CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
JACOBS
presentate il 29 aprile 2004(1)



Causa C-31/03



Pharmacia Italia SpA, in precedenza Pharmacia & Upjohn SpA




«»






1.        Nella presente causa il Bundesgerichtshof (Corte federale di cassazione, Germania) ha sottoposto alla Corte una questione relativa alla concessione di un certificato protettivo complementare (in prosieguo: un «certificato») ai sensi del regolamento del Consiglio n. 1768/92  (2) .

2.        Il regolamento prevede che gli Stati membri rilascino un certificato su richiesta del titolare di un brevetto nazionale o europeo relativo ad un medicinale per il quale sia stata concessa un’autorizzazione di immissione in commercio. Il certificato è inteso ad estendere la protezione conferita dal brevetto per tali prodotti in modo da tenere conto del fatto che, generalmente, nel settore farmaceutico intercorre un notevole lasso di tempo tra il deposito di una domanda di brevetto e il rilascio di un’autorizzazione di immissione in commercio del prodotto al titolare, cosicché il normale periodo di tutela brevettuale, solitamente pari a 20 anni dalla presentazione della domanda, può risultare inadeguato.

3.        Il regolamento si applica ai medicinali per uso umano e veterinari. Una delle condizioni per il rilascio del certificato è che, alla data e nello Stato membro in cui è stata presentata la domanda, esista una valida autorizzazione di immissione in commercio del prodotto rilasciata in base al codice comunitario relativo ai medicinali veterinari  (3) o al codice comunitario relativo ai medicinali ad uso umano  (4) .

4.        Tra le altre disposizioni transitorie previste dal regolamento, l’art. 19, n. 1, dispone che può formare oggetto di un certificato qualsiasi prodotto che, alla data di entrata in vigore del regolamento  (5) , sia protetto da un brevetto e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità dopo (nel caso della Germania) il 1° gennaio 1985.

5.        Il Bundesgerichtshof chiede in sostanza se detta disposizione escluda il rilascio in Germania di un certificato per un medicinale ad uso umano che era coperto da brevetto quando il regolamento è entrato in vigore, nel caso in cui prima del 1° gennaio 1988 sia stata concessa un’autorizzazione di immissione in commercio per lo stesso prodotto (coperto da brevetto) in quanto medicinale veterinario ma non in quanto medicinale ad uso umano.

6.        In altri termini, la questione è se, ai fini dell’art. 19, n. 1, si debba distinguere tra la prima autorizzazione di vendita in quanto medicinale ad uso umano, da un lato, e in quanto medicinale veterinario, dall’altro. Benché la questione sollevata nella fattispecie menzioni solo la disposizione transitoria di cui all’art. 19, n. 1, il problema, come si vedrà, investe l’intero sistema del regolamento.

Genesi del regolamento

7.        La protezione conferita da un brevetto generalmente ha una validità di 20 anni a decorrere dalla data della domanda. Tuttavia, in genere il richiedente non è in grado di commercializzare l’invenzione brevettata prima che sia trascorso un certo periodo di tempo dal rilascio del brevetto. Nel 1990, quando ha presentato la sua proposta di regolamento  (6) , la Commissione stimava in quattro anni il periodo medio che intercorre generalmente nell’industria tra la data di presentazione della domanda di brevetto e la data in cui l’invenzione viene immessa sul mercato  (7) . Di fatto, quindi, il periodo effettivo medio di esclusività conferita dal brevetto si riduce a 16 anni. Nel settore farmaceutico, tuttavia, l’obbligo di conformarsi a rigide condizioni supplementari per il rilascio dell’autorizzazione di immissione in commercio di un nuovo medicinale fa sì che spesso trascorrano ben più di quattro anni prima che il titolare del brevetto possa attendersi un ritorno dall’investimento effettuato. Di conseguenza, il periodo effettivo di esclusività risulta proporzionalmente più breve.

8.        Lo scopo del certificato è conferire ai medicinali per i quali sia stata concessa un’autorizzazione di immissione in commercio all’interno della Comunità una protezione globale effettiva simile a quella esistente in altri settori della tecnica  (8) . Il regolamento persegue questo obiettivo, in sostanza, prevedendo che il certificato dev’essere valido per un periodo uguale a quello intercorso tra il deposito della domanda di brevetto e il rilascio dell’autorizzazione di immissione in commercio, ridotto di cinque anni; pertanto il regolamento determina in realtà una compensazione per un periodo superiore a cinque anni tra la presentazione della domanda e l’autorizzazione di immissione in commercio. Inoltre la durata del certificato è limitata ad un massimo di cinque anni (9) .

Disposizioni pertinenti del regolamento

9.        I primi cinque ‘considerando’ del preambolo del regolamento n. 1768/92 fanno riferimento all’esigenza di garantire una tutela sufficiente per i medicinali allo scopo di incoraggiare la ricerca ed evitare il trasferimento dei centri di ricerca. In particolare, al secondo e al terzo ‘considerando’ si rileva quanto segue:

«(…) i medicinali, in particolare quelli derivanti da una ricerca lunga e costosa, potranno continuare ad essere sviluppati nella Comunità e in Europa solo se potranno beneficiare di una normativa favorevole che preveda una protezione sufficiente a incentivare tale ricerca;

(…) attualmente il periodo che intercorre fra il deposito di una domanda di brevetto per un nuovo medicinale e l’autorizzazione di immissione in commercio dello stesso riduce la protezione effettiva conferita dal brevetto ad una durata insufficiente ad ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca».

10.      Il sesto ‘considerando’ auspica una soluzione uniforme a livello comunitario per prevenire «ulteriori differenze tali da ostacolare la libera circolazione dei medicinali all’interno della Comunità e da incidere, di conseguenza, direttamente sulla creazione e sul funzionamento del mercato interno». Il settimo ‘considerando’ fa riferimento alla necessità di creare un certificato protettivo complementare mediante regolamento. L’ottavo ‘considerando’ riguarda la durata della protezione conferita dal certificato, che dev’essere «sufficiente» ed «effettiva», e prevede quanto segue:

«(…) il titolare che disponga contemporaneamente di un brevetto e di un certificato deve poter beneficiare complessivamente di quindici anni al massimo di esclusività 10  –Nota irrilevante ai fini della versione italiana delle presenti conclusioni., a partire dalla prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità del medicinale in questione».

11.      Il nono e il decimo ‘considerando’ così recitano:

«(…) tuttavia (…), in un settore così complesso e sensibile come il settore farmaceutico, devono essere presi in considerazione tutti gli interessi in gioco; (…); a questo fine, il certificato non deve essere rilasciato per una durata superiore a cinque anni; (…) la protezione che esso conferisce deve inoltre essere strettamente limitata al prodotto oggetto dell’autorizzazione di immissione in commercio in quanto medicinale;

(…) si deve realizzare un giusto equilibrio per quanto riguarda la determinazione del regime transitorio; (…) tale regime deve consentire all’industria farmaceutica comunitaria di compensare in parte il ritardo accumulato nei confronti dei principali concorrenti che beneficiano, da diversi anni, di una legislazione che assicura loro una protezione più adeguata e [considerando] che occorre nel contempo vigilare affinché non venga compromessa la realizzazione di altri legittimi obiettivi connessi alle politiche perseguite in materia di sanità a livello sia nazionale che comunitario».

12.      L’art. 1, lett. a), definisce il «medicinale» come «ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali, nonché ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo o dell’animale». L’art. 1, lett. b), definisce il «prodotto» come «il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale». L’art. 1, lett. c), definisce il «brevetto di base» come «un brevetto che protegge un prodotto ai sensi della lettera b) in quanto tale, un processo di fabbricazione di un prodotto o un impiego di prodotto e che è designato dal suo titolare ai fini della procedura di rilascio di un certificato».

13.      L’art. 2 dispone quanto segue:

«Ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell’immissione in commercio ad una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della direttiva 65/65/CEE (…) o della direttiva 81/851/CEE (…), può formare oggetto di un certificato alle condizioni e secondo le modalità previste nel presente regolamento».

14.      L’art. 3 stabilisce le condizioni di rilascio del certificato, vale a dire:

«a)
il prodotto è protetto da un brevetto di base in vigore;

b)
per il prodotto in quanto medicinale è stata rilasciata un’autorizzazione in vigore di immissione in commercio a norma – secondo il caso – della direttiva 65/65/CEE o della direttiva 81/851/CEE;

c) il prodotto non è già stato oggetto di un certificato;

d)
l’autorizzazione di cui alla lettera b) è la prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto in quanto medicinale».

15.      L’art. 4 dispone quanto segue:

«Nei limiti della protezione conferita dal brevetto di base, la protezione conferita dal certificato riguarda il solo prodotto oggetto dell’autorizzazione di immissione in commercio del medicinale corrispondente, per qualsiasi impiego del prodotto in quanto medicinale, che sia stato autorizzato prima della scadenza del certificato».

16.      L’art. 5 prevede che, fatto salvo l’art. 4, il certificato conferisce gli stessi diritti che vengono attribuiti dal brevetto di base ed è soggetto alle stesse limitazioni e agli stessi obblighi.

17.      L’art. 6 dispone che il diritto al certificato spetta al titolare del brevetto di base o al suo avente diritto, e l’art. 7 stabilisce che la domanda di certificato dev’essere depositata entro sei mesi dal rilascio dell’autorizzazione di immissione in commercio nello Stato membro di cui trattasi.

18.      L’art. 8 riguarda il contenuto della domanda di certificato, che deve contenere, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), «una copia dell’autorizzazione di immissione in commercio di cui all’articolo 3, lettera b), da cui risulti l’identità del prodotto e che contenga, tra l’altro, il numero e la data dell’autorizzazione, nonché il riassunto delle caratteristiche del prodotto, come previsto dall’articolo 4 bis della direttiva 65/65/CEE o dall’articolo 5 bis della direttiva 81/851/CEE».

19.      L’art. 13, relativo alla durata del certificato, dispone quanto segue:

«1.     Il certificato ha efficacia a decorrere dal termine legale del brevetto di base per una durata uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del brevetto di base e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità, ridotto di cinque anni.

2.       Nonostante il paragrafo 1, la durata del certificato non può essere superiore a cinque anni a decorrere dalla data in cui il certificato acquista efficacia».

20.      L’art. 14 prevede le circostanze in cui il certificato si estingue, ivi compreso, sub lett. d), «se e per tutto il periodo in cui il prodotto protetto da certificato non può più essere immesso sul mercato, a seguito del ritiro della o delle corrispondenti autorizzazioni di immissione sul mercato, conformemente alla direttiva 65/65/CEE o alla direttiva 81/851/CEE (…)».

21.      L’art. 19, n. 1, dispone quanto segue:

«Qualsiasi prodotto che, alla data di entrata in vigore del presente regolamento, sia protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità dopo il 1° gennaio 1985 può formare oggetto di un certificato.

Per quanto riguarda i certificati da rilasciare in Danimarca e in Germania, la data del 1° gennaio 1985 è sostituita dalla data del 1° gennaio 1988.

Per quanto riguarda i certificati da rilasciare in Belgio e in Italia, la data del 1° gennaio 1985 è sostituita dalla data del 1° gennaio 1982».

22.      L’art. 23 dispone che il regolamento entra in vigore sei mesi dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Poiché tale pubblicazione è avvenuta il 2 luglio 1992, il regolamento è entrato in vigore il 2 gennaio 1993.

Fatti e procedimento principale

23.      La ricorrente era titolare di un brevetto tedesco richiesto nel 1981 e avente per oggetto i) derivati di ergolina e sali della medesima, farmaceuticamente ammissibili, ottenuti per addizione di acidi organici o inorganici e ii) un composto noto con la denominazione comune internazionale «cabergolina» (un derivato dell’ergolina). Benché il brevetto si sia estinto per decorrenza del termine, esso era ancora valido alla data di entrata in vigore del regolamento.

24.      Nel gennaio 1987, e quindi prima della scadenza del 1° gennaio 1988 menzionata all’art. 19, n. 1, del regolamento, veniva autorizzato in Italia il medicinale «Galastop», contenente il principio attivo «cabergolina». Questo principio attivo è stato autorizzato, in quanto medicinale ad uso umano, per la prima volta all’interno della Comunità nell’ottobre 1992 nei Paesi Bassi, e quindi dopo la predetta scadenza. Nel giugno 1994 il prodotto «Dostinex» veniva autorizzato per la prima volta come medicinale nella Repubblica federale di Germania. Nell’autorizzazione veniva menzionata la «cabergolina» quale principio attivo del medicinale.

25.      Nel dicembre 1994, la ricorrente presentava domanda di rilascio di un certificato protettivo complementare in via principale per il principio attivo «cabergolina» in forma di base libera o di sale, farmaceuticamente ammissibile, ottenuto per addizione di acidi, e in subordine per il principio attivo del medicinale «Dostinex» in tutte le forme coperte dalla protezione del brevetto di base.

26.      La richiesta veniva respinta dal Deutsches Patent‑ und Markenamt (Ufficio tedesco dei brevetti e marchi) riguardo sia alla domanda principale, sia a quella in subordine. Il ricorso contro detta decisione veniva rigettato dal Bundespatentgericht (giudice federale tedesco competente in materia di brevetti). La ricorrente ha quindi adito il Bundesgerichtshof, il quale ha ritenuto che la soluzione della causa dipendesse dall’interpretazione dell’art. 19, n. 1, del regolamento. Pertanto esso ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se al rilascio di un certificato protettivo complementare in uno Stato membro della Comunità sulla base di un medicinale per uso umano autorizzato nel detto Stato membro osti la circostanza che, prima della data stabilita dall’art. 19, n. 1, del regolamento sul certificato protettivo, sia stata rilasciata, in un altro Stato membro della Comunità, un’autorizzazione all'immissione in commercio dello stesso prodotto in quanto medicinale veterinario, ovvero rilevi unicamente la data in cui il prodotto è stato autorizzato in quanto medicinale per uso umano nella Comunità».

Valutazione

27.      Hanno presentato osservazioni scritte la ricorrente, il governo del Regno Unito e la Commissione. La ricorrente deduce che quando viene presentata una domanda di certificato per un medicinale ad uso umano, ai fini dell’art. 19, n. 1, rileva soltanto la data della prima autorizzazione di immissione in commercio in quanto medicinale per uso umano; il Regno Unito e la Commissione sostengono invece che la data pertinente è quella della prima autorizzazione di immissione in commercio in quanto medicinale per uso umano o in quanto medicinale veterinario.

28.      Condivido questa seconda interpretazione.

29.      A sostegno della sua tesi, la ricorrente fa valere che il regolamento mantiene distinti i medicinali ad uso umano da quelli veterinari, come dimostrerebbero sia la definizione di «medicinale» di cui all’art. 1, lett. a), che i rinvii alle direttive 65/65 e 81/851 contenuti agli artt. 2, 3, lett. b), 8, n. 1, lett. b), e 14, lett. d). La ricorrente sostiene in particolare che dal rinvio a queste due direttive contenuto all’art. 2 discende che occorre distinguere tra certificati rilasciati in base ad un’autorizzazione per medicinali ad uso umano da quelli basati su un’autorizzazione per medicinali veterinari e che, di conseguenza, qualora sia stato rilasciato un certificato in quanto medicinale autorizzato per uso umano, qualsiasi autorizzazione per uso veterinario dovrebbe essere ignorata.

30.      L’art. 2 riguarda l’ambito di applicazione del regolamento, l’art. 3 le condizioni di rilascio del certificato, l’art. 8, n. 1, il contenuto della domanda di certificato e l’art. 14 l’estinzione del certificato. Pertanto la ricorrente deduce non solo che l’art. 19, n. 1, distingue, ai fini del regime transitorio da esso introdotto, la prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità per uso umano da quella per uso veterinario, ma che il regolamento nel suo complesso implica una distinzione generale tra i medicinali ad uso umano e i medicinali veterinari.

31.      Tuttavia, né dal preambolo né dal dispositivo del regolamento  (11) si evince che il legislatore intende operare tale distinzione.

32.      Inoltre mi sembra che dal testo delle disposizioni citate dalla ricorrente emerga semmai, come osservano il Regno Unito e la Commissione, che non viene formulata alcuna distinzione generale tra medicinali ad uso umano e medicinali veterinari. In particolare, la definizione di «medicinale» di cui all’art. 1, lett. a), del regolamento fa riferimento indifferentemente alle malattie umane e animali. Parimenti, gli artt. 2, 3, lett. b), 8, n. 1, lett. b), e 14, lett. d) non distinguono tra le varie procedure di autorizzazione dei medicinali veterinari, da una parte, e quelle relative ai medicinali ad uso umano, dall’altra; dette disposizioni semplicemente rinviano, in vari contesti, alle procedure di autorizzazione di immissione in commercio «ai sensi» della direttiva 65/65 o della direttiva 81/851, o alle autorizzazioni di immissione in commercio rilasciate o revocate «conformemente» a tali direttive.

33.      La ricorrente si richiama anche all’art. 4 del regolamento per far valere che, qualora un certificato venga rilasciato sulla base di un’autorizzazione per medicinali ad uso umano, la tutela conferita da detto certificato è limitata all’uso del prodotto come medicinale per uso umano, e non si estende all’uso veterinario.

34.      A mio parere, tuttavia, questo argomento si fonda su un’interpretazione errata della natura e della portata della tutela conferita da un certificato, e in particolare dell’effetto e dell’interazione tra gli artt. 4 e 5.

35.      Anzitutto, l’effetto dell’art. 5 è che un certificato relativo ad un determinato prodotto conferisce gli stessi diritti attribuiti dal brevetto di base, cioè il brevetto che protegge tale prodotto.

36.      Tuttavia l’art. 5 è subordinato all’art. 4. Quest’ultimo precisa che la protezione conferita dal certificato riguarda «il solo prodotto oggetto dell’autorizzazione di immissione in commercio del medicinale corrispondente, per qualsiasi impiego del prodotto in quanto medicinale, che sia stato autorizzato prima della scadenza del certificato». La limitazione di cui all’art. 4 è stata introdotta per il seguente motivo.

37.      Come si è già rilevato, un dato certificato e il corrispondente brevetto di base proteggono entrambi lo stesso prodotto. L’art. 1 definisce il «prodotto» come «il principio attivo o la composizione di principi attivi» dei medicinali ad uso umano o veterinario. Nei settori chimico e farmaceutico i brevetti vengono spesso richiesti e concessi per una serie di prodotti correlati: nella fattispecie, ad esempio, il brevetto originale protegge i) la classe dei derivati dell’ergolina e dei loro sali, farmaceuticamente accettabili, ottenuti per addizione di acidi organici o inorganici e ii) lo specifico derivato dell’ergolina denominato «cabergolina». Solo quest’ultimo prodotto in senso stretto, tuttavia, è stato oggetto di autorizzazione di immissione in commercio, prima, nel 1987, in quanto medicinale veterinario e in seguito, nel 1992, in quanto medicinale ad uso umano. L’art. 5, letto isolatamente, estenderebbe l’intera protezione conferita dal brevetto di base. Tuttavia, qualora, come nella fattispecie, la pertinente autorizzazione di immissione in commercio riguardi solo alcuni dei prodotti tutelati dal corrispondente brevetto, sarebbe incongruente che il certificato complementare avesse una portata più ampia. Pertanto, per effetto dell’art. 4, in un caso del genere il certificato non può proteggere i prodotti coperti dal brevetto ma non dall’autorizzazione di immissione in commercio.

38.      Inoltre l’art. 4 conferisce tutela ad un prodotto, ossia al principio attivo, e non ad un medicinale, cioè alla sostanza o alla composizione presentata come avente proprietà curative per le persone o gli animali. La distinzione tra i due termini è fondamentale ai fini dell’applicazione del regolamento. Il prodotto, come definito, costituisce l’oggetto della tutela conferita dal brevetto, che il certificato è diretto ad estendere. Il medicinale, come definito, costituisce invece l’oggetto dell’autorizzazione di vendita: esso consiste in una sostanza o una composizione di sostanze, ivi compreso un principio attivo coperto da brevetto o un suo composto, presentato come medicinale. Il regolamento interviene nel punto di collegamento tra la tutela brevettuale dei prodotti e l’autorizzazione di immissione in commercio dei medicinali: esso è volto ad estendere la tutela conferita dal brevetto per i prodotti che rappresentano elementi costitutivi di medicinali autorizzati. La consapevolezza di tale contesto è essenziale ai fini della corretta interpretazione del regolamento.

39.      Pertanto non condivido il parere della ricorrente secondo cui, ai sensi dell’art. 4, la tutela conferita da un certificato rilasciato in base ad un’autorizzazione di immissione in commercio in quanto medicinale ad uso umano è circoscritta all’impiego di detto medicinale per la cura delle persone.

40.      Infatti, dal testo del regolamento non si ricava alcun elemento atto a confermare la tesi secondo cui, ai fini del rilascio di un certificato, occorre distinguere tra i due diversi tipi di medicinali  (12) .

41.      La ricorrente fa inoltre riferimento agli obiettivi del regolamento. Essa deduce in particolare che lo scopo della norma transitoria di cui all’art. 19 dimostra chiaramente che nell’applicare detta disposizione si devono mantenere distinti i medicinali per uso umano da quelli veterinari. Per giustificare la limitazione imposta dall’art. 19 all’applicazione retroattiva del regolamento, il legislatore si è richiamato all’esigenza di ridurre i costi per i sistemi sanitari attinenti ai medicinali consentendo l’ingresso sul mercato di prodotti generici. Tuttavia l’obiettivo di limitare i costi per i sistemi sanitari sarebbe pertinente per quanto riguarda i medicinali ad uso umano, ma non per quelli veterinari. La ricorrente conclude che, in casi come quello in esame, ai fini dell’art. 19 si deve prendere in considerazione solo la prima autorizzazione in quanto medicinale per uso umano.

42.      A mio parere, il preambolo del regolamento, in particolare il secondo e il terzo ‘considerando’, considerati nel loro contesto, sottolineano l’importanza di compensare la ricerca sui medicinali con un periodo sufficiente di tutela brevettuale. Dalla loro formulazione emerge chiaramente che lo scopo principale del regolamento nel suo complesso è compensare l’investimento che culmina in un brevetto  (13) . Tale obiettivo non impone una distinzione a seconda che il medicinale sia stato autorizzato per la prima volta come medicinale ad uso umano o come medicinale veterinario. Inoltre è significativo che – come si è già rilevato – il preambolo non preveda, in alcun modo, tale distinzione.

43.     È vero che il decimo ‘considerando’ del preambolo, concernente il regime transitorio istituito dall’art. 19, fa riferimento all’esigenza di non compromettere la realizzazione di obiettivi di politica nazionale in materia di sanità. Tuttavia gli obiettivi principali menzionati al decimo ‘considerando’ realizzano implicitamente un giusto equilibrio tra tutti gli interessi in gioco, che comprendono la salute pubblica  (14) ma anche gli interessi del settore farmaceutico, e consentono all’industria farmaceutica della Comunità di compensare in parte il ritardo accumulato nei confronti dei principali concorrenti. Pertanto, sebbene i costi della sanità pubblica costituiscano un fattore non trascurabile, l’obiettivo di consentire all’industria farmaceutica di recuperare i costi di investimento rimane preponderante. In ogni caso, mi sembra che le «politiche in materia di sanità» non consistano solo nella limitazione dei costi legati alla sanità pubblica; come hanno dimostrato avvenimenti recenti, spesso la salute animale ha gravi implicazioni sulla salute delle persone. Infine l’argomento della ricorrente, se portato alle sue logiche conseguenze, implicherebbe la totale inapplicabilità ai medicinalli veterinari di un elemento del regime transitorio (il limite all’applicazione retroattiva del regolamento), tesi che non trova conferma nel regolamento. Pertanto, a mio parere, il fatto che tra gli obiettivi del regime transitorio istituito dall’art. 19 rientri il rispetto delle politiche in materia di sanità non contrasta con il principio di collegare il rilascio di un certificato alla data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità, sia essa per uso umano o per uso veterinario.

44.      Per quanto riguarda, più in generale, gli obiettivi del regolamento, quest’ultimo è inteso a fornire una soluzione uniforme a livello comunitario al problema dell’insufficienza della tutela brevettuale e prevenire in tal modo una evoluzione eterogenea delle legislazioni nazionali che comporti ulteriori differenze tali da ostacolare la libera circolazione dei medicinali all’interno della Comunità e da incidere, di conseguenza, direttamente sulla creazione e sul funzionamento del mercato interno  (15) . Il regolamento consegue tale obiettivo assicurando che la tutela conferita dal brevetto, nel caso di prodotti coperti da certificato, termini nello stesso istante in tutti gli Stati membri in cui il certificato è stato concesso, anche se la domanda di registrazione del brevetto di base è stata presentata in anni diversi. Ciò discende dall’art. 13, e in particolare dal meccanismo per cui la durata del certificato dipende dalla data di un unico evento, ossia la prima autorizzazione di immissione sul mercato comunitario di un medicinale contenente il prodotto  (16) . Tale uniformità, che ho già definito come l’effetto probabilmente più significativo del certificato introdotto dal regolamento  (17) , verrebbe meno qualora, per un determinato prodotto brevettato, potessero esistere due certificati, entrambi complementari allo stesso brevetto ma con scadenze diverse a seconda che il medicinale di cui il prodotto brevettato costituiva un principio attivo sia stato autorizzato per uso umano o per uso veterinario  (18) .

45.      Inoltre il regolamento è chiaramente inteso a garantire che il titolare che disponga contemporaneamente di un brevetto e di un certificato possa beneficiare complessivamente di 15 anni al massimo di esclusività, a partire dalla prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità del medicinale in questione  (19) . A mio parere, anche l’intenzione espressa nel regolamento di imporre un periodo massimo di protezione dimostra che la prima «autorizzazione di immissione in commercio [del prodotto]», ai sensi dell’art. 19, n. 1, dev’essere intesa come la prima autorizzazione, dell’uno o dell’altro tipo. Ciò discende dal fatto che la protezione che il regolamento mira ad integrare è la tutela brevettuale del prodotto, o principio attivo  (20) ; l’«esclusività» è quella conferita dal brevetto e integrata dal certificato. Lo scopo principale del regolamento è prolungare la durata dell’esclusività conferita dal brevetto in modo da compensare il periodo in cui esso è stato infruttuoso sotto l’aspetto economico a causa della mancanza di autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali contenenti il prodotto brevettato. Il rendimento commerciale si realizza a partire dalla prima immissione in commercio di detti medicinali, a prescindere dalla loro destinazione.

46.      Se consideriamo in particolare la presente causa, l’interpretazione dell’art. 19, n. 1, secondo cui la «prima autorizzazione di immissione in commercio [del prodotto]» ai sensi di detto articolo è la prima autorizzazione per uso umano o per uso veterinario, implica nella fattispecie che il richiedente beneficerebbe di un’esclusività di 15 anni: il certificato rilasciato in forza dell’art. 19, n. 1, acquisterebbe efficacia, ai sensi dell’art. 13, nel 2001 («a decorrere dal termine legale del brevetto di base») per un anno («per una durata uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del brevetto di base [1981] e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità [1987], ridotto di cinque anni». Pertanto il periodo di protezione scadrebbe nel 2002.

47.      L’interpretazione del regolamento proposta dalla ricorrente, invece, nella fattispecie attribuirebbe al richiedente un’esclusività di 19 anni: il certificato acquisterebbe efficacia nel 2001 («a decorrere dal termine legale del brevetto di base») per cinque anni, il massimo consentito dall’art. 13, n. 2, giacché, diversamente, il risultato del calcolo di cui all’art. 13, n. 1, sarebbe pari a sei anni («per una durata uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del brevetto di base [1981] e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità [1992], ridotto di cinque anni». Pertanto il periodo di protezione scadrebbe nel 2006. Di conseguenza, l’interpretazione della ricorrente condurrebbe ad un risultato confliggente con un’esplicita aspirazione del regolamento  (21) .

48.      Infine la ricorrente fa riferimento al sistema del regolamento e in particolare gli effetti dell’art. 3, lett. c) e d).

49.      A mio avviso, tuttavia, anche il sistema del regolamento conferma che il regime dei certificati protettivi complementari da esso istituito non distingue tra medicinali per uso umano, da un lato, e medicinali veterinari, dall’altro, né in generale né con specifico riguardo all’art. 19.

50.      In particolare, l’interpretazione da me proposta risulta conforme all’art. 3, lett. c) e d). L’art. 3, lett. c), indica tra le condizioni di rilascio del certificato il fatto che il prodotto non sia già stato oggetto di un certificato e pertanto esclude che venga concesso più di un certificato per un prodotto all’interno di uno Stato membro, anche qualora detto prodotto sia stato autorizzato come medicinale più di una volta. L’art. 3, lett. d), prevede inoltre che l’autorizzazione di vendita relativa al prodotto per il quale viene chiesto un certificato dev’essere la prima autorizzazione di immissione in commercio in quanto medicinale e pertanto preclude il rilascio di un certificato in base ad una seconda autorizzazione, anche nel caso in cui non sia stato richiesto un certificato in base alla prima autorizzazione. Da tali disposizioni emerge il significato assunto, nell’ambito del regime istituito dal regolamento, dal concetto un «certificato per prodotto» senza distinzione in base al numero di autorizzazioni  (22) . Sebbene l’autorizzazione di cui all’art. 3, lett. b) e d), sia la prima autorizzazione nello Stato membro in cui è stata presentata la richiesta di certificato, mentre quella menzionata all’art. 19 e quella oggetto della questione pregiudiziale sia la prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità, secondo me anche dal principio sotteso all’art. 3 discende che ai fini dell’art. 19 non occorre distinguere a seconda che l’autorizzazione pertinente sia stata rilasciata per uso umano o per uso veterinario.

51.      A mio parere, quindi, la questione sollevata dal Bundesgerichtshof dev’essere risolta nel senso che non può essere rilasciato un certificato protettivo complementare in uno Stato membro della Comunità sulla base di un medicinale per uso umano autorizzato in detto Stato qualora, prima della data indicata all’art. 19, n. 1), del regolamento, in un altro Stato membro della Comunità sia stata concessa un’autorizzazione di immissione in commercio in quanto medicinale veterinario per lo stesso prodotto.

52.      Tuttavia potrebbe essere più utile una soluzione formulata in termini più generali, ossia che i riferimenti, contenuti nel regolamento, alla prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità di un prodotto riguardano la prima autorizzazione di questo tipo, a prescindere dal fatto che essa sia stata rilasciata in base al codice comunitario relativo ai medicinali veterinari  (23) o in base al codice comunitario relativo ai medicinali ad uso umano.  (24)

Conclusione

53.      Ritengo pertanto che la Corte debba risolvere come segue la questione pregiudiziale sottopostale dal Bundesgerichtshof:

I riferimenti alla prima autorizzazione di immissione in commercio di un prodotto nella Comunità, contenuti nel regolamento (CEE) del Consiglio 18 giugno 1992, n. 1768, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali, riguardano la prima autorizzazione di immissione in commercio di detto prodotto in quanto medicinale veterinario o in quanto medicinale per uso umano.


1
Lingua originale: l'inglese.


2
Regolamento (CEE) del Consiglio 18 giugno 1992, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali (GU L 182, pag. 1). Modifiche minori del regolamento sono state introdotte dall’allegato I dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU C 241, pag. 233), come modificato con decisione del Consiglio dell’Unione europea 1° gennaio 1995, 95/1/CE, Euratom, CECA, recante adattamento degli Atti relativi all’adesione di nuovi Stati membri all’Unione europea (GU L 1, pag. 1); tuttavia, poiché l’anno rilevante ai fini della presente causa è il 1994, mentre le modifiche sono state applicate a partire dal 1° gennaio 1995, le disposizioni pertinenti del regolamento sono citate nella versione originale.


3
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/82/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (GU L 311, pag. 1), che ha abrogato e sostituito, con effetto dal 18 dicembre 2001, la direttiva del Consiglio 28 settembre 1981, 81/851/CEE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai medicinali veterinari (GU L 317, pag. 1), come modificata.


4
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311, pag. 67), che ha abrogato e sostituito, con effetto dal 18 dicembre 2001, la direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 1965, n. 22, pag. 369), come modificata.


5
2 gennaio 1993: v. infra, paragrafo 22.


6
Proposta di regolamento (CEE) del Consiglio sulla creazione di un certificato protettivo complementare per i medicinali, COM(90) 101 def. (GU C 114, pag. 10).


7
Punto 51 della relazione esplicativa sulla proposta, citata alla nota 6.


8
Ibid., paragrafo 14.


9
Art. 13, citato infra, paragrafo 19.


10
Nota irrilevante ai fini della versione italiana delle presenti conclusioni.


11
Né dalla proposta, citata alla nota 6.


12
V. anche paragrafi 30 e 31 delle conclusioni dell’avvocato generale Fennelly nella causa C‑181/95, Biogen, definita con sentenza 23 gennaio 1997 (Racc. pag. I‑357).


13
V. anche sentenze Biogen, citata alla nota 12, punto 26, 12 giugno 1997, causa C‑110/95, Yamanouchi Pharmaceutical (Racc. pag. I‑3251, punto 7), e 16 settembre 1999, causa C‑392/97, Farmitalia (Racc. pag. I‑5553, punto 19).


14
V. nono ‘considerando’.


15
Sesto ‘considerando’ del preambolo.


16
Per una spiegazione del modo in cui l’art. 13 opera concretamente v. paragrafo 44 delle mie conclusioni nella causa C‑350/92, Spagna/Consiglio (Racc. pag. I‑1985).


17
Ibid.


18
V. per analogia sentenza Yamanouchi Pharmaceutical, citata alla nota 13, punto 25. V. anche conclusioni dell’avvocato generale Fennelly, paragrafo 26.


19
Ottavo ‘considerando’ del preambolo.


20
V. supra, paragrafi 35‑38.


21
V., per lo stesso ragionamento in relazione allo stesso prodotto, la decisione adottata dal sig. L. Lewis per l’Ufficio brevetti del Regno Unito in Farmitalia Carlo Erba Srl’s SPC Application [1996] RPC 111.


22
V. anche conclusioni dell’avvocato generale Fennelly nella causa Yamanouchi Pharmaceutical, citata nella nota 13, paragrafo 26.


23
Direttiva 2001/82, ex direttiva 81/851, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai medicinali veterinari, citata alla nota 3.


24
Direttiva 2001/83, ex direttiva 65/65, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali, citata alla nota 4.