1. Con il presente ricorso, la Commissione delle Comunità europee mira a far dichiarare che la Repubblica italiana è venuta meno
agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1996, 96/67/CE, relativa all’accesso al
mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità
(2)
(in prosieguo: la «direttiva»).
2. A sostegno del suo ricorso, la Commissione afferma che la Repubblica italiana ha violato diverse disposizioni della direttiva,
in quanto, da un lato, essa ha omesso di stabilire:
–
il periodo di durata massima di sette anni per la selezione dei prestatori di servizi d’assistenza a terra, in osservanza
dell’art. 11, n. 1, lett. d), della direttiva;
e, dall’altro, ha adottato, in particolare, due disposizioni nazionali in contrasto con la direttiva:
–
una misura sociale incompatibile con l’art. 18 della direttiva;
–
alcune disposizioni transitorie non autorizzate dalla direttiva.
I –Ambito normativo
A – La disciplina comunitaria
3. Conformemente al quinto ‘considerando’ della direttiva, la finalità di quest’ultima consiste nell’apertura dell’accesso al
mercato dei servizi di assistenza a terra, in ogni aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro
(3)
, al fine di consentire la riduzione dei costi di gestione delle compagnie aeree e il miglioramento della qualità offerta
agli utenti. Questo libero accesso deve essere realizzato in modo progressivo
(4)
.
4. Nell’ambito dell’apertura dell’accesso del mercato dell’assistenza a terra, gli Stati membri, nel rispettare gli scopi della
direttiva, possono prevedere talune misure al fine di assicurare il rispetto delle esigenze di sicurezza, di tutela dell’ambiente
e di garanzia di un livello adeguato di protezione sociale
(5)
.
5. Ai sensi della presente direttiva
(6)
, si intende per:
«(…)
d) utente di un aeroporto, qualsiasi persona fisica o giuridica che trasporti per via aerea passeggeri, posta e/o merci, da e
per l’aeroporto considerato;
e) assistenza a terra, i servizi resi in un aeroporto a un utente, quali descritti nell’allegato;
f) autoassistenza a terra, situazione nella quale un utente fornisce direttamente a se stesso una o più categorie di servizi
di assistenza e non stipula alcun contratto con terzi, sotto qualsiasi denominazione, avente per oggetto la prestazione di
siffatti servizi. In base alla presente definizione non sono considerati terzi fra loro gli utenti:
– di cui uno detiene una partecipazione maggioritaria nell’altro, ovvero
– la cui partecipazione in ciascuno degli altri è detenuta a titolo maggioritario da uno stesso ente.
g) prestatore di servizi di assistenza a terra, qualsiasi persona fisica o giuridica che fornisca a terzi una o più categorie
di servizi di assistenza a terra».
6. Tuttavia, quest’apertura dell’accesso al mercato dei servizi aeroportuali non è assoluta; infatti, è consentito agli Stati
membri prevedere deroghe, limitando il numero dei prestatori o riservando a un prestatore determinati servizi di assistenza
(7)
. Pertanto, uno Stato membro può prevedere di riservare o limitare ad almeno due il numero dei prestatori di servizi di assistenza
a terra o di utenti effettuanti l’autoassistenza, conformemente agli artt. 6, n. 2, e 7, n. 2, della direttiva. La direttiva
consente l’applicazione di questo limite ai soli servizi di assistenza bagagli, operazioni in pista, carburante e olio, assistenza
merci e posta.
7. L’art. 9 della direttiva prevede la possibilità per gli Stati membri di derogare all’apertura dell’accesso al mercato dei
servizi aeroportuali quando vincoli specifici, in particolare di capacità, non consentano l’apertura del mercato auspicata
dalla direttiva. La deroga può prevedere di limitare o riservare il numero di prestatori di servizi di assistenza o di utenti
che effettuino l’autoassistenza a terra, ovvero di vietare l’effettuazione dell’autoassistenza. Queste deroghe sono soggette
a una procedura di notificazione presso la Commissione.
8. L’art. 11 della direttiva prevede una procedura speciale, basata su criteri obiettivi, di selezione dei prestatori autorizzati
a fornire servizi di assistenza a terra nei casi in cui il loro numero sia limitato in seguito ad una decisione di uno Stato
membro, conformemente alle disposizioni prima illustrate. Ai sensi della direttiva, i prestatori sono selezionati per una
durata massima di sette anni.
9. La direttiva offre la possibilità agli Stati membri di subordinare l’attività di un prestatore di servizi o di un utente che
effettui l’autoassistenza all’ottenimento di un riconoscimento di idoneità, rilasciato da un’autorità pubblica indipendente
dall’ente di gestione dell’aeroporto
(8)
.
10. Infine, occorre sottolineare che l’art. 18 della direttiva prevede quanto segue:
«Fatta salva l’applicazione delle disposizioni della presente direttiva e nel rispetto delle altre disposizioni del diritto
comunitario, gli Stati membri possono adottare le misure necessarie per garantire la tutela dei diritti dei lavoratori e il
rispetto dell’ambiente».
B – La normativa nazionale
11. E’ il decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, recante «attuazione della direttiva 96/67/CE relativa al libero accesso
al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità» (in prosieguo: il «DLgs. n. 18/99»)
(9)
, che recepisce tale direttiva in Italia.
12. L’Ente nazionale per l’aviazione civile (in prosieguo: l’«ENAC»), ente pubblico nazionale, è responsabile della corretta applicazione
delle prescrizioni di cui al DLgs. n. 18/99.
13. La Repubblica italiana ha deciso di far uso della limitazione del numero di prestatori consentita dall’art. 6, n. 2, della
direttiva, applicando alla selezione dei prestatori la procedura speciale di cui all’art. 11 della medesima
(10)
. Il DLgs. n. 18/99 prevede parimenti i requisiti per il riconoscimento della qualifica di prestatori di servizi di assistenza
a terra.
14. L’art. 14 del DLgs. n. 18/99 riguarda in particolare la protezione sociale e prevede quanto segue:
«1. Nel garantire il libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra, nei trenta mesi successivi alla data di entrata
in vigore del presente decreto si deve salvaguardare il mantenimento dei livelli di occupazione e della continuità del rapporto
di lavoro del personale dipendente dal precedente gestore.
2. Salva restando l’ipotesi di trasferimento di ramo d’azienda, ogni trasferimento di attività concernente una o più categorie
di servizi di assistenza a terra di cui agli allegati A e B comporta il passaggio del personale, individuato dai soggetti
interessati d’intesa con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, dal precedente gestore del servizio stesso al soggetto
subentrante, in misura proporzionale alla quota di traffico o di attività acquisita da quest’ultimo».
15. Infine, l’art. 20 del DLgs. n. 18/99 contiene la seguente disposizione transitoria:
«Restano salve le situazioni contrattuali del personale dei servizi di assistenza a terra, in atto al 19 novembre 1998, che
prevedono diversi assetti organizzativi o contrattuali, sino alla scadenza dei relativi contratti, senza possibilità di proroga,
ed in ogni caso per un periodo non superiore a sei anni».
II –Il procedimento precontenzioso
16. A seguito di un esposto circostanziato dell’Associazione per i diritti degli utenti e consumatori, ricevuto in data 29 marzo
1999, la Commissione ha verificato le disposizioni rilevanti del DLgs. n. 18/99, recante attuazione della direttiva. Poiché
ha rilevato l’esistenza di diverse infrazioni al diritto comunitario, la Commissione, in data 3 maggio 2000, ha indirizzato
al governo italiano una lettera di diffida.
17. Non essendo rimasta soddisfatta della risposta fornita da questo governo, la Commissione ha inviato al medesimo un parere
motivato, con lettera datata 24 luglio 2001. Il governo italiano, tramite la propria Rappresentanza permanente, ha inviato
alla Commissione diverse note. In seguito, sono stati organizzati alcuni incontri tra rappresentanti dei servizi competenti
della Commissione ed esperti del Ministero italiano dei Trasporti, duranti i quali il governo italiano ha illustrato alcune
proposte di modifica delle disposizioni del DLgs. n. 18/99.
18. Così, nella nota della Rappresentanza permanente datata 10 maggio 2002 si affermava che le autorità italiane si facevano riserva
di comunicare gli ulteriori sviluppi della questione e attestavano la loro volontà di porre fine alle infrazioni sussistenti.
Non avendo più ricevuto notizia degli sviluppi ulteriori, il 19 dicembre 2002 la Commissione, in base all’art. 226 CE, ha
proposto il presente ricorso.
III –Il ricorso
19. Nel suo atto introduttivo, la Commissione formula tre censure a carico dello Stato membro. Essa chiede alla Corte di dichiarare
che la Repubblica italiana:
–
non ha recepito nel DLgs. n. 18/99 la durata massima di sette anni per la selezione dei prestatori di servizi di assistenza
a terra, come previsto dall’art. 11, n. 1, lett. d), della direttiva;
–
ha introdotto, con l’art. 14 del DLgs. n. 18/99, una misura sociale incompatibile con l’art. 18 della direttiva; e
–
ha previsto, nell’art. 20 del DLgs. n. 18/99, alcune disposizioni transitorie non autorizzate dalla direttiva.
20. Con lettera datata 19 gennaio 2004, il governo italiano ha comunicato alla Corte che la legge 31 ottobre 2003, n. 306, recante
modifica del DLgs. n. 18/99, ha infine introdotto il riferimento espresso alla durata massima di sette anni per la selezione
dei prestatori.
21. Con lettera depositata presso la cancelleria della Corte il 24 marzo 2004, la Commissione ha deciso di rinunciare parzialmente
al proprio ricorso limitatamente alla prima censura
(11)
. Il governo italiano ha accettato questa rinuncia parziale con lettera datata 22 aprile 2004.
22. Pertanto, esaminerò adesso anzitutto la seconda e, poi, la terza censura della Commissione.
A – Sulla censura relativa alla presenza di una misura sociale incompatibile con la direttiva
1. Argomenti delle parti
23. La Commissione addebita alla Repubblica italiana di aver introdotto l’art. 14 del DLgs. n. 18/99, che è incompatibile con
la direttiva e, in particolare, con l’art. 18 della medesima. L’art. 14 impone ai prestatori di servizi di assistenza a terra
l’obbligo di garantire il trasferimento del personale del precedente gestore di servizi, e ciò in proporzione alla quota delle
attività trasferite.
24. Siffatto obbligo eccederebbe quanto consentito dall’art. 18 della direttiva e persino quanto previsto dalla direttiva del
Consiglio 2001/23/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti
dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti
(12)
. L’art. 14 del DLgs. n. 18/99 prevede l’obbligo sistematico di trasferire il personale in caso di trasferimento di attività,
pertanto in tutti i casi, e non solo in quelli imposti dalla direttiva sul trasferimento di imprese.
25. Secondo la Commissione, nell’ambito dell’obiettivo di apertura dell’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra,
un obbligo siffatto favorisce le imprese già operanti, le quali non debbono riassumere i dipendenti di un’altra impresa; infatti,
i prestatori che vogliano accedere al mercato non possono scegliere il loro personale, poiché sono tenuti a riprendere il
personale del precedente gestore. Una situazione del genere costituirebbe, a suo parere, una restrizione alla libera prestazione
dei servizi per qualsiasi nuovo concorrente.
26. Secondo il governo italiano, le misure di protezione sociale contenute nell’art. 14 del DLgs. n. 18/99 non ostano alla finalità
della direttiva e rappresentano, in realtà, la concretizzazione della competenza conferita agli Stati membri dall’art. 18
della direttiva. Questo articolo sarebbe inoltre rispettoso della progressività voluta dalla direttiva.
27. Secondo il governo italiano, occorre collocare l’art. 14 nel contesto del DLgs. n. 18/99, la cui adozione avviene in una situazione
in cui, da un lato, il paese soffre di un tasso di disoccupazione estremamente elevato e, dall’altro, le attività aeroportuali
sono contrassegnate da contratti collettivi di lavoro consolidati da tempo. Pertanto, secondo le autorità italiane, occorreva
realizzare un mutamento graduale, tenuto conto della rilevante presenza dei sindacati, che poteva generare possibili tensioni.
In tale contesto il governo italiano ha voluto seguire una linea moderata, prevedendo una misura transitoria per i diritti
dei lavoratori i quali, altrimenti, non sarebbero più tutelabili dall’ordinamento giuridico italiano
(13)
.
28. Secondo detto governo, l’ottavo e il ventiquattresimo ‘considerando’ nonché l’art. 18 della direttiva attribuirebbero agli
Stati membri il potere di prevedere le garanzie supplementari rispetto a quelle già previste dal diritto comunitario per quanto
concerne la tutela dei diritti dei lavoratori
(14)
. Le disposizioni nazionali di attuazione devono obbligatoriamente trovare un equilibrio tra le due esigenze fondamentali
della liberalizzazione del mercato dei servizi di assistenza a terra e della tutela dei diritti dei lavoratori. Infatti, le
autorità italiane si oppongono alla posizione della Commissione, che farebbe prevalere lo scopo della liberalizzazione.
29. Occorre sottolineare che, in una nota della Rappresentanza permanente datata 31 ottobre 2001
(15)
, le autorità italiane prevedevano di sostituire l’art. 14 del DLgs. n. 18/99 con un obbligo da definire concretamente, la
cui finalità sarebbe che qualsiasi nuovo imprenditore che voglia fornire servizi di assistenza a terra dia la preferenza,
per un certo tempo, ai lavoratori dell’impresa uscente rimasti disoccupati
(16)
.
2. Valutazione
30. Al fine di valutare la seconda censura, occorre esaminare la portata dell’art. 18 della direttiva. In seguito, occorre stabilire
come si debba interpretare la portata di questa disposizione: se l’attività normativa degli Stati membri debba essere considerata
subordinata al conseguimento degli obiettivi della direttiva, come sostiene la Commissione; oppure se, al contrario, conformemente
alla posizione del governo italiano, occorra interpretare tale disposizione nel senso che essa conferisce un margine di autonomia
normativa agli Stati membri per quanto concerne la tutela sociale in sede di attuazione della direttiva.
31. Ritengo, come la Commissione, che queste misure non debbano rimettere in discussione gli obiettivi e l’efficacia pratica della
direttiva. Conformemente ai metodi ermeneutici applicati dalla Corte
(17)
, esaminerò il dettato dell’art. 18 della direttiva nonché la ratio e gli obiettivi della medesima per determinare la portata
della disposizione di cui trattasi.
32. Il testo dell’art. 18 prevede, com’è noto, che, «fatta salva l’applicazione delle disposizioni della presente direttiva e
nel rispetto delle altre disposizioni del diritto comunitario, gli Stati membri possono adottare le misure necessarie per
garantire la tutela dei diritti dei lavoratori (…)». Questa disposizione deve essere letta in combinato disposto con il ventiquattresimo
‘considerando’ della direttiva, il quale prevede che gli «Stati membri devono conservare il potere di garantire un adeguato
livello di protezione sociale al personale delle imprese che forniscono servizi di assistenza a terra».
33. Da queste formulazioni si ricava che gli Stati membri possono prevedere misure di protezione sociale in sede di attuazione
della detta direttiva. Ma la lettera di queste disposizioni non attribuisce agli Stati membri una competenza normativa illimitata
in materia di protezione sociale. Infatti, tale competenza è delimitata da una triplice condizione. Anzitutto, lo Stato membro
nell’esercizio della citata competenza non deve intralciare l’applicazione della direttiva nel suo insieme. Poi, esso deve
rispettare le altre disposizioni del diritto comunitario. Infine, le misure adottate nell’ambito di questa competenza devono
essere necessarie per garantire la protezione dei diritti dei lavoratori.
34. Come afferma la prima condizione, l’esercizio della competenza normativa degli Stati membri non deve intralciare il conseguimento
degli obiettivi della direttiva, che esaminerò qui di seguito. La seconda condizione, contenuta nel disposto dell’art. 18
della direttiva, richiama l’obbligo di rispettare le altre disposizioni del diritto comunitario quando gli Stati membri decidono
di adottare misure sociali. Così, gli Stati membri non devono infrangere la direttiva sul trasferimento di imprese in sede
di attuazione delle misure sociali da loro decise. Infine, la detta disposizione impone che la misura nazionale sia proporzionata.
35. L’interpretazione sistematica della disposizione sulla protezione sociale consente di sottolineare il posto che l’art. 18
occupa nella struttura della direttiva. Infatti, si può constatare che l’art. 18 è quasi uno dei suoi ultimi articoli
(18)
. La direttiva prevede in primo luogo l’ambito di applicazione dell’accesso al mercato dell’assistenza a terra e il significato
delle nozioni contenute nella direttiva, e l’insieme delle disposizioni delle direttiva contiene norme comunitarie applicabili
dagli Stati membri nell’ambito dell’apertura dell’accesso al mercato dell’assistenza a terra. Queste disposizioni sono molteplici
e riguardano tanto la selezione dei prestatori, il riconoscimento della loro idoneità e le deroghe, quanto le norme relative
all’accesso agli impianti.
36. L’introduzione della problematica concernente la protezione sociale appare solamente dopo il complesso delle disposizioni
concernenti l’accesso al mercato dell’assistenza a terra e il dovere imperativo per gli Stati membri di garantire la sicurezza
(19)
.
37. In tale contesto la lettura dell’art. 18 che risulta dall’esame della ratio della direttiva è univoca. Occorre leggere quest’articolo
come una problematica, indubbiamente reale, ma solo complementare all’attuazione dell’intera direttiva. Questa analisi mi
sembra conforme parimenti agli scopi di questo testo.
38. La finalità della direttiva, come ricorda giustamente la Commissione, quale enunciata nei considerando dell’atto, è duplice.
Si tratta, da un lato, di realizzare progressivamente il libero accesso al mercato e, dall’altro, di introdurre una concorrenza
effettiva e leale nel mercato dell’assistenza a terra
(20)
. Come parimenti constatato, l’insieme delle disposizioni riguarda le modalità dell’accesso al mercato dell’assistenza a terra.
Le considerazioni di protezione sociale sono pertanto complementari. Non si tratta tuttavia, come sostiene a torto la Repubblica
italiana, di far prevalere le esigenze della liberalizzazione sulla tutela dei lavoratori nell’ambito della direttiva. A mio
parere, la finalità della direttiva riguarda soltanto il mercato dell’assistenza a terra. Le disposizioni della medesima sono
previste al fine di garantirne l’apertura.
39. Questa finalità della direttiva non deve essere compromessa, a mio parere, dall’adozione da parte degli Stati membri di misure
sociali in base all’art. 18. Ebbene ritengo che l’art. 14 del DLgs. n. 18/99 comprometta la realizzazione degli scopi della
direttiva.
40. In base alle spiegazioni fornite dalle autorità italiane, la disposizione italiana non osta alla liberalizzazione del settore
dell’assistenza a terra; essa mira soltanto a realizzare un passaggio graduale tra il vecchio e il nuovo sistema, senza provocare
interruzioni drammatiche dei rapporti di lavoro. La Repubblica italiana respinge gli argomenti della Commissione, secondo
la quale la normativa controversa sarebbe in grado di falsare la concorrenza sul mercato dei servizi aeroportuali a favore
delle imprese già operanti, a svantaggio dei concorrenti potenziali. Infatti, secondo il detto Stato membro, il principio
della libera concorrenza non può servire come pretesto per svincolare questi operatori dagli obblighi imposti dalla normativa
sociale nel settore di attività di cui trattasi
(21)
.
41. Orbene, ricordo che l’art. 14 del DLgs. n. 18/99 prevede, in via provvisoria
(22)
, che, per garantire il mantenimento dei livelli di occupazione e la continuità dei rapporti di lavoro del personale e del
precedente gestore, «salva restando l’ipotesi di trasferimento di ramo d’azienda, ogni trasferimento di attività concernente
una o più categorie di servizi di assistenza a terra di cui agli allegati A e B comporta il passaggio del personale, individuato
dai soggetti interessati d’intesa con le organizzazioni sindacali dei lavoratori, dal precedente gestore del servizio stesso
al soggetto subentrante, in misura proporzionale alla quota di traffico o di attività acquisita da quest’ultimo». Queste disposizioni
prevedono pertanto una protezione sociale supplementare rispetto a quella derivante dalla direttiva sul trasferimento d’imprese.
Questa protezione sociale supplementare può giustificarsi in base all’art. 18 della direttiva a condizione che rispetti i
presupposti che ho precedentemente ricordato.
42. La disposizione legislativa nazionale impone, a titolo di protezione sociale supplementare, in pratica a qualsiasi nuovo concorrente
l’obbligo di assumere il personale del precedente gestore di servizi in proporzione alla quota di traffico o di attività acquisite.
Come la Commissione, ritengo che un obbligo siffatto possa compromettere l’apertura del mercato dell’assistenza a terra e
possa avere la conseguenza di nuocere all’efficacia pratica della direttiva. La direttiva ha come scopo l’apertura alla concorrenza
di un mercato che in passato funzionava in regime di monopolio. Questa decisione, la quale deve essere realizzata progressivamente,
è una decisione particolare nel senso che occorre consentire a nuove imprese di subentrare in attività fino a questo momento
gestite da un unico ente. Questa apertura graduale deve consentire, come sottolinea la Commissione, l’uso razionale delle
infrastrutture degli aeroporti e la diminuzione dei costi.
43. Ebbene, la misura italiana ha come conseguenza, a mio parere e come sostenuto parimenti dalla Commissione, di svantaggiare
i nuovi concorrenti potenziali rispetto alle imprese già operanti. Infatti, le imprese interessate all’accesso al mercato
dell’assistenza a terra si vedono vietare la possibilità di scegliere il proprio personale. Nell’ambito delle attività di
cui trattasi, ossia di una attività di prestazione di servizi, l’elemento della scelta del personale è determinante, poiché
è il personale che deve occuparsi della fornitura dei servizi. Limitando la scelta e la libertà di organizzazione del proprio
personale da parte delle nuove imprese che vogliano penetrare nel nuovo mercato concorrenziale, la disposizione italiana introduce
determinati vincoli gravidi per esse di pesanti conseguenze. Tali vincoli avranno l’effetto di svantaggiare queste nuove imprese
a beneficio delle imprese già operanti. Pertanto, una misura siffatta ha effettivamente come conseguenza di limitare il margine
di manovra dei nuovi concorrenti, poiché un elemento così importante come l’organizzazione del proprio personale è loro imposto
tramite questa misura nazionale.
44. Ritengo inoltre che la Commissione affermi giustamente che la misura italiana eccede le misure che possono essere considerate
necessarie per la tutela dei diritti dei lavoratori, conformemente all’art. 18 della direttiva.
45. Infatti questa misura prevede la riassunzione sistematica del personale da parte del nuovo gestore, indubbiamente in proporzione
all’attività acquisita, ma in modo incondizionato. A mio parere, disposizioni di tal genere sono sproporzionate. E’ interessante
osservare a questo proposito che il governo italiano aveva proposto, durante il procedimento precontenzioso, di sostituire
la disposizione di cui all’art. 14 del DLgs. n. 18/99, introducendo un «obbligo per l’imprenditore entrante, che intenda effettuare
assunzioni di personale, di preferire, a tempo determinato, i lavoratori dell’impresa uscente rimasti disoccupati»
(23)
. Questa alternativa al contenuto attuale dell’art. 14 del DLgs. n. 18/99 avrebbe concesso una maggiore elasticità alle nuove
imprese concorrenti.
46. A titolo meramente indicativo, come rilevato dalla Commissione in udienza, ritengo che sia parimenti possibile ipotizzare,
come alternativa, una misura nazionale la quale, invece di imporre alla nuova impresa la riassunzione dei lavoratori, ripartisca
l’onere e i problemi collegati alla protezione dei diritti dei dipendenti del gestore precedente tra quest’ultimo e il nuovo
gestore. Così, la nuova impresa, unitamente all’impresa di cui essa rileva l’attività e, se del caso, i sindacati, potrebbe
ipotizzare una riqualificazione o un indennizzo per taluni lavoratori. Una misura del genere offrirebbe il vantaggio di non
scoraggiare, con gli oneri sociali che essa impone, le nuove imprese che vogliano penetrare nel nuovo mercato aperto alla
concorrenza.
47. Pertanto, deve essere accolta la censura della Commissione, relativa alla presenza di una misura sociale incompatibile con
la direttiva nell’atto italiano di recepimento.
B – Sulla censura relativa all’introduzione di disposizioni transitorie non autorizzate dalla direttiva
48. Nel suo atto introduttivo, la Commissione ha ritenuto che le disposizioni di cui all’art. 20 del DLgs. n. 18/99 violino la
direttiva, in quanto esse consentono ad imprese con «diversi assetti organizzativi» di operare nell’ambito dell’autoassistenza
parallelamente ad utenti che effettuino la medesima selezionati conformemente alle disposizioni di questa direttiva. La Commissione
rileva che le autorità italiane sottolineano il carattere temporaneo e marginale di queste disposizioni nonché la loro intenzione
di abrogare questo articolo.
49. La direttiva definisce con chiarezza le categorie di operatori di servizi di assistenza a terra che possono essere qualificate
come categorie di prestatori di servizi di assistenza a terra e di operatori di autoassistenza. Gli enti che non soddisfino
i criteri stabiliti dalla direttiva possono operare solo in qualità di prestatori di servizi a terzi. Infatti, la direttiva
non prevede la possibilità per gli Stati membri di adottare misure transitorie per le imprese con «diversi assetti organizzativi».
Istituendo siffatte misure transitorie, il DLgs. n. 18/99 ha introdotto disposizioni in contrasto con la lettera della direttiva.
50. L’art. 20 del DLgs. n. 18/99 è pertanto incompatibile con la direttiva. Di conseguenza, è fondata la censura della Commissione
basata su quest’articolo.
IV –Conclusione
51. Alla luce delle osservazioni sin qui esposte, propongo alla Corte di statuire nel seguente modo:
«1) La Repubblica italiana, avendo introdotto, con l’art. 14 del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, una misura sociale
incompatibile, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 18 della direttiva del Consiglio 15 ottobre
1996, 96/67/CE, relativa all’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità.
2) La Repubblica italiana, prevedendo, nell’art. 20 del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, disposizioni transitorie
non autorizzate, ha violato la detta direttiva.
3) La Repubblica italiana è condannata alle spese».
GU L 272, pag. 36. A norma dell'art. 23, n. 1, della medesima, gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari
e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva non oltre un anno dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
Art. 14 della direttiva, il quale impone che i criteri stabiliti dagli Stati membri per il rilascio di tale riconoscimento
rispettino taluni principi, quali il divieto di discriminazione, il rispetto dello scopo perseguito e la garanzia di assicurare
l'accesso al mercato o l'effettuazione dell'autoassistenza nelle forme previste dalla direttiva.
La rinuncia parziale della Commissione è avvenuta prima dell'udienza del 25 marzo 2004, durante la quale essa ne ha fatto
menzione. Secondo una giurisprudenza costante della Corte la rinuncia, a fortiori pertanto quella parziale, può avvenire durante
la fase scritta o successivamente. V., in particolare, sentenza 23 maggio 1996, causa C‑331/94, Commissione/Grecia (Racc.
p. I‑2675, punti 5 e 6).
Direttiva del Consiglio 12 marzo 2001 (GU L 82, pag. 16; in prosieguo: la «direttiva sul trasferimento di imprese»). Infatti,
le misure previste dall'art. 14 del DLgs. n. 18/99 potrebbero giustificarsi solo nel quadro dell'attuazione della direttiva
sul trasferimento d'imprese. Ebbene, nella fattispecie, sottolinea la Commissione, le misure italiane si applicano a qualsiasi
ipotesi di trasferimento di attività, pertanto in un campo ben più ampio dell'ambito di applicazione della direttiva sul trasferimento
di imprese. Nell'ambito di quest'ultima, la realizzazione del trasferimento è rigorosamente circoscritta. Così, il semplice
fatto che i servizi forniti siano analoghi non consente di concludere che sussista un trasferimento di un ente economico.
La mera somiglianza delle attività non consente di concludere che ci sia un trasferimento ai sensi della direttiva sul trasferimento
d'imprese e che debba trovare applicazione l'obbligo di preservare i diritti dei lavoratori.
Punto 3.2 del controricorso, parimenti contenuto nella nota della Rappresentanza permanente 18 luglio 2000, n. 8679, quale
citato dalla Commissione nel punto 34 del suo atto introduttivo.
V., in particolare, sentenze 19 ottobre 1995, causa C‑128/94, Hönig (Racc. pag. I‑3389, punto 9); 23 marzo 2000, causa C‑208/98,
Berliner Kindl Brauerei (Racc. pag. I‑1741); 12 ottobre 2000, causa C‑372/98, Cooke (Racc. pag. I‑8683), e 29 aprile 2004,
causa C‑341/01, Plato Plastik (non ancora pubblicata nella Raccolta).
Il ventiduesimo e il ventiquattresimo ‘considerando’, i quali richiamano parimenti la possibilità per gli Stati membri di
prevedere una protezione sociale nell'ambito della direttiva, sono anch'essi tra gli ultimi ‘considerando’.
Rilevo inoltre che si tratta di un articolo tipo, il quale compare in altre normative comunitarie come considerazione complementare
presentata all'attenzione degli Stati membri. V., per esempio, in tal senso, art. 15 della proposta di direttiva del Parlamento
europeo e del Consiglio sull'accesso al mercato dei servizi portuali, COM (2001) 35 def. (GU C 154, pag. 290).
Il quinto ‘considerando’ della direttiva prevede che questa duplice finalità avrà come conseguenze positive la riduzione dei
costi di gestione delle compagnie aeree e il miglioramento della qualità offerta agli utenti. Questa duplice finalità è stata
raggiunta in pratica, come dimostrato da uno studio effettuato dalla Commissione, conformemente all'art. 22 della direttiva
(v. http://www.europa.eu.int/comm/transport/air/rules/doc/consultation_groundhandling_en.pdf, punto 1.2).