Parole chiave
Massima

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1. Ricorso di annullamento — Atti impugnabili mediante ricorso — Nozione — Atti produttivi di effetti giuridici vincolanti — Lettera proveniente da un’istituzione

(Art. 230 CE)

2. Ricorso di annullamento — Ricorso diretto avverso una decisione confermativa di una decisione anteriore non impugnata entro i termini — Irricevibilità — Nozione di decisione confermativa — Decisione adottata in seguito a un riesame della decisione anteriore e in base a elementi nuovi — Esclusione

(Art. 230 CE)

3. Concorrenza — Ammende — Agevolazioni di pagamento — Sostituzione di un procedimento amministrativo di riesame delle modalità di pagamento di un’ammenda al procedimento sommario — Inammissibilità

Massima

1. Solo gli atti che producono effetti giuridici obbligatori idonei a incidere sugli interessi di chi li impugna, modificandone in misura rilevante la situazione giuridica, possono costituire oggetto di un ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 230 CE; per determinare se un atto produca tali effetti, occorre aver riguardo alla sua sostanza. A tale proposito, non è sufficiente che una lettera sia stata inviata da un’istituzione comunitaria al suo destinatario, in risposta a una domanda formulata da quest’ultimo, perché essa possa essere definita decisione ai sensi dell’art. 230 CE, rendendo così possibile l’esperimento del ricorso di annullamento.

(v. punti 39-40)

2. Un ricorso di annullamento diretto contro una decisione meramente confermativa di una precedente decisione divenuta definitiva è irricevibile. Un atto è considerato meramente confermativo di una decisione precedente qualora non contenga alcun elemento nuovo rispetto alla decisione precedente e non sia stato preceduto da un riesame della situazione del destinatario della decisione medesima.

Tuttavia, il carattere confermativo o meno di un atto non può essere valutato unicamente in funzione del suo contenuto rispetto a quello della precedente decisione di cui costituirebbe la conferma. Infatti, la natura dell’atto impugnato deve essere parimenti valutata in funzione della natura della domanda di cui tale atto costituisce la risposta. In particolare, se l’atto costituisce la risposta ad una domanda in cui vengono dedotti fatti nuovi e rilevanti e con cui l’amministrazione è invitata a procedere ad un riesame della precedente decisione, tale atto non può essere considerato di natura meramente confermativa, qualora si pronunci sui fatti medesimi e contenga, di conseguenza, un elemento nuovo rispetto alla decisione precedente. Infatti, l’esistenza di fatti nuovi e rilevanti può giustificare la presentazione di una domanda mirante al riesame di una precedente decisione divenuta definitiva.

L’istituzione interessata è tenuta a procedere al riesame di una decisione divenuta definitiva qualora la relativa domanda sia effettivamente basata su fatti nuovi e rilevanti, e il ricorso proposto avverso una decisione di diniego, in tali circostanze, di procedere al riesame dev’essere dichiarato ricevibile. Per contro, qualora la domanda di riesame non sia basata su fatti nuovi e rilevanti, il ricorso avverso la decisione di diniego di procedere al riesame richiesto sarà dichiarato irricevibile.

Tale ragionamento si applica anche all’ipotesi in cui l’istituzione, invece di rifiutare il riesame richiesto, abbia risposto alla domanda del ricorrente mediante l’atto impugnato, dichiarando però che tale risposta era priva di carattere decisionale dato che si limitava a confermare una decisione precedente, divenuta definitiva.

(v. punti 51-55)

3. Un procedimento amministrativo di riesame di una decisione della Commissione, concernente le modalità di pagamento di un’ammenda, non ha carattere simile né valore equivalente a quello di un procedimento d’urgenza. Infatti, mentre il giudice del procedimento sommario esaminerebbe sia l’urgenza sia il fumus boni iuris in relazione al ricorso principale diretto contro la decisione che fissa l’ammenda, la Commissione, nell’ambito del procedimento amministrativo di riesame, dovrebbe limitare la sua valutazione al problema dell’urgenza e alla situazione finanziaria del ricorrente. Ammettere la sostituzione di tale procedimento amministrativo al procedimento sommario equivarrebbe a consentire l’elusione delle disposizioni che disciplinano il procedimento giurisdizionale d’urgenza, che, appunto, non riguardano la valutazione dei soli aspetti finanziari della questione.

Quanto all’art. 7 delle «Disposizioni procedurali interne della Commissione relative alla riscossione delle ammende e delle penalità di mora ai sensi del trattato CEE», secondo cui il membro competente della Commissione è autorizzato a concedere dilazioni di pagamento, eventualmente frazionate, su domanda scritta del destinatario debitamente motivata, benché tale disposizione istituisca un procedimento amministrativo autonomo, quest’ultimo si inquadra nell’ambito della riscossione propriamente detta delle ammende fissate dalla Commissione. La tutela giurisdizionale appropriata relativa al rifiuto di concedere le agevolazioni di pagamento previste dal detto art. 7 deve avvenire pertanto nell’ambito di un procedimento sommario (art. 242 CE) ovvero di un procedimento volto ad ottenere la sospensione dell’esecuzione forzata (art. 256, quarto comma, CEE) della decisione che ha inflitto l’ammenda.

(v. punti 65, 67)