 e 23.


35 – Causa 303/90, Francia/Commisione (cit. alla nota 11), punto 26.


36 – Causa C‑57/95, Francia/Commissione (cit. alla nota 12), punto 21.


37 – Causa 366/88, Francia/Commissione (cit. alla nota 13).


38 – Ibid., punti 23 e 24. V. sentenza del Tribunale di primo grado 15 gennaio 2003, cause riunite T‑377/00, T‑379/00, T‑380/00, T‑260/01 e T‑272/01, Philip Morris e a. (Racc. pag. II‑1, punto 86), dove sono distinte le istruzioni di servizio oggetto della causa C‑366/88, Francia/Commissione, dall'atto lì impugnato il quale, a differenza di quelle, non aveva ad oggetto un'attribuzione di competenza.


39 – V. supra, paragrafo 22.


40 – V., inter alia, sentenza C‑325/91, Francia/Commissione (cit. alla nota 12), punto 26.