CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
CHRISTINE STIX-HACKL
presentate l'8 giugno 2004(1)



Causa C-203/02



The British Horseracing Board Ltd e a.
contro
William Hill Organization Ltd


[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito)]

«Direttiva 96/9/CE – Banche dati – Tutela giuridica – Diritto sui generis – Soggetti legittimati allo sfruttamento – Costituzione, verifica e presentazione del contenuto di una banca di dati – Parte (non) sostanziale del contenuto di una banca di dati – Estrazione e reimpiego – Normale sfruttamento – Pregiudizio ingiustificato dei legittimi interessi del costitutore – Modifica sostanziale del contributo di una banca di dati – Sport – Partite»






I – Osservazioni preliminari

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale costituisce uno dei quattro procedimenti  (2) paralleli concernenti l’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 1996 relativa alla tutela giuridica delle banche di dati  (3) (in prosieguo: la «direttiva»). Come gli altri procedimenti ha ad oggetto il cosiddetto diritto sui generis e la sua portata nel settore delle scommesse sportive.

II – Ambito normativo

A – Normativa comunitaria

2.        L’art. 1 della direttiva contiene disposizioni in ordine al campo di applicazione della medesima. Inter alia recita:

«(1)   La presente direttiva riguarda la tutela giuridica delle banche di dati, qualunque ne sia la forma.

(2)     Ai fini della presente direttiva per “banca di dati” si intende una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo».

3.        Gli artt. 7‑11 del capitolo III, disciplinano il diritto sui generis. L’art. 7, che disciplina l’oggetto della tutela, inter alia recita:

«(1)   Gli Stati membri attribuiscono al costitutore di una banca di dati il diritto di vietare operazioni di estrazione e/o reimpiego della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della stessa, valutata in termini qualitativi o quantitativi, qualora il conseguimento, la verifica e la presentazione di tale contenuto attestino un investimento rilevante sotto il profilo qualitativo o quantitativo.

(2)     Ai fini del presente capitolo:

a)
per “estrazione” si intende il trasferimento permanente o temporaneo della totalità o di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati su un altro supporto con qualsiasi mezzo o in qualsivoglia forma;

b)
per “reimpiego” si intende qualsiasi forma di messa a disposizione del pubblico della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della banca di dati mediante distribuzione di copie, noleggio, trasmissione in linea o in altre forme. La prima vendita di una copia di una banca dati nella Comunità da parte del titolare del diritto, o con il suo consenso, esaurisce il diritto di controllare la rivendita della copia nella Comunità.

Il prestito pubblico non costituisce atto di estrazione o di reimpiego.

(3)     Il diritto di cui al paragrafo 1 può essere trasferito, ceduto o essere oggetto di licenza contrattuale.

(...)

(5)     Non sono consentiti l’estrazione e/o il reimpiego ripetuti e sistematici di parti non sostanziali del contenuto della banca di dati che presuppongano operazioni contrarie alla normale gestione della banca dati o che arrechino un pregiudizio ingiustificato ai legittimi interessi del costitutore della banca di dati».

4.        L’art. 8, che disciplina i diritti e gli obblighi dell’utente legittimo, al n. 1 prevede:

«Il costitutore di una banca di dati messa in qualsiasi modo a disposizione del pubblico non può impedire all’utente legittimo della stessa di estrarre e reimpiegare parti non sostanziali, valutate in termini qualitativi o quantitativi, del contenuto di tale banca di dati per qualsivoglia fine. Se l’utente legittimo è autorizzato a estrarre e/o reimpiegare soltanto una parte della banca di dati, il presente paragrafo si applica solo a detta parte».

5.        L’art. 9 dispone che gli Stati membri possono prevedere deroghe al diritto sui generis.

6.        L’art. 10, che disciplina la durata della tutela, dispone al n. 3:

«Ogni modifica sostanziale, valutata in termini qualitativi o quantitativi, del contenuto di una banca dati, ed in particolare ogni modifica sostanziale risultante dall’accumulo di aggiunte, stralci o modifiche successivi che permetta di ritenere che si tratti di un nuovo investimento sostanziale, valutato in termini qualitativi o quantitativi, consente di attribuire alla banca derivante da tale investimento una propria specifica durata di protezione.»

B – Normativa nazionale

7.        Nel Regno Unito la direttiva è stata recepita con i Copyright and Rights in Databases Regulations del 1997 (regolamenti sul diritto d’autore e sui diritti relativi a banche dati) (Statutory Instrument 1997 N. 3032). Le parti della presente causa ed il giudice del rinvio concordano sul fatto che questa normativa nazionale debba interpretarsi in conformità con la direttiva.

III – Caso di specie e giudizio a quo

8.        Il procedimento a quo vede contrapporsi in qualità di ricorrenti il British Horseracing Board (BHB), organo amministrativo che sovrintende all’industria delle corse ippiche in Gran Bretagna, ed i suoi membri, il Jockey Club, la Racehorse Association Limited, la Racehorse Owners Association e l’Industry Committee (Horseracing) Limited, ed inoltre la Weatherbys ed in qualità di convenuta la William Hill. La presente causa concerne l’accettazione di scommesse tramite Internet da parte della William Hill e di alcuni dei suoi concorrenti.

9.        La BHB è una società che è stata costituita nel giugno del 1993 per assumere parte delle funzioni in precedenza svolte dal Jockey Club. Da quel momento, il Jockey Club ha mantenuto anche le funzioni di regolamentazione delle corse sportive britanniche. Il suo compito consiste attualmente nell’applicazione della regolamentazione in materia di corse ippiche. La BHB ha assunto le restanti funzioni amministrative di organo che sovrintende alle corse ippiche, in particolare per quanto riguarda la raccolta di dati relativi a tali corse.

10.      La Weatherbys ha gestito e pubblicato il General Stud Book, il Registro Genealogico Ufficiale dei Purosangue in Gran Bretagna ed Irlanda del Nord. Essa è inoltre una banca registrata ed ha a disposizione un dipartimento editoriale. Nel 1985 la Weatherbys, per conto del Jockey Club, ha intrapreso la creazione di una banca di dati elettronica delle informazioni sulle corse relative, tra l’altro, alle caratteristiche dei cavalli registrati, ai loro proprietari ed allenatori, al loro grado di handicap, alle caratteristiche dei fantini e comprendente informazioni sui calendari delle competizioni, sulle località di svolgimento delle gare, le date, gli orari, le condizioni della corsa, iscrizioni e partecipanti. Il Jockey Club utilizza tuttora la banca di dati per alcune delle sue funzioni.

11.      Nel 1999 la banca di dati contenente informazioni sulle corse ippiche e il General Stud Book sono confluiti in un’unica banca di dati, «la banca di dati BHB», oggetto della presente causa, che è raccolta e gestita dalla Weatherbys. Le parti del giudizio a quo concordano sul fatto che la banca di dati BHB è tutelata dal diritto sui generis e che tale diritto spetta ad una o più delle ricorrenti del procedimento a quo.

12.      I costi di gestione ed aggiornamento della banca di dati BHB ammontano a circa 4 milioni di sterline all’anno e richiedono circa 80 addetti ed una consistente attrezzatura informatica, sia hardware che software.

13.      La banca di dati BHB contiene una molteplicità di registrazioni, inclusi molti dati che sono memorizzati ed elaborati quotidianamente. Essa è composta di 214 tabelle, contenenti oltre 20 milioni di registrazioni. Ciascuna registrazione contiene a sua volta numerose serie di dati. Essa ricomprende una raccolta di dati accumulati in molti anni attraverso la registrazione delle informazioni fornite dai proprietari, allenatori ed altri soggetti dell’industria delle corse. Essa contiene nomi ed altri dettagli relativi ad oltre un milione di cavalli risalenti indietro nel tempo di molte generazioni. Contiene dettagli relativi ai proprietari registrati, colori di corsa, allenatori e fantini registrati. Contiene inoltre informazioni pre-corsa, cioè informazioni relative alle corse di cavalli che si svolgono in Gran Bretagna che vengono rese disponibili prima della corsa. Queste includono, tra l’altro, luogo e ora di svolgimento della corsa, la distanza della corsa, i requisiti di ammissione alle gare, il termine per l’iscrizione, le tasse di iscrizione e l’importo per cui l’ippodromo deve contribuire al premio in denaro per la corsa.

14.      La Weatherbys svolge tre funzioni principali prima di pubblicare le informazioni pre-corsa. In primo luogo, la registrazione di informazioni relative ai proprietari, allenatori, fantini, cavalli, ecc. Ad esempio, la Weatherbys inserisce ogni anno i nomi di circa 10 000 cavalli a cui è stato appena dato un nome. Nello stesso tempo, per ogni corsa vengono registrate le prestazioni dei cavalli che vi prendono parte. Alla Weatherbys risultano occupate circa 15 persone, il cui compito principale è la creazione e gestione dei dati relativi ad uomini e cavalli.

15.      Del resto, è necessario assicurarsi che i cavalli, che partecipano alle corse, siano proprio quelli il cui nome è ricompreso negli elenchi diffusi ante corsa.

16.      La seconda funzione principale prima della pubblicazione di informazioni pre-corsa consiste nell’addizione dei pesi e nell’assegnazione degli handicap. A tutte le iscrizioni a corse sia con handicap che senza handicap, in totale 180 000 all’anno, devono essere assegnati i pesi.

17.      La terza funzione principale della Weatherbys prima della diffusione delle informazioni pre-corsa è la compilazione della lista dei partecipanti. Tale operazione è condotta dal call center della Weatherbys, che occupa costantemente fino a 32 persone addette a ricevere le telefonate (e i fax) di iscrizione dei cavalli alle corse. La Weatherbys controlla l’autorizzazione alla partecipazione alla corsa di ciascun cavallo in due fasi.

18.      Per le operazioni descritte ai punti 24‑31 e 32‑35 dell’ordinanza di rinvio vedi l’allegato a queste conclusioni.

19.      Le informazioni memorizzate nella banca di dati BHB interessano una gran varietà di utilizzatori. Estratti essenziali della banca di dati sono messi a disposizione dello sport delle corse ippiche, tra gli altri, dei rappresentanti degli ippodromi in tutto il paese, degli allenatori, dei fantini e dei loro agenti, del Jockey Club, dei compilatori dei pedigree e delle autorità estere che sovrintendono alle corse. Le informazioni sono messe a disposizione di questi soggetti quotidianamente per mezzo del sito Internet comune di Weatherbys/BHB e attraverso un sito di banca dati, e ogni settimana nel Racing Calendar, che può considerarsi la «Gazzetta ufficiale» della BHB.

20.      Le informazioni sulle corse interessano inoltre le stazioni radio-televisive, le riviste e i quotidiani ed altresì quella parte del pubblico che segue le corse ippiche.

21.      Le informazioni sono messe a disposizione il mattino del giorno precedente la corsa. I nomi di tutti i partecipanti a tutte le corse del Regno Unito sono resi accessibili al pubblico il pomeriggio del giorno precedente la corsa attraverso i giornali e i servizi Ceefax/Teletext.

22.      Le informazioni sono messe a disposizione anche degli allibratori. Da un lato, i dati sono messi a disposizione della società Racing Pages Ltd, che soggiace al controllo congiunto della Weatherbys e della Press Association ed è di loro proprietà. La Racing Pages Ltd provvede a trasmettere i dati ai suoi abbonati, tra cui anche gli allibratori. In particolare, la Racing Pages Ltd mette a disposizione degli abbonati in forma elettronica, di norma il giorno precedente la corsa, la cosiddetta «Declarations Feed». Questa contiene, assieme ad altre informazioni, un elenco delle corse, di partecipanti dichiarati e di fantini, di distanze e nomi delle corse, di orari delle corse e del numero di cavalli partecipanti a ciascuna corsa. Dall’altro lato, uno degli abbonati della Racing Pages Ltd è la Satellite Information Services Limited (SIS), che è autorizzata ad utilizzare questi dati per scopi precisi. La SIS distribuisce questi dati ai propri abbonati sotto forma della cosiddetta «raw data feed» (RDF, fornitura di dati non elaborati). Questi dati rappresentano le informazioni pre-corsa essenziali senza le quali gli scommettitori non potrebbero piazzare scommesse.

23.      La William Hill è, tra l’altro, uno dei principali fornitori nel Regno Unito di servizi pre-scommesse per clienti britannici ed internazionali. Assieme alle sue consociate offre in qualsiasi momento quotazioni per una molteplicità di eventi, fornendo ai propri clienti servizi di scommesse essenzialmente attraverso due forme di distribuzione: a) una rete nazionale di agenzie autorizzate di scommesse e b) accettazione di scommesse per telefono. L’attività principale della William Hill consiste nell’accettazione di scommesse a quota fissa, tra l’altro, per eventi sportivi. La William Hill offre altresì servizi di scommesse attraverso Internet. I più importanti eventi per cui la William Hill offre quotazioni sono le corse ippiche.

24.      La William Hill è abbonata sia alla «Declarations Feed», sia alla RDF. Tuttavia, essa non utilizza la «Declarations Feed» per le attività attinenti alla presente causa.

25.      Ai punti 40‑47 dell’ordinanza di rinvio è descritto il servizio via Internet offerto dalla William Hill (v. allegato).

26.      La BHB faceva valere dinanzi alla High Court of Justice la violazione del diritto sui generis da parte della William Hill. A tale causa aderivano il Jockey Club e la Weatherbys in qualità di ricorrenti. Il giudice Laddie decideva che la William Hill aveva violato i diritti delle ricorrenti sulla banca di dati con riferimento all’art. 7, nn. 1 e 5, della direttiva. In data 14 marzo 2001, la William Hill presentava appello contro l’ordinanza del giudice Laddie. Tale procedimento è attualmente pendente dinanzi alla Court of Appeal.

IV – Questioni pregiudiziali

27.      La Court of Appeal chiede alla Corte di giustizia una pronuncia in via pregiudiziale sulle seguenti questioni:

«1)
Se l’una o l’altra delle espressioni:

        “parte sostanziale del contenuto di una banca di dati”;

        “parte non sostanziale del contenuto di una banca di dati”

di cui all’art. 7 della direttiva possa includere opere, dati o altri elementi ricavati dalla banca di dati, ma che non sono sistematicamente o metodicamente disposti come nella banca di dati e che non offrono le stesse possibilità di accesso individuale che presenta la banca di dati.

2)
Che cosa si intende con il termine “conseguimento” di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva. In particolare, se [gli elementi menzionati al punto 14 della presente sentenza] possano costituire un simile conseguimento.

3)
Se la “verifica” di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva sia limitata a garantire a intervalli di tempo che l’informazione contenuta in una banca di dati sia, o continui ad essere, corretta.

4)
Che cosa si indenda all’art. 7, n. 1, della direttiva con le espressioni:

        “una parte sostanziale [del contenuto di una banca di dati] valutata in termini qualitativi”; e

        “una parte sostanziale [del contenuto di una banca di dati] valutata in termini quantitativi”.

5)
Che cosa si intende all’art. 7, n. 5, della direttiva, con l’espressione “parti non sostanziali del contenuto della banca di dati”.

6)
In particolare in ciascun caso:

         se “sostanziale” significhi qualcosa di più di “insignificante” e, in caso affermativo, che cosa;

         se non “sostanziale” significhi semplicemente che non è “sostanziale”.

7)
Se il termine “estrazione” di cui all’art. 7 della direttiva si riferisca solo al trasferimento del contenuto di una banca di dati direttamente dalla banca di dati ad un altro supporto o se riguardi anche il trasferimento di opere, dati o altri elementi che sono indirettamente ricavati dalla banca di dati, senza avere accesso diretto alla banca di dati.

8)
Se il termine “reimpiego” di cui all’art. 7 della direttiva si riferisca solo alla messa a disposizione del pubblico del contenuto della banca di dati direttamente a partire dalla stessa o se comprenda anche la messa a disposizione del pubblico di opere, dati o altri elementi che sono ricavati indirettamente dalla banca di dati, senza avere accesso diretto alla stessa.

9)
Se il termine “reimpiego” di cui all’art. 7 della direttiva sia limitato al primo atto con cui il contenuto della banca di dati è messo a disposizione del pubblico.

10)
Che cosa si intenda all’art. 7, n. 5, della direttiva con “operazioni contrarie alla normale gestione della banca di dati o che arrechino un pregiudizio ingiustificato ai legittimi interessi del costitutore della banca di dati”. In particolare se [i comportamenti descritti ai punti 17-19 della presente sentenza], considerati alla luce [degli elementi di cui al punto 15 della presente sentenza], possano costituire operazioni di tale natura.

11)
Se l’art. 10, n. 3, della direttiva significhi che, in ogni caso di “modifica sostanziale” del contenuto di una banca di dati, che consente di attribuire alla banca di dati risultante da tale modifica una propria specifica durata di protezione, la banca di dati risultante debba essere considerata come una nuova e distinta banca di dati in relazione all’obiettivo dell’art. 7, n. 5».

V – Sulla ricevibilità

28.      Parecchi aspetti delle questioni pregiudiziali non hanno ad oggetto l’interpretazione del diritto comunitario, vale a dire della direttiva, bensì l’applicazione di quest’ultima ad un caso concreto. A riguardo, occorre convenire con la Commissione che ciò non rientra fra i compiti della Corte nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE, ma fra quelli del giudice nazionale, e che la Corte nel presente procedimento deve limitarsi all’interpretazione del diritto comunitario.

29.      Per consolidata giurisprudenza della Corte infatti, nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’art. 234 CE, basato su una netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale  (4) .

30.      La Corte non è quindi competente a decidere il caso di specie oggetto del procedimento principale o ad applicare le disposizioni di diritto comunitario da essa stessa interpretate ai provvedimenti o alle realtà nazionali, essendo a tal fine competente esclusivamente il giudice del rinvio. La valutazione di singole operazioni riguardanti la banca di dati oggetto del presente procedimento richiede un apprezzamento di fatti che spetta al giudice nazionale  (5) . Per il resto, la Corte è competente a risolvere le questioni pregiudiziali.

VI – Sulla fondatezza: analisi

31.      Le questioni pregiudiziali proposte dal giudice del rinvio riguardano l’interpretazione di una serie di disposizioni della direttiva, in sostanza di determinate nozioni. Gli aspetti trattati nelle suddette disposizioni appartengono ad ambiti differenti e vanno, di conseguenza, ordinati. Mentre alcune questioni giuridiche riguardano l’effettivo ambito di validità della direttiva, altre hanno ad oggetto i presupposti e il contenuto del diritto sui generis.

A – Campo di applicazione materiale: la nozione di «banca di dati»

32.      Relativamente al presupposto dell’indipendenza degli elementi di una banca di dati, la William Hill ha sostenuto che gli «elementi» dovrebbero essere indipendenti dal costitutore. Questa concezione giuridica non è corretta. Come emerge dal riferimento della William Hill stessa alla necessità del conseguimento dei dati, questa argomentazione riguarda piuttosto un aspetto che deve essere chiarito in relazione all’interpretazione del carattere della fattispecie astratta previsto nell’art. 7, n. 1, della direttiva, vale a dire il «conseguimento».

B – Oggetto della tutela: i presupposti

33.      Affinché una banca di dati possa beneficiare del diritto sui generis di cui all’art. 7 della direttiva, occorre che siano soddisfatte le condizioni previste nella medesima disposizione. Il presente procedimento concerne l’interpretazione di alcuni di tali criteri.

34.      In questo contesto occorre far riferimento alla discussione giuridica sulla questione se il diritto sui generis di cui si dibatte debba servire a tutelare la prestazione, vale a dire sostanzialmente l’attività del costitutore di una banca dati, oppure il risultato scaturito da detta attività. A riguardo bisogna considerare che la direttiva tutela le banche di dati e cioè il loro contenuto, non invece le informazioni in esse raccolte, in quanto tali. In conclusione, si tratta della tutela del prodotto, sebbene indirettamente venga così tutelato anche quanto per esso speso, vale a dire l’investimento (6) .

35.      I presupposti elencati nell’art. 7 della direttiva si aggiungono a quelli previsti nell’art. 1, n. 2. Con i primi l’oggetto della tutela è definito in modo più rigoroso rispetto alla «banca di dati» di cui all’art. 1.

36.      Il diritto sui generis recentemente introdotto dalla direttiva si rifà ai diritti sui cataloghi, di origine nordica, e al «geschriftenbescherming» olandese. Ciò non deve però indurre ad applicare alla direttiva le nozioni sviluppate dalla dottrina e dalla giurisprudenza in relazione a tali istituti precursori. Al contrario, la direttiva dovrebbe diventare il criterio di interpretazione dei diritti nazionali, anche per tutti quegli Stati membri nei quali già prima di essa vigevano disposizioni simili. Anche in detti Stati membri vi era la necessità di adeguare la normativa interna ai contenuti della direttiva.

1. «Conseguimento» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva (seconda questione pregiudiziale)

37.      Nella presente causa è controverso se si sia in presenza di un conseguimento ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. Tale disposizione, infatti, tutela soltanto gli investimenti effettuati per il «conseguimento», la «verifica» e la «presentazione» del contenuto di una banca di dati.

38.      Occorre partire dal significato del diritto sui generis, cioè dalla tutela del costitutore di una banca di dati. Bisogna perciò poter considerare la costituzione come nozione sovraordinata  (7) di conseguimento, verifica e presentazione.

39.      La causa principale concerne un problema giuridico molto controverso, e precisamente quello di accertare se e − eventualmente a quali condizioni − in che misura la direttiva tuteli non soltanto dati già esistenti, ma anche dati nuovi creati dal costitutore. Se il conseguimento riguardasse soltanto dati esistenti, anche la tutela dell’investimento si riferirebbe soltanto al conseguimento di tali dati. Qualora si interpretasse, quindi, la nozione di conseguimento in questo senso, la tutela della banca di dati oggetto della causa principale dipenderebbe da se i dati conseguiti siano o meno esistenti.

40.      Se invece si partisse dalla nozione sovraordinata di costituzione, vale a dire di accorpamento del contenuto della banca di dati  (8) , potrebbero essere tutelati sia dati esistenti sia dati nuovi  (9) .

41.      Potrebbe essere chiarificatorio un confronto tra la nozione di «conseguimento» impiegata nell’art. 7, n. 1, e le attività indicate nel trentanovesimo ‘considerando’ della direttiva. Prima di iniziare andrebbe però segnalato che esistono divergenze tra le varie versioni linguistiche.

42.      Se si considera che il concetto di «conseguimento» impiegato nella versione tedesca dell’art. 7, n. 1, (Beschaffung), esso può riferirsi soltanto a dati esistenti, in quanto si può conseguire solo qualcosa che già esiste. Da questo punto di vista, il conseguimento (Be schaffung) rappresenta proprio il contrario della creazione (Er schaffung). Allo stesso risultato si perviene interpretando i termini utilizzati nelle versioni portoghese, francese, spagnola e inglese, che derivano tutti dal latino «obtenere», che significa ottenere. Anche le versioni finlandese e danese fanno propendere per un’interpretazione restrittiva. L’interpretazione estensiva della versione tedesca e inglese, adottata da alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento, è quindi erronea.

43.      Ulteriori indicazioni per una corretta interpretazione della nozione di «conseguimento» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, potrebbero essere ricavate dal suo trentanovesimo ‘considerando’, che rappresenta il ‘considerando’ introduttivo quanto all’oggetto del diritto sui generis. Riguardo agli investimenti tutelati, detto ‘considerando’ cita soltanto due tipi di attività, vale a dire, «ottenere» e «raccogliere» il contenuto. Anche qui, tuttavia, sorgono problemi a causa della differenza tra le varie versioni linguistiche. Nella maggior parte di esse viene impiegata per la prima delle attività citate la stessa nozione di cui all’art. 7, n. 1. Per il resto, le nozioni impiegate non descrivono sempre la stessa attività, si riferiscono, però, in sostanza, alla ricerca e alla raccolta del contenuto di una banca di dati.

44.      Le versioni linguistiche che, nel trentanovesimo ‘considerando’, impiegano due delle diverse nozioni dell’art. 7, n. 1, della direttiva, sono da intendersi nel senso che le due attività citate costituiscono sottocategorie del conseguimento ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. Si pone però in tal caso la questione di accertare perché il trentanovesimo ‘considerando’ parli soltanto di conseguimento e non, esplicitamente, anche di verifica e di presentazione. Queste ultime due nozioni vengono indicate soltanto nel quarantesimo ‘considerando’.

45.      Le versioni linguistiche che utilizzano nel trentanovesimo ‘considerando’ la medesima nozione indicata nell’art. 7, n. 1, della direttiva, devono invece essere interpretate nel senso che la nozione di conseguimento, di cui al detto ‘considerando’, va intesa, in senso stretto, mentre la nozione di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva va intesa, in senso ampio, vale a dire in modo da ricomprendere anche le altre attività indicate nel suddetto ‘considerando’.

46.      Tutte le versioni linguistiche consentono perciò un’interpretazione nel senso che il «conseguimento» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, non comprende la semplice produzione dei dati, ossia la mera attività del generare dati  (10) , e quindi non comprende la fase preparatoria  (11) . Quando però la creazione di dati coincide con la loro raccolta e verifica, interviene la tutela della direttiva.

47.      In tale contesto occorre ricordare che la cosiddetta «teoria dello spin‑off» non può essere seguita. Di conseguenza, anche lo scopo per cui viene conseguito il contenuto della banca di dati non può avere alcun rilievo  (12) . Ciò significa però che la tutela è possibile anche quando il conseguimento è avvenuto inizialmente per un’attività diversa dalla costituzione della banca di dati in questione. La direttiva, infatti, tutela il conseguimento di dati anche quando il medesimo non è avvenuto in relazione ad una banca di dati  (13) . Tale circostanza fa anche propendere a considerare una banca di dati esterna, che si rifà ad una banca di dati interna, ricompresa nell’ambito di tutela della direttiva.

48.      Sarà compito del giudice nazionale valutare le operazioni che sono state effettuate con la banca di dati BHB sulla base dell’interpretazione della nozione di «conseguimento» sopra esposta. In merito, si tratta, in primo luogo, di qualificare i dati ed il loro trattamento, dal loro ottenimento alla loro registrazione nella banca di dati oggetto del presente procedimento. Occorrerà valutare come considerare la determinazione dei calendari degli incontri, vale a dire, in sostanza, la raccolta dei nomi delle squadre e il collegamento degli abbinamenti con luogo e data di ogni singola partita. Che nel presente procedimento si tratti di dati esistenti, è confermato dal fatto che il calendario dell’incontro è il risultato di un accordo tra più parti, in particolare tra la polizia, le associazioni e i tifosi. Si potrebbe dedurre che si tratta di dati esistenti anche considerando che, come affermato da alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, i dati sono stati creati per uno scopo diverso dalla costituzione della banca di dati.

49.      Ma anche se le attività oggetto del presente procedimento vengono qualificate come creazione di nuovi dati, potrebbe lo stesso sussistere un «conseguimento» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. Ciò si verificherebbe, ad esempio, qualora la creazione dei dati avvenisse contemporaneamente alla loro elaborazione e i due aspetti fossero inscindibili.

2. La «verifica» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva (terza questione pregiudiziale)

50.      Con tale questione pregiudiziale si intende sostanzialmente accertare se alcune delle attività effettuate in connessione con la banca di dati BHB debbano essere ritenute «verifica» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva.

51.      La «verifica» si applica, a differenza del «conseguimento», a quei dati che già costituiscano il contenuto della banca di dati. Ciò allude prima facie al fatto che il momento della verifica, regolata nell’art. 7, n. 1, si collochi dopo la registrazione dei dati da verificare. Questa disposizione non pare quindi includere quelle verifiche che riguardano elementi che siano solo da registrare, in quanto non si tratta affatto del contenuto esistente di una banca di dati.

52.      In sostanza, si tratta dei controlli di completezza ed accuratezza degli «elementi» della banca di dati, di cui fa parte anche l’esame dell’attualità di una banca di dati. Tuttavia, l’esito di una tale verifica, in seguito, può anche esigere il conseguimento dei dati e il loro accumulo.

53.     È d’altronde incontestabile che i dipendenti della banca di dati BHB effettuino una serie di controlli, tra cui anche le varie verifiche di identità riguardanti gli iscritti ed i cavalli ed inoltre le verifiche delle autorizzazioni alla partecipazione alle corse.

54.     È viceversa controverso se e quali verifiche riguardino il contenuto esistente della banca di dati come, ad esempio, determinate indicazioni agli allenatori, o nel caso in cui la verifica delle informazioni avvenga prima della registrazione, cioè prima che l’elemento da verificare divenga parte della banca di dati.

55.      Ma anche quando alcune verifiche del caso di specie avvengano prima della registrazione nella banca di dati, ciò non significa che le altre operazioni di controllo non debbano anch’esse essere qualificate come verifica ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. Infatti, quanto agli aggiornamenti e/o rettifiche del contenuto della banca di dati realmente effettuati, non si potrà da ciò dedurre che sia soddisfatta la condizione della direttiva in base alla quale deve trattarsi di una verifica. È così sufficiente che alcune delle operazioni intraprese debbano essere qualificate come verifica ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva e gli investimenti sostanziali riguardino perlomeno la parte di queste operazioni inclusa nell’art. 7, n. 1, della direttiva.

56.      Sarà compito del giudice nazionale stabilire se le operazioni di controllo controverse siano oggetto del procedimento di rinvio, in quanto debbano essere ritenute «verifica» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva.

C – Contenuto del diritto

57.      Occorre innanzi tutto ricordare che, a rigore, con l’introduzione del diritto sui generis, non si intendeva effettuare un ravvicinamento delle legislazioni, ma creare un nuovo diritto  (14) . Quest’ultimo supera i diritti di diffusione e riproduzione fino ad allora esistenti. Ciò va tenuto in considerazione anche nell’interpretazione delle operazioni vietate. Le definizioni di cui all’art. 7, n. 2, della direttiva assumono, pertanto, un significato particolare.

58.      L’art. 7 della direttiva a prima vista contiene due gruppi di disposizioni di divieto o, dal punto di vista del soggetto tutelato, cioè il costitutore di una banca di dati, due diverse categorie di diritti. Mentre il n. 1 disciplina un diritto di vietare operazioni concernenti la parte sostanziale di una banca di dati, il n. 5 proibisce determinate operazioni relative a parti non sostanziali della stessa. Stante la differenziazione tra sostanziale e non sostanziale, il n. 5 può però anche essere inteso come eccezione alla deroga risultante dal n. 1  (15) . Il n. 5 deve impedire l’elusione del divieto disciplinato dal n. 1  (16) , e può pertanto anche essere qualificato come clausola di salvaguardia  (17) .

59.      L’art. 7, n. 1, della direttiva, disciplina il diritto del costitutore di vietare determinate operazioni. Se ne deduce, al tempo stesso, un divieto di porre in essere tali operazioni suscettibili di essere proibite. Le operazioni che possono essere proibite e dunque vietate, sono innanzi tutto l’estrazione e poi il reimpiego. Le definizioni giuridiche delle nozioni di «estrazione» e di «reimpiego» si trovano nell’art. 7, n. 2, della direttiva.

60.      Il divieto previsto nell’art. 7, n. 1, non è assoluto, ma richiede che l’operazione vietata avvenga sulla totalità o su una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati.

61.      Partendo dal criterio di parte «sostanziale» o «non sostanziale», determinante per l’applicazione dell’art. 7, nn. 1 e 5, bisogna quindi procedere all’esame di entrambi tali presupposti. Successivamente occorrerà esaminare le azioni vietate ai sensi dei nn. 1 e 5.

1. Parti sostanziali o non sostanziali di una banca di dati

a) Osservazioni generali (prima questione pregiudiziale)

62.      Nel procedimento si è sostenuto che l’art. 7, n. 1, della direttiva vieta soltanto quegli atti per mezzo dei quali i dati siano sistematicamente e metodicamente disposti e siano individualmente accessibili come nella banca dati originaria.

63.      Con questa argomentazione si intende porre una condizione per l’applicazione del diritto sui generis. In base alle disposizioni sull’oggetto del diritto e, in particolare, dalle definizioni giuridiche degli atti vietati ex art. 7, n. 1, previste nell’art. 7, n. 2 si deve determinare se una tale condizione sussista effettivamente.

64.      La suddetta condizione non risulta essere espressamente prevista né dall’art. 7, n. 1, né dall’art. 7, n. 5, della direttiva, né tali disposizioni vi recano il minimo accenno. Piuttosto, dalla circostanza che «la disposizione sistematica o metodica» sia citata espressamente nell’art. 1, n. 2, ma manchi del tutto nell’art. 7, si può concludere a contrario che il legislatore comunitario non volesse affatto porre tale criterio quale condizione per l’applicazione dell’art. 7.

65.      Anche lo scopo della direttiva si oppone, d’altronde, all’aggiunta di tale criterio.

66.      La tutela apprestata nell’art. 7, infatti, si sottrarrebbe ad un tale criterio aggiuntivo, poiché il divieto previsto in questa disposizione potrebbe essere aggirato attraverso semplici modifiche di parti della banca di dati.

67.      Il trentottesimo ‘considerando’ indica l’intento della direttiva di vietare anche una nuova compilazione del contenuto della banca di dati in quanto possibile atto lesivo, facendo notare questo pericolo e l’insufficienza della tutela del diritto di autore.

68.      La direttiva è diretta proprio alla creazione di un nuovo diritto e, a tal proposito, non può citarsi il quarantaseiesimo ‘considerando’ che concerne un diverso aspetto.

69.      Neanche il quarantacinquesimo ‘considerando’, in base al quale la tutela del diritto d’autore non può essere estesa a semplici fatti o dati, è favorevole ad un criterio aggiuntivo. Ciò non significa certamente che la tutela comprenda anche i dati in quanto tali o addirittura i singoli dati. Oggetto della tutela è e resta la banca di dati.

70.      Si deve quindi concludere che la stessa disposizione sistematica o metodica della banca di dati di origine non costituisce il criterio per decidere della legittimità delle operazioni concernenti la banca di dati. Per questo motivo, non è fondamentalmente esatto sostenere che la direttiva non tutela quei dati che sono gestiti o raccolti con altre modalità.

71.      Per quanto concerne la prima questione pregiudiziale, si deve quindi rispondere che le espressioni «parte sostanziale del contenuto di una banca di dati» o «parte non sostanziale del contenuto di una banca di dati» di cui all’art. 7 della direttiva possono riferirsi anche ad opere, dati o altri elementi ricavati dalla banca di dati che però non sono sistematicamente o metodicamente disposti e che non offrono le stesse possibilità di accesso individuale che presenta la banca di dati.

b) Nozione di «parte sostanziale del contenuto di una banca di dati» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva (prima, quarta e sesta questione pregiudiziale)

72.      Con la suddetta questione pregiudiziale viene chiesta l’interpretazione della nozione di «parte sostanziale del contenuto di una banca di dati» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. A differenza delle altre nozioni chiave della direttiva, al riguardo non è fornita alcuna definizione giuridica. La stessa è stata soppressa nel corso del procedimento legislativo e più precisamente con la Posizione comune del Consiglio.

73.      L’art. 7, n. 1, della direttiva, prevede due alternative. Come si deduce già dal testo, la nozione di sostanziale può avere una duplice natura, quantitativa o qualitativa. Tale struttura, scelta dal legislatore, è da interpretarsi nel senso che una parte può essere sostanziale anche quando non lo sia dal punto di vista quantitativo, ma lo sia da quello qualitativo. Va quindi respinta la tesi secondo cui sarebbe necessaria anche una misura quantitativa minima.

74.      L’alternativa quantitativa dev’essere intesa nel senso che va determinata l’entità della parte della banca di dati interessata dall’operazione vietata. Si pone quindi la questione se occorra adottare un metro di giudizio relativo o assoluto. In pratica, se l’entità interessata dall’operazione vietata debba essere rapportata alla totalità del contenuto della banca di dati  (18) , oppure se debba essere valutata di per sé.

75.      A riguardo va osservato che un metro di giudizio relativo tendenzialmente va a svantaggio dei costitutari di grosse banche di dati  (19) , poiché più la banca di dati è grande, più risulta sostanzialmente piccola la parte interessata dall’operazione vietata. In tal caso potrebbe tuttavia essere adottata, come correttivo, una valutazione qualitativa complementare, quando una parte interessata relativamente piccola possa però essere considerata sostanziale dal punto di vista qualitativo. Sarebbe altrettanto possibile collegare entrambi i metri di giudizio quantitativi. Si potrebbe infatti anche ritenere sostanziale, per la sua dimensione in senso assoluto, una parte relativamente piccola.

76.      Per il resto, si pone la questione se il giudizio quantitativo possa essere collegato con quello qualitativo. In realtà ciò è rilevante soltanto per quei casi in cui il giudizio dal punto di vista qualitativo è possibile. Non essendoci nulla in contrario, in una situazione del genere è opportuno valutare le parti interessate secondo entrambi i metodi.

77.      Nell’ambito del giudizio qualitativo assume in ogni caso rilevanza il valore tecnico o economico  (20) . In questo modo può essere inclusa nella tutela anche una parte di grandezza limitata, ma sostanziale dal punto di vista del valore. Come esempio per il valore di elenchi nell’ambito dello sport, si potrebbe menzionare la loro completezza e esattezza.

78.      Il valore economico di una parte interessata dall’operazione vietata si misura, di regola, sulla base della caduta della domanda  (21) , determinata dal fatto che la parte interessata viene estratta o reimpiegata non alle condizioni di mercato, ma in altro modo. La valutazione della parte interessata, e cioè del valore economico, può anche essere effettuata dal punto di vista commerciale, vale a dire commisurata a quanto colui che ha operato l’estrazione o il reimpiego ha risparmiato.

79.      Partendo dall’obiettivo della tutela degli investimenti, perseguito dall’art. 7 della direttiva, per la valutazione della rilevanza sono da considerare sempre anche gli investimenti compiuti dal costitutore  (22) . Come risulta dal quarantaduesimo ‘considerando’, il divieto dell’estrazione e del reimpiego serve ad impedire che venga arrecato danno agli investimenti (23) .

80.      Anche gli investimenti, in particolare i costi di conseguimento  (24) , possono costituire punto di riferimento per la determinazione del valore della parte interessata di una banca di dati.

81.      La direttiva non fornisce una definizione giuridica nemmeno per quanto concerne la soglia della rilevanza dell’investimento. La dottrina è concorde nel ritenere che il legislatore comunitario abbia intenzionalmente lasciato alla giurisprudenza il compito di delimitarla  (25) .

82.      La rilevanza in ogni caso non dev’essere fatta dipendere dall’esistenza di un pregiudizio sostanziale  (26) . Il relativo riferimento a un ‘considerando’, e precisamente alla fine del quarantaduesimo, non deve infatti ritenersi sufficiente per fissare la soglia della tutela ad un livello corrispondentemente elevato. Del resto è dubbio se un «pregiudizio sostanziale» possa essere impiegato come criterio per la definizione della rilevanza, poiché il quarantaduesimo ‘considerando’ può anche essere inteso nel senso che un «pregiudizio sostanziale» sia da vedersi come una condizione supplementare in tutti i casi in cui si tratta di una parte sostanziale, cioè quando la rilevanza è già certa. Nemmeno l’effetto degli atti vietati, indicato nell’ottavo ‘considerando’, vale a dire «gravi conseguenze economiche e tecniche», può giustificare una valutazione rigorosa in ordine al pregiudizio. Entrambi i ‘considerando’ servono piuttosto a sottolineare la necessità, dal punto di vista economico, della tutela delle banche di dati.

c) La nozione di «parte non sostanziale del contenuto di una banca di dati» ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva (quinta e sesta questione pregiudiziale)

83.      Anche per l’espressione «parte non sostanziale del contenuto di una banca di dati» ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva non è prevista alcuna definizione giuridica come invece era ancora presente nell’art. 11, n. 8, lett. a) della proposta modificata della Commissione (93) 464 def.

84.      L’interpretazione del criterio «non sostanziale» dev’essere connessa allo scopo della disposizione per cui è giuridicamente importante. L’art. 7, n. 5, della direttiva deve riguardare quell’ambito che non è incluso nell’art. 7, n. 1, il quale trova applicazione solo per le parti sostanziali. In corrispondenza, si dovrà interpretare «parte non sostanziale» come riferita ad una parte che non supera la soglia della «sostanzialità» valutata in termini qualitativi o quantitativi ai sensi dell’art. 7, n. 1. Questa soglia costituisce il limite superiore, ma sussiste anche un limite inferiore che è delineato dal principio generale della direttiva, in base al quale il diritto sui generis non riguarda singoli dati.

85.      La valutazione delle parti considerate nel giudizio a quo spetta al giudice nazionale, in quanto applicazione dei criteri indicati ai fatti di causa.

2. Divieti concernenti la parte sostanziale del contenuto di una banca di dati

86.      Dal diritto del costitutore di vietare determinate operazioni, sancito dall’art. 7, n. 1, della direttiva, si evince un divieto a porre in essere tali operazioni, consistenti nell’estrazione e nel reimpiego. In una serie di ‘considerando’  (27) detti atti vengono definiti come «non autorizzati».

87.      Nel prosieguo verrà trattato come debbano essere intese le nozioni di «estrazione» e di «reimpiego». A riguardo occorre interpretare le corrispondenti definizioni giuridiche di cui all’art. 7, n. 2, della direttiva. Va, inoltre, anche qui ricordato l’obiettivo della direttiva di introdurre un nuovo tipo di tutela. Nell’interpretare entrambe le nozioni ciò fungerà da criterio guida.

88.      Per entrambe le operazioni vietate è irrilevante quale sia lo scopo o l’intenzione dell’utente del contenuto della banca di dati. Ugualmente non decisivo il fatto che l’utilizzo avvenga a fini puramente commerciali. Rimangono determinanti soltanto i fattori indicati nelle due definizioni giuridiche.

89.      Allo stesso modo, riguardo ad entrambe le operazioni vietate, a differenza di quanto previsto nell’art. 7, n. 5, non si tratta soltanto di quelle ripetute e sistematiche. Poiché, ai sensi del n. 1, le operazioni vietate devono concernere parti sostanziali del contenuto di una banca di dati, il legislatore comunitario per individuare tali operazioni è meno esigente rispetto al n. 5, che si applica alle parti non sostanziali.

90.      In merito, occorrerebbe richiamare l’attenzione su un errore di strutturazione della direttiva  (28) . Poiché anche la definizione giuridica contenuta nell’art. 7, n. 2, si basa sulla totalità o su una parte sostanziale, si ha un’inutile duplicazione di tale condizione, già disciplinata nel n. 1. La definizione giuridica di cui all’art. 7, n. 2, posta in relazione con l’art. 7, n. 5, risulta addirittura contraddittoria. Il n. 5, infatti, vieta l’estrazione e il reimpiego di parti non sostanziali. Se si interpretassero l’estrazione e il reimpiego sulla base della definizione giuridica di cui all’art. 7, n. 2, si perverrebbe al – singolare – risultato per cui l’art. 7, n. 5, vieterebbe determinate condizioni concernenti parti non sostanziali soltanto qualora tali operazioni interessassero la totalità o parti sostanziali.

91.      Molti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno fatto riferimento anche all’aspetto della concorrenza. Tale aspetto è da considerarsi alla luce del fatto che la versione definitiva della direttiva non contiene la disciplina relativa all’ottenimento di licenze obbligatorie, originariamente predisposta dalla Commissione.

92.      Coloro che sono contrari ad una tutela ampia del costitutore di una banca di dati temono il pericolo della formazione di monopoli, in particolare con riferimento a dati finora liberamente accessibili. In tale situazione un costitutore potrebbe abusare della propria posizione dominante. A riguardo occorre ricordare che la direttiva non esclude l’applicazione delle norme sulla concorrenza di diritto primario e di diritto derivato. Il comportamento di un costitutore di una banca di dati contrario alle regole della concorrenza rimane ancora soggetto a tale disciplina. Ciò risulta sia dal quarantasettesimo ‘considerando’ sia dall’art. 16, n. 3, della direttiva, ai sensi della quale la Commissione esamina se l’applicazione del diritto sui generis abbia comportato abusi di posizione dominante o altri pregiudizi.

93.      Nel presente procedimento è stata affrontata anche la questione del trattamento giuridico dei dati liberamente accessibili. In merito, i governi che hanno presentato osservazioni sostengono che la direttiva non tutela i dati accessibili al pubblico.

94.      In questo contesto occorre innanzi tutto sottolineare che la tutela concerne soltanto il contenuto delle banche di dati e non quello dei dati. Il pericolo che la tutela si estenda anche alle informazioni contenute nella banca di dati può, da un lato, essere scongiurato con un’interpretazione a questo riguardo adeguatamente restrittiva della direttiva, come qui proposto. D’altro lato, all’occorrenza, esiste l’obbligo di impiegare gli strumenti nazionali e comunitari del diritto della concorrenza.

95.      Quanto alla tutela dei dati, costituenti il contenuto di una banca di dati che l’utilizzatore dei medesimi ignora, occorre osservare che la direttiva vieta soltanto determinate operazioni, quali l’estrazione e il reimpiego.

96.      Mentre il divieto di estrazione disciplinato nella direttiva presuppone che si conosca la banca di dati, per il rempiego è diverso. Su questo aspetto si tornerà nell’ambito dell’analisi della nozione di reimpiego.

a) Nozione di «estrazione» ai sensi dell’art. 7 della direttiva (settima questione pregiudiziale)

97.      La nozione di «estrazione» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva va interpretata sulla base della definizione giuridica di cui all’art. 7, n. 2, lett. a).

98.      Il primo elemento è il trasferimento del contenuto di una banca di dati su un altro supporto, in modo permanente o temporaneo. Dall’impiego dell’espressione «con qualsiasi messo o in qualsivoglia forma» si deduce che il legislatore comunitario ha attribuito alla nozione di «estrazione» un significato ampio.

99.      Non è pertanto limitata soltanto al trasferimento su un supporto dello stesso tipo  (29) , ma anche su supporti di altro tipo  (30) . Anche la mera stampa ricade quindi nella nozione di «estrazione».

100.    Inoltre, affinché valga il divieto, l’«estrazione», ovviamente, non dev’essere intesa nel senso che le parti estratte non debbano più trovarsi nella banca di dati. La nozione in questione però non va nemmeno interpretata in modo così esteso da ricomprendere anche il trasferimento indiretto. È anzi necessario che il trasferimento su un altro supporto sia diretto. A differenza del «reimpiego», in questo caso non è importante che vi sia una qualche pubblicità. È sufficiente anche il trasferimento privato.

101.    Quanto al secondo elemento, vale a dire l’oggetto interessato della banca di dati («totalità o parte sostanziale»), si può rinviare a quanto esposto in ordine alla rilevanza.

102.    Spetta al giudice nazionale l’applicazione dei criteri sopra esposti alla fattispecie concreta della causa principale.

b) Nozione di «reimpiego» ai sensi dell’art. 7 della direttiva (ottava e nona questione pregiudiziale)

103.    Dalla definizione giuridica contenuta nell’art. 7, n. 2, lett. b), della direttiva si evince che il reimpiego consiste in una messa a disposizione del pubblico.

104.    Con l’adozione intenzionale del concetto di «reimpiego» anziche di «riutilizzazione» il legislatore comunitario ha voluto chiaramente indicare che la tutela va accordata al gestore anche nei confronti di operazioni non commerciali.

105.    Le modalità di «reimpiego» indicate nella definizione giuridica, quali la «distribuzione di copie», il «noleggio» e la «trasmissione in linea» sono da intendersi a titolo esemplificativo, come si deduce dall’aggiunta di «in altre forme» di trascrizione.

106.    Il concetto di «messa a disposizione», nel dubbio, va interpretato in senso ampio  (31) , come lascia intendere l’aggiunta di «qualsiasi forma» nell’art. 7, n. 2, lett. b). Semplici idee  (32) o la mera ricerca di informazioni su una banca di dati  (33) non sono tuttavia incluse.

107.    Molti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno affermato che i dati oggetto della causa principale sarebbero pubblicamente noti. La relativa verifica consiste nella valutazione di una fattispecie concreta, rimessa al giudice nazionale.

108.    Tuttavia, anche se il giudice nazionale dovesse concludere che si tratta di dati pubblicamente noti, ciò non escluderebbe ancora che le parti della banca di dati, contenenti i dati pubblicamente noti, possano ugualmente beneficiare della tutela.

109.    Nell’art. 7, n. 2, lett. b), della direttiva, vi è infatti anche una norma sull’esaurimento del diritto. L’esaurimento si verifica soltanto a determinate condizioni. Una di esse consiste nella «prima vendita di una copia». Si deduce, da ciò, che l’esaurimento può avvenire soltanto con riferimento ad oggetti materiali. Se il reimpiego viene effettuato in modo diverso che con una copia, non vi è esaurimento. Tale fatto è espressamente previsto dal quarantatreesimo ‘considerando’, con riferimento alla trasmissione in linea. Il diritto sui generis non vale pertanto solo in occasione della prima «messa a disposizione del pubblico».

110.    Poiché la direttiva non attribuisce alcun rilievo al numero delle transazioni effettuate dopo la prima «messa a disposizione del pubblico», tale numero non va considerato. Se si tratta perciò di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati, essa può essere tutelata anche quando viene conseguita non dalla banca di dati medesima ma tramite una fonte indipendente, ad esempio un mezzo di comunicazione di massa nel settore della stampa o internet. A differenza dell’estrazione, il «reimpiego» comprende, infatti, anche il conseguimento indiretto del contenuto di una banca di dati. L’elemento «trasmissione» va quindi interpretato in senso ampio  (34) .

111.    Sarà compito del giudice nazionale applicare alla fattispecie concreta della causa principale i criteri sopra indicati.

3. Divieti concernenti parti non sostanziali di una banca di dati (decima questione pregiudiziale)

112.    L’art. 7, n. 5, della direttiva prevede, come già esposto, un divieto di estrazione e/o reimpiego di parti non sostanziali del contenuto di una banca di dati. La disposizione si differenzia dall’art. 7, n. 1, in primo luogo, per il fatto che non è vietato ogni genere di estrazione e/o reimpiego, ma soltanto quello che presenti determinate caratteristiche. Si richiede che gli atti siano «ripetuti e sistematici». Il divieto di cui al n. 5 si differenzia da quello di cui al n. 1, in secondo luogo, per l’oggetto. Tale divieto vale già per le parti non sostanziali. Per compensare il fatto che questi requisiti della parte interessata sono inferiori rispetto al n. 1, il n. 5 prevede, in terzo luogo, che le operazioni vietate abbiano una particolare efficacia. A riguardo il n. 5 prevede due alternative: l’operazione vietata è contraria alla normale gestione della banca di dati oppure gli interessi del costitutore della banca di dati vengono ingiustificatamente pregiudicati.

113.    La disposizione concernente la relazione tra operazione ed effetto dovrà essere interpretata nel senso che non è necessario che ogni songola operazione produca uno dei due effetti vietati, ma che il risultato complessivo delle operazioni ne produca uno  (35) . Lo scopo dell’art. 7, n. 5, della direttiva, così come anche del n. 1, è quello di tutelare l’interesse ad ammortizzare.

114.    L’interpretazione dell’art. 7, tuttavia, solleva in generale il problema che la versione in lingua tedesca del testo definitivo della direttiva risulta alquanto attenuata rispetto alla Posizione comune. È infatti sufficiente che l’operazione «presupponga» (hinausläuft) di avere uno degli effetti indicati nel medesimo articolo e non più invece che «equivalga» (gleichkommt) ad esso. Le altre versioni linguistiche sono formulate in modo più diretto e prevedono sostanzialmente che l’estrazione e/o il reimpiego siano contrari alla normale gestione o arrechino un pregiudizio ingiustificato agli interessi, oppure prevedono operazioni contrarie o pregiudizievoli.

115.    In questo contesto occorre esaminare le norme di diritto internazionale affini. Entrambi gli effetti previsti nell’art. 7, n. 5, della direttiva sono la riproduzione dell’art. 9, n. 2, della Convenzione di Berna riveduta e precisamente dei primi due elementi del controllo su tre livelli ivi disciplinato. Ciò però non significa ancora che le due disposizioni debbano essere interpretate in modo identico.

116.    Innanzi tutto, l’art. 9 della Convenzione di Berna riveduta persegue un altro scopo. Tale norma, infatti, attribuisce alle parti di un contratto, alle condizioni previste dal controllo su tre livelli, la facoltà di derogare al rigoroso regime di tutela. La direttiva prevede, ad esempio all’art. 9, un meccanismo simile, cioè la possibilità di deroga da parte degli Stati membri.

117.    L’art. 9 della Convenzione di Berna riveduta si differenzia inoltre per il fatto che non raffigura la «contrarietà alla normale gestione» e l’«ingiustificato pregiudizio» come alternative, ma li disciplina come due delle tre condizioni di fatto cumulative  (36) .

118.    Altre disposizioni di diritto internazionale, simili all’art. 7, n. 5, della direttiva, si trovano nell’art. 13 dell’Accordo TRIPs e in alcuni Accordi WIPO. Le ultime sono però norme da non prendere in considerazione, in quanto emanate dopo la direttiva.

119.    Quanto all’interpretazione dell’art. 13 dell’Accordo TRIPs, valgono riserve analoghe rispetto alla Convenzione di Berna riveduta. Anche l’art. 13 prevede infatti, come l’art. 9 della detta Convenzione, limitazioni e deroghe a diritti esclusivi da parte degli Stati membri. A differenza però che nell’art. 9 della Convenzione di Berna riveduta, i due effetti, vale a dire la «contrarietà alla normale gestione» e l’«ingiustificato pregiudizio», sono alternativi, come nella direttiva.

120.    Queste considerazioni dimostrano che l’interpretazione delle disposizioni di diritto internazionale sopra citate non può essere trasposta all’art. 7, n. 5, della direttiva.

121.    Sia con riferimento alle operazioni di estrazione e di reimpiego, vietate ai sensi della direttiva, sia con riferimento agli effetti di tali operazioni, ivi previsti, il fine di queste ultime è irrilevante. L’art. 7, n. 5, della direttiva, in mancanza di una disciplina fondata sullo scopo, non può essere interpretato sulla base di quest’ultimo. Se il legislatore comunitario avesse voluto attribuirgli rilievo avrebbe dovuto prevedere, nell’art. 7 della direttiva, una formulazione simile, ad esempio, a quella dell’art. 9, lett. b), della stessa.

a) «Estrazione e/o reimpiego ripetuti e sistematici»

122.    La condizione «ripetuti e sistematici» impedisce che la tutela venga elusa tramite operazioni graduali, concernenti, ogni volta, soltanto una parte non sostanziale  (37) .

123.    Non è chiaro se l’art. 7, n. 5, della direttiva preveda a riguardo due condizioni alternative o cumulative. L’interpretazione deve innanzi tutto basarsi sul testo della disposizione. Per tale via non si perviene però ad un risultato univoco. Infatti, alcune versioni linguistiche collegano i due elementi con «e»  (38) , altre invece con «o»  (39) . La maggior parte delle versioni, come anche lo scopo della direttiva, indicano però che detti elementi devono intendersi come condizioni cumulative  (40) . Un’estrazione ripetuta ma non sistematica di una parte non sostanziale del contenuto di una banca di dati non è pertanto compresa.

124.    Un’operazione è ripetuta e sistematica quando avviene ad intervalli regolari, per esempio settimanalmente o mensilmente. Se l’intervallo è breve e la parte di volta in volta interessata è piccola, l’operazione dev’essere effettuata con frequenza tale che la parte complessivamente interessata soddisfi una delle due condizioni previste dall’art. 7, n. 5, della direttiva.

b) Nozione di «normale gestione» ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva

125.    La nozione di «normale gestione» ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva, va interpretata alla luce dello scopo di tale clausola di salvaguardia. Lo si deduce, in particolare, dal preambolo della direttiva. Il quarantaduesimo ‘considerando’ cita, come motivo per impedire determinate operazioni, l’intento di evitare che si arrechi pregiudizio agli investimenti. Nel quarantottesimo ‘considerando’ l’obiettivo della tutela apprestata alla direttiva viene così espressamente indicato: «in modo che il costitutore possa ottenerne un beneficio economico».

126.    Viene pertanto indicata un’interpretazione estensiva della nozione di «normale gestione». «Contrarie alla (...) gestione» non deve quindi essere inteso solo dal punto di vista tecnico, nel senso che sono compresi unicamente effetti incidenti sull’utilizzabilità tecnica della banca di dati interessata. L’art. 7, n. 5, si riferisce invece anche ad effetti puramente economici in capo al costitutore della banca di dati. Si tratta della tutela dello sfruttamento economico in una situazione di normalità  (41) .

127.    L’art. 7, n. 5, della direttiva non si applica quindi soltanto ad operazioni finalizzate a creare un prodotto concorrenziale, contrario alla gestione della banca di dati da parte del costitutore (42) .

128.    In casi specifici, l’art. 7, n. 5, può includere anche mercati potenziali, vale a dire non ancora sfruttati dal costitutore della banca di dati. Di conseguenza è, ad esempio, sufficiente che colui che effettua l’estrazione o il reimpiego risparmi il pagamento degli oneri di licenza al costitutore della banca di dati. Permettere tali operazioni significherebbe infatti incentivare l’estrazione o il reimpiego del contenuto della banca di dati da parte anche di altre persone, senza far loro pagare gli oneri di licenza  (43) . Se vi fosse quindi la possibilità di sfruttare gratuitamente una banca di dati, gravi sarebbero le conseguenze per il valore delle licenze. Il risultato sarebbe una diminuzione degli incassi.

129.    La normativa non è nemmeno limitata all’ipotesi in cui il costitutore della banca di dati intenda sfruttarne il contenuto nello stesso modo di colui che effettua l’estrazione o il reimpiego. Ha anche poca rilevanza il fatto che, a causa di un divieto legislativo, il costitutore della banca di dati non possa sfruttarne il contenuto come colui che effettua l’estrazione o il reimpiego.

130.    In conclusione, l’espressione «contrarie alla (...) gestione» non va interpretata in modo così restrittivo da ritenere vietato soltanto l’impedimento totale della gestione. Come si deduce dalle altre versioni linguistiche, diverse da quella tedesca, il divieto è efficace già con riferimento ai contrasti di gestione, vale a dire fin da quando si verificano effetti negativi, anche in minima misura. Questa è anche la soglia a partire dalla quale può essere ritenuto che esista, per il costitutore della banca di dati, un danno che implichi il divieto.

131.    Come hanno affermato alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, sarà compito del giudice nazionale valutare, sulla base dei criteri sopra esposti, le concrete operazioni e i loro effetti sulla banca di dati oggetto del presente procedimento.

c) Nozione di «ingiustificato pregiudizio» ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva

132.    Per l’interpretazione della nozione di «ingiustificato pregiudizio» ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva, occorre innanzi tutto ricordare che già in occasione della Convenzione di Berna riveduta venne discusso se l’impiego di una nozione giuridica così indeterminata fosse opportuno. Per il resto, per interpretare tale nozione è decisivo far riferimento alla differenza con la «normale gestione».

133.    In ordine all’ambito della tutela, la disposizione controversa prevede per l’alternativa dell’«ingiustificato pregiudizio» minori condizioni rispetto all’alternativa della «normale gestione», in quanto nel primo caso vengono tutelati i «legittimi interessi». La tutela, quindi, va oltre le situazioni di diritto e si estende anche ad interessi, in cui sono inclusi interessi «legittimi», e non solo giuridici.

134.    In compenso, per l’alternativa in questione l’art. 7, n. 5, fissa rigorosi requisiti con riferimento all’effetto dell’operazione vietata. Viene richiesto non un pregiudizio qualsiasi, ma un «ingiustificato pregiudizio». La qualifica di «ingiustificato» non deve tuttavia essere interpretata in modo eccessivamente rigido. Diversamente, il legislatore comunitario avrebbe previsto anche in tale sede l’esigenza di un danno, oppure di un notevole danno, per il costitutore.

135.    Alla luce delle altre versioni linguistiche, diverse da quella tedesa, la nozione in questione va interpretata nel senso che le operazioni devono in una certa misura arrecare pregiudizio agli interessi. La direttiva qui, come anche in altri punti, si basa sul danno arrecato al costitutore. La causa principale mostra fin troppo chiaramente che la tutela dei diritti del costitutore incide sugli interessi economici di altri. Ciò però non significa che, in questo modo, nell’interpretare l’art. 7, n. 5, della direttiva possano assumerne un’influenza determinante gli effetti del diritto sui generis sugli interessi di altre persone o, stante i possibili effetti per le entrate fiscali, un eventuale «danno» subito dagli Stati membri interessati. La direttiva deve impedire che sia danneggiato il costitutore della banca di dati. Tale obiettivo, a differenza di altri effetti, trova espressamente riflesso nella direttiva.

136.    Gli investimenti del costitutore e il loro ammortamento costituiscono il nucleo degli interessi ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva. Anche in questo caso, il punto di partenza della valutazione è il valore economico del contenuto della banca di dati. In un ruolo centrale figurano gli effetti sugli incassi effettivi o attesi da parte del costitutore della banca di dati  (44) .

137.    Riguardo all’estensione della tutela, si può partire dall’alternativa della «normale gestione». Se si interpreta la stessa in modo così riforoso da non comprendere anche la tutela di mercati potenziali, ad esempio lo sfruttamento nuovo del contenuto di una banca di dati  (45) , allora si dovrà qualificare l’interferenza su tali potenziali mercati quanto meno come un pregiudizio arrecato a legittimi interessi. Se tale pregiudizio sia giustificato o meno dipenderà dalle circostanze del singolo caso. Il fatto che il soggetto che effettua l’estrazione o il reimpiego sia un concorrente del costitutore della banca di dati, non può tuttavia avere rilevanza determinante.

138.    Anche qui occorre ricordare che è compito del giudice nazionale individuare le concrete operazioni e verificare se siano da considerarsi come un «ingiustificato pregiudizio» arrecato ai legittimi interessi del costitutore della banca di dati in oggetto.

D – Modifica del contenuto di una banca di dati e durata della tutela (undicesima questione pregiudiziale)

139.    Nella presente causa si pone la questione se qualsiasi «modifica sostanziale» del contenuto di una banca di dati, che consente di attribuire alla banca di dati risultante da tale modifica una propria specifica durata di protezione, comporti che la banca di dati risultante debba essere considerata come una nuova e distinta banca di dati in relazione all’obiettivo dell’art. 7, n. 5.

140.    Ai sensi dell’art. 10, n. 3, della direttiva, le modifiche di una banca di dati consentono di attribuirle − in presenza di determinate condizioni − una propria specifica durata di protezione. Di seguito ci si deve occupare di una di queste condizioni, ovvero del criterio della «modifica sostanziale del contenuto di una banca di dati», e delle conseguenze che ne derivano. Nel presente procedimento si deve esaminare la problematica per quanto riguarda «l’estrazione e/o il reimpiego ripetuti e sistematici» ai sensi dell’art. 7, n. 5, della direttiva.

141.    Questa questione pregiudiziale riguarda essenzialmente l’oggetto della durata della tutela prolungata. In questo contesto si deve, quindi, chiarire se le modifiche sostanziali portino o meno alla nascita di un’ulteriore banca di dati. Se si avesse come risultato la nascita di una nuova banca di dati a fianco della vecchia, che continua ad esistere, a questo punto sarebbe decisivo vedere a quale banca di dati si riferiscano le operazioni vietate.

142.    Alla luce dei diversi argomenti si deve poi approfondire la questione se l’art. 10, n. 3, della direttiva vada interpretato in modo che regoli solamente la durata e non il suo oggetto.

143.    Dal tenore letterale dell’art. 10, n. 3, secondo il quale una modifica sostanziale, in presenza di determinate condizioni, consente di attribuire «alla banca derivante da tale investimento una propria specifica durata di protezione», si può dedurre che il legislatore comunitario è partito dalla considerazione che una simile modifica porta ad una banca di dati autonoma. Questo risultato viene confermato anche dalle altre versioni linguistiche.

144.    Al contrario, neanche l’interpretazione sistematica può essere fatta valere come argomento. Così, il titolo dell’art. 20, e cioè «durata della tutela», non significa che questo articolo contenga solamente una norma sulla durata temporale della tutela e non anche sull’oggetto da questa.

145.    A favore dell’ipotesi di una banca di dati nuova, nel caso di una modifica sostanziale ed in presenza di determinate condizioni, si colloca, infine, la posizione sostenuta dalla Comunità nell’ambito del WIPO  (46) .

146.   È evidente che l’inizio del nuovo periodo di tutela previsto all’art. 10, n. 3, si può riferire solo ad un oggetto determinato. Dalla genesi di questa disposizione risulta che dev’essere tutelato il risultato sorto con il nuovo investimento  (47) . La limitazione dell’oggetto della tutela al nuovo risultato corrisponde anche allo scopo della previsione di un nuovo periodo di tutela  (48) .

147.    In questa sede si deve ricordare che la banca di dati oggetto del presente procedimento è una banca di dati c.d. «dinamica», ovvero una banca di dati che viene costantemente aggiornata. A questo proposito si osserva che si debbono considerare modifiche ai sensi dell’art. 10, n. 3, della direttiva non solo cancellazioni e le integrazioni, ma, in base al cinquantacinquesimo ‘considerando’, anche le verifiche.

148.    L’elemento tipico delle banche di dati dinamiche è che esiste sempre solo un’unica banca di dati e cioè quella di volta in volta più attuale. Le versioni precedenti «scompaiono». A questo punto, però, ci si chiede a che cosa si riferisca la nuova durata di tutela, ovvero quale sia il nuovo oggetto della tutela.

149.    Si deve partire dallo scopo delle modifiche, e cioè dall’attualizzazione della banca di dati. Ciò significa che l’oggetto del nuovo investimento è rappresentato dall’intera banca dati. Oggetto della tutela diventa, quindi, la versione che, di volta in volta, è attuale, ovvero l’intera banca di dati (49) .

150.    Anche la genesi della direttiva spinge verso quest’interpretazione. Così, l’art. 9 del progetto originario  (50) prevedeva ancora il prolungamento della durata della tutela della banca di dati, ma la Commissione, nella sua parte di motivazione relativa a questa proposta, cita espressamente il caso di una nuova «versione» della banca di dati  (51) . In una proposta modificata si trovò, poi, un corrispondente chiarimento proprio per le banche di dati costantemente aggiornate (52) . Nella definizione giuridica dell’art. 12, n. 2, lett. b), è stato espressamente disciplinato il caso, tipico delle banche di dati dinamiche, dell’accumulo di piccole modifiche avvenute una dopo l’altra.

151.    Visto così, l’art. 10, n. 3, della direttiva prevede quindi un diritto sui generis «rolling».

152.    In definitiva, la soluzione qui proposta per le banche di dati dinamiche corrisponde anche al principio, per il quale viene tutelato sempre e solo il risultato, e cioè la nuova banca di dati e non la vecchia. La differenza rispetto alle banche di dati statiche consiste solamente nel fatto che con le banche di dati dinamiche la vecchia banca di dati cessa di esistere, venendo trasformata ogni volta in una nuova banca di dati.

153.    Il fatto che, nel caso di banche di dati dinamiche, sia sottoposta alla nuova durata la totalità della banca di dati e non solo le modifiche, prese singolarmente, può, inoltre, essere motivato a prescindere dallo scopo già espresso e dall’oggetto del nuovo investimento, con il fatto che solo una valutazione unitaria della banca dati è praticabile come tale.

154.    A favore di una valutazione unitaria depone, inoltre, la finalità di tutela degli investimenti e di stimolo agli investimenti. Nel caso delle banche di dati dinamiche questi scopi possono essere raggiunti solo con l’includere anche gli aggiornamenti  (53) . In caso contrario, gli investimenti in banche di dati dinamiche sarebbero pregiudicati.

155.    Resta compito del giudice nazionale valutare le concrete modifiche alla banca di dati in esame nel procedimento principale. Nell’ambito di questa valutazione il giudice nazionale deve tenere conto del fatto che anche modifiche non sostanziali possono essere qualificate come sostanziali a partire da un determinato accumulo. Come risulta dal cinquantaquattresimo ‘considerando’ della direttiva, spetta al costitutore della nuova banca di dati l’onere della prova della sussistenza delle condizioni previste dall’art. 10, n. 3.

156.    Il giudice nazionale dovrà anche valutare da quale momento sia superata la soglia della sostanzialità. In relazione a ciò si deve accertare se il nuovo investimento sia sostanziale o meno. Nell’ambito della valutazione della sostanzialità si dovrà partire dai requisiti previsti dall’art. 7 della direttiva. Si deve, quindi, fare attenzione anche ai corrispondenti requisiti per quanto riguarda gli investimenti. Questo vale senza tener conto del fatto che all’art. 10, n. 3, della direttiva si parla espressamente di «nuovo investimento», contrariamente all’art. 7 che riguarda i primi investimenti  (54) .

VII – Conclusione

157.    Si propone alla Corte di giustizia di risolvere le questioni pregiudiziali proposte nel seguente modo:

1)
Ai fini dell’interpretazione delle espressioni «parte sostanziale del contenuto di una banca di dati» e «parte non sostanziale del contenuto di una banca di dati» di cui all’art. 7 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 1996, 96/9/CE, relativa alla tutela giuridica delle banche di dati, non è necessario che le opere, dati o altri elementi ricavati dalla banca di dati siano sistematicamente o metodicamente disposti come nella banca di dati e che offrano le stesse possibilità di accesso individuale che presenta la banca di dati.

2)
Il termine «conseguimento» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva dev’essere interpretato nel senso che comprende anche i dati creati dal costitutore della banca di dati, nel caso in cui la creazione avvenga assieme all’elaborazione dei dati e non ne sia scindibile.

3)
Il termine «verifica» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva dev’essere interpretato nel senso che essa non è limitata a garantire a intervalli di tempo che l’informazione contenuta in una banca di dati sia, o continui ad essere corretta.

4.
L’espressione «una parte sostanziale [del contenuto di una banca di dati] valutata in termini qualitativi» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva dev’essere interpretata utilizzando il valore tecnico o commerciale della parte interessata. L’espressione «una parte non sostanziale [del contenuto di una banca di dati] valutata in termini quantitativi» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva deve essere interpretata in relazione alla dimensione della parte interessata. In entrambi i casi, non dipende tuttavia solo dal rapporto tra le parti interessate e la totalità del contenuto della banca di dati.

5)
L’espressione «parti non sostanziali del contenuto della banca di dati» di cui all’art. 7, n. 5, della direttiva dev’essere interpretata nel senso che tali parti sono qualcosa di più di singoli dati e qualcosa di meno di una «parte sostanziale» ai sensi dell’art. 7, n. 1.

6)
Il termine «estrazione» di cui all’art. 7 della direttiva si riferisce solo al trasferimento del contenuto di una banca di dati direttamente dalla banca di dati ad un altro supporto.

7)
Il termine «reimpiego» di cui all’art. 7 della direttiva non si riferisce solo alla messa a disposizione del pubblico del contenuto della banca di dati direttamente a partire dalla stessa, ma comprende anche la messa a disposizione del pubblico di opere, dati o altri elementi che sono ricavati indirettamente dalla banca di dati, senza avere accesso diretto alla stessa.

8)
Per «operazioni contrarie alla normale gestione della banca di dati» di cui all’art. 7, n. 5, della direttiva si intendono quelle operazioni aventi l’effetto di impedire lo sfruttamento economico, anche su mercati potenziali, da parte del titolare del diritto sui generis. Per «operazioni (…) che arrechino un pregiudizio ingiustificato ai legittimi interessi del costitutore della banca di dati» di cui all’art. 7, n. 5, della direttiva si intendono quelle operazioni aventi l’effetto di pregiudicare i legittimi interessi economici del costitutore in misura tale da oltrepassare una determinata soglia.

9)
L’art. 10, n. 3, della direttiva deve essere interpretato nel senso che qualsiasi «modifica sostanziale» del contenuto di una banca di dati, che consente di attribuire alla banca di dati risultante da tale modifica una propria specifica durata di protezione, comporta che la banca di dati risultante dev’essere considerata come una nuova e distinta banca di dati in relazione all’obiettivo dell’art. 7, n. 5.

ALLEGATO

(Ordinanza di rinvio)

24.     La terza attività che conduce alla pubblicazione di informazioni definitive pre-corsa è la compilazione delle liste di cavalli partecipanti. Questa operazione è effettuata dalla centrale telefonica della Weatherbys, in cui lavorano fino a 32 operatori per volta, che ricevono telefonate e telefax per iscrivere i cavalli alla corsa. Per la maggior parte delle corse un cavallo deve essere iscritto entro mezzogiorno del quinto giorno prima della gara. Chi telefona si identifica per mezzo di un numero personale di identificazione a lui assegnato. A chi telefona è quindi chiesto di indicare il numero di codice pubblicato nel Racing Calendar, relativo alla corsa per cui vuole effettuare un’iscrizione, il nome del cavallo e il nome del suo proprietario.

25.     La Weatherbys controlla, in due fasi, che ogni cavallo abbia i requisiti per partecipare alla corsa. La prima fase avviene in tempo reale, quando il cavallo è iscritto per la prima volta alla corsa. L’età e il sesso del cavallo sono valutati alla luce delle condizioni della specifica corsa e se il cavallo non corrisponde ad uno dei requisiti, un avvertimento compare sullo schermo e l’iscrizione non è accettata. Se la persona che iscrive il cavallo alla corsa non è stata formalmente autorizzata ad agire con il deposito di una procura presso la Weatherbys o se il proprietario non è registrato oppure se l’allenatore non è autorizzato o non ha avvertito la Weatherbys del fatto che il cavallo gli è stato affidato, oppure se il nome del cavallo non è registrato, il sistema informatico ne informa l’operatore, il quale pertanto non accetterà l’iscrizione. Ad ogni iscrizione è attribuito un proprio numero esclusivo di riferimento per facilitare l’identificazione nella procedura di «dichiarazione» che avviene successivamente e che è descritta qui di seguito.

26.     Il fatto che un cavallo «sia iscritto» ad una corsa non significa necessariamente che la correrà. In primo luogo bisogna accertare che il cavallo sia idoneo a partecipare a quella corsa. In secondo luogo l’allenatore deve confermare di volere che il cavallo corra (questa operazione è denominata «dichiarare» il cavallo e viene effettuata il giorno prima della corsa). In terzo luogo, anche un cavallo dichiarato può non essere ammesso a correre se, ad esempio, ci sono troppi cavalli dichiarati per la corsa. Dal momento che un cavallo deve essere «dichiarato» prima di correre, gli allenatori hanno la possibilità e di fatto ne usufruiscono, di «iscrivere» i cavalli a più di una corsa nello stesso giorno, sapendo che in seguito potranno «dichiarare» il cavallo solo per una di queste corse o addirittura astenersi da qualsiasi dichiarazione.

27.     Una volta che il termine iniziale per le iscrizioni è scaduto, le iscrizioni ricevute sono elaborate dal computer, il quale le elenca per corse, all’interno di sessioni di corsa. Una volta compilato, l’elenco di «iscrizioni provvisorie» (vale a dire le iscrizioni che non hanno subito la doppia verifica descritta qui di seguito e a cui non sono stati assegnati pesi) è reso disponibile attraverso il sito internet congiunto BHB/Weatherbys e il servizio informativo su teletext della BHB.

28.     Tutte le conversazioni telefoniche sono registrate. Nel pomeriggio vengono riascoltate e sono confrontate con un rapporto di verifica messo a punto dal computer. L’operatore del secondo ascolto non sarà mai lo stesso operatore che ha ricevuto la chiamata. In tal modo viene effettuato un doppio controllo per accertare, per quanto possibile, che le richieste di chi chiama siano state ascoltate e trattate correttamente e che la lista di iscrizioni messa in circolazione sarà accurata.

29.     La Weatherbys intraprende quindi la seconda fase dei controlli sull’idoneità dei cavalli a partecipare alla corsa in questione. Dal momento che tali controlli si riferiscono alle registrazioni dettagliate dei risultati passati di ogni cavallo e le confrontano con le condizioni fissate per la corsa in questione, essi non sono effettuati in tempo reale per evitare di rallentare la raccolta delle iscrizioni. Invece il computer effettua questa operazione dopo che è scaduto il termine, facendo riferimento ai risultati passati e ai dati relativi agli handicap. Contemporaneamente calcola e assegna i pesi, come descritto in precedenza. In seguito, una lista «confermata» delle iscrizioni, ora doppiamente verificate e con i pesi assegnati, è diffusa attraverso gli stessi canali.

30.     Un’ultima operazione deve essere compiuta prima che un cavallo sia iscritto nella lista definitiva dei corridori messa in circolazione. Un cavallo «iscritto» deve essere «dichiarato» dal suo allenatore per poter partecipare alla corsa. Il termine per la dichiarazione è, normalmente, il giorno prima della corsa – di solito alle 10 del mattino nei mesi estivi e alle 10.15 nei mesi invernali. Tale procedura comporta che l’allenatore telefoni alla centrale telefonica della Weatherbys prima della scadenza del termine e che «dichiari» (vale a dire confermi l’intenzione che il cavallo corra). Dopo la scadenza del termine, non sono accettate chiamate di dichiarazione. Quando la dichiarazione è stata effettuata per telefono la centrale telefonica identifica l’iscrizione per mezzo dell’indicazione da parte di chi chiama del numero di riferimento assegnato all’iscrizione quando è stata effettuata per la prima volta.

31.     Il giorno successivo alla scadenza del termine per la dichiarazione, il computer attribuisce un numero di sella a ciascun cavallo. Ciò è fatto con riferimento al peso finale assegnato (comprese le penalità che possono essere state assegnate fino al mattino della dichiarazione). Per i cavalli a cui è stato attribuito lo stesso peso l’ordine è casuale (in caso di handicap) o alfabetico per nome del cavallo (in caso di assenza di handicap). Inoltre, per le corse senza ostacoli (flat race) il computer genera in modo casuale i numeri dei box di partenza, per stabilire da quale box partirà il singolo cavallo. La posizione di partenza è un elemento di informazione di cui si sa che gli scommettitori tengono conto, l’importanza del sorteggio variando a seconda del percorso, della lunghezza della corsa ecc. Un ulteriore controllo è eseguito sui risultati più recenti dei cavalli dichiarati. Se, alla luce delle condizioni della corsa, questi risultati determinano l’assegnazione di una penalità, tale penalità è aggiunta al peso inizialmente assegnato. In taluni casi, i pesi dei corridori dichiarati possono dover essere aggiustati al computer a seconda delle condizioni della corsa. Inoltre, se il numero dei corridori dichiarati supera il numero massimo di partecipanti, regolamentato dal Jockey Club per ragioni di sicurezza (informazioni queste che sono anch’esse memorizzate nella banca di dati) può essere necessario frazionare la gara, secondo procedure prestabilite, o escludere alcuni cavalli (vale a dire depennarli dall’elenco definitivo dei partecipanti), ancora una volta secondo procedure prestabilite.

32.     La gestione della banca di dati BHB (che comprende le fasi sopra menzionate culminanti nella formazione dell’elenco dei partecipanti effettivi alla gara) è solo una delle funzioni della BHB. Attualmente la BHB spende 15 milioni di sterline all’anno per svolgere tutte le sue funzioni per conto della industria delle corse ippiche britannica. Il costo che la BHB deve sostenere per far funzionare la banca di dati BHB rappresenta circa il 25% dei suoi costi totali. La BHB si autofinanzia, ricavando le sue entrate principalmente delle tasse di registrazione e di licenza, dalle tasse fisse dagli ippodromi e spese di iscrizione pagabili da proprietari e ippodromi. Parte delle sue entrate derivano dai corrispettivi che i terzi devono pagare per usare le informazioni contenute nella banca di dati della BHB. Questi corrispettivi ammontano annualmente ad una somma di poco superiore ad 1 milione di sterline, che copre quindi circa il 25% dei costi che la BHB sostiene per mantenere la banca di dati BHB.

33.     Per esempio, la Weatherbys fornisce informazioni provenienti dalla banca di dati BHB alla William Hill e ad altri allibratori. In particolare, c’è un accordo tra la Weatherbys e la William Hill, in base al quale la Weatherbys fornisce informazioni provenienti dalla banca di dati BHB alla William Hill. Per questo servizio la William Hill e gli altri allibratori pagano una tassa alla Weatherbys che a sua volta paga una tassa alla BHB.

34.     Fino al 1999, gli allibratori fuori ippodromo non pagavano direttamente la BHB per usare informazioni della banca di dati BHB. Dal 1999, un certo numero di allibratori fuori ippodromo hanno pagato direttamente la BHB per usare informazioni preliminari alla gara in Internet. Tuttavia, all’epoca in cui è stata promossa la presente causa, cioè nel 2000, altri allibratori fuori ippodromo, compresi i tre maggiori allibratori fuori ippodromo e la Tote, di proprietà statale, rifiutarono di pagare un canone di licenza alla BHB per l’uso di informazioni pre-corsa in Internet, sostenendo che non era necessaria alcuna licenza.

35.     Altri utilizzatori di informazioni pre-corsa (come l’associazione degli allibratori nell’ippodromo, editori elettronici e la Racehorse Association) pagano direttamente la BHB per l’uso di queste informazioni.

(...)

Il servizio via Internet della William Hill

40. La presente causa riguarda un’attività recentemente intrapresa dalla William Hill e da taluni suoi concorrenti. Essa consiste nell’offrire servizi di scommesse via Internet. Attualmente costituisce una parte secondaria dell’attività della convenuta in termini di fatturato. La William Hill ha istituito il suo primo sito Internet nel giugno 1996 per promuovere la sua attività di scommesse telefoniche. Nel maggio 1999 ha cominciato a ricevere scommesse sulle corse ippiche, inizialmente limitate ad un numero circoscritto di corse selezionate ogni giorno, per cui la William Hill aveva prodotto le proprie quotazioni. Quest’attività si è sviluppata fino a diventare un servizio di ampie proporzioni che copre la maggioranza delle corse ippiche, con aggiornamenti in tempo reale delle quotazioni offerte. Questo servizio ampliato è stato lanciato su due siti Internet: sull’«International Site» il 3 febbraio 2000 e sull’«UK Site» il 13 marzo 2000. Il pubblico può accedere a questi siti, via Internet, verificare quali cavalli corrono in quali gare ed in quali ippodromi e q            uali sono le quotazioni offerte dalla William Hill. Se lo desidera, può scommettere elettronicamente. Altre informazioni (ad esempio il fantino o l’allenatore del cavallo) sono necessarie affinché i clienti possano formarsi un’opinione fondata delle possibilità di successo del cavallo. Se il cliente desidera una qualsiasi di queste informazioni, deve trovarla altrove, per esempio, sul giornale. L’allegato F è un esempio del genere di informazioni disponibili sul giornale Racing Post per una determinata corsa.

41.     La William Hill redige e pubblica proprie quotazioni per le corse ippiche, chiamate «Early Bird» e «ante-post odds» (quotazioni ante-post). Le quotazioni «Early Bird» sono formulate dai compilatori di pronostici della William Hill in base alle loro capacità e giudizio e sono generalmente offerte all’inizio della giornata, per corse selezionate che si corrono il giorno stesso. La William Hill attualmente offre quotazioni «Early Bird» per circa 2000 corse ippiche all’anno nel Regno Unito. Le quotazioni “ante-post” sono quelle offerte dalla William Hill su una corsa specifica, uno o più giorni prima che la corsa abbia luogo. Sono allegati cinque esempi di ciò che un utilizzatore del servizio via Internet della William Hill vede sullo schermo del suo computer. Il primo (allegato A) è stato tratto dal sito Internet il 13 marzo 2000 alle 12.20 del pomeriggio. Esso si riferisce alla corsa che doveva svolgersi alle 2 del pomeriggio dello stesso giorno a Plumpton. I nomi sono quelli dei cavalli di cui è stata dichiarata la partecipazione alla gara. Il secondo (allegato B) è stato ricavato dal sito lo stesso giorno e si riferisce alla gara detta Grand National che doveva corrersi l’8 aprile 2000. Il terzo (allegato C) è stato tratto dal sito una settimana più tardi, cioè il 21 marzo 2000, e si riferisce anch’esso al Grand National. Dal confronto di questi ultimi due allegati risulta che l’elenco dei partecipanti e il numero complessivo di essi può cambiare man mano che si avvicina la data della corsa. In realtà non solo può cambiare l’identità e il numero dei cavalli, ma anche l’ora della corsa. L’allegato A costituisce un esempio di una corsa particolarmente piccola, con un numero limitato di partecipanti. Alcune corse sono molto più grandi. Ad esempio il 13 marzo 2000, il sito Internet della William Hill indicava che la Lincoln Handicap, una corsa di un miglio da corrersi a Doncaster il 25 marzo 2000, aveva 58 aspiranti corridori. Al 21 marzo 2000 il sito mostra che il numero di partecipanti alla corsa si era ridotto a 46. Stampe di queste ultime due pagine web si trovano rispettivamente agli allegati D e E.

42.     Tra il maggio 1999 e il febbraio 2000, la William Hill ha offerto scommesse su Internet solo per corse selezionate (quelle corse per cui offriva quotazioni «Early Bird» e «ante-post»). Ogni giorno, tra le 9 e le 10.15 del mattino, i partecipanti alle corse «Early Bird» erano iscritti manualmente insieme alle quotazioni che li riguardavano, e i dati rilevanti sulla corsa erano ricavati da programmi di corse pubblicati dalla stampa nazionale. I potenziali partecipanti in corse «ante-post» erano inseriti manualmente a partire da elenchi pubblicati. In entrambi i casi i corridori erano iscritti secondo l’ordine delle loro quotazioni con il più basso che compariva per primo. Dal febbraio 2000 la William Hill ha offerto scommesse su Internet per tutte le principali corse del Regno Unito. I dati rilevanti per ogni corsa (comprese le corse in cui sono offerte quotazioni «Early Bird») del giorno sono generalmente ricavati dai RDF forniti dal SIS e pubblicati tra le 5 e le 7 del mattino del giorno della corsa, secondo l’ora di arrivo dei RDF. Nei casi in cui la William Hill offre quotazioni «Early Bird» o «ante-post», i corridori sono elencati secondo le quotazioni offerte. In altri casi (o se tali quotazioni non sono ancora state elaborate), la William Hill offre la quotazione alla partenza (Starting Price), nel qual caso i partecipanti sono elencati in ordine alfabetico.

43.     Nel momento in cui la William Hill pubblica questi dati sui suoi siti Internet (cioè il giorno della corsa in questione), essi sono stati resi accessibili da fonti diverse dal SIS, fin dal mattino del giorno precedente. Per esempio, saranno già stati pubblicati dalla stampa o in vari servizi di teletext.

44.     Come risulta dagli allegati, le informazioni mostrate sui siti Internet della William Hill comprendono i nomi di tutti i cavalli partecipanti alla corsa, la data, l’ora e/o il nome della corsa e il nome dell’ippodromo in cui si svolgerà la corsa. In termini di quantità di registrazioni, questa è solo una piccolissima parte della dimensione totale della banca di dati BHB. Nessun’altra informazione tratta dalla banca di dati BHB appare sul sito web della William Hill. Per esempio, la William Hill non mostra il nome del fantino, né il numero di sella, né il peso calcolato ed assegnato al cavallo. La William Hill non dà informazioni relative alle condizioni di forma di nessun cavallo. E non diffonde nessun’altra delle numerose informazioni che figurano nella banca di dati BHB e che sono usate per lo Stud Book, per le funzioni del Jockey Club e/o per le altre funzioni della BHB.

45.     Le corse ippiche non sono disposte sui siti web della William Hill nello stesso modo in cui sono disposte nella banca di dati BHB. Inoltre, la William Hill dispone la lista dei corridori secondo le quotazioni, con il favorito al primo posto, oppure in ordine alfabetico; la disposizione non è la stessa di quella della banca di dati BHB, salvo che ciò accada per pura coincidenza. Comunque, ogni elenco di partecipanti diffuso dai siti web della William Hill rappresenta la lista completa di tutti i corridori di quella corsa.

46.     La William Hill non ha accesso diretto alla banca dati BHB. Le informazioni presentate nei siti Internet della William Hill sono state ottenute dalla William Hill in passato, e potranno esserlo in futuro, attraverso due canali: (1) i giornali della sera, pubblicati il giorno prima della corsa e/o (2) i RDF forniti dal SIS la mattina della corsa. I RDF derivano dalla banca di dati BHB. Le informazioni contenute nei giornali sono anch’esse ricavate dalla banca di dati BHB; esse sono fornite ai giornali dalla Weatherbys.

47.    È fuori discussione che il SIS e i giornali non hanno alcun diritto di autorizzare la William Hill ad usare qualsiasi informazione ricavata dal sito Internet della banca di dati BHB e non hanno neppure preteso di averlo fatto.


1
Lingua originale: il tedesco.


2
Sono inoltre pendenti i procedimenti nelle cause C‑46/02, C‑338/02 e C‑444/02, nei quali presento anche oggi le conclusioni.


3
GU L 77, pag. 20.


4
Sentenze 15 novembre 1979, causa 36/79, Denkavit (Racc. pag. 3439, punto 12); 5 ottobre 1999, cause riunite C‑175/98 e C‑177/98, Lirussi e Bizzaro (Racc. pag. I‑6881, punto 37); 22 giugno 2000, causa C‑318/98, Fornasar e a. (Racc. pag. I‑4785, punto 31), nonché 16 ottobre 2003, causa C‑421/01, Traunfellner (Racc. pag. I‑0000, punti 21 e segg.).


5
V. sentenza 4 dicembre 2003, causa C‑448/01, EVN (Racc. pag. I‑0000, punto 59).


6
Malte Grützmacher, Urheber-, Leistungs- und Sui-generis-Schutz von Datenbanken, 1999, pag. 329; Georgios Koumantos, «Les bases de données dans la directive communautaire», Revue internationale du droit d’auteur 1997, pag. 79 (117). Al contrario, alcuni ritengono che gli investimenti siano l'oggetto della tutela [in tal senso, v. Silke von Lewinski, in: Michel M. Walter (ed.), Europäisches Urheberrecht, 2001, n. 3 all'art. 7, e la dottrina cit. da Grützmacher, alla pag. 329, nota 14].


7
Giovanni Guglielmetti, «La tutela delle banche dati con diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE», Contratto e impresa. Europa, 1997, pag. 177 (184).


8
Andrea Etienne Calame, Der rechtliche Schutz von Datenbanken unter besonderer Berücksichtigung des Rechts der Europäischen Gemeinschaften, 2002, pag. 115, nota 554.


9
Grützmacher (cit. alla nota 6), pagg. 330 e segg.; Matthias Leistner, «Der Rechtsschutz von Datenbanken im deutschen und europäischen Recht», 2000, pag. 152.


10
Leistner (cit. alla nota 9), pag. 152.


11
Guglielmetti (cit. alla nota 7), pag. 184; Gunnar W.G. Karnell, «The European Sui Generis Protection of Data Bases», Journal of the Copyright Society of the U.S.A., 2002, pag. 993.


12
Per le opinioni rappresentate, v. P. Bernt Hugenholtz, «De spin‑off teorie uitgesponnen», AMI – Tidschrift voor auteurs‑, media & informatierecht 2002, pag. 161 (164, nota 19).


13
V. Lewinski (cit. alla nota 6), punto 5 all'art. 7.


14
Posizione comune (CE) n. 20/95 definita dal Consiglio del 10 luglio 1995, in GU C 288 del 30.10.1995, pag. 14.


15
Jens-Lienhard Gaster, Der Rechtsschutz von Datenbanken, 1999, pag. 492.


16
Oliver Hornung, Die EU-Datenbank-Richtlinie und ihre Umsetzung in das deutsche Recht, 1998, pagg. 116  e segg.; Leistner (cit. alla nota 9), pag. 180; v. Lewinski (cit. alla nota 6), punto 16 all'art. 7.


17
Posizione comune (CE) n. 20/95 (cit. alla nota 14), pag. 14.


18
V., tra i tanti, Lewinski (cit. alla nota 6), punto 15 all'art. 7.


19
Grützmacher (cit. alla nota 6), pag. 340.


20
Gaster (cit. alla nota 15), punto 495; Grützmacher (cit. alla nota 6), pag. 340; v. Lewinski (cit. alla nota 6), punto 15 all'art. 7.


21
Josef Krähn, Der Rechtsschutz von elektronischen Datenbanken, unter besonderer Berücksichtigung des sui‑generis‑Rechts, 2001, pag. 162.


22
V. Guglielmetti (cit. alla nota 7), pag. 186; Krähn (cit. alla nota 21), pag. 161, e Leistner (cit. alla nota 9), pag. 172.


23
Al riguardo, secondo un'interpretazione è sufficiente l'attitudine astratta al pregiudizio, v. Leistner (cit. alla nota 9), pag. 173; v. Herman M.H. Speyart, «De databank-richtlijn en haar gevolgen voor Nederland», Informatierecht – AMI 1996, pag. 171 (174).


24
Carine Doutrelepont, «Le nouveau droit exclusif du producteur de bases de données consacré par la directive européenne 96/6/CE du 11 mars 1996: un droit sur l’information?», in: Mélanges en hommage à Michel Waelbroeck, 1999, pag. 903 (913).


25
Doutrelepont (cit. alla nota 24), pag. 913; Gaster (cit. alla nota 15), punto 496; Leistner (cit. alla nota 9), pag. 171; v. Lewinski (cit. alla nota 6), punto 15 all'art. 7.


26
In tal senso, invece, Karnell (cit. alla nota 11), pag. 1000; Krähn (cit. alla nota 21), pag. 163.


27
V., anche, l'ottavo, il quarantunesimo, il quarantaduesimo e il quarantaseiesimo ‘considerando’.


28
V. Koumantos (cit. alla nota 6), pag. 121.


29
V. Lewinski (cit. alla nota 6), punto 19 all'art. 7.


30
Gaster (cit. alla nota 15), punto 512.


31
V. Lewinski (cit. alla nota 6), punto 27 all'art. 7.


32
V. Lewinski (cit. alla nota 6), punto 31 all'art. 7.


33
Grützmacher (cit. alla nota 6), pag. 336.


34
V. Lewinski (cit. alla nota 6), punto 38 all'art. 7.


35
Leistner (cit. alla nota 9), pag. 181; v. Lewinski (cit. alla nota 6), punto 18 all'art. 7, nota 225.


36
Sam Ricketson, The Berne Convention for the Protection of Literary and Artistic Works: 1886‑1986, 1987, pag. 482.


37
Gaster (cit. alla nota 15), punto 558.


38
La maggior parte delle versioni neolatine, la tedesca, l'inglese e la greca.


39
Le versioni spagnola, svedese e finlandese.


40
Leistner (cit. alla nota 9), pag. 181; v. Lewinski (cit. alla nota 6), punto 17 all'art. 7.


41
Ciò è anche in contrasto con l'interpretazione dell'art. 13 dell'Accordo TRIPs da parte di un Panel (gruppo speciale) della OMC (WT/DS160/R del 27 luglio 2000, punto 6.183).


42
Leistner (cit. alla nota 9), pag. 181.


43
V. WT/DS160/R del 27 luglio 2000, punto 6.186 (cit. alla nota 41).


44
V. WT/DS160/R del 27 luglio 2000, punto 6.229 (cit. alla nota 41).


45
Leistner (cit. alla nota 9), pag. 182.


46
Comitato permanente sul diritto d'autore e diritti connessi (19 maggio 1998), SCCR/1/INF/2.


47
Posizione comune (CE) n. 20/95 (cit. alla nota 14), pag. 14.


48
V. Lewinski (cit. alla nota 6), punto 5 all'art. 10.


49
Simon Chalton «The Effect of the E.C. Database Directive on United Kingdom Copyright Law in Relation to Databases: A Comparison of Features», E.I.P.R. 1997, pag. 278 (284); Hornung (cit. alla nota 16), pag. 173 e segg.; Leistner (cit. alla nota 9), pag. 209; v. St. Beutler «The Protection of multimedia products under international law», UFITA 1997, pag. 5 (24); Guglielmetti (cit. alla nota 7), pag. 192, e Herman M.H. Speyart (cit. alla nota 23), pag. 171 (173).


50
COM (92) 24 def.


51
Motivazione della Proposta COM (92) 24, n. 9.2.


52
COM (93) 464 def. 


53
Grützmacher (cit. alla nota 6), pag. 390 e segg.


54
V., a tale proposito, in dettaglio, Leistner (cit. alla nota 9), pag. 207 e segg.