Causa C-373/02

Sakir Öztürk

contro

Pensionsversicherungsanstalt der Arbeiter

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Gerichtshof (Austria)]

«Art. 9 dell’Accordo di associazione CEE‑Turchia — Art. 3 della decisione n. 3/80 — Principio della parità di trattamento — Art. 45, n. 1, del regolamento (CEE) n. 1408/71 — Previdenza sociale dei lavoratori migranti — Pensione di vecchiaia — Pensione anticipata in caso di disoccupazione — Presupposto costituito dal percepimento, da parte del lavoratore, di prestazioni di disoccupazione nello Stato membro interessato»

Massime della sentenza

Accordi internazionali — Accordo di associazione CEE‑Turchia — Previdenza sociale dei lavoratori migranti — Pensione di vecchiaia anticipata a motivo di disoccupazione — Normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto al percepimento, per un periodo determinato antecedente alla domanda, di prestazioni corrisposte dall’assicurazione nazionale contro la disoccupazione — Inammissibilità

(Decisione n. 3/80 del Consiglio di associazione CEE‑Turchia, art. 3, n. 1)

L’art. 3, n. 1, della decisione del Consiglio di associazione CEE‑Turchia, n. 3/80, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri ai lavoratori turchi e ai loro familiari, dev’essere interpretato nel senso che osta all’applicazione di una normativa di uno Stato membro che subordini il riconoscimento del diritto ad una pensione di vecchiaia anticipata a motivo di disoccupazione alla condizione che l’interessato abbia unicamente beneficiato, per un certo periodo antecedente alla domanda di pensione, di prestazioni da parte dell’assicurazione di disoccupazione di tale Stato.

(v. punto 68 e dispositivo)











SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
28 aprile 2004(1)

«Art. 9 dell'Accordo di associazione CEE-Turchia – Art. 3 della decisione n. 3/80 – Principio della parità di trattamento – Art. 45, n. 1, del regolamento (CEE) n. 1408/71 – Previdenza sociale dei lavoratori migranti – Pensione di vecchiaia – Pensione anticipata in caso di disoccupazione – Presupposto costituito dal percepimento, da parte del lavoratore, di prestazioni di disoccupazione nello Stato membro interessato»

Nel procedimento C-373/02,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dall'Oberster Gerichtshof (Austria) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Sakir Öztürk

e

Pensionsversicherungsanstalt der Arbeiter,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 9 dell'Accordo che crea un'associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato ad Ankara, il 12 settembre 1963, dalla Repubblica di Turchia, da un lato, e dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall'altro, e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità mediante la decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE (GU 1964, n. 217, pag. 3685), nonché sull'interpretazione dell'art. 45, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, come modificato e aggiornato dal regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118 (GU 1997, L 28, pag. 1),

LA CORTE (Grande Sezione),,



composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C. W. A. Timmermans, C. Gulmann e J. N. Cunha Rodrigues, presidenti di sezione, dai sigg. J.-P. Puissochet e R. Schintgen (relatore), dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, e dai sigg. S. von Bahr e K. Lenaerts, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: sig. R. Grass

viste le osservazioni scritte presentate:

per il sig. Öztürk, dal sig. P. Guhl, Rechtsanwalt;

per il governo austriaco, dal sig. E. Riedl, in qualità di agente;

per il governo tedesco, dal sig. W.-D. Plessing, in qualità di agente;

per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra H. Michard e dal sig. W. Bogensberger, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 12 febbraio 2004,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
Con ordinanza 17 settembre 2002, pervenuta in cancelleria il 17 ottobre successivo, l’Oberster Gerichtshof ha sottoposto alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, due questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione dell’art. 9 dell’Accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato ad Ankara, il 12 settembre 1963, dalla Repubblica di Turchia, da un lato, e dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro, e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità mediante la decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE (GU 1964, n. 217, pag. 3685; in prosieguo: l’«accordo di associazione»), nonché sull’interpretazione dell’art. 45, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, come modificato e aggiornato dal regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118 (GU 1997, L 28, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 1408/71»).

2
Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia tra il sig. Öztürk e la Pensionsversicherungsanstalt der Arbeiter (cassa austriaca per l’assicurazione di vecchiaia degli operai; in prosieguo: la «cassa di previdenza») riguardante il diniego di quest’ultima di concedere all’interessato una pensione di vecchiaia anticipata a motivo di disoccupazione.


Contesto normativo

L’associazione CEE-Turchia

3
A mente del suo art. 2, n. 1, l’accordo di associazione ha lo scopo di promuovere il rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le parti contraenti. A tal fine, esso comporta una fase preparatoria volta a consentire alla Repubblica di Turchia di rafforzare la propria economia con l’aiuto della Comunità (art. 3), una fase transitoria dedicata all’introduzione progressiva di un’unione doganale ed al ravvicinamento delle politiche economiche (art. 4) nonché una fase definitiva fondata sull’unione doganale ed implicante il rafforzamento della coordinazione delle politiche economiche (art. 5). Quest’ultima fase è stata raggiunta il 31 dicembre 1995 [v. decisione del Consiglio di associazione CE-Turchia 22 dicembre 1995, n. 1/95, relativa all’attuazione della fase finale dell’unione doganale (GU 1996, L 35, pag. 1)].

4
L’art. 9 dell’accordo di associazione, che trova collocazione nel titolo II di quest’ultimo, intitolato «Attuazione della fase transitoria», prevede quanto segue:

«Le Parti Contraenti riconoscono che nel campo di applicazione dell’Accordo, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari eventualmente fissate in applicazione dell’articolo 8, qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità è vietata in conformità del principio enunciato nell’articolo 7 del Trattato che istituisce la Comunità».

5
L’art. 12 dell’accordo di associazione così dispone:

«Le Parti contraenti convengono di ispirarsi agli articoli 48, 49 e 50 del Trattato che istituisce la Comunità per realizzare gradualmente tra di loro la libera circolazione dei lavoratori».

6
Il Protocollo addizionale, firmato a Bruxelles il 23 novembre 1970 e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità mediante il regolamento (CEE) del Consiglio 19 dicembre 1972, n. 2760 (GU L 293, pag. 1; in prosieguo: il «protocollo»), stabilisce, ai sensi del suo art. 1, le condizioni, le modalità ed i ritmi di realizzazione della fase transitoria contemplata dall’art. 4 dell’accordo di associazione. Il protocollo, ai sensi del suo art. 62, forma parte integrante dell’accordo di associazione.

7
Il protocollo contiene un titolo II, intitolato «Circolazione delle persone e dei servizi», il cui capitolo I è dedicato ai «Lavoratori».

8
All’art. 36, il protocollo fissa i termini per la graduale realizzazione della libera circolazione dei lavoratori tra gli Stati membri della Comunità e la Repubblica di Turchia, in conformità dei principi enunciati dall’art. 12 dell’accordo di associazione, e stabilisce che il consiglio di associazione determinerà le modalità necessarie a tal fine.

9
L’art. 39, nn. 1 e 2, del protocollo è formulato nei seguenti termini:

«1.     Prima della fine del primo anno dall’entrata in vigore del presente protocollo, il Consiglio di Associazione adotta disposizioni in materia di sicurezza sociale a favore dei lavoratori di nazionalità turca che si spostano all’interno della Comunità e delle loro famiglie residenti nella Comunità.

2.       Queste disposizioni dovranno permettere ai lavoratori di nazionalità turca, secondo modalità da fissare, il cumulo di periodi di assicurazione o di occupazione trascorsi nei vari Stati membri per quanto riguarda le pensioni e le rendite di vecchiaia, di decesso e d’invalidità, nonché l’assistenza sanitaria del lavoratore e della sua famiglia residenti nella Comunità. Queste disposizioni non potranno creare un obbligo per gli Stati membri della Comunità di prendere in considerazione i periodi trascorsi in Turchia».

10
Precisamente sulla scorta del detto art. 39 del protocollo, il consiglio di associazione ha adottato, il 19 settembre 1980, la decisione n. 3/80, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi e ai loro familiari (GU 1983, C 110, pag. 60; in prosieguo: la «decisione n. 3/80»).

11
Tale decisione mira a coordinare i regimi di previdenza sociale degli Stati membri al fine di consentire ai lavoratori turchi che lavorano od hanno lavorato in uno o più Stati membri della Comunità, nonché ai loro familiari e superstiti, di beneficiare di prestazioni nei settori tradizionali della previdenza sociale.

12
A tal fine, le disposizioni della decisione n. 3/80 rinviano sostanzialmente a talune disposizioni del regolamento n. 1408/71 e, più raramente, del regolamento (CEE) del Consiglio 21 marzo 1972, n. 574, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 1408/71 (GU L 74, pag. 1).

13
L’art. 2 della decisione n. 3/80, intitolato «Campo di applicazione quanto alle persone», così recita:

«La presente decisione si applica:

ai lavoratori che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri e che sono cittadini della Turchia,

ai familiari di tali lavoratori, che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri,

ai superstiti di tali lavoratori».

14
L’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80, intitolato «Parità di trattamento», che riprende il testo dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1408/71, dispone quanto segue:

«Le persone che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri ed alle quali sono applicabili le disposizioni della presente decisione, sono soggette agli obblighi e sono ammesse al beneficio della legislazione di ciascuno Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato, fatte salve le disposizioni particolari della presente decisione».

15
L’art. 4 della decisione n. 3/80, intitolato «Campo d’applicazione “ratione materiae”», prevede, al paragrafo 1, quanto segue:

«La presente decisione si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

(…)

b)
le prestazioni d’invalidità, comprese quelle dirette a conservare o migliorare la capacità di guadagno;

c)       le prestazioni di vecchiaia;

(...)

g)
le prestazioni di disoccupazione;

(…)».

16
Il titolo III della decisione n. 3/80, intitolato «Disposizioni particolari alle varie categorie di prestazioni», comprende disposizioni di coordinamento, ispirate al regolamento n. 1408/71, relative segnatamente alle prestazioni per i casi di invalidità, vecchiaia e morte (pensioni).

17
L’art. 32 della decisione n. 3/80 così dispone:

«La Turchia e la Comunità adottano, ciascuna per quanto la riguarda, i provvedimenti che comporta l’esecuzione delle disposizioni della presente decisione».

18
L’8 febbraio 1983 la Commissione delle Comunità europee ha presentato una proposta di regolamento (CEE) del Consiglio che stabilisce la procedura di applicazione nella Comunità economica europea della decisione n. 3/80 (GU C 110, pag. 1), ai sensi della quale tale decisione «è applicabile nella Comunità» (art. 1), e che stabilisce le «modalità d’applicazione complementari» della decisione stessa.

19
Fino ad oggi, il Consiglio dell’Unione europea non ha adottato tale proposta di regolamento.

Il regolamento n. 1408/71

20
L’art. 45, n. 1, del regolamento n. 1408/71 recita quanto segue:

«Se la legislazione di uno Stato membro subordina l’acquisizione, il mantenimento o il recupero del diritto alle prestazioni in virtù di un regime che non è un regime speciale ai sensi del paragrafo 2 o 3 al compimento di periodi di assicurazione o di residenza, l’istituzione competente di questo Stato membro tiene conto, nella misura necessaria, dei periodi di assicurazione o di residenza compiuti – sia in un regime generale sia in un regime speciale – sotto la legislazione di ogni altro Stato membro, applicabile a lavoratori subordinati o autonomi. A tal fine, essa tiene conto di detti periodi come se si trattasse di periodi compiuti sotto la legislazione che essa applica».

La normativa austriaca

21
L’art. 253 bis dell’Allgemeines Sozialversicherungsgesetz (legge generale sulla previdenza sociale), nel testo in vigore al 1° gennaio 2000 (in prosieguo: l’«ASVG»), garantisce la concessione, a determinate condizioni, di una pensione di vecchiaia anticipata segnatamente in caso di disoccupazione di lunga durata. Il n.  1 dell’articolo suddetto è formulato nei seguenti termini:

«Il diritto alla pensione di vecchiaia anticipata in caso di disoccupazione sorge per gli uomini al compimento del 60° anno di età e per le donne al compimento del 55° anno di età, qualora l’assicurato o l’assicurata:

1.
provi di aver percepito prestazioni di disoccupazione durante il periodo di inattività;

2.
possa far valere, alla data di riferimento, un minimo di 180 mensilità di contribuzioni all’assicurazione obbligatoria di vecchiaia;

3.
soddisfi, alla data di riferimento (art. 223, n. 2), il presupposto di cui all’art. 253 ter, n. 1, punto 4, ed abbia percepito per almeno 52 settimane, nel corso dei 15 mesi precedenti la data di riferimento (art. 223, n. 2), una prestazione pecuniaria dall’assicurazione di disoccupazione (…)».

22
Qualora il beneficiario raggiunga l’età pensionabile normale prevista dall’art. 253 dell’ASVG (65 anni per gli uomini, 60 anni per le donne), la pensione viene versata, ai sensi dell’art. 253 bis, n. 5, della medesima legge, a titolo di pensione di vecchiaia.

L’accordo previdenziale austro-tedesco

23
L’accordo tra la Repubblica d’Austria e la Repubblica federale di Germania sulla previdenza sociale (BGBl. III, 1998/138; in prosieguo: l’«accordo bilaterale»), entrato in vigore il 1° ottobre 1998, è, a norma del suo art. 2, n. 1, «applicabile alla normativa che rientra nell’ambito di applicazione ratione materiae» del regolamento n. 1408/71, «fatta eccezione per l’assicurazione di disoccupazione».

24
L’art. 3 dell’accordo bilaterale così dispone:

«(1)   Il presente accordo è applicabile alle persone che rientrano nell’ambito di applicazione ratione personae del regolamento [n. 1408/71].

(2)     Il presente accordo è applicabile inoltre alle persone che non sono comprese nell’ambito di applicazione ratione personae del regolamento [n. 1408/71] e

a)
che sono o sono state sottoposte alla normativa di uno o di entrambi gli Stati contraenti o

b)
che sono membri della famiglia o superstiti delle persone di cui alla lett. a)».

25
L’art. 5, nn. 1 e 2, dell’accordo bilaterale dispone quanto segue:

«(1)   Quanto alle persone indicate all’art. 3, n. 2, trovano corrispondente applicazione, nei rapporti tra i due Stati contraenti, il regolamento [n. 1408/71], il regolamento di esecuzione e gli accordi adottati per la loro attuazione, salvo che non sia diversamente disposto nel presente accordo.

(2)     Per quanto riguarda le persone menzionate all’art. 3, n. 2, gli artt. 3 e 10 del regolamento [n. 1408/71] si applicano unicamente a coloro che sono cittadini degli Stati contraenti, ai profughi e agli apolidi, nonché ai familiari e ai superstiti di tali persone».


Causa principale e questioni pregudiziali

26
Il sig. Öztürk, cittadino turco, è nato nel 1939 e risiede attualmente in Germania. Egli ha lavorato in Austria dal 1966 al 1970, e successivamente in Germania. Dal 20 luglio 1998 al 31 dicembre 1999 è rimasto disoccupato in quest’ultimo Stato membro ed ha ricevuto un’indennità di disoccupazione versata dall’Arbeitsamt Bremen [Ufficio del lavoro di Brema (Germania)].

27
Al 1° gennaio 2000 il sig. Öztürk aveva maturato 377 mensilità di contribuzione all’assicurazione obbligatoria di vecchiaia (delle quali 323 in Germania e 54 in Austria).

28
A partire dal 1° gennaio 2000 gli è stata concessa una pensione di vecchiaia anticipata a carico del sistema previdenziale tedesco.

29
Per contro, con decisione 10 aprile 2000, la cassa di previdenza austriaca ha rifiutato di concedere al sig. Öztürk una pensione di vecchiaia anticipata a motivo di disoccupazione, ai sensi dell’art. 253 bis dell’ASVG, per il fatto che, negli ultimi 15 mesi precedenti la data di riferimento, ossia il 1° gennaio 2000, l’interessato non aveva percepito alcuna indennità di disoccupazione in Austria e non poteva neppure far valere circostanze di fatto equiparate al percepimento di una prestazione di questo tipo.

30
Il ricorso proposto dal sig. Öztürk contro tale decisione è stato respinto dal giudice di primo grado a motivo del fatto che, in sostanza, l’art. 253 bis dell’ASVG è giustificato dalla situazione del mercato del lavoro in Austria, non potendosi equiparare il percepimento, da parte dell’interessato, di una prestazione pecuniaria dall’assicurazione di disoccupazione tedesca al beneficio di una prestazione versata dall’assicurazione di disoccupazione austriaca. Né l’accordo bilaterale né il regolamento n. 1408/71 consentirebbero di giungere ad una diversa conclusione.

31
La pronuncia di primo grado è stata confermata in appello. Il sig. Öztürk ha dunque proposto un ricorso per cassazione («Revision») dinanzi all’Oberster Gerichtshof.

32
Tale giudice si chiede se il fatto di non prendere in considerazione i periodi nei quali il ricorrente nella causa principale ha percepito una prestazione pecuniaria di disoccupazione in un altro Stato membro ai fini del riconoscimento del diritto a ricevere una pensione ai sensi dell’art. 253 bis dell’ASVG costituisca una discriminazione indiretta nei confronti di costui, contraria all’art. 9 dell’accordo di associazione. A questo proposito, il giudice del rinvio richiama la sentenza 10 settembre 1996, causa C-277/94, Taflan-Met e a. (Racc. pag. I-4085, punto 38), nella quale la Corte avrebbe statuito che gli artt. 12 e 13 della decisione n. 3/80, contenenti regole per il computo cumulativo dei periodi di assicurazione, non hanno efficacia diretta in mancanza di misure di attuazione adottate dal Consiglio, nonché la sentenza 4 maggio 1999, causa C‑262/96, Sürül (Racc. pag. I-2685, punto 64), nella quale la Corte avrebbe però statuito che la mancanza di misure di attuazione non può essere opposta al principio della parità di trattamento nel settore della previdenza sociale, sancito dall’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 (v. anche, in tal senso, sentenza 14 marzo 2000, cause riunite C‑102/98 e C‑211/98, Kocak e Örs, Racc. pag. I‑1287, punti 35 e 36).

33
Nel caso di specie, l’Oberster Gerichtshof parte dal principio che il sig. Öztürk non può far valere utilmente il divieto di discriminazioni fondate sulla cittadinanza sancito dall’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80, in quanto tale disposizione contemplerebbe unicamente la situazione di un cittadino turco nello Stato membro di residenza. Secondo il detto giudice, è tuttavia possibile che l’interessato possa far valere utilmente il divieto generale di discriminazioni fondate sulla cittadinanza previsto dall’art. 9 dell’accordo di associazione.

34
Il giudice del rinvio richiama tuttavia la sentenza 9 luglio 1975, causa 20/75, D’Amico (Racc. pag. 891), nella quale la Corte, pronunciandosi su fatti analoghi a quelli oggetto della causa principale, avrebbe negato l’esistenza di una discriminazione indiretta ed avrebbe statuito che l’art. 45, n. 1, del regolamento n. 1408/71 non osta ad una normativa nazionale che richieda, ai fini del riconoscimento anticipato del diritto ad una pensione di vecchiaia, che l’interessato sia disoccupato da un certo tempo e sia stato posto a disposizione dell’ufficio del lavoro dello Stato membro in questione. Il detto giudice si chiede nondimeno se tale sentenza sia tuttora pertinente, tenuto conto in particolare degli sviluppi della giurisprudenza della Corte in materia di equiparazione di situazioni di fatto, alla luce del principio di non discriminazione.

35
Ove la Corte dovesse giudicare che l’art. 9 dell’accordo di associazione non può essere validamente assunto a fondamento delle pretese del sig. Ötzürk, rimarrebbe da verificare, ad avviso del giudice del rinvio, se il detto interessato possa invocare a tal fine le disposizioni dell’accordo bilaterale e del regolamento n. 1408/71. Alla luce della giurisprudenza della Corte sulla ricevibilità dei rinvii pregiudiziali (v., in particolare, sentenze 18 ottobre 1990, cause riunite C-297/88 e C-197/89, Dzodzi, Racc. pag. I-3763, punti 16-18; 8 novembre 1990, causa C‑231/89, Gmurzynska-Bscher, Racc. pag. I-4003, punti 18-26, e 17 luglio 1997, causa C-130/95, Giloy, Racc. pag. I‑4291, punti 20-29), la Corte medesima sarebbe competente a statuire sull’interpretazione dell’art. 45, n. 1, del regolamento n. 1408/71 per quanto necessario ai fini della decisione della causa principale.

36
Sulla scorta di tali premesse, l’Oberster Gerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)
Se le disposizioni che disciplinano l’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia (in particolare l’art. 9 dell’accordo [di associazione]) debbano essere interpretate nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro che subordini l’acquisizione del diritto ad una pensione di vecchiaia anticipata in caso di disoccupazione, tra l’altro, alla condizione che il lavoratore, in quanto disoccupato, abbia percepito, per un determinato periodo di tempo precedente la data di riferimento, una prestazione pecuniaria dall’assicurazione di disoccupazione di tale Stato.

2)
In caso di soluzione negativa della prima questione, se l’art. 45, n. 1, del regolamento (…) n. 1408/71 (...) debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa di uno Stato membro che subordini l’acquisizione del diritto ad una pensione di vecchiaia anticipata in caso di disoccupazione, tra l’altro, alla condizione che il lavoratore, in quanto disoccupato, abbia percepito, per un determinato periodo di tempo precedente la data di riferimento, una prestazione pecuniaria dall’assicurazione di disoccupazione di tale Stato».


Quanto alla prima questione

37
Con la sua prima questione, il giudice di rinvio chiede in sostanza se l’art. 9 dell’accordo di associazione ovvero l’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 debbano essere interpretati nel senso che ostano all’applicazione di una normativa di uno Stato membro che subordini il riconoscimento del diritto ad una pensione di vecchiaia anticipata a motivo di disoccupazione alla condizione che l’interessato abbia beneficiato, per un certo periodo antecedente alla domanda di pensione, di prestazioni da parte dell’assicurazione di disoccupazione di tale Stato membro.

Osservazioni presentate alla Corte

38
Il sig. Öztürk fa valere che la Repubblica federale di Germania e la Repubblica d’Austria hanno normative pressoché identiche, le quali consentono ai lavoratori disoccupati di una certa età e privi di serie possibilità di reinserimento nel mercato del lavoro di ottenere una pensione anticipata. Egli dichiara dunque che percepisce in Germania, dove ha lavorato da ultimo, una pensione di vecchiaia di tale natura, il cui importo è stato calcolato sulla base dei periodi di assicurazione da lui maturati in tale Stato membro. Se, come egli chiede, una pensione siffatta gli venisse accordata anche in Austria, l’importo di questa seconda prestazione verrebbe calcolato in base ai periodi assicurativi maturati in quest’ultimo Stato membro.

39
Il sig. Öztürk ritiene di essere vittima di una discriminazione vietata dall’accordo di associazione per il fatto che la sua carriera professionale si è svolta in più di uno Stato membro. Infatti, se avesse svolto, fino alla data di inizio del suo periodo di disoccupazione, tutta la sua carriera in uno solo dei due Stati membri, avrebbe percepito, in virtù della normativa di tale Stato membro, una pensione anticipata per un ammontare corrispondente alla sua attività lavorativa complessiva.

40
Il governo austriaco ritiene che occorra fare riferimento all’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 piuttosto che all’art. 9 dell’accordo di associazione, in quanto la prima di tali disposizioni sancisce un principio di non discriminazione specifico per il settore della previdenza sociale (v. sentenza Kocak e Örs, cit., punto 36).

41
Il detto governo non condivide l’interpretazione effettuata dal giudice del rinvio, secondo cui l’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 si applicherebbe soltanto nel territorio di residenza del cittadino turco interessato. Ad avviso del detto governo, la portata di tale disposizione è identica a quella dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1408/71. Ora, ai fini dell’applicazione di quest’ultima disposizione, poco importerebbe che lo Stato membro nel quale l’interessato risiede e lo Stato membro all’interno del cui ordinamento viene invocato il principio di non discriminazione coincidano o no (v., in tal senso, sentenza 21 settembre 2000, causa C-124/99, Borawitz, Racc. pag. I‑7293, punti 23-35).

42
Secondo il governo austriaco, l’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 non vieta il rifiuto di prendere in considerazione i periodi di versamento delle indennità di disoccupazione in un altro Stato membro ai fini dell’acquisizione del diritto ad una pensione di vecchiaia anticipata. La tesi contraria porterebbe a considerare tutte le misure di coordinamento dei regimi nazionali di previdenza sociale, come ad esempio la regola del cumulo dei periodi di assicurazione, quali misure destinate a combattere le discriminazioni dissimulate. Orbene, una siffatta ampia concezione della nozione di discriminazione indiretta non sarebbe stata fatta propria dalla Corte nella citata sentenza Taflan-Met e a., che riguarda precisamente il rifiuto di procedere al cumulo di periodi di assicurazione compiuti in un altro Stato membro. Nella controversia oggetto della causa principale non sussisterebbe dunque alcuna discriminazione indiretta.

43
Tale tesi sarebbe suffragata dalla citata sentenza D’Amico, che riguarderebbe una situazione simile a quella oggetto della causa principale e nella quale la Corte avrebbe esaminato la questione esclusivamente sotto il profilo del regime del cumulo dei periodi di assicurazione previsto dall’art. 45 del regolamento n. 1408/71.

44
Il governo tedesco fa valere che la normativa nazionale in questione nella causa principale non costituisce una discriminazione contraria all’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80. Infatti, tale normativa sarebbe applicabile indipendentemente dalla nazionalità del richiedente e perseguirebbe un obiettivo legittimo di lotta contro la disoccupazione a beneficio di persone con poche possibilità di reinserimento nel mercato del lavoro nazionale. In tali circostanze, non sussisterebbero i presupposti per estendere il beneficio derivante dalla detta normativa a persone residenti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica d’Austria e non interessate dall’assicurazione di disoccupazione e dal mercato del lavoro austriaci. Il diritto comunitario avrebbe d’altra parte riconosciuto il carattere territoriale delle prestazioni di disoccupazione.

45
Secondo il governo tedesco, la citata sentenza D’Amico suffraga tale interpretazione ed è ancor oggi pertinente, malgrado gli sviluppi nel frattempo intervenuti nell’ambito della realizzazione del mercato interno, posto che un mercato del lavoro unico a livello europeo non esisterebbe oggi così come non sarebbe esistito nel 1975, all’epoca della pronuncia della detta sentenza.

46
Secondo la Commissione, occorre fare riferimento all’art. 9 dell’accordo di associazione, che è direttamente applicabile. Quanto all’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80, esso sarebbe applicabile unicamente nello Stato membro di accoglienza del cittadino turco di cui trattasi.

47
La Commissione fa valere che l’art. 9 dell’accordo di associazione osta al rifiuto da parte della competente istituzione di uno Stato membro di prendere in considerazione – come se si trattasse di sussidi erogati a titolo della normativa di tale Stato – i periodi nei quali un cittadino turco ha percepito indennità di disoccupazione in un altro Stato membro ai fini dell’acquisizione del diritto ad una pensione di vecchiaia anticipata. Un rifiuto del genere costituirebbe una discriminazione indiretta.

48
La Commissione fa riferimento, a questo proposito, alla giurisprudenza recente della Corte, successiva alla citata sentenza D’Amico, riguardante le questioni di equiparazione di fatti verificatisi in uno qualunque degli Stati membri ai fini del riconoscimento del diritto a prestazioni previdenziali, e ciò alla luce del principio della parità di trattamento.

Risposta della Corte

49
Occorre ricordare che l’art. 9 dell’accordo di associazione vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza nell’ambito di applicazione dell’accordo stesso, salve le particolari disposizioni che potrebbero essere adottate dal Consiglio di associazione. Ciò significa che, al pari dell’art. 12 CE nei suoi rapporti con le disposizioni particolari del Trattato CE o del diritto derivato, il detto art. 9 non si applica in modo autonomo qualora il Consiglio di associazione abbia adottato una specifica norma di non discriminazione, quale l’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 nel settore particolare della previdenza sociale (v., in tal senso, sentenza Kocak e Örs, cit., punto 36).

50
Di conseguenza, nella presente causa, occorre verificare in primo luogo se sia possibile invocare il principio della parità di trattamento sancito dall’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 in una situazione quale quella oggetto della causa principale, nella quale il cittadino turco di cui trattasi risiede in uno Stato membro diverso da quello nei cui confronti viene invocata la suddetta norma di non discriminazione.

51
A questo proposito, come giustamente rilevato dal governo austriaco e dall’avvocato generale al paragrafo 28 delle sue conclusioni, né dal tenore letterale dell’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80, che ricalca quello dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1408/71, né dalla finalità della prima delle due succitate disposizioni può inferirsi che questa imponga al solo Stato membro di residenza l’obbligo di garantire ai cittadini turchi, nell’applicazione della sua normativa nazionale, l’uguaglianza nel settore della previdenza sociale senza distinzione di cittadinanza. Un tale obbligo riguarda anche gli altri Stati membri in cui un cittadino turco abbia acquisito determinati diritti in materia previdenziale o maturato periodi di assicurazione, di residenza o di lavoro.

52
Tale interpretazione è suffragata dall’art. 2 della decisione n. 3/80, che definisce l’ambito di applicazione di quest’ultima includendovi in particolare i lavoratori «che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri».

53
Da ciò consegue, nella fattispecie, che il sig. Öztürk è legittimato ad invocare l’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 nei confronti delle autorità austriache, tenuto conto dei periodi di assicurazione da lui maturati in Austria prima di stabilirsi in Germania, ai fini del riconoscimento del diritto a ricevere una pensione, malgrado la circostanza che egli risieda attualmente in quest’ultimo Stato membro.

54
Quanto, in secondo luogo, alla portata del divieto di discriminazioni fondate sulla cittadinanza sancito dall’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80, va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, le regole della parità di trattamento vietano non soltanto le discriminazioni palesi, fondate sulla cittadinanza, ma anche tutte le forme dissimulate di discriminazione che, mediante l’applicazione di altri criteri distintivi, si risolvano di fatto nello stesso risultato (v. sentenza Kocak e Örs, cit., punto 39).

55
Certo, una normativa quale quella in questione nella causa principale si applica indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati.

56
Per contro, il presupposto consistente nell’aver beneficiato dell’assicurazione di disoccupazione austriaca per un certo periodo antecedente alla data di riferimento – presupposto cui la normativa austriaca subordina il riconoscimento del diritto alla pensione di vecchiaia anticipata – può essere più facilmente soddisfatto dai lavoratori nazionali che dai lavoratori migranti turchi che abbiano lavorato in Austria.

57
A tal fine, non è necessario constatare che la disposizione nazionale in questione colpisce, di fatto, una quota sostanzialmente più significativa di tali lavoratori migranti. É sufficiente rilevare che questa disposizione è idonea a produrre un effetto di tal genere (v., per analogia, sentenza 23 maggio 1996, causa C-237/94, O’Flynn, Racc. pag. I-2617, punto 21).

58
Pertanto, una normativa quale quella in questione nella causa principale determina una disparità di trattamento, quand’anche non sia direttamente fondata sulla cittadinanza.

59
Tuttavia, prima di pronunciarsi sull’eventuale giustificazione della detta disparità, occorre esaminare, in terzo luogo, la questione se la sola applicazione del principio di non discriminazione, come sancito dall’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80, sia sufficiente per eliminare gli svantaggi derivanti per i lavoratori turchi da una normativa quale quella in questione nella causa principale, tenuto conto di quanto statuito al punto 38 della citata sentenza Taflan‑Met e a., secondo cui, fintantoché misure complementari, quali quelle contenute nel regolamento n. 574/72, indispensabili per l’attuazione della detta decisione, non siano state adottate dal Consiglio, le disposizioni della decisione medesima non hanno efficacia diretta nel territorio degli Stati membri e non possono dunque essere invocate dinanzi ai giudici nazionali (v., pure in tal senso, sentenza Sürül, cit., punto 54).

60
Lo stesso vale per la norma relativa al cumulo dei periodi di assicurazione nei diversi settori della previdenza sociale contemplati dall’art. 4, n. 1, della decisione n. 3/80. Per contro, l’art. 3, n. 1, di tale decisione introduce, nell’ambito di applicazione di quest’ultima, un principio preciso e incondizionato sufficientemente operativo per essere applicato dal giudice nazionale (sentenza Sürül, cit., punti 62-74).

61
Secondo il governo austriaco, la presa in considerazione – ai fini del riconoscimento del diritto ad una pensione di vecchiaia anticipata in uno Stato membro a favore di un lavoratore turco – dei periodi di versamento delle prestazioni di disoccupazione in un altro Stato membro impone il ricorso a norme tecniche che disciplinano il cumulo dei periodi di assicurazione contenute nella decisione n. 3/80, alle quali appunto, in base alla citata sentenza Taflan-Met e a., non è stata riconosciuta un’efficacia diretta e che non possono dunque essere invocate dinanzi ai giudici nazionali.

62
Tale interpretazione non può tuttavia essere accolta.

63
Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 71 e 72 delle sue conclusioni, la causa principale non verte sulla presa in considerazione di periodi di contribuzione all’assicurazione di vecchiaia, al compimento dei quali sarebbero subordinati l’acquisizione del diritto ad una pensione austriaca o il calcolo del suo ammontare.

64
Al contrario, la causa principale riguarda unicamente la presa in considerazione di un periodo di riferimento minimo durante il quale il lavoratore in questione deve aver percepito prestazioni di disoccupazione per poter eventualmente aspirare al beneficio di una pensione di vecchiaia anticipata a motivo di disoccupazione.

65
Orbene, un periodo siffatto non può in quanto tale essere considerato come un periodo di assicurazione coperto dalle norme tecniche che disciplinano il cumulo dei periodi compiuti nei diversi Stati membri ai fini dell’acquisizione, del mantenimento o del recupero di diritti previdenziali. Infatti, tale condizione, essendo intesa a dimostrare che l’interessato ha effettivamente richiesto un impiego nel corso di un certo periodo e ha incontrato difficoltà nel suo reinserimento nel mercato del lavoro, costituisce un presupposto distinto da quello relativo alla liquidazione propriamente detta dei diritti pensionistici e la cui applicazione è interamente asservita al rispetto del principio di non discriminazione sancito dall’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 (v., per analogia, ordinanza 12 febbraio 2003, causa C-23/02, Alami, Racc. pag. I‑1399, point 38).

66
Infine occorre esaminare la questione se la diversità di trattamento constatata ai punti 56-58 della presente sentenza possa essere oggettivamente giustificata, come sostiene il governo tedesco, da un obiettivo legittimo di politica sociale, per il fatto che la pensione di vecchiaia anticipata a motivo di disoccupazione dovrebbe essere intesa come una misura di protezione sociale a beneficio dei disoccupati, alla luce della situazione del mercato del lavoro nello Stato membro interessato. Stanti tali circostanze, non dovrebbero essere presi in considerazione i periodi di disoccupazione verificatisi in un altro Stato membro.

67
A questo proposito, occorre constatare che, se è pur vero che una prestazione quale quella in questione nella causa principale viene concessa ad un lavoratore il cui reinserimento nella vita attiva sia difficile e rientra senz’altro in una politica nazionale del lavoro, essa non costituisce per questo una prestazione di disoccupazione, bensì una pensione di vecchiaia. Invero, il beneficio di tale pensione viene riconosciuto prima che l’interessato abbia raggiunto l’età della pensione, purché si trovi in uno stato di disoccupazione di lunga durata. Tuttavia, l’importo della detta prestazione viene calcolato sulla base dei periodi di contribuzione dell’assicurato al regime di assicurazione di vecchiaia dello Stato membro in questione.

68
Alla luce delle osservazioni che precedono, occorre risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 3, n. 1, della decisione n. 3/80 deve essere interpretato nel senso che osta all’applicazione di una normativa di uno Stato membro che subordini il riconoscimento del diritto ad una pensione di vecchiaia anticipata a motivo di disoccupazione alla condizione che l’interessato abbia unicamente beneficiato, per un certo periodo antecedente alla domanda di pensione, di prestazioni da parte dell’assicurazione di disoccupazione di tale Stato.


Quanto alla seconda questione

69
Tenuto conto della soluzione data alla prima questione pregiudiziale, non occorre risolvere la seconda questione.


Sulle spese

70
Le spese sostenute dal governo austriaco e tedesco nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice di rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Grande Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele con ordinanza 17 settembre 2002 dall’Oberster Gerichtshof, dichiara:

L’art. 3, n. 1, della decisione del Consiglio di associazione 19 settembre 1980, n. 3/80, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi e ai loro familiari, deve essere interpretato nel senso che osta all’applicazione di una normativa di uno Stato membro che subordini il riconoscimento del diritto ad una pensione di vecchiaia anticipata a motivo di disoccupazione alla condizione che l’interessato abbia unicamente beneficiato, per un certo periodo antecedente alla domanda di pensione, di prestazioni da parte dell’assicurazione di disoccupazione di tale Stato.

Skouris

Jann

Timmermans

Gulmann

Cunha Rodrigues

Puissochet

Schintgen

Macken

Colneric

von Bahr

Lenaerts

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 aprile 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1
Lingua processuale: il tedesco.