CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ANTONIO TIZZANO

presentate il 25 maggio 2004 (1)

Causa C-12/03 P

Commissione delle Comunità europee

contro

Tetra Laval BV

«Regolamento n. 4064/89 – Decisione che dichiara incompatibile con il mercato comune una concentrazione di tipo conglomerale – Intensità del sindacato giurisdizionale»





Indice

I – Quadro giuridico

II – Fatti e procedura

L’operazione notificata ed il procedimento dinanzi alla Commissione

La decisione impugnata

La sentenza impugnata

Il ricorso in appello e la procedura dinanzi alla Corte

III – Analisi giuridica

Considerazioni generali sulla ricevibilità dei ricorsi contro le sentenze del Tribunale

Sul motivo relativo al livello probatorio richiesto ed all’intensità del sindacato giurisdizionale

a) Le critiche generali della Commissione

b) L’«esempio concreto» degli errori commessi dal Tribunale

c) Conclusioni sul primo motivo di ricorso

Sul motivo relativo all’esigenza di prendere in considerazione il carattere illegale di determinati comportamenti e di tenere conto di impegni puramente comportamentali

Sul motivo relativo all’individuazione di distinti mercati delle macchine SBM in funzione della loro utilizzazione finale

Sul motivo relativo al rafforzamento della posizione dominante di Tetra nel cartone

Sul motivo relativo alla creazione della posizione dominante di Tetra nelle macchine SBM

a) Le censure formulate dalla Commissione

b) L’incidenza degli errori riscontrati sulla conclusione cui è giunto il Tribunale

Considerazioni conclusive in merito all’esito del ricorso

Sulle spese

IV – Conclusioni

1.     La presente causa ha ad oggetto il ricorso in appello presentato dalla Commissione europea contro la sentenza del Tribunale di primo grado 25 ottobre 2002, causa T‑5/02, Tetra Laval/Commissione (Racc. pag. II-4381), con la quale è stata annullata la «decisione della Commissione 30 ottobre 2001, C(2001) 3345 def., che dichiara una concentrazione incompatibile con il mercato comune e con l’accordo SEE (caso COMP/M.2416 – Tetra Laval/Sidel)».

I –    Quadro giuridico

2.     Com’è noto, per contribuire alla creazione di «un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune» (art. 3, lett. f, del Trattato CEE, divenuto, in seguito a modifica, art. 3, lett. g, del Trattato CE, a sua volta divenuto, in seguito ad ulteriore modifica, art. 3, n. 1, lett. g, CE), il regolamento del Consiglio n. 4064/89 (nel prosieguo, anche il «regolamento concentrazioni» o semplicemente il «regolamento») (2) ha istituito un controllo sulle operazioni di concentrazione di dimensione comunitaria (3). A tal fine, esso ha in particolare stabilito che dette operazioni siano preventivamente notificate alla Commissione, la quale è chiamata a valutarne la compatibilità con il mercato comune.

3.      Secondo quanto precisato all’art. 2, n. 1, del regolamento, nel compiere tale valutazione, «la Commissione tiene conto:

a)      della necessità di preservare e sviluppare una concorrenza effettiva nel mercato comune alla luce segnatamente della struttura di tutti i mercati interessati e della concorrenza reale o potenziale di imprese situate all’interno o [all’]esterno della Comunità;

b)      della posizione sul mercato delle imprese partecipanti, del loro potere economico e finanziario, delle possibilità di scelta dei fornitori e degli utilizzatori, del loro accesso alle fonti di approvvigionamento o agli sbocchi, dell’esistenza di diritto o di fatto di ostacoli all’entrata, dell’andamento dell’offerta e della domanda dei prodotti e dei servizi in questione, degli interessi dei consumatori intermedi e finali, nonché dell’evoluzione del progresso tecnico ed economico purché essa sia a vantaggio del consumatore e non ostacoli la concorrenza».

4.     Ai successivi paragrafi dell’art. 2 è poi stabilito:

–      da un lato, che le «operazioni di concentrazione che non creano o non rafforzano una posizione dominante, da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata in modo significativo nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, devono essere dichiarate compatibili con il mercato comune» (n. 2);

–      e, dall’altro, che le «operazioni di concentrazione che creano o rafforzano una posizione dominante, da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata in modo significativo nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, devono essere dichiarate incompatibili con il mercato comune» (n. 3).

II – Fatti e procedura

 L’operazione notificata ed il procedimento dinanzi alla Commissione

5.     Dalla ricostruzione dei fatti operata nella sentenza impugnata, per quanto qui interessa, risulta quanto segue:

«9      Il 27 marzo 2001 la Tetra Laval SA, società francese di diritto privato interamente di proprietà della Tetra Laval BV, società finanziaria appartenente al gruppo Tetra Laval (in prosieguo: la “Tetra” o la “ricorrente”), ha bandito per conto di quest’ultima un’offerta pubblica di acquisto per tutte la azioni in circolazione della Sidel SA, un’impresa quotata in borsa in Francia. La Tetra Laval SA ha acquistato lo stesso giorno circa il 9,75% del capitale della Sidel dall’Azeo (5,56%) e dalla direzione della Sidel (4,19%).

(...)

11      In seguito a tale offerta, la Tetra acquisiva circa l’81,3% delle azioni in circolazione della Sidel. Dopo la chiusura dell’offerta, la ricorrente acquisiva talune altre azioni tanto che essa detiene, attualmente, circa il 95,20% delle azioni e il 95,93% dei diritti di voto della Sidel.

12      Della Tetra fa parte, in particolare, l’impresa Tetra Pak che è attiva principalmente nel settore degli imballaggi in cartone per liquidi alimentari, settore nel quale la Tetra Pak è l’impresa più importante a livello mondiale. La Tetra ha anche attività più limitate nel settore degli imballaggi in materiali plastici, principalmente in qualità di “terzista” (attività che consiste nel fabbricare e fornire contenitori vuoti ai produttori che provvedono a riempirli), in particolari nel settore degli imballaggi in polietilene ad alta densità (in prosieguo: lo “HDPE”).

13      La Sidel progetta e produce attrezzature e sistemi d’imballaggio, in particolare le macchine dette “Stretch Blow Moulding” (“stiro-soffiatrici a iniezione”; in prosieguo: le “macchine SBM”) che sono impiegate nella produzione delle bottiglie di polietilene tereftalato (in prosieguo: il “PET”). Essa occupa una posizione preminente a livello mondiale nella produzione e nella fornitura di macchine SBM, è presente anche nel settore della tecnica di trattamento barriera, impiegata per rendere il PET compatibile con i prodotti sensibili al gas e alla luce, nonché nel settore delle macchine per il riempimento di bottiglie in PET e, in misura minore, in HDPE.

14      Il 18 maggio 2001 la Commissione riceveva notifica delle transazioni in seguito alle quali la Tetra acquisiva la sua partecipazione nella Sidel.

15      E’ pacifico fra le parti che le transazioni (in prosieguo: la “concentrazione” o l’“operazione notificata”) costituiscono un’acquisizione ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento e che tale concentrazione riveste una dimensione comunitaria ai sensi dell’art. 1, n. 2, del regolamento.

16      Il 5 luglio 2001 la Commissione, avendo ritenuto che la concentrazione suscitasse seri dubbi in ordine alla sua compatibilità con il mercato comune e con l’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), decideva di avviare la procedura di esame approfondito di cui all’art. 6, n. 1, lett. c), del regolamento.

(...)

19      Il 25 settembre 2001 la ricorrente proponeva una serie di impegni, conformemente all’art. 8, n 2, del regolamento, per rimediare ai problemi di concorrenza individuati nella prima comunicazione degli addebiti.

(...)

21      Il 9 ottobre 2001 la ricorrente proponeva una nuova serie di impegni precisi (in prosieguo: gli “impegni”) che sostituivano quelli del 25 settembre 2001.

(...)

24      Con decisione 30 ottobre 2001 [C (2001) 3345 def. (caso COMP/M.2416 ‑ Tetra Laval/Sidel); in prosieguo: la “decisione impugnata”], la Commissione dichiarava l’operazione notificata incompatibile con il mercato comune e il funzionamento del SEE, ai sensi dell’art. 8, n. 3, del regolamento.

(...)

26      Alla luce delle conclusioni alle quali era pervenuta nella decisione impugnata e in seguito a una procedura amministrativa distinta avviata con la trasmissione alla Tetra, il 19 novembre 2001, di una comunicazione degli addebiti, la Commissione adottava, il 30 gennaio 2002, una decisione che elencava le misure necessarie per ripristinare le condizioni effettive di concorrenza conformemente all’art. 8, n. 4, del regolamento (caso COMP/M. 2416 – Tetra Laval/Sidel)».

 La decisione impugnata

6.     Limitandosi ai suoi passaggi essenziali, e riservandosi di ritornare più diffusamente su alcuni aspetti di particolare importanza ai fini della presente causa, la decisione impugnata può essere brevemente sintetizzata come segue.

7.     Dopo una descrizione generale dell’industria degli imballaggi per liquidi alimentari, la Commissione ha analizzato i mercati del prodotto rilevanti, cominciando col valutare la sostituibilità tra diversi materiali per imballaggio e, di conseguenza, tra diversi sistemi di imballaggio.

8.     Ai fini di tale analisi, essa ha ritenuto utile adottare una “segmentazione per usi finali”, valutare cioè la sostituibilità dei diversi materiali e sistemi di imballaggio con riferimento al tipo di liquidi da imballare (4). In quest’ottica, considerato che Tetra e Sidel erano principalmente attive nei segmenti dell’imballaggio in cartone ed in PET, la Commissione ha svolto la sua analisi con particolare riferimento alle bevande che potevano essere imballate con questi due materiali (i c.d. prodotti «comuni» o prodotti «sensibili»), vale a dire: i «prodotti lattiero‑caseari liquidi» (cui nella sentenza impugnata viene fatto riferimento anche come ai «DLL» (5)); i «succhi» ed i «nettari» (cui nella decisione e nella sentenza impugnata viene fatto riferimento semplicemente come ai «succhi»); le «bevande non gassate aromatizzate alla frutta» (cui nella decisione viene fatto riferimento semplicemente come alle «bevande aromatizzate alla frutta» e nella sentenza anche come alle «BAF»); e le «bevande a base di tè e caffè pronte al consumo» (cui nella decisione e nella sentenza viene fatto riferimento semplicemente come alle «bevande a base di tè/caffè») (6).

9.     Esaminando l’interrelazione tra i due materiali, la Commissione ha cominciato col sottolineare che, sebbene essi fossero «stati tradizionalmente utilizzati per bevande diverse» (7), il «PET [era] un materiale idoneo all’imballaggio di tutti i prodotti tradizionalmente imballati nel cartone» (8). In seguito ad un’ampia analisi, ed in particolare alla «luce degli sviluppi tecnologici recenti e futuri, delle considerazioni sui costi e sul marketing», la Commissione è poi giunta alla conclusione che «l’uso del PET nei segmenti dei prodotti comuni [sarebbe cresciuto] in modo significativo nei [successivi] 5 anni» (9).

10.   La Commissione ha dunque affermato «che, sebbene la sostituzione tra i [sistemi di imballaggio nel cartone e nel PET] non [possedesse al momento] la necessaria efficacia e l’immediatezza richiesta ai fini della definizione del mercato (ovvero, [erano] sostituti deboli), ciò [sarebbe potuto] cambiare in futuro». Essa ha inoltre concluso che, «vista la presenza nello stesso settore dell’imballaggio per liquidi alimentari, i segmenti di prodotti comuni, la base di clienti e il crescente impiego della tecnologia asettica, i due sistemi di imballaggio apparten[evano] a due mercati contigui» (10).

11.   Ciò posto, la Commissione ha ritenuto «necessario analizzare se vi [fossero] mercati del prodotto rilevanti distinti per gli specifici impianti di ciascuno dei sistemi» (11).

12.   In esito a tale analisi, con riferimento ai sistemi di imballaggio in PET (12), la Commissione ha concluso: i) che «le macchine a soffiatura automatica [macchine SBM] ad alta capacità costitui[vano] un mercato separato rispetto alle macchine [SBM] a bassa capacità» e che, in «considerazione delle caratteristiche specifiche dei prodotti “sensibili” e della possibilità di discriminazione dei prezzi», esistevano «mercati rilevanti separati per ogni gruppo distinto di clienti sulla base dell’uso finale in particolare nei quattro segmenti di bevande “sensibili”» (13); ii) che le diverse «tecnologie di barriera per il PET fa[cevano] parte dello stesso mercato del prodotto» (14); iii) che esistevano «due mercati del prodotto distinti per le macchine di riempimento asettico PET e quelle di riempimento non asettico» (15); iv) e che «le preforme [per il PET costituivano] un mercato del prodotto distinto» (16).

13.   Con riferimento invece ai sistemi di imballaggio in cartone, la Commissione ha «concluso che esist[evano] quattro mercati del prodotto distinti: le macchine di imballaggio asettico in cartone, i cartoni asettici, le macchine di imballaggio non asettico in cartone e i cartoni non asettici» (17).

14.   Ciò precisato quanto ai rilevanti mercati del prodotto, la Commissione è poi passata ad esaminare rapidamente la dimensione geografica di tali mercati, concludendo che per essi «il mercato geografico rilevante [era il] SEE» (18).

15.   Passando a valutare l’impatto concorrenziale dell’operazione notificata, la Commissione ha cominciato col constatare che prima di tale operazione Tetra già deteneva «una posizione dominante sul mercato delle macchine di imballaggio e dei cartoni asettici e una posizione preminente nel mercato delle macchine di imballaggio e dei cartoni non asettici»; essa inoltre occupava «una posizione dominante anche nel mercato dell’imballaggio in cartone come insieme» (19). Prima dell’operazione notificata Sidel occupava invece «una posizione preminente nel mercato delle macchine a soffiatura automatica ad alta e bassa capacità in tutte le segmentazioni di uso finale e una forte posizione in altre apparecchiature di imballaggio nel PET, in particolare macchine di riempimento asettico, apparecchiature secondarie e servizi associati» (20).

16.   In tale situazione, la Commissione ha valutato se l’operazione notificata avrebbe comportato la creazione o il rafforzamento di una o più posizioni dominanti ai sensi dell’art. 2 del regolamento concentrazioni.

17.   Al riguardo, essa ha anzitutto constatato che «[l]’operazione proposta [avrebbe prodotto] effetti orizzontali diretti poiché entrambe le parti opera[va]no in tre mercati del prodotto distinti: macchine a soffiatura automatica (bassa capacità), tecnologia di barriera e macchine di riempimento asettico del PET». Secondo la Commissione, «la posizione già forte di Sidel» sarebbe di conseguenza risultata «subito ulteriormente rafforzata dalla fusione» (21).

18.   Più in particolare, con riferimento agli «effetti orizzontali» dell’operazione, la Commissione ha concluso: i) «che il mercato delle macchine a bassa capacità [sarebbe risultato] più concentrato in seguito all’operazione» e che «Tetra/Sidel [sarebbe divenuta] la società preminente sull’intero spettro dei macchinari a soffiatura automatica dalle macchine a bassa capacità più semplici alle macchine a capacità più elevata e tecnologicamente avanzate» (22); ii) «che la combinazione delle tecnologie (…) delle parti [avrebbe migliorato] notevolmente la posizione dell’entità risultante dalla fusione nel mercato della tecnologia di barriera», anche se «non in misura tale da creare una posizione dominante» (23); e iii) «che l’unità risultante dalla fusione [avrebbe occupato] una forte posizione nelle macchine di riempimento asettico del PET» (24).

19.   La Commissione ha in seguito esaminato gli «effetti verticali» dell’operazione, constatando che questa avrebbe prodotto «l’integrazione verticale di Tetra/Sidel in tre sistemi di imballaggio: cartone, HDPE e PET». Ciò avrebbe potuto «creare un conflitto di canali con i trasformatori indipendenti [o “terzisti”] con possibili effetti contrari alla concorrenza». La Commissione non ha tuttavia concluso che «tali questioni di verticalità [sarebbero risultate], di per sé, nella creazione di una posizione dominante per gli impianti o le preforme di PET» (25).

20.   Ciò detto con riferimento agli effetti «orizzontali» e «verticali» della concentrazione, la Commissione è poi passata a valutare i possibili effetti anticoncorrenziali (c.d. «di conglomerato») derivanti dal fatto che l’entità risultante dalla concentrazione avrebbe occupato una forte posizione in mercati contigui, quali quelli del cartone e degli impianti di imballaggio in cartone e quelli degli impianti di imballaggio in PET. Una siffatta valutazione, a suo giudizio, era in particolare resa necessaria dalla stretta connessione tra i diversi mercati, derivante dal fatto che «il PET, oltre ad essere un prodotto complementare, [stava] già diventando un’importante alternativa agli imballaggi in cartone per quanto riguarda[va] i mercati di prodotti “sensibili” e [avrebbe continuato] ad assumere una rilevanza sempre maggiore» (26).

21.   In quest’ottica, la Commissione ha anzitutto valutato se l’entità risultante dalla concentrazione potesse far leva sulla sua dominanza nel cartone per acquisire una posizione dominante nei mercati degli impianti di imballaggio in PET (c.d. «effetto leva» o «leveraging»). A tal riguardo, in seguito ad un’ampia analisi, essa è giunta alla conclusione «che, unendo la società dominante negli imballaggi in cartone, Tetra, e la società in posizione di predominio negli impianti di imballaggio in PET, Sidel, l’operazione proposta [avrebbe creato] una struttura di mercato che [avrebbe fornito] all’entità risultante dalla fusione incentivi e strumenti atti a trasformare la sua posizione di predominio negli impianti di imballaggio in PET, in particolare nelle macchine a soffiatura automatica (a bassa e alta capacità) utilizzat[e] per i segmenti di prodotti “sensibili”, in una posizione dominante. Questo con ogni probabilità [avrebbe migliorato] la posizione dell’entità risultante dalla fusione e avrebbe [avuto] effetti contrari alla concorrenza sul mercato complessivo delle macchine a soffiatura automatica» (27).

22.   La Commissione ha successivamente valutato i possibili effetti dell’operazione notificata sulla posizione dominante detenuta da Tetra nel cartone. In proposito, considerato che «i sistemi di imballaggio in cartone e PET forma[va]no mercati del prodotto (…) contigui che esercita[va]no un certo vincolo reciproco alla concorrenza», essa è giunta alla conclusione che, «grazie all’eliminazione di Sidel come vincolo alla concorrenza crescente in un mercato contiguo, la posizione di Tetra negli imballaggi in cartone [ne sarebbe uscita] fortemente rafforzata» (28).

23.   La Commissione ha infine valutato se la dominanza dell’entità risultante dalla concentrazione negli impianti per imballaggio in cartone e in PET avrebbe potuto portare ad un ulteriore rinforzamento del suo predominio. A tal riguardo, essa ha ritenuto «probabile che, grazie alla fusione, la posizione [di tale entità] nei settori di uso finale dei prodotti “sensibili” [avrebbe finito] con il marginalizzare i concorrenti e sollevare barriere all’accesso rafforzando in tal modo [la dominanza nei] mercati degli impianti per imballaggi in cartone e degli impianti per imballaggio in PET, in particolare delle macchine a soffiatura automatica usate per i prodotti “sensibili”» (29).

24.   Compiute tali valutazioni sull’impatto competitivo dell’operazione notificata, la Commissione è poi passata a valutare gli impegni proposti da Tetra, consistenti: i) nell’«alienazione dell’attività commerciale di Tetra nel campo della soffiatura automatica»; ii) nell’«alienazione dell’attività commerciale di Tetra nel campo delle preforme in PET»; iii) nella «separazione di Sidel dalle società TetraPak» ed in «misure correttive di ordine comportamentale preesistenti in base all’articolo 82 del Trattato»; e iv) nel «rilascio di una licenza dell’attività commerciale di Sidel nel campo della soffiatura automatica per la vendita ai clienti che tratta[va]no prodotti “sensibili” e per le vendite ai trasformatori» (30).

25.   In seguito ad un rapido esame di tali impegni, la Commissione ha tuttavia ritenuto che questi fossero «insufficienti ad eliminare le principali preoccupazioni riguardo la concorrenza identificate nei mercati degli impianti di imballaggio nel PET e dell’imballaggio nel cartone». Ciò in quanto: le «due alienazioni [avrebbero avuto] un impatto minimo sulla posizione dell’entità risultante dalla fusione»; la licenza, oltre ad essere «insufficiente ad eliminare le [sue] preoccupazioni in merito alla concorrenza, (…) non sembra[va] rappresentare un’opzione attuabile e [avrebbe potuto] di fatto introdurre meccanismi complessi nel mercato che [avrebbero generato] una regolamentazione artificiale»; e «i due impegni di ordine comportamentale [erano] ritenuti insufficienti per risolvere i problemi causati dalla struttura del mercato risultante dalla fusione» (31).

26.   La Commissione ha dunque concluso «che, data la mancanza di attuabilità degli impegni proposti e la loro insufficienza nel complesso ad affrontare i problemi di concorrenza sollevati dall’operazione», questi non erano «sufficienti a eliminare i problemi di concorrenza identificati e pertanto non forma[va]no la base per una decisione di autorizzazione» (32).

27.   Alla luce dell’insieme delle considerazioni dianzi sinteticamente esposte, la Commissione ha dunque concluso «che la concentrazione notificata [avrebbe creato] una posizione dominante nel mercato degli impianti di imballaggio in PET, in particolare delle macchine a soffiatura automatica utilizzate per i segmenti di prodotti “sensibili”, e [avrebbe rafforzato] una posizione dominante nell’impiantistica per imballaggio asettico in cartone e cartoni asettici nel SEE, riducendo la concorrenza in misura significativa nel mercato comune e nel SEE» (33). Considerato che gli impegni proposti da Tetra erano ritenuti insufficienti per porre rimedio a tale situazione, la Commissione ha di conseguenza dichiarato la concentrazione «incompatibile con il mercato comune e il funzionamento dell’accordo SEE» (34).

 La sentenza impugnata

28.   Con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 15 gennaio 2002, Tetra ha impugnato la decisione della Commissione. In accoglimento di tale ricorso, con sentenza del 25 ottobre 2002 il Tribunale ha annullato la decisione impugnata.

29.   Limitandosi anche in tal caso ai suoi passaggi essenziali, e riservandosi di ritornare più in dettaglio su alcuni aspetti, detta sentenza può essere brevemente sintetizzata come segue.

30.   Dopo aver rigettato il motivo di ricorso «tratto dalla violazione del diritto di accesso al fascicolo» (35), il Tribunale – per quanto qui più direttamente interessa – si è soffermato: i) sui «motivi tratti dalla mancanza di effetti anticoncorrenziali orizzontali e verticali della concentrazione modificata» (36); ii) sul «motivo relativo alla mancanza di effetto di conglomerato prevedibile».

31.   Con riferimento ai motivi relativi agli effetti «orizzontali» e «verticali» della concentrazione, esso ha cominciato col constatare «che, sebbene la Commissione non [avesse fondato] la decisione impugnata su tali effetti (…), nondimeno essa ne [aveva] tenuto conto a sostegno della sua conclusione, secondo la quale la concentrazione modificata [doveva] essere vietata» (37).

32.   Ciò precisato, il Tribunale ha constatato che, tenuto conto degli impegni proposti da Tetra, «gli effetti orizzontali sfavorevoli della concentrazione ai quali la Commissione si riferi[va] nella decisione impugnata [erano] minimi, se non pressoché inesistenti, sui diversi mercati delle attrezzature per l’imballaggio in PET di cui tratta[va]si». Su questa base, esso ha quindi concluso «che la Commissione [era] incorsa in un errore manifesto di valutazione in quanto [aveva] addotto gli effetti orizzontali della concentrazione modificata a sostegno della sua conclusione secondo la quale, attraverso un effetto leva, si [sarebbe venuta] a creare una posizione dominante sui detti mercati del PET in favore della nuova entità» (38).

33.   Analogamente, il Tribunale ha constatato che «non [era] stato dimostrato che la concentrazione modificata [avrebbe comportato] effetti verticali rilevanti o quanto meno significativi sui mercati delle attrezzature per l’imballaggio in PET». In tali circostanze, a suo giudizio, era quindi «giocoforza concludere che la Commissione, basandosi sugli effetti verticali della concentrazione modificata per sostenere la sua conclusione in merito alla creazione di una posizione dominante sui detti mercati PET a vantaggio della nuova entità tramite l’effetto leva, [aveva] commesso un errore manifesto di valutazione» (39).

34.   Secondo il Tribunale, tuttavia, gli «errori manifesti di valutazione» in cui era incorsa la Commissione «nel fondare sugli effetti orizzontali e verticali della concentrazione modificata la sua analisi relativa alla creazione di una posizione dominante sui mercati del PET» non «comporta[va]no l’annullamento della decisione impugnata, atteso che l’effetto di conglomerato addotto dalla Commissione [sarebbe bastato], di per sé, a motivare la detta decisione» (40).

35.   Venendo al «motivo relativo alla mancanza di effetto di conglomerato prevedibile», il Tribunale è passato ad «esaminare, nell’ordine, i tre pilastri del ragionamento della Commissione in merito all’effetto leva, all’eliminazione della concorrenza potenziale e al generale effetto di rafforzamento della posizione concorrenziale della nuova entità» (41).

36.   Cominciando dal primo di tali pilastri, il Tribunale ha anzitutto rilevato che, come riconosciuto dalla stessa Commissione, «l’esercizio da parte della Tetra di un effetto leva mediante i comportamenti [indicati nella decisione (42)] [avrebbe potuto] costituire abuso della preesistente posizione dominante occupata dalla Tetra sui mercati del cartone asettico» (43). In questa situazione, secondo il Tribunale, la Commissione avrebbe dovuto «valutare se, malgrado il divieto di tali comportamenti, [fosse] nondimeno probabile che l’entità derivante dall’operazione li adott[asse] o se, al contrario, l’illegittimità del comportamento e/o il rischio che tale condotta ven[isse] individuata rend[esse] poco probabile questo tipo di strategia. Nell’ambito di una siffatta valutazione, se [era] giusto tener conto delle sollecitazioni ad adottare comportamenti anticoncorrenziali, quali quelle che nella specie derivano per la Tetra dai prevedibili vantaggi commerciali sui mercati delle attrezzature per l’imballaggio in PET (…), la Commissione [era] parimenti tenuta ad esaminare in che misura le dette sollecitazioni sarebbero [state] ridotte, o addirittura eliminate, a motivo dell’illegittimità dei comportamenti in questione, dell’eventualità di individuarli, della possibilità per le autorità competenti, a livello sia comunitario sia nazionale, di perseguirli e delle sanzioni pecuniarie che [avrebbero potuto] derivarne» (44).

37.   Considerato quindi che «la Commissione non [aveva] effettuato una valutazione del genere nella decisione impugnata», il Tribunale ha affermato che, nella misura in cui «la sua valutazione si [fosse basata] sulla possibilità, o addirittura la probabilità, che la Tetra adott[asse] un comportamento del genere sui mercati dei cartoni asettici», le conclusioni di tale istituzione dovevano essere respinte (45).

38.   Analogamente, il Tribunale ha ritenuto che «la circostanza che la ricorrente [avesse] proposto (…) impegni relativi alla propria condotta futura [era] anch’essa un elemento di cui la Commissione avrebbe dovuto necessariamente tener conto per valutare se fosse probabile che la nuova entità si sarebbe comportata in maniera tale da rendere possibile la creazione di una posizione dominante su uno o più mercati delle attrezzature per l’imballaggio in PET». Tuttavia, «dalla decisione impugnata non risulta[va] che la Commissione [avesse] preso in considerazione le implicazioni dei detti impegni nella sua analisi relativa alla futura creazione di una tale posizione mediante il previsto effetto leva» (46).

39.   Il Tribunale ha dunque concluso che, nell’«esaminare se la Commissione [avesse] fondato su elementi di prova sufficientemente solidi la sua analisi prospettica in merito alla probabilità di un effetto leva (…) [e] alle [sue] conseguenze», ci si doveva «limitare a tener conto (…) dei comportamenti che, almeno verosimilmente, non sarebbero [stati] illegittimi» (47).

40.   Ciò precisato, e continuando nella sua analisi, il Tribunale ha affermato che «la Commissione non [aveva] commesso alcun errore manifesto di valutazione ritenendo che la nuova entità avrebbe [avuto] la possibilità di esercitare un effetto leva» (48). In particolare, secondo il Tribunale, tale istituzione aveva «sufficientemente dimostrato che il settore del PET [avrebbe registrato] una prevedibile crescita rendendo possibile l’annunciato effetto leva» (49).

41.   Visto però che dalla decisione impugnata risultava «che la sollecitazione per la nuova entità ad esercitare un effetto leva dipende[va], in larga misura, dal previsto livello della crescita dei mercati del PET», il Tribunale ha ritenuto necessario valutare se, come affermato dalla ricorrente, «il volume prevedibile dei prodotti sensibili imballati in PET entro il 2005, confrontato con il volume totale dei prodotti imballati in PET, rend[esse] improbabile, o almeno sensibilmente ridotta, la detta sollecitazione» (50).

42.   In esito a tale esame, esso ha concluso che «le previsioni di crescita annunciate dalla Commissione nella decisione impugnata per quanto concerne[va] i DLL e i succhi non [erano] state pienamente provate. Di sicuro, una certa crescita in tali segmenti [era] probabile, soprattutto per i prodotti di qualità, ma manca[va]no prove convincenti dell’importanza di tale crescita» (51). Secondo il Tribunale, tuttavia, tenuto conto «della circostanza che l’impiego del PET probabilmente [sarebbe aumentato] entro il 2005, benché in modo meno deciso di quanto previsto dalla Commissione, non si [poteva] escludere l’impulso ad esercitare un effetto leva» (52).

43.   Dato quanto precede, il Tribunale è passato ad «esaminare le modalità con cui la nuova entità [avrebbe potuto] attuare un simile effetto leva» (53). In proposito, esso ha ritenuto che, limitando l’analisi «a quelle [modalità] che, almeno in apparenza, non costitui[vano] un abuso di posizione dominante sui mercati del cartone asettico» (54), e tenuto conto degli impegni proposti da Tetra, si doveva necessariamente «concludere che le possibilità a disposizione della nuova entità per esercitare un effetto leva sarebbero [state] molto circoscritte» (55). Di ciò si sarebbe pertanto dovuto tenere conto nell’«esame delle conseguenze prevedibili di un suo eventuale ricorso a una condotta del genere» (56).

44.   Venendo poi all’esame di tali conseguenze, il Tribunale ha ritenuto che convenisse «distinguere i diversi mercati delle attrezzature per l’imballaggio in PET da quelli, specifici, delle macchine SBM» (57).

45.   Con riferimento ai primi, in seguito ad un’attenta analisi mercato per mercato, il Tribunale ha concluso «che la decisione impugnata non forni[va] elementi di prova sufficientemente convincenti a dimostrare che, in seguito a un effetto leva esercitato a partire dai mercati del cartone asettico, si [sarebbe creata] a favore della nuova entità, entro il 2005, una posizione dominante sui mercati della tecnica di trattamento barriera, delle macchine per il riempimento asettico e non asettico, dei sistemi di chiusura di bottiglie di plastica e delle attrezzature ausiliarie» (58).

46.   Per quanto riguarda i mercati delle macchine SBM, ugualmente in seguito ad un’attenta analisi, il Tribunale ha concluso:

–      che, «[s]ulla base degli elementi forniti nella decisione impugnata, la Commissione [aveva] commesso un errore, da un lato, constatando che le macchine SBM [erano], “per la maggior parte, ‘generiche’” (…), e, dall’altro, differenziandole in base alla loro utilizzazione finale». Inoltre, «la decisione impugnata non forni[va] sufficienti elementi per giustificare la definizione di sottomercati distinti delle macchine SBM, secondo la loro utilizzazione finale»; ragion per cui «gli unici sottomercati da prendere in considerazione [erano] quelli delle macchine a bassa e ad alta capacità» (59);

–      che, «con riguardo alle macchine SBM a bassa capacità, (…) la Commissione, nel prevedere la probabile creazione entro il 2005 di una posizione dominante su tale mercato in seguito all’esercizio di un effetto leva, [aveva] commesso un manifesto errore di valutazione» (60);

–      e che, «per quanto riguarda[va] il mercato delle macchine SBM ad alta capacità, gli elementi sui quali si [era] basata la Commissione non giustifica[va]no la sua conclusione secondo la quale sia i concorrenti della nuova entità sia i terzisti sarebbero [stati] marginalizzati, entro il 2005, dall’esercizio da parte di tale entità di un effetto leva nei confronti [dei] clienti della Tetra dei mercati del cartone i quali, durante tale periodo, [fossero] intenzionati a passare in tutto o in parte all’impiego del PET per l’imballaggio dei prodotti sensibili» (61).

47.   Tirando una «[c]onclusione generale sull’esercizio dell’effetto leva», il Tribunale ha di conseguenza affermato «che, fondandosi sulle conseguenze di un effetto leva praticato dalla nuova entità per sostenere la sua tesi circa la creazione entro il 2005 di una posizione dominante sui mercati delle attrezzature per l’imballaggio in PET, in particolare quelli delle macchine SBM a bassa e ad alta capacità impiegate per i prodotti sensibili, la Commissione [aveva] commesso un errore manifesto di valutazione» (62).

48.   Il Tribunale ha quindi rilevato che, «[p]oiché non [erano] soddisfatte le condizioni richieste dall’art. 2, n. 3, del regolamento per quanto concerne[va] l’effetto leva previsto dalla Commissione, occorre[va] valutare se tali condizioni ricorr[essero] in relazione al secondo pilastro del ragionamento della Commissione, relativo ai mercati del cartone» (63).

49.   Passando dunque a tale valutazione, il Tribunale ha anzitutto osservato in termini generali che la Commissione non aveva «commesso alcun errore nell’esaminare l’importanza di una riduzione della concorrenza potenziale originata dai mercati delle attrezzature PET sui mercati del cartone. Tuttavia, ad essa spetta[va] dimostrare che una riduzione del genere, qualora si [fosse verificata], [avrebbe potuto] rafforzare la posizione dominante della Tetra nei confronti dei suoi concorrenti sui mercati del cartone asettico» (64).

50.   A tal riguardo, dopo aver esaminato le valutazioni compiute dalla Commissione, il Tribunale ha concluso che «gli elementi invocati nella decisione impugnata non dimostra[va]no che gli effetti della concentrazione modificata sulla posizione occupata dalla Tetra, principalmente sui mercati del cartone asettico, eliminando la Sidel come un potenziale concorrente, sarebbero [stati] tali da soddisfare le condizioni di cui all’art. 2, n. 3, del regolamento». A suo giudizio, infatti, «non [era] stato dimostrato che la posizione della nuova entità sarebbe [stata] rafforzata nei confronti dei concorrenti sui mercati del cartone» (65).

51.   Passando infine al «terzo pilastro» del ragionamento della Commissione, relativo a generali effetti di rafforzamento della posizione concorrenziale della nuova entità nel settore del confezionamento dei prodotti sensibili, il Tribunale si è limitato a constatare che «tali effetti dell’operazione notificata non [potevano] essere valutati separatamente dall’analisi della decisione impugnata concernente i primi due pilastri del ragionamento della Commissione. Poiché l’analisi relativa a tali due pilastri [era] viziata da manifesti errori di valutazione (…), anche il terzo pilastro [doveva] essere respinto, senza che occorr[esse] esaminarlo nel dettaglio» (66).

52.   Di conseguenza, il Tribunale ha concluso che «la decisione impugnata non prova[va] che la concentrazione modificata [avrebbe comportato] significativi effetti di conglomerato anticoncorrenziali». A suo giudizio, era quindi «giocoforza concludere che la Commissione [aveva] commesso un errore manifesto di valutazione vietando la concentrazione modificata sulla base degli elementi richiamati nella decisione impugnata inerenti al previsto effetto di conglomerato» (67).

53.   Tirando una «[c]onclusione globale» sull’esito del ricorso, il Tribunale ha pertanto affermato che «i motivi relativi alla mancanza di effetti anticoncorrenziali orizzontali, verticali e di conglomerato [dovevano] essere dichiarati fondati senza che occorr[esse] esaminare gli altri motivi» e che, «[d]i conseguenza, la decisione impugnata [era] annullata» (68).

 Il ricorso in appello e la procedura dinanzi alla Corte

54.   Con ricorso depositato nella cancelleria della Corte l’8 gennaio 2003, la Commissione ha impugnato la sentenza del Tribunale, chiedendone l’annullamento. A tale richiesta si è naturalmente opposta Tetra, presentando una comparsa di risposta ai sensi dell’art. 115 del regolamento di procedura della Corte.

55.   Con tale comparsa, oltre a concludere per il rigetto del ricorso, Tetra ha chiesto – quale misura istruttoria ai sensi dell’articolo 45, n. 2, lett. b), del regolamento di procedura – la produzione della traduzione in francese di detto ricorso (il cui il testo originale è in inglese, lingua di procedura della causa dinanzi al Tribunale e, di conseguenza, anche della presente causa). Tale richiesta istruttoria è stata tuttavia respinta dalla Corte con ordinanza del 24 luglio 2003.

56.   Su autorizzazione del presidente della Corte, ai sensi dell’art. 117 del regolamento di procedura, la Commissione ha presentato una memoria di replica, cui ha fatto seguito una controreplica di Tetra. Le parti hanno inoltre risposto per iscritto ad un quesito formulato dalla Corte e sono state successivamente ascoltate in udienza il 27 gennaio 2004.

III – Analisi giuridica

57.   A sostegno della sua impugnazione, la Commissione solleva cinque motivi di ricorso, relativi:

i)      ad un errore di diritto in merito al livello probatorio richiesto ed all’intensità del sindacato giurisdizionale;

ii)      ad un errore di diritto, ed in particolare ad una violazione degli artt. 2 e 8, n. 2, del regolamento concentrazioni, consistente nell’imporre alla Commissione di prendere in considerazione il carattere illegale di determinati comportamenti e di tenere conto di impegni puramente comportamentali;

iii)      ad un errore di diritto derivante dal fatto di non aver confermato l’individuazione di distinti mercati delle macchine SBM in funzione della loro utilizzazione finale;

iv)      ad una violazione dell’art. 2 del regolamento, ad una distorsione dei fatti e ad una mancata considerazione di argomenti della Commissione laddove il Tribunale non ha confermato la conclusione della Commissione in merito al rinforzamento della posizione dominante di Tetra nel cartone;

v)      ad un errore di diritto derivante dal fatto di non aver confermato la conclusione della Commissione in merito alla creazione della posizione dominante di Tetra nelle macchine SBM.

58.   Dopo alcune brevi considerazioni generali sulla ricevibilità dei ricorsi contro le sentenze del Tribunale, tali motivi saranno analizzati nello stesso ordine in cui sono stati presentati dalla Commissione.

 Considerazioni generali sulla ricevibilità dei ricorsi contro le sentenze del Tribunale

59.   Considerato che Tetra contesta la ricevibilità di gran parte dei motivi di ricorso della Commissione, prima di passare all’analisi di tali motivi, conviene ricordare brevemente che, ai sensi dell’art. 225 CE e dell’art. 51 dello Statuto della Corte, le sentenze del Tribunale possono essere impugnate «per i soli motivi di diritto».

60.   Da ciò discende, secondo una giurisprudenza costante, che solo il Tribunale è «competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposto, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Quando il Tribunale ha accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi dell’art. 168 A del Trattato [divenuto art. 225 CE], ad effettuare il controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto (...). La Corte non è pertanto competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento dei fatti. Infatti, una volta che tali prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura in materia di onere e di produzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti (...). Questa valutazione non costituisce pertanto una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte, salvo il caso di snaturamento di questi elementi» (69).

61.   E’ dunque solo nei ristretti limiti indicati da tale consolidata giurisprudenza che i diversi motivi di ricorso potranno essere esaminati dalla Corte.

 Sul motivo relativo al livello probatorio richiesto ed all’intensità del sindacato giurisdizionale

62.   Con il primo motivo di ricorso, che si articola sostanzialmente in due parti, la Commissione, in primo luogo, critica in termini generali l’intensità del sindacato giurisdizionale esercitato dal Tribunale ed il livello probatorio da questo richiesto per vietare una concentrazione e, in secondo luogo, fornisce un «esempio concreto» degli errori commessi dal Tribunale, contestando il tipo di controllo da questo esercitato in merito alle sue valutazioni sulla prevedibile crescita del PET. Per maggiore chiarezza, tali due aspetti verranno qui di seguito analizzati separatamente.

a)      Le critiche generali della Commissione

63.   Le critiche di carattere generale formulate dalla Commissione riguardano anzitutto l’intensità del sindacato giurisdizionale esercitato dal Tribunale con riferimento alle complesse valutazioni economiche compiute nella decisione impugnata.

64.   In particolare, la Commissione contesta al Tribunale di non essersi limitato a controllare se essa avesse commesso un «manifesto errore di valutazione», e quindi a verificare se i dati di fatto su cui si fondava la sua valutazione fossero corretti, se le conclusioni tirate da tali dati non fossero manifestamente sbagliate o incongruenti e se tutti i fattori rilevanti fossero stati presi in considerazione.

65.   Invece di limitarsi a verificare tali aspetti, secondo l’istituzione ricorrente, il Tribunale avrebbe esercitato un controllo molto più incisivo, spingendosi a verificare se le conclusioni della Commissione fossero sorrette da prove o elementi «convincenti» (70). Il Tribunale avrebbe dunque erroneamente effettuato un tipo di controllo che, se preso alla lettera, avrebbe imposto alla Commissione di «convincerlo» delle sue conclusioni e, di conseguenza, avrebbe consentito a tale giudice di entrare nel merito delle questioni e sostituire il proprio punto di vista a quello della Commissione. Ad avviso di quest’ultima, inoltre, il Tribunale avrebbe nella specie esercitato un controllo ben più severo di quello effettuato dalla Corte nella sentenza Kali & Salz (71), anch’essa in materia di concentrazioni, nella quale il giudice comunitario avrebbe semplicemente verificato se le conclusioni della Commissione fossero suffragate da elementi «sufficientemente significativi e concordanti» (nella versione inglese della sentenza, cui si riferisce il ricorso della Commissione, la Corte parla di «sufficiently cogent and consistent body of evidence») (72).

66.   La Commissione contesta poi al Tribunale di aver ritenuto che, quando «la posizione dominante pronosticata si concretizzerebbe solo dopo un certo lasso di tempo», «l’analisi prospettica [della Commissione] dev’essere, fatto salvo il suo margine discrezionale, particolarmente plausibile» (73). Tale approccio ridurrebbe infatti in modo eccessivo il margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione nel compiere valutazioni economiche complesse, imponendole di fondarsi esclusivamente su dati ed elementi che si prestino ad una sola, inequivocabile interpretazione.

67.   La Commissione contesta infine al Tribunale di aver ritenuto che, per vietare una concentrazione di tipo conglomerale, essa si debba fondare su elementi che dimostrino che, «con tutta probabilità», la concentrazione produrrebbe i previsti effetti anticompetitivi (74). In tal modo, però, il Tribunale lascerebbe pochissime possibilità per vietare questo tipo di concentrazioni ed introdurrebbe un livello probatorio diseguale secondo che si tratti di decisioni di divieto o di autorizzazione. L’interpretazione del Tribunale sarebbe pertanto contraria all’art. 2, nn. 2 e 3, del regolamento n. 4064/89, il quale prevede presupposti giuridici perfettamente simmetrici per dichiarare le concentrazioni compatibili o incompatibili con il mercato comune (75).

68.   A tali contestazioni Tetra risponde facendo essenzialmente valere che gli argomenti della Commissione mancano di incisività, in quanto s’incentrano su una disquisizione di natura semantica sulla terminologia impiegata dal Tribunale, invece di esaminare concretamente il tipo di sindacato giurisdizionale effettuato da tale giudice. In ogni caso, secondo Tetra, le contestazioni della Commissione non coglierebbero nel segno, perché le espressioni utilizzate dal Tribunale, anche tenuto conto delle diverse versioni linguistiche, non si discosterebbero sostanzialmente da quelle impiegate dalla Corte nella sentenza Kali & Salz e dalla stessa Commissione nelle sue decisioni.

69.   A giudizio di Tetra, inoltre, indipendentemente dalle espressioni utilizzate, il Tribunale avrebbe sostanzialmente rispettato il margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione nel compiere valutazioni economiche complesse. Non diversamente da quanto fatto dalla Corte nella sentenza Kali & Salz, esso avrebbe semplicemente verificato se la Commissione avesse assolto il suo onere probatorio in merito alla sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 2, n. 3, del regolamento concentrazioni.

70.   Quanto poi all’argomento della Commissione relativo al carattere perfettamente simmetrico dei requisiti previsti dai nn. 2 e 3 di detto articolo, Tetra sostiene che, se non riesce a dimostrare la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 2, n. 3, la Commissione deve approvare la concentrazione, senza che sia necessario provare ulteriormente che tali requisiti non sono riuniti. Se così non fosse, infatti, si porrebbe ingiustificatamente in capo alle imprese interessate l’obbligo di provare che l’operazione notificata non è incompatibile con il mercato comune.

71.   Per parte mia, convengo con Tetra che la Corte non può fermarsi a compiere una valutazione puramente formale, di tipo linguistico o lessicale, per stabilire se il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nell’applicare un sindacato giurisdizionale eccessivamente severo o nel pretendere un livello probatorio troppo elevato per le decisioni di divieto delle concentrazioni. Ritengo invece che la Corte debba guardare alla sostanza del problema, valutando concretamente se, al di là del dato formale, il Tribunale abbia in effetti esercitato un sindacato contrario alle pertinenti disposizioni comunitarie ed incompatibile con la particolare funzione giurisdizionale affidatagli dal Trattato.

72.   Nell’effettuare tale valutazione, occorre anzitutto tenere presente che, in base al sistema delineato dal regolamento n. 4064/89, la Commissione deve vietare una concentrazione ‑ di qualunque tipo essa sia ‑ qualora giunga alla conclusione che questa darebbe luogo alla creazione o al rafforzamento di una posizione dominante, da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata in modo significativo nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso (art. 2, n. 3, del regolamento).

73.   E’ tuttavia evidente che il giudizio della Commissione in merito alla creazione o al rafforzamento di una siffatta posizione dominante non comporta un mero accertamento di fatto, relativo all’esistenza o meno di determinati presupposti nella loro materialità. Oltre a tale accertamento, infatti, il giudizio comporta una valutazione tecnica complessa, che non si basa sull’applicazione di precise regole scientifiche, ma di criteri e principi opinabili come quelli economici. Più in particolare, la Commissione è chiamata a compiere una complessa valutazione prognostica in merito agli effetti della concentrazione sulla struttura e sulle dinamiche concorrenziali dei mercati interessati, tenendo conto dei numerosi fattori, in continua evoluzione, che possono incidere sui futuri sviluppi della domanda e dell’offerta in tali mercati.

74.   Non si può quindi pretendere che, per vietare un’operazione di concentrazione, la Commissione stabilisca con assoluta certezza che questa darebbe luogo alla creazione o al rafforzamento di una posizione dominante, da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata in modo significativo nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso. A tal fine, mi sembra invece sufficiente che, sulla base di solidi elementi raccolti nel corso di un’approfondita e scrupolosa istruttoria, e facendo ricorso alle sue competenze tecniche, essa si convinca che molto probabilmente l’operazione notificata porterebbe alla creazione o al rafforzamento di una siffatta posizione dominante. Qualora la Commissione non raggiungesse questa convinzione, essa dovrebbe invece autorizzare l’operazione.

75.   Diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione, credo che l’applicazione di un simile test non contrasti con il carattere perfettamente simmetrico dei presupposti giuridici previsti dall’art. 2, nn. 2 e 3, del regolamento per la dichiarazione della compatibilità o incompatibilità delle concentrazioni con il mercato comune.

76.   Ritengo infatti che la simmetria tra tali requisiti non possa essere assoluta, visto che tra i casi in cui le operazioni notificate molto probabilmente creerebbero o rinforzerebbero una posizione dominante ai sensi dell’art. 2 e quelli in cui dette operazioni molto probabilmente non creerebbero o rinforzerebbero una siffatta posizione vi è, per così dire, una «zona grigia»: una zona, cioè, nella quale si situano casi in cui è particolarmente difficile prevedere gli effetti delle operazioni notificate e non è quindi possibile raggiungere una chiara e netta convinzione sul fatto che le probabilità della creazione o del rinforzamento di una posizione dominante siano significativamente superiori o inferiori a quelle della mancata creazione o del mancato rinforzamento di una tale posizione. Il sistema del regolamento n. 4064/89 deve dunque necessariamente prevedere un criterio per la soluzione di tali casi di dubbia o difficile qualificazione.

77.   Ebbene, credo che in simili casi la soluzione più corretta sia senz’altro quella di autorizzare le operazioni notificate.

78.   In tal senso mi sembra che deponga l’art. 10, n. 6, del regolamento, il quale dispone che, se nei termini previsti la Commissione non adotta alcuna decisione in merito ad un’operazione di concentrazione notificatale, tale operazione «è ritenuta essere dichiarata compatibile con il mercato comune».

79.   Stabilendo che, in assenza di una tempestiva pronuncia della Commissione, l’operazione deve considerarsi autorizzata, il legislatore comunitario mostra infatti di ritenere che, nell’incertezza sulla compatibilità o meno di tale operazione con il mercato comune, deve prevalere l’interesse delle imprese che intendono realizzare la concentrazione. In altri termini, in simili ipotesi si è ritenuto preferibile correre il rischio che risulti autorizzata un’operazione incompatibile con il mercato comune, piuttosto che quello di vietarne una compatibile e di restringere quindi ingiustificatamente la libera iniziativa economica delle parti.

80.   Lo stesso dovrebbe valere, a mio avviso, nei casi rientranti nella «zona grigia» di cui si è detto, anch’essi caratterizzati dalla sostanziale incertezza sulla compatibilità o meno delle operazioni notificate con il mercato comune.

81.   Che in simili casi le operazioni notificate siano autorizzate mi sembra del resto giustificato anche in considerazione del fatto che, qualora esse portassero alla creazione o al rafforzamento di una posizione dominante ai sensi dell’art. 2 del regolamento, la Commissione e le competenti autorità nazionali potrebbero comunque limitare le distorsioni della concorrenza facendo uso ex post dei poteri loro conferiti dall’art. 86 del Trattato.

82.   Ciò precisato dunque in merito alle valutazioni che deve compiere la Commissione, posso passare al problema dei limiti del sindacato giurisdizionale.

83.   Al riguardo, comincio con l’osservare che, secondo una giurisprudenza consolidata, «il controllo che i giudici comunitari esercitano sulle valutazioni economiche complesse fatte dalla Commissione si limita necessariamente alla verifica del rispetto delle regole di procedura e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti, nonché dell’insussistenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere» (76).

84.   Con specifico riferimento al regolamento n. 4064/89, nella ricordata sentenza Kali & Salz la Corte ha inoltre avuto modo di precisare che le «norme sostanziali del regolamento, in particolare l’art. 2, attribuiscono alla Commissione un certo potere discrezionale, in particolare per quanto concerne le valutazioni di ordine economico. (...) Di conseguenza, il controllo da parte del giudice comunitario sull’esercizio di tale potere, che è essenziale per la determinazione delle norme in materia di concentrazioni, deve essere effettuato tenendo conto del margine discrezionale che è implicito nelle norme di carattere economico facenti parte del regime delle concentrazioni» (77).

85.   Da tale giurisprudenza emerge dunque che i giudici comunitari, oltre ovviamente a controllare il rispetto delle regole di diritto, ed in particolare di quelle relative alla procedura ed all’obbligo di motivazione, esercitano un controllo diverso secondo che si tratti della correttezza degli accertamenti di fatto o delle valutazioni economiche della Commissione.

86.   Con riferimento agli accertamenti di fatto, il controllo è chiaramente più intenso, in quanto si tratta di verificare in maniera oggettiva l’esattezza di determinati elementi nella loro materialità e la correttezza delle deduzioni operate per stabilire se determinati fatti noti consentano di dimostrare l’esistenza di altri fatti da accertare. Per quanto riguarda invece le valutazioni economiche complesse effettuate dalla Commissione, il controllo dei giudici comunitari è necessariamente più ristretto, in quanto essi debbono rispettare l’ampio potere discrezionale insito in tale tipo di valutazioni e non possono sostituire il loro punto di vista a quello dell’organo cui queste istituzionalmente competono.

87.   Tuttavia, il fatto che la Commissione disponga di un ampio potere discrezionale nel valutare la compatibilità o meno di una concentrazione con il mercato comune non vuol certo dire che essa non debba comunque fondare il suo convincimento sulla base di solidi elementi raccolti nel corso di un’approfondita e scrupolosa istruttoria e che non sia tenuta a motivare compiutamente la sua decisione, facendo trasparire i diversi passaggi logici che la sorreggono. La stessa Commissione ha del resto riconosciuto, nel suo ricorso, di essere obbligata ad esaminare attentamente il mercato rilevante; a basare la sua valutazione su elementi che riflettano la realtà dei fatti, che non siano chiaramente insignificanti e supportino le conclusioni che ne sono tirate, e su un congruo ragionamento; ed a prendere in considerazione tutti i fattori rilevanti.

88.   Come risulta anche dall’approccio seguito dalla Corte nella sentenza Kali & Salz, tali obblighi della Commissione consentono un adeguato controllo da parte dei giudici comunitari. Pur senza entrare nel merito delle valutazioni compiute dalla Commissione, essi possono in particolare verificare se i dati di fatto su cui si fondano tali valutazione siano esatti e se le deduzioni operate in punto di fatto siano corrette (78); se la Commissione abbia proceduto ad un’approfondita e scrupolosa istruttoria, ed in particolare se abbia diligentemente ricercato e adeguatamente preso in considerazione tutti i fattori rilevanti (79); e se i vari passaggi del ragionamento svolto dalla Commissione per giungere alle sue conclusioni in merito alla compatibilità o meno di una concentrazione con il mercato comune rispondano a criteri di logicità, coerenza e congruità (80).

89.   Le regole relative al riparto di competenze tra la Commissione ed i giudici comunitari, che sono alla base del sistema istituzionale comunitario, non consentono tuttavia a tali giudici di andare oltre, ed in particolare ‑ come ho appena detto ‑ di entrare nel merito delle valutazioni economiche complesse compiute dalla Commissione e sostituire il loro punto di vista a quello di detta istituzione.

90.   Ciò precisato in termini generali, occorre ora passare a valutare in concreto se effettivamente il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nell’applicare un sindacato giurisdizionale eccessivamente severo o nel pretendere un livello probatorio troppo elevato per le decisioni di divieto delle concentrazioni (v. supra, paragrafo 71).

b)      L’«esempio concreto» degli errori commessi dal Tribunale

91.   Dopo aver formulato le critiche di carattere generale di cui si è appena detto, nella seconda parte del primo motivo la Commissione si propone di fornire un «esempio concreto» degli errori commessi dal Tribunale. In questa parte del motivo, oltre a contestare i diversi passaggi della sentenza impugnata in cui il Tribunale avrebbe ecceduto i limiti del sindacato giurisdizionale, la Commissione formula poi altre sintetiche censure relative ad errori di vario tipo commessi dal Tribunale nel compiere le proprie valutazioni.

92.   Con una prima censura, la Commissione contesta al Tribunale di aver ecceduto i limiti del sindacato giurisdizionale nel rigettare la sua conclusione in merito ad una prevedibile crescita del PET per l’imballaggio del latte a lunga conservazione (UHT) fino a raggiungere l’1% di tale segmento di mercato. In particolare, secondo la Commissione, il Tribunale avrebbe illegittimamente ed immotivatamente ribaltato la conclusione cui essa era giunta, semplicemente constatando «di non poter accogliere l’affermazione secondo la quale l’impiego del PET [avrebbe registrato] una crescita effettiva per il latte UHT e, di conseguenza, per circa la metà del mercato dei DLL» (nella versione inglese della sentenza, cui si riferisce il ricorso della Commissione, la presa di posizione del Tribunale è ancora più netta: «The Court finds that the use of PET will not actually increase for UHT milk and, consequently, for approximately half of the LDP market») (81).

93.   La censura mi sembra cogliere nel segno. Convengo infatti con la Commissione che con quella lapidaria affermazione (specie se si considera il testo della sentenza nella lingua di procedura) il Tribunale ha erroneamente sostituito il proprio punto di vista a quello della Commissione, formulando una propria autonoma previsione sui futuri sviluppi del mercato.

94.   Diversamente da quanto sostenuto da Tetra, la lapidaria affermazione del Tribunale non contiene alcuna critica alla logicità, coerenza o congruità del ragionamento svolto dalla Commissione sulla base degli elementi disponibili. Tale affermazione dimostra invece in modo chiaro che il Tribunale ha preso direttamente in considerazione detti elementi, per trarne la sua netta conclusione secondo cui il PET non sarebbe effettivamente cresciuto per l’imballaggio del latte UHT e, di conseguenza, per circa la metà del mercato dei DLL. Così facendo, tale giudice ha quindi evidentemente oltrepassato i limiti del proprio sindacato giurisdizionale (v. supra, paragrafi 82-89).

95.   Ugualmente fondate mi sembrano le censure della Commissione relative al giudizio del Tribunale sulle sue previsioni di crescita del PET per l’imballaggio del latte fresco (fino al raggiungimento del 10-15%) e del latte aromatizzato e delle bevande a base di latte (fino al raggiungimento del 25%).

96.   A tal riguardo, convengo anzitutto con la Commissione che la conclusione secondo cui le «stime di crescita da essa effettuate (...) non [erano] molto convincenti»(82) è inficiata da un’incompleta od erronea valutazione degli elementi rilevanti e, comunque, non è adeguatamente motivata.

97.   Come giustamente osservato dalla Commissione, infatti, nel motivare tale conclusione:

i)      il Tribunale non ha neppure menzionato l’ampia indagine di mercato effettuata dalla Commissione, dalla quale risultava che gli operatori del settore prevedevano livelli di crescita ancora superiori a quelli alla fine ritenuti dalla Commissione (83). In proposito, è evidente che, diversamente da quanto sostenuto da Tetra, il semplice fatto che la Commissione abbia optato per previsioni più prudenti non può in alcun modo giustificare la mancata valutazione di uno degli elementi da essa presi in considerazione per giungere alla propria conclusione;

ii)       il Tribunale sembra aver snaturato il contenuto di uno degli studi esaminati nella decisione (ed inseriti su sua richiesta nel fascicolo di causa (84)), laddove, esaminando la prevedibile crescita del PET, ha affermato che, «per quanto concerne[va] l’imballaggio asettico, la relazione Warrick calcola[va] che ci [sarebbe stata] solo una crescita minima per il latte aromatizzato, ovvero pari all’1%, e una lieve flessione per le altre bevande a base di latte» (85). Da tale passaggio sembra infatti emergere che le previsioni della relazione Warrick si riferissero alla crescita del PET per l’imballaggio del latte aromatizzato e delle altre bevande a base di latte, mentre dalla lettura del documento risulta evidente (e non è del resto contestato da Tetra) che dette previsioni si riferivano semplicemente al volume dei prodotti in questione che sarebbe stato imballato, indipendentemente dal materiale usato;

iii)      il Tribunale non ha formulato serie critiche al ragionamento della Commissione, ma si è limitato ad osservare: che «la relazione PCI, l’unico studio indipendente che si concentra[va] sul mercato dei DLL, prevede[va] una crescita a seguito della quale l’impiego del PET [avrebbe raggiunto] il 9,2% del mercato per il latte fresco non aromatizzato nel 2005» (e cioè una percentuale non lontana da quella prevista dalla Commissione); che, «per quanto concerne[va] l’imballaggio asettico, la relazione Warrick calcola[va] che ci [sarebbe stata] solo una crescita minima per il latte aromatizzato, ovvero pari all’1%, e una lieve flessione per le altre bevande a base di latte» (ciò che abbiamo visto essere fuorviante, perché quelle previsioni non si riferivano alla crescita del PET), «mentre la relazione Pictet non effettua[va] previsioni specifiche relative ai DLL»; e che «la relazione PCI [era] l’unico elemento che [potesse] eventualmente corroborare la previsione di una quota di mercato per il PET pari al 25% per le altre bevande a base di latte» (percentuale che corrisponde esattamente a quella prevista dalla Commissione) (86). Com’è agevole constatare, tali sintetiche osservazioni relative agli studi «indipendenti» (87) non spiegano adeguatamente perché, a giudizio del Tribunale, le previsioni della Commissione non erano «molto convincenti», specie se si tiene presente che tali previsioni ‑ basate su una serie di elementi ‑ erano già più prudenti di quelle risultanti dall’indagine di mercato condotta dalla stessa Commissione.

98.   Inadeguatamente motivata mi sembra anche l’affermazione del Tribunale secondo cui, in «via più generale, la decisione impugnata non spiega[va] adeguatamente in che modo il PET [avrebbe potuto] oltrepassare, entro il 2005, lo HDPE come principale materiale concorrente per il cartone, soprattutto nell’importante settore dell’imballaggio di latte fresco» (88).

99.   Come giustamente sottolineato dalla Commissione, il Tribunale è infatti giunto a tale conclusione senza criticare in alcun modo, ed invero senza neppure richiamare, le valutazioni da essa compiute ‑ sulla base dei risultati della sua indagine di mercato e delle indicazioni provenienti da studi indipendenti ‑ in merito ai vantaggi competitivi del PET rispetto all’HDPE (89).

100. Il fatto poi che il Tribunale si sia riferito in particolar modo all’imballaggio del latte fresco fa sorgere il dubbio che esso non abbia preso affatto in considerazione dette valutazioni, visto che dalla decisione impugnata risultava che tale prodotto era uno di quelli per cui il PET presentava maggiori vantaggi competitivi rispetto all’HDPE. Nella decisione era infatti chiaramente indicato che «[l]’indagine di mercato della Commissione [aveva] confermato il suggerimento del PCI che il PET present[asse] vantaggi in termini di marketing rispetto all’HDPE, in particolare, dove si [potesse] conseguire la visibilità» (90): e cioè in particolare per quei prodotti, come il latte fresco, per i quali non fosse necessaria una barriera per la luce (91). Come osservato dalla Commissione, la mancata presa in considerazione di tali valutazioni sembra del resto trovare una conferma nella parte della sentenza relativa alle possibili conseguenze del «leveraging», dove, sostituendo erroneamente le proprie valutazioni a quelle della Commissione, il Tribunale ha lapidariamente affermato che il «latte fresco (…) non [era] un prodotto per il quale i vantaggi commerciali di cui gode il PET [fossero] particolarmente notevoli» (92).

101. Aggiungo inoltre che la conclusione del Tribunale sulla motivazione della decisione non può trovare una valida giustificazione nella successiva affermazione secondo cui «la Commissione non contesta[va] né la cifra globale relativa all’uso dello HDPE pari al 17,3% per i DLL, fornita dalla Canadean relativamente al 2000 (…) né la previsione [sempre della Canadean] secondo la quale tale cifra [avrebbe potuto] raggiungere il 19,5% entro il 2005» (93).

102. Convengo infatti con la Commissione che il Tribunale ha fatto riferimento allo studio Canadean (commissionato da Tetra) senza considerare che la Commissione aveva chiarito di non ritenere in generale attendibili le previsioni effettuate in tale studio. Il Tribunale avrebbe dovuto invece tenere conto delle critiche della Commissione, secondo cui: da un lato, questo studio aveva erroneamente «utilizzato un modello che considera[va] la crescita precedente come indicatore della crescita futura e ignora[va] gli sviluppi tecnologici futuri specifici della tecnologia di barriera»; e, dall’altro, considerato «che la decisione di imballaggio nel PET di prodotti [era] alimentata dalla domanda dei clienti, uno studio [come quello della Canadean] che esclude[sse] il loro punto di vista non appar[iva] di particolare fondatezza» (94).

103. Dato quanto precede, ritengo pertanto che le diverse censure formulate dalla Commissione con riferimento alla valutazione della prevedibile crescita del PET per l’imballaggio dei prodotti lattiero-caseari liquidi debbano essere accolte.

104. Non credo per contro che possa essere accolta la censura relativa alla valutazione della prevedibile crescita del PET per l’imballaggio dei succhi.

105. Con tale censura, la Commissione contesta in particolare al Tribunale di aver affermato che, sebbene «essa stessa [avesse] ammesso che la crescita di cui trattasi [avrebbe riguardato] principalmente il passaggio dal vetro al PET, la detta istituzione non [aveva effettuato] alcuna analisi del mercato del vetro» (95). Così facendo, il Tribunale avrebbe ignorato rilevanti elementi relativi al declino del vetro per l’imballaggio di prodotti non di alta qualità («non-premium products»), sui quali la Commissione si era basata nella decisione impugnata, esaminandoli poi più ampiamente nel suo controricorso. Tale modo di procedere, secondo la Commissione, confermerebbe l’erronea tendenza del Tribunale a non considerare importanti elementi non menzionati nella decisione impugnata, ma citati nel controricorso in supporto alle considerazioni necessariamente più generali contenute nella decisione.

106. A tal riguardo, devo tuttavia convenire con Tetra che il Tribunale non ha commesso alcun errore nell’affermare che la Commissione non aveva effettuato un’analisi del mercato del vetro, visto che, a parte qualche fuggevole e vago riferimento, di una tale analisi non v’è traccia nella decisione. Diversamente poi da quanto sostenuto dalla Commissione, a tale lacuna istruttoria riscontrata dal Tribunale non poteva certo essere posto rimedio attraverso le ulteriori indicazioni fornite nel controricorso, dato che gli elementi e le valutazioni su cui si basava la decisione dovevano essere chiaramente indicati in tale atto e non potevano essere illustrati solo successivamente, nell’ambito del procedimento davanti al Tribunale (96).

107. Mi sembra infine fondata l’ultima censura della Commissione, con cui viene contestato al Tribunale di aver «tenuto conto del costo più elevato [del PET] rispetto al cartone» nel valutare la probabilità che, per effetto del «leveraging», i clienti di Tetra del settore lattiero abbandonassero il cartone per il PET (97).

108. Convengo infatti con la Commissione che nella decisione impugnata non era stata raggiunta una chiara conclusione sulla dibattuta questione della differenza di costo tra PET e cartone e che, di conseguenza, il Tribunale non poteva entrare nel merito di tale complessa valutazione economica, stabilendo esso stesso che il PET aveva un costo più elevato del cartone.

109. A tal riguardo, diversamente da quanto sostenuto da Tetra ed affermato in un successivo passaggio della sentenza impugnata (98), non credo che la Commissione avesse implicitamente accettato il risultato dello studio Warrick, secondo cui, per l’imballaggio asettico, il PET era del 30-40% più caro del cartone. Dopo aver ricordato le conclusioni cui era giunto tale studio, la Commissione ha infatti affermato che la sua «indagine di mercato (…) non [aveva] prodotto una chiara immagine dei costi relativi dei sistemi di imballaggio nel PET e nel cartone», visto che i soggetti interpellati avevano dato risposte contrastanti (99). Mi sembra quindi evidente che, se quest’ultima affermazione non mette in qualche modo in discussione i risultati dello studio Warrick, essa certamente non consente di ritenere che la Commissione li avesse implicitamente confermati.

110. Non credo del resto che una conferma del maggior costo del PET possa rinvenirsi, come pretenderebbe Tetra, nell’affermazione della Commissione secondo cui alcuni clienti avevano «indicato che [avrebbero potuto] prendere in considerazione un passaggio dal cartone al PET se i prezzi del cartone [fossero saliti] di un importo significativo, pari al 20% e oltre» (100). Tale affermazione si limita infatti a riportare il punto di vista di alcuni clienti interpellati dalla Commissione nell’ambito della sua indagine di mercato: indagine che, come si è visto, «non [aveva] prodotto una chiara immagine dei costi relativi dei sistemi di imballaggio nel PET e nel cartone».

111. Così stando le cose, mi sembra chiaro che, se il Tribunale avrebbe potuto eventualmente riscontrare una lacuna nell’istruttoria della Commissione o criticare la logicità, la coerenza o la congruità del suo ragionamento, esso non poteva certamente compiere un’autonoma valutazione dei dati in possesso di tale istituzione per concludere che il PET aveva un «costo più elevato (…) rispetto al cartone».

c)      Conclusioni sul primo motivo di ricorso

112. Alla luce dell’insieme delle considerazioni dianzi esposte, ritengo pertanto che il primo motivo di ricorso sia parzialmente fondato e che vadano in particolare accolte le censure della Commissione relative alla prevedibile crescita del PET per l’imballaggio dei prodotti lattiero-caseari liquidi e alla differenza di costo tra PET e cartone.

 Sul motivo relativo all’esigenza di prendere in considerazione il carattere illegale di determinati comportamenti e di tenere conto di impegni puramente comportamentali

113. Con il secondo motivo di ricorso, la Commissione critica alcune valutazioni generali effettuate dal Tribunale con riferimento al «leveraging» (v. supra, paragrafi 36-39), contestando a tale giudice di averle chiesto di prendere in considerazione, quale possibile disincentivo a tale pratica: i) il carattere illegale di determinati comportamenti ad essa inerenti, che avrebbero comportato lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante (101); ii) gli impegni puramente comportamentali proposti da Tetra, consistenti nella semplice promessa di non adottare comportamenti abusivi.

114. Con riferimento al primo aspetto, la Commissione ricorda che il regolamento n. 4064/89 ha stabilito un controllo ex ante delle operazioni di concentrazione, al fine di prevenire modificazioni strutturali del mercato che possano comportare comportamenti abusivi. Qualora un’impresa dominante su un dato mercato acquisisca un’impresa operante su un secondo mercato ad esso contiguo, l’operazione dovrebbe essere vietata se l’entità risultante dalla concentrazione avrebbe mezzi ed incentivi per adottare comportamenti abusivi che le consentirebbero di estromettere i suoi concorrenti dal secondo mercato (102). Pertanto, chiedendo alla Commissione di valutare altresì se gli incentivi economici ad abusare della posizione dominante detenuta dall’entità risultante dalla concentrazione potrebbero essere controbilanciati dai disincentivi derivanti dall’illegalità dell’abuso, il Tribunale avrebbe accolto un’erronea interpretazione dell’art. 2 del regolamento.

115. Secondo la Commissione, inoltre, ancora un’erronea interpretazione di tale disposizione avrebbe indotto il Tribunale ad affermare che «si deve (…) distinguere tra, da un lato, una situazione in cui una concentrazione avente effetto di conglomerato modifica immediatamente le condizioni di concorrenza sul secondo mercato e comporta la creazione o il rafforzamento di una posizione dominante sul medesimo per effetto della posizione dominante già occupata sul primo mercato e, dall’altro lato, una situazione in cui la creazione o il rafforzamento di una posizione dominante sul secondo mercato non sia conseguenza immediata della concentrazione ma si produrrà, in tale ipotesi, solamente dopo qualche tempo e sarà il prodotto dei comportamenti adottati dalla nuova entità sul primo mercato, in cui essa occupa già una posizione dominante. In quest’ultimo caso, non sarà la struttura risultante dall’operazione di concentrazione stessa a creare o rafforzare una posizione dominante, ai sensi dell’art. 2, n. 3, del regolamento, ma i comportamenti futuri in parola» (103). Ad avviso della Commissione, infatti, anche in quest’ultimo caso, diversamente da quanto affermato dal Tribunale, sarebbe la concentrazione a causare la creazione o il rafforzamento di una posizione dominante, in quanto essa avrebbe il diretto ed immediato effetto di creare le condizioni in cui i comportamenti abusivi non sono solo possibili, ma anche economicamente razionali.

116. La Commissione sostiene infine che vi sarebbero insormontabili ostacoli legali e pratici ad effettuare un’analisi del possibile disincentivo derivante dal carattere illegale di determinati comportamenti. Non sarebbe infatti possibile valutare con un sufficiente grado di certezza la propensione di determinate imprese a tenere comportamenti illegali e l’incidenza che il rischio di essere scoperte e sanzionate avrebbe sui loro comportamenti.

117.  Con riferimento poi al secondo degli aspetti richiamati, relativo agli impegni comportamentali proposti da Tetra (v. supra, paragrafo 113), la Commissione osserva che, considerate le finalità del controllo ex ante previsto dal regolamento n. 4064/89, gli impegni a non abusare di una posizione dominante creata o rafforzata da una concentrazione sono inaccettabili, in quanto non consentono di rimediare ai problemi strutturali che il regolamento vuole evitare. Imponendole di prendere in considerazione siffatti impegni, il Tribunale avrebbe quindi violato le disposizioni del regolamento, ed in particolare gli artt. 2 e 8, n. 2. In ogni caso, secondo la Commissione, il Tribunale avrebbe erroneamente affermato che essa non aveva tenuto conto degli impegni comportamentali proposti da Tetra, visto che dalla decisione risulta che tali impegni erano stati analizzati e scartati, oltre che per ragioni di principio, anche perché erano «estremamente difficili se non impossibili da monitorare» (104).

118. Tali argomenti della Commissione non mi sembrano convincenti.

119. Le critiche rivolte al Tribunale sarebbero state infatti giustificate solo se dalla decisione fosse emerso che, come sostenuto dalla Commissione nella memoria di replica e in udienza, la concentrazione avrebbe determinato modifiche strutturali del mercato che avrebbero subito ed automaticamente portato alla creazione di una seconda posizione dominante, di cui la nuova entità avrebbe potuto abusare con i propri prevedibili comportamenti.

120. Tuttavia, come giustamente sottolineato da Tetra, nella decisione non era affermato che l’entità risultante dalla concentrazione avrebbe subito ed automaticamente acquisito una posizione dominante nei mercati degli impianti di imballaggio in PET, ma era previsto che ciò sarebbe avvenuto solo in un secondo momento, attraverso lo sfruttamento della posizione dominante già detenuta da Tetra nel cartone.

121. Ciò risulta chiaramente, ad esempio, dal passaggio della decisione in cui si legge che la «combinazione della posizione dominante di Tetra negli imballaggi in cartone e della posizione di preminenza di Sidel negli impianti di imballaggio per PET (…) [avrebbe creato] una struttura di mercato che [avrebbe permesso] all’entità risultante dalla fusione di sfruttare la propria posizione dominante negli imballaggi in cartone asettico per acquisire una posizione dominante nel mercato degli impianti di imballaggio in PET» (105). Da tale passaggio si evince infatti che la concentrazione avrebbe subito creato una struttura di mercato che avrebbe dato alla nuova entità i mezzi e gli incentivi per porre in essere determinate pratiche di «leveraging» e acquisire successivamente, attraverso tali pratiche, una posizione dominante nei mercati degli impianti di imballaggio in PET.

122. Così stando le cose, il Tribunale ha dunque correttamente affermato che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione i diversi elementi che avrebbero potuto incidere sulla probabilità che l’entità risultante dalla concentrazione tenesse quei comportamenti che le avrebbero permesso di acquisire la prevista posizione dominante nei mercati degli impianti di imballaggio in PET.

123. In altri termini, come sottolineato da Tetra, il Tribunale ha correttamente ritenuto che, così come la Commissione aveva valutato gli incentivi economici a tenere detti comportamenti, essa avrebbe dovuto prendere in considerazione il possibile disincentivo a tal riguardo derivante dal carattere illegale dei comportamenti in questione (i quali avrebbero comportato un abuso della preesistente posizione dominante di Tetra nel cartone) o dagli impegni che tale società aveva proposto di assumere.

124. Diversamente da quanto sostenuto dalla Commissione, chiedendole di prendere in considerazione il carattere illegale di determinati comportamenti in cui si sarebbe concretizzato il «leveraging» e gli impegni a tal riguardo proposti da Tetra, il Tribunale non ha affatto preteso che tale istituzione valutasse la probabilità che la nuova entità abusasse della posizione dominante creata dalla concentrazione. Esso ha invece semplicemente chiesto alla Commissione di valutare la probabilità che, sfruttando la preesistente posizione dominante di Tetra nel cartone, la nuova entità potesse acquisire una posizione dominante nei mercati degli impianti di imballaggio in PET: di valutare, cioè, se la concentrazione avrebbe comportato la creazione di una posizione dominante ai sensi dell’art. 2 del regolamento n. 4064/89.

125. Non credo del resto che vi fossero insormontabili ostacoli legali o pratici a compiere la valutazione richiesta dal Tribunale. Quest’ultimo non ha infatti preteso che la Commissione stabilisse con certezza se il carattere illegale dei comportamenti in questione o gli impegni proposti da Tetra avrebbero dissuaso questa impresa dal tenere tali comportamenti, così come d’altra parte esso non ha preteso che la Commissione dimostrasse che gli incentivi economici individuati nella decisione avrebbero sicuramente spinto Tetra a tenere detti comportamenti. Il Tribunale ha solo chiesto alla Commissione di tenere conto di tali elementi nell’ambito della sua valutazione prognostica, valutando ad esempio se ‑ in considerazione delle normali pratiche commerciali del settore ‑ la Commissione, le competenti autorità nazionali o i concorrenti danneggiati sarebbero potuti venire facilmente a conoscenza di eventuali comportamenti illegali.

126. Non mi sembra infine convincente l’argomento della Commissione secondo cui il Tribunale avrebbe erroneamente ignorato l’analisi da essa compiuta in merito agli impegni comportamentali proposti da Tetra. Come giustamente osservato da tale società, la Commissione si è infatti limitata ad affermare in maniera sommaria ed inmotivata che gli impegni in parola erano «estremamente difficili se non impossibili da monitorare», senza valutare adeguatamente la loro possibile incidenza sulla futura condotta dell’entità risultante dalla concentrazione e, in particolare, se questi potessero costituire un significativo disincentivo ad adottare le previste pratiche di «leveraging».

127. Dato quanto precede, si deve pertanto concludere che le contestazioni della Commissione non sono giustificate. Diverso sarebbe stato, ripeto, se dalla decisione fosse emerso che la concentrazione avrebbe determinato modifiche strutturali del mercato tali da portare subito ed automaticamente alla creazione di una posizione dominante nei mercati del PET. Ciò è quanto ha poi sostenuto la stessa Commissione nella memoria di replica e in udienza, ma, come si è visto, non è quello che risulta dalla decisione impugnata.

128. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo pertanto che il secondo motivo di ricorso vada respinto.

 Sul motivo relativo all’individuazione di distinti mercati delle macchine SBM in funzione della loro utilizzazione finale

129. Con il terzo motivo di ricorso, la Commissione critica il Tribunale per non aver confermato la valutazione da essa effettuata in merito all’individuazione di specifici mercati delle macchine SBM (a bassa e ad alta capacità) per l’imballaggio dei prodotti «sensibili». A tal riguardo, la Commissione formula diverse censure, distinguendo in particolare tra quelle relative alle caratteristiche dell’offerta e quelle relative alle caratteristiche della domanda di tali macchine.

130. Cominciando dalle prime, la Commissione contesta la conclusione secondo cui «la decisione impugnata non forni[va] elementi di prova sufficientemente solidi per dimostrare le asserite caratteristiche particolari delle macchine SBM usate per il confezionamento dei prodotti sensibili» (106). A giudizio della Commissione, in estrema sintesi, il Tribunale sarebbe giunto a tale conclusione senza tenere conto delle indicazioni fornite nella decisione e nel controricorso in merito all’adattamento delle macchine SBM alle specifiche esigenze dei clienti ed avrebbe erroneamente fondato il proprio convincimento sulle affermazioni in senso contrario fatte da Tetra in udienza.

131. Credo tuttavia che tale società abbia buon gioco a ribattere che nella decisione era chiaramente affermato che «la maggioranza delle macchine a soffiatura automatica [erano] “generiche”», ma che, «[c]iò nonostante, una linea di imballaggio PET, della quale la macchina a soffiatura automatica costitui[va] uno solo dei componenti, [era] in genere mirata ai prodotti specifici del cliente» (107). Diversamente quindi da quanto sostenuto dalla Commissione, dalla decisione risulta che le macchine SBM erano nella maggior parte generiche, e cioè adatte ad imballare diversi tipi di prodotti, mentre generalmente erano le linee di imballaggio in PET, delle quali tali macchine rappresentavano solo uno dei componenti, ad essere «tagliate su misura» con riferimento agli specifici prodotti da imballare.

132. Di fronte a tale motivazione della decisione, il Tribunale ha dunque potuto correttamente affermare che «la semplice circostanza che ogni macchina SBM [dovesse] essere installata in una catena PET perché il suo acquirente [potesse] usarla convenientemente non implica[va] che la specificità di altre attrezzature PET [...] di tale catena, e in particolare quelle di riempimento PET asettico, si riflett[esse] sulle stesse macchine SBM» (108).

133. Quanto poi alle ulteriori informazioni fornite nel controricorso in merito agli adattamenti tecnici che anche le macchine SBM avrebbero dovuto subire per poter essere integrate in particolari linee per l’imballaggio in PET, il Tribunale ha correttamente risposto che «non [era] stato fatto nessun riferimento a tali informazioni nella decisione impugnata» (109). Come si è detto, infatti, gli elementi e le valutazioni su cui si basava la decisione dovevano essere chiaramente indicati in tale atto e non potevano essere illustrati solo successivamente, nell’ambito del procedimento davanti al Tribunale (v. supra, paragrafo 106).

134. Dato quanto precede, le ulteriori valutazioni effettuate dal Tribunale per controbattere, alla luce degli elementi indicati da Tetra, alle ulteriori argomentazioni di carattere tecnico sviluppate nel controricorso devono considerarsi irrilevanti. Sebbene il Tribunale avrebbe fatto meglio a non avventurarsi in questo tipo di valutazioni, ciò non toglie che la Commissione non poteva comunque far valere nella procedura davanti a tale giudice elementi cui non aveva fatto alcun riferimento nella decisione impugnata.

135. Ciò detto con riferimento alle censure relative alle caratteristiche dell’offerta delle macchine SBM, posso ora passare a quelle relative alle caratteristiche della domanda.

136. Al riguardo, occorre chiarire che tali censure si riferiscono al ragionamento svolto dalla Commissione per individuare specifici mercati delle macchine SBM per l’imballaggio dei prodotti «sensibili» in considerazione della discriminazione di prezzo operata in passato da Sidel nei confronti dei clienti che intendevano imballare detti prodotti e della possibile prosecuzione di tale politica da parte della nuova entità.

137. Tale ragionamento si fondava in particolare sulla duplice premessa teorica che «un gruppo distinto di clienti per il prodotto rilevante può costituire un mercato del prodotto più ristretto e separato quando tale gruppo può essere soggetto a una discriminazione di prezzo» e che «[q]uesto è generalmente il caso quando vengono soddisfatte le seguenti condizioni: a) è possibile identificare con chiarezza il gruppo al quale appartiene un singolo cliente al momento dell’acquisto dei prodotti rilevanti e b) non è contemplato il negoziato tra clienti o la mediazione di terzi» (110). Muovendo da tale premessa, e considerando che le condizioni ivi indicate fossero riunite nel caso di specie, la Commissione era appunto giunta alla conclusione che esistessero specifici mercati delle macchine SBM per l’imballaggio dei prodotti «sensibili».

138.  Con le censure in esame, la Commissione critica le valutazioni compiute nella sentenza impugnata con riferimento a tale ragionamento, contestando in particolare al Tribunale: i) di aver erroneamente omesso di prendere in considerazione la discriminazione di prezzo realizzata in passato da Sidel, sul presupposto che «essa non [poteva] costituire una prova sufficientemente solida del fatto che la nuova entità [avrebbe continuato] a tenere una condotta simile», visto che «[q]uest’ultima, a differenza della Sidel prima della concentrazione, sarebbe [stata] vincolata non solo dagli impegni, ma anche dalle varie obbligazioni che limita[va]no la condotta della Tetra» (111); ii) di aver erroneamente omesso di prendere in considerazione gran parte delle sue osservazioni in merito alla possibilità di identificare i clienti che intendevano utilizzare le macchine SBM per imballare prodotti «sensibili» e, comunque, di averne mal compreso la rilevanza; e iii) di aver mal compreso ed erroneamente omesso di prendere in considerazione le sue osservazioni sull’impossibilità di acquistare le macchine di un dato produttore presso altri soggetti (essenzialmente, altri clienti che le volessero vendere usate).

139. Neppure tali censure mi sembrano fondate.

140. Con riferimento alla prima, devo infatti convenire con Tetra che l’affermazione contestata non ha nulla a che vedere con l’individuazione di specifici mercati delle macchine SBM per l’imballaggio dei prodotti «sensibili». Lungi dal riguardare la definizione dei mercati rilevanti, questa affermazione si trova infatti nella parte della sentenza relativa all’esame delle «modalità con cui la nuova entità [avrebbe potuto] attuare [il previsto] effetto leva», e si riferisce in particolare all’esigenza di limitare tale esame «a quelle [modalità] che, almeno in apparenza, non costitui[vano] un abuso di posizione dominante sui mercati del cartone asettico» e di tenere conto degli impegni proposti da Tetra (v. supra, paragrafo 43).

141. Diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, credo poi che il Tribunale abbia esaminato e ben compreso i diversi passaggi in cui si articolava il ragionamento della Commissione. Il Tribunale ha tuttavia ritenuto che tale ragionamento fosse essenzialmente inficiato da un vizio logico, visto che la possibilità per la nuova entità di identificare i clienti che intendevano imballare prodotti «sensibili» (e quindi di operare una discriminazione di prezzo nei loro confronti) «non esclude[va] che tali clienti [potessero] rivolgersi ad altri fornitori di macchine SBM qualora non [fossero] più soddisfatti delle condizioni offerte dalla detta entità» (112).

142. Sebbene molto sintetica, tale valutazione del Tribunale mi sembra sostanzialmente condivisibile. Ritengo infatti che, anche se la nuova entità fosse stata in grado di identificare i clienti che intendevano imballare prodotti «sensibili» e, considerata l’impossibilità per tali clienti di acquistare le sue macchine da altri soggetti, avesse deciso di chiedere loro un prezzo maggiore di quello praticato agli altri clienti, ciò non avrebbe di per sé consentito di individuare specifici mercati delle macchine SBM per l’imballaggio di prodotti «sensibili», nella misura in cui – come affermato dal Tribunale – i clienti «discriminati» si fossero potuti rivolgere ad altri fornitori che non praticavano la stessa politica di prezzi.

143. A mio avviso, in altri termini, il fatto che un solo operatore (non seguito dai suoi concorrenti) adotti una politica di discriminazione di prezzo nei confronti di un particolare gruppo di clienti non consente di per sé di identificare uno specifico mercato relativo a tale gruppo di clienti, poiché la presenza di altri operatori che non praticano la stessa politica può evitare l’instaurazione di condizioni di mercato sostanzialmente differenti per il gruppo di clienti in questione.

144. Non credo quindi che il Tribunale abbia commesso errori di diritto nel criticare il ragionamento della Commissione fondato sulla discriminazione di prezzo operata in passato da Sidel e sulla possibile prosecuzione di tale politica da parte della nuova entità.

145. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, ritengo pertanto che il terzo motivo di ricorso vada respinto.

 Sul motivo relativo al rafforzamento della posizione dominante di Tetra nel cartone

146. Con il quarto motivo di ricorso la Commissione critica la conclusione del Tribunale secondo cui «gli elementi invocati nella decisione impugnata non dimostra[va]no che gli effetti della concentrazione modificata sulla posizione occupata dalla Tetra, principalmente sui mercati del cartone asettico, eliminando la Sidel come un potenziale concorrente, sarebbero [stati] tali da soddisfare le condizioni di cui all’art. 2, n. 3, del regolamento» (113).

147. A tal riguardo, la Commissione contesta anzitutto al Tribunale di non aver riconosciuto che una riduzione della concorrenza «potenziale» proveniente dai mercati del PET avrebbe di per sé comportato un rafforzamento della posizione dominante di Tetra nel cartone. Erroneamente il Tribunale le avrebbe poi imposto di dimostrare che tale riduzione della concorrenza «potenziale» avrebbe potuto «rafforzare la posizione dominante della Tetra nei confronti dei suoi concorrenti sui mercati del cartone asettico» (114), dato che questo rafforzamento non doveva essere valutato con riferimento ai concorrenti di Tetra, ma alle inevitabili ripercussioni che la riduzione della concorrenza «potenziale» proveniente dal PET avrebbe avuto per i clienti ed i consumatori sotto forma di un aumento (o di una mancata riduzione) dei prezzi del cartone e di una minore innovazione dei prodotti.

148. Secondo la Commissione, inoltre, dato quanto da essa esposto nell’ambito del primo motivo di ricorso, il Tribunale avrebbe sbagliato a ritenere che la sua valutazione sulla riduzione della concorrenza «potenziale» fosse inficiata dal fatto che la crescita del PET per l’imballaggio dei prodotti «sensibili» «sarebbe [stata] probabilmente molto meno netta di quanto [stimasse tale istituzione]» (115).

149. La Commissione contesta anche la conclusione del Tribunale secondo cui non era comunque «dimostrato che, in caso di eliminazione o di riduzione delle pressioni di concorrenza provenienti dai mercati del PET, la Tetra sarebbe [stata] portata a non abbassare i prezzi dei suoi imballaggi in cartone e a smettere di innovare» (116).

150. A tal riguardo, essa comincia con l’osservare che la valutazione del Tribunale in merito agli effetti della riduzione della concorrenza «potenziale» sui prezzi del cartone era inficiata dall’erroneo convincimento che i costi del PET fossero più elevati di quelli del cartone (anche in proposito essa rinvia a quanto affermato nel primo motivo di ricorso). Sempre con riferimento a tale valutazione, la Commissione critica poi i rilievi ad essa mossi dal Tribunale per il fatto di non aver spiegato perché i concorrenti di Tetra non avrebbero potuto trarre beneficio da un aumento dei prezzi del cartone: così facendo, a giudizio della Commissione, il Tribunale non avrebbe infatti considerato che tali concorrenti erano per definizione marginalizzati dalla forte posizione dominante di Tetra. La Commissione contesta inoltre al Tribunale di non aver tenuto in conto gli effetti sui prezzi del cartone derivanti dal fatto che, in seguito all’acquisizione del più importante operatore nei mercati del PET, Tetra avrebbe potuto tranquillamente ritenere che gran parte dei suoi clienti che fossero passati dal cartone al PET sarebbero stati comunque «ricatturati» attraverso Sidel.

151. Anche con riferimento agli effetti della riduzione della concorrenza «potenziale» sull’innovazione, la Commissione contesta al Tribunale di aver sovrastimato la possibile reazione dei concorrenti marginalizzati dalla posizione dominante di Tetra. Infine, secondo la Commissione, il Tribunale avrebbe commesso un errore: da un lato, ignorando la differenza tra la pressione all’innovazione causata dalla crescita del PET e quella derivante dai concorrenti di Tetra nei mercati del cartone; e, dall’altro, affermando che le recenti innovazioni introdotte da tale società non erano dovute alla pressione del PET.

152. Prima di valutare tali censure, occorre puntualizzare che, come osservato da Tetra, la concorrenza potenziale cui ci si riferisce nell’ambito del presente motivo non consisteva nella concorrenza esercitata da imprese che sarebbero potute entrare nei mercati degli imballaggi in cartone e che avrebbero quindi rappresentato dei potenziali concorrenti di Tetra in tali mercati. Si trattava invece, evidentemente, della concorrenza indiretta proveniente da imprese che operavano su mercati distinti da quelli degli imballaggi in cartone (sebbene ad essi contigui), le quali producevano macchinari per l’imballaggio in un materiale, il PET, che dal punto di vista economico era considerato dalla Commissione solo un «sostituto debole» del cartone (117). Qui di seguito farò dunque riferimento alla concorrenza indiretta, piuttosto che a quella potenziale, proveniente dal PET.

153. Ciò detto, devo convenire con Tetra che non si può ritenere che una riduzione della concorrenza indiretta, derivante dall’acquisizione della principale impresa attiva su un mercato contiguo, determini di per sé il rafforzamento di una posizione dominante ai sensi dell’art. 2 del regolamento n. 4064/89. Considerata infatti la ben nota nozione di «posizione dominante» accolta nella giurisprudenza della Corte, occorre invece valutare se tale riduzione della concorrenza indiretta possa aumentare la «potenza economica» dell’impresa dominante, con la conseguenza che essa sia in grado di ostacolare ancor più (o più agevolmente) «la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato di cui trattasi» ed abbia la possibilità di tenere comportamenti ancor più «indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e, in ultima analisi, dei consumatori» (118).

154. Da quanto detto discende anche che è a tale nozione che il Tribunale avrebbe dovuto fare più correttamente riferimento nella sua analisi, invece di affermare che alla Commissione incombeva di dimostrare che una riduzione della concorrenza indiretta proveniente dal PET avrebbe potuto «rafforzare la posizione dominante della Tetra nei confronti dei suoi concorrenti sui mercati del cartone asettico». Credo tuttavia che non si tratti di un’imprecisione particolarmente grave e tale da inficiare la conclusione cui è giunto il Tribunale, visto che questo ha comunque valutato, e ritenuto viziato da diversi errori, il ragionamento svolto dalla Commissione per dimostrare gli effetti che la prevista riduzione della concorrenza indiretta proveniente dal PET avrebbe avuto per i clienti ed i consumatori sotto forma di un aumento (o di una mancata riduzione) dei prezzi del cartone e di una minore innovazione dei prodotti.

155. Analogamente, ritengo che la conclusione cui è giunto il Tribunale non sia inficiata dagli errori che esso pur ha commesso con riferimento alla valutazione della prevedibile crescita del PET per l’imballaggio dei prodotti lattiero-caseari liquidi (v. supra, paragrafi 103 e 112) (119).

156.  Certo, la constatazione che la crescita del PET per l’imballaggio dei prodotti «sensibili», «tranne per quanto concerne[va] le BAF e le bevande al tè e al caffè, sarebbe [stata] probabilmente molto meno netta di quanto [stimasse] la Commissione», aveva indotto il Tribunale a ritenere che, «sulla base degli elementi invocati nella decisione impugnata, non [fosse] possibile stabilire con la certezza necessaria a legittimare il divieto di una concentrazione se la realizzazione della concentrazione modificata [avrebbe posto] la Tetra in una situazione di maggiore indipendenza che in passato, rispetto ai suoi concorrenti sui mercati del cartone asettico» (120). Tuttavia il Tribunale non si è fermato a tale affermazione, ma ha continuato la sua analisi, giungendo alla conclusione «che entrambi gli elementi di fatto riguardanti la futura condotta della Tetra sui quali si fonda[va] la Commissione per poter dimostrare gli asseriti effetti negativi della concentrazione modificata sui mercati del cartone asettico non [erano], in ogni caso, pienamente provati» (il corsivo è mio). In particolare, come si è visto, secondo il Tribunale non era «dimostrato che, in caso di eliminazione o di riduzione delle pressioni di concorrenza provenienti dai mercati del PET, la Tetra sarebbe [stata] portata a non abbassare i prezzi dei suoi imballaggi in cartone e a smettere di innovare» (121).

157. Passando quindi a valutare le censure della Commissione relative a tale conclusione, comincio con l’osservare che, diversamente da quanto essa ha sostenuto, la valutazione del Tribunale in merito agli effetti della riduzione della concorrenza indiretta proveniente dal PET sui prezzi del cartone non è a mio avviso inficiata dall’erroneo convincimento che i costi del PET fossero più elevati di quelli del cartone (sull’errore effettivamente commesso al riguardo dal Tribunale v. supra, paragrafi 111 e 112).

158. Ricordo infatti che, con riferimento alla tesi della Commissione secondo cui la concentrazione avrebbe consentito a Tetra di evitare una riduzione dei prezzi del cartone cui altrimenti sarebbe stata indotta, il Tribunale ha affermato:

i)      che, «[q]uanto ai clienti dei mercati del cartone “più sensibili ai prezzi”, che [avevano] segnalato alla Commissione, in occasione della sua indagine di mercato, “che essi sarebbero [stati] intenzionati a passare dal cartone al PET solo se i prezzi del cartone [fossero aumentati] sensibilmente, del 20% o oltre” (…), [era] evidente che una riduzione del prezzo del cartone non si [sarebbe rivelata] necessaria affinché [continuassero] a rimanere nei mercati del cartone. Nel constatare semplicemente che “[q]uesti stessi clienti sarebbero [stati] probabilmente dissuasi dal passare dal cartone al PET qualora una riduzione del prezzo del cartone [avesse fatto] aumentare il divario di prezzo fra una linea d’imballaggio in cartone e una linea d’imballaggio in PET” (…), la decisione impugnata non spiega[va] per quale motivo la Tetra sarebbe [stata] obbligata, senza la concentrazione, a procedere a tali riduzioni di prezzo onde poter conservare i propri clienti. Tali clienti, infatti, non [sarebbero passati] al PET a meno che il prezzo del cartone non [fosse aumentato] almeno del 20% o si [fosse verificata] una corrispondente riduzione del prezzo del PET» (122);

ii)      che, «[p]er quanto la Commissione invoc[asse] dinanzi al Tribunale la possibilità che la Tetra si sent[isse] più sicura, dopo la concentrazione, ad aumentare i propri prezzi sui mercati del cartone asettico nei confronti di tali clienti, essa non spiega[va], in particolare, per quale motivo ciò non [avrebbe consentito] ai concorrenti della Tetra sui mercati del cartone già attivi anche sui mercati del PET, come il SIG e la Elopak, di trarne profitto» (123);

iii)      che, “[p]er quanto riguarda[va] i produttori di bevande che [sarebbero passati] dal cartone al PET per motivi commerciali, malgrado il fatto che il PET [fosse] sensibilmente più caro del cartone, una riduzione del prezzo di quest’ultimo non [avrebbe convinto] necessariamente tali clienti “non sensibili ai prezzi” a mantenere l’imballaggio in cartone» (124);

iv)      che la «decisione impugnata non dimostra[va] per quale motivo le società attive sui mercati delle attrezzature PET le quali, senza la concentrazione modificata, “probabilmente [avrebbero dato] vita a un’intensa concorrenza per poter sottrarre al cartone parti di mercato” (…), [avrebbero cambiato] la loro condotta a seguito dell’operazione in parola. Nel caso in cui la pressione esercitata dalla Sidel [fosse venuta] meno, nella decisione impugnata non [era] per niente spiegato perché, non verificandosi una marginalizzazione dei concorrenti di quest’ultima a seguito di un effetto leva coronato dal successo, le altre società presenti sui mercati delle attrezzature PET non sarebbero più [state] in grado di promuovere i vantaggi del PET presso clienti dei mercati del cartone della Tetra» (125).

159. Com’è agevole constatare, con tali affermazioni il Tribunale ha messo in evidenza vizi logici insiti nel ragionamento della Commissione, senza basare mai il suo giudizio sull’erroneo convincimento che i costi del PET fossero più elevati di quelli del cartone; e ciò neppure al punto sub iii), dove figura l’unico richiamo a tale aspetto. Da un’attenta lettura di quel punto risulta infatti evidente che il Tribunale si è semplicemente riferito all’affermazione della Commissione secondo cui alcuni clienti sarebbero comunque passati al PET, «a prescindere da un maggior costo [di questo materiale] o da una possibile mancata variazione dei prezzi del cartone» (126), deducendone logicamente che «una riduzione del prezzo di quest’ultimo non [avrebbe convinto] necessariamente tali clienti “non sensibili ai prezzi” a mantenere l’imballaggio in cartone».

160. Chiarito quindi che la valutazione del Tribunale non è inficiata dall’erroneo convincimento che i costi del PET fossero più elevati di quelli del cartone, osservo che non mi sembra neppure fondata la censura della Commissione relativa al punto sub ii), con la quale tale istituzione contesta al Tribunale di aver erroneamente ignorato che i concorrenti di Tetra nei mercati del cartone erano per definizione marginalizzati dalla forte posizione dominante detenuta da tale società.

161. In proposito, convengo anzitutto con Tetra che tale censura rischia di provare troppo. Se ci si fermasse infatti a considerare in linea teorica che, in virtù della sua posizione dominante, Tetra avrebbe potuto per definizione «tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti» nei mercati del cartone (127), e quindi anche alzare i prezzi senza alcun timore di reazioni da parte loro, sarebbe difficile spiegare perché in assenza della concentrazione – stante comunque la sua posizione dominante nel cartone – tale società non avrebbe potuto fare lo stesso e avrebbe dovuto invece temere la concorrenza indiretta di operatori esclusivamente attivi su mercati contigui (come Sidel), i quali producevano macchinari per l’imballaggio in un materiale considerato solo un «sostituto debole» del cartone.

162. Osservo inoltre che, diversamente da quanto sembra emergere dal ricorso della Commissione, il Tribunale non ha preso in considerazione i concorrenti di Tetra nei soli mercati del cartone, ma quei concorrenti «già attivi anche sui mercati del PET». Esso si è quindi riferito ad operatori che avrebbero potuto beneficiare di un aumento dei prezzi del cartone anche nei mercati del PET ed avrebbero comunque potuto esercitare una maggiore pressione concorrenziale in forza della simultanea presenza nei mercati dei due materiali da imballaggio, considerato anche che, «a differenza della nuova entità, [essi] non [sarebbero stati soggetti] ad alcuna restrizione relativa a (…) offerte congiunte concernenti il cartone e le macchine SBM» (128).

163. Sempre con riferimento agli effetti della riduzione della concorrenza indiretta proveniente dal PET sui prezzi del cartone, non credo infine che sia fondata la censura con cui la Commissione contesta al Tribunale di non aver considerato che, in seguito all’acquisizione del più importante operatore nei mercati del PET, Tetra avrebbe potuto alzare più liberamente i prezzi del cartone, in quanto sapeva che attraverso Sidel avrebbe potuto ricatturare gran parte dei clienti che per questo motivo fossero passati al PET.

164. Come giustamente sottolineato da Tetra, non si può infatti rimproverare al Tribunale di non aver considerato tale aspetto, visto che questo non era sviluppato nella decisione impugnata. In ogni caso, osservo che, anche in seguito all’acquisizione di Sidel, il passaggio dei clienti di Tetra dal cartone al PET non sarebbe stato certo economicamente indifferente per la nuova entità. E’ infatti evidente che la sicura perdita di clienti di Tetra in mercati da questa dominati, e sui quali essa era in grado di realizzare ampi margini di profitto, sarebbe stata solo parzialmente compensata dalla speranza di riconquistare tali clienti in mercati, quali quelli del PET, in pieno sviluppo e caratterizzati da una vivace concorrenza (129).

165. Venendo poi agli effetti della riduzione della concorrenza indiretta proveniente dal PET sull’innovazione, osservo che la censura relativa alla sopravvalutazione della possibile reazione dei concorrenti di Tetra dev’essere respinta, mutatis mutandis, per gli stessi motivi esposti con riferimento all’analoga censura relativa agli effetti sui prezzi del cartone (v. supra, paragrafi 161 e 162).

166. Quanto infine alla censura con cui la Commissione contesta al Tribunale di non aver adeguatamente considerato il tipo di pressione all’innovazione derivante dalla crescita del PET e di aver erroneamente ritenuto che le recenti innovazioni introdotte da Tetra non fossero dovute alla pressione proveniente da tale materiale, credo anch’io che la Commissione sollevi in realtà delle questioni di fatto che la Corte non è competente a risolvere (v. supra, paragrafi 59-61).

167. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, ritengo pertanto che il quarto motivo di ricorso debba essere respinto.

 Sul motivo relativo alla creazione della posizione dominante di Tetra nelle macchine SBM

168. Con il suo ultimo motivo di ricorso la Commissione critica la conclusione del Tribunale secondo cui «la decisione impugnata non forni[va] prova sufficiente del fatto che la nuova entità [avrebbe potuto] conquistare entro il 2005 una posizione dominante sui mercati delle macchine [SBM] a bassa e ad alta capacità, e che quindi ricorr[evano] le condizioni richieste dall’art. 2, n. 3, del regolamento per quanto riguarda[va] tali mercati» (130).

169. Qui di seguito esaminerò brevemente le sintetiche censure della Commissione, che riguardano presunti errori commessi dal Tribunale con riferimento ad entrambi i mercati delle macchine SBM (a bassa e ad alta capacità), per poi valutare se gli errori effettivamente riscontrati siano tali da inficiare la conclusione cui è giunto il Tribunale.

 a) Le censure formulate dalla Commissione

170. Cominciando dalle censure relative al mercato delle macchine SBM a bassa capacità, la Commissione contesta anzitutto al Tribunale di aver fatto riferimento alla quota di mercato (inferiore al 40%) detenuta da Sidel nel periodo 1998-2000, senza tenere presente che dalla decisione risultava che tale quota nel 2001 era salita ad un livello tra il 40 e il 50% (131).

171. Credo tuttavia che, come sottolineato da Tetra, il Tribunale potesse legittimamente prendere in considerazione il periodo 1998-2000, visto che è questo l’arco di tempo cui la stessa Commissione aveva fatto essenzialmente riferimento. Nel punto della decisione richiamato dalla Commissione (come del resto in un precedente punto citato dal Tribunale (132)) erano infatti evidenziate le quote di mercato detenute da Sidel, da Tetra e dai loro principali concorrenti «durante il periodo 1998-2000», mentre solo in nota erano indicate le quote di Sidel e Tetra nel 2001 (cui peraltro non erano confrontate quelle detenute nello stesso periodo dai loro principali concorrenti).

172. Ugualmente infondata mi sembra la successiva censura con cui la Commissione contesta al Tribunale di aver affermato «che, con l’uscita della Tetra [dal mercato delle macchine SBM a bassa capacità], la posizione della nuova entità [sarebbe restata], essenzialmente, invariata rispetto alla posizione [detenuta al momento dalla] Sidel» (133), senza tener conto dell’immediato rafforzamento della posizione di Sidel derivante da una serie di fattori indicati nella decisione (la forza finanziaria e commerciale di Tetra, la reputazione di tale società nell’imballaggio asettico, il vantaggio del «pioniere» di cui essa godeva nei confronti dei clienti intenzionati a passare dal cartone al PET e la sua posizione dominante nel cartone) (134).

173. Convengo infatti con Tetra che tali fattori erano indicati in maniera generale nella decisione (senza peraltro tenere conto degli impegni proposti da detta società), per evidenziare la leadership e la forza globale della nuova entità, derivante anche dalla sua presenza su tutti i mercati interessati, e non per mettere in luce uno specifico ed immediato rafforzamento della posizione di Sidel nel mercato delle macchine SBM a bassa capacità. Così stando le cose, credo quindi che il Tribunale potesse legittimamente affermare che, in seguito all’uscita di Tetra da tale mercato, la posizione della nuova entità sarebbe restata essenzialmente invariata rispetto a quella di Sidel.

174. Non credo infine di poter accogliere neppure la censura relativa all’affermazione del Tribunale secondo cui la «decisione impugnata non effettua[va] (…) un’analisi sufficiente dell’impiego attuale e futuro delle macchine SBM a bassa capacità» (135).

175. Con tale censura la Commissione contesta in particolare al Tribunale di aver fondato il suo giudizio su due aspetti irrilevanti: da un lato, sull’importanza delle macchine SBM a bassa capacità per l’imballaggio di prodotti non «sensibili», ciò che sarebbe irrilevante qualora fosse accolta la segmentazione dei mercati delle macchine SBM proposta dalla Commissione; dall’altro, sulla proporzione dei clienti che avrebbero optato per le macchine SBM ad alta o a bassa capacità per l’imballaggio di prodotti «sensibili» (136), proporzione che sarebbe anch’essa irrilevante per valutare la capacità di Tetra di fare leva sulla sua posizione dominante nel cartone per acquisire una tale posizione anche nel mercato delle macchine SBM a bassa capacità.

176. Con riferimento al primo aspetto, è tuttavia agevole constatare che la valutazione della Commissione in merito all’individuazione di specifici mercati delle macchine SBM per l’imballaggio dei prodotti «sensibili» non è stata accolta (v. supra, paragrafo 145). Quanto al secondo aspetto, osservo che non appare affatto evidente che le scelte dei clienti che intendevano imballare nel PET prodotti «sensibili» sarebbero state irrilevanti per valutare lo sviluppo del mercato delle macchine SBM a bassa capacità e la possibilità per la nuova entità di acquisirvi una posizione dominante. Più in generale, non vedo poi come si possa rimproverare al Tribunale di aver verificato se la valutazione della Commissione in merito all’acquisizione di una tale posizione dominante fosse basata su un’accurata ed approfondita analisi delle dinamiche del mercato rilevante.

177. Passando ora alle censure relative al mercato delle macchine SBM ad alta capacità, osservo subito che, per gli stessi motivi indicati al punto 173, deve a mio avviso essere respinta, mutatis mutandis, la censura con cui la Commissione contesta al Tribunale di non aver tenuto conto dell’immediato rafforzamento della posizione di Sidel derivante dai fattori indicati al punto 172 (137).

178. In parte fondata mi sembra invece la censura relativa all’affermazione del Tribunale secondo cui «il vantaggio del “pioniere” di cui [avrebbe goduto Tetra nei confronti dei clienti intenzionati a passare al PET era] sovrastimato» (138).

179. Ritengo infatti che, per quanto riguarda l’imballaggio dei prodotti lattiero-caseari liquidi, la Commissione faccia giustamente valere che la valutazione del Tribunale è inficiata dagli errori da questo commessi con riferimento alle sue previsioni di crescita del PET (v. supra, paragrafo 103) e, in particolare, ai rapporti tra tale materiale e l’HDPE (v. supra, paragrafo 98). Dalla sentenza impugnata risulta infatti che, con riferimento all’imballaggio dei prodotti in questione, il Tribunale ha ritenuto «sovrastimato» il vantaggio del «pioniere» essenzialmente: i) perché il «volume della crescita prevedibile nell’impiego del PET fra i clienti (…) della Tetra sui mercati del cartone asettico non [era] considerevole» (139); e ii) perché, «[p]er quanto riguarda[va] più in particolare il latte fresco, la decisione impugnata non spiega[va] adeguatamente il rapporto fra lo HDPE e il PET» (140).

180. Non credo invece che la censura della Commissione possa essere accolta nella parte in cui critica la valutazione del vantaggio del «pioniere» con riferimento ai clienti intenzionati a passare dal vetro al PET, contestando in particolare al Tribunale: i) di non aver preso in considerazione il fatto che solo raramente i clienti che imballavano le loro bevande nel vetro utilizzavano esclusivamente questo materiale; ii) di aver distorto i fatti laddove ha affermato che, con riferimento a tali clienti, i concorrenti di Tetra «attivi sui mercati dell’imballaggio in vetro e in PET», quali SIG, Krones e KHS, avrebbero potuto «usufruire di un vantaggio di “pioniere”» (141).

181. Convengo infatti con Tetra che tali argomentazioni della Commissione devono essere respinte, in quanto si fondano su elementi che non figurano nella decisione impugnata (142) (v. supra, paragrafo 106) e comunque, specie per quanto riguarda il punto sub ii), sollevano questioni di fatto che la Corte non è competente a risolvere (v. supra, paragrafi 59-61).

182. Infondata mi sembra poi la censura con cui la Commissione contesta al Tribunale di aver affermato: da un lato, che «la decisione impugnata avrebbe dovuto esaminare in modo più dettagliato la capacità [della] concorrenza di resistere ad eventuali pratiche di leva da parte della nuova entità» (143); e, dall’altro, che «la Commissione [aveva] commesso un errore sottovalutando l’importanza dell’attuale posizione del SIG sul mercato delle macchine ad alta capacità e banalizzando le posizioni occupate dagli altri principali concorrenti della nuova entità su tale mercato, in particolare la SIPA e la Krones» (144).

183. Non credo infatti che, come sostenuto dalla Commissione, il Tribunale abbia distorto il contenuto della decisione (in particolare negando che questa contenesse un’analisi della posizione di Sidel nei mercati delle macchine SBM rispetto ai suoi concorrenti (145)) od abbia sostituito il proprio punto di vista a quello della Commissione.

184. Il Tribunale ha invece semplicemente ritenuto che, in considerazione del significativo ed incontestato aumento delle quote di mercato registrato negli ultimi anni da questi tre concorrenti di Sidel (SIG, SIPA e Krones), e tenuto conto delle puntuali osservazioni formulate da Tetra nel corso della procedura amministrativa, la Commissione non si sarebbe dovuta limitare alle generiche osservazioni contenute nella decisione, ma avrebbe dovuto esaminare più specificamente la forza competitiva e la capacità di reazione di queste tre società. Esso ha in effetti notato che solo con riferimento a SIG la decisione conteneva qualche specifica valutazione (ciò che non mi sembra possa essere sostanzialmente contestato) e ha comunque ritenuto che tali valutazioni non rispondessero adeguatamente ai precisi e pertinenti rilievi che Tetra aveva formulato (146). In quest’ottica deve essere dunque letta l’affermazione secondo cui nella decisione la posizione di queste tre società era stata «sottovalutata» o «banalizzata»: nel senso, cioè, che la Commissione non aveva attribuito all’esame della loro posizione quell’attenzione che, considerate le circostanze del caso, sarebbe stata necessaria.

185. Aggiungo inoltre che, nella parte in cui si spinge a contestare al Tribunale una distorsione dei fatti nell’individuazione di alcuni vantaggi di cui avrebbero goduto i concorrenti di Sidel, la presente censura solleva questioni di fatto che la Corte non è competente a risolvere (v. supra, paragrafi 59-61).

186. Mi sembra invece fondata l’ultima censura, relativa alla possibilità per i «terzisti» di resistere al «leveraging», con la quale la Commissione contesta al Tribunale di non aver adeguatamente motivato le sue affermazioni, di non aver risposto agli argomenti da essa esposti nella decisione e di aver illegittimamente sostituito il suo punto di vista a quello di tale istituzione.

187. Convengo infatti con la Commissione che il Tribunale non ha adeguatamente spiegato quali fossero gli errori, le lacune istruttorie o i vizi logici che, a suo giudizio, inficiavano la conclusione della Commissione secondo cui i «terzisti» erano «in una certa misura dipendenti da Sidel» e avrebbero continuato a «dipendere dall’entità risultante dalla fusione» (147). Senza valutare l’ampia analisi svolta dalla Commissione per giungere a tale conclusione (148), il Tribunale si è infatti limitato ad affermare: i) che, «tenuto conto [del] livello della concorrenza [esistente], compresa quella sui mercati delle macchine SBM ad alta capacità, la conclusione secondo cui i terzisti dipend[evano] dalla Sidel non convince[va]»; ii) che, nel «caso in cui le condizioni di vendita offerte dalla nuova entità [fossero divenute] meno allettanti, i terzisti avrebbero sempre [avuto] la possibilità di comprare tali macchine presso [i] concorrenti della Sidel» (149).

188. A quanto par di capire, il Tribunale ha dunque considerato «non convincente» la conclusione della Commissione sulla dipendenza dei «terzisti» da Sidel per il solo fatto che questi avrebbero potuto comprare le macchine SBM da concorrenti di tale società. Così facendo, il Tribunale non ha tuttavia considerato che, sebbene la stessa Commissione avesse ammesso che i «terzisti» potevano «rivolgersi ad altri fornitori di macchine a soffiatura automatica per l’acquisto di nuovi macchinari e per la progettazione e il collaudo delle preforme», ciò nonostante – alla luce della sua analisi del mercato – essa riteneva che «i costi di commutazione e la necessità continuativa di utilizzare un alto numero di macchine Sidel già acquisite [avrebbero prolungato] il grado corrente di dipendenza dei trasformatori [o “terzisti”] da Sidel» (150).

189. Mi sembra pertanto evidente che, se il Tribunale poteva eventualmente riscontrare errori, lacune istruttorie o vizi logici nel ragionamento della Commissione, esso non poteva rigettare la conclusione cui era giunta quest’ultima senza fornire un’adeguata motivazione. Osservo del resto che le argomentazioni esposte da Tetra per giustificare il giudizio del Tribunale in merito alla possibilità di reazione dei «terzisti», indipendentemente dal loro fondamento, non possono sanare il vizio di motivazione da cui è affetta la sentenza impugnata.

 b) L’incidenza degli errori riscontrati sulla conclusione cui è giunto il Tribunale

190. Dalle considerazioni che precedono risulta che a mio avviso devono ritenersi fondate: i) la censura relativa al vantaggio del «pioniere», per quanto riguarda l’imballaggio dei prodotti lattiero-caseari liquidi (v. supra, paragrafi 178 e 179); ii) la censura relativa alla possibilità per i «terzisti» di resistere al «leveraging» (v. supra, paragrafo 186).

191. Ritengo tuttavia che gli errori del Tribunale evidenziati con tali censure non siano tali da inficiare la conclusione di tale giudice secondo cui «la decisione impugnata non forni[va] prova sufficiente del fatto che la nuova entità [avrebbe potuto] conquistare entro il 2005 una posizione dominante sui mercati delle macchine [SBM] a bassa e ad alta capacità, e che quindi ricorr[evano] le condizioni richieste dall’art. 2, n. 3, del regolamento per quanto riguarda[va] tali mercati» (151).

192. Questa conclusione mi sembra infatti senz’altro giustificata dai numerosi vizi della decisione che sono stati riscontrati al riguardo dal Tribunale con valutazioni non contestate nell’ambito della presente causa o contestate con censure qui giudicate infondate. Senza che sia necessario dilungarsi sul punto, stilando una lunga lista dei vizi in questione, mi posso limitare ad osservare che, oltre ai vizi riscontrati con valutazioni che sono state censurate senza successo nell’ambito del presente motivo di ricorso, occorre tenere presenti i vizi relativi: i) alla mancata considerazione, quale possibile disincentivo al «leveraging», del carattere illegale di determinati comportamenti e degli impegni comportamentali proposti da Tetra (vizio riscontrato con valutazioni censurate senza successo nell’ambito del secondo motivo di ricorso); ii) all’individuazione di specifici mercati delle macchine SBM per l’imballaggio dei prodotti «sensibili» (vizio riscontrato con valutazioni censurate senza successo nell’ambito del terzo motivo di ricorso).

193. Da quanto detto discende quindi che l’accoglimento delle due censure indicate al punto 190 non può di per sé inficiare la conclusione cui è giunto il Tribunale in merito alla creazione di una posizione dominante nei mercati delle macchine SBM a bassa e ad alta capacità.

 Considerazioni conclusive in merito all’esito del ricorso

194. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve pertanto ritenere che, sebbene diverse censure formulate dalla Commissione si siano rivelate fondate, queste non bastino ad inficiare le conclusioni cui è giunto il Tribunale in merito al rafforzamento della posizione dominante di Tetra nei mercati del cartone ed alla creazione di una posizione dominante nei mercati delle macchine SBM a bassa e ad alta capacità.

195. In tale situazione devo ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, «se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale risulta una violazione del diritto comunitario, ma il dispositivo della medesima sentenza appare fondato per altri motivi di diritto, il ricorso avverso tale sentenza deve essere respinto» (152).

196. Considerato quindi che il dispositivo della sentenza impugnata, relativo all’annullamento della decisione, è sicuramente fondato per i numerosi motivi di diritto che sorreggono le conclusioni del Tribunale in merito al rafforzamento della posizione dominante di Tetra nei mercati del cartone e alla creazione di una posizione dominante nei mercati delle macchine SBM, ritengo che il ricorso della Commissione debba essere respinto.

 Sulle spese

197. Alla luce dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, e considerate le conclusioni cui sono giunto in merito al rigetto del ricorso, ritengo che la Commissione debba essere condannata alle spese.

IV – Conclusioni

198. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare che: 

–      il ricorso è respinto;

–      la Commissione è condannata alle spese.


1 – Lingua originale: l'italiano.


2  – Regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (GU L 395, pag. 1; rettifica in GU 1990, L 257, pag. 13). Il regolamento n. 4064/89 è stato modificato dal regolamento (CE) n. 1310/97 del Consiglio, del 30 giugno 1997 (GU L 180, pag. 1).


3  – Cosa si intenda per «operazione di concentrazione» è precisato all’art. 3 del regolamento, mentre all’art. 1, nn. 2 e 3, è precisato quando un’operazione di concentrazione abbia una «dimensione comunitaria».


4  – V. in particolare i punti 40 e 44 della decisione.


5  – Tale sigla in italiano sta per «derivati liquidi del latte».


6  – V. in particolare i punti 12 e 45 della decisione.


7  – Punto 55, dov’è precisato che il «PET e il cartone sono stati tradizionalmente utilizzati per bevande diverse, principalmente a causa delle differenti caratteristiche fisiche di tali soluzioni di imballaggio. Il cartone non è trasparente e quindi idoneo ai prodotti sensibili alla luce e all’ossigeno, ma non tollera la carbonatazione. La plastica PET è trasparente e tollera la carbonatazione, ma è ritenuta tradizionalmente meno idonea ai prodotti sensibili alla luce e all’ossigeno. Di conseguenza, il cartone è stato utilizzato principalmente per prodotti lattiero-caseari liquidi (latte, nello specifico) e succhi, mentre il PET ha trovato impiego nell’imballaggio di acqua (naturale e addizionata di anidride carbonica) e bevande addizionate di anidride carbonica».


8  – Punto 57.


9  – Punto 103.


10  – Punto 163.


11  – Punto 164.


12  – In merito a tali sistemi, giova ricordare che «[l]’imballaggio di liquidi alimentari in [bottiglie in PET] richiede una combinazione di impianti diversi e, se necessario, l’impiego di una tecnologia di barriera [per rendere il PET compatibile con i prodotti sensibili al gas e alla luce]. Il processo di imballaggio si compone di tre fasi distinte: a) produzione delle preforme di plastica, i tubi di preproduzione utilizzati per realizzare le bottiglie in PET; b) produzione delle bottiglie di PET vuote, utilizzando le preforme di plastica in speciali macchine a soffiatura automatica [macchine SBM] e c) riempimento con il liquido delle bottiglie di PET finite, con l’ausilio di una macchina di riempimento dedicata» (punto 20 della decisione). Nei sistemi di imballaggio in PET i «liquidi sono imballati secondo due modalità principali: internamente, dallo stesso produttore, o tramite i cosiddetti trasformatori di bottiglie [o “terzisti”]. L’imballaggio gestito internamente richiede l’acquisto di impianti di imballaggio e l’installazione di linee di imballaggio presso gli stabilimenti della società produttrice di bevande. Per contro, i trasformatori producono imballaggi vuoti, che vengono poi riempiti dalle società specializzate o venduti alle aziende produttrici di bevande per il loro riempimento interno» (punto 15 della decisione).


13  – Punto 188.


14  – Punto 199.  Al riguardo, ricordo che, «[p]er i prodotti sensibili all’ossigeno (come succhi e birra), è necessario potenziare le proprietà barriera del gas della bottiglia di PET. (…) Per migliorare le proprietà di barriera del PET alla bottiglia di PET standard viene applicata una tecnologia di barriera. (…) Per [i] prodotti sensibili alla luce, come il latte UHT, occorre aggiungere una barriera per la luce» (punti 22-24 della decisione).


15  – Punto 204. Al riguardo, ricordo che «[l]e macchine di riempimento non asettiche sono generalmente utilizzate per bevande addizionate di anidride carbonica, acqua minerale, oli per uso alimentare e latte fresco. Le macchine di riempimento asettico delle bottiglie di PET sono invece utilizzate per succhi, bevande non gassate aromatizzate e alla frutta, bevande a base di tè e caffè pronte al consumo e prodotti lattiero-caseari liquidi» (punto 21 della decisione).


16  – Punto 206.


17  – Punto 209. In merito a tali sistemi, giova ricordare che, a «differenza del PET, con le sue fasi di produzione distinte (preforme, bottiglie vuote, riempimento), il settore del cartone per liquidi alimentari prevede la costruzione integrata della confezione, il suo riempimento e la sigillatura (…). Tutte queste operazioni sono effettuate in un’unica macchina di imballaggio in cartone presso lo stabilimento della società produttrice della bevanda. (…) Esistono macchine per il trattamento asettico e non asettico del cartone e tale distinzione attraversa tutto il processo di imballaggio» (punto 28 della decisione).


18  – Punto 212.


19  – Punto 231.


20  – Punto 259.


21  – Punto 263.


22  – Punti 269 e 270.


23  – Punto 282.


24  – Punto 290.


25  – Punto 324.


26  – Punto 337.


27  – Punto 389.


28  – Punti 397 e 399.


29  – Punto 408.


30  – Punto 410.


31  – Punto 424.


32  – Punto 451.


33  – Punto 452.


34  – Art. 1 del dispositivo.


35  – Punti 83-118.


36  – Per «concentrazione modificata» il Tribunale intende la «concentrazione come modificata dagli impegni» (punto 81).


37  – Punto 124.


38  – Punto 132.


39  – Punto 140.


40  – Punto 141.


41  – Punto 145.


42  – Al riguardo, sintetizzando il contenuto della decisione, il Tribunale ha osservato che «l'effetto leva esercitato a partire dai mercati del cartone asettico (…) si [sarebbe tradotto], al di là della possibilità per la nuova entità di ricorrere a varie pratiche che associano le vendite di attrezzature e di prodotti consumabili per l'imballaggio in cartone a quelle delle attrezzature per l'imballaggio in PET, ivi compreso il ricorso alle vendite forzate (…), in primo luogo, nella probabile fissazione da parte di tale entità di prezzi di estromissione [“predatory pricing”], in secondo luogo, nel ricorso a una guerra dei prezzi e, in terzo luogo, nella concessione di sconti fedeltà» (punto 156).


43  – Punto 158.


44  – Punto 159.


45  – Punto 160.


46  – Punto 161.


47  – Punto 162.


48  – Punto 199.


49  – Punto 195.


50  – Punto 201.


51  – Punto 214. Nessun errore era invece stato commesso dalla Commissione, secondo il Tribunale, con riferimento alle stime di crescita delle bevande aromatizzate alla frutta e delle bevande a base di tè e caffè (punto 215).


52  – Punto 216.


53  – Punto 216.


54  – Punto 218.


55  – Punto 224.


56  – Ibidem.


57  – Punto 225.


58  – Punto 254.


59  –      Punto 269.


60  –      Punto 283.


61  –      Punto 306.


62  – Punto 308.


63  – Punto 309.


64  – Punto 323.


65  – Punto 333.


66  – Punto 335.


67  – Punto 336.


68  – Punti 337 e 338.


69  – Sentenza della Corte 28 maggio 1998, causa C-7/95 P, Deere/Commissione, Racc. pag. I‑3111, punti 21 e 22. Nello stesso senso v., tra tante, le sentenze 2 marzo 1994, causa C-53/92 P, Hilti/Commissione (Racc. pag.  I‑667, punti 42 e 43), e 28 maggio 1998, causa C-8/95 P, New Holland Ford/Commissione (Racc. pag. I‑3175, punto 26).


70  – Al riguardo, si segnala che l’espressione inglese «convincing evidence» in italiano alcune volte è tradotta come prove «convincenti» (v. ad esempio il punto 214) e altre volte come prove «solide» (v. ad esempio il punto 227).


71  – Sentenza della Corte 31 marzo 1998, cause riunite C-68/94 e C-30/95, Francia e a./Commissione, detta «Kali & Salz» (Racc. pag. I‑1375).


72  – Punto 228.


73  – Punto 162 della sentenza impugnata; il corsivo è mio.


74  – Punto 153 della sentenza impugnata; il corsivo è mio.


75  – Come si è visto, tale disposizione stabilisce: da un lato, che le «operazioni di concentrazione che non creano o non rafforzano una posizione dominante, da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata in modo significativo nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, devono essere dichiarate compatibili con il mercato comune» (n. 2); e, dall’altro, che le «operazioni di concentrazione che creano o rafforzano una posizione dominante, da cui risulti che una concorrenza effettiva sia ostacolata in modo significativo nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, devono essere dichiarate incompatibili con il mercato comune» (n. 3).


76  – Sentenza della Corte 7 gennaio 2004, cause riunite C-204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C-217/00 P e C-219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione (non ancora pubblicata in Raccolta, punto 279). Nello stesso senso, v., tra tante, le sentenze 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia e a./Commissione (Racc. pag. 2545, punto 34), e 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84, BAT e Reynolds/Commissione (Racc. pag. 4487, punto 62).


77  – Sentenza cit., punti 223 e 224.


78  – Questo è ad esempio il tipo di controllo compiuto ai punti 229-231 e 245 della sentenza Kali & Salz.


79  – Questo tipo di controllo è ad esempio alla base della constatazione fatta all’ultima frase del punto 241 della sentenza Kali & Salz.


80  – A tale tipo di controllo sembra che possano ad esempio essere ricondotte le valutazioni compiute dalla Corte ai punti 228, 239, 241 (eccetto l’ultima frase), 246 e 247 della sentenza Kali & Salz.


81  – Punto 211 della sentenza.


82  – Punto 212.


83  –      Al riguardo, al punto 142 della decisione è precisato: «In generale, gli operatori del mercato hanno suggerito una crescita significativa nell’impiego del PET a breve termine per i prodotti “sensibili”. Per i partecipanti che si sentivano in grado di citare la percentuale dei prodotti “sensibili” gestiti nel PET entro il 2005, la Commissione ha rilevato che, in media, il PET rappresenterebbe il 40 % circa nel latte, il 30 % nei succhi, il 40 % in bevande aromatizzate alla frutta e oltre il 50 % nel settore dei tè freddi».


84  –      Al riguardo, v. punti 75 e 76 della sentenza impugnata.


85  –      Punto 212.


86  –      Le citazioni sono sempre dal punto 212 della sentenza.


87  –      Per studi indipendenti si intendono quelli non commissionati da Tetra.


88  – Punto 212.


89  – V. in particolare punti 80, 95-97 e 101-102 della decisione.


90  – Punto 97 della decisione.


91  – Dalla decisione risulta chiaramente che, mentre «il latte bianco UHT richiede[va] una barriera per la luce», il «latte fresco [poteva] essere imballato con successo nel PET standard (...) senza alcuna proprietà di barriera» (punti 76 e 77). Secondo la stessa Tetra, del resto, le limitazioni all’uso del PET derivanti dalla necessità di una barriera per la luce «si applica[va]no solo al latte bianco UHT». Al riguardo, essa riteneva che le «soluzioni tecniche atte a fornire una barriera alla luce per il PET» «presuppon[evano] costi elevati e una tecnologia produttiva complessa, pon[evano] problemi in relazione al riciclaggio ed elimina[va]no la trasparenza della bottiglia, che rappresenta[va] uno dei principali vantaggi del PET» (punto 74 della decisione).


92  – Punto 289.


93  – Punto 212, in fine.


94  – Punto 123 della decisione.


95  – Punto 213.


96  – Dalla giurisprudenza della Corte risulta infatti che «la mancanza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato [venga] a conoscenza dei motivi della decisione nel corso del procedimento innanzi [ai giudici comunitari]» (sentenza 26 novembre 1981, causa 195/80, Michel/Parlamento, Racc. pag. 2861, punto 22).  Sostanzialmente nello stesso senso v. anche, ad esempio, sentenze della Corte 7 febbraio 1990, causa C‑343/87, Culin/Commissione (Racc. p. I‑225, punto 15), e 19 ottobre 2000, cause riunite C-15/98 e C-105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione (Racc. pag. I-8855, punto 70).


97  – Punto 288 della sentenza impugnata. Tale affermazione sulla differenza di costo tra PET e cartone è poi ripetuta dal Tribunale al punto 326, nell’ambito della valutazione dell’indebolimento della concorrenza potenziale sui mercati del cartone.


98  – Punto 326.


99  – Punto 92. Con riferimento ai risultati della sua indagine di mercato, la Commissione ha in particolare affermato: «Alcuni operatori del mercato hanno indicato che per la maggior parte delle applicazioni e in particolare per i prodotti che richiedono una barriera, il PET è più caro. La maggior parte degli interpellati, tuttavia, non è stata in grado di identificare le precise differenze di costo; per molti, a causa della scarsa esperienza in entrambi i materiali. Tuttavia, alcuni terzi (in particolare quelli con una maggiore esperienza nel PET) hanno informato la Commissione che per loro il PET era di fatto più a buon mercato del cartone» (punto 92).


100  – Punto 397 della decisione.


101  – Al riguardo, ricordo che «l'effetto leva esercitato a partire dai mercati del cartone asettico (…) si [sarebbe tradotto], al di là della possibilità per la nuova entità di ricorrere a varie pratiche che associano le vendite di attrezzature e di prodotti consumabili per l'imballaggio in cartone a quelle delle attrezzature per l'imballaggio in PET, ivi compreso il ricorso alle vendite forzate (…), in primo luogo, nella probabile fissazione da parte di tale entità di prezzi di estromissione [“predatory pricing”], in secondo luogo, nel ricorso a una guerra dei prezzi e, in terzo luogo, nella concessione di sconti fedeltà» (punto 156 della sentenza impugnata).


102  – A tal riguardo, nella memoria di replica e in udienza la Commissione ha precisato che una modifica strutturale delle condizioni di mercato che determinasse l’acquisizione di tali mezzi ed incentivi da parte dell’entità risultante dalla concentrazione comporterebbe l’immediata creazione di una posizione dominante sul secondo mercato.


103  – Punto 154 della sentenza impugnata.


104  – Punto 431 della decisione.


105  – Punto 342. Nello stesso senso v. anche il punto 330, dov’è precisato: «Con l’acquisizione di Sidel, Tetra si assicurerebbe il mantenimento e il rafforzamento della propria posizione dominante negli imballaggi in cartone asettico grazie all’eliminazione del vincolo alla concorrenza costituito da Sidel. Inoltre, grazie allo sfruttamento della propria posizione dominante nel cartone, Tetra/Sidel avrebbe lapossibilità di raggiungere un livello di predominio negli impianti per PET e in particolare nelle macchine a soffiatura automatica di alta e bassa capacità nei segmenti per uso finale pertinenti» (il corsivo è mio). Analoghe affermazioni figurano in numerosi passaggi della decisione, come ad esempio ai paragrafi 331, 359 e 389.


106  – Punto 261.


107  – Punto 177.


108  – Punto 265.


109  – Ibidem.


110  – Punto 178 della decisione.


111  – Punto 223 della sentenza impugnata.


112  – Punto 268.


113  – Punto 333.


114  – Punto 323. Il corsivo è della Commissione.


115  – Punto 324.


116  – Punto 325.


117  – V. in particolare il punto 332 della decisione impugnata, dov’è precisato che cartone e PET erano «sostituti tecnici, nel senso che entrambi [potevano] essere utilizzati per l’imballaggio dei segmenti di prodotto per uso finale pertinenti», e potevano «essere considerati “sostituti deboli” in senso economico». In tal senso v. anche il punto 163 della decisione (richiamato in precedenza, al paragrafo 10), in cui peraltro si avverte che la definizione dei mercati per i sistemi di imballaggio in PET e cartone sarebbe potuta cambiare in futuro.


118  – V. sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann‑La Roche/Commissione (Racc. pag. 461, punto 38); il corsivo è mio.


119  – A tal riguardo, si ricorda che è stata ritenuta infondata la censura della Commissione relativa a presunti errori commessi dal Tribunale nel valutare la prevedibile crescita del PET per l’imballaggio dei succhi (v. supra, paragrafo 104).


120  – Punto 324.


121  – Punto 325.


122  –      Punto 327.


123  –      Ibidem.


124  –      Punto 328.


125  –      Ibidem.


126  – La citazione è dal punto 397 della decisione, dov’è precisato che numerose fra le società interpellate nell’ambito dell’indagine di mercato condotta dalla Commissione avevano «chiaramente indicato di aver già effettuato il passaggio dal cartone al PET o di averlo in programma a prescindere da un maggior costo del PET o da una possibile mancata variazione dei prezzi del cartone».


127  – V. sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, cit., punto 38.


128  – Punto 330.


129  – E’ chiaro che le cose sarebbero andate (almeno in parte) diversamente, se la nuova entità fosse riuscita a far leva sulla posizione di Tetra nel cartone per indirizzare verso Sidel i suoi clienti intenzionati a passare al PET e ad acquistare così una posizione dominante in tutti o in alcuni dei mercati del PET. Posto tuttavia che le valutazioni compiute al riguardo dalla Commissione sono state fatte cadere dal Tribunale, tale scenario non può essere preso in considerazione.


130  – Punto 307.


131  – La Commissione sembra riferirsi al punto 272 della sentenza impugnata, dov’è precisato «che la Commissione ammette[va] che la Sidel [deteneva] una “quota di mercato del [30-40%] in termini di capacità e di unità vendute all'interno del SEE nel 2000” nel mercato delle macchine SBM a bassa capacità (punto 233 della decisione impugnata)». Per dimostrare l’errore commesso dal Tribunale la Commissione richiama invece il punto 266 della decisione. Visto che, per ragioni di riservatezza, nella versione della decisione pubblicata nella Gazzetta ufficiale non è riportata la quota esatta, ma solo una forchetta indicativa, nelle presenti conclusioni sembra opportuno seguire lo stesso criterio.


132  – V. nota precedente.


133  – Punto 280 della sentenza impugnata.


134  – Al riguardo, la Commissione richiama i punti 376-387 della decisione.


135  – Punto 280.


136  – Al riguardo, la Commissione richiama in particolare l’affermazione del Tribunale secondo cui «una percentuale rilevante di macchine SBM usate per il confezionamento di prodotti sensibili [avrebbe riguardato], con ogni probabilità, macchine a bassa capacità» (punto 279 della sentenza).


137  – A tal riguardo, la Commissione si riferisce in particolare all’affermazione secondo cui «Tetra non [avrebbe apportato] niente alla nuova entità per quanto riguarda [il] mercato [delle macchine SBM ad alta capacità]» (punto 284 della sentenza).


138  – Punto 288.


139  – Punto 288.


140  – Punto 289. Con riferimento al rapporto fra HDPE e PET, il Tribunale ritiene in particolare che fosse «quantomeno altrettanto probabile che [i] clienti della Tetra che [volessero] trasferire una parte della loro produzione di latte fresco alla plastica [scegliessero] lo HDPE piuttosto che il PET» (ibidem).


141  – Punto 290.


142  – Solo con riferimento al punto sub i) la Commissione prova a trovare nella decisione un appiglio per le sue affermazioni (punti 14 e 335). Tuttavia, lungi dal dimostrare che in essa era precisato che solo raramente i clienti che imballavano le  loro bevande nel vetro utilizzavano esclusivamente questo materiale, tale istituzione cita passaggi in cui era genericamente affermato che «le aziende produttrici di bevande utilizza[va]no sempre più un insieme di materiali diversi per l’imballaggio dei loro prodotti» ed era fornito il solo esempio della Coca Cola quale bevanda «disponibile in bottiglie di vetro o PET e lattine di alluminio» (punto 14).


143  – Punto 294.


144  – Punto 297.


145  – Al riguardo, la Commissione richiama in particolare i punti 232-248, 293-300, 303‑310 e 369‑387 della decisione.


146  – V. in particolare le osservazioni formulate al punto 295 della sentenza impugnata.


147  – Punto 310.


148  – V. i punti 303-310 della decisione.


149  – Punto 305 della sentenza. Ai presenti fini non sembra assumere una particolare rilevanza l’ulteriore precisazione che «il SIG e la Elopak [avrebbero potuto] altresì offrire [ai “terzisti”] attrezzature per l'imballaggio in cartone nell'ipotesi in cui i [loro] clienti (…) [avessero voluto] una fornitura congiunta di attrezzature per l'imballaggio in PET e in cartone», dato che la Commissione non aveva in alcun modo legato la dipendenza dei «terzisti» da Sidel o dalla nuova entità alla necessità di forniture congiunte di attrezzature per l'imballaggio in PET e in cartone.


150  – Punto 310 della decisione.


151  – Punto 307.


152  – Sentenza della Corte 10 dicembre 2002, causa C-312/00 P, Commissione/Camar et Tico (Racc. pag. I‑11355, punto 57).  Nello stesso senso v. anche sentenze della Corte 9 giugno 1992, causa C-30/91 P, Lestelle/Commissione (Racc. pag. I-3755, punto 28); 15 dicembre 1994, C-320/92 P, Finsider/Commissione (Racc. pag. I‑5697, punto 37); e 13 luglio 2000, causa C-210/98 P, Salzgitter/Commissione (Racc. pag. I-5843, punto 58).