Causa C-442/02

CaixaBank Francia

contro

Ministère de l’Économie, des Finances et de l’Industrie

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)]

«Libertà di stabilimento — Enti creditizi — Normativa nazionale che vieta la remunerazione dei conti di deposito a vista»

Massime della sentenza

Libera circolazione delle persone — Libertà di stabilimento — Enti creditizi — Normativa nazionale che vieta la remunerazione dei conti di deposito a vista — Inammissibilità — Giustificazione — Insussistenza

(Art. 43 CE)

L’art. 43 CE osta alla normativa di uno Stato membro che vieta ad un ente creditizio, filiale di una società di un altro Stato membro, di remunerare i conti di deposito a vista in euro, aperti da residenti nel primo Stato membro.

Un divieto siffatto, che costituisce per le società di altri Stati membri un serio ostacolo all’esercizio delle loro attività tramite filiali, pregiudicando il loro accesso al mercato, si risolve, infatti, in una restrizione ai sensi dell’art. 43 CE. Tale restrizione non può essere giustificata da ragioni imperative di interesse pubblico attinenti alla tutela dei consumatori o all’incentivazione del risparmio a medio e a lungo termine, giacché va oltre quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi.

(v. punti 12, 17, 21, 23-24 e dispositivo)





SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
5 ottobre 2004(1)

«Libertà di stabilimento – Enti creditizi – Normativa nazionale che vieta la remunerazione dei conti di deposito a vista»

Nel procedimento C-442/02, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dal Conseil d'État (Francia) con decisione 6 novembre 2002, pervenuta in cancelleria il 5 dicembre 2002, nella causa

CaixaBank France

contro

Ministère de l'Économie, des Finances et de l'Industrie,

con l'intervento di:Banque fédérale des banques populaires e altri,



LA CORTE (Grande Sezione),,



composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, C. Gulmann, J.-P. Puissochet, J.N. Cunha Rodrigues (relatore), presidenti di sezione, e R. Schintgen, dalla sig.ra N. Colneric, dal sig. S. von Bahr, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta e dal sig. K. Lenaerts, giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano
cancelliere: sig.ra M. Múgica Arzamendi, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento ed in esito all'udienza del 19 novembre 2003,viste le osservazioni scritte presentate:

per la Caixa‑Bank France, dal sig. M. Dany, avocat, e dal sig. G. Castello, amministratore e direttore generale;

per la Banque fédérale des banques populaires e altri, dal sig. A. Barav, avocat e barrister;

per la Repubblica francese, dai sigg. R. Abraham, G. de Bergues, D. Petrausch e F. Alabrune, in qualità di agenti;

per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra M. Patakia e dal sig. G. Zavvos, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 25 marzo 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 43 CE.


Contesto normativo nazionale

2
A termini dell’art. L 312‑3 del codice monetario e finanziario, nel testo applicabile nella specie:

«Nonostante tutte le disposizioni contrarie, è vietato a qualsiasi ente creditizio ricevere dal pubblico fondi in conto a vista o a meno di cinque anni, e con qualsivoglia mezzo, versare su tali fondi un interesse superiore a quello stabilito dal regolamento del comitato della regolamentazione del settore bancario e finanziario o dal ministro dell’economia».

3
Il regolamento 14 maggio 1986, n. 86‑13, del comitato per la regolamentazione del settore bancario e finanziario, omologato con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze (JORF del 15 maggio 1986, pag. 6330), vieta la remunerazione dei conti a vista.

4
Tale divieto si applica ai conti a vista in euro, aperti da residenti in Francia, indipendentemente dalla loro nazionalità.


La causa principale e le questioni pregiudiziali

5
La Caixa‑Bank France (in prosieguo: la «Caixa‑Bank»), società di diritto francese con sede in Francia, filiale della Caixa Holding, società di diritto spagnolo con sede in Spagna, detentrice delle partecipazioni del gruppo Caixa negli istituti di credito creati sotto tale nome in Spagna e in altri paesi dell’Unione europea, dal 18 febbraio 2002 offre sul mercato in Francia un conto di deposito a vista che prevede una remunerazione in ragione del 2% annuo per importi superiori a EUR 1 500. Con decisione della Commissione bancaria e finanziaria del 16 aprile 2002, da un lato, veniva vietato alla Caixa‑Bank di concludere con soggetti residenti in Francia nuove convenzioni relative a conti a vista in euro retribuiti e, dall’altro, veniva ingiunto alla banca medesima di procedere alla denuncia delle clausole delle convenzioni già concluse che prevedevano la remunerazione di tali conti.

6
Avverso tale decisione la Caixa‑Bank ricorreva per cassazione dinanzi al Conseil d’État, che decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)     Se, nel silenzio della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 marzo 2000, 2000/12/CE, il divieto imposto da uno Stato membro agli enti creditizi regolarmente installati nel suo territorio di remunerare alcuni depositi “a vista” e altri fondi rimborsabili costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento.

2)       In caso di soluzione affermativa della prima questione, qual è la natura delle ragioni di interesse generale che potrebbero, eventualmente, essere dedotte per giustificare una restrizione del genere».


Sulle questioni pregiudiziali

7
Si deve anzitutto rilevare che la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 marzo 2000, 2000/12/CE, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (GU L 126, pag. 1), non trova applicazione in una fattispecie come quella oggetto della causa principale, considerato che tale direttiva non riguarda le restrizioni allo stabilimento di società che, come la Caixa Bank, si avvalgano del diritto di stabilimento in uno Stato membro quali filiali di enti creditizi stabiliti in altri Stati membri.

8
Con le questioni pregiudiziali il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 43 CE osti alla normativa di uno Stato membro che vieti ad un istituto di credito, filiale di una società di un altro Stato membro, di remunerare i conti di deposito a vista in euro, aperti da soggetti residenti nel primo Stato membro.

9
Il diritto di stabilimento previsto all’art. 43 CE, nel combinato disposto con l’art. 48 CE, è riconosciuto sia alle persone fisiche aventi la cittadinanza di uno Stato membro della Comunità, sia alle persone giuridiche ai sensi di quest'ultima disposizione. Esso comporta, fatte salve le eccezioni e le condizioni previste, l’accesso, nel territorio di un altro Stato membro, a tutte le attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e la creazione di agenzie, succursali o consociate (v., in particolare, sentenza 11 maggio 1999, causa C‑255/97, Pfeiffer, Racc. pag. I‑2835, punto 18).

10
La situazione giuridica di una società quale la Caixa‑Bank ricade, dunque, nella sfera del diritto comunitario per effetto delle disposizioni di cui all’art. 43 CE.

11
L’art. 43 CE impone l’abolizione delle restrizioni alla libertà di stabilimento. Devono essere considerate tali tutte le misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tale libertà (v., segnatamente, sentenze 30 novembre 1995, causa C‑55/94, Gebhard, Racc. pag. I‑4165, punto 37; 1° febbraio 2001, causa C‑108/96, Mac Quen e a., Racc. I‑837, punto 26, e 17 ottobre 2002, causa C‑98/01, Payroll e a., Racc. Pag. I‑8923, punto 26).

12
Il divieto di remunerare i conti di deposito a vista, come quello dettato dalla normativa francese, costituisce per le società di Stati membri diversi dalla Repubblica francese un serio ostacolo all’esercizio delle loro attività in Francia tramite filiali, il che pregiudica il loro accesso al mercato. Conseguentemente, tale divieto si risolve in una restrizione ai sensi dell’art. 43 CE.

13
Infatti, tale divieto colpisce gli enti creditizi, filiali di società straniere, nella raccolta di capitali presso il pubblico, privandoli della possibilità di porre in essere, mediante la remunerazione dei conti di deposito a vista, una concorrenza più efficace nei confronti degli enti creditizi tradizionalmente operanti nello Stato membro di stabilimento, dotati di una rete di agenzie estesa e che dispongono, conseguentemente, di maggiori capacità, rispetto alle dette filiali, nella raccolta di capitali presso il pubblico.

14
In tal senso, per gli enti creditizi, filiali di una società straniera, che intendano fare ingresso sul mercato di uno Stato membro la concorrenza attuata per mezzo del tasso di remunerazione dei conti di deposito a vista costituisce uno dei metodi più efficaci a tal fine. L’accesso al mercato per questi enti viene quindi reso più difficile per effetto di tale divieto.

15
Se è pur vero che il governo francese ha affermato all’udienza che esistono forme di conti paragonabili ai conti di deposito a vista, quali i conti a termine di 15 giorni, non colpiti dal divieto di remunerazione e che avrebbero contribuito a consentire agli istituti di credito quali la Caixa‑Bank di entrare in concorrenza con gli enti creditizi francesi nella raccolta di fondi presso il pubblico e di incrementare le loro quote di mercato in Francia, il detto governo ha tuttavia ammesso che tali conti non consentono, al contrario dei conti a vista, l’utilizzazione di carte bancarie o di assegni. Il divieto di cui trattasi costituisce, quindi, un ostacolo per gli enti creditizi quali la Caixa‑Bank nella loro attività di raccolta di capitali presso il pubblico, ostacolo per il quale non costituisce rimedio il fatto che esistano altre forme di conti i cui depositi sono remunerati.

16
La restrizione all’esercizio ed allo sviluppo delle loro attività tramite tali filiali, derivante dal divieto contestato, è ancor più rilevante, atteso che è pacifico che la raccolta di depositi presso il pubblico e la concessione di finanziamenti rappresentano le attività di base degli enti creditizi (v., in tal senso, in particolare l’art. 1, n. 1, e l’allegato I della direttiva 2000/12).

17
Secondo costante giurisprudenza, quando, come nella causa principale, una siffatta misura si applica a tutte le persone o imprese che esercitano un’attività nel territorio dello Stato membro ospitante, esse sono giustificabili qualora rispondano a ragioni imperative di interesse pubblico, purché siano idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (v., in particolare, le sentenze 4 luglio 2000, causa C‑424/97, Haim, Racc. pag. I‑5123, punto 57; Mac Quen e a., cit., punto 26, e 15 gennaio 2002, causa C‑439/99, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑305, punto 23).

18
Occorre quindi accertare se i motivi invocati dal governo francese rispondano a tali criteri.

19
Al fine di giustificare la restrizione alla libertà di stabilimento risultante dalla disposizione controversa, il governo francese si è richiamato tanto alla tutela dei consumatori quanto all’incentivazione del risparmio a medio e a lungo termine.

20
Anzitutto, il divieto oggetto della causa principale sarebbe necessario per il mantenimento della gratuità dei servizi bancari di base. L’introduzione della remunerazione dei conti di deposito a vista appesantirebbe notevolmente gli oneri di gestione sopportati dalle banche che, per essere compensati, implicherebbero un aumento dei corrispettivi ed una tariffazione dei singoli servizi bancari attualmente forniti a titolo gratuito tra cui, in particolare, l’emissione di assegni.

21
Si deve tuttavia rilevare che, se è pur vero che la tutela dei consumatori rientra nelle esigenze imperative che possono giustificare restrizioni a una libertà fondamentale garantita dal Trattato CE, il divieto oggetto della causa principale costituisce – anche ammesso che esso presenti in definitiva taluni vantaggi per il consumatore – una misura che va oltre quanto necessario per il raggiungimento di tale scopo.

22
Infatti, anche ammesso che l’abolizione del divieto di remunerazione dei conti di deposito a vista implichi inevitabilmente per il consumatore un aumento del costo dei servizi bancari di base o l’applicazione di corrispettivi per gli assegni, si potrebbe, in particolare, prevedere di lasciare al consumatore la facoltà di scelta tra un conto di deposito a vista non remunerato con il mantenimento della gratuità di taluni servizi bancari di base e un conto di deposito a vista remunerato, con facoltà per l’ente creditizio di applicare corrispettivi per servizi bancari sino ad ora forniti a titolo gratuito, quale l’emissione di assegni.

23
Per quanto attiene, inoltre, alla preoccupazione delle autorità francesi di incentivare il risparmio a lungo termine, si deve rilevare che, se è pur vero che il divieto di remunerazione dei conti di deposito a vista è certamente idoneo ad incentivare il risparmio a medio e a lungo termine, resta il fatto che esso costituisce una misura che va oltre quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.

24
Alla luce delle suesposte considerazioni, le questioni pregiudiziali devono essere risolte nel senso che l’art. 43 CE osta alla normativa di uno Stato membro che vieti ad un ente creditizio, filiale di una società di un altro Stato membro, di remunerare i conti di deposito a vista in euro, aperti da residenti nel primo Stato membro.


Sulle spese

25
Nei confronti delle parti della causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

L’art. 43 CE osta alla normativa di uno Stato membro che vieta ad un ente creditizio, filiale di una società di un altro Stato membro, di remunerare i conti di deposito a vista in euro, aperti da residenti nel primo Stato membro.

Firme


1
Lingua processuale: il francese.