Causa C-464/02

Commissione delle Comunità europee

contro

Regno di Danimarca

«Inadempimento di uno Stato — Libera circolazione dei lavoratori — Veicoli stradali a motore — Veicolo messo a disposizione del lavoratore dal datore di lavoro — Veicolo immatricolato nello Stato membro del datore di lavoro — Lavoratore residente in un altro Stato membro — Tassazione del veicolo»

Conclusioni dell’avvocato generale F.G. Jacobs, presentate il 20 gennaio 2005 

Sentenza della Corte (Prima Sezione) 15 settembre 2005 

Massime della sentenza

1.     Libera circolazione delle persone — Lavoratori — Disposizioni del Trattato — Ambito di applicazione — Regolamentazione relativa alle condizioni di esercizio di un’attività — Inclusione

(Art. 39 CE)

2.     Libera circolazione delle persone — Lavoratori — Restrizioni — Lavoratori residenti sul territorio nazionale e che svolgono un impiego in un altro Stato membro — Divieto di utilizzare un veicolo posto a disposizione dal datore di lavoro e immatricolato nello Stato membro di stabilimento di quest’ultimo — Inammissibilità — Autorizzazione a utilizzare tale veicolo subordinata al carattere principale del detto impiego e al pagamento di una tassa — Inammissibilità

(Art. 39 CE)

1.     Una normativa riguardante le condizioni di esercizio di un’attività economica può costituire un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori.

Infatti, le disposizioni che impediscono ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il paese d’origine per esercitare il proprio diritto di libera circolazione, o che lo dissuadono dal farlo, costituiscono ostacoli frapposti a tale libertà anche se si applicano indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati qualora esse condizionino l’accesso dei lavoratori al mercato del lavoro. Orbene, le modalità di esercizio di un’attività possono condizionare anche l’accesso a detta attività.

(v. punti 35-37)

2.     Non adempie gli obblighi impostigli dall’art. 39 CE uno Stato membro

– che non consente ai lavoratori che risiedono sul suo territorio e che svolgono, in un altro Stato membro, un impiego non costituente la loro attività principale di utilizzare, per scopi professionali e privati, un veicolo aziendale immatricolato nel detto altro Stato membro dove è stabilita l’impresa del loro datore di lavoro, e

– che non consente ai lavoratori che risiedono sul suo territorio e che occupano un impiego in un altro Stato membro di utilizzare, per scopi tanto professionali quanto professionali e privati, un veicolo aziendale immatricolato in tale altro Stato membro dove il loro datore di lavoro ha la propria sede sociale o il proprio stabilimento principale – veicolo non destinato ad essere essenzialmente utilizzato sul territorio nazionale in via permanente, né di fatto utilizzato in tal modo – se non a condizione che l’impiego svolto presso tale datore di lavoro costituisca l’attività principale dei lavoratori stessi e che venga a tal fine versata una tassa.

(v. punto 85, dispositivo 1)




SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

15 settembre 2005 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Libera circolazione dei lavoratori – Veicoli stradali a motore – Veicolo messo a disposizione del lavoratore dal datore di lavoro – Veicolo immatricolato nello Stato membro del datore di lavoro – Lavoratore residente in un altro Stato membro – Tassazione del veicolo»

Nella causa C‑464/02,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 23 dicembre 2002,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. N.B. Rasmussen e D. Martin, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno di Danimarca, rappresentato dal sig. J. Molde, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuto,

sostenuto da

Repubblica di Finlandia, rappresentata dalla sig.ra T. Pynnä, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dalla sig.ra N. Colneric (relatore) e dai sigg. K. Schiemann, E. Juhász e E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig. F.G. Jacobs

cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 novembre 2004,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 gennaio 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede che la Corte voglia constatare che:

il Regno di Danimarca, poiché la sua legislazione e la sua prassi amministrativa

–       non consentono ai lavoratori che occupano un impiego in uno Stato membro confinante e che risiedono in Danimarca di utilizzare, per scopi professionali e privati, un veicolo aziendale immatricolato in tale Stato membro confinante dove è stabilita l’impresa del loro datore di lavoro, e

–       non consentono ai lavoratori che occupano un impiego in un altro Stato membro dell’Unione europea e che risiedono in Danimarca di utilizzare, per scopi professionali e/o privati, un veicolo stradale a motore, e in particolare un veicolo aziendale, immatricolato in un altro Stato membro dove il loro datore di lavoro ha la propria sede sociale o il proprio stabilimento principale, se non a condizione che l’impiego svolto presso l’impresa stabilita all’estero costituisca l’attività principale dei lavoratori stessi e che venga a tal fine versata una tassa,

è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza del combinato disposto degli artt. 39 CE e 10 CE. La Commissione chiede altresì che la Corte voglia condannare lo Stato convenuto alle spese del procedimento.

2       Il Regno di Danimarca conclude che la Corte voglia rigettare il ricorso e condannare la Commissione alle spese.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3       L’art. 10 CE è così formulato:

«Gli Stati membri adottano tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal presente trattato ovvero determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità. Essi facilitano quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti.

Essi si astengono da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del presente trattato».

4       L’art. 39 CE dispone quanto segue:

«1.      La libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità è assicurata.

2.      Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.

3.      Fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto:

a)      di rispondere a offerte di lavoro effettive,

b)      di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri,

c)      di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano l’occupazione dei lavoratori nazionali,

d)      di rimanere, a condizioni che costituiranno l’oggetto di regolamenti di applicazione stabiliti dalla Commissione, sul territorio di uno Stato membro, dopo aver occupato un impiego.

4.      Le disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica amministrazione».

5       Gli artt. 3 e 4 della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/182/CEE, relativa alle franchigie fiscali applicabili all’interno della Comunità in materia d’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto (GU L 105, pag. 59), si occupano dell’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto per uso privato nonché di quella di veicoli da turismo per uso professionale. Tali disposizioni si applicano ai privati aventi la loro residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello dell’importazione temporanea.

 La normativa nazionale

 La normativa nazionale alla data dell’8 aprile 1997 e la corrispondente prassi amministrativa

6       La normativa in vigore alla data della prima diffida da parte della Commissione, ossia l’8 aprile 1997, nonché alla data del parere motivato emesso da quest’ultima, vale a dire il 18 maggio 1998 (in prosieguo: il «regime originario»), era costituita dal decreto del Ministero dei Trasporti 24 giugno 1996, n. 592, recante norme in materia di immatricolazione dei veicoli a motore (in prosieguo: il «decreto n. 592»). Tale disciplina è stata modificata nel corso del procedimento precontenzioso. Essa è rimasta applicabile dopo il 1° luglio 1999, data di entrata in vigore della modifica, per i casi in cui quest’ultima non trovi applicazione.

7       A norma del decreto n. 592, un residente danese ha, in linea di principio, il diritto di utilizzare in Danimarca soltanto un veicolo immatricolato in tale Stato membro e munito di targhe prima del suo utilizzo, posto che l’art. 1 del detto decreto dispone che «tutti i veicoli stradali a motore e tutti i trattori, ad eccezione di quelli menzionati agli artt. 74 e 75 del codice della strada (færdselslov), debbono essere immatricolati e muniti di targhe (di una targa) di immatricolazione prima del loro utilizzo».

8       L’immatricolazione di un veicolo in Danimarca è soggetta al pagamento di una tassa di immatricolazione.

9       L’utilizzazione in Danimarca senza immatricolazione danese di un veicolo immatricolato in un altro Stato membro può essere autorizzata in via eccezionale. Ai sensi dell’art. 106 del decreto n. 592, tale autorizzazione viene rilasciata, dal registro centrale, soltanto se il veicolo viene utilizzato principalmente al di fuori della Danimarca e se sussistono motivi del tutto particolari per non esigerne l’immatricolazione in Danimarca.

10     In conformità dell’art. 106, n. 2, del decreto n. 592, tale autorizzazione viene accordata, in linea di principio, soltanto per usi privati. Tuttavia, in forza di disposizioni eccezionali contenute nel medesimo art. 106, un’autorizzazione ad utilizzare per scopi professionali un veicolo immatricolato in un altro Stato membro può essere concessa in specifici casi.

11     Nell’ambito di tale normativa, la prassi amministrativa danese consisteva nel rifiutare il rilascio delle autorizzazioni che venivano richieste al fine di effettuare trasferte commerciali in Danimarca, segnatamente visite alla clientela. In ogni caso, non era consentito utilizzare veicoli aziendali per scopi privati, ad esempio al di fuori degli orari di lavoro. Tuttavia, in linea di principio, l’autorizzazione veniva rilasciata per effettuare, per conto proprio del conducente, tragitti di andata e ritorno tra la frontiera e la residenza (principale) in Danimarca durante i fine settimana, le vacanze ed i periodi festivi.

12     Le persone che non rispettavano tali limitazioni nell’uso di veicoli aziendali incorrevano in un’ammenda penale.

 La normativa nazionale in vigore a partire dal 1° luglio 1999 e la corrispondente prassi amministrativa

13     A partire dal 1° luglio 1999, la legge disciplinante la tassa di immatricolazione sui veicoli a motore (lov am registreringsafgift af motorkøretøjer; in prosieguo: la «legge sulla tassa di immatricolazione») nonché il decreto 8 dicembre 1997, n. 916, in materia di immatricolazione e controllo tecnico dei veicoli a motore, che aveva sostituito il decreto n. 592, sono stati modificati, ed è stato adottato il decreto 21 giugno 1999, n. 502, in materia di tassa di immatricolazione sui veicoli a motore (l’insieme di tale normativa, in prosieguo: il «regime modificato»).

14     Secondo i chiarimenti forniti dal governo danese all’udienza, vi sono due differenze fondamentali tra il regime originario ed il regime modificato. Da un lato, in base al regime modificato, il veicolo immatricolato in un altro Stato membro non deve più essere immatricolato con targhe danesi. Dall’altro, il regime modificato prevede il pagamento della tassa d’immatricolazione non più in base all’aliquota piena, bensì in proporzione alla durata di utilizzazione del veicolo nel territorio danese.

15     L’art. 1, nn. 1 e 2, della legge sulla tassa di immatricolazione dispone quanto segue:

«1.      Viene riscossa a beneficio dello Stato una tassa sui veicoli a motore che debbono essere immatricolati a norma del codice della strada [færdselslov] nonché sui rimorchi e semirimorchi. Tale tassa è dovuta al momento della prima immatricolazione del veicolo, salvo diversa disposizione della presente legge.

2.      La tassa è altresì dovuta per i veicoli di cui agli artt. 4 e 5 immatricolati all’estero ed utilizzati da un soggetto residente in Danimarca, in conformità dell’art. 3 bis, n. 6».

16     Gli artt. 4 e 5 della legge sulla tassa di immatricolazione, richiamati al punto precedente della presente sentenza, contengono essenzialmente le regole di calcolo dell’ammontare della tassa di immatricolazione alla quale sono soggette le diverse categorie di veicoli, come le vetture nuove, le vetture d’occasione tassate in base alla loro età ed i veicoli utilitari.

17     L’art. 3 bis della legge suddetta, contenente la disciplina relativa alla tassa di immatricolazione in caso di registrazione temporanea (in prosieguo: la «tassa di registrazione temporanea»), dispone quanto segue:

«1.      Le autorità doganali e tributarie possono, su richiesta, consentire che il pagamento della tassa di immatricolazione dei veicoli a motore costituenti oggetto di registrazione temporanea in Danimarca venga effettuato in conformità del n. 2, nel caso in cui:

1)      il veicolo appartenga ad uno straniero e venga utilizzato dal suo proprietario durante il suo soggiorno temporaneo nel paese; ovvero

2)      il veicolo a motore appartenga ad un’impresa o ad una stabile sede aziendale situata all’estero e venga messo a disposizione di una persona domiciliata in Danimarca al fine di essere usato per scopi professionali e privati nel paese straniero e in Danimarca, quando l’impiego presso l’impresa o l’azienda suddette costituisca l’attività principale del lavoratore.

2.      La tassa viene pagata trimestralmente in anticipo, in misura pari al 3% della tassa ad aliquota piena per ciascun trimestre o frazione di trimestre. L’importo è maggiorato dell’1,5% per trimestre o frazione di trimestre calcolato sul saldo restante dovuto dopo il pagamento precedente. All’atto del primo pagamento deve essere inoltre versato un deposito corrispondente all’ammontare della tassa del primo trimestre ed alla somma necessaria per coprire eventuali arretrati relativi all’immatricolazione.

3.      Il pagamento a norma del n. 1, punto 2), spetta a colui che mette il veicolo a disposizione di una persona domiciliata in Danimarca. (...)

(...)

6.      Le disposizioni dei nn. 1‑5 si applicano in egual modo ai veicoli a motore contemplati dal n. 1, punto 2), che siano immatricolati con targhe straniere.

7.      Nel caso dei veicoli a motore contemplati dagli artt. 4 e 5, n. 1, che un residente in Danimarca utilizza in tale paese al solo scopo di eseguire un lavoro per un datore di lavoro quale definito al n. 1, punto 2), le autorità doganali e tributarie possono autorizzare la loro utilizzazione in Danimarca dietro pagamento di una tassa giornaliera. L’importo di tale tassa è fissato in DKK 60 al giorno per i veicoli di cui all’art. 4 e in DKK 30 al giorno per i veicoli di cui all’art. 5, n. 1. I veicoli a motore contemplati dall’art. 5, n. 3, dall’art. 5, n. 5, punto 2), e dall’art. 5, n. 10 [consistenti in talune categorie di veicoli utilitari di un certo peso o destinati a certi usi], sono dispensati dal pagamento della tassa suddetta quando il residente in Danimarca utilizzi in tale paese il veicolo in questione al solo scopo di eseguire un lavoro per un datore di lavoro quale definito al n. 1, punto 2).

(...)

9.      Il Ministro del Tesoro è autorizzato ad adottare misure riguardanti le domande di autorizzazione ed i pagamenti delle tasse e delle altre spese di cui ai precedenti nn. 1‑8».

18     Per i soggetti che non soddisfano le prescrizioni fissate dall’art. 3 bis, n. 1, della legge sulla tassa di immatricolazione, e in particolare la condizione secondo cui l’impiego deve rappresentare l’attività principale del lavoratore, resta applicabile il regime originario.

19     Il nuovo n. 4 dell’art. 115 del decreto n. 916, entrato in vigore il 1° luglio 1999, stabilisce quanto segue:

«(...) una persona residente in Danimarca può condurre un veicolo a motore messo a sua disposizione da un’impresa o da una stabile sede aziendale stabilite all’estero per un uso tanto professionale, quanto professionale e privato, nello Stato straniero in questione e in Danimarca. L’impiego alle dipendenze dell’impresa o dell’azienda suddette deve costituire la professione principale dell’interessato. L’uso del veicolo è subordinato al rilascio da parte delle autorità doganali e tributarie nazionali, su richiesta, dell’autorizzazione a versare la tassa di immatricolazione del veicolo secondo le disposizioni emanate dal Ministro del Tesoro. L’autorizzazione deve essere conservata a bordo del veicolo durante i tragitti in Danimarca ed essere presentata alla polizia su richiesta».

20     L’art. 117, n. 3, del medesimo decreto dispone che «le autorità doganali e tributarie nazionali possono, su richiesta, concedere l’autorizzazione a pagare la tassa gravante sui veicoli soggetti all’obbligo di immatricolazione, che vengono immatricolati al fine di un’utilizzazione limitata nel tempo in Danimarca, in conformità delle disposizioni emanate dal Ministro del Tesoro nel caso in cui il veicolo appartenga ad uno straniero e venga da questi utilizzato in Danimarca nel corso di un soggiorno temporalmente limitato».

21     Il capo 2 del decreto n. 502, adottato in applicazione dell’art. 3 bis, n. 9, della legge sulla tassa di immatricolazione, stabilisce le norme relative al pagamento della tassa proporzionale di cui trattasi.

22     L’art. 5, nn. 3 e 6, del detto decreto, così dispone:

«3.      Qualsiasi residente cui venga messo a disposizione un veicolo per scopi professionali e privati da parte di un’impresa o di una stabile sede aziendale situate all’estero può, su richiesta, essere autorizzato dalle autorità doganali e tributarie a versare la tassa secondo le norme dettate dal paragrafo 1 qualora l’impiego svolto presso l’impresa o la sede aziendale suddette costituisca la sua attività principale. Tale autorizzazione può essere concessa soltanto per un veicolo destinato ad essere utilizzato contemporaneamente in Danimarca e nel paese in cui è situata l’impresa o la sede aziendale. L’autorizzazione viene concessa alle seguenti condizioni:

1)      il veicolo deve essere presentato alle autorità doganali e tributarie nazionali ai fini del calcolo della tassa dovuta;

2)      la domanda è accompagnata dalla prova che l’impiego presso l’impresa straniera costituisce l’attività principale del residente in Danimarca.

(...)

6.      Nel caso in cui i veicoli circolino in Danimarca, le autorizzazioni di cui ai paragrafi 1 e 3 devono essere tenute a bordo. Inoltre, deve essere apposta in maniera visibile sul parabrezza una vignetta rilasciata dalle autorità doganali e tributarie. Sui motocicli la vignetta deve essere apposta in modo da essere visibile per i passanti».

23     L’art. 6, n. 1, del detto decreto, prevede quanto segue:

«Qualsiasi residente cui venga messo a disposizione per scopi professionali un veicolo del tipo previsto dagli artt. 4 o 5, n. 1, della legge sulla tassa di immatricolazione da parte di un’impresa o di una stabile sede aziendale situata all’estero può, su richiesta, essere autorizzato dalle autorità doganali e tributarie a versare la tassa giornaliera qualora l’impiego svolto presso l’impresa o la sede aziendale suddette costituisca la sua attività principale. Alla domanda deve essere acclusa una certificazione attestante che l’impiego svolto presso l’impresa straniera costituisce l’attività principale del residente».

24     Per quanto riguarda la tassa giornaliera, il punto 1.4 della circolare 28 giugno 1999, n. 102, sostituita nel 2001 dalla guida sulle accise e da quella sulle regole di determinazione delle basi imponibili per l’amministrazione delle dogane e delle imposte («Ligningsvejledning»; v. circolare 20 settembre 2001, n. 172), prevede quanto segue:

«I veicoli soggetti alle disposizioni relative alla tassa giornaliera non devono essere destinati ad un uso privato, ed in particolare al tragitto tra il domicilio ed il luogo di lavoro, a meno che tale tragitto non venga espressamente effettuato nell’interesse dell’impresa (...). Per contro, il tragitto normale (quotidiano) di un residente in Danimarca tra il suo domicilio ed il suo luogo di lavoro non può essere considerato come espressamente effettuato nell’interesse dell’impresa».

25     La prassi amministrativa danese relativa al pagamento della tassa trimestrale o giornaliera si configura, secondo il governo danese, come segue:

–       All’autorità regionale delle dogane e delle imposte viene presentata una richiesta scritta ove si specifica se essa riguarda la tassa giornaliera oppure quella trimestrale.

–       A tale richiesta è acclusa un’attestazione relativa all’impiego all’estero, nella quale si precisano le condizioni di lavoro e si certifica, in particolare, che l’impiego esercitato costituisce l’attività principale del lavoratore.

–       La richiesta viene generalmente esaminata entro tre o quattro giorni dalla sua presentazione.

–       Il rilascio è subordinato al fatto che il veicolo venga utilizzato tanto nel paese del datore di lavoro quanto in quello del lavoratore. Se il veicolo viene utilizzato esclusivamente nel paese dove risiede il lavoratore, non può parlarsi di attività lavorativa transfrontaliera.

–       Se la richiesta soddisfa i requisiti fissati dalla legge, e in particolare quello relativo al carattere principale dell’attività, l’autorizzazione viene automaticamente concessa, tanto per la tassa giornaliera quanto per quella trimestrale.

–       Qualora sia stata concessa l’autorizzazione a versare la tassa trimestrale o giornaliera, il beneficiario può farsi rilasciare le relative vignette dalle autorità tributarie e doganali.

–       La normativa relativa alla tassa giornaliera prevede il rilascio di un certo numero di vignette sulle quali è apposto il numero di immatricolazione del veicolo. Perché il veicolo possa circolare in Danimarca, il datore di lavoro o il lavoratore devono indicare la data di circolazione su una vignetta. Al momento del pagamento della tassa trimestrale viene rilasciata una vignetta per la durata di validità dell’autorizzazione (al massimo due anni). La durata di validità è indicata sulle vignette trimestrali. Il numero di immatricolazione del veicolo viene iscritto sulle vignette. Le vignette debbono essere apposte in maniera visibile sul parabrezza.

–       Nell’ambito del rilascio delle autorizzazioni al pagamento trimestrale della tassa, l’autorità regionale delle dogane e delle imposte procede a una valutazione provvisoria del valore del veicolo. Tale fase della procedura è comune a tutti i veicoli costituenti l’oggetto di una prima immatricolazione in Danimarca, inclusi i veicoli nuovi per i quali non sia stato dichiarato o fissato un prezzo. Essa si applica dunque soprattutto ai veicoli d’occasione importati.

–       Per la valutazione è necessario che il veicolo venga presentato alle autorità locali delle dogane e delle imposte. Tuttavia, non è in genere necessaria una materiale presentazione, in quanto la valutazione del valore di un veicolo di un modello diffuso può fondarsi sui documenti relativi al medesimo.

 Procedimento precontenzioso

26     Ritenendo che il regime originario non fosse conforme al combinato disposto dell’art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE) nonché degli artt. 48 e 59 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 39 CE e 49 CE), la Commissione ha avviato la procedura per inadempimento.

27     Dopo aver sollecitato il Regno di Danimarca, con lettera 8 aprile 1997, a presentare le proprie osservazioni, la Commissione ha emesso il 18 maggio 1998 un parere motivato, invitando il detto Stato membro ad adottare le misure necessarie per conformarvisi entro un termine di due mesi.

28     In una lettera di diffida supplementare datata 14 settembre 1999, la Commissione ha constatato che il regime modificato era anch’esso incompatibile con gli artt. 10 CE, 39 CE e 49 CE per tre motivi. In primo luogo, l’utilizzazione in Danimarca di veicoli aziendali immatricolati all’estero sarebbe subordinata al rilascio di una speciale autorizzazione. In secondo luogo, il rilascio della detta autorizzazione rimarrebbe subordinato al pagamento di una tassa. In terzo luogo, il regime modificato sarebbe indebitamente riservato ai residenti in Danimarca il cui impiego presso l’impresa o l’azienda costituisca l’attività principale.

29     A seguito della risposta del governo danese, la Comissione ha emesso, il 26 settembre 2000, un parere motivato supplementare riguardante il regime modificato, ed ha invitato il Regno di Danimarca ad adottare le misure necessarie per conformarvisi entro un termine di due mesi.

30     Ritenendo insoddisfacente la risposta del governo danese a tale parere motivato, la Commissione ha deciso di presentare l’odierno ricorso.

 Sul ricorso

31     La Commissione fa valere che tanto il regime originario quanto il regime modificato (in prosieguo, unitariamente: la «normativa danese») ostacolano la libera circolazione dei lavoratori, in violazione del combinato disposto degli artt. 39 CE e 10 CE, senza poter essere giustificati da motivi imperativi di interesse generale.

 Quanto all’ambito di applicazione dell’art. 39 CE

 Argomenti delle parti

32     La Commissione sostiene che la normativa danese controversa ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 39 CE per il fatto che anche le disposizioni disciplinanti l’esercizio di un’attività professionale hanno un’incidenza sull’accesso al mercato del lavoro.

33     Il governo danese, sostenuto dal governo finlandese, replica che la normativa danese in questione si colloca al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 39 CE, in quanto essa non ostacola in alcun modo l’accesso al mercato del lavoro. Il governo danese ritiene che la detta normativa riguardi unicamente le condizioni di esercizio del lavoro. Il principio stesso secondo cui un lavoratore residente in Danimarca non potrebbe ivi circolare liberamente con un veicolo aziendale immatricolato all’estero non ricadrebbe sotto le previsioni dell’art. 39 CE.

 Giudizio della Corte

34     L’insieme delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone mira a facilitare ai cittadini comunitari l’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio della Comunità ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorire tali cittadini qualora intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro (sentenze 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman, Racc. pag. I‑4921, punto 94; 2 ottobre 2003, causa C‑232/01, Van Lent, Racc. pag. I‑11525, punto 15, e 29 aprile 2004, causa C‑387/01, Weigel, Racc. pag. I‑4981, punto 52).

35     Pertanto, le disposizioni che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il paese d’origine per esercitare il proprio diritto di libera circolazione, o che lo dissuadano dal farlo, costituiscono ostacoli frapposti a tale libertà anche se si applicano indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati (sentenza Bosman, cit., punto 96).

36     Tuttavia, per poter costituire ostacoli siffatti, occorre che le disposizioni in questione condizionino l’accesso dei lavoratori al mercato del lavoro (sentenza 27 gennaio 2000, causa C‑190/98, Graf, Racc. pag. I‑493, punto 23).

37     Orbene, le modalità di esercizio di un’attività sono anch’esse idonee a condizionare l’accesso a quest’ultima. Pertanto, una normativa riguardante le condizioni di esercizio di un’attività economica può costituire un ostacolo alla libera circolazione ai sensi della giurisprudenza citata.

38     Ne consegue che la normativa danese in questione nella presente causa non è in radice esclusa dall’ambito di applicazione dell’art. 39 CE.

 Quanto all’esistenza di restrizioni della libera circolazione dei lavoratori

 Argomenti delle parti

39     La Commissione sostiene che tanto il regime originario quanto il regime modificato sono contrari alla libera circolazione dei lavoratori sancita dall’art. 39 CE, in quanto hanno come effetto di ostacolare il diritto dei lavoratori di cercare un impiego in un altro Stato membro nonché la libertà dei datori di lavoro aventi la propria sede in un altro Stato membro di assumere lavoratori residenti in Danimarca.

40     Ad avviso della detta istituzione, il regime originario vieterebbe ai residenti in Danimarca di circolare in tale paese con veicoli aziendali immatricolati all’estero. L’ostacolo derivante dal regime modificato consisterebbe nella necessità di una previa autorizzazione e del pagamento di una tassa equivalente al pagamento rateale dell’intero ammontare della tassa di immatricolazione. La Commissione reputa che, in considerazione della normativa danese, vi saranno imprese stabilite in altri Stati membri che rinunceranno ad impiegare lavoratori residenti in Danimarca.

41     Il governo danese fa valere che la normativa danese non comporta una discriminazione basata sulla nazionalità. Le norme riguardanti i veicoli aziendali garantirebbero una parità tra tutti i residenti in Danimarca, indipendentemente dal fatto che essi abbiano un impiego in tale paese o all’estero. Le norme sulla tassa di immatricolazione tratterebbero su un piede di parità i cittadini danesi o stranieri che risiedono e lavorano in Danimarca ed i cittadini danesi o stranieri che risiedono in Danimarca ma che lavorano all’estero.

42     Il governo danese non esclude che, nel caso in cui un veicolo aziendale sia incluso tra le condizioni di lavoro, le norme danesi sulla tassa di immatricolazione, isolatamente considerate, possano apparire idonee ad incitare un datore di lavoro ad assumere un lavoratore del proprio paese piuttosto che un lavoratore residente in Danimarca. Il detto governo si oppone però ad una siffatta valutazione isolata, posto che gli oneri supplementari non costituirebbero sempre e necessariamente un ostacolo all’assunzione di un lavoratore residente in Danimarca. A suo avviso, il veicolo aziendale, ove possa essere utilizzato per scopi privati, costituisce un elemento della retribuzione del lavoratore. Il datore di lavoro potrebbe tener conto degli oneri supplementari collegati a tale utilizzo al momento di determinare le altre condizioni di assunzione del lavoratore, segnatamente quelle salariali. Per un datore di lavoro, l’onere complessivo rappresentato dal futuro dipendente verrebbe preso in considerazione. Tale onere comprenderebbe, ad esempio, oltre al salario propriamente detto, i contributi versati dal datore di lavoro ai regimi previdenziali.

43     Secondo il governo finlandese, il regime fiscale danese applicabile ai veicoli aziendali immatricolati all’estero messi a disposizione di soggetti stabilmente residenti in Danimarca non costituisce un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori ai sensi dell’art. 39 CE. Il veicolo che i lavoratori utilizzano liberamente sarebbe assimilato al veicolo personale del lavoratore. Esso costituirebbe l’oggetto di un’utilizzazione non temporanea, bensì permanente.

44     La Commissione replica all’argomento fondato sull’assenza di discriminazione affermando che sussiste invece una discriminazione manifesta nei confronti del lavoratore residente in Danimarca rispetto al lavoratore residente all’estero a fronte di un’utilizzazione assolutamente identica, in Danimarca, di un veicolo aziendale immatricolato all’estero. La normativa danese sarebbe incompatibile con il diritto comunitario nella misura in cui dissuaderebbe un datore di lavoro dall’assumere un lavoratore residente in Danimarca per svolgere in questo stesso paese attività professionali avvalendosi di un veicolo aziendale immatricolato all’estero, quando invece i lavoratori della stessa impresa residenti all’estero potrebbero esercitare le proprie attività senza difficoltà. Non si tratterebbe di attribuire ai residenti in Danimarca una posizione fiscale più vantaggiosa rispetto a quella dei loro colleghi residenti all’estero. Non sarebbe conferente paragonare un residente in Danimarca dipendente da un’impresa danese ad un residente in Danimarca dipendente da un’impresa straniera.

 Giudizio della Corte

45     Secondo una costante giurisprudenza, l’art. 39 CE vieta non soltanto qualsiasi discriminazione, diretta o indiretta, fondata sulla nazionalità, ma anche le disposizioni nazionali che, pur applicandosi indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati, costituiscono ostacoli al loro diritto di libera circolazione (sentenze Graf, cit., punto 18, e Weigel, cit., punti 50 e 51).

46     È evidente che il regime originario, laddove ancora applicabile, è idoneo – per effetto dell’obbligo di immatricolare in Danimarca una vettura aziendale messa a disposizione del lavoratore da un datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro – a dissuadere tale datore di lavoro dall’assumere un lavoratore residente in Danimarca per un impiego che non costituisca l’attività principale di quest’ultimo e, di conseguenza, ad ostacolare l’accesso delle persone residenti in Danimarca a tali impieghi.

47     Quanto ai lavoratori residenti in Danimarca che desiderano esercitare la loro attività principale presso un’impresa stabilita in un altro Stato membro, anche il regime modificato ostacola la libera circolazione di tali lavoratori in quanto impone oneri supplementari, sotto forma di una tassa di registrazione temporanea.

48     Un’impresa stabilita in un altro Stato membro, laddove sopportasse tali oneri senza compensazione, verrebbe dissuasa dall’assumere un lavoratore residente in Danimarca, per il quale gli oneri suddetti sarebbero superiori a quelli sopportati per un lavoratore non residente in tale Stato.

49     È certo vero, come affermato dal governo danese, che il datore di lavoro potrebbe tentare di adattare il salario di un lavoratore residente in Danimarca al fine di compensare gli oneri supplementari in questione. In altri termini, egli potrebbe cercare di versare a tale lavoratore un salario inferiore a quello pagato ad un lavoratore svolgente la medesima attività, ma residente in un altro Stato membro.

50     Tuttavia, un lavoratore residente in Danimarca potrebbe già essere dissuaso dal cercare un impiego in un altro Stato membro se dovesse attendersi di ricevere un salario inferiore a quello di un analogo lavoratore residente in tale altro Stato membro. Come già statuito dalla Corte al punto 18 della sentenza 6 luglio 1988, causa 127/86, Ledoux (Racc. pag. 3741), il fatto che un lavoratore si trovi svantaggiato, sul piano delle condizioni di lavoro, rispetto ai suoi colleghi che risiedono nel paese del loro datore di lavoro inficerebbe direttamente l’esercizio del diritto del detto lavoratore di circolare liberamente all’interno della Comunità.

51     Quanto all’argomento del governo finlandese secondo cui, nel caso di veicoli aziendali per uso misto immatricolati in un altro Stato membro e messi a disposizione dei soggetti stabilmente residenti in Danimarca, non vi sarebbe alcun ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori in quanto il veicolo in questione sarebbe assimilato al veicolo personale del lavoratore, tale argomento riposa su una premessa erronea. Infatti, il lavoratore residente in Danimarca che può utilizzare un veicolo aziendale non soltanto per scopi professionali, ma anche per scopi privati, non può disporne con la stessa libertà con la quale potrebbe disporre della propria vettura privata, il cui uso non è limitato dalle condizioni inerenti agli incarichi professionali da svolgere.

52     Di conseguenza, occorre constatare che la normativa danese, tanto nella sua versione originaria, quanto nella sua versione modificata, costituisce una restrizione della libera circolazione dei lavoratori.

53     Misure siffatte potrebbero essere ammesse soltanto in quanto misure eccezionali del tipo espressamente previsto dall’art. 39, n. 3, CE, ovvero qualora perseguissero un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato e fossero giustificate da motivi imperativi di interesse generale. Anche in tale ipotesi, però, la loro applicazione dovrebbe essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo in questione e non dovrebbe eccedere quanto necessario per conseguire quest’ultimo (v., in particolare, sentenze Bosman, cit., punto 104, e 30 settembre 2003, causa C‑224/01, Köbler, Racc. pag. I‑10239, punto 77).

 Quanto alla giustificazione della restrizione della libera circolazione dei lavoratori

 Argomenti delle parti

54     Il governo danese, sostenuto dal governo finlandese, osserva che la normativa danese è lecita e compatibile con il diritto comunitario, e che l’obbligo di immatricolazione è il corollario naturale dell’esercizio della potestà tributaria. Sarebbe dunque lecito adottare misure volte a garantire la riscossione della tassa di immatricolazione, purché esse non eccedano quanto necessario ed appropriato a questo scopo.

55     Il governo danese fa valere che l’eventuale effetto restrittivo prodotto tanto dal regime originario quanto da quello modificato è fondato sulla necessità di garantire che non venga eluso l’assoggettamento dei residenti danesi alla tassa di immatricolazione. In assenza di tali norme, i residenti danesi sarebbero in grado di sfuggire al pagamento della tassa costituendo società o succursali in un altro Stato membro, tramite le quali acquisterebbero ed utilizzerebbero in Danimarca veicoli immatricolati in tale altro Stato membro.

56     Quanto al regime modificato, il governo danese sostiene che il requisito della previa autorizzazione per il versamento della tassa sotto forma di tassa giornaliera o trimestrale è motivato dalla necessità di procedere, preventivamente, ad una valutazione della sussistenza dei presupposti di applicazione della normativa danese, così come dalla necessità di poterla dimostrare a posteriori. La procedura di rilascio dell’autorizzazione sarebbe relativamente semplice, in quanto quest’ultima verrebbe automaticamente accordata a qualsiasi richiedente che soddisfi le condizioni prescritte.

57     Quanto all’obbligo di pagamento di una tassa trimestrale o giornaliera disposto dal regime modificato, il governo danese fa valere che la Corte, nella sentenza 21 marzo 2002, causa C‑451/99, Cura Anlagen (Racc. pag. I‑3193), ha riconosciuto il carattere proporzionato di un’imposta sul consumo proporzionale alla durata dell’immatricolazione del veicolo nello Stato in cui esso viene utilizzato. Il detto governo aggiunge che la valutazione della Corte, secondo cui l’imposta controversa in quella fattispecie era illecita, era motivata in particolare dal fatto che l’ammontare dell’imposta non era proporzionale alla durata di tale immatricolazione. Da tali affermazioni il governo danese inferisce che la propria normativa sulla tassa di immatricolazione, applicabile ai veicoli immatricolati in un altro Stato membro, non è incompatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori.

58     Il governo danese sostiene che il presupposto dell’«attività principale», che deve essere soddisfatto per l’applicazione del regime modificato, è proporzionato. Vi sarebbe «attività principale» quando il residente danese svolga alle dipendenze di un’impresa straniera un impiego equivalente ad un lavoro a tempo pieno, ovvero qualora il predetto percepisca, nell’ambito di tale impiego, almeno la metà dei suoi redditi.

59     Tale presupposto mirerebbe a garantire che il lavoratore beneficiante di una vettura aziendale eserciti realmente le proprie funzioni presso il datore di lavoro che gli fornisce il veicolo, non essendo sufficiente a tal fine un rapporto di lavoro puramente formale. Tale presupposto sarebbe oggettivo ed agevolmente verificabile. Il governo danese aggiunge che, se il regime modificato fosse applicabile a qualsiasi residente danese occupato, a tempo parziale o a tempo pieno, in un altro Stato membro, sarebbe molto più difficile premunirsi contro gli abusi. Il detto governo ritiene che, in tal caso, i servizi di polizia sarebbero indotti a controllare ogni veicolo immatricolato all’estero circolante in Danimarca, alla guida del quale si trovasse un residente di tale Stato, al fine di verificare se i conducenti svolgono realmente la loro attività professionale, sia questa a tempo pieno o parziale, in un altro Stato membro, metodo questo che sarebbe inappropriato.

60     La Commissione nega l’esistenza di qualsiasi giustificazione. Essa si oppone a che la tassa di immatricolazione danese venga qualificata come lecita. La Commissione sostiene che la normativa danese non è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo di poter controllare efficacemente che del veicolo venga fatto soltanto un uso lecito.

61     A suo avviso, il divieto di utilizzare un veicolo aziendale immatricolato all’estero, senza chiedersi se si tratti di un’importazione temporanea, se il veicolo debba essere utilizzato contemporaneamente in Danimarca e nello Stato dove è legalmente immatricolato, e se il veicolo venga regolarmente ricondotto nello Stato di immatricolazione non è né appropriato né proporzionato rispetto alle esigenze della sicurezza stradale. L’obbligo generale, introdotto dal regime modificato, di ottenere una previa autorizzazione a versare la tassa in forma di tassa giornaliera o trimestrale sarebbe sproporzionato. Misure siffatte non potrebbero essere giustificate dall’intento di lottare contro le frodi fiscali.

62     Per quanto riguarda la procedura amministrativa preliminare, la Commissione nega che si tratti di una procedura semplice.

 Giudizio della Corte

–       Quanto al regime originario

63     Per quanto riguarda il regime originario, contemplato dal primo trattino delle conclusioni formulate dall’istituzione ricorrente, la Commissione muove una censura relativa al fatto che la legislazione e la prassi amministrativa del Regno di Danimarca non consentono ai lavoratori che risiedono in Danimarca e che svolgono, in uno Stato membro confinante, un impiego non costituente la loro attività principale di utilizzare, per scopi professionali e privati, un veicolo aziendale immatricolato nel detto Stato membro confinante dove è stabilita l’impresa del loro datore di lavoro.

64     Al riguardo, occorre ricordare che, nell’ambito dell’art. 39 CE, deve considerarsi «lavoratore» la persona che fornisce, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceve una retribuzione. Beneficia della libera circolazione dei lavoratori ogni persona che presti attività reali ed effettive, ad esclusione di attività talmente ridotte da porsi come puramente marginali ed accessorie (v., in tal senso, sentenze 3 luglio 1986, causa 66/85, Lawrie-Blum, Racc. pag. 2121, punti 16 e 17, e 23 marzo 2004, causa C‑138/02, Collins, Racc. pag. I‑2703, punto 26).

65     Per giustificare l’applicazione del regime originario ai lavoratori il cui impiego svolto presso l’impresa stabilita in un altro Stato membro non costituisca la loro attività principale, il governo danese invoca la necessità di prevenire gli abusi.

66     Risulta dalla giurisprudenza, in particolare dalla sentenza 9 marzo 1999, causa C‑212/97, Centros (Racc. pag. I‑1459, punto 24), che uno Stato membro ha il diritto di adottare misure volte ad impedire che, grazie alle possibilità offerte dal Trattato, taluni dei suoi cittadini tentino di sottrarsi abusivamente all’impero delle leggi nazionali, e che gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario.

67     Tuttavia, una presunzione generale di abuso non può essere fondata sulla circostanza che un lavoratore residente in Danimarca che utilizzi una vettura aziendale di un datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro occupi in tale altro Stato un impiego che non costituisce la sua attività principale.

68     Privare senz’altro i lavoratori di questo tipo della possibilità, offerta dal regime modificato, di utilizzare in Danimarca, senza immatricolazione con targhe danesi, un veicolo aziendale immatricolato in un altro Stato membro eccede quanto necessario per evitare eventuali abusi.

69     Pertanto, il ricorso della Commissione è fondato nella parte relativa al regime originario.

–       Quanto al regime modificato

70     Per quanto riguarda il regime modificato, contemplato dal secondo trattino delle conclusioni formulate dall’istituzione ricorrente, la Commissione muove una censura relativa al fatto che l’autorizzazione concessa ad un lavoratore residente in Danimarca ad utilizzare il veicolo immatricolato in un altro Stato membro è subordinata, da un lato, alla condizione che l’impiego occupato presso l’impresa stabilita in tale altro Stato membro costituisca l’attività principale del lavoratore stesso – questione già trattata supra – e, dall’altro, al pagamento di una tassa.

71     La necessità di una previa autorizzazione al pagamento di tale tassa sotto forma di tassa giornaliera o trimestrale non viene contemplata nelle conclusioni della Commissione. Non è dunque necessario esaminare gli addebiti formulati al riguardo.

72     Occorre inoltre rilevare come la presente causa non riguardi il normale funzionamento della tassa di immatricolazione, bensì la sua applicazione ai veicoli immatricolati in un altro Stato membro da un proprietario stabilito in quest’ultimo.

73     La Corte ha statuito, nelle sentenze 11 dicembre 1990, causa C‑47/88, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I‑4509), e 17 giugno 2003, causa C‑383/01, De Danske Bilimportører (Racc. pag. I‑6065, punto 43), che una tassa come la tassa danese sull’immatricolazione dei veicoli a motore nuovi non è contraria agli artt. 28 CE e 90 CE. Tuttavia, ciò non esclude che la tassa di registrazione temporanea restringa la libertà di circolazione dei lavoratori, in violazione dell’art. 39 CE.

74     Salvo talune eccezioni non pertinenti nel caso di specie, la tassazione dei veicoli a motore non è stata armonizzata. Gli Stati membri sono dunque liberi di esercitare la loro potestà tributaria in tale materia, purché la esercitino nel rispetto del diritto comunitario (sentenza Cura Anlagen, cit., punto 40).

75     Per stabilire quali siano i limiti imposti dall’art. 39 CE al potere del Regno di Danimarca di esigere una tassa di immatricolazione, occorre ricordare che la controversia su cui si è pronunciata la citata sentenza Cura Anlagen riguardava soltanto la situazione creata da un contratto di leasing della durata di tre anni, che era stato concluso da una società con sede in Austria con una società la cui sede era in un altro Stato membro, e che aveva ad oggetto un veicolo destinato ad essere essenzialmente utilizzato in Austria. Al punto 35 della detta sentenza, la Corte ha sottolineato che non venivano dunque in questione i contratti di locazione semplice conclusi per brevi periodi, come il noleggio di un veicolo sostitutivo presso una società stabilita in un altro Stato membro.

76     Qualora il veicolo aziendale sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato in Danimarca in via permanente oppure venga di fatto utilizzato in tal modo, la situazione è comparabile a quella su cui si è pronunciata la citata sentenza Cura Anlagen.

77     In tali circostanze, al Regno di Danimarca è consentito assoggettare ad una tassa di immatricolazione un veicolo messo a disposizione di un lavoratore residente nel detto Stato membro da una società stabilita in un altro Stato membro.

78     Infatti, in tale situazione, un uguale trattamento dell’utilizzazione di una vettura aziendale da parte dei lavoratori in questione e da parte degli altri residenti del Regno di Danimarca sotto il profilo dell’assoggettamento alla tassa in questione è legittimo, ed è altresì sufficiente a giustificare la restrizione della libera circolazione dei lavoratori.

79     Per contro, se le condizioni indicate al punto 76 della presente sentenza non sono soddisfatte, il collegamento alla Danimarca del veicolo aziendale immatricolato in un altro Stato membro risulta meno stretto, sicché si rende necessaria una diversa giustificazione della restrizione in questione.

80     Al riguardo, è importante rilevare che la tassa di registrazione temporanea non può essere giustificata a motivo del fatto che mira ad impedire una erosione fiscale. Infatti, secondo una costante giurisprudenza, la riduzione delle entrate tributarie non può essere considerata un motivo imperativo di interesse generale che possa essere fatto valere per giustificare un provvedimento contrastante, in linea di principio, con una libertà fondamentale (sentenza 7 settembre 2004, causa C‑319/02, Manninen, Racc. pag. I‑7477, punto 49).

81     Nella misura in cui il governo danese ritiene che il regime della tassa di registrazione temporanea sia giustificato dall’intento di evitare una evasione fiscale mediante l’utilizzazione di un veicolo aziendale immatricolato in un altro Stato membro, occorre constatare che una presunzione generale di evasione o di frode fiscale non può essere fondata sulla circostanza che un datore di lavoro stabilito in uno Stato membro diverso dalla Danimarca metta a disposizione di un lavoratore residente in Danimarca un veicolo aziendale per scopi professionali, o addirittura professionali e privati. Una presunzione siffatta non può dunque giustificare una misura fiscale recante pregiudizio all’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato.

82     Di conseguenza, il ricorso della Commissione diretto contro il regime modificato è parzialmente fondato.

83     Tale constatazione vale non soltanto in relazione ad un uso del veicolo aziendale per scopi professionali, ma anche relativamente ad un uso per scopi privati avente carattere accessorio rispetto all’uso professionale (v., in tal senso, sentenza Ledoux, cit., punto 18).

 Quanto all’art. 10 CE

84     Non sussistono i presupposti per constatare una violazione degli obblighi generali stabiliti dalle disposizioni dell’art. 10 CE distinta dalle violazioni, sopra constatate, degli obblighi comunitari più specifici che il Regno di Danimarca era tenuto a rispettare in forza dell’art. 39 CE.

85     Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre constatare che il Regno di Danimarca, poiché la sua legislazione e la sua prassi amministrativa

–       non consentono ai lavoratori che risiedono in Danimarca e che occupano in un altro Stato membro un impiego non costituente la loro attività principale di utilizzare, per scopi professionali e privati, un veicolo aziendale immatricolato in tale altro Stato membro dove è stabilita l’impresa del loro datore di lavoro, e

–       non consentono ai lavoratori che risiedono in Danimarca e che occupano un impiego in un altro Stato membro di utilizzare, per scopi tanto professionali quanto professionali e privati, un veicolo aziendale immatricolato in tale altro Stato membro dove il loro datore di lavoro ha la propria sede sociale o il proprio stabilimento principale – veicolo non destinato ad essere essenzialmente utilizzato in Danimarca in via permanente, né di fatto utilizzato in tal modo – se non a condizione che l’impiego svolto presso tale datore di lavoro costituisca l’attività principale dei lavoratori stessi e che venga a tal fine versata una tassa,

è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza dell’art. 39 CE. Per il resto il ricorso va respinto.

 Sulle spese

86     Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, a norma dell’art. 69, n. 3, primo comma, del detto regolamento, la Corte può decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più punti. Poiché la Commissione ed il Regno di Danimarca sono rimasti parzialmente soccombenti nei motivi proposti, ciascuna delle parti suddette va condannata a sopportare le proprie spese. A norma dell’art. 69, n. 4, primo comma, del medesimo regolamento, la Repubblica di Finlandia, intervenuta nella causa, sopporta le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il Regno di Danimarca, poiché la sua legislazione e la sua prassi amministrativa

–       non consentono ai lavoratori che risiedono in Danimarca e che occupano in un altro Stato membro un impiego non costituente la loro attività principale di utilizzare, per scopi professionali e privati, un veicolo aziendale immatricolato in tale altro Stato membro dove è stabilita l’impresa del loro datore di lavoro, e

–       non consentono ai lavoratori che risiedono in Danimarca e che occupano un impiego in un altro Stato membro di utilizzare, per scopi tanto professionali quanto professionali e privati, un veicolo aziendale immatricolato in tale altro Stato membro dove il loro datore di lavoro ha la propria sede sociale o il proprio stabilimento principale – veicolo non destinato ad essere essenzialmente utilizzato in Danimarca in via permanente, né di fatto utilizzato in tal modo – se non a condizione che l’impiego svolto presso tale datore di lavoro costituisca l’attività principale dei lavoratori stessi e che venga a tal fine versata una tassa,

è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza dell’art. 39 CE.

2)      Il ricorso è respinto per il resto.

3)      Ciascuna delle parti sopporta le proprie spese.

4)      La Repubblica di Finlandia sopporta le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: il danese.