CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
JULIANE KOKOTT
presentate il 17 marzo 2005(1)
Causa C-135/03
Commissione delle Comunità europee
contro
Regno di Spagna
«Inadempimento di uno Stato – Regolamento (CEE) n. 2092/91 – Direttiva 2000/13/CE – Uso del termine “bio” per indicare prodotti che non sono ottenuti secondo i metodi di produzione biologici stabiliti nel
regolamento (CEE) n. 2092/91»
I – Introduzione
1. Nel presente procedimento d’infrazione la Commissione impugna normative spagnole secondo le quali il termine «bio» può essere
utilizzato per indicare prodotti che non sono stati ottenuti in conformità alle norme stabilite dal regolamento (CEE) del
Consiglio 24 giugno 1991, n. 2092, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale
metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari
(2)
. La Commissione vi vede una violazione di disposizioni di tale regolamento e di disposizioni della direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio 20 marzo 2000, 2000/13/CE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti
l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità
(3)
.
II – Contesto normativo
A – Diritto comunitario
2. Le disposizioni del regolamento n. 2092/91 che qui rilevano sono state più volte modificate, in ultimo dal regolamento (CE)
del Consiglio 24 febbraio 2004, n. 392, che modifica il regolamento (CEE) n. 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico
di prodotti agricoli e all’indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari
(4)
. Decisiva è qui la versione conferita al regolamento n. 2092/91 dal regolamento (CE) del Consiglio 22 giugno 1995, n. 1935,
che modifica il regolamento (CEE) n. 2092/91
(5)
, e dal regolamento (CE) del Consiglio 19 luglio 1999, n. 1804, che completa, per le produzioni animali, il regolamento (CEE)
n. 2092/91
(6)
.
3. L’art. 2 del regolamento n. 2092/91, quale modificato dal regolamento n. 1804/99, recita come segue:
«Ai fini del presente regolamento si considera che un prodotto reca indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico
quando, nell’etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, il prodotto stesso, i suoi ingredienti o le materie
prime per mangimi sono caratterizzati dalle indicazioni che sono in uso in ciascuno Stato membro, che suggeriscono all’acquirente
che il prodotto, i suoi ingredienti o le materie prime per mangimi sono stati ottenuti conformemente alle norme di produzione
di cui all’articolo 6 e in particolare sono caratterizzati dai termini in appresso o dai corrispondenti termini derivati (come
bio, eco, ecc.) o diminutivi in uso, soli o combinati, salvo che detti termini non si applichino ai prodotti agricoli contenuti
nelle derrate alimentari o nei mangimi o non abbiano in modo evidente alcun rapporto con il metodo di produzione:
in spagnolo: ecológico,
in danese: økologisk,
in tedesco: ökologisch, biologisch,
in greco: βιολογικό,
in inglese: organic,
in francese: biologique,
in italiano: biologico,
in olandese: biologisch,
in portoghese: biológico,
in finlandese: luonnonmukainen,
in svedese: ekologisk».
4. L’art. 5, nn. 1 e 3, del regolamento n. 2092/91 disciplina le condizioni che un prodotto deve rispettare perché nell’etichettatura
o nella pubblicità si possa far riferimento ai metodi di produzione biologici.
5. L’art. 10 bis, n. 2, del regolamento n. 2092/91 così recita:
«Gli Stati membri prendono le misure necessarie per evitare l’uso fraudolento delle indicazioni di cui all’articolo 2 e/o
all’allegato V».
6. L’art. 2, n. 1, lett. a), punto i), della direttiva 2000/13/CE così recita:
«L’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono:
a) essere tali da indurre in errore l’acquirente, specialmente:
-
- i)
- per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare la natura, l’identità, le qualità, la composizione,
la quantità, la conservazione, l’origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di ottenimento, (...)».
B – Diritto nazionale
7. Nel Regno di Spagna in un primo momento i metodi di produzione biologici e la corrispondente indicazione sui prodotti agricoli
e sulle derrate alimentari erano disciplinati dal «Real Decreto» 22 ottobre 1993, n. 1852
(7)
(in prosieguo: il «Real Decreto n. 1852/1993»). Ai sensi dell’art. 3, n. 1, del medesimo, in ogni caso si doveva ritenere
che un prodotto recasse indicazioni concernenti metodi di produzione biologici quando il prodotto stesso o i suoi ingredienti
erano contrassegnati, nell’etichetta, nella pubblicità o nei documenti commerciali, mediante il termine «ecológico». Inoltre,
l’art. 3, n. 1, prevedeva che potessero essere utilizzati altresì i termini seguenti: «Obtenido sin el empleo de productos
químicos de síntesis» (ottenuto senza l’impiego di prodotti chimico sintetici), «biológico» (biologico), «orgánico» (organico),
«biodinámico» (biodinamico) come anche i prefissoidi «eco» (eco) e «bio» (bio).
8. Il Real Decreto n. 1852/1993 è stato modificato dal «Real Decreto» 11 maggio 2001, n. 506
(8)
(in prosieguo: il «Real Decreto n. 506/2001»). L’art. 3, n. 1, recita ora così:
«In conformità a quanto stabilito dall’art. 2 del regolamento (CEE) n. 2092/91, nella versione di cui al regolamento (CE)
n. 1804/99, in ogni caso si ritiene che un prodotto rechi indicazioni concernenti metodi di produzione biologici quando il
prodotto stesso, i suoi ingredienti o le materie prime per mangimi sono contrassegnati, nell’etichetta, nella pubblicità o
nei documenti commerciali, mediante il termine “ecológico” o il suo prefissoide “eco”, da soli o in combinazione con il nome
del prodotto, dei suoi ingredienti o del marchio commerciale».
9. Nella Comunidad Foral de Navarra (Regione autonoma di Navarra) il metodo di produzione biologico è disciplinato dal Decreto
Foral 20 dicembre 1999, n. 617
(9)
(in prosieguo: il «Decreto regionale n. 617/1999»). Il suo art. 2 stabilisce che un prodotto reca un’indicazione che fa riferimento
ad un metodo di produzione biologico quando è caratterizzato dai termini «ecológico», «obtenido sin el empleo de productos
químicos de síntesis», «biológico», «orgánico», «biodinámico», o le abbreviazioni «eco» oppure «bio». Il Decreto Foral 12
giugno 2000, n. 212
(10)
(in prosieguo: il «Decreto regionale n. 212/2000») ha aggiunto all’art. 1 del Decreto regionale n. 617/1999 una deroga, ai
cui sensi la regolamentazione in questione non si applica a latticini che non sono ottenuti con metodi di produzione biologici,
ma per i quali il termine «bio» viene usato in modo abituale e costante.
III – Fase precontenziosa e domande delle parti
10. Con lettera del 18 luglio 2001 la Commissione ha invitato il Regno di Spagna a prendere posizione ai sensi dell’art. 226 CE.
Essa affermava che le modifiche all’ordinamento spagnolo introdotte dal Real Decreto n. 506/2001 e dal Decreto regionale n. 212/2000
violavano l’art. 2 del regolamento n. 2092/91 in combinato disposto con l’art. 5 di tale regolamento, l’art. 2 in combinato
disposto con l’art. 10 bis di tale regolamento e l’art. 2 del regolamento n. 2092/91 in combinato disposto con l’art. 2, n. 1,
lett. a), punto i), della direttiva 2000/13/CE. Il Regno di Spagna si opponeva a tale interpretazione.
11. A seguito di ciò, in data 24 aprile 2002 la Commissione indirizzava al governo spagnolo un parere motivato, fissando un termine
di due mesi per l’eliminazione delle violazioni contestate. Il governo spagnolo rimaneva dell’avviso che non sussistessero
violazioni.
12. Con atto introduttivo datato 17 marzo 2003, pervenuto alla Corte il 26 marzo 2003, la Commissione ha presentato ricorso contro
il Regno di Spagna ai sensi dell’art. 226 CE.
13. La Commissione chiede che la Corte voglia:
- –
- dichiarare che il Regno di Spagna
-
- –
- avendo conservato nel suo ordinamento interno e nei suoi usi l’impiego del vocabolo «bio» – da solo o in combinazione con
altri termini – per prodotti che non sono stati ottenuti secondo metodi di produzione biologici, violando così il combinato
disposto degli artt. 2 e 5 del regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1991, n. 2092, relativo al metodo di produzione biologico
di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, come modificato dai
regolamenti n. 1935/95 e (CE) n. 1804/1999; non avendo adottato i provvedimenti necessari per impedire un uso fraudolento
di tale vocabolo, violando così il combinato disposto degli artt. 2 e 10 bis del detto regolamento modificato, e non avendo
adottato nessun provvedimento per evitare che gli acquirenti vengano indotti in errore riguardo ai metodi di produzione o
di ottenimento degli alimenti, violando così l’art. 2 del detto regolamento modificato in combinato disposto con l’art. 2,
n. 1, lett. a), punto i), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 marzo 2000, 2000/13/CE, relativa al ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa
pubblicità,
-
- –
- e conservando nel territorio della Comunidad Foral de Navarra, violando queste stesse disposizioni, l’impiego del vocabolo
«bio» – da solo o in combinazione con altri termini – per latticini per i quali viene usato questo vocabolo in modo abituale
e constante ma che non sono ottenuti secondo metodi di produzione biologici;
è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del detto regolamento e della citata direttiva e, in particolare,
delle menzionate disposizioni degli stessi;
- –
- condannare il Regno di Spagna alle spese.
14. Il Regno di Spagna chiede che la Corte voglia:
- –
- respingere il ricorso,
- –
- condannare la Commissione alle spese.
IV – Valutazione giuridica
15. Il presente procedimento d’infrazione è atipico in quanto la Commissione accusa la Spagna di conservare nel suo ordinamento
interno norme incompatibili con un regolamento comunitario. Mentre la compatibilità di norme nazionali con direttive è frequentemente
oggetto di procedimenti d’infrazione, la necessità di un siffatto procedimento nell’ipotesi di regolamenti non risulta evidente.
Dal momento che i regolamenti sono direttamente applicabili e prevalgono sul diritto nazionale, si potrebbe semplicemente
considerare irrilevante il diritto nazionale incompatibile con essi. Così si disconoscerebbe però il fatto che contraddizioni
tra un regolamento ed il diritto nazionale possono pregiudicare l’efficacia pratica del diritto comunitario. In particolare,
tali contraddizioni possono sollevare dubbi in merito al diritto applicabile. Per questo motivo gli Stati membri possono emanare
misure per l’applicazione di un regolamento soltanto se ne rispettano i limiti, non ne fanno venir meno la diretta applicabilità
e non ne dissimulano la natura comunitaria
(11)
. In base agli obblighi stabiliti dall’art. 10 CE, le misure nazionali devono, in via del tutto generale, facilitare l’applicazione
del regolamento comunitario e non ne possono ostacolare l’esecuzione
(12)
. Una violazione degli obblighi suddetti può costituire oggetto di una procedura d’infrazione.
16. L’accusa della Commissione riguarda il fatto che, ai sensi del nuovo diritto spagnolo, il termine «bio» può essere utilizzato
anche per indicare prodotti che non sono stati ottenuti con metodi di produzione biologici in conformità alle disposizioni
del regolamento n. 2092/91. Con ciò, la Spagna violerebbe il combinato disposto degli artt. 2, 5 e 10 bis del regolamento
n. 2092/91, nonché l’art. 2, n. 1, lett. a), punto i), della direttiva 2000/13.
17. L’art. 2 del regolamento n. 2092/91 individua i casi in cui l’indicazione apposta ad un prodotto suggerisce che il medesimo
è stato ottenuto con metodi di produzione biologici. L’art. 5 del regolamento n. 2092/91 stabilisce quali prodotti possano
essere corrispondentemente contrassegnati. L’art. 10 bis del regolamento n. 2092/91 obbliga gli Stati membri a contrastare
l’uso fraudolento delle indicazioni di cui al suo art. 2. Anche l’art. 2, n. 1, lett. a), punto i), della direttiva 2000/13
obbliga gli Stati membri a prevenire l’etichettatura ingannevole.
18. Le norme suddette sarebbero violate se il termine «bio» in Spagna costituisse un riferimento ai metodi di produzione biologici
ai sensi dell’art. 2 del regolamento n. 2092/91. Sarebbe infatti precluso alla Spagna emanare normative quali quelle di cui
qui si discute, tali da consentire l’utilizzo del termine in questione per prodotti non ottenuti con i metodi di produzione
biologici previsti dal regolamento. La Spagna dovrebbe inoltre anche prevenire l’uso fraudolento del termine.
19. La valutazione della questione se l’accusa della Commissione sia fondata dipende quindi, con riferimento a tutte le violazioni
contestate, esclusivamente dall’interpretazione dell’art. 2 del regolamento n. 2092/91. Occorre chiarire se, ai sensi dell’art. 2
del regolamento n. 2092/91, un prodotto recante in Spagna l’indicazione «bio» si debba considerare provvisto dell’indicazione
di alimento ottenuto con metodi di produzione biologici.
20. L’art. 2 del regolamento n. 2092/91 individua i casi in cui si deve ritenere che un prodotto rechi l’indicazione di alimento
ottenuto con metodi di produzione biologici, servendosi di una definizione generale completata da un elenco di termini superfici
nelle varie lingue. Ai sensi della definizione generale che l’art. 2 fa precedere all’elenco, si considera che un prodotto
rechi indicazioni concernenti metodi di produzione biologici
«quando (…) il prodotto (…) [è] caratterizzat[o] dalle indicazioni che sono in uso in ciascuno Stato membro, che suggeriscono
all’acquirente che (…) [esso] [è] stat[o] ottenut[o] conformemente alle norme di produzione di cui all’articolo 6 (…)».
21. Questa definizione generale si basa pertanto in maniera decisiva sul carattere usuale dell’utilizzo del termine e sulla percezione
da parte del consumatore, strettamente collegata a tale carattere.
22. L’esempio concreto che segue consiste nell’elenco, per diverse lingue, di singoli termini il cui utilizzo – come l’utilizzo
di termini e diminutivi che ne derivano – indica che il prodotto è stato ottenuto con metodi di produzione biologici:
«(...) e in particolare [sono caratterizzati] dai termini in appresso o dai corrispondenti termini derivati (come bio, eco,
ecc.) o diminutivi in uso, soli o combinati, salvo che detti termini non si applichino ai prodotti agricoli contenuti nelle
derrate alimentari o nei mangimi o non abbiano in modo evidente alcun rapporto con il metodo di produzione».
23. Segue un elenco di termini nelle varie lingue ufficiali. Per lo spagnolo, il danese, il tedesco e lo svedese è citato il rispettivo
corrispondente di «ecologico», per il tedesco, il greco, il francese, l’italiano, l’olandese e il portoghese il termine «biologico»,
per l’inglese il termine «organico» e per il finlandese il termine «naturale».
24. Secondo questo elenco, i termini citati nella lingua ufficiale di uno Stato membro valgono comunque, in tale Stato membro,
come indicazioni riguardanti metodi di produzione biologici. L’art. 2 del regolamento n. 2092/91 definisce così la corrispondente
percezione da parte dei consumatori.
25. Alla voce «spagnolo» l’elenco cita tuttavia soltanto il termine «ecológico», mentre il termine «biológico», che comprenderebbe
anche l’abbreviazione «bio», non è citato in detta voce.
26. Per il tedesco e l’olandese l’elenco cita invece il termine «biologisch», per il francese «biologique», per il greco «βιολογικό»,
per l’italiano «biologico» e anche per il portoghese «biológico», cosicché, almeno in tali lingue, anche l’abbreviazione «bio»,
derivata dai termini suddetti, vale come indicazione concernente metodi di produzione biologici.
27. La protezione accordata ai termini di cui sopra non dipende dalla lingua dei consumatori di volta in volta interessati, bensì
dalla lingua di commercializzazione. Pertanto sarebbe per esempio inammissibile non solo in Francia, Belgio e Lussemburgo,
ma anche in tutti gli altri Stati membri, contrassegnare con l’attributo «biologique» un prodotto messo in commercio in francese,
se non sia stato ottenuto in conformità al regolamento. Sarebbe parimenti inammissibile utilizzare per un prodotto siffatto
l’abbreviazione «bio».
28. Invece non è possibile estendere tale protezione terminologica dell’abbreviazione «bio», quale abbreviazione delle traduzioni
di «biologico» espressamente citate, a determinati prodotti, qualora essi vengano posti in commercio esclusivamente in una
lingua per la quale non è elencata una traduzione del termine «biologico». La Corte si basa infatti, nella valutazione di
misure di commercializzazione, sulla presumibile percezione di un consumatore delle merci in questione mediamente informato,
attento e avveduto
(13)
. Questo consumatore medio intende il termine «bio», in relazione ad un prodotto posto in commercio con indicazioni in spagnolo,
non già come abbreviazione di una delle traduzioni del termine «biologico» citate all’art. 2, bensì unicamente come abbreviazione
dello spagnolo «biológico»
(14)
.
29. Il rilievo della Commissione è pertanto fondato solo se «bio», quale abbreviazione dello spagnolo «biológico», è da intendersi
come indicazione di un metodo di produzione conforme al regolamento. Questo potrebbe discendere da un lato già dal regolamento
stesso, dall’altro però anche dall’effettiva percezione dell’acquirente medio di prodotti posti in commercio con indicazioni
in spagnolo.
A – La funzione indicativa di «biológico» ai sensi del regolamento n. 2092/91
30. Ad un esame superficiale, la lista di cui all’art. 2 del regolamento n. 2092/91 dà l’impressione che soltanto i termini ivi
citati definiscano cosa, in ogni singola lingua, debba intendersi come riferimento a metodi di produzione biologici. Tale
impressione è tuttavia sbagliata. È ben vero che l’art. 2 del regolamento n. 2092/91 cita per ogni lingua uno o due termini
che sono da intendersi come indicazioni di metodi di produzione conformi al regolamento, ma l’elenco non è tassativo. Una
qualificazione ai sensi dell’art. 2 può infatti avvenire in particolare mediante uno dei suddetti termini. Pertanto anche altri termini possono essere utilizzati come riferimento a metodi di produzione
biologici. Nonostante ciò, deve dedursi da questa elencazione esplicita che l’estensione della tutela a termini non previsti
per la singola lingua in questione deve essere motivata. L’indicazione di termini diversi nelle diverse lingue contraddice
infatti prima facie l’ipotesi secondo cui i termini suddetti debbano intendersi come riferimenti a metodi di produzione biologici
in tutte le lingue.
31. Anche i lavori preparatori del regolamento n. 2092/91 si pongono tendenzialmente piuttosto contro l’interpretazione secondo
la quale i termini espressamente elencati farebbero riferimento, in tutte le lingue ufficiali, a metodi di produzione biologici.
In un primo tempo, la Commissione ha suggerito l’impiego di un termine univoco su scala comunitaria, e cioè «biologico» o
«biodinamico»
(15)
, che sarebbe stato necessariamente riservato in tutte le traduzioni ai prodotti ottenuti con metodi di produzione biologici.
Invece di detto termine, tuttavia, dopo il parere del Parlamento è stato introdotto nella proposta l’elenco di termini differenziati
secondo le lingue, riconducibili a «ecologico», «biologico» ed «organico»
(16)
. Il mantenimento in tutte le lingue del concetto terminologico unitario avrebbe consentito di riservare in tutte le lingue
i tre termini «ecologico», «biologico» ed «organico» alla produzione conforme al regolamento n. 2092/91, invece di predisporre
un elenco di nove termini in ciascuna delle diverse lingue.
32. A favore del carattere indicativo in tutte le lingue ufficiali si pongono invece gli scopi del regolamento n. 2092/91 ed il
concetto di mercato interno, che deve essere tenuto in considerazione nell’ambito di un’interpretazione conforme al Trattato.
33. Scopo del regolamento n. 2092/91 è l’incentivazione dei metodi di produzione biologici. Per raggiungere tale scopo, da un
lato il regolamento intende proteggere il consumatore da indicazioni ingannevoli. Il consumatore deve poter identificare facilmente
i prodotti ottenuti con metodi di produzione biologici. D’altro canto, il regolamento intende però anche proteggere i produttori
di prodotti biologici dalla concorrenza sleale. I prodotti ottenuti con metodi di produzione biologici devono essere protetti
dalla concorrenza da parte di prodotti meno costosi, ottenuti con metodi di produzione convenzionali
(17)
.
34. Risulterebbe in contrasto con questi obiettivi riservare in uno Stato membro un termine, per esempio «bio», a prodotti ottenuti
con metodi di produzione biologici, e lasciare invece il medesimo termine privo di tutela in altri Stati membri.
35. Se il termine «bio» fosse tutelato come indicazione di metodi di produzione biologici solo per una parte delle lingue comunitarie
i consumatori, acquistando in altri Stati membri o acquistando prodotti posti in commercio con indicazioni in altre lingue,
potrebbero erroneamente ritenere che si tratti di prodotti ottenuti con metodi di produzione biologici. Inoltre, nel commercio
internazionale i prodotti ottenuti con metodi di produzione biologici sarebbero esposti alla diretta concorrenza di prodotti
meno costosi, ottenuti con metodi di produzione convenzionali. Con ciò non sarebbe a rischio solo l’obiettivo del regolamento
di impedire la concorrenza sleale. Per di più, siffatte differenze nella tutela accordata alle indicazioni potrebbero anche
ostacolare gli scambi intracomunitari di prodotti ottenuti con metodi di produzione biologici. Invece, con una protezione
uniforme su scala comunitaria non solo si escludono potenziali ostacoli alla libera circolazione delle merci, ma si agevola
anche la creazione nella Comunità di un concetto univoco, che può incentivare gli scambi di questi prodotti.
36. In questo contesto occorre anche riflettere sul fatto che, nel mercato interno, etichette multilingue sono possibili ed usuali,
affinché i prodotti possano essere posti in commercio in diversi Stati membri. Queste possono allora ingannare il consumatore
anche quando il riferimento a un metodo di produzione conforme al regolamento, usuale nella sua lingua, compaia, in un’altra
lingua, su un prodotto non ottenuto in osservanza del detto regolamento. Ad esempio, sarebbe ingannevole porre in vendita
in Portogallo uno yogurt spagnolo recante la dicitura spagnola «biológico»
(18)
. Ciò costituisce certamente un forte argomento a favore del fatto che un’etichetta multilingua di tal natura sarebbe incompatibile
con il regolamento, essendo fonte di possibili inganni
(19)
. Potrebbe essere però difficile poterla vietare in pratica, qualora alcuni Stati membri consentano il libero uso di denominazioni
riservate, in altri Stati membri, ai metodi di produzione conformi al regolamento.
37. I possibili ostacoli al mercato interno dei prodotti ottenuti con metodi biologici vengono posti in rilievo dei risultati
di una ricerca di diritto comparato, effettuata dal Servizio Ricerca e Documentazione della Corte. In base a tale studio,
tra gli Stati membri
(20)
, oltre alla Spagna, solo la Danimarca e il Regno Unito autorizzano ancora l’uso di «bio» per prodotti non ottenuti in osservanza
del regolamento. Tuttavia, in Danimarca e nel Regno Unito è necessaria almeno una chiara indicazione del fatto che le merci
non sono frutto di metodi di produzione biologici. Occorre pertanto partire dalla premessa che, nel mercato interno, ad eccezione
della Spagna, «bio» viene compreso come riferimento a metodi di produzione biologici e che a tal fine può essere utilizzato
dai produttori.
38. Il regolamento n. 392/2004, qui non ancora utilizzabile, conferma l’interpretazione teleologica del regolamento n. 2092/91.
In questo regolamento, infatti, il legislatore comunitario si è espressamente dichiarato dell’avviso che anche le traduzioni
dei termini citati all’art. 2 del regolamento n. 2092/91 nelle altre lingue della Comunità debbano considerarsi come riferimenti
a metodi di produzione biologici.
39. Con il regolamento n. 392/2004 il Consiglio ha, tra l’altro, riformulato l’art. 2 del regolamento n. 2092/91. I termini elencati
sono ora considerati «indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico in tutta la Comunità e in ogni sua lingua
(21)
» . A tenore del secondo ‘considerando’ del regolamento n. 392/2004, la protezione dei termini derivati o diminutivi in uso
sussiste indipendentemente dalla lingua utilizzata. Anche la relatrice del Parlamento europeo ha espresso chiaramente che
la nuova versione dell’art. 2 intende escludere l’utilizzo del termine «bio» per prodotti non ottenuti con metodi di produzione
biologici
(22)
. Di tale contenuto del regolamento era evidentemente consapevole anche il governo spagnolo, dal momento che ha votato contro
il regolamento di modifica. Facendo rinvio al presente procedimento d’infrazione, esso ha sottolineato che in spagnolo «bio»
non fa riferimento a metodi di produzione biologici, e che quindi la modifica non era necessaria
(23)
. Con ciò si è chiarito che, almeno oggigiorno, l’utilizzo dell’abbreviazione «bio» in tutte le lingue della Comunità è ammesso
esclusivamente per prodotti ottenuti con metodi di produzione biologici
(24)
.
40. Il secondo ‘considerando’ del regolamento n. 392/2004 sottolinea che la modifica è intervenuta per eliminare ogni possibilità
di malinteso in merito alla portata di tale protezione. Ne consegue che il legislatore riteneva che il fatto di negare la protezione ai
termini derivati o ai diminutivi in uso in altre lingue si basasse su un’errata interpretazione dell’art. 2 del regolamento
n. 2092/91 nella versione non modificata.
41. L’interpretazione dell’art. 2 del regolamento n. 2092/91 conduce quindi al risultato che in sostanza ognuno dei termini citati
per le singole lingue, come anche i loro diminutivi, in base al regolamento debbono considerarsi in tutta la Comunità indicazioni
riguardanti prodotti ottenuti con metodi di produzione biologici.
42. L’art. 2 del regolamento contiene tuttavia espressamente un’eccezione per i termini che «non abbiano in modo evidente alcun
rapporto con [tale] metodo di produzione»
(25)
. La previgente normativa generale spagnola, che in prosieguo sarà ancora esaminata in modo più approfondito, e le norme regionali
ancora oggi in vigore, che tra l’altro riservavano, e ancora riservano, il termine «bio» ai metodi di produzione biologici
(26)
, dimostrano però che in Spagna detto termine è senz’altro collegato con i metodi di produzione biologici.
43. È pertanto incompatibile con l’art. 2 consentire che il termine «bio» sia utilizzato per prodotti non conformi agli obblighi
di cui al regolamento n. 2092/91.
B – In via subordinata: la percezione del consumatore nel mercato spagnolo
44. Qualora la Corte non condividesse questo approccio per l’interpretazione dell’art. 2 del regolamento n. 2092/91, nella versione
di cui al regolamento n. 1804/99, sarebbe decisivo il problema, se nella commercializzazione con indicazioni in spagnolo il
consumatore percepisca il termine «bio», quale abbreviazione di «biológico», come un riferimento a metodi di produzione biologici.
L’art. 2 riserva infatti ai prodotti ottenuti con metodi di produzione biologici non solo i termini espressamente citati,
bensì tutte le «indicazioni che sono in uso in ciascuno Stato membro, che suggeriscono all’acquirente che il prodotto, i suoi
ingredienti o le materie prime per mangimi sono stati ottenuti conformemente alle norme di produzione» di cui al regolamento.
Dato che il regolamento fa riferimento ai singoli Stati membri, contrariamente a quanto sostiene la Commissione non rileva
il consumatore medio del mercato interno europeo, bensì quello del mercato spagnolo.
45. Il governo spagnolo contesta l’affermazione che i consumatori spagnoli collegherebbero il termine «bio» con metodi di produzione
conformi al regolamento. La Commissione a ciò obietta che la previgente formulazione – applicabile soltanto ai prodotti vegetali
– del Real Decreto n. 1852/1993 prevedeva l’utilizzo di detto termine per prodotti conformi al regolamento. Essa si basa inoltre
sul Decreto n. 212/2000 della Regione Navarra, che – eccezion fatta per i latticini – tuttora prevede che si deve ritenere
che un prodotto rechi un’indicazione che fa riferimento ad un metodo di produzione biologico quando riporta, tra l’altro,
le indicazioni «biológico» o «bio». Il governo spagnolo, su precisa domanda della Corte, ha attestato l’esistenza di differenze
tra la normativa nazionale e quella della Regione Navarra. Quest’informazione può essere intesa solo nel senso che la normativa
nazionale non esclude l’efficacia di quella regionale. Secondo quanto comunicato dal governo spagnolo, normative analoghe
e non in contrasto con il regolamento esistono anche – senza le limitazioni ai latticini – nelle Regioni Valenza, Canarie,
Galizia, Madrid, Catalogna, Aragona e Baleari. Nell’udienza dibattimentale la Commissione ha persino dichiarato che, delle
17 regioni spagnole, solo Navarra – per i latticini – e i Paesi Baschi autorizzano l’uso di «bio» per prodotti non ottenuti
in osservanza del regolamento. Pertanto, in territorio spagnolo sussistono discipline differenti in merito all’uso del termine
«bio».
46. Se già il legislatore spagnolo equipara sul piano nazionale e regionale i termini «biológico» o «bio» e i termini «ecológico»
ed «eco», si deve altresì supporre che il consumatore spagnolo si allinei a tale concezione. È infatti presumibile che il
legislatore abbia basato le sue norme su una preesistente percezione da parte dei consumatori, o che le norme abbiano per
lo meno incentivato una percezione in tal senso.
47. Non è in contrasto con questa conclusione il fatto che il Real Decreto, nella sua previgente formulazione, si applicasse soltanto
ai prodotti vegetali e che il Decreto regionale preveda un’eccezione per i latticini. Se per taluni prodotti i termini «bio»
e «biológico» indicano metodi di produzione conformi al regolamento, si deve presumere che anche per altri prodotti il consumatore
supponga tali metodi, e che pertanto l’utilizzo di detti termini possa essere ingannevole
(27)
.
48. Neppure la modifica del Real Decreto, oggetto della controversia, è in contrasto con la conclusione circa gli effetti del
testo della normativa spagnola sul livello di percezione del consumatore spagnolo. Da un lato, vi sono ancora regolamentazioni
regionali che continuano a motivare una corrispondente fiducia del consumatore nei termini «bio» e «biológico». D’altro canto,
non si può addivenire senz’altro alla conclusione opposta, che cioè l’eliminazione di una regolamentazione concernente l’utilizzo
di tali termini si rifletta in un cambiamento nella percezione dei consumatori. Almeno in via transitoria, infatti, continueranno
a sussistere le aspettative dei consumatori fondate sulle regole precedenti. Un’improvvisa eliminazione della tutela accordata
a determinati termini originerebbe quindi necessariamente il rischio che il consumatore sia indotto in errore. Essa sarebbe
giustificabile soltanto se fosse effettivamente certo che il consumatore non colleghi ai termini non più tutelati alcun riferimento
a metodi di produzione conformi al regolamento.
49. Il governo spagnolo avrebbe dovuto dimostrare quest’ultimo assunto, dal momento che il contesto giuridico spagnolo contiene
già elementi sufficienti per concludere che i consumatori spagnoli collegano con l’indicazione «bio» i metodi di produzione
biologici. Tuttavia il governo spagnolo non ha portato tale prova. Esso fonda, in sostanza, la propria argomentazione su un
sondaggio d’opinioni che ha presentato. In linea di principio, non sembra che si debba negare la possibilità di documentare
le aspettative dei consumatori con uno studio di tal genere. Lo studio in questione è però solo un progetto pilota sulla base
di circa 100 interviste telefoniche a Madrid, Barcellona e Bilbao. L’istituto di sondaggi che lo ha approntato prevedeva,
come risulta dallo studio stesso, che per giungere a risultati definitivi fosse necessaria un’ulteriore fase di circa 2 000
interviste. Inoltre, la Commissione rileva giustamente che lo studio è stato redatto su incarico dell’industria casearia spagnola,
che è interessata a poter continuare ad utilizzare l’indicazione «bio». Senza che risulti qui necessario un ulteriore esame
del valore professionale dello studio, si noti anche che esso contiene quanto meno elementi a favore della tesi secondo la
quale il termine «bio» viene inteso non solo nel senso di elemento salutare, ma anche come riferimento al metodo di produzione
(28)
.
50. Il governo spagnolo richiama anche il rischio che i consumatori spagnoli si ingannino per il fatto che essi collegherebbero
ad un prodotto biologico non i metodi di produzione, bensì particolari benefici per la salute – ad esempio, colture di bifido
nei latticini. Qualora esista davvero un rischio di tal genere, ad esso non si può comunque porre rimedio in un modo che possa
indurre in inganno i consumatori che colleghino tali denominazioni con metodi di produzione conformi al regolamento. Piuttosto,
si dovrebbe allora vietare assolutamente l’uso di tali denominazioni
(29)
.
51. Anche se il termine «bio» non dovesse intendersi già in base al regolamento n. 2092/91, in tutte le lingue, come indicazione
di un prodotto ottenuto con metodi di produzione biologici, almeno in Spagna esso svolge pertanto tale funzione.
52. Per completezza si noti che le norme spagnole non sono giustificate neppure come deroga ai sensi dell’art. 5, n. 3 bis, del
regolamento n. 2092/91. Secondo tale disposizione, l’utilizzo di un’indicazione riservata in linea generale soltanto a prodotti
biologici può acquistare rilevanza per prodotti non biologici esclusivamente se si tratti di un marchio registrato. Il regolamento
n. 2092/91 non contempla tuttavia una deroga generale per interi gruppi di prodotti, limitandosi alla suddetta deroga restrittiva
riguardante singoli marchi.
53. Pertanto, almeno in Spagna, l’utilizzo del termine «bio» per prodotti non ottenuti con metodi di produzione biologici è incompatibile
con l’art. 2 del regolamento n. 2092/91.
C – Considerazioni conclusive per il procedimento di infrazione
54. Si è già dimostrato che una violazione dell’art. 2 del regolamento n. 2092/91 implica nel contempo una violazione degli artt. 5
e 10 bis di tale regolamento, nonché dell’art. 2, n. 1, lett. a), punto i), della direttiva 2000/13
(30)
. Pertanto il ricorso della Commissione è pienamente fondato.
V – Sulle spese
55. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente deve essere condannata a sopportare le spese,
se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Regno di Spagna, rimasto totalmente soccombente,
va condannato alle spese.
VI – Conclusione
56. Alla luce di quanto sin qui esposto, propongo alla Corte di dichiarare quanto segue:
- 1)
- Il Regno di Spagna, avendo conservato nel suo ordinamento interno e nei suoi usi, ai sensi del Real Decreto n. 506/2001 e
del Decreto regionale n. 212/2000, l’impiego del vocabolo «bio» – da solo o in combinazione con altri termini – per prodotti
che non sono stati ottenuti in osservanza degli obblighi di cui al regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1991, n. 2092,
relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e
sulle derrate alimentari, nella versione di cui al regolamento (CE) n. 1804/99, ha violato
-
- –
- il combinato disposto degli artt. 2, 5 e 10 bis del regolamento n. 2092/91, nonché
-
- –
- il combinato disposto dell’art. 2 del regolamento n. 2092/91 e dell’art. 2, n. 1, lett. a), punto i), della direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 20 marzo 2000, 2000/13/CE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità.
2) Il Regno di Spagna è condannato alle spese.
- 1 –
- Lingua originale: il tedesco.
- 2 –
- GU L 198, pag. 1.
- 3 –
- GU L 109, pag. 29.
- 4 –
- GU L 65, pag. 1.
- 5 –
- GU L 186, pag. 1.
- 6 –
- GU L 222, pag. 1, applicabile, per quanto possa rilevare in questa sede, dal 24 agosto 2000. Il riferimento al 24 agosto 2001,
di cui alla versione francese, è evidentemente dovuto a un errore tipografico.
- 7 –
- BOE (Boletín Oficial del Estado) del 26 novembre 1993.
- 8 –
- BOE (Boletín oficial del Estado) del 26 maggio 2001.
- 9 –
- BO Navarra (Boletín Oficial de Navarra) del 10 gennaio 2000.
- 10 –
- BO Navarra (Boletín Oficial de Navarra) del 10 luglio 2000.
- 11 –
- V. sentenze 31 gennaio 1978, causa 94/77, Zerbone (Racc. pag. 99, punti 22-27), e 14 ottobre 2004, causa C-113/02, Commissione/Paesi
Bassi (Racc. pag. I-0000, punto 16).
- 12 –
- Sentenza 14 ottobre 1999, causa C-223/98, Adidas (Racc. pag. I-7081, punto 25).
- 13 –
- Sentenza 16 luglio 1998, causa C-210/96, Gut Springenheide e Tusky (Racc. pag. I-4657, punto 31).
- 14 –
- Nel caso di prodotti messi in commercio con indicazioni in più lingue non si può tuttavia escludere che l’utilizzo del termine
«bio», per esempio in un’indicazione in spagnolo, influenzi anche il consumatore che si concentra su un’indicazione in altra
lingua, per esempio il francese.
- 15 –
- Proposta di regolamento (CEE) del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione
di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari [GU 1990, C 4, pag. 4 (5)].
- 16 –
- COM (91) 112 def., pag. 4 e segg.
- 17 –
- V. il secondo e il quinto ‘considerando’ del regolamento n. 2092/91.
- 18 –
- Ai sensi dell'art. 2 del regolamento, «biológico» è l'indicazione, in portoghese, relativa ai metodi di produzione conformi
al regolamento medesimo.
- 19 –
- Cfr. il precedente paragrafo 27 e segg.
- 20 –
- Non sono stati analizzati le Repubbliche Baltiche, Malta e l'Ungheria.
- 21 –
- Il corsivo è mio.
- 22 –
- Relazione dell'onorevole Danielle Auroi 6 novembre 2003, sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento
(CEE) n. 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all’indicazione di tale metodo sui prodotti
agricoli e sulle derrate alimentari (A5-392/2003, pag. 12).
- 23 –
- Dichiarazione n. 16/04, nell'estratto mensile degli atti del Consiglio – febbraio 2004, documento del Consiglio 24 marzo 2004,
n. 7712, allegato II, pag. 6.
- 24 –
- V. al riguardo anche le conclusioni da me presentate in data odierna nella causa C‑107/04, Comité Andaluz (non ancora pubblicate
nella Raccolta, paragrafo 20 e segg.).
- 25 –
- In merito alla nuova formulazione di detta eccezione, v. le conclusioni da me presentate nella causa Comité Andaluz (citate
nella nota 23, paragrafo 31 e segg.)
- 26 –
- V. il successivo paragrafo 43 e segg.
- 27 –
- Il regolamento (CEE) n. 2092/91, fino alla modifica ad opera del regolamento (CE) n. 1804/99, è stato viziato da un analogo
errore strutturale, in quanto non estendeva la tutela del termine ai prodotti di origine animale. Esso contribuiva così ad
indurre in errore i consumatori.
- 28 –
- Controricorso, allegato IV, pag. 8, seconda e sesta caratteristica.
- 29 –
- Ad ogni modo, ciò non è più possibile dopo le modifiche del regolamento introdotte mediante il regolamento n. 392/2004, dato
che, in applicazione di esse, in spagnolo «biológico», quale traduzione di «biologico», costituisce un riferimento lecito
ai metodi di produzione conformi al regolamento.
- 30 –
- V. il precedente paragrafo 16 e segg.