1. Ricorso per inadempimento — Prova dell’inadempimento — Onere a carico della Commissione
(Art. 226 CE)
2. Ricorso per inadempimento — Oggetto della controversia — Determinazione durante il procedimento precontenzioso
(Art. 226 CE)
3. Libera circolazione delle persone — Deroghe — Motivi di ordine pubblico
(Art. 39 CE; direttive del Consiglio 64/221, art. 3, e 73/148, art. 10)
1. Nell’ambito di un procedimento per inadempimento, la Commissione ha l’obbligo di dimostrare l’esistenza dell’inadempimento contestato e fornire alla Corte gli elementi necessari alla verifica, da parte di quest’ultima, dell’esistenza di tale inadempimento, senza potersi basare su alcuna presunzione.
Per quanto riguarda, in particolare, una censura avente ad oggetto l’attuazione di una disposizione nazionale, la dimostrazione di un inadempimento di Stato richiede la produzione di elementi di prova di natura specifica rispetto a quelli abitualmente presi in considerazione nell’ambito di un ricorso per inadempimento avente unicamente ad oggetto il contenuto di una disposizione nazionale. Pertanto, l’inadempimento può essere dimostrato soltanto mediante una dimostrazione sufficientemente documentata e circostanziata della prassi rimproverata alle autorità amministrative e/o giudiziarie nazionali e attribuibile allo Stato membro di cui trattasi.
Inoltre, se un comportamento di uno Stato consistente in una prassi amministrativa in contrasto con gli obblighi del diritto comunitario può essere idoneo a costituire un inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, occorre che tale prassi amministrativa presenti un certo grado di costanza e di generalità.
(v. punti 48-50)
2. La lettera di diffida inviata dalla Commissione allo Stato membro e poi il parere motivato emesso dalla Commissione ai sensi dell’art. 226 CE delimitano la materia del contendere, che quindi non può più essere ampliata. Di conseguenza, il parere motivato e il ricorso della Commissione devono vertere sugli stessi addebiti già mossi nella lettera di diffida che apre il procedimento precontenzioso.
Tuttavia, non si potrà esigere in ogni caso una perfetta coincidenza tra l’esposizione degli addebiti nella lettera di diffida, il dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, quando l’oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto.
(v. punti 59-61)
3. Il ricorso da parte di un’autorità nazionale alla nozione di ordine pubblico, in quanto deroga al principio fondamentale della libera circolazione delle persone, presuppone, in ogni caso, oltre alla perturbazione dell’ordine sociale insita in qualsiasi infrazione della legge, l’esistenza di una minaccia effettiva ed abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della collettività.
Viene meno al riguardo agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 39 CE, 3 della direttiva 64/221, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d’ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, e 10 della direttiva 73/148, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all’interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi, uno Stato membro che stabilisca che, nel caso in cui si tratti di cittadini comunitari aventi una carta di soggiorno a tempo indeterminato, solo «gravi» motivi di ordine pubblico possano giustificare un’espulsione. Una siffatta normativa nazionale suscita infatti un dubbio in merito alla corretta considerazione delle prescrizioni del diritto comunitario riguardo ai cittadini comunitari aventi una carta di soggiorno a tempo determinato.
(v. punti 34, 70, 72, 126 e dispositivo)