CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
JACOBS
presentate l'11 marzo 2004(1)



Causa C-329/02 P



SAT.1 SatellitenFernsehen GmbH

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli)




«»






1.        La presente impugnazione riguarda una sentenza  (2) che annulla parzialmente un rifiuto di registrare il sintagma «SAT.2» come marchio comunitario per diverse categorie di servizi. Le questioni sollevate sono le seguenti: (i) se l’art. 7, n. 1, lett. b) del regolamento sul marchio comunitario  (3) persegua la finalità di lasciare i segni privi di carattere distintivo alla libera disposizione di tutti; (ii) il modo in cui deve essere condotta la valutazione complessiva del carattere distintivo di un segno costituito da più elementi; e (iii) il modo in cui deve essere applicato il principio di non discriminazione qualora un rifiuto di registrazione di un determinato marchio sia ritenuto in conflitto con la prassi decisionale precedente.

Normativa

2.        L’art. 4 del regolamento sul marchio comunitario dispone che: «Possono costituire marchi comunitari tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma dei prodotti o del loro confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».

3.        Ai sensi dell’art. 7, intitolato «Impedimenti assoluti alla registrazione»:

«1.
Sono esclusi dalla registrazione:

(a)
i segni che non sono conformi all’articolo 4;

(b)
i marchi privi di carattere distintivo;

(c)
i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;

(d)
i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio;

(e)
i segni costituiti esclusivamente:

(i)
dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, oppure

(ii)
dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, oppure

(iii)
dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto;

(...)  (4) ».

4.        Ai sensi dell’art. 7, n. 3 «il paragrafo 1, lettere b), c) e d) non si applica se il marchio ha acquistato, per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto».

Punti principali del procedimento

5.        Il 15 aprile 1997, la SAT.1 SatellitenFernsehen GmbH (in prosieguo: la «SAT.1»), una società che trasmette programmi televisivi via satellite, ha presentato presso l’Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno (marchi, disegni e modelli) (in prosieguo: l’«Ufficio») una domanda di registrazione del sintagma «SAT.2» come marchio comunitario per prodotti rientranti in diverse classi e per servizi rientranti nelle classi 35, 38, 41 e 42 dell’accordo di Nizza  (5) . In base alle loro intestazioni, queste ultime classi includono fondamentalmente: pubblicità e gestione commerciale o d’ufficio; telecomunicazioni; istruzione, formazione, divertimento, attività sportive e culturali; e servizi non classificati altrove. La domanda era stata presentata per una lista dettagliata di servizi rientranti in ciascuna delle suddette voci. L’esaminatore ha respinto la domanda per tutti i servizi ivi indicati, «in quanto questi si riferiscono ai satelliti o alla televisione via satellite, nel senso più ampio». La seconda commissione di ricorso ha respinto il ricorso della SAT.1 avverso tale rifiuto nella parte in cui si riferiva ai servizi rientranti nelle classi 38, 41 e 42, affermando sostanzialmente che il sintagma era descrittivo e privo di carattere distintivo, rientrando quindi nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. b) e c) del regolamento sul marchio comunitario.

6.        Nel successivo giudizio dinanzi al Tribunale di primo grado (in prosieguo: il «Tribunale»), quest’ultimo ha annullato la decisione della commissione di ricorso nella parte in cui la stessa aveva omesso di statuire sulle domande della ricorrente per quanto riguarda i servizi rientranti nella classe 35  (6) e per quanto riguarda alcune categorie di servizi indicati nel ricorso ma non connessi alla diffusione via satellite  (7) .

7.        Il Tribunale ha altresì accolto, in relazione a tutti i servizi interessati, il motivo della ricorrente relativo all’art. 7, n. 1, lett. c) del regolamento sul marchio comunitario: ha dichiarato che il sintagma «SAT.2» non era esclusivamente descrittivo ai fini della disposizione in questione  (8) .

8.        Il Tribunale, tuttavia, ha respinto il ricorso per quanto riguarda i servizi indicati che presentavano «la caratteristica di essere connessi alla diffusione via satellite», ritenendo che il sintagma «SAT.2», sebbene non descrittivo, fosse privo di carattere distintivo in relazione ai suddetti servizi ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b). Il Tribunale è pervenuto a tale conclusione sulla base del seguente ragionamento  (9) .

9.        Gli impedimenti assoluti alla registrazione di cui all’art. 7, n. 1, lett. b)‑e) del regolamento sul marchio comunitario perseguono una finalità di interesse generale di garantire che i segni cui si riferiscono possano essere liberamente utilizzati da tutti. L’art. 7, n. 1, lett. b) si riferisce quindi a quei marchi che sono o possono essere comunemente usati nel commercio per la presentazione dei prodotti o servizi interessati. Il carattere distintivo deve essere valutato, sia rispetto ai prodotti o servizi interessati, sia alla percezione che ne ha il pubblico destinatario. Nel caso in questione, il pubblico destinatario era costituito, a seconda dello specifico tipo di servizio, da operatori professionisti del settore cinematografico e dei mezzi di comunicazione oppure da consumatori medi.

10.      Trattandosi di un marchio complesso, nella valutazione del suo carattere distintivo, il sintagma «SAT.2» doveva essere considerato nel suo insieme. Tuttavia, ciascun elemento del marchio poteva essere esaminato separatamente. In primo luogo, si è dimostrato che il termine «SAT» costituisce un’abbreviazione usuale nelle lingue tedesca e inglese utilizzata per designare una caratteristica (un collegamento alla diffusione via satellite) della maggior parte dei servizi interessati. Conseguentemente, l’elemento «SAT» era privo di carattere distintivo in relazione a questi servizi. In secondo luogo, i numeri come «2» erano comunemente utilizzati nel commercio per la presentazione dei servizi interessati e, in tale contesto, erano quindi privi di carattere distintivo. Infine, l’elemento «.»era comunemente utilizzato nel commercio per la presentazione di tutti i tipi di prodotti e servizi. Conseguentemente, il sintagma «SAT.2» nel suo insieme era costituito da una combinazione di elementi ciascuno dei quali era idoneo ad essere comunemente usato nel commercio per la presentazione dei servizi interessati ed era pertanto privo di carattere distintivo in relazione ad essi.

11.      Il fatto che un marchio complesso sia composto solo di elementi privi di carattere distintivo permette generalmente di concludere che, considerato nel suo insieme, esso sia idoneo anche ad essere comunemente usato nel commercio per la presentazione dei prodotti e dei servizi di cui trattasi. Tale conclusione potrebbe essere invalidata solo qualora vi fossero indizi concreti – carenti nel caso di specie – che mostrino che il marchio complesso rappresenti qualcosa di più della somma degli elementi di cui è composto.

12.      Per quanto concerne il restante motivo di ricorso addotto dalla SAT.1 relativo alla violazione del principio di parità di trattamento da parte dell’Ufficio che si è discostato dalla propria prassi decisionale in materia di marchi costituiti da numeri e lettere, il Tribunale ha seguito fondamentalmente il seguente ragionamento  (10) . Se in un caso un segno è stato correttamente ritenuto idoneo alla registrazione, ma successivamente, in un caso simile al primo, è stata adottata una decisione in senso contrario, quest’ultima deve essere annullata per violazione delle pertinenti disposizioni del regolamento sul marchio comunitario. In tal caso, quindi, non potrebbe essere fatto valere alcun motivo relativo alla violazione del principio di non discriminazione. Se, d’altro canto, un segno è stato erroneamente ritenuto idoneo alla registrazione e, anche qui, in un caso simile è stata adottata una successiva decisione in senso contrario, la prima decisione non potrebbe essere utilmente fatta valere per l’annullamento della seconda. Il principio della parità di trattamento deve conciliarsi con quello di legalità e nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri. In entrambi i casi, nessun motivo di annullamento della seconda decisione può fondarsi su una presunta violazione del principio di non discriminazione.

13.      La SAT.1 ritiene che il Tribunale abbia interpretato in maniera errata l’art. 7, n. 1, lett. b) del regolamento sul marchio comunitario, sostanzialmente sotto tre aspetti: è errato ritenere che l’art. 7, n. 1, lett. b) persegua la finalità di interesse generale di mantenere alcuni segni disponibili affinché possano essere liberamente utilizzati da parte di tutti; nel valutare il carattere distintivo del sintagma «SAT.2» ha applicato un criterio che non si ritrova nella disposizione, cioè, la probabilità di uso nel commercio per la presentazione dei prodotti interessati; e in tal modo ha omesso di valutare il carattere distintivo del marchio nel suo insieme, mentre ha soltanto esaminato separatamente ciascun elemento. In subordine, la SAT.1 ritiene che il Tribunale abbia applicato erroneamente il principio di non discriminazione, ritenendo ingiustamente che il suo motivo di ricorso fosse riferito a singole decisioni precedenti, mentre era la consolidata prassi decisionale dell’Ufficio in materia di marchi contenenti cifre e abbreviazioni ad essere in discussione.

Motivo principale di impugnazione: erronea interpretazione dell’art. 7, n. 1, lett. b)

La nozione di carattere distintivo

14.      Prima di esaminare gli argomenti specifici dedotti nel ricorso, può essere utile considerare brevemente la nozione di carattere distintivo utilizzata nell’art. 7, n. 1, lett. b) del regolamento sul marchio comunitario.

15.      Tale nozione ha dato luogo ad alcune difficoltà poiché il divieto di registrazione di marchi che sono «privi di carattere distintivo» sembra ripetere, con termini differenti, il requisito previsto dall’art. 4 e, per rinvio, dall’art. 7, n. 1, lett. a), secondo il quale i marchi devono essere «adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese». Si tratta di una mera ripetizione o di due nozioni differenti?

16.      La risposta più semplice sembra essere quella indicata dall’art. 7, n. 3, ai sensi del quale l’art. 7, n. 1, lett. b), c) e d) – ma non a) – non si applica se il marchio ha acquisito, attraverso l’uso, un carattere distintivo per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione. Alla luce di tale considerazione, sembra sensato ritenere che gli articoli 4 e 7, n. 1, lett. a) si riferiscano ad una generale, assoluta e astratta idoneità a distinguere prodotti di origini differenti, mentre l’art. 7, n. 1, lett. b) è destinato a connotare il carattere distintivo in relazione alla classe di prodotti di cui trattasi.

17.      Pertanto, nella fattispecie in esame, se fosse stata richiesta la registrazione separata per ciascuno dei singoli elementi, l’elemento «.» – per il quale, infatti, non è fatto valere alcun carattere distintivo – potrebbe essere ritenuto privo di qualsiasi capacità distintiva, mentre il carattere distintivo o meno del termine «SAT» potrebbe dover essere valutato in relazione ai servizi interessati. In tale ipotesi, la registrazione del primo elemento sarebbe esclusa – per tutti i beni o servizi – sia dall’art. 7, n. 1, lett a) sia dall’art. 7, n. 1, lett. b), mentre il secondo potrebbe essere considerato, solo ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), come distintivo in relazione ad alcuni prodotti ma non ad altri.

La finalità dell’art. 7, n. 1, lett. b)

Argomenti

18.      La SAT.1 ammette che dalla sentenza Windsurfing Chiemsee  (11) risulta che l’art. 7, n. 1, lett. c) del regolamento sul marchio comunitario mira ad assicurare che segni ed indicazioni descrittivi di beni o servizi possano essere usati liberamente da parte di tutti in relazione a quei prodotti o servizi. La Corte, tuttavia, non ha mai affermato che l’art. 7, n. 1, lett. b) abbia la stessa finalità; piuttosto, ha sottolineato che la funzione essenziale di un marchio è di distinguere tra prodotti di origini differenti e di garantire, in un sistema di concorrenza non falsato, che tutti i prodotti che ne sono contrassegnati siano stati fabbricati sotto il controllo di un’unica impresa, alla quale possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità e che deve essere in grado di mantenere la propria clientela in virtù di detta qualità  (12) . È per questa ragione che i segni non distintivi non possono essere registrati come marchi, e non per mantenerli disponibili per l’uso generale.

19.      L’Ufficio ritiene che sia evidentemente nell’interesse generale che i segni privi di carattere distintivo non vengano registrati come marchi. Nella sentenza Canon  (13) la Corte ha evidenziato che, per motivi di certezza del diritto e di buona amministrazione, è opportuno assicurarsi che non vengano registrati i marchi il cui uso potrebbe venir contestato validamente in sede giudiziaria. I segni che comprendono semplicemente uno di una serie limitata di elementi di uso comune – come lettere, cifre o colori di base – potrebbero fornire solo una limitata capacità distintiva e i numeri, in particolare, devono restare disponibili per designare le quantità.

Valutazione

20.     È riconosciuto che i vari motivi di impedimento alla registrazione devono essere interpretati alla luce dell’interesse generale sottostante a ciascuno di essi  (14) .

21.      L’interesse sottostante all’art. 7, n. 1, lett. c) è che «i segni o le indicazioni descrittivi delle categorie di prodotti o servizi per le quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti». Ciò è stato riconosciuto per la prima volta, con riferimento all’art. 3, n. 1, lett. c) della direttiva sui marchi d’impresa, di identico tenore letterale, nella sentenza Windsurfing Chiemsee  (15) e recentemente confermato nella sentenza Linde  (16) . Ancor più di recente è stato riconfermato dalla sentenza «Doublemint» in relazione all’art. 7, n.1, lett. c) del regolamento  (17) .

22.      Non è difficile comprendere le ragioni di tale orientamento. Consentire ad un operatore di monopolizzare un termine che potrebbe servire per designare le caratteristiche di un prodotto significherebbe attribuirgli un vantaggio ingiustificato rispetto ai concorrenti, che hanno un legittimo interesse a poter utilizzare il termine in modo descrittivo.

23.      Tale ragionamento può essere applicato all’art. 7, n. 1, lett. d) e e), rispettivamente per quanto riguarda i termini che sono divenuti di uso comune per un prodotto e le forme che sono in qualche modo strettamente connesse alla sua natura  (18) .

24.      Non ritengo, tuttavia, che tale ragionamento possa essere trasposto senza riserve all’art. 7, n. 1, lett. b). Non sussiste alcuna ragione evidente per cui segni che sono semplicemente privi di carattere distintivo – anche se tale carenza non è assoluta, ma solo relativa ai beni o servizi interessati – dovrebbero essere lasciati disponibili per l’uso generale, a meno che i segni stessi abbiano anche una qualche stretta relazione con i prodotti interessati, ed in particolare uno dei tipi di relazione indicati nelle lettere c)‑e). Non sussiste alcuna relazione di tale tipo semplicemente per il fatto che un segno sia privo di carattere distintivo.

25.     È vero che nella causa Libertel  (19) , che riguardava una domanda di registrazione di un colore specifico come marchio e implicava l’interpretazione dell’art. 3, n. 1, lett. b) della direttiva sui marchi d’impresa (di tenore letterale identico all’art. 7, n. 1, lett. b) del regolamento), la Corte ha sostenuto che, nel valutare il potenziale carattere distintivo di un determinato colore quale marchio, si deve tener conto dell’interesse generale a non restringere indebitamente la disponibilità dei colori per gli altri operatori che offrono prodotti o servizi del genere di quelli oggetto della domanda di registrazione.

26.      Tale interesse, tuttavia, non è identico a quello sotteso all’art. 7, n. 1, lett. c). Nella sentenza Libertel non è detto di lasciare i segni disponibili affinché possano essere «liberamente usati da tutti», ma piuttosto di «non restringere indebitamente» la loro disponibilità. Inoltre, tale affermazione è effettuata nello specifico contesto di segni esistenti in una gamma limitata, essendo limitato il numero di colori che il consumatore medio è in grado di distinguere  (20) . Nel contesto della presente causa appare rilevante la probabilità che un tale consumatore possa riconoscere come distintiva una più vasta gamma di numeri.

27.      Inoltre, occorre ricordare che (se si includono il bianco e il nero tra i colori) è impossibile concepire un marchio visivo, una presentazione di un prodotto o una qualsiasi pubblicità visiva che non utilizzino almeno uno, e nella schiacciante maggioranza dei casi, almeno due colori appartenenti alla suddetta limitata gamma, mentre dipende da una scelta se usare un qualsiasi elemento fra tutti gli altri tipi di gamma limitata, come i numeri o i segni di punteggiatura. Inoltre, la registrazione di un colore specifico, in contrapposizione ad una forma o a un’immagine specifica che riveste quel colore, potrebbe essere paragonata, se trasposta ad esempio al campo dei numeri, alla registrazione di qualsiasi espressione di dualità («2», «II», «ii», «due», «pari», «gemello», «doppio» ecc., e i loro equivalenti nelle altre lingue), in contrapposizione al numero specifico «2».

28.      L’affermazione di cui al punto 36 della sentenza oggetto di impugnazione, secondo cui la finalità dell’art. 7, n. 1, lett. b) è di mantenere disponibili i segni cui si riferisce affinché possano essere utilizzati da tutti, va notevolmente al di là di quanto ritengo essere una corretta interpretazione della legge. Sebbene detta affermazione non sia forse stata di per sé determinante, ha probabilmente influenzato la valutazione finale sulla registrabilità del sintagma «SAT.2». L’applicazione di un criterio la cui finalità è di mantenere disponibili dei segni affinché possano essere utilizzati liberamente da tutti è inevitabilmente più rigorosa di quella di un criterio volto semplicemente a non restringere indebitamente la disponibilità di altri tipi di segni appartenenti ad una gamma limitata.

Valutazione del marchio nel suo insieme

Motivo di ricorso

29.      La SAT.1 ritiene che il Tribunale avrebbe dovuto valutare se il sintagma «SAT.2» consentisse al pubblico interessato di distinguere i servizi contrassegnati da quelli aventi una differente origine commerciale. A tal riguardo, non ha rilevanza l’affermazione secondo cui il termine «SAT» è un’abbreviazione usuale del vocabolo «satellite» e i segni «.» e «2» sono comunemente usati nel commercio per la presentazione di tali servizi. Il fatto che un elemento possa essere utilizzato in detta maniera costituisce un criterio, non per l’art. 7, n. 1, lett. b), bensì per l’art. 7, n. 1, lett. c) o e). L’art. 7, n. 1, lett. b) non costituisce un motivo residuale di impedimento alla registrazione di segni che non sono esclusivamente descrittivi.

30.      Quello che rileva, inoltre, è la percezione complessiva da parte del consumatore, che non analizza un marchio nei suoi diversi elementi costitutivi. Il sintagma «SAT.2», considerato nel suo insieme, non è descrittivo di alcuna delle categorie di servizi di cui trattasi, ma è un’invenzione facilmente memorizzabile e pertanto idonea a distinguere i prodotti in base alla loro origine. La SAT.1 fa riferimento alla sentenza «Baby‑Dry»  (21) secondo cui termini innovativi, non descrittivi, sono idonei a presentare un carattere distintivo.

31.      L’Ufficio rileva che il sintagma «SAT.2» nel suo insieme non è descrittivo e pertanto non può esserne rifiutata la registrazione sulla base dell’art. 7, n. 1, lett. c), ma che, secondo l’accertamento dei fatti condotto dal Tribunale, non contestabile in sede d’impugnazione, esso include un elemento «SAT», che è descrittivo (e quindi non distintivo), e un elemento «2», che non è né descrittivo né distintivo (non essendo necessario prendere in considerazione l’elemento «.»). Ciascun marchio deve sicuramente essere valutato nel suo insieme e ciò che rileva è se esso sia idoneo a distinguere i prodotti in base alla loro origine. Tuttavia, la mera aggiunta di un elemento non distintivo a un elemento descrittivo non può creare un marchio distintivo nel suo complesso, a meno che la modalità della combinazione non generi un insieme costituente qualcosa di più della somma degli elementi di cui è composto, cosa che invece non sussiste nella presente fattispecie.

32.      La presunzione della SAT.1 secondo cui qualsiasi segno che non sia descrittivo deve possedere l’idoneità a distinguere è illogica ed errata. Un tale ragionamento priverebbe l’art. 7, n. 1, lett. b) di ogni autonomo ambito di applicazione. Tanto meno, l’art. 7, n. 1, lett. c) si applica esclusivamente a una sottocategoria di situazioni tratte dall’art. 7, n. 1, lett. b). La sentenza «Baby‑Dry» non serve a sostenere la tesi della SAT.1, in quanto riguarda la capacità descrittiva della giustapposizione inventiva e sintatticamente inusuale di due elementi descrittivi, e non il carattere distintivo della combinazione di un elemento non distintivo e di uno descrittivo. Comunque, il criterio di «ogni scostamento percettibile»  (22) non può essere soddisfatto dall’aggiunta di un elemento banale, quale una cifra o, ad esempio, un carattere corsivo.

Valutazione

33.      Al punto 39 della sentenza impugnata, il Tribunale afferma: «Trattandosi di un marchio complesso, ai fini della valutazione del suo carattere distintivo, occorre considerarlo nel suo insieme. Tuttavia, ciò non è incompatibile con un esame successivo dei diversi elementi di cui è composto il marchio».

34.      Indi, nel corso dei punti da 41 a 47, lo stesso afferma che il termine «SAT» «designa una caratteristica della maggior parte dei servizi interessati che può rappresentare un fattore nella scelta operata dal pubblico destinatario, cioè la loro caratteristica di essere collegati alla diffusione via satellite» e che è pertanto privo di carattere distintivo relativamente a tali servizi, mentre gli elementi «2» e «.» sono comunemente utilizzati nel commercio per la presentazione di tali servizi, rispetto ai quali sono quindi privi di carattere distintivo.

35.      Ai punti 49 e 50, il Tribunale prosegue affermando che:

«il fatto che un marchio complesso sia composto soltanto di elementi privi di carattere distintivo permette di concludere che questo marchio, considerato nel suo insieme, è idoneo anche a essere comunemente usato nel commercio per la presentazione dei prodotti o dei servizi di cui trattasi. Tale conclusione può essere invalidata solo nell’ipotesi in cui indizi concreti, quali, in particolare, il modo in cui i diversi elementi sono combinati, mostrino che il marchio complesso rappresenta qualcosa di più della somma degli elementi di cui è composto.

Orbene, nella fattispecie, non sembra che vi siano tali indizi (…) è irrilevante l’argomento della ricorrente secondo cui il marchio richiesto, considerato nel suo insieme, è dotato di un elemento di fantasia».

36.      Il Tribunale conclude quindi che il sintagma «SAT.2» è privo di carattere distintivo in relazione ai prodotti considerati che presentano «la caratteristica di essere connessi alla diffusione via satellite».

37.      La SAT.1 critica sostanzialmente due aspetti di tale ragionamento: la valutazione dei singoli elementi «SAT» e «2» e la valutazione del marchio nel suo insieme.

38.      Nel valutare tali critiche, è necessario rilevare che deve considerarsi corretta l’affermazione del Tribunale secondo cui la valutazione ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b) deve essere condotta in relazione al marchio nel suo insieme. In linea generale, secondo una giurisprudenza consolidata, i marchi devono essere valutati alla luce dell’impressione complessiva che esercitano sui consumatori interessati, visto che il consumatore, sebbene ritenuto ragionevolmente informato, attento e avveduto, «percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi»  (23) .

39.      Può essere comunque utile, come passaggio intermedio nella valutazione complessiva, esaminare separatamente ciascuna delle componenti del marchio, per cui il Tribunale non può essere criticato per aver condotto tale analisi.

40.      Per quanto riguarda l’esame dell’elemento «SAT», non ritrovo alcun errore nella conclusione secondo cui, partendo dalla premessa che il termine «SAT» è descrittivo in relazione ai servizi collegati alla diffusione via satellite, esso manchi anche di carattere distintivo relativamente agli stessi prodotti. Sebbene le lettere b) e c) dell’art. 7, n. 1 prevedano distinti motivi di impedimento alla registrazione, sussiste un certo grado di sovrapposizione tra le differenti situazioni ivi ricomprese ed è probabile che un termine, che può essere usato nel commercio per designare le caratteristiche di un prodotto, sia privo di carattere distintivo in relazione a quel prodotto  (24) . Su questo punto la conclusione è manifestamente corretta.

41.      Per quanto concerne l’esame dell’elemento «2», a mio parere, la critica della ricorrente è più convincente. Quest’ultima fa presente il fatto che il Tribunale ha introdotto un nuovo criterio, che non si ritrova nell’art. 7, n. 1, lett. b), quando afferma che «i numeri in generale e il numero “2” in particolare sono comunemente utilizzati, nel commercio, per la presentazione dei servizi interessati» e sono quindi privi di carattere distintivo in relazione a questi ultimi  (25) .

42.      Mi sembra in realtà che la conclusione sia erronea. Mentre un elemento descrittivo comunemente usato nel commercio per la presentazione di prodotti o servizi è molto probabilmente anche privo di carattere distintivo, tale ragionamento non può essere automaticamente esteso agli elementi non descrittivi. In particolare, i numeri sono comunemente usati in svariati e differenziati ambiti – moduli amministrativi, bastoni da golf e itinerari di autobus, solo per nominarne tre – al fine di distinguere tra categorie di articoli, prodotti o servizi  (26) , e sembrano svolgere efficacemente tale funzione. Non sussiste alcuna ragione intrinseca per cui le cifre – che sono espressamente incluse nell’elenco di cui all’art. 4 del regolamento – non dovrebbero essere altresì idonee a distinguere tra i prodotti di differenti fornitori. L’impostazione seguita dal Tribunale sembra, tuttavia, combinare il criterio della capacità distintiva di cui all’art. 7, n. 1, lett. b) con quello del carattere descrittivo dell’art. 7, n. 1, lett. c).

43.      Infine, ed elemento maggiormente rilevante, la natura di ciascun componente è in ogni caso soltanto un fattore di cui tenere conto nella valutazione dell’insieme. Come reductio ad absurdum, si potrebbe sottolineare che, se si dovesse ritenere che ciascuna lettera dell’alfabeto presa singolarmente sia priva di carattere distintivo  (27) , non si potrebbe trarre da ciò alcuna conclusione in ordine al carattere distintivo di un marchio denominativo necessariamente composto di tali lettere.

44.      Il fatto che un marchio sia composto esclusivamente da elementi che sono individualmente privi di carattere distintivo in relazione ai prodotti interessati, non può pertanto far sorgere automaticamente una presunzione che anche il marchio nel suo insieme sia privo di carattere distintivo, che possa essere confutata solo dalla prova di un fattore supplementare, come una particolare modalità di combinazione degli elementi, e che, in assenza di tali indizi concreti, renda superflua qualsiasi valutazione del marchio nel suo insieme.

45.      Per contro, visto che il marchio nel suo complesso può rappresentare o meno «qualcosa di più della somma degli elementi di cui è composto», un esame separato dell’insieme è sempre necessario. Eppure, il Tribunale, ai punti 49 e 50 della sentenza impugnata, non ha condotto tale esame.

46.      Ritengo pertanto che il Tribunale sia incorso in un errore nell’applicazione dell’art. 7, n. 1, lett. b) del regolamento sul marchio comunitario: in primo luogo, nel concludere, per il fatto che i numeri in genere e il numero «2», in particolare, sono comunemente usati nel commercio per la presentazione dei servizi interessati, che essi siano privi di carattere distintivo in relazione a tali servizi; in secondo luogo, nell’aver omesso di valutare il carattere distintivo del marchio «SAT.2» nel suo insieme e nel ritenere irrilevante l’argomento della ricorrente secondo cui il marchio nel suo insieme possiede un elemento di fantasia

Motivo di impugnazione in subordine: violazione del principio di non discriminazione

Argomenti

47.      La SAT.1 rileva che il ragionamento Tribunale è pertinente qualora vi siano delle singole decisioni individuali in conflitto tra loro e non nel caso in cui, come addotto sia in primo grado sia nel corso della procedura di registrazione, l’Ufficio abbia seguito nel passato una prassi decisionale costante e chiaramente identificabile, conforme alle direttive d’esame emanate dallo stesso. I marchi che sono stati ammessi alla registrazione dall’Ufficio comprendono, per le telecomunicazioni, «T‑SAT», «One Tel», «One.Tel» e «MEDIA 4».

48.      L’Ufficio obietta che il motivo di ricorso riguarda una presunta violazione del principio di parità di trattamento da parte dell’Ufficio e non da parte del Tribunale. La SAT.1 mira quindi ad un riesame da parte della Corte di giustizia del motivo proposto in primo grado in merito alla prassi decisionale dell’Ufficio, mentre ciò non è ammissibile in sede di impugnazione.

Valutazione

49.      Essendo pervenuto alla conclusione che il motivo principale di ricorso dovrebbe essere accolto, mi soffermerò solo brevemente sul motivo in subordine.

50.      In primo luogo, mi sembra evidente che la SAT.1 stia qui deducendo il fatto che la valutazione del Tribunale del suo originario motivo di ricorso relativo alla disparità di trattamento da parte dell’Ufficio era fondata su un errore di diritto. La SAT.1 ritiene che il Tribunale, nel respingere il motivo, abbia applicato un ragionamento giuridico adeguato per un raffronto tra due casi singoli, ma non ad un paragone tra una decisione individuale e una prassi decisionale costante. Il motivo di impugnazione è pertanto ricevibile.

51.      In secondo luogo, in linea di principio, l’impostazione seguita dal Tribunale sembra essere inoppugnabile. Se una precedente decisione dell’Ufficio era sbagliata, la stessa non può essere fatta valere a sostegno dell’annullamento di una successiva corretta decisione – nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri  (28) , Nell’ipotesi in cui – come ritengo essere nel presente caso – la situazione sia capovolta, la seconda decisione deve essere comunque annullata, mentre non viene in rilievo il principio di non discriminazione.

52.      In terzo luogo, il ragionamento è condotto, in particolare, in relazione all’affermazione secondo cui le decisioni della commissione di ricorso riguardanti la registrabilità di un marchio rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non discrezionale. Tuttavia, mentre la discrezionalità è effettivamente limitata, un certo grado di soggettività è inevitabile nella valutazione del carattere distintivo di un marchio, pur nell’ambito di una corretta applicazione della legge. In tale contesto sembra particolarmente importante mantenere una certa coerenza. Infatti, nelle direttive d’esame dell’Ufficio  (29) si afferma che «occorre coerenza nel prendere le decisioni in modo che tutti i richiedenti vengano trattati in modo uniforme. Gli esaminatori devono tenersi aggiornati sulle decisioni dei loro colleghi, in particolare su quelle prese dalle Commissioni di ricorso, dal Tribunale di prima istanza e dalla Corte di giustizia delle Comunità europee».

Merito dell’azione in primo grado

53.      L’unica questione che resta da affrontare è se il marchio «SAT.2» nel suo insieme sia privo di carattere distintivo, ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento sul marchio comunitario, in relazione ai servizi collegati alla diffusione via satellite.

54.      Ai sensi dell’art. 61 dello Statuto della Corte, la questione può essere decisa dalla Corte di giustizia, qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure dal Tribunale su rinvio. Nel caso in questione, il punto è stato trattato in maniera sufficiente e non sarebbe nell’interesse dell’economia processuale rinviare la causa al Tribunale. Infatti, tenuto conto delle considerazioni già esposte, è necessaria solo un’ulteriore breve analisi.

55.      Il sintagma «SAT.2» è un segno composto avente un formato molto comune nel settore della radiotelevisione. Il lungo elenco di esempi comparabili in diversi paesi europei comprenderebbe «BBC 1», «Kanaal 2», «MTV 3», «TV4» «Tele 5», «M6», «RTL 7» e così via. In alcuni casi l’elemento non numerico è distintivo in quanto tale, in altri è descrittivo nella stessa maniera in cui il Tribunale ha ritenuto che il segno «SAT» sia descrittivo in relazione ai servizi di diffusione via satellite e può pertanto essere considerato privo di carattere distintivo in relazione agli stessi.

56.      Tuttavia, la presenza di un numero di identificazione è evidentemente concepita per attribuire un carattere distintivo. Proprio l’utilizzo commerciale di tali segni per indicare canali televisivi e prodotti connessi sembra dimostrare ampiamente il successo di tale approccio. Se il consumatore medio di programmi televisivi e spin‑off avesse difficoltà nell’identificare tali segni per distinguere i prodotti e le rispettive origini, tali segni non verrebbero utilizzati, soprattutto visto che la pressione commerciale determinata dagli introiti pubblicitari e dagli indici di ascolto genera un forte bisogno di fedeltà ai prodotti  (30) .

57.      In questo contesto, non appare neppure rilevante la finalità di «non restringere indebitamente» la disponibilità di certi segni, che rientra tra le finalità dell’art. 7, n. 1, lett. b). Qualora un marchio sia costituito da un elemento numerico e uno non numerico, quest’ultimo può essere descrittivo o meno; in entrambi i casi la scelta non è particolarmente limitata. Certo, sussiste un limite pratico per quanto riguarda la gamma di numeri che può essere realisticamente utilizzata, ma è elevato. Quando i due tipi di elementi vengono abbinati, il numero di combinazioni distintive e distinguibili è estremamente elevato. Se, ad esempio, i consumatori possono identificare un canale televisivo satellitare attraverso un segno quale «SAT.2», possono evidentemente distinguerlo da altre combinazioni composte da differenti lettere e/o numeri che altre emittenti potrebbero voler registrare come marchi  (31) .

58.      Conseguentemente, ritengo che la commissione di ricorso avesse torto nel reputare che il sintagma «SAT.2», considerato nel suo insieme, fosse privo di carattere distintivo in relazione ai servizi interessati.

Conclusione

59.      Sono pertanto del parere che la Corte debba:

annullare la sentenza del Tribunale nella causa T‑323/00 nella parte in cui ha respinto la domanda in quella causa sulla base del motivo secondo cui la registrazione del sintagma «SAT.2» come marchio comunitario per servizi connessi alla diffusione via satellite, era esclusa dall’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento sul marchio comunitario;

annullare la decisione R 312/1999‑2 della seconda commissione di ricorso nella parte in cui non è già stata annullata dalla sentenza nella causa T‑323/00; e

condannare l’Ufficio a pagare le spese sia del procedimento di primo grado sia d’impugnazione.


1
Lingua originale: l'inglese.


2
Sentenza del Tribunale 2 luglio 2002, causa T‑323/00, SAT.1 SatellitenFernsehen/UAMI (Racc. pag. II‑2839).


3
Regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94 sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1).


4
In breve, le restanti lett. f)‑j) vietano la registrazione di: marchi contrari all’ordine pubblico o al buon costume; marchi ingannevoli; marchi che fanno uso non autorizzato di emblemi, distintivi o punzoni; e indicazioni geografiche per vini o alcolici che non hanno tale origine.


5
Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato.


6
Punti 18‑21 della sentenza impugnata.


7
Ibidem, punti 42‑44.


8
Ibidem, punti 24‑28.


9
Ibidem, punti 34‑57.


10
Ibidem (punto 61), in cui si fa riferimento alle sentenze della Corte 9 ottobre 1984, causa 188/83, Witte/Parlamento (Racc. pag. 3465, punto 15) e 4 luglio 1985, causa 134/84, Williams/Corte dei conti (Racc. pag. 2225, punto 14).


11
Sentenza 4 maggio 1999, cause riunite C‑108/97 e C‑109/97, Windsurfing Chiemsee (Racc. pag. I‑2779, in particolare al punto 25), con riguardo all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva sui marchi d’impresa [prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d'impresa (GU 1989, L 40, pag. 1)], di tenore letterale identico all’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento sul marchio comunitario, ma applicabile ai marchi nazionali, anziché comunitari.


12
V. sentenze 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon (Racc. pag. I‑5507, punto 28); 17 ottobre 1990, causa C‑10/89, CNL‑SUCAL/HAG GF (HAG II) (Racc. pag. I‑3711, punto 13), e 18 giugno 2002, causa C‑299/99, Philips/Remington (Racc. pag. I‑5475, punto 30).


13
Cit. alla nota 12 (punto 21).


14
V., ad esempio, causa Philips, cit. alla nota 12 (punto 77).


15
Cit. alla nota 11 (punto 25).


16
Sentenza 24 ottobre 2002, cause riunite da C‑53/01 a C‑55/01, Linde e a. (Racc. pag. I‑3161, punto 73 e punto 2 del dispositivo).


17
Sentenza 23 ottobre 2003, causa C‑191/01 P, UAMI/Wrigley (punto 31).


18
Per quanto riguarda l’art. 3, n. 1, lett. e), della direttiva [identico all’art. 7, n. 1, lett. e), del regolamento], v. causa Philips, cit. alla nota 12 (punti 78‑80). Le finalità perseguite dalle lett. f)‑j) sono differenti, ma risultano chiare dal contenuto delle stesse: v. nota 4.


19
Sentenza 6 maggio 2003, causa C‑104/01, Libertel Groep (Racc. pag. I‑3793), sentenza pronunciata successivamente al deposito del ricorso e del controricorso nella presente causa; v. in particolare, in questo contesto, punti 44‑60.


20
Punto 47 della sentenza. V. anche il paragrafo 81 delle conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo del 6 novembre 2003 nelle cause riunite C‑456/01 P e C‑457/01 P, Henkel/UAMI, cause riunite da C‑468/01 P a C‑472/01 P, Procter & Gamble/UAMI, e cause riunite C‑473/01 P e C‑474/01 P, Procter & Gamble/UAMI (causa «pasticche detergenti multicolori»).


21
Sentenza 20 settembre 2001, causa C‑383/99 P, Procter & Gamble/UAMI (Racc. pag. I‑6251, punti 40 e 42‑45).


22
Causa «Baby‑Dry» (punto 37).


23
V., ad esempio, in relazione a diversi tipi di valutazione, sentenze 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL (Racc. pag. I‑6191, punto 23); «Baby‑Dry» (punto 40), e 20 marzo 2003, causa C‑291/00, LTJ Diffusion (Racc. pag. I‑2799, punto 52).


24
V., ad esempio, sentenza 12 febbraio 2004, causa C‑265/00, Campina Melkunie (punti 18 e 19).


25
Punto 46 della sentenza impugnata.


26
Vi sono dei casi in cui il numero è usato come identificativo, in contrapposizione ad esempio con le indicazioni dimensionali, dove il numero è evidentemente descrittivo.


27
Ma v. William Cornish e David Llewelyn, Intellectual Property (5ª ed.), al paragrafo 17‑32, pag. 663, e la giurisprudenza ivi menzionata.


28
Punto 61 della sentenza impugnata.


29
Del 26 marzo 1996, punto 2.2.


30
In un ambito alquanto diverso, si possono confrontare i segni «Pastis 51» e «VAT 69», come marche chiaramente distintive che includono solo un elemento descrittivo e un numero distintivo.


31
Si deve ricordare che nel presente caso la questione riguarda un impedimento assoluto alla registrazione ai sensi dell’art. 7 del regolamento. In questo contesto, non vengono in rilievo considerazioni che potrebbero essere rilevanti nell’ambito di un’opposizione o un ricorso per annullamento fondati su impedimenti relativi alla registrazione quali l’esistenza anteriore di un marchio simile per prodotti simili.