CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
PHILIPPE LÉGER
presentate il 27 maggio 2004(1)



Causa C-299/02



Commissione delle Comunità europee
contro
Regno dei Paesi Bassi


«Artt. 43 CE et 48 CE – Condizioni d'immatricolazione delle navi nei Paesi Bassi – Condizione d'immatricolazione riguardante la cittadinanza degli azionisti e degli amministratori delle società proprietarie di navi – Condizione d'immatricolazione riguardante la cittadinanza delle persone fisiche preposte alla direzione quotidiana della sede olandese di una società proprietaria di navi – Condizione riguardante la cittadinanza e la residenza degli amministratori di società di armamento di navi immatricolate nei Paesi Bassi»






1.        Con il presente ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede che la Corte dichiari che il Regno dei Paesi Bassi, subordinando l’immatricolazione nei Paesi Bassi di navi marittime a condizioni riguardanti la cittadinanza degli azionisti o degli amministratori delle società proprietarie delle dette navi, non ha adempiuto gli obblighi che gli incombono ai sensi degli artt. 43 CE e 48 CE. La Commissione chiede altresì alla Corte di constatare che tale Stato membro non ha adempiuto tali obblighi imponendo condizioni per l’immatricolazione di navi relative alla cittadinanza e alla residenza degli amministratori di società di armamento nonché alla cittadinanza delle persone fisiche preposte alla direzione quotidiana della sede da dove viene esercitata nei Paesi Bassi l’attività di navigazione marittima riguardante tali navi.

I – Contesto normativo

A – Il diritto internazionale

2.        Due convenzioni internazionali, attualmente in vigore, contengono disposizioni in materia di immatricolazione di navi marittime.

3.        La prima è la convenzione di Ginevra del 29 aprile 1958 sull’alto mare  (2) . Essa è entrata in vigore il 30 settembre 1962 e vincola 62 Stati contraenti. La Comunità europea non è parte della stessa, ma lo sono numerosi Stati membri, tra i quali il Regno dei Paesi Bassi  (3) .

4.        L’art. 5, n. 1, della convenzione di Ginevra prevede che «[o]gni Stato determina le condizioni relative alla concessione della sua nazionalità alle navi, alla loro registrazione nell’ambito del suo territorio ed al diritto di battere la sua bandiera». Dopo l’indicazione secondo la quale «[l]e navi hanno la nazionalità dello Stato di cui sono autorizzate a battere bandiera», si precisa che «[d]eve esistere un legame effettivo tra lo Stato e la nave».

5.        Tali disposizioni sono state integralmente riprese dall’art. 91, n. 1, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare conclusa a Montego Bay il 10 dicembre 1982  (4) . Questa convenzione è entrata in vigore il 16 novembre 1994. Ne sono parti 144 Stati nonché la Comunità europea. Quest’ultima vi ha aderito, per le materie che rientrano nella sua competenza, ai sensi della decisione 98/392/CE  (5) . Tutti gli Stati membri della Comunità, tranne il Regno di Danimarca, sono parti della convenzione di Montego Bay. Dall’art. 311, n. 1, della detta convenzione risulta che quest’ultima prevale, tra gli Stati contraenti, sulla convenzione di Ginevra  (6) .

6.        Integrando le disposizioni dell’art. 10 della convenzione di Ginevra, l’art. 94 della convenzione di Montego Bay, intitolato «Obblighi dello Stato di bandiera», stabilisce, al n. 1, che «[o]gni Stato esercita efficacemente la propria giurisdizione e il proprio controllo su questioni di carattere amministrativo, tecnico e sociale sulle navi che battono la sua bandiera», ed elenca, nei successivi numeri, una serie di misure che lo Stato di bandiera è tenuto ad adottare a tale effetto.

B – Il diritto comunitario

7.        L’art. 43, secondo comma, CE riconosce ai cittadini comunitari il diritto di accedere alle attività non salariate e al loro esercizio nonché quello di gestire e costituire imprese, alle stesse condizioni di quelle definite dalla legislazione dello Stato membro di stabilimento nei confronti dei propri cittadini.

8.        L’art. 48, primo comma, CE equipara alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale  (7) , l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità, così che tali società beneficiano allo stesso modo dei cittadini degli Stati membri del diritto di stabilimento definito nell’art. 43, secondo comma, CE.

9.        Lo stabilimento di una società in uno Stato membro diverso da quello in base alla cui legislazione essa è costituita può assumere due diverse forme, vale a dire lo stabilimento a titolo principale o a titolo secondario.

10.      Si parla di stabilimento a titolo principale quando una società intende collegarsi all’ordinamento di uno Stato membro diverso da quello secondo la cui legislazione essa si è originariamente costituita, attraverso, in particolare, un trasferimento della sua amministrazione centrale o la partecipazione alla costituzione di una nuova società in tale altro Stato membro.

11.      Si parla di stabilimento a titolo secondario quando una società intende semplicemente ampliare il suo insediamento geografico nella Comunità attraverso, secondo i termini dell’art. 43, primo comma, CE, la creazione di agenzie, succursali o filiali nello Stato membro di accoglienza, mantenendo la sua sede (principale) nello Stato membro secondo la cui legislazione essa si è in origine costituita.

C – La normativa nazionale

12.      Nei Paesi Bassi, l’immatricolazione delle navi marittime è disciplinata dal Wetboek van Koophandel (codice di commercio). Il suo art. 311, n. 1, nella sua versione successiva al 1° agosto 1994, sola pertinente nella fattispecie, subordina la concessione della nazionalità olandese ad una nave marittima, vale a dire la sua immatricolazione nei Paesi Bassi, a diverse condizioni.

13.      Tra queste condizioni, ne esiste una che si riferisce alla cittadinanza del o dei proprietari della nave. Così l’art. 311, n. 1, lett. a), del Wetboek van Koophandel, esige che «la nave [appartenga] almeno per i due terzi a una o più persone fisiche o giuridiche in possesso della cittadinanza di uno Stato membro o di uno Stato parte dell’Accordo sullo Spazio economico europeo»  (8) .

14.      L’art. 311, n. 3, del Wetboek van Koophandel definisce una persona giuridica avente la nazionalità di uno Stato membro o di uno Stato parte dell’Accordo SEE, ai sensi dell’art. 311, n. 1, lett. a), come «una persona giuridica costituita conformemente alla legislazione di uno Stato membro (…) o di un altro Stato parte dell’Accordo [SEE] ed avente la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale sul territorio di uno Stato membro (…) o di un altro Stato parte dell’Accordo [SEE] a condizione che: quote che rappresentino almeno i due terzi del capitale sottoscritto risultino a nome di persone fisiche in possesso della cittadinanza di uno Stato membro (…) o di uno Stato parte dell’Accordo [SEE] o di società nel senso del presente paragrafo, ab initio, e che la maggioranza degli amministratori possieda la cittadinanza di uno Stato membro (…) o di un altro Stato parte dell’Accordo [SEE]; o che tutti gli amministratori possiedano la cittadinanza di uno Stato membro (…) o di uno Stato parte dell’Accordo [SEE]».

15.      Inoltre, per l’immatricolazione di una nave nei Paesi Bassi l’art. 311, n. 1, lett. b), del Wetboek van Koophandel esige che il proprietario o i proprietari della detta nave (quali definiti precedentemente) esercitino l’attività di navigazione marittima nel territorio olandese attraverso l’intermediazione di un’impresa con sede in tale territorio o che ivi possieda una sede secondaria, e assicurino la gestione della nave principalmente a partire da tale Stato membro. L’art. 311, n. 1, lett. c) e d), stabilisce altresì che la direzione quotidiana dell’impresa in parola sia assicurata da una o più persone fisiche aventi la cittadinanza di uno Stato membro o di un altro Stato parte dell’Accordo SEE, e che dispongano di poteri di rappresentanza per tutte le questioni connesse alla gestione della nave e riguardanti la nave, il suo capitano e gli altri membri dell’equipaggio.

16.      Inoltre, l’art. 8:169 del Burgerlijk Wetboek (codice civile), nella sua versione successiva al 1° agosto 1994, prevede che il «contabile», vale a dire l’amministratore, di una società di armamento cessi dalle proprie funzioni quando non possieda più la cittadinanza di uno Stato membro o di un altro Stato parte dell’Accordo SEE o quando stabilisca la sua residenza al di fuori del territorio di tali Stati.

II – Il procedimento precontenzioso

17.      Nei confronti del Regno dei Paesi Bassi era stato già avviato un procedimento precontenzioso riguardo alla sua normativa nazionale concernente le navi marittime, nella versione precedente a quella controversa nel caso di specie. Questa vecchia normativa era stata considerata dalla Commissione contraria alla libertà di stabilimento, alla luce della sentenza 15 luglio 1991, Factortame e a.  (9) .

18.      A seguito di tale procedimento il Regno dei Paesi Bassi ha modificato la sua normativa nazionale in materia.

19.      Ritenendo che questa nuova normativa fosse ancora contraria alla libertà di stabilimento, quale garantita dagli artt. 43 CE e 48 CE, la Commissione ha invitato tale Stato membro a presentare le proprie osservazioni. Non essendo convinta dalle osservazioni presentate dal Regno dei Paesi Bassi, la Commissione, il 27 gennaio 2000, ha invitato tale Stato membro ad adottare i provvedimenti idonei a conformarsi agli obblighi derivanti dagli artt. 43 CE e 48 CE entro un termine di due mesi a decorrere dalla notificazione di tale invito.

20.      Poiché il progetto di legge destinato a porre fine all’inadempimento di cui trattasi non è stato ancora adottato, la Commissione ha proposto il presente ricorso con atto depositato in cancelleria il 23 agosto 2002.

III – Il ricorso

21.      A sostegno del proprio ricorso la Commissione adduce due motivi.

22.      Il primo motivo riguarda le condizioni d’immatricolazione delle navi marittime relative alla cittadinanza degli azionisti o degli amministratori delle società proprietarie delle dette navi.

23.      Il secondo motivo si divide in due parti. La prima parte riguarda le condizioni di immatricolazione delle navi marittime relative alla cittadinanza delle persone fisiche preposte alla direzione quotidiana della sede da dove l’attività di navigazione viene esercitata in tale Stato membro. La seconda parte riguarda le condizioni di cittadinanza e di residenza alle quali è subordinato l’esercizio delle funzioni di amministratore di una società di armamento navale.

A – Sul primo motivo, relativo alle condizioni d’immatricolazione delle navi relative alla cittadinanza degli azionisti o degli amministratori delle società che ne sono proprietarie

1. Argomenti delle parti

24.      Con il suo primo motivo la Commissione accusa il Regno dei Paesi Bassi di aver violato gli artt. 43 CE e 48 CE subordinando l’immatricolazione delle navi marittime in tale Stato membro a condizioni relative alla cittadinanza degli azionisti o degli amministratori delle società proprietarie delle dette navi.

25.      La Commissione ricorda che, secondo la giurisprudenza Factortame e a., citata, le condizioni poste all’immatricolazione delle imbarcazioni non devono costituire un ostacolo alla libertà di stabilimento  (10) .

26.      A tal riguardo, la Commissione fa valere che le condizioni poste nell’art. 311, n. 3, del Wetboek van Koophandel, relative alla cittadinanza degli azionisti o degli amministratori delle società proprietarie di navi marittime costituiscono condizioni supplementari rispetto a quelle che figurano nell’art. 48 CE per riconoscere ad una società il beneficio della libertà di stabilimento.

27.      Ne risulterebbe che le società proprietarie di navi marittime che non soddisfacessero tali condizioni supplementari sarebbero private della possibilità di immatricolare tali navi nei Paesi Bassi e dunque di stabilirvisi mentre invece esse soddisferebbero condizioni poste dall’art. 48 CE e dovrebbero godere della libertà di stabilimento in tale Stato membro.

28.      Secondo la Commissione l’imposizione di tali condizioni supplementari comporta una restrizione della libertà di stabilimento delle dette società nei Paesi Bassi, soprattutto nell’ipotesi in cui queste ultime desiderassero istituirvi una sede secondaria e lo Stato membro sul cui territorio esse avessero sede non prevedesse tali condizioni. In questa ipotesi le dette società, per poter immatricolare le loro navi marittime nei Paesi Bassi, sarebbero infatti costrette a modificare la composizione dei loro organi di direzione o del loro azionariato.

29.      Il governo olandese nega che la normativa nazionale controversa costituisca un ostacolo alla libertà di stabilimento. Al riguardo esso sottolinea che le condizioni di cittadinanza previste dalla normativa olandese non possono essere paragonate a quelle considerate dalla citata giurisprudenza Factortame e a., in quanto si tratta di condizioni che fanno riferimento alla cittadinanza di uno Stato membro della Comunità o di uno Stato parte dell’Accordo SEE, e non a quella dello Stato membro interessato. Il governo olandese aggiunge che, anche se le condizioni di nazionalità controverse potessero avere un effetto sull’esercizio del diritto di costituire una sede secondaria, tale effetto sarebbe talmente incerto e indiretto che sarebbe improprio parlare di ostacolo.

30.      Del resto, anche nell’ipotesi in cui sussistesse un vero e proprio ostacolo, esso sarebbe debitamente giustificato dalla necessità di garantire un legame effettivo tra la nave e lo Stato della sua immatricolazione, in modo che quest’ultimo fosse in grado di esercitare effettivamente la propria giurisdizione e il proprio controllo sulla nave che batte la sua bandiera, conformemente a quanto richiesto dalla convenzione di Montego Bay.

31.      Secondo il governo olandese, la giustificatezza e la proporzionalità di un asserito ostacolo alla libertà di stabilimento sarebbero confermate dalla circostanza che condizioni di cittadinanza similari sarebbero state previste in materia di trasporto marittimo, sarebbero contenute in diversi regolamenti attualmente in vigore in materia di trasporto su vie navigabili nonché di trasporto aereo e sarebbero altresì previste in materia di trasporto aereo.

2. Valutazione

32.      Nella sentenza Factortame e a., citata, la Corte ha indicato che, allo stato attuale del diritto comunitario, la determinazione delle condizioni di immatricolazione delle navi rientra nella competenza degli Stati membri  (11) . Tale constatazione resta attuale relativamente alle navi marittime, tenuto conto dell’assenza ad oggi di disposizioni di diritto comunitario derivato in materia.

33.      Resta nondimendo che, secondo una giurisprudenza costante, gli Stati membri devono esercitare le competenze loro attribuite nel rispetto del diritto comunitario  (12) .

34.      La Corte ha precisato che le condizioni poste dagli Stati membri all’immatricolazione delle navi non devono ostacolare la libertà di stabilimento (con riferimeno alle navi utilizzate nell’ambito dell’esercizio di un’attività economica) o la libertà di circolazione delle persone (con riferimento alle navi che non vengono utilizzate nell’ambito di un’attività economica)  (13) .

35.      Nella fattispecie è assodato che la normativa olandese controversa dev’essere valutata con riferimento alla libertà di stabilimento, e non alla libertà di circolazione delle persone. Infatti, le navi interessate dalla normativa olandese costituiscono strumenti per l’esercizio di un’attività economica che comporta una sede stabile nei Paesi Bassi  (14) , cosicché, in conformità alla giurisprudenza Factortame e a., citata, la loro immatricolazione non può essere disgiunta dall’esercizio della libertà di stabilimento  (15) .

36.      A mio parere, non vi è dubbio che le condizioni di cittadinanza imposte dalla normativa olandese per consentire l’immatricolazione delle navi marittime nei Paesi Bassi hanno l’effetto di limitare la libertà di stabilimento delle società proprietarie di dette navi.

37.      Infatti, dal momento che tali società soddisfano i requisiti posti dall’art. 48, n. 1, CE, vale a dire sono costituite conformemente alla legislazione di uno Sato membro ed hanno la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità, esse possono in linea di principio beneficiare della libertà di stabilimento, ai sensi degli artt. 43 CE e segg.  (16) .

38.      Al riguardo, occorre precisare che non è consentito subordinare il beneficio della libertà di stabilimento, relativamente alle società, alla soddisfazione da parte di queste ultime di condizioni supplementari riguardanti la cittadinanza dei loro azionisti o dei loro amministratori.

39.      L’art. 48, n. 1, CE ha implicitamente, ma necessariamente, escluso siffatte condizioni, in quanto esse rientrano nella logica di un criterio di collegamento detto «criterio di controllo», che non è stato scelto dagli autori del Trattato CE  (17) .

40.      Tale esclusione del criterio di controllo, e delle condizioni di cittadinanza ad esso legate, è stata confermata nel programma generale per la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento stabilito dal Consiglio il 18 dicembre 1961  (18) .

41.      Infatti, anche se il programma generale ha subordinato il beneficio della libertà di stabilimento secondario delle società aventi soltanto la sede sociale all’interno della Comunità (mentre l’amministrazione centrale o il centro di attività principale si trovano all’esterno della Comunità) alla condizione supplementare che l’attività di queste ultime presenti «un legame effettivo e continuato con l’economia di uno Stato membro», esso ha espressamente escluso che tale legame possa dipendere dalla cittadinanza in particolare dei soci o dei membri degli organi di gestione o di controllo o di persone che detengano il capitale sociale  (19) .

42.      Ne consegue che, per beneficiare della libertà di stabilimento secondario, poco importa che una società sia soggetta al controllo di cittadini di Stati terzi rispetto alla Comunità o allo SEE (amministratori o possessori di quote). In altri termini, una società che soddisfa i requisiti posti nell’art. 48, n. 1, CE non può essere privata del diritto alla libertà di stabilimento secondario per il semplice motivo che essa non soddisferebbe condizioni relative alla cittadinanza dei possessori di sue quote o dei suoi amministratori. Lo stesso vale con riguardo alla libertà di stabilimento a titolo principale.

43.      Orbene, subordinando l’immatricolazione delle navi marittime nei Paesi Bassi a condizioni relative alla cittadinanza degli azionisti o degli amministratori delle società proprietarie di tali navi, la normativa olandese controversa tende a ridurre l’ambito di applicazione soggettivo del diritto di stabilimento quale definito nell’art. 48 CE. Inoltre, come sostiene la Commissione, tale normativa nazionale può ostacolare o scoraggiare l’esercizio della libertà di stabilimento in tale Stato membro, sia a titolo principale sia a titolo secondario. Contrariamente al governo olandese, ritengo che tali effetti restrittivi non siano eccessivamente aleatori o indiretti perché la normativa di cui trattasi possa essere considerata come un ostacolo alla libertà di stabilimento.

44.      Infatti, qualora le società che intendono immatricolare nei Paesi Bassi le navi marittime di cui sono proprietarie non soddisfino le condizioni nazionali controverse (cosa molto probabile per le società che si sono costituite in un altro Stato membro qualora quest’ultimo non preveda simili condizioni), le dette società non hanno altre possibilità per procedere a tale immatricolazione se non quella di modificare conseguentemente la struttura del loro capitale sociale o dei loro organi di amministrazione.

45.      Va da sé che una simile modifica può comportare profondi sconvolgimenti nell’ambito di una società, nonché il compimento di numerose formalità non prive di conseguenze finanziarie. Tale prospettiva è tale da scoraggiare seriamente le società interessate dall’esercitare il diritto di stabilimento loro attribuito dagli artt. 43 CE e 48 CE, soprattutto quando si tratta di un semplice stabilimento a titolo secondario, tanto più che, come sottolineato dalla Corte nella citata sentenza Daily Mail e General Trust, lo stabilimento a titolo secondario costituisce il modo abituale di esercizio di un tale diritto  (20) .

46.      Ne consegue che la normativa olandese controversa costituisce un ostacolo alla libertà di stabilimento contrario agli artt. 43 CE e 48 CE.

47.     È vero che, come ha indicato la Commissione, tale normativa si applica indistintamente alle società olandesi e alle società facenti capo all’ordinamento giuridico di altri Stati membri (ai sensi dell’art. 48, n. 1, CE). Al riguardo, essa si distingue pertanto dalle normative esaminate dalla giurisprudenza Factortame e a., citata, poiché queste ultime operavano una discriminazione in danno alle società collegate ad uno Stato membro diverso da quello interessato da ognuna delle normative nazionali in parola  (21) .

48.      Tuttavia, nella sentenza 31 marzo 1993, Kraus  (22) , la Corte ha dichiarato che «gli artt. 48 e 52 [divenuti, in seguito a modifica, artt. 39 CE e 43 CE] ostano a qualsiasi provvedimento (…) il quale, anche se si applica senza discriminazioni in base alla cittadinanza, può ostacolare o scoraggiare, l’esercizio, da parte dei cittadini comunitari, (…) delle libertà fondamentali garantite dal Trattato»  (23) . La Corte ha aggiunto che «[c]osì non sarebbe solo nel caso in cui tale provvedimento perseguisse uno scopo legittimo, compatibile con il Trattato [o] fosse giustificato da motivi imperiosi di interesse generale (…) [e] l’applicazione del provvedimento nazionale fosse atta a garantire il raggiungimento dello scopo che esso persegue e non andasse oltre quanto necessario al raggiungimento di tale scopo»  (24) .

49.      Occorre quindi esaminare se, come sostiene il governo olandese, la restrizione operata dalla normativa nazionale controversa sia proporzionata e possa avere nel diritto comunitario un’adeguata giustificazione derivante dalle norme di diritto internazionale in materia di immatricolazione di navi.

50.      Ricordo che, secondo il governo olandese, le condizioni di cittadinanza controverse dovrebbero essere necessariamente imposte al fine di garantire, in conformità all’art. 91 della convenzione di Montego Bay, l’esistenza di un legame effettivo tra il Regno dei Paesi Bassi e le navi battenti bandiera olandese. La verifica del rispetto di tali condizioni s’imporrebbe al momento dell’immatricolazione delle navi per garantire, nei limiti del possibile, che sulle dette navi vengano effettivamente esercitati la giurisdizione ed il controllo delle autorità olandesi, in conformità all’art. 94 della detta convenzione.

51.      Tale tesi del governo olandese è fondata su una certa interpretazione dell’art. 91, n. 1, della convenzione di Montego Bay. Orbene, non sono convinto che, come sostiene il governo olandese  (25) , l’art. 91, n. 1, della convenzione di Montego Bay subordini l’immatricolazione di una nave all’esistenza di un previo legame effettivo tra lo Stato di bandiera e la nave interessata.

52.      In effetti questa interpretazione dell’art. 91, n. 1, della convenzione di Montego Bay sembra sia stata respinta dal Tribunale internazionale del diritto del mare (in prosieguo: il «TIDM») nella sua sentenza 1° luglio 1999, nella causa detta «Nave Saiga II», tra lo Stato di Saint-Vincent-et-les-Grenadines e la Repubblica di Guinea, a seguito del fermo da parte delle autorità guineensi di una nave battente bandiera di Saint Vincent  (26) . In tali termini si è espressa la dottrina riguardo a tale sentenza  (27) .

53.      Infatti il TIDM ha dichiarato che «lo scopo delle disposizioni della convenzione [di Montego Bay] relative al requisito di un legame effettivo tra una nave e lo Stato del quale essa batte bandiera è quello di garantire più efficacemente il rispetto dei propri obblighi da parte degli Stati di bandiera, e non di stabilire criteri che possono essere invocati da altri Stati membri per contestare la validità dell’immatricolazione di navi in uno Stato di bandiera»  (28) .

54.      Tale formulazione lascia pensare che il requisito di un legame effettivo tra una nave e lo Stato del quale batte bandiera sia riconducibile più all’esecuzione delle obbligazioni che gravano sullo Stato di bandiera che ad un requisito preliminare cui l’immatricolazione di una nave sarebbe subordinata.

55.      Secondo il TIDM, il senso di tale requisito non sarebbe rimesso in discussione dalla convenzione delle Nazioni Unite 7 febbraio 1986, sulle condizioni di registrazione delle navi  (29) . Al contrario, tale interpretazione dell’art. 91 della convenzione di Montego Bay sarebbe avvalorata da due accordi delle Nazioni Unite in materia di pesca (del 1982 e del 1993, non ancora entrati in vigore), in quanto questi ultimi si limiterebbero a precisare il contenuto degli obblighi incombenti allo Stato di bandiera, senza nemmeno richiamare le eventuali condizioni da soddisfare per l’immatricolazione di una nave  (30) .

56.      Nello stesso senso, il TIDM ha aggiunto che la Repubblica di Guinea non aveva invocato alcuna disposizione della convenzione di Montego Bay che sostenesse la sua affermazione secondo la quale «una delle condizioni fondamentali per l’immatricolazione di una nave sarebbe che il proprietario o l’amministratore della nave dovrebbe essere sottoposto alla giurisdizione effettiva dello Stato di bandiera»  (31) . Tale osservazione tende a confermare la tesi sostenuta da Saint-Vincent-et-les-Grenadines, secondo la quale «nulla in detta convenzione va a sostegno dell’affermazione secondo cui l’esistenza di un legame effettivo tra una nave e uno Stato costituisce un presupposto necessario per l’attribuzione della nazionalità alla nave»  (32) .

57.      A mio parere tale giurisprudenza del TIDM apporta un chiarimento idoneo a smentire l’interpretazione dell’art. 91, n. 1, della convenzione di Montego Bay (il cui contenuto è identico a quello dell’art. 5, n. 1, della Convenzione di Ginevra) sostenuta dal governo olandese.

58.      Questa giurisprudenza concorda con l’analisi già effettuata dall’avvocato generale Tesauro nelle sue conclusioni nella causa Commissione/Grecia, che ha dato luogo alla sentenza 27 novembre 1997, cit., e la corrobora. Infatti quest’ultimo aveva considerato che la nozione di «legame effettivo» o di «genuine link», ai sensi delle convenzioni di Ginevra e di Montego Bay, designa l’effettività del controllo e della giurisdizione che lo Stato è tenuto ad esercitare sulle navi battenti la sua bandiera. In altre parole, secondo lo stesso, lungi dall’essere il presupposto della nazionalità di una nave, tale legame effettivo si risolverebbe soprattutto in un obbligo di controllo conseguente all’attribuzione della nazionalità  (33) .

59.      A tal proposito è interessante ricordare che l’avvocato generale Tesauro aveva già avuto cura di indicare che la versione definitivamente approvata dell’art. 5 della convenzione di Ginevra, comparata al testo predisposto dalla Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite, smentisce in modo specifico l’idea di subordinare l’attribuzione della nazionalità ad una nave alla condizione della prevalente proprietà da parte dei cittadini dello Stato della bandiera  (34) .

60.      Inoltre, in ogni caso, quale che sia l’interpretazione da adottare riguardo al requisito di un legame effettivo tra la nave e lo Stato, ai sensi delle convenzioni di Ginevra e di Montego Bay, non mi è chiaro il motivo per il quale, come sostiene il governo olandese, le condizioni di cittadinanza poste dalla normativa nazionale controversa sarebbero necessarie affinché il Regno dei Paesi Bassi fosse in grado, quale Stato di bandiera, di esercitare il suo controllo e la sua giurisdizione sulle navi battenti la sua bandiera, in conformità a quanto previsto nell’art. 94 della convenzione di Montego Bay.

61.      Certamente, è possibile ritenere che gli obiettivi consistenti nell’assicurare la sicurezza in mare o nel prevenire, ridurre o controllare l’inquinamento in ambiente marino, perseguiti dalle disposizioni dell’art. 94 della convenzione di Montego Bay  (35) , alla quale la Comunità ha aderito, costituiscano motivi imperativi d’interesse pubblico, ai sensi della giurisprudenza della Corte, vale a dire motivi di pubblica sicurezza ai sensi dell’art. 46, n. 1, CE  (36) .

62.      Tuttavia, il fatto che una nave sia di prevalente proprietà di una o più società il cui capitale sociale o la cui direzione siano composti principalmente da cittadini di Stati terzi non osta a che uno Stato membro, quale Stato di bandiera, eserciti effettivamente la sua giurisdizione e il suo controllo su tale nave. Tale circostanza ha scarso rilievo per l’adozione di misure quali l’ispezione della nave  (37) , la registrazione dei dati che la riguardano  (38) , la verifica delle qualifiche e delle condizioni di lavoro dell’equipaggio  (39) , nonché l’apertura e la conduzione di un’inchiesta in caso di sinistro o di incidente di navigazione nell’alto mare  (40) .

63.      Di contro, al riguardo, può essere utile imporre, come prevede la normativa olandese  (41) , che la direzione di una nave battente bandiera olandese sia principalmente assicurata a partire dai Paesi Bassi  (42) . La Corte ha ammesso una siffatta condizione d’immatricolazione delle navi in relazione alla libertà di stabilimento  (43) .

64.      A mio parere, contrariamente a quanto sostiene il governo olandese, le condizioni di cittadinanza controverse non sembrano dunque necessarie a consentire al Regno dei Paesi Bassi di adempiere i propri obblighi quale Stato di bandiera, in conformità all’art. 94 della convenzione di Montego Bay.

65.      Da tali argomentazioni risulta che le condizioni di cittadinanza poste dalla normativa olandese controversa non trovano alcuna giustificazione nelle regole di diritto internazionale in vigore in materia di immatricolazione delle navi, quali previste dalle convenzioni di Ginevra e Montego Bay.

66.      Tenuto conto di tutte queste argomentazioni, sarei incline a concludere che il primo motivo di ricorso sia fondato.

67.      Tuttavia ritengo che, in base alal documentazione attualmente agli atti, sussista un dubbio relativamente al carattere ingiustificato delle condizioni di cittadinanza controverse.

68.      Infatti, come sottolinea giustamente il governo olandese, condizioni di cittadinanza simili sono previste nei settori del trasporto per via navigabile o del trasporto aereo da numerosi regolamenti attualmente in vigore.

69.      Nel settore del trasporto per via navigabile si tratta dei regolamenti (CEE) del Consiglio 17 ottobre 1985, n. 2919, che fissa le condizioni di accesso al regime riservato dalla convenzione modificata per la navigazione sul Reno ai battelli adibiti alla navigazione sul Reno  (44) , e 16 dicembre 1991, n. 3921/91, che fissa le condizioni per l’ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali di merci o di persone per via navigabile in uno Stato membro  (45) , nonché del regolamento (CE) del Consiglio 8 luglio 1996, n. 1356, riguardante regole comuni applicabili ai trasporti di merci o di persone per via navigabile tra Stati membri al fine di realizzare in tali trasporti la libera prestazione dei servizi  (46) . Nel settore del trasporto aereo è il caso del regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1992, n. 2407, sul rilascio delle licenze ai vettori aerei  (47) .

70.      Certamente, il fatto che tutti questi regolamenti prevedano, nell’ambito della politica comune dei trasporti (essenzialmente, nell’ambito della libera prestazione dei servizi), condizioni di cittadinanza comparabili a quelle controverse nella presente causa non può da solo giustificare che siffatte condizioni siano stabilite (nell’ambito della libertà di stabilimento) da uno Stato membro, in maniera unilaterale, in settori del trasporto diversi da quelli considerati dai regolamenti in parola  (48) .

71.      Tanto premesso, sarebbe quantomeno paradossale dichiarare che le disposizioni nazionali controverse non hanno alcuna congrua giustificazione nel diritto comunitario nel settore dei trasporti marittimi quando disposizioni simili sono previste da diversi regolamenti comunitari attualmente in vigore in altri settori del trasporto, salvo considerare che i settori del trasporto aereo e per via navigabile soddisfano esigenze fondamentalmente diverse da quelle riguardanti il trasporto marittimo, vale a dire interrogarsi sulla legittimità dei detti regolamenti riguardo alle disposizioni in questione  (49) .

72.      La Commissione ha fornito pochi chiarimenti al riguardo. Ne concludo che quest’ultima non ha sufficientemente dimostrato che la restrizione della libertà di stabilimento operata dalla normativa olandese di cui trattasi sia ingiustificata. Orbene, secondo una giurisprudenza costante, è onere della Commissione provare l’asserito inadempimento fornendo alla Corte gli elementi necessari a verificarne l’esistenza  (50) .

73.      Di conseguenza ritengo che, allo stato attuale della causa, il primo motivo di ricorso sia infondato.

B – Sul secondo motivo, relativo alle condizioni riguardanti la cittadinanza delle persone fisiche preposte alla direzione quotidiana della sede da dove nei Paesi Bassi è esercitata l’attività di navigazione marittima nonché la cittadinanza e la residenza degli amministratori di società di armamento

1. Argomenti delle parti

74.      Come ho già indicato, questo secondo motivo si divide in due parti. La prima parte riguarda, come il primo motivo, alcune condizioni cui è subordinata l’immatricolazione delle navi marittime nei Paesi Bassi, vale a dire condizioni riguardanti la cittadinanza delle persone fisiche preposte alla direzione quotidiana della sede da dove in tale Stato membro è esercitata l’attività di navigazione marittima. La seconda parte riguarda le condizioni di cittadinanza e di residenza cui è subordinato l’esercizio delle funzioni di amministratore di una società di armamento.

75.      Con questo secondo motivo, considerato nelle sue due parti, la Commissione accusa il Regno dei Paesi Bassi di aver violato gli artt. 43 CE e 48 CE per il motivo che le condizioni nazionali controverse darebbero luogo ad una restrizione ingiustificata alla libertà di stabilimento delle società stabilite in un altro Stato membro.

76.      Infatti, le società in questione che non rispettassero le dette condizioni non avrebbero il diritto, secondo la normativa olandese, né di procedere all’immatricolazione nei Paesi Bassi di una nave di cui di cui fossero proprietarie e di esercitare pertanto colà l’attività di navigazione marittima, né di costituire o dirigere in tale Stato membro una società di armamento di navi già immatricolate presso le autorità olandesi.

77.      Contrariamente a quanto sostiene il governo olandese, le condizioni nazionali controverse non troverebbero alcuna giustificazione nelle norme di diritto internazionale riguardanti gli obblighi dello Stato di bandiera.

2. Valutazione

78.      Ritengo tale motivo fondato nelle sue due parti.

79.      Con riferimento alla prima parte di tale motivo, riguardante le condizioni d’immatricolazione delle navi relative alla cittadinanza delle persone fisiche preposte alla direzione quotidiana della sede dalla quale nei Paesi Bassi l’attività di navigazione marittima è esercitata  (51) , rinvio sostanzialmente alle mie argomentazioni sul primo motivo, precisato che i regolamenti nn. 2919/85, 3921/91, 2407/92 e 1356/96 non prevedono al riguardo condizioni di cittadinanza comparabili.

80.      Al pari delle condizioni d’immatricolazione delle navi riguardanti la cittadinanza degli azionisti o degli amministratori delle società proprietarie di navi marittime, considerate nel primo motivo, le condizioni interessate dalla prima parte del secondo motivo possono ostacolare o scoraggiare l’esercizio della libertà di stabilimento nei Paesi Bassi, sia a titolo principale sia a titolo secondario. Infatti, le società che intendono immatricolare in questo Stato membro le navi di cui sono proprietarie, nell’ambito dell’esercizio della libertà di stabilimento, non hanno altra possibilità per farlo che quella di adeguare conseguentemente la loro politica di assunzione al fine di escludere dal personale interessato dalla normativa olandese controversa i cittadini di Stati terzi rispetto alla Comunità o allo SEE.

81.      Una simile restrizione alla libertà di stabilimento, anche se indistintamente applicabile alle società olandesi e alle società soggette all’ordinamento giuridico di uno Stato membro diverso dal Regno dei Paesi Bassi, si rivela contraria agli artt. 43 CE e 48 CE, poiché essa non risponde nel diritto comunitario a nessuna adeguata giustificazione derivante in particolare dalle norme di diritto internazionale precedentemente esaminate. Il fatto che la direzione quotidiana della sede da dove una società proprietaria di navi esercita l’attività di navigazione marittima nei Paesi Bassi sia assicurata in tutto o in parte da cittadini di Stati terzi rispetto alla Comunità o allo SEE non osta a che tale Stato membro, quale Stato di bandiera, eserciti effettivamente il suo controllo e la sua giurisdizione sulla detta nave, in conformità all’art. 94 della convenzione di Montego Bay.

82.      Ne concludo che il secondo motivo, nella sua prima parte, è fondato.

83.      Con riferimento alla seconda parte del secondo motivo  (52) , essa richiama lo stesso tipo di considerazioni riguardo alle condizioni relative alla cittadinanza degli amministratori di società di armamento di navi immatricolate nei Paesi Bassi. Infatti tale condizione di cittadinanza può ostacolare o scoraggiare la costituzione o la direzione in questo Stato membro di società di armamento di dette navi. Una simile restrizione, anche non discriminatoria, non ha nel diritto comunitario alcuna congrua giustificazione derivante in particolare dalle norme di diritto internazionale già indicate, precisato che i regolamenti nn. 2919/85, 3921/91, 2407/92 e 1356/96 non prevedono al riguardo condizioni di cittadinanza comparabili.

84.      Riguardo alla condizione relativa alla residenza degli amministratori di società di armamento, ritengo, come la Commissione, che essa può scoraggiare società stabilite in uno Stato membro diverso dai Paesi Bassi (ai sensi dell’art. 48 CE) dall’associarsi a società di armamento con sede sul territorio olandese. Infatti, quando società stabilite in un altro Stato membro intendono procedere ad una tale associazione ed i loro amministratori non sono o non sono più residenti in uno Stato membro della Comunità o dello SEE, esse non hanno altra scelta che quella di cambiare amministratori, a meno che questi ultimi non modifichino di conseguenza la propria residenza. Ne consegue che la condizione di residenza controversa costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento. Tale restrizione, anche se non discriminatoria, viola gli artt. 43 CE e 48 CE, dal momento che non ha nel diritto comunitario alcuna congrua giustificazione derivante in particolare dalle norme di diritto internazionale già indicate.

85.      Ne concludo che il secondo motivo è fondato in entrambe le sue parti.

IV – Conclusione

86.      Propongo alla Corte di conseguenza quanto segue:

1)
dichiarare che il Regno dei Paesi Bassi,

avendo adottato una normativa che subordina l’immatricolazione delle navi marittime in tale Stato membro alla condizione che le persone fisiche preposte alla direzione quotidiana della sede da dove l’attività di navigazione marittima concenente tali navi viene esercitata sul territorio olandese siano cittadini di uno Stato membro della Comunità europea o dello Spazio economico europeo, nonché

avendo adottato una normativa che subordina l’esercizio delle funzioni di amministratore di una società di armamento navale alla condizione che quest’ultimo sia cittadino di uno Stato membro della Comunità europea o dello Spazio economico europeo e che vi risieda,

è venuto meno agli obblighi che gli incombono ai sensi degli artt. 43 CE e 48 CE;

2)
respingere il ricorso per il resto;

3)
condannare il Regno dei Paesi Bassi a sostenere le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione delle Comunità europee.


1
Lingua originale: il francese.


2
.Raccolta dei Trattati delle Nazioni Unite, vol. 450, n. 6465, pag. 11 (in prosieguo: la «convenzione di Ginevra»).


3
Gli Stati membri della Comunità parti della convenzione di Ginevra sono: il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica italiana, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, la Repubblica portoghese, la Repubblica di Finlandia, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.


4
In prosieguo: la «convenzione di Montego Bay».


5
Decisione del Consiglio 23 marzo 1998, concernente la conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 e dell'accordo del 28 luglio 1994 relativo all'attuazione della parte XI della convenzione (GU L 179, pag. 1). Il testo della convenzione di Montego Bay figura nell'allegato I di tale decisione.


6
Ne consegue che la convenzione di Ginevra mantiene in principio i suoi effetti tra gli Stati parti della stessa e che non sono parti della convenzione di Montego Bay.


7
Tale riferimento alla sede sociale si riallaccia infatti al precedente riferimento alla costituzione della società e alla sua conformità con la legislazione di uno Stato membro.


8
Accordo del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«Accordo SEE »).


9
Causa C-221/89 (Racc. pag. I‑3905).


10
Sentenza Factortame e a., cit. (punti 22 e 23).


11
Punti 13 e 17. V., altresì, sentenza 4 ottobre 1991, causa C‑246/89, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I‑4585, punti 11 e 15).


12
V., in particolare, in materia di immatricolazione delle navi, sentenze Factortame e a., cit. (punto 14); Commissione/Regno Unito, cit. (punto 12); 7 marzo 1996, causa C‑334/94, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑1307, punto 14); 12 giugno 1997, causa C‑151/96, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑3327, punto 12), e 27 novembre 1997, causa C‑62/96, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑6725, punto 18).


13
Riguardo a tale distinzione, v. citate sentenze Factortame e a. (punti 21 et 22); Commissione/Regno Unito (punti 22 e 23); Commissione/Francia (punti 12 e 20-22); Commissione/Irlanda (punti 12 e 13) e Commissione/Grecia (punti 18‑20).


14
Il governo olandese ha precisato che la normativa nazionale in questione riguarda l'immatricolazione delle navi della marina mercantile (controreplica, punto 2).


15
V. citate sentenze Factortame e a. (punto 22), e Commissione/Regno Unito (punto 23).


16
La localizzazione della sede sociale, dell'amministrazione centrale o del centro di attività principale delle società serve per determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all'ordinamento giuridico di uno Stato membro. Tali criteri alternativi di collegamento evidenziano la diversità delle legislazioni degli Stati membri in materia. V., in tal senso, in particolare, sentenze 28 gennaio 1986, causa C‑270/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 273, punto 18); 10 luglio 1986, causa 79/85, Segers (Racc. pag. 2375, punto 13); 27 settembre 1988, causa 81/87, Daily Mail e General Trust (Racc. pag. 5483, punti 19‑21); 13 luglio 1993, causa C‑330/91, Commerzbank (Racc. pag. I‑4017, punto 13); 16 luglio 1998, causa C‑264/96, ICI (Racc. pag. I‑4695, punto 20), e 9 marzo 1999, causa C‑212/97, Centros (Racc. pag. I‑1459, punto 20).


17
Il criterio di controllo implica che il collegamento di una società all'ordinamento giuridico di uno Stato sia determinato dalla cittadinanza delle persone che dispongono di un certo potere al suo interno, quali gli associati, i membri degli organi di direzione o di vigilanza, nonché i detentori del capitale sociale. Gli autori del Trattato hanno adottato un criterio diverso, detto «criterio dell'incorporazione». In virtù di tale criterio, una società è collegata allo Stato membro secondo la cui legislazione si è costituita e sul cui territorio ha la sua sede sociale, quand'anche la sua sede effettiva (vale a dire la sua amministrazione centrale o il suo centro principale di attività) si trovasse in un altro Stato membro.


18
GU 1962, n. 2, pag. 36 (in prosieguo: il «programma generale»). Secondo un'espressione di uso comune, il programma generale fornisce utili indicazioni per l'attuazione delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento. V., in tal senso, in particolare, sentenze 28 aprile 1977, causa 71/76, Thieffry (Racc. pag. 765, punto 14); 18 giugno 1985, causa 197/84, Steinhauser (Racc. pag. 1819, punto 15); Segers, cit. (punto 15); 30 maggio 1989, causa 305/87, Commissione/Grecia (Racc. pag. 1461, punti 22 e 25), e 10 marzo 1993, causa C‑111/91, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑817, punto 17).


19
V. titolo I, intitolato «Beneficiari», quarto trattino, del programma generale. L’espressione «legame effetivo e continuato con l'economia di uno Stato membro», utilizzata in tali disposizioni, non è stata definita con precisione nel programma generale. Al riguardo v., in particolare, G. Aussant, R. Fornasier, J.‑V. Louis, J.‑C. Séché, S. Van Raepenbusch, Commentaire Mégret, vol. 3, II ed., 1990 (pag. 38, punto 6); Y. Loussouarn, «Le rattachement des sociétés et la Communauté économique européenne», in Études de droit des Communautés européennes, Mélanges offerts à Pierre Teitgen, Paris, 1984 (pag. 247); J. Schapira, G. Le Tallec, J.‑B. Blaise, L. Idot, in Droit européen des affaires, tomo 2, PUF, V ed., 1999 (pagg. 571 e 572), nonché le conclusioni dell'avvocato generale La Pergola nella causa Centros, cit. (nota 16).


20
Punto 17.


21
Con riferimento alle condizioni relative alla cittadinanza dei detentori del capitale sociale e degli amministratori, v. citate sentenze Factortame e a. (punto 30); Commissione/Regno Unito (punto 31); 7 marzo 1996, Commissione/Francia (punto 17); Commissione/Irlanda (punto 12), e 27 novembre 1997, Commissione/Grecia (punti 18 e 27).


22
Causa C‑19/92 (Racc. pag. I‑1663).


23
Punto 32.


24
Idem. Nello stesso senso, con riguardo alla libertà di stabilimento, v., in particolare, sentenze 30 novembre 1995, causa C‑55/94, Gebhard (Racc. pag. I‑4165, punto 37), e Centros, cit. (punto 34).


25
Controreplica (punto 18).


26
.Raccolta delle sentenze, dei pareri consultivi e delle ordinanze, vol. 3, 1999.


27
V., in particolare, M. Kamto «La nationalité des navires en droit international», in Mélanges offerts à L. Lucchini et J.‑P. Quéneudec, ed. La mer et son droit, A. Pédone, ottobre 2003 (pag. 347 e segg., in particolare punti 29 e 31). Questo autore getta uno sguardo critico sull'interpretazione della nozione di «legame effettivo» adottata dal TIDM nella sentenza Nave Saiga II, cit., secondo la quale il requisito di un legame effettivo non costituisce una condizione per la concessione della nazionalità ad una nave.


28
Sentenza Nave Saiga II, cit. (punto 83).


29
Ibidem (punto 84). Ad oggi tale convenzione (pubblicata nell'International Transport Treaties, suppl. 12, maggio 1988) non è ancora entrata in vigore.


30
Sentenza Nave Saiga II, cit. (punto 85), che fa riferimento, da un lato, all'Accordo ai fini dell'applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici i cui spostamenti si effettuano all'interno e al di là delle zone economiche esclusive (stock transzonali) e degli stock ittici altamente migratori, aperto alla firma il 4 dicembre 1995 e, dall'altro, all'Accordo volto a favorire il rispetto delle misure internazionali di conservazione e gestione di stock ittici da parte delle navi di pesca in alto mare, del 24 novembre 1993.


31
Sentenza Nave Saiga II, cit. (punto 84).


32
Ibidem (punto 77).


33
Paragrafo 13 delle conclusioni.


34
Idem.


35
L’obiettivo di sicurezza in mare è espressamente indicato nell'art. 94, n. 3, della convenzione di Montego Bay. L'obiettivo di prevenzione, riduzione e controllo dell'inquinamento è espressamente indicato nell'art. 94, n. 4, lett. c), nonché nell'art. 211, n. 2, della detta convenzione.


36
Nell'ambito dei trasporti via terra, secondo una giurisprudenza costante, la tutela della sicurezza stradale costituisce un motivo imperativo d'interesse pubblico che può giustificare una restrizione delle libertà fondamentali garantite dal Trattato. V. sentenze 5 ottobre 1994, causa C‑55/93, Van Schaik (Racc. pag. I‑4837, punto 19); 12 ottobre 2000, causa C‑314/98, Snellers (Racc. pag. I‑8633, punto 55), e 10 luglio 2003, causa C‑246/00, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑7485, punto 67). Nell'ambito dei trasporti marittimi la Corte ha considerato, riguardo ai servizi di ormeggio o di assistenza alla navigazione, che il mantenimento della sicurezza pubblica nelle acque costiere e portuali costituisce un motivo di pubblica sicurezza ai sensi dell'art. 46, n. 1, CE. V. sentenze 18 giugno 1998, causa C‑266/96, Corsica Ferries France (Racc. pag. I‑3949, punti 60 e 61), e 13 giugno 2002, cause riunite C‑430/99 e C‑431/99, Sea‑Land Service e Nedlloyd Lijnen (Racc. pag. I‑5235, punti 41 e 42).


37
Artt. 94, nn. 3, lett. a), e 4, lett. a), della convenzione di Montego Bay.


38
Art. 94, n. 2, lett. a), della convenzione di Montego Bay.


39
Art. 94, nn. 3, lett. b), e 4, lett. b) e c), della convenzione di Montego Bay.


40
Art. 94, n. 7, della convenzione di Montego Bay.


41
Art. 311, n. 1, lett. b), del Wetboek van Koophandel.


42
Nello stesso senso v., in particolare, paragrafo 13 delle conclusioni dell'avvocato generale Tesauro nella causa Commissione/Grecia, che ha dato luogo alla sentenza 27 novembre 1997, cit.


43
V. sentenza Factortame e a., cit. (punti 34‑36).


44
GU L 280, pag. 4. Art. 3, nn. 1, lett. c), cc), e 2, nonché art. 4 dell'allegato del regolamento n. 2919/85.


45
GU L  373, pag. 1. Art. 2, n. 1, lett. b), ii), del regolamento n. 3921/91.


46
GU L 175, pag. 7. Art. 2, quarto trattino (che rinvia alle condizioni che figurano nell'art. 2 del regolamento n. 3921/91) del regolamento n. 1356/96.


47
GU  L 240, pag. 1. Art. 4, n. 2, del regolamento n. 2407/92.


48
Al riguardo occorre sottolineare che le regole generali del Trattato si applicano al settore dei trasporti – compreso il settore del trasporto marittimo – indipendentemente dall'avvio di una politica comune in tale settore (con riserva della deroga espressa prevista nell'art. 51, n. 1, CE in materia di libera circolazione dei servizi). V., in tal senso, sentenza 4 aprile 1974, causa 167/73, Commissione/Francia (Racc. pag. 359, punti 21‑33), a proposito delle regole del Trattato in materia di libera circolazione della persone, nonché sentenza 30 aprile 1986, cause riunite da 209/84 a 213/84, Asjes e a. (Racc. pag. 1425, punti 37-39), riguardo alle regole di concorrenza del Trattato. Ne consegue che, nell'ambito dei trasporti marittimi, gli Stati membri sono tenuti a rispettare le regole generali del Trattato in materia di libertà di stabilimento.


49
Quando il Consiglio adotta atti di diritto derivato nell'ambito della politica comune dei trasporti, esso è tenuto ad applicare le regole generali del Trattato, comprese quelle relative alla libera prestazione dei servizi. Infatti, nella sentenza 22 maggio 1985, causa 13/83, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. 1513, punto 62), la Corte ha ricordato che l’art. 51, n. 1, CE prevede che la libera circolazione dei servizi, in materia di trasporti, è disciplinata dalle disposizioni del titolo relativo ai trasporti. Essa ne ha dedotto che «[l]’attuazione dei principi riguardanti la libera prestazione dei servizi, sanciti in particolare dagli artt. 59 [divenuto, in seguito a modifica, art. 49 CE] e 60 [divenuto art. 50 CE] del Trattato CEE, deve (…) avvenire, secondo il Trattato, attraverso l'instaurazione della politica comune dei trasporti e, più precisamente, grazie alla fissazione delle norme comuni per i trasporti internazionali e delle condizioni per l'ammissione di vettori non residenti ai trasporti nazionali, norme e condizioni cui si riferisce l'art. 75, n. 1, lett. a) e b) [divenuto, in seguito a modifica, art. 71, n. 1, lett. a) e b), CE], e necessariamente riguardanti la libera prestazione dei servizi». V. altresì, in tal senso, sentenze Asjes e a., cit. (punto 37), e 13 dicembre 1989, causa C‑49/89, Corsica Ferries France (Racc. pag. I‑4441, punto 11).


50
V., in particolare, sentenze 25 maggio 1982, causa 96/81, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. 1791, punto 6); 19 marzo 1991, causa C-249/88, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑1275, punto 6); 16 dicembre 1992, causa C-210/91, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑6735, punto 22), e 29 maggio 1997, causa C-300/95, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I‑2649, punto 31).


51
Tali condizioni sono previste nell'art. 311, n. 1, lett. c), del Wetboek van Koophandel.


52
Le condizioni di cittadinanza e di residenza cui si riferisce la seconda parte del secondo motivo figurano nell'art. 8:169 del Burgerlijk Wetboek.