CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
CHRISTINE STIX-HACKL
presentate il 12 aprile 2005 (1)
Causa C-231/03
Consorzio Aziende Metano (Co.Na.Me.)
e
Comune di Cingia de’ Botti
e
Padania Acque SpA
(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia)
«Appalti pubblici – Art. 43 CE – Art. 49 CE – Estensione degli obblighi di diritto primario»
I – Osservazioni introduttive
1. Il presente procedimento pregiudiziale concerne il significato del diritto primario con riferimento al settore degli appalti pubblici. Si tratta in particolare di stabilire quali obblighi derivino per gli appaltanti dalle libertà fondamentali. Questo procedimento offre del pari l’occasione per specificare più concretamente la giurisprudenza della Corte e in particolare la sentenza Telaustria (2).
II – Ambito giuridico
A – Diritto comunitario
2. Nell’ambito del diritto comunitario derivato relativo al settore degli appalti pubblici, possono essere citati i seguenti atti giuridici (in prosieguo: «direttive») che sono stati nel frattempo sostituiti da nuove direttive (il cosiddetto «pacchetto legislativo»):
– Tra le cosiddette direttive classiche, la direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (3)(in prosieguo: la «direttiva sugli appalti di servizi»), nonché
– La direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (4)(in prosieguo: la «direttiva di settore»).
B – Normativa nazionale
3. L’art. 22, n. 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, sull’ordinamento delle autonomie locali (5), consentiva ai comuni e alle province di gestire i servizi pubblici locali che ricadevano nelle loro competenze in una delle forme indicate nelle lettere da a) ad e) dello stesso articolo:
a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda;
b) in concessione a terzi, quando sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale;
c) a mezzo di azienda speciale, anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale;
d) a mezzo di istituzione, per l’esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale;
e) a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall’ente titolare del pubblico servizio.
III – Circostanze in fatto, procedimento principale e questione pregiudiziale
4. Il Consorzio Aziende Metano (in prosieguo: il «Co. Na. Me.») aveva concluso con il Comune di Cingia de’ Botti per il periodo tra il 1º gennaio 1999 ed il 31 dicembre 2000 un «contratto per l’affidamento del servizio di manutenzione, conduzione e sorveglianza della rete gas metano».
5. Con lettera del 30 dicembre 1999 il Comune di Cingia de’ Botti ha comunicato al Co. Na. Me. che il Consiglio comunale con delibera 21 dicembre 1999 aveva approvato la «convenzione per la gestione della distribuzione e manutenzione dell’impianto gas con la Padania Acque S.p.A.». Con la medesima deliberazione è stato altresì approvato lo schema di convenzione da stipulare tra la Padania Acque S.p.A. (in prosieguo: la «Padania») ed il Comune di Cingia de’ Botti.
6. La Padania è una società a prevalente capitale pubblico, nata dal trasferimento dell’ex Consorzio per l’acqua potabile ai Comuni della Provincia di Cremona. Ad essa partecipano quasi tutti i Comuni della detta Provincia, tra cui il Comune di Cingia de’ Botti, che detiene lo 0,97% del capitale, e la Provincia di Cremona.
7. In ragione delle caratteristiche della detta società, il servizio in questione è stato attribuito alla stessa con il sistema dell’affidamento diretto, come previsto dall’art. 22, n. 3, lett. e), della legge n. 142.
8. Il Co. Na. Me. ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – Sezione staccata di Brescia chiedendo, in particolare, l’annullamento della delibera del Comune. Il T.A.R. ha presentato alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:
Se gli artt. 43, 49 e 81 del Trattato, laddove vietano rispettivamente le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato ed alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità nei confronti dei cittadini degli Stati membri, nonché le pratiche commerciali e societarie idonee ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nell’ambito dell’Unione europea, ostino a che sia previsto l’affidamento diretto e, cioè, senza l’indizione di una gara, della gestione del servizio pubblico di distribuzione del gas a società a partecipazione pubblica comunale, ogni volta che detta partecipazione al capitale sociale sia tale da non consentire alcun possibile controllo diretto sulla gestione stessa e se debba conseguentemente affermarsi che, come ricorre nel caso di specie, ove la partecipazione è pari allo 0,97%, non si configurino gli estremi della gestione in house.
IV – Sulla ricevibilità
9. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale solleva diversi problemi concernenti la sua ricevibilità.
A – Con riferimento all’art. 81 CE
10. Dubbi circa la ricevibilità della questione pregiudiziale sussistono in relazione all’art. 81 CE.
11. Come risulta dalla costante giurisprudenza della Corte di giustizia, il giudice nazionale deve indicare le ragioni precise che lo hanno indotto ad interrogarsi circa l’interpretazione del diritto comunitario e a ritenere necessaria una pronuncia pregiudiziale della Corte (6). La Corte di giustizia ha, infatti, dichiarato che è indispensabile che il giudice nazionale fornisca un minimo di spiegazioni in ordine ai motivi che lo hanno indotto a chiedere l’interpretazione di determinate disposizioni comunitarie e sul nesso intercorrente tra le disposizioni medesime e la normativa nazionale applicabile alla controversia (7).
12. La Corte si è inoltre dichiarata incompetente a pronunciarsi su questioni pregiudiziali qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale (8).
13. Per quanto riguarda le summenzionate esigenze poste dalla giurisprudenza della Corte con riferimento alla ricevibilità delle questioni pregiudiziali va osservato che, menzionando l’art. 81 CE, l’ordinanza di rinvio, se si prescinde dalla riproduzione del testo dell’articolo, constata semplicemente che la libera concorrenza è un principio generale del diritto comunitario e che un’ingerenza in esso rappresenta un’ipotesi del tutto eccezionale, consentita soltanto a determinate condizioni.
14. Pertanto, l’ordinanza di rinvio non soddisfa le esigenze poste dalla giurisprudenza sopra richiamata con riferimento alla motivazione della richiesta interpretazione di una disposizione di diritto comunitario.
15. Inoltre, secondo costante giurisprudenza, le questioni pregiudiziali sono ricevibili soltanto se l’ordinanza di rinvio definisce sufficientemente le circostanze in fatto della causa principale (9).
16. Nel diritto della concorrenza, cui appartiene anche l’art. 81 CE, recante divieto degli accordi di cartello, deve essere applicato in proposito un criterio particolarmente rigoroso (10).
17. Per quanto riguarda l’art. 81 CE, l’ordinanza di rinvio non soddisfa neanche le esigenze che riguardano il contesto di fatto. Mancano, infatti, nell’ordinanza di rinvio, in particolare, indicazioni circa le imprese interessate e circa le attività che, secondo il giudice del rinvio, ricadono nella previsione dell’art. 81 CE.
18. Con riferimento all’art. 81 CE, pertanto, l’ordinanza di rinvio non integra i presupposti per la ricevibilità della questione pregiudiziale.
B – Con riferimento alle libertà fondamentali
19. Risultano, però, sussistere problemi di ricevibilità della questione pregiudiziale anche per quanto riguarda le libertà fondamentali ivi menzionate (artt. 43 CE e 49 CE).
20. La Corte di giustizia ha dichiarato irricevibile una domanda di pronuncia pregiudiziale proveniente dal medesimo Stato membro e parimenti riguardante il regime degli appalti in quanto, nel suddetto caso, l’impresa che metteva in dubbio la legittimità della scelta effettuata da un Comune aveva sede in Italia ed operava sul mercato italiano senza bisogno di avvalersi del diritto alla libertà di stabilimento o alla libera prestazione dei servizi. La Corte è pervenuta alla conclusione che simile situazione non presenta alcun nesso con una delle situazioni di fatto che il diritto comunitario contempla nell’ambito della libera circolazione delle persone e dei servizi. Qualora una fattispecie non varchi in nessuno dei suoi elementi i confini di uno Stato membro e non presenti pertanto alcun nesso con una delle situazioni considerate dal diritto comunitario nel settore della libera circolazione delle persone e dei servizi, i principi delle libertà fondamentali non trovano applicazione. A tale conclusione è pervenuta la Corte nella causa RI.SAN (11).
21. Peraltro, la Corte di giustizia ha anche considerato ricevibili e risolto con indicazioni sull’interpretazione e sull’applicazione del diritto primario determinate questioni pregiudiziali, sebbene si trattasse anche in quei casi di fattispecie puramente nazionali (12). Per quanto riguarda la materia degli appalti va menzionata con riferimento a tale situazione la causa Telaustria (13), in cui le parti della controversia principale provenivano da un unico Stato membro. Si deve inoltre citare la causa Buchhändler-Vereinigung (14), in cui sono stati applicati i principi sviluppati nella causa Telaustria. Anche in quest’ultimo procedimento tutti i partecipanti appartenevano allo stesso Stato membro. Lo stesso vale per la causa ARGE, in cui la Corte ha parimenti risolto una questione pregiudiziale relativa all’interpretazione di una delle libertà fondamentali (15).
22. Ci si domanda quindi perché la Corte si sia pronunciata nel merito su queste tre domande di pronuncia pregiudiziale relative ad appalti, nonostante le analogie con la causa RI.SAN. Una ragione plausibile potrebbe essere il fatto che nelle controversie Telaustria e Buchhändler Vereinigung le questioni pregiudiziali stesse erano espressamente intese ad ottenere l’interpretazione di direttive. La questione pregiudiziale sollevata nel presente caso è invece espressamente incentrata sul diritto primario e, in particolare, su due libertà fondamentali.
23. Partendo da questa circostanza si può ora concludere che la ricevibilità di una questione pregiudiziale dipende dall’oggetto dell’accertamento cui essa è rivolta espressamente, cioè se quest’ultimo riguardi il diritto primario o il diritto derivato (16).
24. A favore della ricevibilità della questione pregiudiziale anche nel procedimento in esame con riferimento alle libertà fondamentali di cui trattasi militano due motivi: un primo di natura processuale ed un secondo di natura sostanziale.
25. Dal punto di vista processuale va ricordato che in un procedimento pregiudiziale la Corte deve poter fornire al giudice del rinvio una soluzione utile nella controversia in oggetto. Ciò la induce in determinati casi persino a riformulare le questioni pregiudiziali. Questo non è tuttavia possibile nel procedimento in esame, poiché la questione mira espressamente ad ottenere l’interpretazione del diritto primario e non delle direttive, come il giudice nazionale ha ribadito rispondendo per iscritto ad uno specifico quesito della Corte.
26. Non occorre, in ultima analisi, stabilire se, nel procedimento principale, si tratti di una concessione o di un appalto ai sensi del diritto comunitario. La Corte considera, infatti, sufficiente la presentazione di questioni pregiudiziali che le permettano di «prendere in considerazione altri elementi interpretativi che possono rivelarsi utili per la soluzione della causa principale» (17). In questi limiti, non dovrebbe quindi costituire un criterio il fatto che essi vengano anche effettivamente applicati alla fattispecie concreta del procedimento principale.
27. Dal punto di vista sostanziale, si dovrebbe stare in guardia contro una dogmatizzazione dell’approccio scelto nella causa RI.SAN. Proprio nella disciplina degli appalti, che mira ad aprire i mercati nazionali, non può infatti ritenersi determinante la circostanza che in un concreto procedimento di aggiudicazione e/o nel procedimento di controllo nazionale ad esso collegato tutti i partecipanti provengano dallo stesso Stato membro dell’autorità aggiudicatrice (18). Ciò potrebbe, infatti, anche considerarsi come indizio del fatto che non sia stata precisamente data la necessaria pubblicità all’apertura della procedura di aggiudicazione e che, pertanto, non abbia potuto parteciparvi alcun imprenditore straniero. Questo vale non soltanto per le direttive sugli appalti, bensì anche per le libertà fondamentali in causa. Si devono infatti tutelare non solo gli imprenditori che hanno effettivamente partecipato alla procedura di aggiudicazione, bensì anche i potenziali offerenti. Il potenziale coinvolgimento di imprese di altri Stati membri è pertanto già sufficiente a configurare una fattispecie che varca i confini nazionali e con esso ricorre pertanto un presupposto per l’applicazione delle libertà fondamentali.
28. Tali motivi militano per la ricevibilità della questione pregiudiziale, nella parte in cui concerne le libertà fondamentali di cui agli artt. 43 CE e 49 CE.
V – Sulla fondatezza
29. La questione pregiudiziale, nei limiti in cui è ricevibile, concerne essenzialmente la portata degli artt. 43 CE e 49 CE, per l’esattezza con riferimento ai divieti ed agli obblighi positivi derivanti dai detti articoli per le procedure di aggiudicazione.
30. Essa fa pertanto riferimento a quella parte essenziale della disciplina che la Corte ha definito come «principi fondamentali del Trattato, in generale, e il principio di non discriminazione in base alla nazionalità, in particolare» (19).
A – Osservazioni preliminari relative alla normativa applicabile
31. Seppure la questione pregiudiziale si riferisca espressamente all’interpretazione di determinate disposizioni del diritto primario, ciò non implica tuttavia automaticamente che esse debbano anche trovare applicazione.
32. Per saperlo occorre piuttosto accertare se il procedimento concreto di aggiudicazione dell’appalto di cui alla causa principale integri i rispettivi presupposti d’applicazione di queste disposizioni di diritto primario.
33. Non è decisivo in proposito che il giudice nazionale abbia definito il procedimento di aggiudicazione come «concessione», poiché quest’indicazione potrebbe riferirsi anche al diritto nazionale, che conosce questa nozione. La nozione del diritto interno non deve però necessariamente coincidere con quella del diritto comunitario. Tuttavia anche se il giudice nazionale avesse inteso riferirsi al concetto comunitario di concessione, ciò non significherebbe ancora che tale qualificazione operata nel procedimento principale sia altresì corretta.
34. E anche qualora ricorressero i presupposti per l’applicazione del diritto derivato, rimarrebbe ancora da chiarire un altro punto, e precisamente quale direttiva si applichi al caso concreto. In proposito si deve in particolare osservare che la fattispecie concreta non è nota alla Corte in tutti gli elementi rilevanti.
35. Poiché i comuni come enti territoriali sono committenti pubblici tanto ai sensi delle direttive classiche sugli appalti, quanto ai sensi della direttiva di settore, si dovrebbe dunque chiarire qual è lo scopo dell’aggiudicazione dell’appalto. Da tale scopo dipende quale direttiva trovi applicazione (20).
36. Anche qualora dovesse essere accertato che non va applicata la direttiva di settore – speciale in rapporto alle altre direttive –, non sarebbe tuttavia ancora stabilito nell’ambito di applicazione di quale delle direttive classiche sugli appalti la detta aggiudicazione ricada. A questo scopo è decisivo quale oggetto abbia l’appalto, cioè se esso riguardi la fornitura di beni, ad esempio di energia, o la prestazione di servizi, ad esempio l’approvvigionamento. Qualora si tratti di un appalto misto, qualora cioè esso abbia entrambi gli oggetti, si dovrebbe prendere in considerazione, ai sensi dell’art. 2 della direttiva sugli appalti di servizi, il valore delle componenti l’oggetto dell’appalto.
37. Non si può certo desumere dagli atti che nel procedimento principale si tratti di un appalto misto di questo tipo, ma non lo si può nemmeno escludere, vista la prassi dello Stato membro in causa, come risulta anche da un procedimento pregiudiziale già definito dalla Corte (21).
38. Come già nella causa RI.SAN. la Corte non può verificare l’esattezza delle indicazioni del giudice del rinvio, secondo cui la controversia a qua non riguarda l’aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi (22).
39. Tuttavia anche qualora un singolo appalto integrasse sostanzialmente tutti i presupposti per l’applicazione di una delle direttive, il procedimento concreto per l’aggiudicazione dell’appalto potrebbe non essere assoggettato alla direttiva in questione. Così per la fattispecie di riferimento, accanto ad una delle deroghe espresse previste dalle direttive, come ad esempio l’art. 13 della direttiva di settore, potrebbe essere applicata anche una delle deroghe implicite sviluppate dalla Corte, come ad esempio la deroga Teckal (23), interpretata nella sentenza in causa Stadt Halle (24), per i cosiddetti «appalti quasi-in-house». Se così fosse, troverebbe nuovamente applicazione il diritto primario.
40. Ciò potrebbe anche costituire per il giudice nazionale una ragione di limitare la questione pregiudiziale all’interpretazione del diritto primario.
41. Infatti, qualora non fosse di fatto applicabile nessuna delle direttive, potrebbero essere rilevanti per la decisione nella fattispecie le libertà fondamentali che impongono agli Stati membri soprattutto obblighi di parità di trattamento e di trasparenza nei confronti degli operatori di mercato di altri Stati membri.
B – Libertà fondamentali ed obblighi positivi
42. Questo procedimento, nel quale si tratta di accertare quali obblighi sorgano per i committenti pubblici dalle libertà fondamentali di cui agli artt. 43 CE e 49 CE, concerne la questione essenziale se le libertà fondamentali non pongano soltanto divieti sotto forma di limiti all’attività degli Stati membri, bensì sanciscano anche obblighi positivi e, eventualmente, quali.
43. Alcuni dei divieti derivanti dalle libertà fondamentali possono essere agevolmente qualificati come limitazioni che sono state del resto anche oggetto di innumerevoli procedimenti dinanzi alla Corte. In materia di disciplina degli appalti basti, ad esempio, menzionare il divieto che può essere dedotto dal principio della libera circolazione delle merci, divieto che «osta a che un’amministrazione aggiudicatrice inserisca nel capitolato d’oneri relativo [all’] appalto una clausola che prescrive per l’esecuzione di tale appalto l’impiego di un prodotto di una determinata marca senza aggiungere la menzione “o equivalente”» (25).
44. Le circostanze di quella controversia e la loro trattazione da parte della Corte mostrano tuttavia assai chiaramente che il divieto di omettere qualcosa, e precisamente di omettere una determinata menzione aggiuntiva, può essere inteso anche come obbligo di fare qualcosa, e precisamente di impiegare una determinata menzione aggiuntiva.
45. Trasposto alle circostanze della controversia principale del procedimento pregiudiziale in esame, ciò significa che le dette circostanze possono essere intese almeno in due modi diversi. Con riferimento al primo di questi modi di intenderle si potrebbe indagare se le libertà fondamentali – interpretate come limiti – sanciscano il divieto delle aggiudicazioni a trattativa privata o delle aggiudicazioni dirette. Con riferimento al secondo, si potrebbe indagare se esse impongano di rispettare un determinato livello di pubblicità o di effettuare determinate comunicazioni. A seconda che si faccia riferimento a un’azione o ad un’omissione, si perviene quindi ad un obbligo positivo o negativo.
46. Tuttavia, anche per un altro motivo risulta assolutamente necessario, ai fini della soluzione della questione pregiudiziale in base alle circostanze in esame, affrontare la problematica degli obblighi positivi.
47. Infatti, le circostanze in esame possono essere considerate anche nella prospettiva delle norme che mirano a tutelare un diritto. Il comportamento dell’appaltante o del concedente può, cioè, essere visto anche come attentato al diritto di un altro soggetto e per l’esattezza come violazione del diritto di determinate imprese a partecipare ad un procedimento di aggiudicazione o a presentare offerte. Gli Stati membri, incluso l’appaltante o il concedente pubblico, devono garantire l’osservanza di questo diritto derivante dalla disciplina comunitaria.
48. Per completezza si osservi da ultimo che le circostanze in esame potrebbero essere analizzate anche sotto il profilo consistente nello stabilire se esse producano un obbligo di tutela o un obbligo di garanzia dell’ente territoriale in causa. Pacifico è, in ogni caso, che uno Stato membro, e ad esso deve essere riferito anche il Comune che è parte nella lite, è tenuto a garantire le libertà fondamentali, in questo caso delle imprese, cioè delle potenziali offerenti.
49. Un punto di partenza sostanziale per risolvere il problema se le libertà fondamentali implichino in genere obblighi positivi e quale contenuto questi abbiano è costituito dalla giurisprudenza della Corte relativa al reciproco riconoscimento.
50. Da tale giurisprudenza è possibile persino desumere l’obbligo degli Stati membri di precostituire e anche di applicare un determinato procedimento. L’obbligo di fare è rivolto sia al legislatore sia all’amministrazione ed alla magistratura. Le disposizioni derivanti dalle libertà fondamentali riguardano in particolare il contenuto del procedimento, consistente ad esempio nell’effettuare un determinato esame. A livello procedurale, tale esame viene ulteriormente specificato dal fatto che ne sono prestabiliti gli obiettivi ed il metodo, che consiste precisamente nel comparare determinati documenti. Inoltre le decisioni devono essere motivate e devono poter essere riesaminate in sede giurisdizionale (26).
51. Tali disposizioni possono essere trasposte anche alla disciplina degli appalti, nella quale, come in questo caso, si tratta dell’osservanza di determinati principi procedurali. Dalla giurisprudenza pregressa relativa al mutuo riconoscimento si può così ricavare che le libertà fondamentali impongono senz’altro agli Stati membri anche determinati obblighi procedurali di carattere positivo.
52. Accanto alle libertà fondamentali, un’ulteriore fonte giuridica di diritto primario dalla quale possono essere tratte regole procedurali, è l’art. 10 CE, il cui primo comma contiene un chiaro obbligo di fare rivolto agli Stati membri («Gli Stati membri adottano tutte le misure (…) atte (…)»). Da questa disposizione generale e molto di principio si può almeno desumere l’obbligo di configurare i procedimenti e quindi anche i procedimenti di aggiudicazione in modo tale che gli Stati membri adempiano i loro obblighi sostanziali di diritto comunitario.
53. Nei limiti in cui dal diritto comunitario e, quindi, nel presente procedimento, dalle libertà fondamentali possono essere ricavati determinati obblighi, gli Stati membri, inclusi i Comuni, sono tenuti ad intraprendere corrispondenti attività anche per quanto riguarda gli appalti e le concessioni, come ad esempio rispettare determinati termini o porre in essere determinate forme di pubblicità.
54. Sono in collegamento con l’art. 10 CE, inoltre, i principi di diritto comunitario di equivalenza e di effettività sviluppati in base ad esso che pongono determinati limiti alle normative procedurali degli Stati membri, incluse quelle che disciplinano i procedimenti di aggiudicazione. Tali principi non riguardano soltanto la tutela giurisdizionale, bensì anche la fase ad essa precedente, cioè l’esecuzione dei procedimenti di aggiudicazione. In proposito, è certo che ogni caso «dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso» (27).
55. A questi precetti di diritto primario, che completano gli obblighi degli Stati membri derivanti dalle libertà fondamentali, va attribuita grande importanza proprio al di fuori dell’ambito di applicazione delle direttive sugli appalti.
56. Da ultimo, si deve ancora fare riferimento ai principi generali di diritto, dai quali possono parimenti essere tratte regole per le norme procedurali interne e che possono anche svolgere un ruolo per i procedimenti di aggiudicazione. Ciò vale in particolare per il principio generale di uguaglianza (principio della parità di trattamento), che va oltre il divieto di discriminazione sulla base della nazionalità.
C – Obblighi derivanti dalle libertà fondamentali nel settore degli appalti
1. Limitazione della portata delle libertà fondamentali
57. Anche qualora si ammettesse che le libertà fondamentali si applicano in linea di principio agli appaltanti pubblici ed ai concedenti, ciò non significherebbe comunque ancora che, con questo, ogni procedimento di aggiudicazione risulti già assoggettato al rispetto delle libertà fondamentali.
58. Così non è escluso che un’autorità aggiudicatrice di appalti o di concessioni invochi a buon diritto uno dei numerosi motivi che giustificano la mancata applicazione delle libertà fondamentali. Vengono in considerazione in proposito non solo i motivi espressamente previsti dal Trattato, come ad esempio la pubblica sicurezza o la sanità pubblica (28), ma anche l’interesse generale ai sensi della giurisprudenza Cassis-de-Dijon.
59. La sostanziale applicabilità di tali cause di giustificazione nel settore dell’attribuzione delle concessioni è stata riconosciuta anche dalla Commissione in una delle sue comunicazioni (29). È chiaro che anche per quanto riguarda il regime degli appalti devono ricorrere i presupposti delle cause di giustificazione, che qui non è necessario commentare più dettagliatamente, quali ad esempio la proporzionalità delle misure adottate a livello nazionale.
60. A queste cause di giustificazione legate alle libertà fondamentali si aggiungono le norme derogatorie espressamente previste dal Trattato. Anch’esse possono applicarsi all’aggiudicazione di concessioni, con la conseguenza che il concedente non è vincolato alla disciplina delle libertà fondamentali.
61. Vengono in particolare in considerazione nella presente fattispecie le disposizioni riguardanti diversi aspetti della sicurezza interna ed esterna, cui si è fatto riferimento anche nella trattazione orale. Così, l’art. 296, n. 1, lett. b), CE consente ad ogni Stato membro di adottare le misure che ritenga necessarie alla tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza. In materia di appalti, ciò riguarda la fornitura di determinati beni necessari ai fini della difesa dello Stato. Si tratta in effetti di un settore in cui il sistema delle concessioni non appare necessariamente adeguato, per quanto il diritto comunitario non ne escluda comunque la possibilità.
62. L’art. 297 CE, a sua volta, consente agli Stati membri di adottare determinate misure al verificarsi di particolari situazioni di crisi. Anche questa disposizione si applica in linea di principio ai mercati pubblici.
63. Come risulta soprattutto dall’art. 298 CE, le competenze degli Stati membri nell’applicazione di entrambe le suddette disposizioni del Trattato non sono certamente illimitate e sono soggette in particolare al controllo della Commissione e della Corte.
64. Va fatto, da ultimo, riferimento ad un’ulteriore disposizione di diritto primario, che certo non si riferisce specificamente alle libertà fondamentali, ma che nondimeno può avere l’effetto di derogarvi. L’art. 86, n. 2, CE prevede infatti che le «norme del presente trattato», cioè anche le libertà fondamentali, sono valide «nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata». A ciò si aggiunge come ulteriore presupposto che lo sviluppo dei traffici commerciali non deve essere compromesso oltre una determinata misura. Destinatarie di questa disposizione sono, peraltro, – in contrasto con la sua applicazione agli Stati membri in combinazione con l’art. 10 CE – soltanto le imprese e, per l’esattezza, soltanto quelle imprese cui sono affidati determinati servizi o che costituiscono monopoli dello Stato. Pertanto la detta disposizione si applica soltanto a quei concedenti che devono essere qualificati come imprese di questo tipo.
65. Per quanto riguarda il procedimento pregiudiziale in esame sarebbe pertanto necessario valutare se il concedente appartenga ad una delle categorie di imprese soggette alla deroga e se il modo ed il metodo con cui la concessione è stata aggiudicata fossero necessari per consentirgli di esercitare la sua funzione di interesse generale in condizioni economicamente accettabili (30).È certamente anche possibile che lo Stato membro in questione si richiami all’art. 86 CE per giustificare il conferimento di diritti ad un’impresa (31).
66. Per concludere si deve affrontare la discussione relativa alla giurisprudenza nelle cause Teckal (32) e Stadt Halle (33), cui si è fatto riferimento nel corso del procedimento, nonché alla deroga sancita dall’art. 13 della direttiva di settore per determinate aggiudicazioni ad imprese collegate.
67. Questa giurisprudenza e questa norma consentono, al ricorrere di presupposti assai precisi, la disapplicazione delle direttive classiche sugli appalti ed anche della direttiva di settore. Le aggiudicazioni che ricadono in una di queste deroghe, non soggiacciono pertanto alle disposizioni sulle aggiudicazioni del diritto derivato. In questo modo, tuttavia, subentra automaticamente l’ambito di applicazione del diritto primario, in cui figurano le libertà fondamentali di cui si tratta nel presente procedimento.
68. Tuttavia, né la giurisprudenza citata né la normativa espressa della direttiva di settore implicano la disapplicazione del diritto primario. Per una deroga così ampia al diritto comunitario non si trovano, cioè, riferimenti né nel diritto primario né nella giurisprudenza. Pertanto, qualora si dovesse applicare il diritto primario alla concessione che è oggetto della causa principale, la questione del significato da attribuire alla citata giurisprudenza e alle disposizioni della direttiva di settore non si porrebbe più, poiché esse costituiscono deroghe all’applicazione del diritto derivato.
2. Graduazioni nell’ambito del diritto primario o regime unitario degli appalti?
69. Anche qualora fosse certa l’applicabilità del diritto primario, ad esempio delle libertà fondamentali, ad una concreta aggiudicazione andrebbe accertato in una fase ulteriore quali concreti obblighi l’autorità aggiudicatrice dell’appalto o della concessione debba adempiere. Si tratta pertanto di determinare quale sia il regime degli appalti eventualmente derivante dalle libertà fondamentali.
70. In merito è in primo luogo dubbio se le libertà fondamentali stabiliscano in linea di principio un regime e, per l’esattezza, un regime unitario, nel senso che per tutti gli appalti cui esse si applicano valga la medesima disciplina. Questa conclusione può certo rivelarsi esatta ad un alto livello di astrazione. Così le autorità aggiudicatici di appalti e di concessioni appartenenti agli Stati membri devono, ad esempio, osservare il divieto di discriminazione e determinati limiti alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi.
71. Già la mera circostanza che dalle libertà fondamentali non possa essere tratta neanche approssimativamente una disciplina tanto concreta quanto quella delle direttive induce però a negare che per tutti gli appalti debbano valere le stesse regole procedurali, come ad esempio quella relativa alla forma e al contenuto delle pubblicazioni.
72. Sarebbe certamente vantaggioso, nell’interesse della certezza del diritto, sia per le autorità aggiudicatrici degli appalti e delle concessioni, sia per le imprese in quanto potenziali offerenti, che esistesse un unico regime degli appalti di diritto primario o, almeno, un numero ridotto di regimi di questo genere: in questo modo potrebbero essere, ad esempio, evitati alcuni problemi che si manifestano talvolta nella prassi e che nascono dal fatto che nel corso del procedimento per l’aggiudicazione di una concessione, tale aggiudicazione diventa appalto soltanto al momento delle trattative (34).
73. D’altra parte, nelle aggiudicazioni è tuttavia conveniente che i partecipanti al procedimento dispongano anche di un certo margine di libertà. Così, già le direttive prevedono una serie di possibilità di configurazione. Simile possibilità dovrebbe, a maggior ragione, valere nell’ambito di applicazione del diritto primario.
74. Il problema consiste ora nel determinare le categorie di aggiudicazioni per le quali vale un corrispondente specifico regime. Tuttavia, non è possibile dedurre criteri per delimitare diversi gruppi di fattispecie (categorie) di appalti né dal testo del Trattato né dalla giurisprudenza relativa alle libertà fondamentali, in particolare non da quella relativa agli appalti. Già il principio di proporzionalità in sé e per sé mostra che è necessaria in materia una graduazione.
75. Sarebbe certamente immaginabile riportarsi anche in questo contesto alle deroghe di cui alla giurisprudenza Teckal e Stadt Halle, nonché all’art. 13 della direttiva di settore, nel senso che gli appalti cui esse si riferiscono soggiacciono ad un regime meno rigoroso. Ad un’applicazione analogica di queste deroghe quali criteri di delimitazione di categoria osta peraltro il fatto che non esiste un diritto primario unitario delle concessioni da cui sia possibile discostarsi.
76. Appropriata sarebbe pertanto la presa in considerazione di criteri previsti anche dalle direttive per la determinazione delle categorie di aggiudicazioni.
77. Un elemento essenziale in proposito è costituito dal valore stimato dell’appalto (35). A ciò si aggiunge l’oggetto, cioè se si tratti di servizi, forniture o lavori di costruzione. Tra i servizi si potrebbe, di nuovo per analogia alle direttive che differenziano tra servizi esenti, non prioritari e prioritari, distinguere secondo il preciso contenuto dell’appalto. Si dovrebbe inoltre prendere le mosse dal grado di complessità dell’appalto, cioè esaminare se si tratti di una merce standardizzata o di complicati progetti di infrastrutture, le cui condizioni tecniche, giuridiche o finanziarie non possono affatto essere indicate fin dal principio del procedimento di aggiudicazione.
78. Questo schema di categorie reperibile nelle direttive si fonda sul concetto di portata generale in materia di appalti, secondo cui alcuni appalti sono più rilevanti di altri per il mercato interno, e cioè rivestono interesse per un più ampio settore di operatori di mercato e certamente anche per le imprese di altri Stati membri. Quest’aspetto dovrebbe essere significativo proprio per l’applicazione delle libertà fondamentali, poiché queste ultime richiedono un elemento che varchi i confini nazionali.
79. Si potrebbe inoltre prendere le mosse, allo scopo di delimitare le varie categorie, cioè di ascrivere un determinato appalto ad una determinata categoria e quindi anche ad un determinato regime, come accade nelle direttive, anche da determinate circostanze, come l’esistenza di diritti di esclusiva o l’urgenza. In questo modo determinati appalti, che ricadono nell’ambito di applicazione delle libertà fondamentali, potrebbero persino essere completamente esentati dalla pubblicazione del bando di gara.
80. Spinto all’estremo un sistema che includesse tutti gli appalti – e che consistesse di più categorie per ciascuna delle quali sussistesse un determinato regime – si trasformerebbe tuttavia da ultimo in un regime degli appalti di diritto primario a più strati ispirato alle direttive o, più precisamente, in più regimi. La trasparenza di cui si parla in questo procedimento pregiudiziale rappresenta tuttavia soltanto un settore di disciplina tra tanti.
81. Da ultimo, va fatto riferimento al principio di effettività applicabile anche al procedimento di aggiudicazione degli appalti. In base ad esso devono essere considerati l’intero procedimento concreto, l’iter procedurale e le specificità del procedimento (36).
3. La disciplina secondo il diritto primario
82. Come punto di partenza si può tenere fermo che nell’ambito del diritto primario non si deve in ogni caso applicare lo stesso regime degli appalti che vige nell’ambito di validità delle direttive. Contro simile ampia trasposizione militano soprattutto due motivi.
83. In primo luogo, in questo modo avrebbe vigore anche al di fuori delle direttive il regime sancito soltanto per gli appalti ad esse assoggettati – e peraltro senza l’espletamento del processo di normazione stabilito dal diritto primario. Ciò costituirebbe un’elusione delle procedure legislative comunitarie. In secondo luogo risulterebbero eluse le stesse direttive, che stabiliscono disposizioni specifiche soltanto per determinati appalti.
84. Per prima cosa va peraltro ricordata la circostanza che la disciplina ricavabile dalle libertà fondamentali vale in linea di principio per tutti gli aspetti delle aggiudicazioni, cioè da un lato per la componente materiale, come ad esempio la descrizione dell’oggetto della prestazione (ad esempio per mezzo di specificazioni tecniche o della durata della concessione) oppure criteri per l’idoneità (soprattutto qualifiche) e per il sovrapprezzo, nei quali deve essere in particolare osservato il principio del reciproco riconoscimento. Dall’altro questa disciplina vale anche per l’aspetto procedurale, cioè per la procedura da seguire in senso stretto, come ad esempio la scelta del tipo di procedimento – cui appartiene anche la pubblicazione del bando di gara – e i termini (ad esempio per la ricezione della domanda di partecipazione o dell’offerta).
85. Accanto all’obbligo di trasparenza di cui si tratta nel procedimento possono essere ancora richiamati come elementi di disciplina l’obbligo della parità di trattamento ad esso collegato (37), il principio di libera concorrenza ed il principio di proporzionalità, che sarebbero applicabili anche nell’ambito di validità del diritto primario.
86. Dall’obbligo alla parità di trattamento si può ad esempio dedurre che la scelta dei concessionari deve avvenire su di una base obiettiva. Ciò significa anche che i requisiti stabiliti all’inizio del procedimento di aggiudicazione devono essere mantenuti ed applicati allo stesso modo per tutti i candidati.
87. Poiché però il presente procedimento pregiudiziale riguarda soltanto la questione dell’obbligo di trasparenza, l’argomentazione che segue si limita a quest’aspetto.
a) Sulla trasparenza
88. Si deve anzitutto chiarire che la trasparenza ai sensi delle direttive va al di là dei soli aspetti collegati alla pubblicità dei procedimenti concreti di aggiudicazione, in cui rientrano ad esempio i diversi tipi di notifiche, come l’appello alla partecipazione ad un procedimento di aggiudicazione o come il bando di gara, cioè l’invito a presentare offerte.
89. Le direttive conoscono oltre a ciò anche altri obblighi di pubblicazione, come ad esempio quelli relativi alla comunicazione dell’avvenuta concessione. Le direttive prevedono inoltre obblighi interni di registrazione, come ad esempio sotto forma di verbale dell’appalto o mediante la conservazione di determinati documenti (38).È possibile far risalire questi obblighi anche al diritto primario.
90. Il principio di trasparenza costituisce piuttosto, inoltre, un motivo conduttore per l’intero procedimento di aggiudicazione. Ad esso appartengono parimenti ad esempio l’eseguibilità delle decisioni delle autorità aggiudicatrici degli appalti e in generale un modo di procedere obiettivo nel corso del procedimento di aggiudicazione.
91. Nel presente procedimento la Corte di giustizia è invitata a precisare più dettagliatamente la propria giurisprudenza per quanto riguarda l’obbligo di pubblicazione. Nel procedimento Telaustria essa ha, infatti, essenzialmente stabilito che «l’amministrazione aggiudicatrice [deve] garantire, in favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che consenta l’apertura degli appalti dei servizi alla concorrenza, nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione» (39).
92. Punto di partenza nell’accertamento dell’«adeguato livello di pubblicità» è la determinazione degli obiettivi dell’obbligo di trasparenza che è oggetto di interpretazione. Infatti, come per le direttive, vale anche per l’ambito di applicazione del diritto primario il fatto che la trasparenza deve garantire che la concorrenza non sia falsata e contribuire all’apertura dei mercati nazionali.
93. L’«adeguato livello di pubblicità» di una aggiudicazione concerne in primo luogo la questione se debba addirittura esserci una pubblicità. Così non si può escludere che possano sussistere anche casi in cui l’appalto può essere attribuito a trattativa privata, cioè mediante un procedimento di aggiudicazione che esclude la previa pubblicazione di un bando di gara. Infatti ciò che è consentito dalle direttive deve già essere ammissibile nell’ambito di applicazione del diritto primario. Per non cancellare la distinzione tra direttive e diritto primario risulterebbe troppo rigoroso che il procedimento di aggiudicazione potesse essere svolto senza notifica del bando di gara soltanto al ricorrere delle condizioni poste dalle direttive, cioè sulla base dei motivi in esse indicati tassativamente. Sarebbe parimenti troppo rigoroso far dipendere l’ammissibilità di simile procedimento dal fatto che tutti i potenziali offerenti vengano contattati. Se l’autorità aggiudicatrice dell’appalto o della concessione tuttavia lo fa, l’obbligo di trasparenza è in ogni caso rispettato (40) .
94. Viceversa, si deve certamente impedire che le autorità aggiudicatrici dell’appalto o della concessione abusino del margine di libertà ad esse attribuito. Si può pertanto ritenere che esista in linea di principio un obbligo di pubblicazione di diritto primario con diverse possibilità di eccezione. Di conseguenza, le autorità aggiudicatrici dell’appalto o della concessione dovrebbero motivare nel caso singolo perché si discostano dalla disciplina che sancisce la pubblicazione.
95. Tuttavia anche qualora si propendesse per l’esistenza di un sostanziale obbligo di pubblicazione, rimarrebbero in questione ancora molti dettagli.
96. Si pone così il problema del mezzo di pubblicazione. Viene in primo luogo in considerazione l’aspetto della diffusione geografica, cioè a livello locale, regionale, nazionale o europeo. In secondo luogo occorre tener conto del tipo di mezzo di comunicazione. Così accanto ai classici mezzi di comunicazione a stampa, come le gazzette ufficiali, i quotidiani o le pubblicazioni specializzate dei singoli settori economici, sono da tenere presenti anche forme di comunicazione elettroniche, come Internet. In determinate circostanze si può persino fare ricorso all’arcaica forma del manifesto (41).
97. Il modo di pubblicazione rappresenta tuttavia soltanto un aspetto. Oltre ad esso, per l’autorità aggiudicatrice dell’appalto o della concessione è importante sapere quale disciplina le libertà fondamentali stabiliscano per essa con riferimento al contenuto minimo del bando di gara. In generale vale a questo proposito il criterio che devono essere indicate tante informazioni quante siano necessarie alle imprese per decidere della partecipazione al procedimento di aggiudicazione o del deposito di un’offerta. Tuttavia dalle libertà fondamentali non è possibile in alcun modo ricavare dettagli così numerosi e validi per un complesso di fattispecie, che possano poi nel loro insieme produrre modelli per i bandi di gara previsti nelle direttive. Anche con riferimento al contenuto minimo del bando di gara vale pertanto come principio quanto segue: le libertà fondamentali non obbligano in tutti i casi a fornire quelle indicazioni che prescrivono i modelli di bandi di gara ai sensi del diritto derivato.
98. Tanto la forma quanto il contenuto del bando si orientano secondo i criteri menzionati nell’ambito del diritto primario per la costituzione di categorie di appalti e per la graduazione che ne risulta.
99. Considerata la circostanza che dagli atti e in particolare dall’ordinanza di rinvio non si possono desumere i dettagli necessari per determinare l’adeguato livello di pubblicità per il procedimento principale e con riferimento al principio che, a norma dell’art. 234 CE, in un procedimento pregiudiziale non è compito della Corte applicare disposizioni di diritto comunitario ad una fattispecie concreta, sarà competenza del giudice nazionale accertare se nella causa principale sia stato osservato l’obbligo di trasparenza (42).
100. In merito il giudice nazionale deve considerare, nel contesto di un’analisi di mercato, per quali operatori economici la concessione progettata rivesta interesse con riferimento alla concorrenza potenziale, ambito nel quale il valore e l’oggetto dell’appalto svolgono un ruolo decisivo.
b) La deroga per determinati «appalti quasi-in-house».
101. Come già esposto, né la deroga di diritto derivato di cui alla giurisprudenza Teckal e Stadt Halle, né la deroga basata sull’art. 13 della direttiva di settore possono condurre alla disapplicazione del diritto primario, cioè anche delle libertà fondamentali qui rilevanti.
102. Se l’appalto di cui al procedimento principale è effettivamente da qualificarsi come concessione di servizi e non ricade perciò nel campo di applicazione delle direttive, diventa superfluo domandarsi se le direttive non si applichino all’appalto concreto a causa di un’altra circostanza, ad esempio perché gioca la deroga dalla giurisprudenza o dalla direttiva di settore. Si perviene infatti già sulla base di altri presupposti all’applicazione del diritto primario.
103. Per il resto, non è compito della Corte, nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE, applicare le disposizioni comunitarie alla fattispecie concreta. Ciò è stato ribadito dalla Corte più volte proprio nel caso di appalti (43). Sarebbe piuttosto competenza del giudice nazionale valutare se nel procedimento principale ricorrano i criteri sviluppati dalla Corte o i presupposti della direttiva di settore. In proposito si dovrebbe in primo luogo accertare se, in linea di principio, una delle direttive sia applicabile.
104. Qualora si tratti di una concessione di servizi e conseguentemente le direttive non siano applicabili, è comunque esclusa l’applicazione di entrambe le deroghe quasi-in-house.
VI – Conclusione
105. In base alle considerazioni che precedono si propone alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale nel modo seguente:
Gli artt. 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che stabiliscono sostanzialmente un obbligo di trasparenza. Gli artt. 43 CE e 49 CE non ostano tuttavia in ogni caso ad un’aggiudicazione diretta della concessione, cioè ad un’aggiudicazione senza pubblicazione del bando di gara ovvero senza appello alla concorrenza. Nel valutare se sia ammissibile un’aggiudicazione diretta in un procedimento di aggiudicazione del genere di quello della causa principale, il giudice nazionale deve considerare nel contesto di un’analisi di mercato per quali operatori economici la concessione progettata rivesta interesse, considerata la concorrenza potenziale; in quest’ambito, il valore e l’oggetto della concessione svolgono un ruolo decisivo.
1 – Lingua originale: il tedesco.
2 – Sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, Telaustria e Telefonadress (Racc. pag. I-10745).
3 – GU L 209, pag. 1, come modificata.
4 – GU L 199, pag. 84, come modificata.
5 – GURI n. 135 del 12 giugno 1990.
Questa legge è stata commutata nell'art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Tale disposizione è stata poi modificata dall'art. 35, n. 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002).
6 – Ordinanze 12 marzo 2004, causa C‑54/03, Austroplant-Arzneimittel (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 11), 25 giugno 1996, causa C-101/96, Italia Testa (Racc. pag. I‑3081, punto 6), 30 aprile 1998, cause riunite C‑128/97 e C‑137/97,Testa e Modesti (Racc. pag. I‑2181, punto 15), nonché 8 luglio 1998, causa C‑9/98, Agostini (Racc. pag. I‑4261, punto 6).
7 – Ordinanze in causa C‑54/03 (cit. alla nota 6, punto 11), 7 aprile 1995, causa C-167/94, Grau Gomis e a. (Racc. pag. I‑1023, punto 9) e 28 giugno 2000, causa C‑116/00, Laguillaumie (Racc. pag. I‑4979, punto 16).
8 – Ordinanza in causa C‑54/03 (cit. alla nota 6, punto 12), nonché sentenze 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra (Racc. pag. I-2099, punto 39) e 22 gennaio 2002, causa C‑390/99, Canal Satélite Digital (Racc. pag. I-607, punto 19).
9 – Sentenza 26 gennaio 1993, cause riunite C‑320/90, C‑321/90 e C‑322/90, Telemarsicabruzzo e a. (Racc. pag. I-393, punto 6), nonché ordinanze 19 marzo 1993, causa C‑157/92, Banchero (Racc. pag. I‑1085, punto 4), cause riunite C‑128/97 e C‑137/97 (cit alla nota 6, punto 5), causa C-9/98 (cit. alla nota 6, punto 4) e causa C‑54/03 (cit. alla nota 6, punto 10).
10 – Sentenza 13 aprile 2000, causa C-176/9.Lehtonen e Castors (Racc. pag. I-2681, punto 22), nonché ordinanze in causa C-157/92 (cit. alla nota 9, punto 5), in causa C‑116/00 (cit. alla nota 7, punto 19), nonché ordinanza 11 febbraio 2004, cause riunite C‑438/03, C‑439/03, C‑509/03 e C‑2/04, Antonio Cannito (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 6).
11 – Sentenza 9 settembre 1999, causa C-108/98, RI.SAN. (Racc. pag. I-5219, punti 21 e segg.).
12 – Cfr. anche sentenza 5 marzo 2002, cause riunite C‑515/99, da C‑519/99 a C‑524/99 e da C‑526/99 a C‑540/99, Reisch e a. (Racc. pag. I‑2157, punti 24 e segg.), che peraltro non concerneva la disciplina degli appalti.
13 – Sentenza in causa C‑324/98 (cit. alla nota 2).
14 – Ordinanza 30 maggio 2002, causa C‑358/00, Buchhändler-Vereinigung (Racc. pag. I‑4685).
15 – Sentenza 7 dicembre 2000, causa C‑94/99, ARGE Gewässerschutz (Racc. pag. I‑11037), per quanto riguarda in particolare la terza questione pregiudiziale.
16 – V., viceversa, sentenza 5 dicembre 2000, causa C‑448/98, Guimont (Racc. pag. I‑10663). In questo procedimento la questione pregiudiziale era espressamente rivolta all'interpretazione del diritto primario.
17 – Sentenza in causa C‑324/98 (cit. alla nota 2, punto 59); il corsivo è mio.
18 – V., ad esempio, anche il contesto di fatto nella sentenza in causa C‑94/99 (cit. alla nota 15).
19 – Sentenza in causa C‑324/98 (cit. alla nota 2, punto 60); definizione confermata anche, con altra formulazione, dall'ordinanza 3 dicembre 2001, causa C‑59/00, Vestergaard (Racc. pag. I‑9505, punto 20).
20 – V., in proposito, sentenza 10 aprile 2003, cause riunite C‑20/01 e C‑28/01, Commissione/Germania (Racc. pag. I-3609), nonché 18 novembre 2004, causa C‑126/03, Commissione/Germania (non ancora pubblicata nella Raccolta).
21 – Ordinanza 14 novembre 2002, causa C‑310/01, Comune di Udine.
22 – Sentenza in causa C‑108/98 (cit. alla nota 11, punto 20).
23 – Sentenza 18 novembre 1999, causa C‑107/98, Teckal (Racc. pag. I-8121).
24 – Sentenza 11 gennaio 2005, causa C‑26/03, Stadt Halle (non ancora pubblicata nella Raccolta).
25 – Ordinanza in causa C-59/00 (cit. alla nota 19, punto 24).
26 – Sentenza 7 maggio 1991, causa C‑340/89, Vlassopoulou (Racc. pag. I‑2357, punti 16 e segg.).
27 – Sentenze 10 aprile 2003, causa C‑276/01, Steffensen (Racc. pag. I-3735, punto 66) e 27 febbraio 2003, causa C‑327/00, Santex (Racc. pag. I‑1877, punto 56).
28 – Si tratta, con riferimento alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi, degli artt. 45 CE e 55 CE.
29 – Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario (GU C 121, n. 3.1).
30 – Sentenze 25 ottobre 2001, causa C‑475/99, Ambulanz Glöckner (Racc. pag. I‑8089, punto 57) e 19 maggio 1993, causa C‑320/91, Corbeau (Racc. pag. I‑2533, punto 16).
31 – Sentenza 23 ottobre 1997, causa C‑157/94, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑5699, punto 32).
32 – Sentenza in causa C‑107/98 (cit. alla nota 23).
33 – Sentenza in causa C-26/03 (cit. alla nota 24).
34 – Libro verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, COM/2004/327 def., punti 34 e segg.
35 – Il legislatore comunitario ha espresso la concezione secondo cui le procedure delle direttive non sarebbero adeguate agli appalti pubblici di scarso valore (ordinanza in causa C‑59/00, cit. alla nota 19, punto 19).
36 – Sentenze 10 aprile 2003, causa C‑276/01, Steffensen (Racc. pag. I‑3735, punto 66) e – in particolare per il diritto delle concessioni – 27 febbraio 2003, causa C-327/00, Santex (Racc. pag. I‑1877, punto 56).
37 – Sentenze 18 novembre 1999, causa C‑275/98, Unitron Scandinavia e 3–S (Racc. pag. I‑8291, punto 31) ed in causa C‑324/98 (cit. alla nota 2, punto 61).
38 – V., in proposito, art. 12 della direttiva sugli appalti di servizi, nonché art. 41 della direttiva di settore.
39 – Sentenza in causa C‑324/98 (cit. alla nota 2, punto 62); il corsivo è mio.
40 – Quest'opinione è accolta dall'Avvocato generale Fennelly nelle sue conclusioni, paragrafo 43, per il procedimento principale nella controversia Telaustria, nei limiti in cui gli offerenti non siano tutti o prevalentemente stabiliti nello Stato membro cui appartiene l'amministrazione aggiudicatrice.
41 – La Commissione lo ritiene parimenti ammissibile nella sua comunicazione (cit. alla nota 29).
42 – Per una simile soluzione, v. sentenza in causa C‑324/98 (cit. alla nota 2, punto 63).
43 – V. in proposito soltanto sentenze in causa C‑324/98 (cit. alla nota 2, punto 63), 22 maggio 2003, causa C‑18/01, Korhonen (Racc. pag. I‑5321), 4 dicembre 2003, causa C‑448/01, EVN AG e Wien-Strom (non ancora pubblicata nella Raccolta), nonché ordinanza in causa C‑310/01 (cit. alla nota 21).