Causa T‑213/02

SNF SA

contro

Commissione delle Comunità europee

«Ricorso di annullamento — Direttiva 2002/34/CE — Restrizioni all’impiego delle poliacrilammidi nella composizione dei prodotti cosmetici — Persona individualmente interessata — Ricevibilità»

Ordinanza del Tribunale (Quinta Sezione) 6 settembre 2004  

Massime dell’ordinanza

1.     Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente — Atto normativo — Direttiva

(Art. 230, quarto comma, CE)

2.     Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente — Atto normativo — Ricorso proposto da un operatore economico che opera nel settore colpito e appartenente a una cerchia ristretta — Irricevibilità

(Art. 230, quarto comma, CE)

3.     Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente — Direttiva 2002/34 recante restrizioni nell’impiego delle poliacrilammidi nella composizione dei prodotti cosmetici — Ricorso proposto da un’impresa titolare di un brevetto depositato in uno Stato membro per la produzione di poliacrilammidi — Irricevibilità

(Art. 230, quarto comma, CE; direttiva della Commissione 2002/34/CE)

1.     Se è vero che l’art. 230, quarto comma, CE non riguarda espressamente la ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti da singoli avverso una direttiva, questa circostanza non è sufficiente di per sé a dichiarare irricevibili tali ricorsi. Inoltre, le istituzioni comunitarie non possono escludere, unicamente con la scelta della forma dell’atto di cui trattasi, la tutela giurisdizionale che tale disposizione del Trattato offre ai singoli. Peraltro, in talune circostanze, anche un atto normativo che si applica alla generalità degli operatori economici interessati può riguardare direttamente ed individualmente taluni di essi.

(v. punti 54-55)

2.     La possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l’identità dei soggetti ai quali si applica un atto normativo non implica affatto che tali soggetti vadano considerati toccati individualmente dalla detta misura, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, sempreché risulti evidente che la detta applicazione si effettua in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto in questione.

In tal senso, il solo fatto di essere interessato in quanto operatore economico attivo nel settore su cui una misura va ad incidere non è sufficiente affinché tale operatore sia considerato come individualizzato, in assenza, segnatamente, di un elemento addizionale, cioè l’esistenza di un nesso di causalità tra l’operatore in questione e l’intervento dell’istituzione che fa apparire che, adottando la misura controversa, l’istituzione ha determinato il trattamento da accordargli.

Ne consegue che, nell’ambito di un ricorso di annullamento di una direttiva che si applica a situazioni determinate obiettivamente e produce effetti giuridici rispetto a categorie di persone considerate in modo generale e astratto, poco importa che gli operatori di cui trattasi siano un numero esiguo, nei limiti in cui tale cerchia non sia chiusa al momento dell’adozione della direttiva impugnata, in quanto nulla nella direttiva permette di escludere che operatori economici che non erano ancora attivi prima della sua adozione decidano successivamente di impegnarsi nell’attività oggetto della stessa.

(v. punti 59-63)

3.     Non è ricevibile il ricorso proposto dal titolare di un brevetto depositato in uno Stato membro per la produzione di poliacrilammidi solide destinate all’industria cosmetica avverso la direttiva 2002/34, che adegua al progresso tecnico gli allegati II, III e VII della direttiva 77/768 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici, in quanto riduce l’impiego delle poliacrilammidi nella composizione dei prodotti cosmetici. Il ricorrente non dispone infatti di un diritto esclusivo alla produzione di un prodotto cosmetico come definito dall’art. 1 della direttiva 76/768 e, di conseguenza, non è interessato dalla direttiva impugnata nella sua qualità di titolare di diritti esclusivi, ma solo nella sua qualità di fabbricante di materie prime o di ingredienti utilizzati nella fabbricazione di prodotti cosmetici, allo stesso titolo di tutti gli altri operatori che fabbricano tali materie prime o ingredienti. Inoltre, i suoi diritti esclusivi sono sempre validi e lo sfruttamento di essi non è necessariamente limitato ai prodotti cosmetici, ma può potenzialmente applicarsi anche ai prodotti farmaceutici, veterinari e detergenti.

(v. punti 67, 69-70)




ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
6 settembre 2004(1)

«Ricorso di annullamento – Direttiva 2002/34/CE – Restrizioni all'impiego delle poliacrilammidi nella composizione dei prodotti cosmetici – Persona individualmente interessata – Ricevibilità»

Nel procedimento T-213/02,

SNF SA, con sede in Saint-Étienne (Francia), rappresentata dagli avv.ti  K. Van Maldegem e C. Mereu,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. X. Lewis, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento parziale della ventiseiesima direttiva della Commissione 15 aprile 2002, 2002/34/CE, che adegua al progresso tecnico gli allegati II, III e VII della direttiva 76/768/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici (GU L 102, p. 19), in quanto riduce l'impiego delle poliacrilammidi nella composizione dei prodotti cosmetici,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),



composto dalla sig.ra P. Lindh, presidente, dai sigg. R. García-Valdecasas e J.D. Cooke, giudici,

cancelliere: sig. H. Jung

ha emesso la seguente



Ordinanza




Contesto giuridico

1
La direttiva del Consiglio 27 luglio 1976, 76/768/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici (GU L 262, pag. 169), come da ultimo modificata, prima dell’adozione della direttiva che costituisce oggetto del presente ricorso, dalla direttiva della Commissione 19 giugno 2000, 2000/41/CE, che rinvia per la seconda volta il termine per il divieto della sperimentazione animale di ingredienti o miscele di ingredienti per prodotti cosmetici (GU L 145, pag. 25; in prosieguo: la «direttiva sui cosmetici»), prevede, segnatamente, che i prodotti cosmetici commercializzati all’interno della Comunità non debbano causare danni alla salute umana se applicati in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili, tenuto conto in particolare della presentazione del prodotto, dell’etichettatura, delle eventuali istruzioni per l’uso e l’eliminazione, nonché di qualsiasi altra indicazione o informazione da parte del fabbricante o del suo mandatario o di ogni altro responsabile della commercializzazione di questi prodotti sul mercato comunitario.

2
L’art. 4, n. 1, della direttiva sui cosmetici prevede quanto segue:

«Fatti salvi gli obblighi generali loro imposti dall’articolo 2, gli Stati membri vietano l’immissione in commercio dei prodotti cosmetici che contengono:

(…)

b )
sostanze elencate nella parte prima dell’allegato III oltre i limiti stabiliti e al di fuori delle condizioni indicate;

(…)».

3
L’art. 8 della direttiva sui cosmetici così dispone:

«1. Sono determinati secondo la procedura di cui all’articolo 10:

i metodi di analisi necessari per controllare la composizione dei prodotti cosmetici,

i criteri di purezza batteriologica e chimica dei prodotti cosmetici e i metodi di controllo di detti criteri.

2. Con la stessa procedura vengono adottate, se del caso, la nomenclatura comune degli ingredienti utilizzati nei prodotti cosmetici e, previa consultazione del comitato scientifico di cosmetologia, le modifiche necessarie per adeguare al progresso tecnico gli allegati».

4
L’art. 9 della direttiva sui cosmetici dispone quanto segue:

«1. È istituito un comitato per l’adeguamento al progresso tecnico delle direttive volte all’eliminazione degli ostacoli tecnici agli scambi nel settore dei prodotti cosmetici, in appresso denominato “comitato”, composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.

2. Il comitato stabilisce il suo regolamento interno».

5
L’art. 10 della direttiva sui cosmetici dispone:

«1. Nei casi in cui viene fatto riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il comitato viene investito della questione dal suo presidente, sia ad iniziativa di quest’ultimo, sia a richiesta del rappresentante di uno Stato membro.

2. Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere in merito a tale progetto nel termine che il presidente può stabilire in relazione all’urgenza dei problemi in causa (…)».

3. a)
La Commissione adotta le misure progettate, quando sono conformi al parere del comitato.

b)
Quando le misure progettate non sono conformi al parere formulato dal comitato o in mancanza di parere, la Commissione sottopone immediatamente al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.

c)
Se, al termine di un periodo di tre mesi dal momento in cui la proposta è pervenuta al Consiglio, quest’ultimo non ha deliberato, le misure in parola sono adottate dalla Commissione».

6
L’art. 13 della direttiva sui cosmetici così recita:

«Ogni atto individuale, adottato in applicazione della presente direttiva e comportante restrizioni o divieti dell’immissione nel mercato dei prodotti cosmetici, deve essere motivato circostanziatamente. Detto atto viene notificato all’interessato con l’indicazione dei mezzi di impugnazione previsti dalla legislazione vigente negli Stati membri e del termine entro cui i ricorsi possono essere presentati».

7
Il 15 aprile 2002 la Commissione ha adottato la ventiseiesima direttiva 2002/34/CE che adegua al progresso tecnico gli allegati II, III e VII della direttiva 76/768/CEE (GU L 102, pag. 19; in prosieguo: la «direttiva impugnata»), in applicazione dell’art. 8, n. 2, della direttiva sui cosmetici e previa consultazione del comitato scientifico per i prodotti cosmetici e i prodotti non alimentari destinati ai consumatori (in prosieguo: l’«SCCNFP»).

8
L’art. 1 della direttiva impugnata prevede che la direttiva sui cosmetici sia modificata conformemente all’allegato della direttiva impugnata. Tale allegato prevede, in particolare, l’inserimento di una referenza n. 66 nell’allegato III della direttiva sui cosmetici e fissa per le poliacrilammidi il tenore massimo residuo di acrilammide a 0,1 mg/kg nei prodotti per il trattamento del corpo non eliminati per risciacquo e a 0,5 mg/kg negli altri prodotti cosmetici.


Fatti all’origine della controversia

9
La ricorrente è uno dei principali produttori di acrilammide e di polimeri a base di acrilammide, come le poliacrilammidi, che essa vende in tutto il mondo. Sulla base della sua esperienza e del suo know‑how nel settore delle tecniche di analisi dei polimeri, essa ha sviluppato, sotto il marchio FLOCARE, una gamma di poliacrilammidi, polimeri specialmente concepiti per l’impiego nei cosmetici e nei prodotti per il trattamento del corpo.

10
Le poliacrilammidi sono utilizzate nei prodotti cosmetici a causa della loro attitudine a essere impiegati in molti modi diversi, come agenti condizionatori e materie costitutive delle pellicole, polimeri esfolianti, addensanti, emulsionanti e disperdenti per i prodotti per il trucco.

11
La ricorrente è membro del Polyacrilammide Producers Group (in prosieguo: il «PPG»), che è formato dai sette produttori di poliacrilammidi presenti all’interno della Comunità. Due tra questi produttori, tra cui la ricorrente, sono anche fabbricanti di acrilammide. Secondo i calcoli, il 99,9% dell’acrilammide all’interno della Comunità è utilizzato nella produzione delle poliacrilammidi.

12
L’SCCNFP ha posto le poliacrilammidi impiegate nei prodotti cosmetici all’ordine del giorno della sua riunione del 14 novembre 1997. A metà dell’anno 1998, l’Associazione europea di cosmetici, articoli da toelette e di profumeria (in prosieguo: la «Colipa»), un’associazione di settore che riunisce i fabbricanti di cosmetici (ma che non comprende i fabbricanti di materie prime come la ricorrente), ha ricevuto copia di una prima bozza di un parere dell’SCCNFP riguardante il rischio di cancro associato all’impiego delle poliacrilammidi nei cosmetici. Né il PPG né la ricorrente hanno ricevuto direttamente copia di tale documento. La conclusione proposta dall’SCCNFP era in particolare che l’impiego, nel corso di una vita intera, di cosmetici contenenti poliacrilammidi presentava un rischio addizionale troppo elevato di cancro, a causa della concentrazione residua di acrilammide. La Colipa ha indirizzato la bozza di parere al PPG.

13
Il 3 settembre 1998 la Colipa ha fornito una risposta comune del settore all’SCCNFP, una parte della quale era stata preparata dal PPG. Essa ha indicato, in tale risposta, che la bozza di opinione dell’SCCNFP doveva essere rivista alla luce di nuovi dati e del metodo attuale di valutazione dei rischi. L’SCCNFP, la Colipa e il PPG hanno avuto un abbondante scambio di corrispondenza. La Colipa e il PPG hanno assistito a riunioni con l’SCCNFP e hanno sottoposto a quest’ultimo numerose valutazioni dei rischi associati all’impiego delle poliacrilammidi nei cosmetici, prima dell’adozione della direttiva impugnata il 15 aprile 2002.


Procedimento e conclusioni delle parti

14
Con atto introduttivo, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 luglio 2002, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

15
Con atto separato depositato presso la cancelleria il 22 agosto 2002, la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’art. 114 del regolamento di procedura del Tribunale. La ricorrente ha depositato le proprie osservazioni su tale eccezione il 10 ottobre 2002.

16
Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale (Quinta Sezione) ha invitato la ricorrente, il 28 novembre 2002, a rispondere a talune questioni e, in particolare, a precisare la sua posizione in merito alla sua tesi secondo cui taluni brevetti di cui era titolare erano di fatto privati di efficacia dall’adozione della direttiva impugnata e a trasmettere al Tribunale copia di ciascuno di tali brevetti. Essa ha ottemperato a tale domanda entro il termine stabilito.

17
Nel suo ricorso e nelle sue osservazioni sull’eccezione di irricevibilità la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

dichiarare il ricorso ricevibile e fondato o, in subordine, unire l’eccezione di irricevibilità al merito;

annullare in parte la decisione impugnata;

condannare la Commissione alle spese.

18
La Commissione, nella sua eccezione di irricevibilità, chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto irricevibile;

condannare la ricorrente alle spese.


In diritto

Argomenti delle parti

19
La ricorrente afferma che il presente ricorso è ricevibile in base all’art. 230 CE dal momento che la direttiva controversa è un atto vincolante destinato a produrre effetti giuridici, di natura definitiva, che la riguardano direttamente ed individualmente. A titolo preliminare, essa chiede al Tribunale di esaminare il merito della presente controversia prima di pronunciarsi sulla ricevibilità o, a titolo subordinato, di sospendere qualsiasi decisione fino alla pronuncia di una sentenza nel procedimento principale. Essa afferma, in particolare, che la presente controversia riguarda un settore regolamentare estremamente complesso e che la sua situazione giuridica non potrebbe essere valutata indipendentemente dal merito. Essa sostiene che la presente controversia riguarda in particolare la coordinazione tra la direttiva del Consiglio 27 giugno 1967, 67/548/CEE, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura delle sostanze pericolose (GU P 196, pag. 1), e la direttiva sui cosmetici.

20
La ricorrente presenta cinque argomenti a sostegno della sua tesi.

21
In primo luogo, essa sostiene che, benché formulata in termini generali, la direttiva controversa riguarda esclusivamente i sette produttori di poliacrilammidi all’interno della Comunità che costituiscono il PPG. Tali società costituirebbero sia in fatto che in diritto una categoria chiusa di operatori economici, a causa di circostanze di fatto che le distinguerebbero da tutti gli altri operatori. Secondo la ricorrente, la stessa direttiva sui cosmetici li identificherebbe come «parti interessate» (v. art. 5 bis). Essa sottolinea che la presenza stessa delle poliacrilammidi sul mercato comunitario e nei prodotti cosmetici è interamente dovuta agli sforzi continui delle società membri del PPG. Essa indica che, se il PPG non avesse investito nel sostegno allo sviluppo delle poliacrialammidi e non avesse fornito alla Commissione dati in proposito, tale ingrediente non sarebbe mai stato venduto nel settore dei cosmetici e la direttiva impugnata molto probabilmente non sarebbe stata adottata.

22
La ricorrente considera che, poiché il know‑how tecnico e commerciale per produrre le poliacrilammidi è rilevante, non è possibile per società terze penetrare in tale mercato a breve termine. Essa aggiunge che introducendo limiti di concentrazione più severi per il tenore residuo di acrilammide dei prodotti cosmetici la direttiva controversa ha creato un ulteriore ostacolo di natura normativa per nuovi potenziali entranti.

23
La ricorrente considera che, con tali nuovi limiti di concentrazione, è tecnicamente impossibile produrre polveri solide di poliacrilammidi conformi ai nuovi valori limite per il tenore residuale in acrilammide, poiché la tecnologia attuale non permette di sopprimere tutti i residui di acrilammide contenuti nelle poliacrilammidi solide. Di conseguenza, il mercato delle poliacrilammidi solide per gli impieghi cosmetici sarebbe chiuso di diritto.

24
Inoltre, la ricorrente sostiene che le restrizioni contestate si applicano specificamente ai suoi prodotti. Essa asserisce che i suoi prodotti costituiscono la ragione e l’oggetto delle restrizioni contestate e che sono la causa dell’azione delle istituzioni in questa materia. Esisterebbe quindi un nesso causale tra la direttiva contestata e la situazione della ricorrente. Quest’ultima sarebbe l’unico imprenditore a produrre poliacrilammidi solide e a commercializzarle in forma di polvere per un impiego cosmetico. Gli altri operatori produrrebbero emulsioni liquide che non sarebbero toccate dai nuovi limiti di concentrazione per il tenore residuo di acrilammide. Di conseguenza, la direttiva impugnata danneggerebbe in modo particolare la ricorrente in quanto essa sarebbe l’unico operatore a produrre polveri solide di poliacrilammidi per l’industria cosmetica e a causa delle caratteristiche particolari del suo prodotto.

25
In secondo luogo, la ricorrente considera che la direttiva impugnata la riguarda individualmente in quanto incide negativamente su taluni diritti preesistenti specifici che essa detiene, il che la distinguerebbe dagli altri operatori economici.

26
A tale proposito essa sostiene che la direttiva impugnata certamente la priverà della tutela risultante dal suo brevetto in Francia a partire dal 2004, in quanto tale Stato membro non avrà a quel punto altra scelta che applicare le restrizioni alle poliacrilammidi stabilite nella direttiva impugnata, e ciò priverà di fatto il suo brevetto di qualsiasi valore. Essa afferma che il suo diritto di commercializzare a titolo esclusivo i prodotti che sono il risultato delle sue invenzioni è identico al diritto detenuto dalla ricorrente, in forza del suo marchio depositato, nella causa definita con la sentenza della Corte 18 maggio 1994, causa C‑309/89, Codorniu/Conseil (Racc. pag. I‑1853).

27
La ricorrente precisa che essa fabbrica prodotti di poliacrilammidi solide destinati all’industria cosmetica, utilizzando un procedimento speciale di fabbricazione, che è il frutto di lunghe ricerche e attività di sviluppo e di investimenti finanziari di grande entità. Il suo brevetto coprirebbe un procedimento tecnologico utilizzato per i cosmetici, in base al quale essa fabbrica polimeri addensanti solidi che modificano la viscosità e la struttura dei prodotti cosmetici, come gli sciampo e le creme, in modo tale da eliminare i solventi (oli minerali) e i tensioattivi (nonilfenoli e altri etossilati), la cui presenza sarebbe impossibile da eliminare nelle emulsioni prodotte dai suoi concorrenti che utilizzano la tecnologia tradizionale.

28
Nelle sue risposte ai quesiti posti dal Tribunale (v. punto 16 supra) la ricorrente ha precisato che essa si fondava nel caso di specie sulle due domande di brevetto n. 00 02664 (2805461) e 01 00963 (2819719) depositate, rispettivamente, il 28 febbraio 2000 e il 19 gennaio 2001. I brevetti in esame riguarderebbero sia i procedimenti che le composizioni cosmetiche.

29
La ricorrente sostiene che essa offre ai suoi clienti e agli utilizzatori finali prodotti che combinano due fattori importanti, e cioè uno stato solido e tenori residui più bassi di monomero acrilammide. Tali fattori sarebbero propri alla ricorrente e le assicurerebbero un vantaggio significativo sui suoi concorrenti. Orbene, la direttiva impugnata la priverebbe dello sfruttamento del suo procedimento di fabbricazione brevettato per le applicazioni cosmetiche, poiché la sua tecnologia brevettata non permetterebbe di rispondere ai nuovi valori di concentrazione fissati nella direttiva impugnata per il tenore residuo di acrilammide nei prodotti cosmetici.

30
La ricorrente contesta l’affermazione della Commissione secondo cui il suo brevetto copre altri possibili impieghi nei settori dell’industria farmaceutica e veterinaria. Essa sostiene che è prassi normale, al momento del deposito di una domanda di brevetto, indicare il maggior numero di impieghi possibili per antipicare futuri possibili mercati, anche se i prodotti non sono effettivamente pronti ad essere commercializzati per tutti questi impieghi. Nel caso di specie, il brevetto della ricorrente sarebbe pronto solo per gli impieghi cosmetici. Inoltre, non potrebbe riguardare contemporaneamente gli impieghi cosmetici e farmaceutici, a causa di limiti normativi.

31
La ricorrente aggiunge che la tutela dei suoi diritti è un principio superiore di diritto, che dev’essere rispettato in qualsiasi situazione in cui i diritti e le libertà individuali sono in questione. Tale principio deriverebbe dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

32
In terzo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato i diritti procedurali che le sono conferiti dall’art. 13 della direttiva sui cosmetici. Secondo la ricorrente, tale articolo prevede, in particolare, che «ogni parte interessata» riceva notifica di qualsiasi misura restrittiva adottata in forza di tale direttiva e sia informata dei possibili mezzi di impugnazione. Essa fa osservare, più specificamente, che tale articolo non effettua alcuna distinzione tra gli atti adottati dalla Commissione per limitare l’impiego di sostanze chimiche nei prodotti cosmetici e le misure adottate dagli Stati membri al fine di assicurare che i prodotti cosmetici finali siano conformi a tali restrizioni sul loro territorio nazionale. Essa ritiene che la Commissione avesse quindi l’obbligo di notificarle qualsiasi restrizione all’impiego delle poliacrilammidi nei prodotti cosmetici.

33
A tale proposito la ricorrente contesta l’interpretazione data dalla Commissione della direttiva sui cosmetici. Essa obietta che, nell’ambito di applicazione di tale direttiva, la Commissione non beneficia dell’ampio margine di valutazione discrezionale che abitualmente le viene riconosciuto, poiché essa deve consultare esperti dell’industria e i comitati scientifici competenti e può adottare solo le misure di adattamento approvate dal comitato ad hoc. Secondo la ricorrente, questo è chiaramente l’effetto delle regole di procedura stabilite agli artt. 10 e 13 della direttiva sui cosmetici. La tutela specifica offerta da tali articoli alle imprese interessate le distinguerebbe ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

34
Per quanto riguarda il riferimento effettuato dalla Commissione alla sentenza del Tribunale 16 luglio 1998, causa T‑199/96, Bergarderm e Goupil/Commissione (Racc. pag. II‑2805, punto 58), la ricorrente afferma che il Tribunale ha espressamente riconosciuto l’esistenza di una procedura fondata sul principio del contraddittorio. Essa rileva che il Tribunale distingue tra le procedure «amministrative» e le procedure «legislative» che portano all’adozione di una misura comunitaria e ammette che le persone che hanno un interesse diretto in merito all’esito della procedura amministrativa e/o che hanno partecipato alla procedura amministrativa che porta all’adozione di una misura comunitaria beneficiano di diritti procedurali rispetto a tale misura. Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che essa riceve diritti specifici dalla direttiva impugnata, poiché essa ha partecipato alla procedura amministrativa presentando dati scientifici e fornendo i suoi commenti nel corso di tutta la procedura di adozione. Orbene, la Commissione avrebbe valutato il prodotto della ricorrente senza tener conto dei dati presentati da quest’ultima nel corso della procedura amministrativa che ha portato all’adozione della proposta della Commissione. In tal modo, la Commissione avrebbe adottato la direttiva controversa senza rispettare la procedura e contro l’acquis comunitario in materia di poliacrilammidi.

35
La ricorrente sostiene che, in ogni caso, anche se il Tribunale accogliesse la tesi della Commissione secondo cui l’art. 13 della direttiva sui cosmetici non gli attribuisce alcun diritto procedurale in quanto la misura controversa è stata adottata in applicazione dell’art. 8, n. 2, della stessa direttiva, quest’ultima disposizione instaura anch’essa una procedura amministrativa nell’ambito della quale essa gode dei diritti fondamentali della difesa. Essa rileva, in particolare, che tale disposizione prevede che le modifiche dirette ad adeguare gli allegati di tale direttiva al progresso tecnico siano adottate previa consultazione dell’SCCNFP.

36
In quarto luogo, la ricorrente, riferendosi alla sentenza della Corte 16 maggio 1991, causa C‑358/89, Extramet Industrie/Consiglio (Racc. pag. I‑2501), afferma che gli effetti della direttiva impugnata sulla sua situazione sono idonei a distinguerla da tutti gli altri agenti economici, persino all’interno del PG, a causa di talune caratteristiche che gli sono proprie. A tale proposito essa sostiene di far parte del piccolo numero di società all’interno del PPG che fabbricano sia acrilammide sia poliacrilammidi. Gli effetti della direttiva impugnata sulla sua situazione sarebbero tali che essa la riguarderebbe allo stesso modo in cui riguarderebbe un destinatario, in quanto tutta la sua attività di produzione di acrilammide sarebbe messa in pericolo a causa dell’adozione di quest’ultima. Nel corso degli anni, la ricorrente avrebbe sviluppato una «nicchia di mercato» utilizzando il suo procedimento di fabbricazione unico e altamente tecnologico delle poliacrilammidi. Pertanto la sua posizione sarebbe particolare e sarebbe diversa da quella di concorrenti operanti sul mercato tradizionale degli emulsionanti. La direttiva impugnata avrebbe quindi un impatto economico particolare per la ricorrente poiché essa sarebbe costretta ad abbandonare le sue attività nel settore dei cosmetici nonché tutti i suoi investimenti finanziari e i suoi diritti di proprietà intellettuale.

37
La ricorrente sostiene altresì di non disporre di alcun ricorso dinanzi ad un altro organo giurisdizionale, amministrativo o governativo all’interno della Comunità. Essa aggiunge che non sarà direttamente ed individualmente interessata dai provvedimenti di trasposizione della direttiva controversa adottati dagli Stati membri.

38
In quinto luogo, la ricorrente adduce l’evoluzione recente della giurisprudenza relativa all’applicazione dell’art. 230, quarto comma, CE, risultante dalla sentenza del Tribunale 3 maggio 2002, causa T‑177/01, Jégo‑Quéré/Commissione (Racc. pag. II‑2365), e dalle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs presentante nella causa definita con sentenza della Corte 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio (Racc. pag. I‑6677, in particolare pag. I‑6681).

39
La Commissione contesta gli argomenti relativi alla ricevibilità del presente ricorso presentati dalla ricorrente. Essa considera che il Tribunale può statuire sulla ricevibilità del presente ricorso indipendentemente dal merito e che, contrariamente a quanto asserisce la ricorrente, non esiste un nesso tra le questioni relative ai dati scientifici presentati in forza della direttiva n. 67/548 e la situazione della ricorrente con riferimento alla direttiva sui cosmetici.

40
In primo luogo, la Commissione ritiene che la ricorrente non appartenga a un gruppo chiuso di produttori di acrilammide. Essa fa osservare che la ricorrente non chiarisce le ragioni per cui produttori diversi dai sette produttori di poliacrilammidi presenti nella Comunità sarebbero esclusi da tale mercato e non potrebbero entrare in concorrenza con i produttori esistenti.

41
Essa ritiene che l’art. 5 bis della direttiva sui cosmetici non abbia lo scopo di chiudere il gruppo dei produttori di ingredienti cosmetici. Tale disposizione obbligherebbe la Commissione a stabilire a titolo indicativo una lista degli ingredienti, ma non dei fabbricanti di ingredienti.

42
In secondo luogo, la Commissione sostiene che le domande di brevetto non distinguono la ricorrente e non la pongono in una situazione simile o analoga a quella della ricorrente nella causa definita con la sentenza Codorniu/Consiglio, citata supra.

43
Secondo la Commissione, la ricorrente non spiega in che modo la direttiva impugnata renda invalidi i brevetti o renda inefficace la tutela che possono offrire. Essa rileva che la direttiva impugnata fissa i tenori residuali massimi in acrilammide dei prodotti cosmetici finiti, che l’impiego di acrilammide non è vietato e che la ricorrente non ha indicato qual era il tenore residuo effettivo in acrilammide dei suoi prodotti brevettati prima dell’adozione della direttiva impugnata. L’esame delle domande di brevetto non rivelerebbe alcun dato riguardante le quantità di residui di acrilammide nei prodotti che tutelano. Di conseguenza, la ricorrente non proverebbe che l’applicazione di nuovi limiti per i prodotti cosmetici finiti andrebbe ad incidere effettivamente sulle composizioni chimiche coperte dalle domande di brevetto.

44
La Commissione si riferisce alla domande di brevetto nn. 00 02664 (2805461) e 01 00963 (2819719) del 28 febbraio e 19 gennaio 2001. Essa rileva che la seconda domanda riguarda prodotti che non si limitano ai cosmetici, ma concerne anche i prodotti farmaceutici, veterinari e detergenti, che non sarebbero affatto compresi nella direttiva impugnata. Essa rileva altresì che la prima domanda di brevetto riguarda l’impiego di «uno o più» monomeri non ionici, tra cui l’acrilammide. Essa aggiunge che il modo in cui i prodotti sono indicati sulla lista sembra suggerire che essi sono sostituibili gli uni agli altri. In tal caso, il brevetto richiesto il 28 febbraio 2000 non perderebbe nulla del suo valore o della sua efficacità, anche se le acrilammidi fossero assolutamente vietate.

45
Per quanto riguarda la situazione della ricorrente nella causa definita con la sentenza Codorniu/Consiglio, citata, la Commissione osserva che, in tale causa, la disposizione contestata riserverebbe l’impiego della menzione «crémant» a vini spumanti di qualità prodotti in condizioni particolari in Francia e in Lussemburgo. La Codorniu, un produttore spagnolo, avrebbe registrato il marchio grafico Gran Crémant de Codorniu in Spagna nel 1924 e avrebbe utilizzato tradizionalmente questo marchio sia prima che dopo tale registrazione. Riservando il diritto di utilizzare la menzione «crémant» ai soli produttori francesi e lussemburghesi, la disposizione controversa avrebbe impedito alla Codorniu di utilizzare il suo marchio. La Commissione ritiene che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente (v., in particolare, punti 26‑28 supra), i brevetti richiesti non le danno «diritti specifici di commercializzare dei poliacrilammidi in quanto ingredienti di prodotti cosmetici», ma le attribuiscono esclusivamente il diritto di impedire ad altri fabbricanti di vendere preparati chimici analoghi.

46
In terzo luogo, la Commissione ritiene che i diritti procedurali della ricorrente non siano stati violati con l’adozione della direttiva impugnata. Essa rileva che tale direttiva è stata adottata non in applicazione dell’art. 13 della direttiva sui cosmetici, ma in applicazione dell’art. 8, n. 2, di quest’ultima direttiva. Orbene, le imprese individuali e le associazioni di imprese non svolgerebbero alcun ruolo nella procedura prevista da quest’ultima disposizione; esse non darebbero inizio alla procedura e non sarebbero consultate durante il suo svolgimento.

47
La Commissione sostiene che il Tribunale ha chiaramente stabilito, nella sua sentenza Bergaderm e Goupil/Commissione, citata (punto 59), che la procedura prevista all’art. 8, n. 2, della direttiva sui cosmetici è una procedura che conduce all’adozione di un atto normativo. Orbene, l’adozione di un atto normativo non richiederebbe di garantire i diritti della difesa, salvo disposizioni espresse in tal senso, e la direttiva sui cosmetici non conterrebbe tali disposizioni.

48
In quarto luogo, la Commissione considera che la ricorrente non ha spiegato in che cosa il fatto di essere «uno dei rari» produttori di acrilammide e di poliacrilammidi differenzi la sua situazione da quella degli altri produttori. Essa sostiene che la sola circostanza che la direttiva impugnata influisca sull’attività della ricorrente nel settore dell’acrilammide è insufficiente per accordarle di diritto di cercare di ottenerne l’annullamento.

49
Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente esposto supra al punto 37, la Commissione fa osservare che è difficile conciliare, da un lato, l’affermazione della ricorrente secondo cui la direttiva impugnata produce effetti precisi, incondizionati e non modificabili, privando gli Stati membri di qualsiasi margine di valutazione discrezionale nella sua applicazione, e, dall’altro, quella secondo cui essa non sarebbe direttamente interessata da un provvedimento nazionale di esecuzione. Essa sostiene che, se la direttiva impugnata riguarda direttamente la ricorrente, i provvedimenti nazionali di esecuzione la riguardano anch’essi, poiché rispecchiano la direttiva.

50
In quinto luogo, la Commissione fa valere che le recenti innovazioni apportate in materia di ricevibilità dal Tribunale nella sua sentenza Jégo-Quéré/Commissione, citata, e dalle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs presentate nella causa definita con sentenza Unión Pequeños Agricultores/Consiglio, citata, non sono di alcuna utilità per la ricorrente. Essa aggiunge che, in quest’ultima sentenza, la Corte ha chiaramente confermato la giurisprudenza tradizionale in materia di ricevibilità. In ogni caso, nella fattispecie, la ricorrente non chiederebbe l’annullamento di un regolamento come nelle due cause summenzionate, ma quello di una direttiva. Orbene, una direttiva, a differenza di un regolamento, dovrebbe essere attuata dagli Stati membri che ne sono destinatari.

Giudizio del Tribunale

51
In forza dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura, se una parte ne fa richiesta, il Tribunale può pronunciarsi sull’irricevibilità senza impegnare la discussione sul merito. In conformità del n. 3 dello stesso articolo, il seguito del procedimento è orale, salvo decisione contraria del Tribunale. Il Tribunale (Quinta Sezione) considera, nella fattispecie, di essere sufficientemente informato attraverso gli atti del fascicolo e che non occorre avviare la fase orale. Inoltre, valuta che non è necessario unire l’eccezione di irricevibilità al merito.

52
Ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, «[q]qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre (…) un ricorso contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardino direttamente ed individualmente».

53
Nella fattispecie, si tratta di valutare la ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da una persona giuridica ai sensi di tale disposizione contro talune disposizioni di una direttiva adottata dalla Commissione in applicazione dell’art. 8, n. 2, della direttiva sui cosmetici.

54
Se è vero che l’art. 230, quarto comma, CE non riguarda espressamente la ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti da singoli avverso una direttiva, emerge comunque dalla giurisprudenza della Corte che questa circostanza non è sufficiente di per sé a dichiarare irricevibili tali ricorsi (sentenza del Tribunale 17 giugno 1998, causa T‑135/96, UEAPME/Consiglio, Racc. pag. II‑2335, punto 63; ordinanza del Tribunale 10 settembre 2002, causa T‑233/01, Japan Tobacco et JT International/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. II‑3259, punto 28). Inoltre, le istituzioni comunitarie non possono escludere, unicamente con la scelta della forma dell’atto di cui trattasi, la tutela giurisdizionale che tale disposizione del Trattato offre ai singoli (ordinanze del Tribunale 14 gennaio 2002, causa T‑84/01, Association contre l’heure d’été/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. II‑99, punto 23, e Japan Tabacco e JT International/Parlamento e Consiglio, cit., punto 28).

55
Peraltro, in talune circostanze, anche un atto normativo che si applica alla generalità degli operatori economici interessati può riguardare direttamente ed individualmente taluni di essi (sentenza della Corte 17 gennaio 1985, causa 11/82, Piraiki-Patraiki e a./Commissione, Racc. pag. 207, punti 11-32, e sentenza del Tribunale 27 giugno 2000, cause riunite T‑172/98, da T‑175/98 a T‑177/98, Salamander e a./Parlamento e Consiglio, pag. II‑2487, punto 30).

56
A tale proposito occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, un soggetto diverso dal destinatario di una decisione non può sostenere di essere individualmente interessato, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, salvo che questa decisione non lo riguardi a motivo di determinate qualità personali ovvero di particolari circostanze atte a distinguerlo da qualsiasi altro soggetto e, per questo, ad individuarlo in maniera analoga a quella del destinatario (v., in particolare, sentenza della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 197, in particolare pag. 220; sentenza UEAPME/Consiglio, cit., punto 69, e ordinanza Association contre l’heure d’été/Parlamento e Consiglio, cit., punto 24).

57
Tale condizione di ricevibilità del ricorso proposto da una persona fisica o giuridica è stata ancora di recente ricordata dalla Corte nelle sue sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, citata (punto 36), e 1° aprile 2004, causa C‑263/02 P, Commissione/Jégo-Quéré (Racc. pag. I‑3425, punto 45).

58
La ricorrente sostiene, in primo luogo, che essa è individualmente interessata dalla direttiva impugnata in quanto appartiene a un gruppo ristretto di operatori a cui quest’ultima si rivolge.

59
A tale proposito occorre rilevare che la possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o anche l’identità dei soggetti ai quali si applica una misura non implica affatto che tali soggetti vadano considerati toccati individualmente dalla detta misura, sempreché risulti evidente che la detta applicazione si effettua in virtù di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto in questione (sentenze della Corte 15 giugno 1993, causa C‑ 213/91, Abertal e a./Commissione, Racc. pag. I‑3177, punto 17, e 15 febbraio 1996, causa C‑209/94 P, Buralux e a./Consiglio, Racc. pag. I‑615, punto 24).

60
Dalla giurisprudenza risulta altresì che il solo fatto di essere interessato in quanto operatore economico attivo nel settore su cui una misura va ad incidere non è sufficiente affinché tale operatore sia considerato come individualizzato ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE (v., in tal senso, sentenza Piraiki-Patraiki e a./Commissione, cit., punto 14, e ordinanze della Corte 21 giugno 1993, causa C‑276/93, Chiquita Banana e a./Consiglio, Racc. pag. I‑3345, punto 12, e 23 novembre 1995, causa C‑10/95 P, Asocarne/Consiglio, Racc. pag. I‑4149, punto 42). Infatti, tale giurisprudenza si spiega con la presenza in tale causa di un elemento addizionale, cioè l’esistenza di un nesso di causalità tra l’operatore in questione e l’intervento dell’istituzione che fa apparire che, adottando la misura controversa, l’istituzione ha determinato il trattamento da accordare all’operatore (v., in tal senso, sentenze della Corte 13 maggio 1971, cause riunite 41/70‑44/70, International Fruit Company e a./Commissione, Racc. pag. 411, punto 20, e 6 novembre 1990, causa C‑354/87, Weddel/Commissione, Racc. pag. I‑3847, punto 22). Orbene, tale condizione non è soddisfatta nelle circostanze di cui al caso di specie.

61
Infatti la direttiva impugnata modifica la direttiva sui cosmetici includendo in particolare le poliacrilammidi nella lista delle sostanze che i prodotti cosmetici non possono contenere oltre ai limiti e al di fuori delle condizioni indicate all’allegato III della direttiva sui cosmetici e fissando per le poliacrilammidi un tenore residuo massimo in acrilammide di 0,1 mg/kg per i prodotti per il trattamento del corpo non eliminati per risciacquo e di 0,5 mg/kg per gli altri prodotti cosmetici. Ne consegue che la direttiva impugnata si applica a situazioni determinate obiettivamente e produce effetti giuridici rispetto a categorie di persone considerate in modo generale e astratto, cioè, in particolare, a tutti i produttori di cosmetici.

62
È evidente che le disposizioni in esame riguardano la ricorrente soltanto nella sua qualità obiettiva di operatore economico nel settore della fabbricazione delle poliacrilammidi, e ciò alla stessa stregua di ogni altro operatore economico che si trovi in una posizione identica. Orbene, come risulta dalla giurisprudenza citata supra ai punti 59 e 60, questa sola qualità non basta a provare che la ricorrente è interessata in modo individuale da tali disposizioni. A tale riguardo è di scarsa importanza che le poliacrilammidi siano fabbricate nella Comunità solo da sette imprese e che, secondo la ricorrente, essa sia l’unico imprenditore a produrre poliacrilammidi solide e a commercializzarle sotto forma di polvere per un impiego cosmetico.

63
In ogni caso, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, il gruppo dei fabbricanti di poliacrilammidi non era chiuso al momento dell’adozione della direttiva impugnata, in quanto nulla in tale direttiva permette di escludere che operatori economici che non erano ancora attivi nella fabbricazione delle poliacrilammidi prima della sua adozione decidano successivamente di impegnarsi in tale attività.

64
In secondo luogo, la ricorrente ritiene che la direttiva impugnata la riguardi individualmente in quanto influisce negativamente sui diritti risultanti dai brevetti che detiene, il che la distinguerebbe dagli altri operatori economici. Essa afferma che la direttiva impugnata la priverà dei suoi diritti risultanti dalle due domande di brevetto summenzionate, ponendola in tal modo in una posizione analoga a quella della ricorrente nella causa definita con la citata sentenza Codorniu/Consiglio.

65
Anche se ai fini dell’esame del presente argomento è ammesso che la ricorrente detiene diritti esclusivi risultanti dai brevetti in esame, il Tribunale giudica che la sua posizione è materialmente diversa da quella della ricorrente nella causa definita con la citata sentenza Codorniu/Consiglio.

66
Occorre ricordare che tale causa riguardava una società spagnola, la Codorniu, che elaborava e commercializzava vini spumanti e che era titolare del marchio grafico spagnolo Gran Crémant de Codorniu, marchio che utilizzava dal 1924 per indicare uno dei suoi vini spumanti. Essa aveva utilizzato tale marchio sia prima che dopo tale registrazione. La Corte ha dichiarato, nella sua sentenza, che la disposizione controversa, riservando il diritto di utilizzare la menzione «crémant» ai solo produttori francesi e lussemburghesi aveva prodotto il risultato di impedire alla Codorniu di utilizzare il suo marchio grafico.

67
Orbene, nel caso di specie, la ricorrente non dispone di un diritto esclusivo alla produzione di un «prodotto cosmetico» come definito dall’art. 1 della direttiva sui cosmetici. Infatti, dagli argomenti della stessa ricorrente risulta che essa fabbrica poliacrilammidi solidi per fornirli successivamente ai produttori di cosmetici in quanto materie prime o ingredienti per la fabbricazione dei cosmetici.

68
Il Tribunale giudica che, contrariamente alla disposizione controversa di cui si trattava nella citata sentenza Codorniu/Consiglio, la direttiva impugnata non ha l’effetto di impedire l’impiego dei diritti esclusivi della ricorrente o di privarla dei suoi diritti. L’effetto della direttiva impugnata è di limitare l’impiego delle poliacrilammidi nei prodotti cosmetici. Se è vero che i procedimenti e le composizioni brevettate dalla ricorrente, nell’ipotesi in cui essi non permetterebbero di soddisfare le condizioni stabilite dalla direttiva impugnata, potrebbero essere più difficili da commercializzare, o persino diventare invendibili ai clienti esistenti della ricorrente, tale circostanza è solo una conseguenza indiretta della direttiva impugnata.

69
In realtà, la ricorrente non è interessata dalla direttiva impugnata nella sua qualità di titolare di diritti esclusivi, ma solo nella sua qualità di fabbricante di materie prime o di ingredienti utilizzati nella fabbricazione di prodotti cosmetici, allo stesso titolo di tutti gli altri operatori che fabbricano tali materie prime o ingredienti. Inoltre occorre osservare che il diritto esclusivo di un titolare di brevetto riserva all’inventore il monopolio di sfruttamento del prodotto o procedimento e gli consente di ottenere la ricompensa per il suo sforzo creativo, senza tuttavia garantirgliela in qualsiasi circostanza (v., per analogia, sentenza della Corte 5 dicembre 1996, cause riunite C‑267/95 e C‑268/95, Merck e Beecham, Racc. pag. I‑6285, punto 31).

70
Inoltre, come giustamente sostiene la Commissione, i diritti esclusivi della ricorrente sono sempre validi e lo sfruttamento di essi non è necessariamente limitato ai prodotti cosmetici, ma può potenzialmente applicarsi anche ai prodotti farmaceutici, veterinari e detergenti. Anche se la ricorrente attualmente non fabbrica tali prodotti, non si può escludere tale possibilità per il futuro.

71
Pertanto, occorre considerare che l’esistenza di una simile possibilità mette in evidenza la differenza tra la situazione della ricorrente nella fattispecie e quella della ricorrente nella causa definita con la citata sentenza Codorniu/Consiglio, in cui l’effetto della disposizione controversa era di rendere immediatamente e definitivamente illegittimo l’impiego da parte della ricorrente del suo marchio nel commercio.

72
In terzo luogo, la ricorrente fa valere che i suoi diritti procedurali in quanto «parte interessata», acquisiti ai sensi dell’art. 13 della direttiva sui cosmetici, sono stati violati dall’adozione della direttiva impugnata e che essa la riguarda individualmente in un modo che la distingue da altri operatori economici.

73
Il Tribunale giudica che tale argomento è erroneo. Occorre infatti rilevare che risulta chiaramente dal secondo ‘visto’ della direttiva impugnata che essa ha come fondamento giuridico l’art. 8, n. 2, della direttiva sui cosmetici e non l’art. 13 di tale direttiva. Infatti, l’art.13 della direttiva sui cosmetici riguarda atti individuali, adottati in applicazione di tale direttiva, che limitano o vietano la commercializzazione dei cosmetici. Tale disposizione impone di motivare in modo preciso tali atti e di notificarli all’«interessato» con l’indicazione dei mezzi di impugnazione previsti dalla legislazione vigente negli Stati membri e del termine entro cui i ricorsi possono essere presentati.

74
Orbene, la direttiva impugnata non è un atto individuale che limita o vieta la commercializzazione dei prodotti cosmetici, ma un atto di portata generale adottato dalla Commissione in applicazione dell’art. 8, n. 2, della direttiva sui cosmetici per adeguare, in particolare, l’allegato III di quest’ultima direttiva al progresso tecnico. L’art. 8, n. 2, della direttiva sui prodotti cosmetici non attribuisce alcun diritto procedurale alla ricorrente. Ne consegue che con l’adozione della direttiva impugnata non è stato violato alcun diritto procedurale.

75
Per di più la consultazione dell’SCCNFP prevista all’art. 8, n. 2, della direttiva sui cosmetici non trasforma la procedura che porta all’adozione dell’atto normativo in questione in una procedura amministrativa come sostiene la ricorrente e non fa sorgere in capo ad essa un diritto di essere sentita dalla Commissione nel corso di tale procedura, il che potrebbe eventualmente caratterizzarla rispetto a qualsiasi terzo.

76
In quarto luogo, la ricorrente, invocando per analogia la sentenza Extramet Industrie/Consiglio, citata, sostiene che gli effetti della direttiva impugnata sulla sua situazione sono tali da distinguerla di tutti gli altri agenti economici a causa di talune caratteristiche che le sono proprie. A tale proposito la ricorrente fa osservare che essa fa parte del ristretto numero di società all’interno del PPG che fabbricano sia l’acrilammide sia poliacrilammidi e che la direttiva impugnata ha un impatto economico speciale per quanto la riguarda, dal momento che essa sarebbe costretta ad abbandonare le sue attività nel settore dei cosmetici nonché tutti i suoi investimenti finanziari e i suoi diritti di proprietà intellettuale.

77
Il Tribunale giudica che tale argomento non può essere accolto. Dalla sentenza Extramet Industrie/Consiglio risulta che un’impresa non è interessata individualmente da una disposizione regolamentare per il solo fatto che tale disposizione colpisce la sua attività economica. La situazione considerata da tale sentenza configurava un complesso di circostanze particolari che non ricorrono nel caso di specie e la ricorrente non ha dimostrato di trovarsi in una situazione analoga a quella in cui versava la società Extramet Industrie SA nel mercato del calcio metallico. La Corte ha giudicato in tale sentenza (punto 17) che dev’essere considerato individualmente interessato l’operatore che, riunendo le qualità di principale importatore e di utilizzatore finale del prodotto oggetto della misura antidumping in esame, provi, per giunta, che le sue attività economiche dipendono in larghissima misura dalle suddette importazioni e subiscono gravi ripercussioni in conseguenza del controverso regolamento, tenuto conto del ristretto numero di fabbricanti del prodotto considerato nonché della circostanza che essa incontra difficoltà a rifornirsi presso l’unico produttore comunitario, il quale è per giunta il suo principale concorrente per il prodotto finito. La Corte ha giudicato che tale insieme di elementi era costitutivo di una situazione particolare che distingueva la società Extramet Industrie, rispetto al provvedimento in esame, da qualsiasi altro operatore economico. Orbene, tali elementi non ricorrono nel caso di specie.

78
In quinto luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente vertente sulla recente evoluzione della recente giurisprudenza in merito all’art. 230, quarto comma, CE risultante dalla sentenza Jégo‑Quéré/Commissione, citata, e dalle conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa definita con sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, citata, è sufficiente constatare che la Corte, nelle sentenze Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, citata (punto 36), e Commissione/Jégo‑Quéré, citata (punti 37, 38 e 45), ha confermato la sua giurisprudenza costante in materia.

79
Occorre quindi concludere che la ricorrente non ha provato di essere individualmente interessata dalla direttiva impugnata.

80
Ne consegue che il ricorso è irricevibile e deve, pertanto, essere respinto, senza che sia necessario esaminare se la ricorrente sia direttamente interessata dalla direttiva impugnata.


Sulle spese

81
A norma dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente è rimasta soccombente e pertanto, in conformità delle conclusioni della convenuta, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla convenuta.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

così provvede:

1)
Il ricorso è respinto in quanto irricevibile.

2)
La ricorrente sopporterà le proprie spese e quelle della convenuta.

Lussemburgo, 6 settembre 2004

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

P. Lindh


1
Lingua processuale: l'inglese.