CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
CHRISTINE STIX-HACKL
presentate l'8 giugno 2004(1)



Causa C-338/02



Fixtures Marketing Ltd
contro
Svenska Spel AB


[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Högsta domstol (Svezia)]

«Direttiva 96/9/CE – Banche di dati – Tutela giuridica – Diritto sui generis – Soggetti legittimati allo sfruttamento – Investimento sostanziale – Costituzione, verifica e presentazione del contenuto di una banca di dati – Parte (non) sostanziale del contenuto di una banca di dati – Estrazione e reimpiego – Normale sfruttamento – Pregiudizio ingiustificato dei legittimi interessi del costitutore – Sport – Partite»






I – Osservazioni introduttive

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale costituisce uno dei quattro procedimenti  (2) paralleli concernenti l’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 1996 relativa alla tutela giuridica delle banche di dati  (3) (in prosieguo: la «direttiva»). Come gli altri procedimenti ha ad oggetto il cosiddetto diritto sui generis e la sua portata nel settore delle scommesse sportive.

II – Ambito normativo

A – Normativa comunitaria

2.        L’art. 1 della direttiva contiene disposizioni in ordine al campo di applicazione della medesima. Inter alia recita:

«(1)   La presente direttiva riguarda la tutela giuridica delle banche di dati, qualunque ne sia la forma.

(2)     Ai fini della presente direttiva per “banca di dati” si intende una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo».

3.        Gli artt. 7‑11 del capitolo III, disciplinano il diritto sui generis. L’art. 7, che disciplina l’oggetto della tutela, inter alia recita:

«(1)   Gli Stati membri attribuiscono al costitutore di una banca di dati il diritto di vietare operazioni di estrazione e/o reimpiego della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della stessa, valutata in termini qualitativi o quantitativi, qualora il conseguimento, la verifica e la presentazione di tale contenuto attestino un investimento rilevante sotto il profilo qualitativo o quantitativo.

(2)     Ai fini del presente capitolo:

a)
per “estrazione” si intende il trasferimento permanente o temporaneo della totalità o di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati su un altro supporto con qualsiasi mezzo o in qualsivoglia forma;

b)
per “reimpiego” si intende qualsiasi forma di messa a disposizione del pubblico della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della banca di dati mediante distribuzione di copie, noleggio, trasmissione in linea o in altre forme. La prima vendita di una copia di una banca dati nella Comunità da parte del titolare del diritto, o con il suo consenso, esaurisce il diritto di controllare la rivendita della copia nella Comunità.

Il prestito pubblico non costituisce atto di estrazione o di reimpiego.

(3)     Il diritto di cui al paragrafo 1 può essere trasferito, ceduto o essere oggetto di licenza contrattuale.

(...)

(5)     Non sono consentiti l’estrazione e/o il reimpiego ripetuti e sistematici di parti non sostanziali del contenuto della banca di dati che presuppongano operazioni contrarie alla normale gestione della banca dati o che arrechino un pregiudizio ingiustificato ai legittimi interessi del costitutore della banca di dati».

4.        L’art. 8, che disciplina i diritti e gli obblighi dell’utente legittimo, al n. 1 prevede:

«Il costitutore di una banca di dati messa in qualsiasi modo a disposizione del pubblico non può impedire all’utente legittimo della stessa di estrarre e reimpiegare parti non sostanziali, valutate in termini qualitativi o quantitativi, del contenuto di tale banca di dati per qualsivoglia fine. Se l’utente legittimo è autorizzato a estrarre e/o reimpiegare soltanto una parte della banca di dati, il presente paragrafo si applica solo a detta parte».

5.        L’art. 9 dispone che gli Stati membri possono prevedere deroghe al diritto sui generis.

B – Normativa nazionale

6.        Le disposizioni relative al diritto d’autore si trovano nella legge (1960:729) sul diritto d’autore per le opere letterarie e artistiche (in prosieguo: la «legge sul diritto d’autore»). Tale legge contiene anche disposizioni relative ai cosiddetti diritti connessi. Una raccolta di dati (banca di dati) può essere oggetto di un diritto sui generis ai sensi dell’art. 49 della suddetta legge, quando non possiede l’originalità e l’autonomia richieste per la tutela in base al diritto d’autore.

7.        In forza dell’art. 49, n. 1, della legge sul diritto d’autore, colui che ha costituito un elenco, una tabella o un altro lavoro dello stesso tipo nel quale sia raccolto un gran numero di dati o che abbia richiesto un investimento notevole, ha un diritto esclusivo di riprodurre esemplari del lavoro e di diffonderli in pubblico. La disposizione ha assunto tale formulazione in seguito ad una modifica legislativa (SFS 1997:790), entrata in vigore il 1° gennaio 1998. La modifica aveva lo scopo di attuare la direttiva. Le disposizioni dell’art. 49 della legge sul diritto d’autore sono state modificate nella stessa occasione anche per quanto riguarda le limitazioni al diritto di esclusiva e la durata della tutela.

8.        Prima di tale modifica, l’art. 49 della legge sul diritto d’autore disponeva, con riferimento al cosiddetto diritto alla tutela legale dell’elenco, che elenchi, tabelle o altri lavori dello stesso tipo nei quali fossero stati raccolti un gran numero di dati, non potessero essere riprodotti senza il consenso del costitutore. A seguito della modifica dell’art. 49 esiste, come in precedenza, una tutela per le raccolte di un gran numero di dati e inoltre una tutela per le opere che sono il risultato di un notevole investimento. L’oggetto della tutela nella legge sul diritto d’autore è dunque più esteso del diritto sui generis di cui alla direttiva sulle banche di dati. L’ambito della tutela è collegato a quanto previsto dall’art. 2 della legge sul diritto d’autore per le opere tutelate dal diritto d’autore e cioè il diritto esclusivo di riprodurre esemplari e di diffonderli in pubblico. La disposizione è volta a garantire la tutela di cui alla direttiva nei casi di estrazione dei dati e di reimpiego. Secondo i lavori preparatori alla modifica, la tutela è un po’ più estesa rispetto a quanto in realtà richieda la direttiva.

9.        Secondo il giudice del rinvio, il testo normativo non contiene alcuna disposizione corrispondente all’art. 7, n. 5, della direttiva  (4) . Nei lavori preparatori alla modifica verrebbe invece affrontata la questione di che cosa si intenda con «parte non sostanziale». In tale sede si affermerebbe che l’art. 49 non tutela i dati che sono stati raccolti nell’opera, ma che oggetto della tutela è l’opera nel suo insieme o una parte sostanziale della stessa. Inoltre risulterebbe che il diritto di esclusiva non si estende alla copia di singoli dati contenuti nell’opera. Non si estenderebbe nemmeno al caso in cui una parte non sostanziale dei dati venisse resa accessibile al pubblico attraverso una trasmissione. Un impiego reiterato di parti di per sé non sostanziali di un’opera potrebbe però essere considerato, nel suo insieme, un impiego di una parte sostanziale dell’opera.

III – Fatti e causa principale

A – Parte generale

10.      Il calcio professionistico a livello di divisioni superiori è organizzato in Inghilterra da «The Football Association Premier League Limited» e «The Football League Limited» e in Scozia da «The Scottish Football League». Premier League e Football League (con prima, seconda e terza divisione) comprendono insieme quattro serie. Prima dell’inizio di ogni stagione calcistica vengono predisposti i calendari degli incontri che saranno disputati in ciascuna divisione nel corso della stagione. I dati vengono registrati elettronicamente e sono individualmente accessibili. I calendari degli incontri sono presentati, tra l’altro, in opuscoli stampati, sia in ordine cronologico sia con riferimento ad ogni squadra compresa nelle diverse serie. Gli accoppiamenti sono indicati nella forma X contro Y (ad esempio Southampton contro Arsenal). In ogni stagione vengono giocate circa 2000 partite, distribuite su 41 settimane.

11.      Gli organizzatori del calcio inglese e scozzese hanno affidato la gestione dello sfruttamento dei calendari degli incontri, tra l’altro attraverso la concessione di licenze, alla società scozzese Football Fixtures Limited. Quest’ultima, a sua volta, ha trasmesso i propri diritti di gestione e sfruttamento, al di fuori della Gran Bretagna, alla società Fixtures Marketing Limited (in prosieguo: la «Fixtures»).

B – Parte speciale

12.      La AB Svenska Spel (in prosieguo: la «Svenska Spel») gestisce in Svezia un totocalcio, in cui si può scommettere sui risultati di partite, tra l’altro del campionato inglese e scozzese. Le partite dei campionati sono riportate su schedine nei giochi Stryktipset e Måltipset e in un programma specifico nel gioco Oddset.

13.      La Fixtures afferma che le due banche di dati – una per tutte le divisioni in Inghilterra e l’altra per tutte le divisioni in Scozia – contenenti i dati su cui sono basati i calendari degli incontri, sarebbero tutelate dall’art. 49 della legge sul diritto d’autore e che l’impiego da parte della Svenska Spel di dati tratti dai calendari degli incontri costituirebbe una violazione dei diritti di proprietà intellettuale di cui sarebbero titolari le società The F. A. Premier League Limited, The Football League Limited e The Scottish Football League.

14.      La Svenska Spel obietta che i calendari degli incontri non sono tutelati dall’art. 49 della legge sul diritto d’autore e che, in ogni caso, l’impiego da parte della società di dati sulle partite non darebbe luogo ad alcuna violazione.

15.      Nel febbraio 1999 la Fixtures ha proposto un ricorso contro la Svenska Spel al Gotland tingsrätt, chiedendo un equo compenso per l’impiego di dati tratti dai calendari degli incontri nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1998 e il 16 maggio 1999. La Fixtures ha sostenuto che le banche di dati contenenti dati relativi ai calendari degli incontri sarebbero tutelate dall’art. 49 della legge sul diritto d’autore e che la Svenska Spel attraverso la riproduzione dei dati sulle schedine avrebbe effettuato un’estrazione e/o reimpiego dei medesimi in modo tale da violare il diritto di esclusiva sulle banche di dati.

16.      La Svenska Spel ha contestato tali domande e ha sostenuto che ai calendari degli incontri non sarebbe applicabile la protezione legale degli elenchi prevista dall’art. 49 della legge sul diritto d’autore, poiché nel caso di specie non si tratterebbe né di una raccolta di una rilevante quantità di dati né del risultato di un notevole investimento. Secondo la stessa, gli investimenti compiuti in termini di lavoro e di costi sarebbero stati effettuati per permettere un calcio organizzato e inoltre la possibilità di usare le partite in un diverso gioco sarebbe un prodotto secondario rispetto allo scopo dell’investimento. Ha sostenuto, infine, che l’impiego da parte sua dei dati relativi alle partite non darebbe luogo ad alcuna violazione.

17.      Il Tingsrätt ha respinto il ricorso con sentenza 11 aprile 2000. A suo parere, ai calendari degli incontri sarebbe applicabile la protezione legale degli elenchi poiché si tratta di una raccolta per la quale è necessario un notevole investimento, tuttavia ha giudicato che l’impiego da parte della Svenska Spel dei dati ricavati da tali calendari non violerebbe i diritti della Fixtures.

18.      La Fixtures ha proposto appello contro la sentenza dinanzi allo Svea hovrätt. Con sentenza 3 maggio 2001 quest’ultimo ha confermato la decisione del Tingsrätt. Senza pronunciarsi espressamente sulla questione se ai calendari degli incontri sia o meno applicabile la tutela di cui all’art. 49 della legge sul diritto d’autore, ha stabilito che dalle indagini effettuate nella causa risultava che la Svenska Spel avesse impiegato gli stessi dati che si trovavano nelle banche di dati, ma non era stato provato che avesse effettuato un’estrazione del contenuto delle medesime e quindi neppure che avesse violato il diritto alla protezione legale degli elenchi, probabilmente applicabile alle banche dati di cui trattasi.

19.      La Fixtures ha impugnato la sentenza dello Svea hovrätt dinanzi al Högsta Domstol chiedendo che venisse accolto il suo ricorso. A suo parere, i calendari degli incontri sarebbero tutelati sia come raccolta di un gran numero di dati sia come risultato di un notevole investimento in termini di lavoro e di costi, in cui non sarebbe possibile distinguere tra il lavoro che si riferisce all’organizzazione del gioco e quello che riguarda l’elaborazione dei calendari degli incontri. Secondo la società, lo scopo per cui è stato effettuato l’investimento non avrebbe rilevanza. La possibilità di sfruttare la banca dati per le scommesse non sarebbe nemmeno un prodotto secondario rispetto al vero scopo dell’investimento nella banca di dati. La Fixtures ha depositato un resoconto del tempo, del lavoro e dei costi che l’elaborazione dei calendari degli incontri avrebbe richiesto. I costi per predisporre e gestire i calendari in Inghilterra ammonterebbero a circa GPB 11,5 milioni all’anno e i ricavi delle licenze relative ai dati su tali calendari, contenuti nella banca di dati inglese, a GPB 7 milioni all’anno. Secondo la Fixtures, inoltre, per stabilire se la Svenska Spel abbia sfruttato i calendari in questione non sarebbe rilevante il fatto che i dati siano stati ricavati da fonti diverse dai medesimi, in quanto alla fine è da essi che provengono.

20.      Per quanto riguarda l’impiego da parte della Svenska Spel die dati ricavati dai calendari degli incontri, la Fixtures sostiene, fra l’altro, che nel gioco Odds sarebbero state impiegate nel corso della stagione 1998/99 complessivamente 769 partite, il che corrisponderebbe al 38% del totale di partite nei calendari degli incontri dei campionati di calcio inglesi. Nel gioco Måltipset sarebbero state impiegate 921 partite, vale a dire il 45% del totale di partite e nel gioco Stryktipset 425 partite, costituenti il 21% delle partite contenute nella banca di dati inglese. La quota utilizzata di partite delle divisioni superiori (Premier League) in Inghilterra e in Scozia, sarebbe ancora più elevata e raggiungerebbe per la Premier League in Inghilterra rispettivamente, per i giochi summenzionati, il 90%, il 72% e il 71%. I profitti della Svenska Spel nei tre giochi di cui sopra ammonterebbero, in ogni caso, a SEK 600‑700 milioni all’anno.

21.      La Fixtures afferma, in primo luogo, che la Svenska Spel, attraverso la riproduzione di dati relativi alle partite sulle schedine, effettua un’estrazione di una parte essenziale del contenuto della banca di dati e, in secondo luogo, che si tratta di estrazione e reimpiego ripetuto e sistematico di parti del contenuto di una banca di dati. Ciò sarebbe in contrasto con la normale gestione della banca di dati e arrecherebbe un pregiudizio ingiustificato alle leghe calcio.

22.      La Svenska Spel contesta la domanda della Fixtures e afferma che l’investimento compiuto si riferisce all’elaborazione dei calendari degli incontri e non al conseguimento, alla verifica e/o alla presentazione dei dati contenuti nei medesimi. I proprietari delle banche di dati non avrebbero avuto bisogno di raccogliere i dati, verificarli e presentarli, in quanto esistevano già in forma di calendari degli incontri, creati separatamente e indipendentemente dalle banche di dati, in seguito a consultazioni tra diversi soggetti. Le banche di dati non sarebbero neppure tutelate come raccolta di un gran numero di dati. La Svenska Spel sostiene di non conoscere le banche dati di cui trattasi e che le informazioni riportate sulle schedine sarebbero state tratte da quotidiani inglesi e svedesi, dai televideo, dalle rispettive squadre di calcio, da un servizio di informazioni e, infine, dalla pubblicazione «Football Annual». Inoltre le informazioni in ordine al fatto che due squadre si incontreranno ad una determinata data sarebbero liberamente accessibili a chiunque e non potrebbero essere limitate né dal diritto d’autore né tramite un diritto sui generis. In merito all’asserita violazione, la Svenska Spel afferma che non vi sarebbe alcuna riproduzione di esemplari, poiché i dati riportati sulle schedine non costituiscono l’integralità o una parte sostanziale dei calendari degli incontri. Sarebbe erroneo considerare insieme più schedine per valutare l’entità dell’impiego. La società contesta, infine, che si tratti di un reimpiego di una parte non sostanziale di opere ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva.

23.      Secondo quanto affermato dal giudice del rinvio, la causa riguarda la questione di stabilire, da un lato, se le banche di dati che contengono le informazioni su cui si basano i calendari degli incontri siano tutelati dall’art. 49 della legge sul diritto d’autore e, d’altro lato, se l’impiego da parte della Svenska Spel di informazioni sulle partite costituisca una violazione del diritto del costitutore della banca di dati.

24.      Il giudice del rinvio motiva la necessità della domanda di pronuncia pregiudiziale evidenziando che l’art. 49 della legge sul diritto d’autore mira a trasporre la direttiva sulle banche di dati e che tale articolo deve pertanto essere interpretato alla luce della direttiva stessa. Dal testo della direttiva non si evincerebbe alcuna chiara indicazione per stabilire se lo scopo o gli scopi per cui la banca di dati è stata costituita debbano essere presi in considerazione nel giudicare se la medesima sia tutelata e, in caso affermativo, quale sia l’importanza da attribuire a tale scopo o a tali scopi. Non risulterebbe nemmeno chiaro quale genere di investimenti in termini di lavoro e di costi sia da valutare per risolvere la questione se si sia in presenza di un investimento notevole. Sarebbe inoltre poco chiaro come debbano essere interpretate le espressioni contenute nella direttiva «Estrazione e/o reimpiego [della totalità o di una parte sostanziale della banca di dati]» nonché «normale gestione» e «[tramite la] estrazione e/o reimpiego di parti non sostanziali del contenuto della banca di dati (…) arrechino un pregiudizio ingiustificato».

IV – Questioni pregiudiziali

25.      Lo Högsta Domstol chiede alla Corte una pronuncia pregiudiziale sulle questioni seguenti:

«1)
Se per valutare se una banca di dati sia il risultato di un “investimento rilevante” ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva […] debba essere preso in considerazione un investimento, compiuto dal costitutore di una banca di dati, che mira principalmente alla costituzione di qualcosa che è autonomo rispetto alla banca di dati e che di conseguenza non riguarda esclusivamente “il conseguimento, la verifica e la presentazione” del sostenuto di una banca di dati. Se, in tal caso, abbia una qualche importanza il fatto che l’investimento o parti di esso costituiscano ciò nondimeno un presupposto della banca di dati».

2)
Se una banca di dati goda della tutela della direttiva sulle banche di dati esclusivamente per attività che rientrano nello scopo che il costitutore della banca di dati voleva conseguire con la costituzione della stessa.

3)
Che cosa si intenda con l’espressione “di una parte sostanziale del contenuto della [banca di dati], valutata in termini qualitativi o quantitativi”, di cui all’art. 7, n. 1.

4)
Se la tutela della direttiva ai sensi dell’art. 7, n. 1, e dell’art. 7, n. 5, contro l’“estrazione e/o il reimpiego” del contenuto di una banca dati sia limitata a quegli impieghi che implicano uno sfruttamento diretto della banca di dati oppure se la tutela riguardi anche l’impiego del contenuto, quando il medesimo si trova in un’altra fonte (fonte secondaria) oppure è generalmente accessibile al pubblico.

5)
Come debbano essere interpretate le nozioni di “normale gestione” e “pregiudizio ingiustificato” di cui all’art. 7, n. 5 della direttiva».

V – Sulla ricevibilità

26.      Parecchi aspetti delle questioni pregiudiziali non hanno ad oggetto l’interpretazione del diritto comunitario, vale a dire della direttiva, bensì l’applicazione di quest’ultima ad un caso concreto. A riguardo, occorre convenire con la Commissione che ciò non rientra fra i compiti della Corte nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE, ma fra quelli del giudice nazionale, e che la Corte nel presente procedimento deve limitarsi all’interpretazione del diritto comunitario.

27.      Per consolidata giurisprudenza della Corte infatti, nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’art. 234 CE, basato su una netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale  (5) .

28.      La Corte non è quindi competente a decidere il caso di specie oggetto del procedimento principale o ad applicare le disposizioni di diritto comunitario da essa stessa interpretate ai provvedimenti o alle realtà nazionali, essendo a tal fine competente esclusivamente il giudice del rinvio. La valutazione di singole operazioni riguardanti la banca di dati oggetto del presente procedimento richiede un apprezzamento di fatti che spetta al giudice nazionale  (6) . Per il resto, la Corte è competente a risolvere le questioni pregiudiziali.

VI – Sulla fondatezza: analisi

29.      Le questioni pregiudiziali proposte dal giudice del rinvio riguardano l’interpretazione di una serie di disposizioni della direttiva, in sostanza di determinate nozioni. Gli aspetti trattati nelle suddette disposizioni appartengono ad ambiti differenti e vanno, di conseguenza, ordinati. Mentre alcune questioni giuridiche riguardano l’effettivo ambito di validità della direttiva, altre hanno ad oggetto i presupposti e il contenuto del diritto sui generis.

A – Oggetto della tutela: presupposti (prima e seconda parte questione pregiudiziale)

30.      Affinché una banca di dati possa beneficiare del diritto sui generis di cui all’art. 7 della direttiva, occorre che siano soddisfatte le condizioni previste nella medesima disposizione. Il presente procedimento concerne l’interpretazione di alcuni di tali criteri.

31.      In questo contesto occorre far riferimento alla discussione giuridica sulla questione se il diritto sui generis di cui si dibatte debba servire a tutelare la prestazione, vale a dire sostanzialmente l’attività del costitutore di una banca dati, oppure il risultato scaturito da detta attività. A riguardo bisogna considerare che la direttiva tutela le banche di dati e cioè il loro contenuto, non invece le informazioni in esse raccolte, in quanto tali. In conclusione, si tratta della tutela del prodotto, sebbene indirettamente venga così tutelato anche quanto per esso speso, vale a dire l’investimento (7) .

32.      I presupposti elencati nell’art. 7 della direttiva si aggiungono a quelli previsti nell’art. 1, n. 2. Con i primi l’oggetto della tutela è definito in modo più rigoroso rispetto alla «banca di dati» di cui all’art. 1.

33.      Il diritto sui generis recentemente introdotto dalla direttiva si rifà ai diritti sui cataloghi, di origine nordica, e al «geschriftenbescherming» olandese. Ciò non deve però indurre ad applicare alla direttiva le nozioni sviluppate dalla dottrina e dalla giurisprudenza in relazione a tali istituti precursori. Al contrario, la direttiva dovrebbe diventare il criterio di interpretazione dei diritti nazionali, anche per tutti quegli Stati membri nei quali già prima di essa vigevano disposizioni simili. Anche in detti Stati membri vi era la necessità di adeguare la normativa interna ai contenuti della direttiva.

1. «Investimento rilevante»

34.      L’espressione «investimento rilevante» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, rappresenta un concetto chiave per la determinazione dell’oggetto del diritto sui generis. Questo presupposto viene precisato nel senso che la rilevanza dev’essere intesa in «termini qualitativi o quantitativi». La direttiva, tuttavia, non fornisce una definizione giuridica per queste due alternative. La dottrina pretende che il relativo chiarimento provenga dalla Corte. Detta richiesta è giustificata poiché soltanto così è garantita un’interpretazione comunitaria autonoma e omogenea. Non va però ignorato che l’applicazione dei criteri interpretativi rimane, in ultima analisi, di competenza dei giudici nazionali, circostanza che comporta il rischio di un’applicazione non uniforme.

35.      Come già risulta dalla configurazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva, il concetto di «investimento rilevante» va inteso in modo relativo. Sulla base delle motivazioni della Posizione comune, nella quale è stata elaborata la versione definitiva della suddetta disposizione, devono essere tutelati gli investimenti effettuati per raccogliere e mettere insieme il contenuto di una banca di dati  (8) .

36.      Gli investimenti devono quindi riferirsi a determinate attività relative alla costituzione di una banca di dati. L’art. 7 prevede tassativamente, a riguardo, le tre seguenti attività: il conseguimento, la verifica e la presentazione del contenuto della banca di dati. Poiché tali elementi costituiscono oggetto di un’altra questione pregiudiziale, in questa sede non occorre approfondirne il significato.

37.      Nel quarantesimo ‘considerando’ è specificato a quali tipi di investimenti la disposizione possa riferirsi. L’ultima frase di quest’ultimo recita: «tale investimento può consistere nell’impegnare mezzi finanziari e/o tempo, lavoro ed energia». Nel settimo ‘considerando’ si parla di investimenti di considerevoli risorse umane, tecniche e finanziarie.

38.      Il concetto di «rilevante» va − anche − inteso relativamente, vale a dire, da un lato, con riferimento ai costi e all’ammortamento  (9) e, d’altro lato, all’estensione, al tipo e al contenuto della banca di dati, nonché al campo della medesima  (10) .

39.      Non vengono quindi tutelati soltanto gli investimenti che in termini assoluti hanno un valore elevato  (11) . Tuttavia, il criterio di «rilevante» non va inteso soltanto in modo relativo. Per la determinazione degli investimenti degni di tutela la direttiva richiede, infatti, come una sorta di regola de‑minimis, anche una soglia minima assoluta  (12) . Ciò risulta dal diciannovesimo ‘considerando’, secondo cui l’investimento dev’essere «sufficientemente rilevante»  (13) . Detta soglia deve però essere bassa. Ciò si deduce, in primo luogo, dal cinquantacinquesimo ‘considerando’  (14) , nel quale manca una più precisa determinazione del livello e, in secondo luogo, dal fatto che la direttiva è finalizzata ad armonizzare differenti ordinamenti. Inoltre, una soglia minima troppo elevata indebolirebbe la funzione perseguita dalla direttiva, vale a dire di stimolare gli investimenti.

40.      Molti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte aderiscono, nelle loro memorie, alla cosiddetta «teoria dello spin‑off», in base alla quale i prodotti secondari non beneficerebbero della tutela giuridica. Dovrebbero essere realizzati soltanto quegli incassi che servono ad ammortizzare l’investimento. Detti soggetti hanno fatto riferimento alla circostanza che la banca di dati oggetto del presente procedimento sarebbe necessaria per l’organizzazione degli incontri sportivi, vale a dire che sarebbe stata costituita con questa finalità. L’investimento servirebbe ad organizzare gli incontri e non, o non soltanto, a costituire la banca di dati. Esso sarebbe stato in ogni caso effettuato, anche perché sussiste un obbligo di predisporre tale organizzazione. La banca di dati, pertanto, è solo un prodotto secondario di un altro mercato.

41.      Nel presente procedimento occorre quindi chiarire se e in che modo la cosiddetta «teoria dello spin‑off» possa avere rilevanza nell’interpretazione della direttiva e, in particolare, del diritto sui generis. Con riferimento alle considerazioni svolte nel presente procedimento in ordine alla tutela delle banche di dati, che sarebbero meri prodotti secondari, appare necessario smitizzare la «teoria dello spin‑off». Questa teoria, a prescindere dalle origini a livello nazionale, è riconducibile agli scopi della direttiva che emergono dal decimo fino al dodicesimo ‘considerando’, consistenti nella creazione di uno stimolo agli investimenti tramite il miglioramento della tutela dei medesimi. Essa è corroborata anche dall’idea che gli investimenti debbano essere ammortizzati tramite gli incassi provenienti dall’attività principale. La «teoria dello spin‑off» è correlata anche con il fatto che la direttiva tutela soltanto quegli investimenti che, fra l’altro, sono necessari per il conseguimento del contenuto di una banca di dati  (15) . Tutti questi argomenti sono rilevanti e, in sede di interpretazione della direttiva, devono essere considerati. Ciò, tuttavia, non deve portare ad escludere dalla tutela ogni effetto di spin‑off soltanto sulla base di una teoria. Per l’interpretazione della direttiva sono e rimangono decisive le sue disposizioni.

42.      Per risolvere le problematiche giuridiche oggetto del presente procedimento occorre affrontare innanzi tutto la questione se la tutela di una banca di dati dipenda dalle intenzioni del costitutore o dallo scopo della medesima, nel caso in cui questi due elementi non coincidano. A riguardo ci si potrebbe accontentare dell’indizio consistente nel fatto che né l’art. 1, né l’art. 7 della direttiva fanno alcun riferimento allo scopo della banca di dati. Qualora il legislatore comunitario avesse voluto prevedere una simile condizione, l’avrebbe sicuramente fatto. Sia l’art. 1 sia l’art. 7 dimostrano infatti che il legislatore comunitario era intenzionato a stabilire, tramite gli stessi, una serie di condizioni. Lo scopo della banca di dati non costituisce, quindi, un criterio per valutare se la medesima sia o meno degna di tutela giuridica. Determinanti risultano, piuttosto, le condizioni previste nell’art. 7. Nemmeno il quarantaduesimo ‘considerando’, fatto valere da alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, può mutare tale conclusione. In primo luogo, il medesimo concerne l’estensione del diritto sui generis e, inoltre, anche in esso è attribuita importanza al fatto che non venga arrecato danno all’investimento.

43.      Tuttavia, anche negli altri ‘considerando’ della direttiva, come il dodicesimo, il diciannovesimo e il quarantesimo, i quali fanno riferimento agli investimenti e ne sottolineano l’importanza, non emerge alcun indizio che possa portare a ritenere che la tutela di una banca di dati dipenda dal suo scopo.

44.      Nella realtà possono esserci anche costitutori che con una banca di dati intendono perseguire più scopi. Può allora accadere che gli investimenti compiuti non siano riconducibili ad un determinato singolo scopo, oppure non siano separabili in relazione ai vari scopi. In questa situazione il criterio dello scopo di una banca di dati non fornirebbe alcuna soluzione certa. O l’investimento sarebbe tutelato indipendentemente dall’esistenza di un altro scopo oppure rimarrebbe, a causa dell’altro scopo, totalmente privo di tutela. Il criterio dello scopo si dimostra perciò o impraticabile o in contrasto con l’obiettivo della direttiva. Infatti, escludere dalla tutela le banche di dati che servono a più scopi andrebbe contro l’obiettivo di stimolare gli investimenti. Quelli diretti a costituire banche di dati multifunzionali sarebbero fortemente scoraggiati.

45.      La banca di dati oggetto del procedimento principale è un esempio del fatto che la costituzione della medesima persegue anche il fine di organizzare i calendari delle partite. Pretendere che per ogni scopo venga ogni volta costituita una banca di dati separata − magari quasi identica − contrasterebbe con considerazioni basilari di natura economica e non potrebbe essere richiesto dalla direttiva.

46.      Il valutare se nel procedimento principale si sia in presenza di un investimento rilevante implica l’applicazione dei suddetti criteri ad una fattispecie concreta. Sulla base della ripartizione delle competenze in un procedimento pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE, ciò rientra nelle attribuzioni del giudice nazionale. Nel valutare l’investimento nella banca di dati occorre, in ogni caso, considerare le circostanze da tener presenti in sede di formazione dei calendari delle partite, come ad esempio l’attrazione che il gioco esercita sullo spettatore, gli interessi degli allibratori, la commercializzazione tramite associazioni, altri eventi locali alla data stabilita, l’adeguata distribuzione geografica delle partite, nonché la prevenzione di problemi di ordine pubblico. Infine, occorre considerare anche il numero delle partite. La prova del tipo di investimenti effettuati incombe a colui che fa valere il diritto sui generis.

2. «Conseguimento» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva

47.      Nella presente causa è controverso se si sia in presenza di un conseguimento ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. Tale disposizione, infatti, tutela soltanto gli investimenti effettuati per il «conseguimento», la «verifica» e la «presentazione» del contenuto di una banca di dati.

48.      Occorre partire dal significato del diritto sui generis, cioè dalla tutela del costitutore di una banca di dati. Bisogna perciò poter considerare la costituzione come nozione sovraordinata  (16) di conseguimento, verifica e presentazione.

49.      La causa principale concerne un problema giuridico molto controverso, e precisamente quello di accertare se e − eventualmente a quali condizioni − in che misura la direttiva tuteli non soltanto dati già esistenti, ma anche dati nuovi creati dal costitutore. Se il conseguimento riguardasse soltanto dati esistenti, anche la tutela dell’investimento si riferirebbe soltanto al conseguimento di tali dati. Qualora si interpretasse, quindi, la nozione di conseguimento in questo senso, la tutela della banca di dati oggetto della causa principale dipenderebbe da se i dati conseguiti siano o meno esistenti.

50.      Se invece si partisse dalla nozione sovraordinata di costituzione, vale a dire di accorpamento del contenuto della banca di dati  (17) , potrebbero essere tutelati sia dati esistenti sia dati nuovi  (18) .

51.      Potrebbe essere chiarificatorio un confronto tra la nozione di «conseguimento» impiegata nell’art. 7, n. 1, e le attività indicate nel trentanovesimo ‘considerando’ della direttiva. Prima di iniziare andrebbe però segnalato che esistono divergenze tra le varie versioni linguistiche.

52.      Se si considera che il concetto di «conseguimento» impiegato nella versione tedesca dell’art. 7, n. 1, (Beschaffung), esso può riferirsi soltanto a dati esistenti, in quanto si può conseguire solo qualcosa che già esiste. Da questo punto di vista, il conseguimento (Be schaffung) rappresenta proprio il contrario della creazione (Er schaffung). Allo stesso risultato si perviene interpretando i termini utilizzati nelle versioni portoghese, francese, spagnola e inglese, che derivano tutti dal latino «obtenere», che significa ottenere. Anche le versioni finlandese e danese fanno propendere per un’interpretazione restrittiva. L’interpretazione estensiva della versione tedesca e inglese, adottata da alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento, è quindi erronea.

53.      Ulteriori indicazioni per una corretta interpretazione della nozione di «conseguimento» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, potrebbero essere ricavate dal suo trentanovesimo ‘considerando’, che rappresenta il ‘considerando’ introduttivo quanto all’oggetto del diritto sui generis. Riguardo agli investimenti tutelati, detto ‘considerando’ cita soltanto due tipi di attività, vale a dire, «ottenere» e «raccogliere» il contenuto. Anche qui, tuttavia, sorgono problemi a causa della differenza tra le varie versioni linguistiche. Nella maggior parte di esse viene impiegata per la prima delle attività citate la stessa nozione di cui all’art. 7, n. 1. Per il resto, le nozioni impiegate non descrivono sempre la stessa attività, si riferiscono, però, in sostanza, alla ricerca e alla raccolta del contenuto di una banca di dati.

54.      Le versioni linguistiche che, nel trentanovesimo ‘considerando’, impiegano due delle diverse nozioni dell’art. 7, n. 1, della direttiva, sono da intendersi nel senso che le due attività citate costituiscono sottocategorie del conseguimento ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. Si pone però in tal caso la questione di accertare perché il trentanovesimo ‘considerando’ parli soltanto di conseguimento e non, esplicitamente, anche di verifica e di presentazione. Queste ultime due nozioni vengono indicate soltanto nel quarantesimo ‘considerando’.

55.      Le versioni linguistiche che utilizzano nel trentanovesimo ‘considerando’ la medesima nozione indicata nell’art. 7, n. 1, della direttiva, devono invece essere interpretate nel senso che la nozione di conseguimento, di cui al detto ‘considerando’, va intesa in senso stretto, mentre la nozione di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva va intesa in senso ampio, vale a dire in modo da ricomprendere anche le altre attività indicate nel suddetto ‘considerando’.

56.      Tutte le versioni linguistiche consentono perciò un’interpretazione nel senso che il «conseguimento» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, non comprende la semplice produzione dei dati, ossia la mera attività del generare dati  (19) , e quindi non comprende la fase preparatoria  (20) . Quando però la creazione di dati coincide con la loro raccolta e verifica, interviene la tutela della direttiva.

57.      In tale contesto occorre ricordare che la cosiddetta «teoria dello spin‑off» non può essere seguita. Di conseguenza, anche lo scopo per cui viene conseguito il contenuto della banca di dati non può avere alcun rilievo  (21) . Ciò significa però che la tutela è possibile anche quando il conseguimento è avvenuto inizialmente per un’attività diversa dalla costituzione della banca di dati in questione. La direttiva, infatti, tutela il conseguimento di dati anche quando il medesimo non è avvenuto in relazione ad una banca di dati  (22) . Tale circostanza fa anche propendere a considerare una banca di dati esterna, che si rifà ad una banca di dati interna, ricompresa nell’ambito di tutela della direttiva.

58.      Sarà compito del giudice nazionale valutare l’attività della Fixtures sulla base dell’interpretazione della nozione di «conseguimento» sopra esposta. In merito, si tratta, in primo luogo, di qualificare i dati ed il loro trattamento, dal loro ottenimento alla loro registrazione nella banca di dati oggetto del presente procedimento. Occorrerà valutare come considerare la determinazione dei calendari degli incontri, vale a dire, in sostanza, la raccolta dei nomi delle squadre e il collegamento degli abbinamenti con luogo e data di ogni singola partita. Che nel presente procedimento si tratti di dati esistenti, è confermato dal fatto che il calendario dell’incontro è il risultato di un accordo tra più parti, in particolare tra la polizia, le associazioni e i tifosi. Si potrebbe dedurre che si tratta di dati esistenti anche considerando che, come affermato da alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, i dati sono stati creati per uno scopo diverso dalla costituzione della banca di dati.

59.      Ma anche se le attività oggetto del presente procedimento vengono qualificate come creazione di nuovi dati, potrebbe lo stesso sussistere un «conseguimento» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. Ciò si verificherebbe, ad esempio, qualora la creazione dei dati avvenisse contemporaneamente alla loro elaborazione e i due aspetti fossero inscindibili.

3. «Verifica» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva

60.      L’uso della banca di dati per l’organizzazione delle partite e per il relativo sfruttamento economico richiede che ne venga continuamente verificato il contenuto. Dagli atti si deduce che la correttezza della banca di dati in oggetto viene controllata continuamente. Quando da tale controllo emerge la necessità di apportare variazioni, vengono effettuati gli opportuni adeguamenti.

61.      Il fatto che alcuni di tali adeguamenti non siano il risultato di una verifica della banca di dati, è irrilevante. Affinché un oggetto possa beneficiare del diritto sui generis, è necessario soltanto che alcune delle attività compiute siano qualificabili come verifica ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva e che gli investimenti rilevanti concernano almeno anche la parte delle attività indicate nell’art. 7.

4. «Presentazione» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva

62.      Oltre al «conseguimento» e alla «verifica» del contenuto di una banca di dati, costituisce oggetto del diritto sui generis anche la sua «presentazione». Si tratta non soltanto della presentazione all’utilizzatore di una banca di dati, e dunque dello schema esteriore, ma anche dello schema concettuale, come la strutturazione del contenuto. Di regola, per la migliore elaborazione dei dati servono un sistema di indicizzazione e un Thesaurus. Come si deduce dal ventesimo ‘considerando’, anche questi elementi, concernenti la consultazione, possono beneficiare della tutela della direttiva  (23) .

B – Contenuto del diritto

63.      Occorre innanzi tutto ricordare che, a rigore, con l’introduzione del diritto sui generis, non si intendeva effettuare un ravvicinamento delle legislazioni, ma creare un nuovo diritto  (24) . Quest’ultimo supera i diritti di diffusione e riproduzione fino ad allora esistenti. Ciò va tenuto in considerazione anche nell’interpretazione delle operazioni vietate. Le definizioni di cui all’art. 7, n. 2, della direttiva assumono, pertanto, un significato particolare.

64.      L’art. 7 della direttiva a prima vista contiene due gruppi di disposizioni di divieto o, dal punto di vista del soggetto tutelato, cioè il costitutore di una banca di dati, due diverse categorie di diritti. Mentre il n. 1 disciplina un diritto di vietare operazioni concernenti la parte sostanziale di una banca di dati, il n. 5 proibisce determinate operazioni relative a parti non sostanziali della stessa. Stante la differenziazione tra sostanziale e non sostanziale, il n. 5 può però anche essere inteso come eccezione alla deroga risultante dal n. 1  (25) . Il n. 5 deve impedire l’elusione del divieto disciplinato dal n. 1  (26) , e può pertanto anche essere qualificato come clausola di salvaguardia  (27) .

65.      L’art. 7, n. 1, della direttiva, disciplina il diritto del costitutore di vietare determinate operazioni. Se ne deduce, al tempo stesso, un divieto di porre in essere tali operazioni suscettibili di essere proibite. Le operazioni che possono essere proibite e dunque vietate, sono innanzi tutto l’estrazione e poi il reimpiego. Le definizioni giuridiche delle nozioni di «estrazione» e di «reimpiego» si trovano nell’art. 7, n. 2, della direttiva.

66.      Il divieto previsto nell’art. 7, n. 1, non è assoluto, ma richiede che l’operazione vietata avvenga sulla totalità o su una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati.

67.      Partendo dal criterio di parte «sostanziale» o «non sostanziale», determinante per l’applicazione dell’art. 7, nn. 1 e 5, bisogna quindi procedere all’esame di entrambi tali presupposti. Successivamente occorrerà esaminare le azioni vietate ai sensi dei nn. 1 e 5.

1. Nozione di «parte sostanziale del contenuto di una banca di dati» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva (terza questione pregiudiziale)

68.      Con la suddetta questione pregiudiziale viene chiesta l’interpretazione della nozione di «parte sostanziale del contenuto di una banca di dati» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. A differenza delle altre nozioni chiave della direttiva, al riguardo non è fornita alcuna definizione giuridica. La stessa è stata soppressa nel corso del procedimento legislativo e più precisamente con la Posizione comune del Consiglio.

69.      L’art. 7, n. 1, della direttiva, prevede due alternative. Come si deduce già dal testo, la nozione di sostanziale può avere una duplice natura, quantitativa o qualitativa. Tale struttura, scelta dal legislatore, è da interpretarsi nel senso che una parte può essere sostanziale anche quando non lo sia dal punto di vista quantitativo, ma lo sia da quello qualitativo. Va quindi respinta la tesi secondo cui sarebbe necessaria anche una misura quantitativa minima.

70.      L’alternativa quantitativa dev’essere intesa nel senso che va determinata l’entità della parte della banca di dati interessata dall’operazione vietata. Si pone quindi la questione se occorra adottare un metro di giudizio relativo o assoluto. In pratica, se l’entità interessata dall’operazione vietata debba essere rapportata alla totalità del contenuto della banca di dati  (28) , oppure se debba essere valutata di per sé.

71.      A riguardo va osservato che un metro di giudizio relativo tendenzialmente va a svantaggio dei costitutari di grosse banche di dati  (29) , poiché più la banca di dati è grande, più risulta sostanzialmente piccola la parte interessata dall’operazione vietata. In tal caso potrebbe tuttavia essere adottata, come correttivo, una valutazione qualitativa complementare, quando una parte interessata relativamente piccola possa però essere considerata sostanziale dal punto di vista qualitativo. Sarebbe altrettanto possibile collegare entrambi i metri di giudizio quantitativi. Si potrebbe infatti anche ritenere sostanziale, per la sua dimensione in senso assoluto, una parte relativamente piccola.

72.      Per il resto, si pone la questione se il giudizio quantitativo possa essere collegato con quello qualitativo. In realtà ciò è rilevante soltanto per quei casi in cui il giudizio dal punto di vista qualitativo è possibile. Non essendoci nulla in contrario, in una situazione del genere è opportuno valutare le parti interessate secondo entrambi i metodi.

73.      Nell’ambito del giudizio qualitativo assume in ogni caso rilevanza il valore tecnico o economico  (30) . In questo modo può essere inclusa nella tutela anche una parte di grandezza limitata, ma sostanziale dal punto di vista del valore. Come esempio per il valore di elenchi nell’ambito dello sport, si potrebbe menzionare la loro completezza e esattezza.

74.      Il valore economico di una parte interessata dall’operazione vietata si misura, di regola, sulla base della caduta della domanda  (31) , determinata dal fatto che la parte interessata viene estratta o reimpiegata non alle condizioni di mercato, ma in altro modo. La valutazione della parte interessata, e cioè del valore economico, può anche essere effettuata dal punto di vista commerciale, vale a dire commisurata a quanto colui che ha operato l’estrazione o il reimpiego ha risparmiato.

75.      Partendo dall’obiettivo della tutela degli investimenti, perseguito dall’art. 7 della direttiva, per la valutazione della rilevanza sono da considerare sempre anche gli investimenti compiuti dal costitutore  (32) . Come risulta dal quarantaduesimo ‘considerando’, il divieto dell’estrazione e del reimpiego serve ad impedire che venga arrecato danno agli investimenti (33) .

76.      Anche gli investimenti, in particolare i costi di conseguimento  (34) , possono costituire punto di riferimento per la determinazione del valore della parte interessata di una banca di dati.

77.      La direttiva non fornisce una definizione giuridica nemmeno per quanto concerne la soglia della rilevanza dell’investimento. La dottrina è concorde nel ritenere che il legislatore comunitario abbia intenzionalmente lasciato alla giurisprudenza il compito di delimitarla  (35) .

78.      La rilevanza in ogni caso non dev’essere fatta dipendere dall’esistenza di un pregiudizio sostanziale  (36) . Il relativo riferimento a un ‘considerando’, e precisamente alla fine del quarantaduesimo, non deve infatti ritenersi sufficiente per fissare la soglia della tutela ad un livello corrispondentemente elevato. Del resto è dubbio se un «pregiudizio sostanziale» possa essere impiegato come criterio per la definizione della rilevanza, poiché il quarantaduesimo ‘considerando’ può anche essere inteso nel senso che un «pregiudizio sostanziale» sia da vedersi come una condizione supplementare in tutti i casi in cui si tratta di una parte sostanziale, cioè quando la rilevanza è già certa. Nemmeno l’effetto degli atti vietati, indicato nell’ottavo ‘considerando’, vale a dire «gravi conseguenze economiche e tecniche», può giustificare una valutazione rigorosa in ordine al pregiudizio. Entrambi i ‘considerando’ servono piuttosto a sottolineare la necessità, dal punto di vista economico, della tutela delle banche di dati.

79.      Per quanto riguarda la valutazione della parte interessata della banca di dati, è incontestato che le operazioni si verifichino settimanalmente. Si pone quindi la questione se, nel caso di un metro di valutazione relativo, le parti interessate debbano essere confrontate con la totalità della banca di dati o con la totalità della corrispondente settimana. Sarebbe infine pensabile di cumulare tutte le parti interessate settimanalmente per l’intera stagione agonistica e di confrontare soltanto la somma così ottenuta con la totalità della banca di dati.

80.      Soltanto un raffronto sulle medesime basi temporali, per la parte interessata o per la totalità, corrisponde ad un’interpretazione conforme allo scopo del diritto sui generis. Tale raffronto può essere svolto o su base settimanale, oppure sulla base del campionato. Quando risulta interessata più della metà delle partite, la parte interessata della banca di dati può comunque essere definita sostanziale. Tuttavia, può essere sufficiente anche una quota inferiore rispetto alla metà, calcolata con riferimento alla totalità delle partite, quando la quota in alcune divisioni, come ad esempio nella Premier League, è più elevata.

81.      Nel caso in cui si adottasse un metro di giudizio assoluto, le parti di volta in volta interessate dovrebbero essere cumulate fino a superare la soglia della nozione sostanziale riferita alla parte interessata. Ciò consentirebbe di determinare da quale periodo sarebbe possibile dire che sono interessate parti sostanziali.

2. Divieti concernenti la parte sostanziale del contenuto di una banca di dati (quarta questione pregiudiziale)

82.      Dal diritto del costitutore di vietare determinate operazioni, sancito dall’art. 7, n. 1, della direttiva, si evince un divieto a porre in essere tali operazioni, consistenti nell’estrazione e nel reimpiego. In una serie di ‘considerando’  (37) detti atti vengono definiti come «non autorizzati».

83.      Nel prosieguo verrà trattato come debbano essere intese le nozioni di «estrazione» e di «reimpiego». A riguardo occorre interpretare le corrispondenti definizioni giuridiche di cui all’art. 7, n. 2, della direttiva. Va, inoltre, anche qui ricordato l’obiettivo della direttiva di introdurre un nuovo tipo di tutela. Nell’interpretare entrambe le nozioni ciò fungerà da criterio guida.

84.      Per entrambe le operazioni vietate è irrilevante quale sia lo scopo o l’intenzione dell’utente del contenuto della banca di dati. Ugualmente non decisivo il fatto che l’utilizzo avvenga a fini puramente commerciali. Rimangono determinanti soltanto i fattori indicati nelle due definizioni giuridiche.

85.      Allo stesso modo, riguardo ad entrambe le operazioni vietate, a differenza di quanto previsto nell’art. 7, n. 5, non si tratta soltanto di quelle ripetute e sistematiche. Poiché, ai sensi del n. 1, le operazioni vietate devono concernere parti sostanziali del contenuto di una banca di dati, il legislatore comunitario per individuare tali operazioni è meno esigente rispetto al n. 5, che si applica alle parti non sostanziali.

86.      In merito, occorrerebbe richiamare l’attenzione su un errore di strutturazione della direttiva  (38) . Poiché anche la definizione giuridica contenuta nell’art. 7, n. 2, si basa sulla totalità o su una parte sostanziale, si ha un’inutile duplicazione di tale condizione, già disciplinata nel n. 1. La definizione giuridica di cui all’art. 7, n. 2, posta in relazione con l’art. 7, n. 5, risulta addirittura contraddittoria. Il n. 5, infatti, vieta l’estrazione e il reimpiego di parti non sostanziali. Se si interpretassero l’estrazione e il reimpiego sulla base della definizione giuridica di cui all’art. 7, n. 2, si perverrebbe al – singolare – risultato per cui l’art. 7, n. 5, vieterebbe determinate condizioni concernenti parti non sostanziali soltanto qualora tali operazioni interessassero la totalità o parti sostanziali.

87.      Molti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno fatto riferimento anche all’aspetto della concorrenza. Tale aspetto è da considerarsi alla luce del fatto che la versione definitiva della direttiva non contiene la disciplina relativa all’ottenimento di licenze obbligatorie, originariamente predisposta dalla Commissione.

88.      Coloro che sono contrari ad una tutela ampia del costitutore di una banca di dati temono il pericolo della formazione di monopoli, in particolare con riferimento a dati finora liberamente accessibili. In tale situazione un costitutore potrebbe abusare della propria posizione dominante. A riguardo occorre ricordare che la direttiva non esclude l’applicazione delle norme sulla concorrenza di diritto primario e di diritto derivato. Il comportamento di un costitutore di una banca di dati contrario alle regole della concorrenza rimane ancora soggetto a tale disciplina. Ciò risulta sia dal quarantasettesimo ‘considerando’ sia dall’art. 16, n. 3, della direttiva, ai sensi della quale la Commissione esamina se l’applicazione del diritto sui generis abbia comportato abusi di posizione dominante o altri pregiudizi.

89.      Nel presente procedimento è stata affrontata anche la questione del trattamento giuridico dei dati liberamente accessibili. In merito, i governi che hanno presentato osservazioni sostengono che la direttiva non tutela i dati accessibili al pubblico.

90.      In questo contesto occorre innanzi tutto sottolineare che la tutela concerne soltanto il contenuto delle banche di dati e non quello dei dati. Il pericolo che la tutela si estenda anche alle informazioni contenute nella banca di dati può, da un lato, essere scongiurato con un’interpretazione a questo riguardo adeguatamente restrittiva della direttiva, come qui proposto. D’altro lato, all’occorrenza, esiste l’obbligo di impiegare gli strumenti nazionali e comunitari del diritto della concorrenza.

91.      Quanto alla tutela dei dati, costituenti il contenuto di una banca di dati che l’utilizzatore dei medesimi ignora, occorre osservare che la direttiva vieta soltanto determinate operazioni, quali l’estrazione e il reimpiego.

92.      Mentre il divieto di estrazione disciplinato nella direttiva presuppone che si conosca la banca di dati, per il rempiego è diverso. Su questo aspetto si tornerà nell’ambito dell’analisi della nozione di reimpiego.

a) Nozione di «estrazione» ai sensi dell’art. 7 della direttiva

93.      La nozione di «estrazione» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva va interpretata sulla base della definizione giuridica di cui all’art. 7, n. 2, lett. a).

94.      Il primo elemento è il trasferimento del contenuto di una banca di dati su un altro supporto, in modo permanente o temporaneo. Dall’impiego dell’espressione «con qualsiasi messo o in qualsivoglia forma» si deduce che il legislatore comunitario ha attribuito alla nozione di «estrazione» un significato ampio.

95.      Non è pertanto limitata soltanto al trasferimento su un supporto dello stesso tipo  (39) , ma anche su supporti di altro tipo  (40) . Anche la mera stampa ricade quindi nella nozione di «estrazione».

96.      Inoltre, affinché valga il divieto, l’«estrazione», ovviamente, non dev’essere intesa nel senso che le parti estratte non debbano più trovarsi nella banca di dati. La nozione in questione però non va nemmeno interpretata in modo così esteso da ricomprendere anche il trasferimento indiretto. È anzi necessario che il trasferimento su un altro supporto sia diretto. A differenza del «reimpiego», in questo caso non è importante che vi sia una qualche pubblicità. È sufficiente anche il trasferimento privato.

97.      Quanto al secondo elemento, vale a dire l’oggetto interessato della banca di dati («totalità o parte sostanziale»), si può rinviare a quanto esposto in ordine alla rilevanza.

98.      Spetta al giudice nazionale l’applicazione dei criteri sopra esposti alla fattispecie concreta della causa principale.

b) Nozione di «reimpiego» ai sensi dell’art. 7 della direttiva

99.      Dalla definizione giuridica contenuta nell’art. 7, n. 2, lett. b), della direttiva si evince che il reimpiego consiste in una messa a disposizione del pubblico.

100.    Con l’adozione intenzionale del concetto di «reimpiego» anziche di «riutilizzazione» il legislatore comunitario ha voluto chiaramente indicare che la tutela va accordata al gestore anche nei confronti di operazioni non commerciali.

101.    Le modalità di «reimpiego» indicate nella definizione giuridica, quali la «distribuzione di copie», il «noleggio» e la «trasmissione in linea» sono da intendersi a titolo esemplificativo, come si deduce dall’aggiunta di «in altre forme» di trascrizione.

102.    Il concetto di «messa a disposizione», nel dubbio, va interpretato in senso ampio  (41) , come lascia intendere l’aggiunta di «qualsiasi forma» nell’art. 7, n. 2, lett. b). Semplici idee  (42) o la mera ricerca di informazioni su una banca di dati  (43) non sono tuttavia incluse.

103.    Molti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno affermato che i dati oggetto della causa principale sarebbero pubblicamente noti. La relativa verifica consiste nella valutazione di una fattispecie concreta, rimessa al giudice nazionale.

104.    Tuttavia, anche se il giudice nazionale dovesse concludere che si tratta di dati pubblicamente noti, ciò non escluderebbe ancora che le parti della banca di dati, contenenti i dati pubblicamente noti, possano ugualmente beneficiare della tutela.

105.    Nell’art. 7, n. 2, lett. b), della direttiva, vi è infatti anche una norma sull’esaurimento del diritto. L’esaurimento si verifica soltanto a determinate condizioni. Una di esse consiste nella «prima vendita di una copia». Si deduce, da ciò, che l’esaurimento può avvenire soltanto con riferimento ad oggetti materiali. Se il reimpiego viene effettuato in modo diverso che con una copia, non vi è esaurimento. Tale fatto è espressamente previsto dal quarantatreesimo ‘considerando’, con riferimento alla trasmissione in linea. Il diritto sui generis non vale pertanto solo in occasione della prima «messa a disposizione del pubblico».

106.    Poiché la direttiva non attribuisce alcun rilievo al numero delle transazioni effettuate dopo la prima «messa a disposizione del pubblico», tale numero non va considerato. Se si tratta perciò di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati, essa può essere tutelata anche quando viene conseguita non dalla banca di dati medesima ma tramite una fonte indipendente, ad esempio un mezzo di comunicazione di massa nel settore della stampa o internet. A differenza dell’estrazione, il «reimpiego» comprende, infatti, anche il conseguimento indiretto del contenuto di una banca di dati. L’elemento «trasmissione» va quindi interpretato in senso ampio  (44) .

107.    Sarà compito del giudice nazionale applicare alla fattispecie concreta della causa principale i criteri sopra indicati.

3. Divieti concernenti parti non sostanziali del contenuto di una banca di dati (quinta questione pregiudiziale)

108.    L’art. 7, n. 5, della direttiva prevede, come già esposto, un divieto di estrazione e/o reimpiego di parti non sostanziali del contenuto di una banca di dati. La disposizione si differenzia dall’art. 7, n. 1, in primo luogo, per il fatto che non è vietato ogni genere di estrazione e/o reimpiego, ma soltanto quello che presenti determinate caratteristiche. Si richiede che gli atti siano «ripetuti e sistematici». Il divieto di cui al n. 5 si differenzia da quello di cui al n. 1, in secondo luogo, per l’oggetto. Tale divieto vale già per le parti non sostanziali. Per compensare il fatto che questi requisiti della parte interessata sono inferiori rispetto al n. 1, il n. 5 prevede, in terzo luogo, che le operazioni vietate abbiano una particolare efficacia. A riguardo il n. 5 prevede due alternative: l’operazione vietata è contraria alla normale gestione della banca di dati oppure gli interessi del costitutore della banca di dati vengono ingiustificatamente pregiudicati.

109.    La disposizione concernente la relazione tra operazione ed effetto dovrà essere interpretata nel senso che non è necessario che ogni songola operazione produca uno dei due effetti vietati, ma che il risultato complessivo delle operazioni ne produca uno  (45) . Lo scopo dell’art. 7, n. 5, della direttiva, così come anche del n. 1, è quello di tutelare l’interesse ad ammortizzare.

110.    L’interpretazione dell’art. 7, tuttavia, solleva in generale il problema che la versione in lingua tedesca del testo definitivo della direttiva risulta alquanto attenuata rispetto alla Posizione comune. È infatti sufficiente che l’operazione «presupponga» (hinausläuft) di avere uno degli effetti indicati nel medesimo articolo e non più invece che «equivalga» (gleichkommt) ad esso. Le altre versioni linguistiche sono formulate in modo più diretto e prevedono sostanzialmente che l’estrazione e/o il reimpiego siano contrari alla normale gestione o arrechino un pregiudizio ingiustificato agli interessi, oppure prevedono operazioni contrarie o pregiudizievoli.

111.    In questo contesto occorre esaminare le norme di diritto internazionale affini. Entrambi gli effetti previsti nell’art. 7, n. 5, della direttiva sono la riproduzione dell’art. 9, n. 2, della Convenzione di Berna riveduta e precisamente dei primi due elementi del controllo su tre livelli ivi disciplinato. Ciò però non significa ancora che le due disposizioni debbano essere interpretate in modo identico.

112.    Innanzi tutto, l’art. 9 della Convenzione di Berna riveduta persegue un altro scopo. Tale norma, infatti, attribuisce alle parti di un contratto, alle condizioni previste dal controllo su tre livelli, la facoltà di derogare al rigoroso regime di tutela. La direttiva prevede, ad esempio all’art. 9, un meccanismo simile, cioè la possibilità di deroga da parte degli Stati membri.

113.    L’art. 9 della Convenzione di Berna riveduta si differenzia inoltre per il fatto che non raffigura la «contrarietà alla normale gestione» e l’«ingiustificato pregiudizio» come alternative, ma li disciplina come due delle tre condizioni di fatto cumulative  (46) .

114.    Altre disposizioni di diritto internazionale, simili all’art. 7, n. 5, della direttiva, si trovano nell’art. 13 dell’Accordo TRIPs e in alcuni Accordi WIPO. Le ultime sono però norme da non prendere in considerazione, in quanto emanate dopo la direttiva.

115.    Quanto all’interpretazione dell’art. 13 dell’Accordo TRIPs, valgono riserve analoghe rispetto alla Convenzione di Berna riveduta. Anche l’art. 13 prevede infatti, come l’art. 9 della detta Convenzione, limitazioni e deroghe a diritti esclusivi da parte degli Stati membri. A differenza però che nell’art. 9 della Convenzione di Berna riveduta, i due effetti, vale a dire la «contrarietà alla normale gestione» e l’«ingiustificato pregiudizio», sono alternativi, come nella direttiva.

116.    Queste considerazioni dimostrano che l’interpretazione delle disposizioni di diritto internazionale sopra citate non può essere trasposta all’art. 7, n. 5, della direttiva.

117.    Sia con riferimento alle operazioni di estrazione e di reimpiego, vietate ai sensi della direttiva, sia con riferimento agli effetti di tali operazioni, ivi previsti, il fine di queste ultime è irrilevante. L’art. 7, n. 5, della direttiva, in mancanza di una disciplina fondata sullo scopo, non può essere interpretato sulla base di quest’ultimo. Se il legislatore comunitario avesse voluto attribuirgli rilievo avrebbe dovuto prevedere, nell’art. 7 della direttiva, una formulazione simile, ad esempio, a quella dell’art. 9, lett. b), della stessa.

a) «Estrazione e/o reimpiego ripetuti e sistematici»

118.    La condizione «ripetuti e sistematici» impedisce che la tutela venga elusa tramite operazioni graduali, concernenti, ogni volta, soltanto una parte non sostanziale  (47) .

119.    Non è chiaro se l’art. 7, n. 5, della direttiva preveda a riguardo due condizioni alternative o cumulative. L’interpretazione deve innanzi tutto basarsi sul testo della disposizione. Per tale via non si perviene però ad un risultato univoco. Infatti, alcune versioni linguistiche collegano i due elementi con «e»  (48) , altre invece con «o»  (49) . La maggior parte delle versioni, come anche lo scopo della direttiva, indicano però che detti elementi devono intendersi come condizioni cumulative  (50) . Un’estrazione ripetuta ma non sistematica di una parte non sostanziale del contenuto di una banca di dati non è pertanto compresa.

120.    Un’operazione è ripetuta e sistematica quando avviene ad intervalli regolari, per esempio settimanalmente o mensilmente. Se l’intervallo è breve e la parte di volta in volta interessata è piccola, l’operazione dev’essere effettuata con frequenza tale che la parte complessivamente interessata soddisfi una delle due condizioni previste dall’art. 7, n. 5, della direttiva.

b) Nozione di «normale gestione» ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva

121.    La nozione di «normale gestione» ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva, va interpretata alla luce dello scopo di tale clausola di salvaguardia. Lo si deduce, in particolare, dal preambolo della direttiva. Il quarantaduesimo ‘considerando’ cita, come motivo per impedire determinate operazioni, l’intento di evitare che si arrechi pregiudizio agli investimenti. Nel quarantottesimo ‘considerando’ l’obiettivo della tutela apprestata alla direttiva viene così espressamente indicato: «in modo che il costitutore possa ottenerne un beneficio economico».

122.    Viene pertanto indicata un’interpretazione estensiva della nozione di «normale gestione». «Contrarie alla (...) gestione» non deve quindi essere inteso solo dal punto di vista tecnico, nel senso che sono compresi unicamente effetti incidenti sull’utilizzabilità tecnica della banca di dati interessata. L’art. 7, n. 5, si riferisce invece anche ad effetti puramente economici in capo al costitutore della banca di dati. Si tratta della tutela dello sfruttamento economico in una situazione di normalità  (51) .

123.    L’art. 7, n. 5, della direttiva non si applica quindi soltanto ad operazioni finalizzate a creare un prodotto concorrenziale, contrario alla gestione della banca di dati da parte del costitutore (52) .

124.    In casi specifici, l’art. 7, n. 5, può includere anche mercati potenziali, vale a dire non ancora sfruttati dal costitutore della banca di dati. Di conseguenza è, ad esempio, sufficiente che colui che effettua l’estrazione o il reimpiego risparmi il pagamento degli oneri di licenza al costitutore della banca di dati. Permettere tali operazioni significherebbe infatti incentivare l’estrazione o il reimpiego del contenuto della banca di dati da parte anche di altre persone, senza far loro pagare gli oneri di licenza  (53) . Se vi fosse quindi la possibilità di sfruttare gratuitamente una banca di dati, gravi sarebbero le conseguenze per il valore delle licenze. Il risultato sarebbe una diminuzione degli incassi.

125.    La normativa non è nemmeno limitata all’ipotesi in cui il costitutore della banca di dati intenda sfruttarne il contenuto nello stesso modo di colui che effettua l’estrazione o il reimpiego. Ha anche poca rilevanza il fatto che, a causa di un divieto legislativo, il costitutore della banca di dati non possa sfruttarne il contenuto come colui che effettua l’estrazione o il reimpiego.

126.    In conclusione, l’espressione «contrarie alla (...) gestione» non va interpretata in modo così restrittivo da ritenere vietato soltanto l’impedimento totale della gestione. Come si deduce dalle altre versioni linguistiche, diverse da quella tedesca, il divieto è efficace già con riferimento ai contrasti di gestione, vale a dire fin da quando si verificano effetti negativi, anche in minima misura. Questa è anche la soglia a partire dalla quale può essere ritenuto che esista, per il costitutore della banca di dati, un danno che implichi il divieto.

127.    Come hanno affermato alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, sarà compito del giudice nazionale valutare, sulla base dei criteri sopra esposti, le concrete operazioni e i loro effetti sulla banca di dati oggetto del presente procedimento.

c) Nozione di «ingiustificato pregiudizio» ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva

128.    Per l’interpretazione della nozione di «ingiustificato pregiudizio» ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva, occorre innanzi tutto ricordare che già in occasione della Convenzione di Berna riveduta venne discusso se l’impiego di una nozione giuridica così indeterminata fosse opportuno. Per il resto, per interpretare tale nozione è decisivo far riferimento alla differenza con la «normale gestione».

129.    In ordine all’ambito della tutela, la disposizione controversa prevede per l’alternativa dell’«ingiustificato pregiudizio» minori condizioni rispetto all’alternativa della «normale gestione», in quanto nel primo caso vengono tutelati i «legittimi interessi». La tutela, quindi, va oltre le situazioni di diritto e si estende anche ad interessi, in cui sono inclusi interessi «legittimi», e non solo giuridici.

130.    In compenso, per l’alternativa in questione l’art. 7, n. 5, fissa rigorosi requisiti con riferimento all’effetto dell’operazione vietata. Viene richiesto non un pregiudizio qualsiasi, ma un «ingiustificato pregiudizio». La qualifica di «ingiustificato» non deve tuttavia essere interpretata in modo eccessivamente rigido. Diversamente, il legislatore comunitario avrebbe previsto anche in tale sede l’esigenza di un danno, oppure di un notevole danno, per il costitutore.

131.    Alla luce delle altre versioni linguistiche, diverse da quella tedesa, la nozione in questione va interpretata nel senso che le operazioni devono in una certa misura arrecare pregiudizio agli interessi. La direttiva qui, come anche in altri punti, si basa sul danno arrecato al costitutore. La causa principale mostra fin troppo chiaramente che la tutela dei diritti del costitutore incide sugli interessi economici di altri. Ciò però non significa che, in questo modo, nell’interpretare l’art. 7, n. 5, della direttiva possano assumerne un’influenza determinante gli effetti del diritto sui generis sugli interessi di altre persone o, stante i possibili effetti per le entrate fiscali, un eventuale «danno» subito dagli Stati membri interessati. La direttiva deve impedire che sia danneggiato il costitutore della banca di dati. Tale obiettivo, a differenza di altri effetti, trova espressamente riflesso nella direttiva.

132.    Gli investimenti del costitutore e il loro ammortamento costituiscono il nucleo degli interessi ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva. Anche in questo caso, il punto di partenza della valutazione è il valore economico del contenuto della banca di dati. In un ruolo centrale figurano gli effetti sugli incassi effettivi o attesi da parte del costitutore della banca di dati  (54) .

133.    Riguardo all’estensione della tutela, si può partire dall’alternativa della «normale gestione». Se si interpreta la stessa in modo così riforoso da non comprendere anche la tutela di mercati potenziali, ad esempio lo sfruttamento nuovo del contenuto di una banca di dati  (55) , allora si dovrà qualificare l’interferenza su tali potenziali mercati quanto meno come un pregiudizio arrecato a legittimi interessi. Se tale pregiudizio sia giustificato o meno dipenderà dalle circostanze del singolo caso. Il fatto che il soggetto che effettua l’estrazione o il reimpiego sia un concorrente del costitutore della banca di dati, non può tuttavia avere rilevanza determinante.

134.    Anche qui occorre ricordare che è compito del giudice nazionale individuare le concrete operazioni e verificare se siano da considerarsi come un «ingiustificato pregiudizio» arrecato ai legittimi interessi del costitutore della banca di dati in oggetto.

VII – Conclusione

135.    Propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nel seguente modo:

1)
Per valutare se una banca di dati sia il risultato di un «notevole investimento» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 1996, 96/9/CE, relativa alla tutela giuridica delle banche di dati, lo scopo dell’investimento non ha rilevanza. Vanno considerati anche gli investimenti che servono ad elaborare i calendari delle partite in una banca di dati.

2)
Il concetto di «parte sostanziale del contenuto della stessa, valutata in termini qualitativi (...)» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, dev’essere interpretato nel senso che va considerato il valore tecnico o commerciale della parte interessata. La nozione di «parte sostanziale del contenuto della stessa, valutata in termini (...) quantitativi» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, dev’essere interpretata nel senso che dipende dalla dimensione della parte interessata. In entrambi i casi non è importante soltanto il rapporto tra la parte interessata e il contenuto complessivo.

3)
La tutela conferita della direttiva ai sensi dell’art. 7, n. 1, e dell’art. 7, n. 5, contro l’«estrazione» del contenuto di una banca dati è limitata a quegli impieghi che implicano uno sfruttamento diretto della banca di dati. La tutela della direttiva ai sensi dell’art. 7, n. 1, e dell’art. 7, n. 5, contro il «reimpiego» del contenuto di una banca dati riguarda anche l’impiego del contenuto, quando il medesimo si trova in un’altra fonte.

4)
La nozione di «normale gestione» di cui all’art. 7, n. 5, della direttiva va interpretata nel senso che al titolare del diritto sui generis viene impedito lo sfruttamento economico, anche relativamente a mercati potenziali. Il concetto di «ingiustificato pregiudizio» di cui all’art. 7, n. 5, dev’essere interpretato nel senso che i legittimi interessi economici del costitutore vengono pregiudicati in una misura che supera una determinata soglia.


1
Lingua originale: il tedesco.


2
Sono inoltre pendenti i procedimenti nelle cause C‑46/02, C‑203/02 e C‑444/02, nei quali presento anche oggi le conclusioni.


3
GU L 77, pag. 20.


4
In dottrina si segnala poi un'imperfezione della trasposizione svedese, v. Jens-Lienhard Gaster, «European Sui Generis Right for Databases», Computer und Recht. International 2001, 74 (75); Gunnar W. G. Karnell, «The European Sui Generis Protection of Data Bases», Journal of the Copyright Society of the U.S.A. 2002, 983, (995).


5
Sentenze 15 novembre 1979, causa 36/79, Denkavit (Racc. pag. 3439, punto 12); 5 ottobre 1999, cause riunite C‑175/98 e C‑177/98, Lirussi e Bizzaro (Racc. pag. I‑6881, punto 37); 22 giugno 2000, causa C‑318/98, Fornasar e a. (Racc. pag. I‑4785, punto 31), e 16 ottobre 2003, causa C‑421/01, Traunfellner (Racc. pag. I‑0000, punti 21 e segg.).


6
V. sentenza 4 dicembre 2003, causa C‑448/01, EVN (Racc. pag. I‑0000, punto 59).


7
Malte Grützmacher, Urheber-, Leistungs- und Sui-generis-Schutz von Datenbanken, 1999, 329; Georgios Koumantos, «Les bases de données dans la directive communautaire», Revue internationale du droit d’auteur 1997, 79 (117). A riguardo molti ritengono che l'oggetto della tutela sia l'investimento (v. Silke von Lewinski, in: Michel M. Walter [Hrsg.], Europäisches Urheberrecht, 2001, n. 3 sull'art. 7, e la dottrina cit. in Grützmacher, pag. 329, nota 14, opera cit.).


8
Posizione comune (CE) n. 20/95, definita dal Consiglio il 10 luglio 1995, punto 14


9
V. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 9, sull'art. 7.


10
Koumantos (cit. alla nota 7), pag. 119.


11
V. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 11, sull'art. 7.


12
Josef Krähn, Der Rechtsschutz von elektronischen Datenbanken, unter besonderer Berücksichtigung des sui-generis-Rechts, 2001, 138 e segg.; Matthias Leistner, The Legal Protection of Telephone Directories Relating to the New Database Maker's Right, International Review of Industrial Property and Copyright Law, 2000, 958.


13
Karnell (cit. alla nota 4), pag. 994.


14
J. van Manen, «Substantial investments», in: Allied and in friendship: for Teartse Schaper, 2002, pag. 123 (125).


15
In proposito, v., anche, P. Bernt Hugenholtz, «De spin-off theorie uitgesponnen», Tidschrift voor auteurs-, media- & informatierecht 2002, pagg. 161 e segg.


16
Giovanni Guglielmetti, «La tutela delle banche dati con diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE», Contratto e impresa. Europa, 1997, pag. 177 (184).


17
Andrea Etienne Calame, Der rechtliche Schutz von Datenbanken unter besonderer Berücksichtigung des Rechts der Europäischen Gemeinschaften, 2002, pag. 115 FN 554.


18
Grützmacher (cit. alla nota 7), 330 e segg.; Matthias Leistner, «Der Rechtsschutz von Datenbanken im deutschen und europäischen Recht», 2000, pagg. 53 e segg.


19
Leistner (cit. alla nota 18), pag. 152.


20
Guglielmetti (cit. alla nota 16), pag. 184; Karnell (cit. alla nota 4), pag. 993.


21
In ordine alle varie opinioni, v. Hugenholtz (cit. alla nota 15), pag. 161 (164 FN 19).


22
V. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 5 sull'art. 7.


23
Calame (zitiert in Fußnote 17), pag. 116.


24
Posizione comune (CE) n. 20/95 (cit. alla nota 8), punto 14.


25
Jens-Lienhard Gaster, Der Rechtsschutz von Datenbanken, 1999, n. 492.


26
Oliver Hornung, Die EU-Datenbank-Richtlinie und ihre Umsetzung in das deutsche Recht, 1998, pagg. 116 e segg.; Leistner (cit. alla nota 18), pag. 180; v. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 16 sull'art. 7.


27
Posizione comune (CE) n. 20/95 (cit. alla nota 8), punto 14.


28
Ex multis, v. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 15 sull'art. 7.


29
Grützmacher (cit. alla nota 7), pag. 340.


30
Gaster (cit. alla nota 25), n. 495; Grützmacher (cit. alla nota 7), pag. 340; v. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 15 sull'art. 7.


31
Krähn (cit. alla nota 12), pag. 162.


32
V. Guglielmetti (cit. alla nota 16), pag. 186; Krähn (cit. alla nota 12), pag. 161; Leistner (cit. alla nota 18), pag. 172.


33
Secondo una tesi è già sufficiente l'idoneità ad arrecare und anno, v. Leistner (cit. alla nota 18), pag. 173; v. Herman M. H. Speyart, «De databank-richtlijn en haar gevolgen voor Nederland», Informatierecht – AMI 1996, pag. 171 (174).


34
Carine Doutrelepont, «Le nouveau droit exclusif du producteur de bases de données consacré par la directive européenne 96/6/CE du 11 mars 1996: un droit sur l’information?», in: Mélanges en hommage à Michel Waelbroeck, 1999, pag. 903 (913).


35
Doutrelepont (cit. alla nota 34), pag. 913; Gaster (cit. alla nota 25), n. 496; Leistner (cit. alla nota 18), pag. 171; v. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 15 sull'art. 7.


36
In tal senso però Karnell (cit. alla nota 4), pag. 1000; Krähn (cit. alla nota 12), pag. 163.


37
V., ad esempio, l'ottavo, il quarantunesimo, il quarantaduesimo, il quarantacinquesimo e il quarantaseiesimo ‘considerando’.


38
v. Koumantos (cit. alla nota 7), pag. 121.


39
V. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 19 sull'art. 7.


40
Gaster (cit. alla nota 25), n. 512.


41
V. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 27 sull'art. 7.


42
V. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 31 sull'art. 7.


43
Grützmacher (cit. alla nota 7), pag. 336.


44
V. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 38 sull'art. 7.


45
Leistner (cit. alla nota 18), pag. 181; v. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 18 sull'art. 7, FN 225.


46
Sam Ricketson, The Berne Convention for the Protection of Literary and Artistic Works: 1886‑1986, 1987, pag. 482.


47
Gaster (cit. alla nota 25), n. 558.


48
La maggior parte delle versioni dei paesi di lingua neolatina, quella tedesca, quella inglese e quella greca.


49
Le versioni spagnola, svedese e finlandese.


50
Leistner (cit. alla nota 18), pag. 181; v. Lewinski (cit. alla nota 7), n. 17 sull'art. 7.


51
Ciò è conforme all'interpretazione dell'art. 13 dell'Accordo TRIPs da parte di un Panel della OMC (WT/DS160/R del 27 luglio 2000, pag. 6.183).


52
Leistner (cit. alla nota 18), pag. 181.


53
V. WT/DS160/R del 27 luglio 2000, pag. 6.186.


54
V. WT/DS160/R del 27 luglio 2000, pag. 6.229.


55
Leistner (cit. alla nota 18), pag. 182.