1. Con il presente ricorso per inadempimento, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte, in forza dell’art. 226 CE,
di dichiarare che la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi derivanti dagli artt. 43 CE e 48 CE, avendo imposto determinate
condizioni, sia alle persone fisiche che a quelle giuridiche, per il rilascio dell’autorizzazione alla gestione di negozi
di articoli ottici nel suo territorio.
2. Viene nuovamente proposto un ricorso vertente sulle cosiddette «restrizioni indistintamente applicabili», dato che la normativa
pertinente non distingue tra cittadini nazionali e stranieri comunitari. La disparità di trattamento può dipendere indirettamente
da altre condizioni apparentemente neutre, nella fattispecie quella per cui l’autorizzazione all’apertura di un negozio di
articoli ottici può essere rilasciata soltanto ai professionisti diplomati in questo settore che esercitino l’attività in
proprio o partecipando ad una società di persone.
I –Ambito normativo comunitario
3. Il titolo III del Trattato CE è dedicato alla libertà fondamentale di circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali
e disciplina specificamente il diritto di stabilimento al capitolo 2, che comprende gli artt. 43‑48, dei quali, ai fini del
presente procedimento, rilevano il primo e l’ultimo.
4. L’art. 43 CE definisce le caratteristiche di tale diritto:
«Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro
nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura
di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.
La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la
gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 48, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione
del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali».
5. L’art. 48 CE, da parte sua, assimila le persone giuridiche alle persone fisiche ai fini dell’esercizio di detta libertà:
«Le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale
o il centro di attività principale all’interno della Comunità, sono equiparate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni
del presente capo, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri.
Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese le società cooperative, e le
altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi
di lucro».
II –Legislazione nazionale pertinente
6. In Grecia, l’apertura di negozi di articoli ottici è subordinata alle condizioni indicate nella legge n. 971/79
(2)
. L’art. 6, n. 6, prevede che, fatto salvo il disposto del n. 3 dello stesso articolo
(3)
e dell’art. 8, n. 2
(4)
, i negozi di ottica devono essere gestiti personalmente dai titolari della relativa autorizzazione, il che implica, secondo
quanto prevede la stessa disposizione, che ciascun ottico, in quanto persona fisica, non può gestire più di negozio.
7. Tuttavia non tutti i professionisti del settore possono aprire un negozio in quanto, a tenore dell’art. 7, n. 1, della legge
citata, tali attività possono essere avviate solo da coloro che possiedono una licenza di ottico ed il loro esercizio è subordinato
al rilascio delle relativa autorizzazione, che, conformemente al disposto dell’art. 8, n. 1, «(…) è personale e non trasferibile».
8. Per quanto attiene alle persone giuridiche , l’art. 27, n. 4, della legge n. 2646/98
(5)
, relativa alla modernizzazione e all’organizzazione del sistema sanitario, che integra la legge n. 971/79, dispone che soltanto
gli ottici diplomati possono costituire una società in nome collettivo o in accomandita al fine di gestire un negozio di articoli
ottici, sempreché il titolare dell’autorizzazione abbia una partecipazione pari ad almeno il 50% del capitale sociale. L’ottico
in questione può partecipare a non più di un’altra società, a condizione che la predetta autorizzazione sia stata rilasciata
a nome di un altro ottico diplomato.
9. In sede di controreplica, il governo ellenico ha comunicato che era in corso una modifica legislativa diretta ad includere
i vari tipi di società tra i possibili beneficiari di un’autorizzazione, sempreché la maggioranza del loro capitale fosse
detenuta da ottici diplomati.
All’udienza, il rappresentante dello Stato convenuto ha confermato che la legge n. 3204/2003 aveva posto fine, a suo parere,
a tutte le infrazioni contestate alla Grecia.
III –Fase amministrativa
10. In seguito alla denuncia di due società anonime (la società madre, domiciliata in un altro Stato membro, e la sua controllata
greca), alle quali era stata negata l’autorizzazione a costituire un negozio di articoli ottici in forza della legge n. 971/79,
la Commissione, con lettera 27 gennaio 1998, richiamava l’attenzione delle autorità elleniche sull’incompatibilità di tale
normativa con gli artt. 52 e 58 del Trattato CE (divenuti artt. 43 CE e 48 CE).
11. Il 27 aprile 1998, il governo ellenico affermava di avere intrapreso una riforma legislativa; dopo aver ricevuto una lettera
di diffida, il 13 gennaio 1999 comunicava che la riforma era stata realizzata con la legge n. 2646/98.
12. La Commissione, ritenendo che neanche il contenuto di quest’ultima normativa fosse conforme al diritto comunitario, comunicava
al governo ellenico una diffida complementare in data 3 agosto 1999.
13. Nonostante le argomentazioni addotte dalla Grecia in data 17 maggio 2000, il 24 gennaio 2001veniva trasmesso a detto Stato
un parere motivato, cui esso replicava il 2 maggio 2001.
IV –Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte
14. Il 27 marzo 2003, la Commissione ha presentato il presente ricorso, chiedendo alla Corte di dichiarare che la Repubblica ellenica:
–
avendo adottato e mantenuto in vigore la legge n. 971/79, che non autorizza un ottico diplomato, in quanto persona fisica,
a gestire più di un negozio di articoli ottici, restringe le condizioni di stabilimento, violando in tal modo l’art. 43 CE,
e che
–
avendo adottato e mantenuto in vigore la legge n. 971/79 e la legge n. 2646/98, ai sensi delle quali la possibilità per una
persona giuridica di aprire negozi di articoli ottici è subordinata alle due condizioni seguenti:
a)
l’autorizzazione dev’essere stata rilasciata a nome di un ottico diplomato, che detenga almeno il 50% del capitale di una
società costituita in forma di società in nome collettivo o in accomandita, e
b)
l’ottico in questione può partecipare a non più di un’altra società proprietaria di un negozio di articoli ottici, a condizione
che l’autorizzazione venga rilasciata a nome di un altro ottico autorizzato,
ha ristretto le condizioni di stabilimento delle persone giuridiche come ottici in Grecia in modo incompatibile con l’art. 43 CE
e con l’art. 48 CE, in combinato disposto con l’art. 43 CE, imponendo alle società restrizioni non applicabili alle persone
fisiche.
15. Lo Stato convenuto ha chiesto il rigetto del ricorso, affermando che le limitazioni imposte alle società rispondono ad esigenze
di tutela della salute.
16. Dopo la replica e la controreplica, si è conclusa la fase scritta del procedimento.
17. In data 23 settembre 2004, su richiesta del governo convenuto, si è svolta l’udienza, cui hanno partecipato entrambe le parti.
V –Esame del ricorso
18. La Commissione ritiene che le restrizioni imposte dalla legislazione greca nel settore dell’ottica siano contrarie alla libertà
di stabilimento sotto due aspetti: con riguardo alle persone fisiche, esse sono in contrasto con l’art. 43 CE, e, in relazione
alle società, sono contrarie all’art. 48 CE, in combinato disposto con l’art. 43 CE.
A – La libertà di stabilimento e i suoi limiti
19. La libertà di stabilimento è parte essenziale del progetto politico dell’unità europea e si realizza attraverso la rimozione
delle barriere che ostacolano l’accesso ai mezzi di produzione. Non per nulla, «[s]tabilirsi è integrarsi in un’economia nazionale»
(6)
e implica sempre l’esercizio di un’attività economica
(7)
.
20. Questa libertà fondamentale, riconosciuta alle persone fisiche e giuridiche di ogni Stato membro, comporta, ferme restando
le eccezioni e le condizioni previste, l’accesso a tutti i tipi di attività autonome ed il loro esercizio in tutto il territorio
della Comunità, nonché la facoltà di costituire e gestire imprese ed aprire agenzie, succursali e filiali.
21. Conformemente alla giurisprudenza, si tratta di una nozione molto ampia, che implica la possibilità di partecipare, in maniera
stabile e continuativa, alla vita economica di uno Stato membro diverso dal proprio Stato di origine, favorendo così l’interpenetrazione
economica e sociale nell’ambito della Comunità nel settore della attività indipendenti
(8)
.
22. Ai fini della soluzione della presente controversia, è particolarmente importante verificare che il diritto in questione comporti
anche la facoltà di creare e conservare, salve restando le norme professionali applicabili, più di un centro di attività nel
territorio dell’Unione europea
(9)
. Dette norme, dal canto loro, non possono essere incompatibili con le condizioni imposte dall’ordinamento giuridico comunitario.
23. A tale proposito, la Corte ha ammesso che, in alcuni casi, sia l’accesso a determinate attività che l’esercizio delle stesse
possono essere subordinati al rispetto di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, sempreché esse soddisfino
quattro requisiti:
–
si applichino senza discriminazioni in base alla cittadinanza,
–
siano giustificate da ragioni imperative di interesse generale,
–
siano atte a garantire il raggiungimento dello scopo perseguito, e
–
non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento di tale scopo
(10)
.
24. La verifica dell’esistenza di tali condizioni costituisce l’oggetto del presente procedimento non solo con riguardo alle persone
fisiche, ma anche in relazione alle persone giuridiche, dato che la normativa greca prevede trattamenti diversi per le due
categorie. In ogni caso, si deve tenere conto dell’ampliamento della portata soggettiva del principio della libera circolazione
delle persone determinatosi con l’evoluzione del diritto comunitario
(11)
.
B – Restrizioni alla libertà di stabilimento delle persone fisiche
25. L’art. 6, n. 6, della legge n. 971/79 impedisce agli ottici, di qualsiasi nazionalità, di essere titolari di più di un negozio
di articoli ottici. Pertanto detta disposizione si applica in maniera non discriminatoria, dato che prevede lo stesso trattamento
per i cittadini greci e per quelli degli altri Stati membri.
26. Lo stesso governo convenuto ammette che tale limitazione determina una restrizione della libertà comunitaria, che tuttavia
sarebbe giustificata da motivi di tutela della salute.
27. Tra questi motivi, nella fase precontenziosa il governo ellenico aveva dedotto l’esigenza di garantire un’equilibrata ripartizione
geografica dei negozi di articoli ottici. Tuttavia, come rileva la Commissione nel suo ricorso, la regola «un professionista
per impresa»
(12)
di per sé è inidonea a conseguire lo scopo indicato, dato che nulla impedisce agli interessati di evitare di stabilirsi in
località o regioni più remote o meno redditizie.
In ogni caso, lo Stato convenuto non ha riproposto questo argomento dinanzi alla Corte e si deve quindi supporre che abbia
rinunciato a farlo valere.
28. Per il resto, è indubbio che la tutela della salute, considerata nel suo complesso, costituisce una ragione imperativa di
interesse generale atta a giustificare misure nazionali che ostacolino o rendano meno attraente il libero stabilimento. La
Corte ha rammentato tale possibilità, prevista dall’art. 3, lett. o), del Trattato CE [divenuto, in seguito a modifica, art. 3 CE,
n. 1, lett. p)], dichiarando che l’azione della Comunità comporta, alle condizioni e secondo il ritmo previsti dal Trattato,
un contributo al conseguimento di un elevato livello di protezione della salute
(13)
.
29. Secondo il governo convenuto, la normativa controversa è intesa a conservare il rapporto personale di fiducia nell’ambito
del commercio di articoli ottici, nonché ad assicurare la responsabilità assoluta del professionista diplomato, titolare del
negozio.
Il governo ellenico afferma inoltre che «soltanto l’ottico che sia professionista specializzato, e che partecipi in prima
persona alla gestione del suo negozio, senza disperdere energie fisiche e mentali nell’amministrazione di più filiali, può
garantire il risultato perseguito».
30.È ammissibile che uno Stato membro consideri alla stregua di una ragione imperativa di interesse generale l’esigenza che i
prodotti e i servizi offerti in un negozio di articoli ottici vengano forniti da ottici diplomati. La Corte ha ammesso casi
analoghi in relazione ad altri professionisti del settore sanitario
(14)
.
31. Orbene, per non essere incompatibile con il diritto comunitario, la limitazione dev’essere idonea a conseguire il suddetto
obiettivo e proporzionata al bene giuridico tutelato.
32. L’idoneità della misura controversa non è manifesta. Il governo convenuto si limita a citare l’art. 6 della legge n. 971/79
e la giurisprudenza che lo interpreta, secondo cui la vendita di occhiali o di altre lenti per la correzione di anomalie refrattive
deve avvenire in negozi diretti o gestiti
(15)
da personale diplomato, senza imporre alcun obbligo di presenza o di assistenza ai clienti.
33. Nel caso di specie, tuttavia, non è soddisfatto il requisito di proporzionalità, in quanto esistono misure meno restrittive
e più rispettose del diritto comunitario di quelle adottate in Grecia.
34. Nell’ambito delle attività commerciali esistono rapporti riconducibili a due sfere, una interna e una esterna. La prima comprende
la proprietà – in cui rientrerebbero, ad esempio, il locale o gli spazi in cui viene svolta l’attività, il portafoglio clienti,
la merce o il nome commerciale –, i rapporti di lavoro con i dipendenti e, di particolare importanza nella fattispecie, la
titolarità – che non coincide con la proprietà, alla quale è giuridicamente collegata in vari modi –, nonché l’amministrazione
e la gestione.
La seconda include i rapporti con i terzi, in particolare con i fornitori nonché, per quanto rileva nel caso in esame, con
gli acquirenti, clienti o, se si preferisce, pazienti.
35. La normativa greca confonde questi due aspetti. Nell’ambito dei rapporti interni, essa impedisce ad un diplomato di costituire
più di un negozio di ottica, ma tale misura viene motivata con considerazioni di carattere sostanzialmente esterno, attinenti
allo speciale rapporto fiduciario con il cliente e alla responsabilità illimitata dell’ottico.
36. Se distinguesse i due aspetti, la normativa in questione avrebbe ripercussioni meno gravi sulla libertà comunitaria, in quanto
l’apertura di più negozi non contrasterebbe con l’esigenza che la vendita e l’assistenza al pubblico siano effettuate da ottici
diplomati.
37. Inoltre, per quanto riguarda il rapporto con i singoli, la Corte non richiede che il professionista si trovi in modo permanente
in prossimità del paziente o del cliente
(16)
e a tale proposito ha espressamente menzionato il medico generico, il dentista, il veterinario o ancora il medico specialista,
per cui non si ravvisa alcun inconveniente nell’estendere questa giurisprudenza agli ottici.
38. Il risarcimento dei danni, cui fa riferimento il governo convenuto per sostenere la legittimità della restrizione, potrebbe
essere più facilmente perseguito facendo ricorso a strumenti giuridici che garantiscono una piena riparazione, come ad esempio
la responsabilità diretta o indiretta dell’imprenditore per i danni causati dai dipendenti o l’obbligo di munirsi di una copertura
assicurativa.
39. Si deve rilevare che, nel presente procedimento, non è in discussione il riconoscimento di titoli né l’attività di ottico
(17)
, per cui non si può far valere la sentenza LPO
(18)
, alla quale fa riferimento la Repubblica ellenica.
In realtà detta causa, originata da una controversia che opponeva un distributore di lenti a contatto, impianti endooculari
e prodotti accessori a varie organizzazioni professionali di ottici, riguardava la compatibilità con la libera circolazione
delle merci di una normativa nazionale che riservava ad operatori titolari di un diploma professionale la vendita di articoli
ottici.
La Corte ha dichiarato che detta normativa mirava ad un legittimo obiettivo di tutela della salute e che la sua applicazione
non era sproporzionata rispetto allo scopo perseguito. Ha quindi statuito che una normativa nazionale che vietava la vendita
di lenti a contatto e di prodotti accessori negli esercizi commerciali non diretti o gestiti da persone in possesso dei requisiti
necessari per l’esercizio della professione di ottico era giustificata da motivi di tutela della salute.
40. Tuttavia la Corte non si è pronunciata in merito all’obbligo che il professionista diplomato fosse anche titolare economico
dell’impresa, né sul numero di negozi che egli poteva gestire. Pertanto, questo precedente giurisprudenziale non getta luce
sulla controversia in esame, salvo confermare la specificità del commercio di articoli ottici
(19)
.
41. In ogni caso, l’espressione utilizzata al punto 13 della sentenza LPO non è particolarmente felice: ciò che rileva, ai fini
della tutela della salute, non è tanto che il negozio sia diretto o gestito da ottici, trattandosi di mansioni di natura essenzialmente commerciale, amministrativa o contabile, quanto piuttosto che
il cliente, al momento dell’acquisto di articoli ottici, sia assistito da personale qualificato. Questa imprecisione non incide
in alcun modo sulla presente causa.
42. Infine, non si può invocare neanche la sentenza Mac Quen e altri
(20)
, anch’essa citata nel controricorso, che riguardava la qualifica ad effettuare determinati esami oggettivi della vista. Si
domandava se fosse contraria alle libertà garantite dal Trattato una normativa che riservava la facoltà di svolgere determinati
esami ai medici oculisti, a danno degli ottici diplomati.
La Corte ha ricordato che, nonostante la mancanza di armonizzazione comunitaria nella materia controversa e la conseguente
competenza degli Stati membri, il potere normativo doveva essere esercitato nel rispetto delle libertà fondamentali del Trattato
(21)
.
Nel caso concreto, l’obbligo di possedere determinate qualifiche previsto dal diritto nazionale era stato ritenuto giustificato
dai motivi di tutela della salute addotti.
Si chiedeva poi alla Corte di valutare i requisiti relativi all’assistenza ai pazienti, requisiti che rientrano nella sfera
esterna cui ho fatto riferimento in precedenza, mentre la presente causa riguarda l’autorizzazione ad aprire un negozio di
articoli ottici, inteso come progetto imprenditoriale.
43. In base a quanto precede, ritengo che la limitazione della libertà di stabilimento imposta dalla legislazione greca, secondo
cui ogni ottico può gestire un solo negozio, sia in contrasto con l’art. 43 CE.
C – Restrizioni alla libertà di stabilimento delle società
44. Per quanto riguarda le persone giuridiche, si è già rilevato che la legge n. 2646/98 restringe la libertà di intraprendere
attività commerciali, in quanto consente esclusivamente agli ottici di costituire società, in forma di società in nome collettivo
o in accomandita, per la gestione dei negozi, stabilendo inoltre che il titolare dell’autorizzazione deve detenere almeno
il 50% del capitale e può partecipare a non più di un’altra società, nel qual caso l’autorizzazione dev’essere rilasciata
a nome di un altro ottico diplomato.
45. Tali condizioni sono diverse da quelle imposte alle persone fisiche, per cui la Commissione chiede che sia dichiarata, per
questo motivo, la violazione dell’obbligo di equiparazione sancito all’art. 48 CE.
46. La proposta è viziata da un certo semplicismo ed è quindi opportuno svolgere tre considerazioni.
47. In primo luogo, le persone fisiche e le persone giuridiche possiedono, per loro stessa natura, status radicalmente diversi,
con la conseguenza che qualsiasi equiparazione, in generale sempre incompleta, deve tenere conto di tale differenza fondamentale.
L’art. 48 CE dev’essere dunque interpretato in chiave teleologica: il Trattato mira a che le persone giuridiche fruiscano
della libertà di stabilimento al pari delle persone fisiche.
48. La seconda osservazione riguarda la natura potenziale, come già detto, dell’elemento remoto dell’equiparazione. L’obbligo
della parità di trattamento non è imposto in maniera tassativa, a pena di illiceità, bensì allo scopo di permettere alle società
di esercitare un diritto di portata quanto meno analoga. Da quanto precede discende che non contravviene all’art. 48 CE uno
Stato membro che, autorizzando il libero stabilimento delle persone giuridiche, nega o limita indebitamente quello delle persone
fisiche. Per lo stesso motivo, il referente remoto dell’equiparazione non potrebbe essere costituito da una normativa di per
sé contraria al diritto comunitario.
49. In terzo luogo, è molto difficile accogliere il parere della Commissione in merito alla qualifica del regime applicato dallo
Stato convenuto alle società. Benché detto regime, sotto il profilo delle modalità previste, sia diverso da quello applicato
alle persone fisiche, entrambi attuano il principio operativo «un ottico professionista per ogni negozio»; in un caso, imponendo
un obbligo diretto, nell’altro, mediante il meccanismo dell’obbligo di detenere una quota sociale maggioritaria.
50. Date le analogie tra la disciplina relativa alle persone fisiche, di cui si è già evidenziata la contrarietà al diritto comunitario,
e quella concernente le persone giuridiche, neanche quest’ultima soddisfa i requisiti previsti dal diritto dell’Unione.
51. La logica della normativa greca concernente la costituzione di questo tipo di attività commerciali, che si fonda sul particolare
rapporto intercorrente tra il professionista e il cliente e della responsabilità che ne deriva, impone che siano ammesse solo
le società di persone, mentre la riforma annunciata dallo Stato convenuto estende sì le autorizzazioni alle società anonime,
ma sempreché un ottico diplomato detenga la maggioranza assoluta del capitale sociale.
52. Pertanto, le misure controverse, sebbene non siano discriminatorie e mirino alla tutela della salute, non sono adeguate allo
scopo perseguito. Esistono altre misure più rispettose della libertà di stabilimento. Come ho già rilevato
(22)
, distinguendo tra proprietà, titolarità e amministrazione interna del negozio, da un lato, e rapporti con i clienti, dall’altro,
si ottiene una soluzione più conforme al diritto comunitario, pur tenendo conto della relazione tra venditore e acquirente
o della responsabilità per i danni.
53. Si deve interpretare in questo senso la sentenza 16 giugno 1992, Commissione/Lussemburgo
(23)
. Il governo convenuto aveva difeso il principio dello studio medico unico – cui conduce in definitiva la norma greca relativa
alla struttura partecipativa dei negozi di ottica – affermando che il contratto avente per oggetto una prestazione sanitaria
è un contratto intuitu personae e richiede la presenza continua del professionista sanitario nel suo studio professionale o sul luogo di lavoro, al fine
di garantire la continuità dei trattamenti sanitari.
La Corte ha dichiarato che tale continuità poteva essere garantita con mezzi meno restrittivi, quali prescrizioni relative
alla presenza minima del medico o alla possibilità di sostituirlo. La norma nazionale presentava quindi un carattere troppo
assoluto e generale perché potesse essere giustificata da motivi di tutela della salute
(24)
.
54. Infine, anche se la Repubblica ellenica, secondo quanto da essa dichiarato all’udienza, ha modificato due volte la sua legislazione
per adeguarla al diritto comunitario, dalla giurisprudenza emerge che l’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata
in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato.
La Corte non può tener conto dei mutamenti successivi
(25)
, in quanto vi è interesse a valutare la situazione in tale momento, ad esempio per accertare il fondamento di una responsabilità
eventualmente incombente allo Stato membro in relazione ai diritti lesi dall’infrazione
(26)
.
55. Per il resto, si può aggiungere, a titolo puramente indicativo, che il regime recentemente modificato
(27)
sembra ripetere gli errori già commessi, in quanto stabilisce che le società possono essere titolari di un’autorizzazione
all’apertura di un negozio di articoli ottici solo nel caso in cui un ottico diplomato detenga la maggioranza del capitale
sociale. Si confondono nuovamente i due ambiti cui ho fatto riferimento – titolarità dell’impresa, da un lato, e natura dei
servizi offerti ai terzi, dall’altro –, a detrimento di una libertà fondamentale sancita dal Trattato.
56. Di conseguenza, subordinando l’apertura di un negozio di articoli ottici al rilascio di un’autorizzazione ad un professionista
diplomato che detenga almeno il 50% del capitale di una società in nome collettivo o in accomandita, nonché imponendo che
un ottico possa partecipare al massimo ad un’altra società, nel qual caso l’autorizzazione per quest’ultima dev’essere rilasciata
a nome di un altro professionista diplomato, la Repubblica ellenica ha violato l’art. 48 CE.
VI –Sulle spese
57. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta
domanda. Poiché si deve accogliere il ricorso della Commissione ed essa ha chiesto che le spese siano poste a carico della
Repubblica ellenica, detto Stato dev’essere condannato alle spese.
VII –Conclusione
58. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di:
1) Dichiarare che la Repubblica ellenica,
–
mantenendo in vigore la legge n. 971/79, secondo cui un ottico diplomato non può gestire più di un negozio di articoli ottici,
restringe la libertà di stabilimento, in violazione dell’art. 43 CE; e
–
adottando e mantenendo in vigore la legge n. 971/79 e la legge n. 2646/98, che subordinano l’apertura di un negozio di articoli
ottici al rilascio di un’autorizzazione ad un professionista diplomato che detenga almeno il 50% del capitale di una società
in nome collettivo o in accomandita e prevedono altresì che l’ottico non possa partecipare a più di un’altra società, nel
qual caso l’autorizzazione per quest’ultima dev’essere rilasciata a nome di un altro ottico diplomato, ha violato l’art. 48 CE.
Gazzetta Ufficiale della Repubblica ellenica, serie I, n. 233, 1979. Questa legge disciplina non solo l’apertura e la gestione
dei negozi di articoli ottici, ma anche le condizioni di esercizio della professione di ottico.
Conclusioni presentate dall’avvocato generale Darmon nella causa 81/87, Daily Mail and General Trust, definita con sentenza
27 settembre 1988 (Racc. pag. 5483, paragrafo 3).
Sentenze 21 giugno 1974, causa 2/74, Reyners (Racc. pag. 631, punto 21), 30 novembre 1995, causa C‑55/94, Gebhard (Racc. pag. I‑4165,
punto 25), 9 marzo 1999, causa C‑212/97, Centros (Racc. pag. I‑1459, punto 34), e 4 luglio 2000, causa C‑424/97, Haim (Racc.
pag. I‑5123, punto 57).
V. tra l’altro, sentenze 12 luglio 1984, causa 107/83, Klopp (Racc. pag. 2971, punto 19), 7 luglio 1988, causa 143/87, Stanton
(Racc. pag. 3877, punto 11), e cause riunite 154/87 e 155/87, Wolf (Racc. pag. 3897, punto 11), e 20 maggio 1992, causa C‑106/91,
Ramrath (Racc. pag. I‑3351, punto 20).
I. Lirola Delgado in Libre circulación de personas y Unión Europea, Civitas, Madrid, 1994, pag. 61, sostiene che, con l’avanzare
del processo di integrazione europea, sia in ragione della sua dinamica interna che dello svilupparsi della sua dimensione
politica, il contenuto del principio della libera circolazione delle persone si è ampliato integrando nuove fattispecie nell’ambito
di applicazione ratione personae del diritto comunitario. Tale applicazione ha richiesto un periodo lungo, caratterizzato
da difficoltà e talora da contraddizioni, il cui punto di partenza è costituito dall’interpretazione estensiva del contenuto
potenziale che occorre attribuire all’ambito delle libertà economiche.
Che ricorda l’aforisma «farmacista nella sua farmacia» («Apotheker in seiner Apotheke») noto nel diritto tedesco e che, prima
del consolidamento della giurisprudenza Gebhard, ha prodotto sull’esercizio delle farmacie effetti analoghi a quelli determinati
dalla normativa greca controversa (v., a tale proposito K. H. Friauf: Das apothekenrechtliche Verbot des Fremd- und Mehrbesitzes,
C.F. Müller, Heidelberg, 1992, pag. 7).
Sentenza 1° febbraio 2001, causa C‑108/96, Mac Quen e a. (Racc. pag. I‑837, punti 28 e 29), anche se, come ha precisato l’avvocato
generale Mischo nelle conclusioni relative a tale causa, la responsabilità principale spetta agli Stati membri.
Sentenza Commissione/Lussemburgo, cit. alla nota 14, punto 22, che rinvia alla sentenza 30 aprile 1986, causa 96/85, Commissione/Francia
(Racc. pag. 1475, punto 13).
Peraltro, come ha rilevato l’avvocato generale Mischo al paragrafo 35 delle conclusioni presentate nella causa Mac Quen e
a. (v. nota 13), l’attività di ottico non costituisce oggetto di una regolamentazione comunitaria.
La Corte ha ammesso che la vendita di lenti a contatto, anche se la prescrizione è di competenza dell’oculista, non può essere
considerata come un’attività commerciale analoga ad altre, poiché il venditore dev’essere in grado di fornire agli utilizzatori
informazioni relative all’uso e alla manutenzione delle lenti (punto 11).
V. sentenze 29 ottobre 1998, cause riunite C‑193/97 e C‑194/97, De Castro Freitas e Escallier (Racc. pag. I‑6747, punto 23),
e 3 ottobre 2000, causa C‑58/98, Corsten (Racc. pag. I‑7919, punto 31).
Sentenze 30 gennaio 2002, causa C‑103/00, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑1147, punto 23), 29 gennaio 2004, causa C‑209/02,
Commissione/Austria (non pubblicata nella Raccolta, punto 16), e 14 settembre 2004, causa C‑168/03, Commissione/Spagna (non
pubblicata nella Raccolta, punto 24).
Sentenze 17 giugno 1987, causa 154/85, Commissione/Italia (Racc. Pag. 2717, punto 6), e 20 giugno 2002, causa C‑299/01, Commissione/Lussemburgo
(Racc. pag. I‑5899, punto 11).