CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
CHRISTINE STIX-HACKL
presentate l'8 giugno 2004(1)



Causa C-46/02



Fixtures Marketing Ltd
contro
Oy Veikkaus Ab


[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vantaan Käräjäoikeus (Finlandia)]

«Direttiva 96/9 – Banche di dati – Tutela giuridica – Diritto sui generis – Soggetti legittimati allo sfruttamento – Investimento sostanziale – Costituzione, verifica e presentazione del contenuto di una banca di dati – Parte sostanziale del contenuto di una banca di dati – Estrazione e reimpiego – Sport – Partite»






I – Osservazioni introduttive

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale costituisce uno dei quattro procedimenti  (2) paralleli concernenti l’interpretazione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 1996 relativa alla tutela giuridica delle banche di dati  (3) (in prosieguo: la «direttiva»). Come gli altri procedimenti ha ad oggetto il cosiddetto diritto sui generis e la sua portata nel settore delle scommesse sportive.

II – Ambito normativo

A – Normativa comunitaria

2.        L’art. 1 della direttiva contiene disposizioni in ordine al campo di applicazione della medesima. Inter alia recita:

«(1)   La presente direttiva riguarda la tutela giuridica delle banche di dati, qualunque ne sia la forma.

(2)     Ai fini della presente direttiva per “banca di dati” si intende una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo».

3.        Gli artt. 7‑11 del capitolo III, disciplinano il diritto sui generis. L’art. 7, che disciplina l’oggetto della tutela, inter alia recita:

«(1)   Gli Stati membri attribuiscono al costitutore di una banca di dati il diritto di vietare operazioni di estrazione e/o reimpiego della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della stessa, valutata in termini qualitativi o quantitativi, qualora il conseguimento, la verifica e la presentazione di tale contenuto attestino un investimento rilevante sotto il profilo qualitativo o quantitativo.

(2)     Ai fini del presente capitolo:

a)
per “estrazione” si intende il trasferimento permanente o temporaneo della totalità o di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati su un altro supporto con qualsiasi mezzo o in qualsivoglia forma;

b)
per “reimpiego” si intende qualsiasi forma di messa a disposizione del pubblico della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della banca di dati mediante distribuzione di copie, noleggio, trasmissione in linea o in altre forme. La prima vendita di una copia di una banca dati nella Comunità da parte del titolare del diritto, o con il suo consenso, esaurisce il diritto di controllare la rivendita della copia nella Comunità.

Il prestito pubblico non costituisce atto di estrazione o di reimpiego.

(3)     Il diritto di cui al paragrafo 1 può essere trasferito, ceduto o essere oggetto di licenza contrattuale.

(...)

(5)     Non sono consentiti l’estrazione e/o il reimpiego ripetuti e sistematici di parti non sostanziali del contenuto della banca di dati che presuppongano operazioni contrarie alla normale gestione della banca dati o che arrechino un pregiudizio ingiustificato ai legittimi interessi del costitutore della banca di dati».

4.        L’art. 8, che disciplina i diritti e gli obblighi dell’utente legittimo, al n. 1 prevede:

«Il costitutore di una banca di dati messa in qualsiasi modo a disposizione del pubblico non può impedire all’utente legittimo della stessa di estrarre e reimpiegare parti non sostanziali, valutate in termini qualitativi o quantitativi, del contenuto di tale banca di dati per qualsivoglia fine. Se l’utente legittimo è autorizzato a estrarre e/o reimpiegare soltanto una parte della banca di dati, il presente paragrafo si applica solo a detta parte».

5.        L’art. 9 dispone che gli Stati membri possono prevedere deroghe al diritto sui generis.

B – Normativa nazionale

6.        L’art. 49, n. 1, della legge sul diritto d’autore (1991/34), nella versione vigente prima degli emendamenti apportati in ottemperanza alla direttiva, stabiliva che elenchi, tabelle, programmi o altri lavori di tal genere contenenti una notevole quantità di dati, non potevano essere utilizzati senza il consenso del loro autore prima che fossero trascorsi dieci anni dalla loro pubblicazione.

7.        La legge 3 aprile 1998, n. 250, di attuazione della direttiva, ha modificato l’art. 49, n. 1, della legge sul diritto d’autore, che adesso dispone quanto segue:

«Colui che ha costituito

1)       un elenco, una tabella, un programma o un’altra opera simile, in cui sia raccolto un grande numero di dati, oppure

2)       una banca dati, qualora il suo conseguimento, verifica o presentazione abbiano richiesto investimenti rilevanti,

ha il diritto esclusivo di disporre dell’intero contenuto di tali opere o di una parte sostanziale, sotto l’aspetto qualitativo o quantitativo, delle stesse, riproducendole o diffondendole in pubblico».

III – Fatti e causa principale

A – Parte generale

8.        Il calcio professionistico a livello di divisioni superiori è organizzato in Inghilterra da «The Football Association Premier League Limited» e «The Football League Limited» e in Scozia da «The Scottish Football League». Premier League e Football League (con prima, seconda e terza divisione) comprendono insieme quattro serie. Prima dell’inizio di ogni stagione calcistica vengono predisposti i calendari degli incontri che saranno disputati in ciascuna divisione nel corso della stagione. I dati vengono registrati elettronicamente e sono individualmente accessibili. I calendari degli incontri sono presentati, tra l’altro, in opuscoli stampati, sia in ordine cronologico sia con riferimento ad ogni squadra compresa nelle diverse serie. Gli accoppiamenti sono indicati nella forma X contro Y (ad esempio Southampton contro Arsenal). In ogni stagione vengono giocate circa 2000 partite, distribuite su 41 settimane.

9.        Gli organizzatori del calcio inglese e scozzese hanno affidato la gestione dello sfruttamento dei calendari degli incontri, tra l’altro attraverso la concessione di licenze, alla società scozzese Football Fixtures Limited. Quest’ultima, a sua volta, ha trasmesso i propri diritti di gestione e sfruttamento, al di fuori della Gran Bretagna, alla società Fixtures Marketing Limited (in prosieguo: la «Fixtures»).

B – Parte speciale

10.      Il presente rinvio pregiudiziale ha all’origine un ricorso della Fixtures contro la Oy Veikkaus Ab (in prosieguo: la «Veikkaus»). Secondo quanto affermato dal giudice del rinvio, durante il campionato 1998‑1999 la Veikkaus ha utilizzato ogni settimana in media un quarto dei dati delle partite della Premier League e delle altre leghe per i suoi concorsi pronostici di totocalcio (Vakioveikkaus, Tulosveto, Pitkäveto und Moniveto). Per Vakioveikkaus e Pitkäveto sono state utilizzate prevalentemente informazioni riguardanti partite della Premier League e della Prima Divisione e occasionalmente anche informazioni concernenti partite delle leghe minori. La quota dei dati utilizzati settimanalmente si aggirava intorno ai due terzi per la Premier League e ad un terzo per la Prima Divisione. Per Tulosveto e Moniveto sono state utilizzate pochissime partite. Nel suddetto arco di tempo la Veikkaus ha utilizzato ogni settimana circa 80 partite per i suoi concorsi pronostici di totocalcio; in concreto si è trattato di partite di calcio disputate in Inghilterra, ed anche di partite disputate in altri paesi europei, di incontri di hockey sul ghiaccio, ecc.

11.      La Veikkaus ha utilizzato per i suoi concorsi pronostici di totocalcio tutte le partite di calcio del campionato di Premier League e di Prima Divisione, nonché, occasionalmente, anche altre partite. Ogni settimana sono utilizzate per le scommesse circa 200 partite. Per la scelta delle partite adatte sono raccolte settimanalmente informazioni su circa 400 partite, reperite, tra l’altro, da Internet, da giornali o direttamente dalle società sportive. La Veikkaus verifica l’esattezza delle informazioni delle partite scelte comparando fonti diverse e sostituisce, quando occorre, le partite scelte. Si possono effettuare sostituzioni anche durante la settimana in cui vengono disputati gli incontri. Il fatturato annuo realizzato dalla Veikkaus con le scommesse sulle partite di calcio del campionato britannico ammonta a decine di milioni (di euro).

12.      In una sentenza (S 94/8994) il Käräjäoikeus di Vantaa ha statuito che ai sensi dell’art. 49, n. 1, della legge sul diritto d’autore nella versione allora in vigore, i calendari di campionato costituivano un elenco contenente una raccolta di una quantità di dati considerevole. Allo stesso tempo il Käräjäoikeus ha statuito che la tutela giuridica degli elenchi riguardava soltanto la loro riproduzione. Per accertare se fosse stata utilizzata una parte sostanziale dei calendari di campionato, dovevano essere prese in considerazione le schede dei pronostici nel loro insieme. Il Tribunale ha ritenuto che vi era stata una violazione della tutela giuridica degli elenchi ed ha accolto il ricorso. Il Hovioikeus di Helsinki invece ha statuito in un’altra sentenza (S 96/1304), che non vi era stata alcuna violazione della tutela giuridica degli elenchi, giacché le informazioni necessarie per la preparazione delle schede dei pronostici provenivano da varie fonti ed erano state controllate direttamente in Inghilterra, poiché erano riscontrabili discordanze tra le indicazioni contenute nelle schede dei pronostici e quelle dei calendari di campionato; inoltre, una volta disputata la relativa partita, le schede dei pronostici non venivano utilizzate ulteriormente. L’Hovioikeus ha annullato perciò la sentenza del Käräjäoikeus e ha respinto il ricorso. Il Korkein Oikeus (Tribunale di ultima istanza) ha dichiarato inammissibile un’ulteriore impugnazione della suddetta sentenza.

13.      Dopo l’entrata in vigore della direttiva, la Fixtures ha promosso sia in Svezia che in Finlandia azioni legali dirette ad accertare se i calendari di campionato fossero una banca dati protetta ai sensi della direttiva, e se le società organizzatrici delle scommesse, nell’utilizzare senza licenza per i loro concorsi pronostici di totocalcio partite tratte dai suddetti calendari, violassero in entrambi i paesi la tutela giuridica delle banche dati.

14.      Il Tekijänoikeusneuvosto (Commissione per il diritto d’autore), invitato a prendere posizione in proposito, è del parere che in base al diritto d’autore vigente in Finlandia, ai fini della tutela di una banca dati non è necessario che la banca dati soddisfi i requisiti stabiliti nell’art. 1, n. 2, della direttiva. La tutela delle banche dati sarà garantita ogniqualvolta siano necessari investimenti rilevanti per il conseguimento, la verifica e la presentazione del contenuto della banca dati. Sulla base della succitata sentenza dell’Hovioikeus di Helsinki il Tekijänoikeusneuvosto ha affermato che i calendari del campionato in questione dovevano essere considerati come banche dati anche ai sensi dell’art. 49, n. 1, secondo comma, della legge sul diritto d’autore, se per il conseguimento, per la verifica e per la presentazione del loro contenuto erano stati necessari investimenti rilevanti, ma che il comportamento della Veikkaus non configurava violazione dei diritti di tutela di tale banca dati.

15.      Il giudice del rinvio è dell’opinione che non c’è chiarezza in diritto sulla questione se i suddetti calendari di campionato rappresentino una banca dati protetta, e quali attività possano essere considerate, in base alla direttiva, violazioni della tutela delle banche dati.

IV – Questioni pregiudiziali

16.      Il Käräjäoikeus di Vantaa sottopone alla Corte di giustizia per una pronuncia in via pregiudiziale le seguenti questioni:

«1)
Può il requisito di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, cioè che gli investimenti debbano riguardare la costituzione di una banca dati, essere qui interpretato nel senso che il conseguimento di cui al suddetto n. 1 ed i relativi investimenti comprendano anche investimenti riguardanti la fissazione delle date delle partite e degli abbinamenti tra squadre, ed inoltre che la preparazione dei calendari di campionato comprenda anche investimenti ritenuti irrilevanti nel quadro dell’accertamento dei presupposti applicativi della tutela.

2)
Deve la tutela giuridica prevista nella direttiva essere interpretata nel senso che è fato divieto a persone diverse dagli autori dei calendari di campionato di utilizzare senza licenza i dati in essi raccolti per concorsi pronostici e per altre attività commerciali.

3)
Costituisce, ai sensi della direttiva, quella fatta dalla Veikkaus, un’utilizzazione di una parte sostanziale del contenuto della banca dati sotto l’aspetto qualitativo e/o quantitativo, se si considera che nelle schedine emesse settimanalmente, dei dati estratti dai calendari di campionato sono utilizzati solo quelli necessari per quella sola settimana, e che, per tutta la durata del campionato, i dati relativi alle partite sono tratti da fonti diverse e verificati sulla base di fonti diverse da quelle dell’autore della banca dati».

V – Sulla ricevibilità

17.      Secondo la Commissione, il giudice del rinvio non ha esposto i fatti con sufficiente chiarezza. Perciò non è chiaro il tipo di rapporti esistente tra la Premier League e la Football League da una parte, e la Fixtures dall’altra; in particolare non sono sufficientemente precisate la fondatezza e l’estensione del diritto della Fixtures di accedere alla banca dati delle due leghe. Inoltre, il giudice del rinvio non ha fornito indicazioni riguardo alla questione se la Veikkaus avesse estratto e/o reimpiegato il contenuto della banca dati. Infine, le questioni pregiudiziali riguardano in parte l’applicazione ad un caso concreto delle disposizioni contenute nella direttiva.

18.      In merito a queste obiezioni della Commissione bisogna ricordare che le indicazioni contenute nei provvedimenti di rinvio pregiudiziale devono dare ai governi degli Stati membri e alle altre parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia. Compete alla Corte di giustizia vigilare affinché tale possibilità sia garantita, tenendo però presente che, in base al suddetto articolo, alle parti in causa vengono notificati soltanto i provvedimenti di rinvio pregiudiziale  (4) .

19.      Date le numerose osservazioni depositate in base all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia si può dedurre che le indicazioni contenute nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale hanno permesso agli Stati membri − del resto anche alla Commissione − di prendere adeguatamente posizione sulle questioni sollevate dinanzi alla Corte di giustizia.

VI – Sulla ricevibilità

20.      Parecchi aspetti delle questioni pregiudiziali non hanno ad oggetto l’interpretazione del diritto comunitario, vale a dire della direttiva, bensì l’applicazione di quest’ultima ad un caso concreto. A riguardo, occorre convenire con la Commissione che ciò non rientra fra i compiti della Corte nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE, ma fra quelli del giudice nazionale, e che la Corte nel presente procedimento deve limitarsi all’interpretazione del diritto comunitario.

21.      Per consolidata giurisprudenza della Corte infatti, nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’art. 234 CE, basato su una netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale  (5) .

22.      La Corte non è quindi competente a decidere il caso di specie oggetto del procedimento principale o ad applicare le disposizioni di diritto comunitario da essa stessa interpretate ai provvedimenti o alle realtà nazionali, essendo a tal fine competente esclusivamente il giudice del rinvio. La valutazione di singole operazioni riguardanti la banca di dati oggetto del presente procedimento richiede un apprezzamento di fatti che spetta al giudice nazionale  (6) . Per il resto, la Corte è competente a risolvere le questioni pregiudiziali.

VII – Sulla fondatezza: analisi

23.      Le questioni pregiudiziali proposte dal giudice del rinvio riguardano l’interpretazione di una serie di disposizioni della direttiva, in sostanza di determinate nozioni. Gli aspetti trattati nelle suddette disposizioni appartengono ad ambiti differenti e vanno, di conseguenza, ordinati. Mentre alcune questioni giuridiche riguardano l’effettivo ambito di validità della direttiva, altre hanno ad oggetto i presupposti e il contenuto del diritto sui generis

A – Ambito di applicazione sostanziale: nozione di «banca di dati»

24.      La Veikkaus ed il governo belga rilevano che la banca dati oggetto della causa principale non può essere definita tale ai sensi dell’art. 1 della direttiva, giacché in essa manca l’indipendenza degli elementi.

25.      L’interpretazione della nozione «banca di dati» ai sensi dell’art. 1, n. 2, riguarda una delle condizioni fondamentali per l’applicazione della direttiva e, dunque, per il suo complessivo campo di applicazione sostanziale, dal quale si deve distinguere il campo di applicazione sostanziale del diritto sui generis, e cioè l’«oggetto della tutela» previsto all’art. 7 della direttiva. Questa norma si collega certo alla definizione giuridica di «banca di dati», ma stabilisce anche una serie di ulteriori condizioni per l’oggetto del diritto sui generis. Ciò significa che non tutte le banche di dati, come definite dall’art. 1, n. 2, della direttiva sono anche oggetto della tutela ai sensi dell’art. 7 della direttiva.

26.      Questa distinzione si trova anche nei ‘considerando’ della direttiva. Il diciassettesimo ‘considerando’ riguarda la nozione di banca di dati ed il diciannovesimo ‘considerando’ l’oggetto del diritto sui generis. Gli esempi, ivi addotti, per illustrare il differente significato, non sono stati tuttavia scelti felicemente: così, una registrazione di determinate opere artistiche, ad es. musicali, non vale nemmeno come banca di dati, mentre la compilazione di registrazioni musicali non appartiene all’oggetto della tutela. Quest’ultima affermazione risulta, però, già dal fatto che in un simile caso non sussiste nemmeno una banca di dati.

27.      Il soddisfacimento del requisito «banca di dati» è, quindi, una condizione necessaria ma non sufficiente per la concessione del diritto sui generis previsto dall’art. 7.

28.      Le norme di diritto internazionale, alle quali spetta una funzione di orientamento, rappresentano un primo punto di riferimento per l’interpretazione della nozione di «banca di dati». Tra di esse rientra innanzi tutto l’art. 10, n. 2, dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuali attinenti al commercio (in prosieguo: l’«Accordo TRIPs»)  (7) , sebbene questa disposizione non contenga tutti i criteri dell’art. 1, n. 2, della direttiva. Rileva, poi, l’art. 2, n. 5, della stessa convenzione di Berna modificata. Le norme di diritto internazionale successive alla direttiva de qua, non possono invece fornire alcun elemento utile. Questo vale, ad esempio, per l’art. 5 WCT WIPO Copyright Treaty, che è stato adottato solo nel 1996. Come risulta dai lavori preparatori, ed in particolare dai documenti della Commissione, la direttiva dovrebbe orientarsi soprattutto verso la convenzione di Berna modificata.

29.      Un’interpretazione effettuata alla luce delle citate convenzioni di diritto internazionale non può però portare ad ulteriori risultati ai fini dell’interpretazione della nozione di banca di dati dal momento che l’art. 1, n. 2, della direttiva contiene una definizione giuridica − seppure non molto precisa −, che indica diversi requisiti. Il suo significato dev’essere chiarito, qui di seguito, con maggiore precisione. Si deve tuttavia considerare che la Corte deve sì fornire al giudice nazionale indicazioni utili per la soluzione della causa principale, ma che resta compito del giudice nazionale applicare alla fattispecie concreta le disposizioni di diritto comunitario, come interpretate dalla Corte, o le corrispondenti norme nazionali di attuazione.

30.      Già la struttura dell’art. 1 della direttiva, che contiene diverse norme sulle banche di dati, indica la tendenza ad un’interpretazione in senso ampio. In base al suo art. 1, n. 1, la direttiva si applica così a «banche di dati, qualunque ne sia la forma». Inoltre, anche la circostanza che l’art. 1, n. 3, stabilisca una deroga, si pone a favore di un’interpretazione in senso ampio della nozione di «banca di dati».

31.      A favore di un’interpretazione in senso ampio si può indicare anche l’intenzione del legislatore comunitario, come espressa nei lavori preparatori  (8) .

32.      Il soddisfacimento delle tre condizioni previste dall’art. 1, n. 2, è essenziale per la determinazione della nozione di «banca di dati».

33.      In primo luogo deve esistere una «raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti» (il corsivo è mio). Non è il caso di approfondire oltre la questione se nel procedimento principale si tratti di dati o elementi, poiché, in concreto, si tratta o di dati, intesi come sequenza di caratteri per la rappresentazione di fatti, cioè comunicazioni elementari con un potenziale contenuto informativo, o di elementi come unità riconoscibili  (9) .

34.      In assenza di una precisazione contenuta nella direttiva non risulta tuttavia necessario che vi sia un numero considerevole di dati o elementi. Una corrispondente richiesta del Parlamento non è stata fatta propria né dal Consiglio né dalla Commissione. Requisiti di tipo quantitativo sono previsti per la prima volta nella disciplina del diritto sui generis di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, e precisamente un «investimento rilevante».

35.      Nel presente procedimento si deve piuttosto verificare se sia soddisfatto il requisito dell’indipendenza dei dati o degli elementi.

36.      Questo criterio viene inteso nel senso che i dati o gli elementi potrebbero non essere uniti o, quanto meno, potrebbero venire separati senza la perdita del loro contenuto informativo  (10) , per cui, ad esempio, i suoni o le immagini di un film non vi sono ricompresi. Una possibile interpretazione consiste nel fare riferimento non solo alla reciproca dipendenza degli elementi gli uni dagli altri, ma alla dipendenza all’interno di una raccolta  (11) .

37.      In secondo luogo la direttiva include soltanto quelle raccolte che vengono disposte in maniera sistematica o metodica. Al ventunesimo ‘considerando’ viene espresso chiaramente che non è necessario che la memorizzazione sia avvenuta in una forma fisica. Questa condizione serve ad escludere cumuli di dati senza alcun ordine ed a comprendere solo raccolte effettuate in base ad un certo ordine  (12) , cioè dati che sono disposti secondo determinati criteri  (13) . A tal fine è sufficiente che venga stabilita una struttura dei dati e che la loro disposizione avvenga solo con l’applicazione di un corrispondente programma di ricerca  (14) , e quindi essenzialmente attraverso una classificazione, o eventualmente a mezzo di una indicizzazione. Sono comprese sia banche di dati statiche che dinamiche  (15) .

38.      In terzo luogo, l’art. 1, n. 2, della direttiva richiede che i dati «siano individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo». In base a questa norma, la semplice memorizzazione di dati non è compresa nel concetto di «banca di dati» ai sensi dell’art. 1, n. 2, della direttiva.

39.      In conclusione la nozione di «banca di dati», come prevista dall’art. 1, n. 2, della direttiva dev’essere perciò interpretata in senso ampio. Sorgono però delle limitazioni dai requisiti riguardanti l’oggetto della tutela, previsti dall’art. 7, n. 1, della direttiva.

B – Oggetto della tutela: presupposti (prima questione pregiudiziale)

40.      Affinché una banca di dati possa beneficiare del diritto sui generis di cui all’art. 7 della direttiva, occorre che siano soddisfatte le condizioni previste nella medesima disposizione. Il presente procedimento concerne l’interpretazione di alcuni di tali criteri.

41.      In questo contesto occorre far riferimento alla discussione giuridica sulla questione se il diritto sui generis di cui si dibatte debba servire a tutelare la prestazione, vale a dire sostanzialmente l’attività del costitutore di una banca dati, oppure il risultato scaturito da detta attività. A riguardo bisogna considerare che la direttiva tutela le banche di dati e cioè il loro contenuto, non invece le informazioni in esse raccolte, in quanto tali. In conclusione, si tratta della tutela del prodotto, sebbene indirettamente venga così tutelato anche quanto per esso speso, vale a dire l’investimento (16) .

42.      I presupposti elencati nell’art. 7 della direttiva si aggiungono a quelli previsti nell’art. 1, n. 2. Con i primi l’oggetto della tutela è definito in modo più rigoroso rispetto alla «banca di dati» di cui all’art. 1.

43.      Il diritto sui generis recentemente introdotto dalla direttiva si rifà ai diritti sui cataloghi, di origine nordica, e al «geschriftenbescherming» olandese. Ciò non deve però indurre ad applicare alla direttiva le nozioni sviluppate dalla dottrina e dalla giurisprudenza in relazione a tali istituti precursori. Al contrario, la direttiva dovrebbe diventare il criterio di interpretazione dei diritti nazionali, anche per tutti quegli Stati membri nei quali già prima di essa vigevano disposizioni simili. Anche in detti Stati membri vi era la necessità di adeguare la normativa interna ai contenuti della direttiva.

1. «Investimento rilevante»

44.      L’espressione «investimento rilevante» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, rappresenta un concetto chiave per la determinazione dell’oggetto del diritto sui generis. Questo presupposto viene precisato nel senso che la rilevanza dev’essere intesa in «termini qualitativi o quantitativi». La direttiva, tuttavia, non fornisce una definizione giuridica per queste due alternative. La dottrina pretende che il relativo chiarimento provenga dalla Corte. Detta richiesta è giustificata poiché soltanto così è garantita un’interpretazione comunitaria autonoma e omogenea. Non va però ignorato che l’applicazione dei criteri interpretativi rimane, in ultima analisi, di competenza dei giudici nazionali, circostanza che comporta il rischio di un’applicazione non uniforme.

45.      Come già risulta dalla configurazione dell’art. 7, n. 1, della direttiva, il concetto di «investimento rilevante» va inteso in modo relativo. Sulla base delle motivazioni della Posizione comune, nella quale è stata elaborata la versione definitiva della suddetta disposizione, devono essere tutelati gli investimenti effettuati per raccogliere e mettere insieme il contenuto di una banca di dati  (17) .

46.      Gli investimenti devono quindi riferirsi a determinate attività relative alla costituzione di una banca di dati. L’art. 7 prevede tassativamente, a riguardo, le tre seguenti attività: il conseguimento, la verifica e la presentazione del contenuto della banca di dati. Poiché tali elementi costituiscono oggetto di un’altra questione pregiudiziale, in questa sede non occorre approfondirne il significato.

47.      Nel quarantesimo ‘considerando’ è specificato a quali tipi di investimenti la disposizione possa riferirsi. L’ultima frase di quest’ultimo recita: «tale investimento può consistere nell’impegnare mezzi finanziari e/o tempo, lavoro ed energia». Nel settimo ‘considerando’ si parla di investimenti di considerevoli risorse umane, tecniche e finanziarie.

48.      Il concetto di «rilevante» va − anche − inteso relativamente, vale a dire, da un lato, con riferimento ai costi e all’ammortamento  (18) e, d’altro lato, all’estensione, al tipo e al contenuto della banca di dati, nonché al campo della medesima  (19) .

49.      Non vengono quindi tutelati soltanto gli investimenti che in termini assoluti hanno un valore elevato  (20) . Tuttavia, il criterio di «rilevante» non va inteso soltanto in modo relativo. Per la determinazione degli investimenti degni di tutela la direttiva richiede, infatti, come una sorta di regola de‑minimis, anche una soglia minima assoluta  (21) . Ciò risulta dal diciannovesimo ‘considerando’, secondo cui l’investimento dev’essere «sufficientemente rilevante»  (22) . Detta soglia deve però essere bassa. Ciò si deduce, in primo luogo, dal cinquantacinquesimo ‘considerando’  (23) , nel quale manca una più precisa determinazione del livello e, in secondo luogo, dal fatto che la direttiva è finalizzata ad armonizzare differenti ordinamenti. Inoltre, una soglia minima troppo elevata indebolirebbe la funzione perseguita dalla direttiva, vale a dire di stimolare gli investimenti.

50.      Molti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte aderiscono, nelle loro memorie, alla cosiddetta «teoria dello spin‑off», in base alla quale i prodotti secondari non beneficerebbero della tutela giuridica. Dovrebbero essere realizzati soltanto quegli incassi che servono ad ammortizzare l’investimento. Detti soggetti hanno fatto riferimento alla circostanza che la banca di dati oggetto del presente procedimento sarebbe necessaria per l’organizzazione degli incontri sportivi, vale a dire che sarebbe stata costituita con questa finalità. L’investimento servirebbe ad organizzare gli incontri e non, o non soltanto, a costituire la banca di dati. Esso sarebbe stato in ogni caso effettuato, anche perché sussiste un obbligo di predisporre tale organizzazione. La banca di dati, pertanto, è solo un prodotto secondario di un altro mercato.

51.      Nel presente procedimento occorre quindi chiarire se e in che modo la cosiddetta «teoria dello spin‑off» possa avere rilevanza nell’interpretazione della direttiva e, in particolare, del diritto sui generis. Con riferimento alle considerazioni svolte nel presente procedimento in ordine alla tutela delle banche di dati, che sarebbero meri prodotti secondari, appare necessario smitizzare la «teoria dello spin‑off». Questa teoria, a prescindere dalle origini a livello nazionale, è riconducibile agli scopi della direttiva che emergono dal decimo fino al dodicesimo ‘considerando’, consistenti nella creazione di uno stimolo agli investimenti tramite il miglioramento della tutela dei medesimi. Essa è corroborata anche dall’idea che gli investimenti debbano essere ammortizzati tramite gli incassi provenienti dall’attività principale. La «teoria dello spin‑off» è correlata anche con il fatto che la direttiva tutela soltanto quegli investimenti che, fra l’altro, sono necessari per il conseguimento del contenuto di una banca di dati  (24) . Tutti questi argomenti sono rilevanti e, in sede di interpretazione della direttiva, devono essere considerati. Ciò, tuttavia, non deve portare ad escludere dalla tutela ogni effetto di spin‑off soltanto sulla base di una teoria. Per l’interpretazione della direttiva sono e rimangono decisive le sue disposizioni.

52.      Per risolvere le problematiche giuridiche oggetto del presente procedimento occorre affrontare innanzi tutto la questione se la tutela di una banca di dati dipenda dalle intenzioni del costitutore o dallo scopo della medesima, nel caso in cui questi due elementi non coincidano. A riguardo ci si potrebbe accontentare dell’indizio consistente nel fatto che né l’art. 1, né l’art. 7 della direttiva fanno alcun riferimento allo scopo della banca di dati. Qualora il legislatore comunitario avesse voluto prevedere una simile condizione, l’avrebbe sicuramente fatto. Sia l’art. 1 sia l’art. 7 dimostrano infatti che il legislatore comunitario era intenzionato a stabilire, tramite gli stessi, una serie di condizioni. Lo scopo della banca di dati non costituisce, quindi, un criterio per valutare se la medesima sia o meno degna di tutela giuridica. Determinanti risultano, piuttosto, le condizioni previste nell’art. 7. Nemmeno il quarantaduesimo ‘considerando’, fatto valere da alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, può mutare tale conclusione. In primo luogo, il medesimo concerne l’estensione del diritto sui generis e, inoltre, anche in esso è attribuita importanza al fatto che non venga arrecato danno all’investimento.

53.      Tuttavia, anche negli altri ‘considerando’ della direttiva, come il dodicesimo, il diciannovesimo e il quarantesimo, i quali fanno riferimento agli investimenti e ne sottolineano l’importanza, non emerge alcun indizio che possa portare a ritenere che la tutela di una banca di dati dipenda dal suo scopo.

54.      Nella realtà possono esserci anche costitutori che con una banca di dati intendono perseguire più scopi. Può allora accadere che gli investimenti compiuti non siano riconducibili ad un determinato singolo scopo, oppure non siano separabili in relazione ai vari scopi. In questa situazione il criterio dello scopo di una banca di dati non fornirebbe alcuna soluzione certa. O l’investimento sarebbe tutelato indipendentemente dall’esistenza di un altro scopo oppure rimarrebbe, a causa dell’altro scopo, totalmente privo di tutela. Il criterio dello scopo si dimostra perciò o impraticabile o in contrasto con l’obiettivo della direttiva. Infatti, escludere dalla tutela le banche di dati che servono a più scopi andrebbe contro l’obiettivo di stimolare gli investimenti. Quelli diretti a costituire banche di dati multifunzionali sarebbero fortemente scoraggiati.

55.      La banca di dati oggetto del procedimento principale è un esempio del fatto che la costituzione della medesima persegue anche il fine di organizzare i calendari delle partite. Pretendere che per ogni scopo venga ogni volta costituita una banca di dati separata − magari quasi identica − contrasterebbe con considerazioni basilari di natura economica e non potrebbe essere richiesto dalla direttiva.

56.      Il valutare se nel procedimento principale si sia in presenza di un investimento rilevante implica l’applicazione dei suddetti criteri ad una fattispecie concreta. Sulla base della ripartizione delle competenze in un procedimento pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE, ciò rientra nelle attribuzioni del giudice nazionale. Nel valutare l’investimento nella banca di dati occorre, in ogni caso, considerare le circostanze da tener presenti in sede di formazione dei calendari delle partite, come ad esempio l’attrazione che il gioco esercita sullo spettatore, gli interessi degli allibratori, la commercializzazione tramite associazioni, altri eventi locali alla data stabilita, l’adeguata distribuzione geografica delle partite, nonché la prevenzione di problemi di ordine pubblico. Infine, occorre considerare anche il numero delle partite. La prova del tipo di investimenti effettuati incombe a colui che fa valere il diritto sui generis.

2. «Conseguimento» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva

57.      Nella presente causa è controverso se si sia in presenza di un conseguimento ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. Tale disposizione, infatti, tutela soltanto gli investimenti effettuati per il «conseguimento», la «verifica» e la «presentazione» del contenuto di una banca di dati.

58.      Occorre partire dal significato del diritto sui generis, cioè dalla tutela del costitutore di una banca di dati. Bisogna perciò poter considerare la costituzione come nozione sovraordinata  (25) di conseguimento, verifica e presentazione.

59.      La causa principale concerne un problema giuridico molto controverso, e precisamente quello di accertare se e − eventualmente a quali condizioni − in che misura la direttiva tuteli non soltanto dati già esistenti, ma anche dati nuovi creati dal costitutore. Se il conseguimento riguardasse soltanto dati esistenti, anche la tutela dell’investimento si riferirebbe soltanto al conseguimento di tali dati. Qualora si interpretasse, quindi, la nozione di conseguimento in questo senso, la tutela della banca di dati oggetto della causa principale dipenderebbe da se i dati conseguiti siano o meno esistenti.

60.      Se invece si partisse dalla nozione sovraordinata di costituzione, vale a dire di accorpamento del contenuto della banca di dati  (26) , potrebbero essere tutelati sia dati esistenti sia dati nuovi  (27) .

61.      Potrebbe essere chiarificatorio un confronto tra la nozione di «conseguimento» impiegata nell’art. 7, n. 1, e le attività indicate nel trentanovesimo ‘considerando’ della direttiva. Prima di iniziare andrebbe però segnalato che esistono divergenze tra le varie versioni linguistiche.

62.      Se si considera che il concetto di «conseguimento» impiegato nella versione tedesca dell’art. 7, n. 1, (Beschaffung), esso può riferirsi soltanto a dati esistenti, in quanto si può conseguire solo qualcosa che già esiste. Da questo punto di vista, il conseguimento (Be schaffung) rappresenta proprio il contrario della creazione (Er schaffung). Allo stesso risultato si perviene interpretando i termini utilizzati nelle versioni portoghese, francese, spagnola e inglese, che derivano tutti dal latino «obtenere», che significa ottenere. Anche le versioni finlandese e danese fanno propendere per un’interpretazione restrittiva. L’interpretazione estensiva della versione tedesca e inglese, adottata da alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento, è quindi erronea.

63.      Ulteriori indicazioni per una corretta interpretazione della nozione di «conseguimento» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, potrebbero essere ricavate dal suo trentanovesimo ‘considerando’, che rappresenta il ‘considerando’ introduttivo quanto all’oggetto del diritto sui generis. Riguardo agli investimenti tutelati, detto ‘considerando’ cita soltanto due tipi di attività, vale a dire, «ottenere» e «raccogliere» il contenuto. Anche qui, tuttavia, sorgono problemi a causa della differenza tra le varie versioni linguistiche. Nella maggior parte di esse viene impiegata per la prima delle attività citate la stessa nozione di cui all’art. 7, n. 1. Per il resto, le nozioni impiegate non descrivono sempre la stessa attività, si riferiscono, però, in sostanza, alla ricerca e alla raccolta del contenuto di una banca di dati.

64.      Le versioni linguistiche che, nel trentanovesimo ‘considerando’, impiegano due delle diverse nozioni dell’art. 7, n. 1, della direttiva, sono da intendersi nel senso che le due attività citate costituiscono sottocategorie del conseguimento ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. Si pone però in tal caso la questione di accertare perché il trentanovesimo ‘considerando’ parli soltanto di conseguimento e non, esplicitamente, anche di verifica e di presentazione. Queste ultime due nozioni vengono indicate soltanto nel quarantesimo ‘considerando’.

65.      Le versioni linguistiche che utilizzano nel trentanovesimo ‘considerando’ la medesima nozione indicata nell’art. 7, n. 1, della direttiva, devono invece essere interpretate nel senso che la nozione di conseguimento, di cui al detto ‘considerando’, va intesa in senso stretto, mentre la nozione di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva va intesa in senso ampio, vale a dire in modo da ricomprendere anche le altre attività indicate nel suddetto ‘considerando’.

66.      Tutte le versioni linguistiche consentono perciò un’interpretazione nel senso che il «conseguimento» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva, non comprende la semplice produzione dei dati, ossia la mera attività del generare dati  (28) , e quindi non comprende la fase preparatoria  (29) . Quando però la creazione di dati coincide con la loro raccolta e verifica, interviene la tutela della direttiva.

67.      In tale contesto occorre ricordare che la cosiddetta «teoria dello spin‑off» non può essere seguita. Di conseguenza, anche lo scopo per cui viene conseguito il contenuto della banca di dati non può avere alcun rilievo  (30) . Ciò significa però che la tutela è possibile anche quando il conseguimento è avvenuto inizialmente per un’attività diversa dalla costituzione della banca di dati in questione. La direttiva, infatti, tutela il conseguimento di dati anche quando il medesimo non è avvenuto in relazione ad una banca di dati  (31) . Tale circostanza fa anche propendere a considerare una banca di dati esterna, che si rifà ad una banca di dati interna, ricompresa nell’ambito di tutela della direttiva.

68.      Sarà compito del giudice nazionale valutare l’attività della Fixtures sulla base dell’interpretazione della nozione di «conseguimento» sopra esposta. In merito, si tratta, in primo luogo, di qualificare i dati ed il loro trattamento, dal loro ottenimento alla loro registrazione nella banca di dati oggetto del presente procedimento. Occorrerà valutare come considerare la determinazione dei calendari degli incontri, vale a dire, in sostanza, la raccolta dei nomi delle squadre e il collegamento degli abbinamenti con luogo e data di ogni singola partita. Che nel presente procedimento si tratti di dati esistenti, è confermato dal fatto che il calendario dell’incontro è il risultato di un accordo tra più parti, in particolare tra la polizia, le associazioni e i tifosi. Si potrebbe dedurre che si tratta di dati esistenti anche considerando che, come affermato da alcuni dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte, i dati sono stati creati per uno scopo diverso dalla costituzione della banca di dati.

69.      Ma anche se le attività oggetto del presente procedimento vengono qualificate come creazione di nuovi dati, potrebbe lo stesso sussistere un «conseguimento» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. Ciò si verificherebbe, ad esempio, qualora la creazione dei dati avvenisse contemporaneamente alla loro elaborazione e i due aspetti fossero inscindibili.

3. «Verifica» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva

70.      L’uso della banca di dati per l’organizzazione delle partite e per il relativo sfruttamento economico richiede che ne venga continuamente verificato il contenuto. Dagli atti si deduce che la correttezza della banca di dati in oggetto viene controllata continuamente. Quando da tale controllo emerge la necessità di apportare variazioni, vengono effettuati gli opportuni adeguamenti.

71.      Il fatto che alcuni di tali adeguamenti non siano il risultato di una verifica della banca di dati, è irrilevante. Affinché un oggetto possa beneficiare del diritto sui generis, è necessario soltanto che alcune delle attività compiute siano qualificabili come verifica ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva e che gli investimenti rilevanti concernano almeno anche la parte delle attività indicate nell’art. 7.

4. «Presentazione» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva

72.      Oltre al «conseguimento» e alla «verifica» del contenuto di una banca di dati, costituisce oggetto del diritto sui generis anche la sua «presentazione». Si tratta non soltanto della presentazione all’utilizzatore di una banca di dati, e dunque dello schema esteriore, ma anche dello schema concettuale, come la strutturazione del contenuto. Di regola, per la migliore elaborazione dei dati servono un sistema di indicizzazione e un Thesaurus. Come si deduce dal ventesimo ‘considerando’, anche questi elementi, concernenti la consultazione, possono beneficiare della tutela della direttiva  (32) .

C – Contenuto del diritto

73.      Occorre innanzi tutto ricordare che, a rigore, con l’introduzione del diritto sui generis, non si intendeva effettuare un ravvicinamento delle legislazioni, ma creare un nuovo diritto  (33) . Quest’ultimo supera i diritti di diffusione e riproduzione fino ad allora esistenti. Ciò va tenuto in considerazione anche nell’interpretazione delle operazioni vietate. Le definizioni di cui all’art. 7, n. 2, della direttiva assumono, pertanto, un significato particolare.

74.      L’art. 7 della direttiva a prima vista contiene due gruppi di disposizioni di divieto o, dal punto di vista del soggetto tutelato, cioè il costitutore di una banca di dati, due diverse categorie di diritti. Mentre il n. 1 disciplina un diritto di vietare operazioni concernenti la parte sostanziale di una banca di dati, il n. 5 proibisce determinate operazioni relative a parti non sostanziali della stessa. Stante la differenziazione tra sostanziale e non sostanziale, il n. 5 può però anche essere inteso come eccezione alla deroga risultante dal n. 1  (34) . Il n. 5 deve impedire l’elusione del divieto disciplinato dal n. 1  (35) , e può pertanto anche essere qualificato come clausola di salvaguardia  (36) .

75.      L’art. 7, n. 1, della direttiva, disciplina il diritto del costitutore di vietare determinate operazioni. Se ne deduce, al tempo stesso, un divieto di porre in essere tali operazioni suscettibili di essere proibite. Le operazioni che possono essere proibite e dunque vietate, sono innanzi tutto l’estrazione e poi il reimpiego. Le definizioni giuridiche delle nozioni di «estrazione» e di «reimpiego» si trovano nell’art. 7, n. 2, della direttiva.

76.      Il divieto previsto nell’art. 7, n. 1, non è assoluto, ma richiede che l’operazione vietata avvenga sulla totalità o su una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati.

77.      Partendo dal criterio di parte «sostanziale» o «non sostanziale», determinante per l’applicazione dell’art. 7, nn. 1 e 5, bisogna quindi procedere all’esame di entrambi tali presupposti. Successivamente occorrerà esaminare le azioni vietate ai sensi dei nn. 1 e 5.

1. Parti sostanziali o non sostanziali di una banca dati (terza questione pregiudiziale)

a) Osservazioni generali (prima questione pregiudiziale)

78.      Nel procedimento si è sostenuto che l’art. 7, n. 1, della direttiva vieta soltanto quegli atti per mezzo dei quali i dati siano sistematicamente e metodicamente disposti e siano individualmente accessibili come nella banca dati originaria.

79.      Con questa argomentazione si intende porre una condizione per l’applicazione del diritto sui generis. In base alle disposizioni sull’oggetto del diritto e, in particolare, dalle definizioni giuridiche degli atti vietati ex art. 7, n. 1, previste nell’art. 7, n. 2 si deve determinare se una tale condizione sussista effettivamente.

80.      La suddetta condizione non risulta essere espressamente prevista né dall’art. 7, n. 1, né dall’art. 7, n. 5, della direttiva, né tali disposizioni vi recano il minimo accenno. Piuttosto, dalla circostanza che «la disposizione sistematica o metodica» sia citata espressamente nell’art. 1, n. 2, ma manchi del tutto nell’art. 7, si può concludere a contrario che il legislatore comunitario non volesse affatto porre tale criterio quale condizione per l’applicazione dell’art. 7.

81.      Anche lo scopo della direttiva si oppone, d’altronde, all’aggiunta di tale criterio.

82.      La tutela apprestata nell’art. 7, infatti, si sottrarrebbe ad un tale criterio aggiuntivo, poiché il divieto previsto in questa disposizione potrebbe essere aggirato attraverso semplici modifiche di parti della banca di dati.

83.      Il trentottesimo ‘considerando’ indica l’intento della direttiva di vietare anche una nuova compilazione del contenuto della banca di dati in quanto possibile atto lesivo, facendo notare questo pericolo e l’insufficienza della tutela del diritto di autore.

84.      La direttiva è diretta proprio alla creazione di un nuovo diritto e, a tal proposito, non può citarsi il quarantaseiesimo ‘considerando’ che concerne un diverso aspetto.

85.      Neanche il quarantacinquesimo ‘considerando’, in base al quale la tutela del diritto d’autore non può essere estesa a semplici fatti o dati, è favorevole ad un criterio aggiuntivo. Ciò non significa certamente che la tutela comprenda anche i dati in quanto tali o addirittura i singoli dati. Oggetto della tutela è e resta la banca di dati.

86.      Si deve quindi concludere che la stessa disposizione sistematica o metodica della banca di dati di origine non costituisce il criterio per decidere della legittimità delle operazioni concernenti la banca di dati. Per questo motivo, non è fondamentalmente esatto sostenere che la direttiva non tutela quei dati che sono gestiti o raccolti con altre modalità.

b) Nozione di «parte sostanziale del contenuto di una banca di dati» di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva

87.      Con la suddetta questione pregiudiziale viene chiesta l’interpretazione della nozione di «parte sostanziale del contenuto di una banca di dati» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva. A differenza delle altre nozioni chiave della direttiva, al riguardo non è fornita alcuna definizione giuridica. La stessa è stata soppressa nel corso del procedimento legislativo e più precisamente con la Posizione comune del Consiglio.

88.      L’art. 7, n. 1, della direttiva, prevede due alternative. Come si deduce già dal testo, la nozione di sostanziale può avere una duplice natura, quantitativa o qualitativa. Tale struttura, scelta dal legislatore, è da interpretarsi nel senso che una parte può essere sostanziale anche quando non lo sia dal punto di vista quantitativo, ma lo sia da quello qualitativo. Va quindi respinta la tesi secondo cui sarebbe necessaria anche una misura quantitativa minima.

89.      L’alternativa quantitativa dev’essere intesa nel senso che va determinata l’entità della parte della banca di dati interessata dall’operazione vietata. Si pone quindi la questione se occorra adottare un metro di giudizio relativo o assoluto. In pratica, se l’entità interessata dall’operazione vietata debba essere rapportata alla totalità del contenuto della banca di dati  (37) , oppure se debba essere valutata di per sé.

90.      A riguardo va osservato che un metro di giudizio relativo tendenzialmente va a svantaggio dei costitutari di grosse banche di dati  (38) , poiché più la banca di dati è grande, più risulta sostanzialmente piccola la parte interessata dall’operazione vietata. In tal caso potrebbe tuttavia essere adottata, come correttivo, una valutazione qualitativa complementare, quando una parte interessata relativamente piccola possa però essere considerata sostanziale dal punto di vista qualitativo. Sarebbe altrettanto possibile collegare entrambi i metri di giudizio quantitativi. Si potrebbe infatti anche ritenere sostanziale, per la sua dimensione in senso assoluto, una parte relativamente piccola.

91.      Per il resto, si pone la questione se il giudizio quantitativo possa essere collegato con quello qualitativo. In realtà ciò è rilevante soltanto per quei casi in cui il giudizio dal punto di vista qualitativo è possibile. Non essendoci nulla in contrario, in una situazione del genere è opportuno valutare le parti interessate secondo entrambi i metodi.

92.      Nell’ambito del giudizio qualitativo assume in ogni caso rilevanza il valore tecnico o economico  (39) . In questo modo può essere inclusa nella tutela anche una parte di grandezza limitata, ma sostanziale dal punto di vista del valore. Come esempio per il valore di elenchi nell’ambito dello sport, si potrebbe menzionare la loro completezza e esattezza.

93.      Il valore economico di una parte interessata dall’operazione vietata si misura, di regola, sulla base della caduta della domanda  (40) , determinata dal fatto che la parte interessata viene estratta o reimpiegata non alle condizioni di mercato, ma in altro modo. La valutazione della parte interessata, e cioè del valore economico, può anche essere effettuata dal punto di vista commerciale, vale a dire commisurata a quanto colui che ha operato l’estrazione o il reimpiego ha risparmiato.

94.      Partendo dall’obiettivo della tutela degli investimenti, perseguito dall’art. 7 della direttiva, per la valutazione della rilevanza sono da considerare sempre anche gli investimenti compiuti dal costitutore  (41) . Come risulta dal quarantaduesimo ‘considerando’, il divieto dell’estrazione e del reimpiego serve ad impedire che venga arrecato danno agli investimenti (42) .

95.      Anche gli investimenti, in particolare i costi di conseguimento  (43) , possono costituire punto di riferimento per la determinazione del valore della parte interessata di una banca di dati.

96.      La direttiva non fornisce una definizione giuridica nemmeno per quanto concerne la soglia della rilevanza dell’investimento. La dottrina è concorde nel ritenere che il legislatore comunitario abbia intenzionalmente lasciato alla giurisprudenza il compito di delimitarla  (44) .

97.      La rilevanza in ogni caso non dev’essere fatta dipendere dall’esistenza di un pregiudizio sostanziale  (45) . Il relativo riferimento a un ‘considerando’, e precisamente alla fine del quarantaduesimo, non deve infatti ritenersi sufficiente per fissare la soglia della tutela ad un livello corrispondentemente elevato. Del resto è dubbio se un «pregiudizio sostanziale» possa essere impiegato come criterio per la definizione della rilevanza, poiché il quarantaduesimo ‘considerando’ può anche essere inteso nel senso che un «pregiudizio sostanziale» sia da vedersi come una condizione supplementare in tutti i casi in cui si tratta di una parte sostanziale, cioè quando la rilevanza è già certa. Nemmeno l’effetto degli atti vietati, indicato nell’ottavo ‘considerando’, vale a dire «gravi conseguenze economiche e tecniche», può giustificare una valutazione rigorosa in ordine al pregiudizio. Entrambi i ‘considerando’ servono piuttosto a sottolineare la necessità, dal punto di vista economico, della tutela delle banche di dati.

98.      Per quanto riguarda la valutazione della parte interessata della banca di dati, è incontestato che le operazioni si verifichino settimanalmente. Si pone quindi la questione se, nel caso di un metro di valutazione relativo, le parti interessate debbano essere confrontate con la totalità della banca di dati o con la totalità della corrispondente settimana. Sarebbe infine pensabile di cumulare tutte le parti interessate settimanalmente per l’intera stagione agonistica e di confrontare soltanto la somma così ottenuta con la totalità della banca di dati.

99.      Soltanto un raffronto sulle medesime basi temporali, per la parte interessata o per la totalità, corrisponde ad un’interpretazione conforme allo scopo del diritto sui generis. Tale raffronto può essere svolto o su base settimanale, oppure sulla base del campionato. Quando risulta interessata più della metà delle partite, la parte interessata della banca di dati può comunque essere definita sostanziale. Tuttavia, può essere sufficiente anche una quota inferiore rispetto alla metà, calcolata con riferimento alla totalità delle partite, quando la quota in alcune divisioni, come ad esempio nella Premier League, è più elevata.

100.    Nel caso in cui si adottasse un metro di giudizio assoluto, le parti di volta in volta interessate dovrebbero essere cumulate fino a superare la soglia della nozione sostanziale riferita alla parte interessata. Ciò consentirebbe di determinare da quale periodo sarebbe possibile dire che sono interessate parti sostanziali.

2. Divieti concernenti la parte sostanziale del contenuto di una banca dati (seconda questione pregiudiziale)

101.    Dal diritto del costitutore di vietare determinate operazioni, sancito dall’art. 7, n. 1, della direttiva, si evince un divieto a porre in essere tali operazioni, consistenti nell’estrazione e nel reimpiego. In una serie di ‘considerando’  (46) detti atti vengono definiti come «non autorizzati».

102.    Nel prosieguo verrà trattato come debbano essere intese le nozioni di «estrazione» e di «reimpiego». A riguardo occorre interpretare le corrispondenti definizioni giuridiche di cui all’art. 7, n. 2, della direttiva. Va, inoltre, anche qui ricordato l’obiettivo della direttiva di introdurre un nuovo tipo di tutela. Nell’interpretare entrambe le nozioni ciò fungerà da criterio guida.

103.    Per entrambe le operazioni vietate è irrilevante quale sia lo scopo o l’intenzione dell’utente del contenuto della banca di dati. Ugualmente non decisivo il fatto che l’utilizzo avvenga a fini puramente commerciali. Rimangono determinanti soltanto i fattori indicati nelle due definizioni giuridiche.

104.    Allo stesso modo, riguardo ad entrambe le operazioni vietate, a differenza di quanto previsto nell’art. 7, n. 5, non si tratta soltanto di quelle ripetute e sistematiche. Poiché, ai sensi del n. 1, le operazioni vietate devono concernere parti sostanziali del contenuto di una banca di dati, il legislatore comunitario per individuare tali operazioni è meno esigente rispetto al n. 5, che si applica alle parti non sostanziali.

105.    In merito, occorrerebbe richiamare l’attenzione su un errore di strutturazione della direttiva  (47) . Poiché anche la definizione giuridica contenuta nell’art. 7, n. 2, si basa sulla totalità o su una parte sostanziale, si ha un’inutile duplicazione di tale condizione, già disciplinata nel n. 1. La definizione giuridica di cui all’art. 7, n. 2, posta in relazione con l’art. 7, n. 5, risulta addirittura contraddittoria. Il n. 5, infatti, vieta l’estrazione e il reimpiego di parti non sostanziali. Se si interpretassero l’estrazione e il reimpiego sulla base della definizione giuridica di cui all’art. 7, n. 2, si perverrebbe al – singolare – risultato per cui l’art. 7, n. 5, vieterebbe determinate condizioni concernenti parti non sostanziali soltanto qualora tali operazioni interessassero la totalità o parti sostanziali.

106.    Molti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno fatto riferimento anche all’aspetto della concorrenza. Tale aspetto è da considerarsi alla luce del fatto che la versione definitiva della direttiva non contiene la disciplina relativa all’ottenimento di licenze obbligatorie, originariamente predisposta dalla Commissione.

107.    Coloro che sono contrari ad una tutela ampia del costitutore di una banca di dati temono il pericolo della formazione di monopoli, in particolare con riferimento a dati finora liberamente accessibili. In tale situazione un costitutore potrebbe abusare della propria posizione dominante. A riguardo occorre ricordare che la direttiva non esclude l’applicazione delle norme sulla concorrenza di diritto primario e di diritto derivato. Il comportamento di un costitutore di una banca di dati contrario alle regole della concorrenza rimane ancora soggetto a tale disciplina. Ciò risulta sia dal quarantasettesimo ‘considerando’ sia dall’art. 16, n. 3, della direttiva, ai sensi della quale la Commissione esamina se l’applicazione del diritto sui generis abbia comportato abusi di posizione dominante o altri pregiudizi.

108.    Nel presente procedimento è stata affrontata anche la questione del trattamento giuridico dei dati liberamente accessibili. In merito, i governi che hanno presentato osservazioni sostengono che la direttiva non tutela i dati accessibili al pubblico.

109.    In questo contesto occorre innanzi tutto sottolineare che la tutela concerne soltanto il contenuto delle banche di dati e non quello dei dati. Il pericolo che la tutela si estenda anche alle informazioni contenute nella banca di dati può, da un lato, essere scongiurato con un’interpretazione a questo riguardo adeguatamente restrittiva della direttiva, come qui proposto. D’altro lato, all’occorrenza, esiste l’obbligo di impiegare gli strumenti nazionali e comunitari del diritto della concorrenza.

110.    Quanto alla tutela dei dati, costituenti il contenuto di una banca di dati che l’utilizzatore dei medesimi ignora, occorre osservare che la direttiva vieta soltanto determinate operazioni, quali l’estrazione e il reimpiego.

111.    Mentre il divieto di estrazione disciplinato nella direttiva presuppone che si conosca la banca di dati, per il rempiego è diverso. Su questo aspetto si tornerà nell’ambito dell’analisi della nozione di reimpiego.

a) Nozione di «estrazione» ai sensi dell’art. 7 della direttiva

112.    La nozione di «estrazione» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva va interpretata sulla base della definizione giuridica di cui all’art. 7, n. 2, lett. a).

113.    Il primo elemento è il trasferimento del contenuto di una banca di dati su un altro supporto, in modo permanente o temporaneo. Dall’impiego dell’espressione «con qualsiasi messo o in qualsivoglia forma» si deduce che il legislatore comunitario ha attribuito alla nozione di «estrazione» un significato ampio.

114.    Non è pertanto limitata soltanto al trasferimento su un supporto dello stesso tipo  (48) , ma anche su supporti di altro tipo  (49) . Anche la mera stampa ricade quindi nella nozione di «estrazione».

115.    Inoltre, affinché valga il divieto, l’«estrazione», ovviamente, non dev’essere intesa nel senso che le parti estratte non debbano più trovarsi nella banca di dati. La nozione in questione però non va nemmeno interpretata in modo così esteso da ricomprendere anche il trasferimento indiretto. È anzi necessario che il trasferimento su un altro supporto sia diretto. A differenza del «reimpiego», in questo caso non è importante che vi sia una qualche pubblicità. È sufficiente anche il trasferimento privato.

116.    Quanto al secondo elemento, vale a dire l’oggetto interessato della banca di dati («totalità o parte sostanziale»), si può rinviare a quanto esposto in ordine alla rilevanza.

117.    Spetta al giudice nazionale l’applicazione dei criteri sopra esposti alla fattispecie concreta della causa principale.

b) Nozione di «reimpiego» ai sensi dell’art. 7 della direttiva

118.    Dalla definizione giuridica contenuta nell’art. 7, n. 2, lett. b), della direttiva si evince che il reimpiego consiste in una messa a disposizione del pubblico.

119.    Con l’adozione intenzionale del concetto di «reimpiego» anziche di «riutilizzazione» il legislatore comunitario ha voluto chiaramente indicare che la tutela va accordata al gestore anche nei confronti di operazioni non commerciali.

120.    Le modalità di «reimpiego» indicate nella definizione giuridica, quali la «distribuzione di copie», il «noleggio» e la «trasmissione in linea» sono da intendersi a titolo esemplificativo, come si deduce dall’aggiunta di «in altre forme» di trascrizione.

121.    Il concetto di «messa a disposizione», nel dubbio, va interpretato in senso ampio  (50) , come lascia intendere l’aggiunta di «qualsiasi forma» nell’art. 7, n. 2, lett. b). Semplici idee  (51) o la mera ricerca di informazioni su una banca di dati  (52) non sono tuttavia incluse.

122.    Molti dei soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno affermato che i dati oggetto della causa principale sarebbero pubblicamente noti. La relativa verifica consiste nella valutazione di una fattispecie concreta, rimessa al giudice nazionale.

123.    Tuttavia, anche se il giudice nazionale dovesse concludere che si tratta di dati pubblicamente noti, ciò non escluderebbe ancora che le parti della banca di dati, contenenti i dati pubblicamente noti, possano ugualmente beneficiare della tutela.

124.    Nell’art. 7, n. 2, lett. b), della direttiva, vi è infatti anche una norma sull’esaurimento del diritto. L’esaurimento si verifica soltanto a determinate condizioni. Una di esse consiste nella «prima vendita di una copia». Si deduce, da ciò, che l’esaurimento può avvenire soltanto con riferimento ad oggetti materiali. Se il reimpiego viene effettuato in modo diverso che con una copia, non vi è esaurimento. Tale fatto è espressamente previsto dal quarantatreesimo ‘considerando’, con riferimento alla trasmissione in linea. Il diritto sui generis non vale pertanto solo in occasione della prima «messa a disposizione del pubblico».

125.    Poiché la direttiva non attribuisce alcun rilievo al numero delle transazioni effettuate dopo la prima «messa a disposizione del pubblico», tale numero non va considerato. Se si tratta perciò di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati, essa può essere tutelata anche quando viene conseguita non dalla banca di dati medesima ma tramite una fonte indipendente, ad esempio un mezzo di comunicazione di massa nel settore della stampa o internet. A differenza dell’estrazione, il «reimpiego» comprende, infatti, anche il conseguimento indiretto del contenuto di una banca di dati. L’elemento «trasmissione» va quindi interpretato in senso ampio  (53) .

126.    Sarà compito del giudice nazionale applicare alla fattispecie concreta della causa principale i criteri sopra indicati.

127.    Ad integrazione delle questioni pregiudiziali bisogna richiamare l’attenzione sul fatto che, nel caso in cui siano interessate parti sostanziali, si dovrebbe accertare se si sia in presenza di ripetuti e sistematici estrazioni e/o reimpieghi di parti non sostanziali (v., in proposito, le relative argomentazioni nelle mie conclusioni nelle cause C‑203/02, C‑338/02 E C‑444/02).

VIII – Conclusione

128.    Si propone alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali come segue:

1)
Il requisito di cui all’art. 7, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 marzo 1996, 96/9/CE, sulla tutela giuridica delle banche di dati, secondo cui gli investimenti devono riguardare la costituzione della banca dati, dev’essere interpretato nel senso che in un caso come quello della causa principale il conseguimento e gli investimenti ad esso collegati comprendono anche investimenti riguardanti la determinazione delle date delle partite e degli abbinamenti tra squadre, ed inoltre che nella preparazione dei calendari di campionato sono compresi anche investimenti che rimangono irrilevanti nell’ambito dell’accertamento dei presupposti della tutela.

2)
La tutela prevista dalla direttiva nei confronti dell’estrazione o del reimpiego dev’essere interpretata nel senso che soggetti diversi dal costitutore dei calendari di campionato non sono autorizzati senza licenza ad utilizzare dati contenuti in questi calendari per concorsi pronostici e per altre attività commerciali.

3)
In base alla direttiva, una parte sostanziale sotto l’aspetto qualitativo e/o quantitativo del contenuto della banca dati può essere violata anche quando nelle schedine emesse settimanalmente, dei dati estratti dai calendari di campionato sono utilizzati solo quelli necessari per quella sola settimana, e che, per l’intera durata del campionato, i dati relativi alle partite sono ottenuti e verificati sulla base di fonti diverse da quelle utilizzate dall’autore della banca dati.


1
Lingua originale: il tedesco.


2
Sono inoltre pendenti i procedimenti nelle cause C‑203/02, C‑338/02/02 e C‑444/02, nei quali presento anche oggi le conclusioni.


3
GU L 77, pag. 20.


4
Sentenza 11 settembre 2003, causa C‑207/01, Altair Chimica SpA/ENEL Distribuzione SpA (Racc. pag. I‑0000, punto 25); ordinanze 30 aprile 1998, cause riunite C‑128/97 e C‑137/97, Testa e Modesti (Racc. pag. I‑2181, punto 6), e 11 maggio 1999, causa C‑325/98, Anssens (Racc. pag. I‑2969, punto 8).


5
Sentenze 15 novembre 1979, causa 36/79, Denkavit (Racc. pag. 3439, punto 12); 5 ottobre 1999, cause riunite C‑175/98 e C‑177/98, Lirussi e Bizzaro (Racc. pag. I‑6881, punto 37); 22 giugno 2000, causa C‑318/98, Fornasar e a. (Racc. pag. I‑4785, punto 31), e 16 ottobre 2003, causa C‑421/01, Traunfellner (Racc. pag. I‑0000, punti 21 e segg.).


6
V. sentenza 4 dicembre 2003, causa C‑448/01, EVN (Racc. pag. I‑0000, punto 59).


7
GU 1994, L 336, pag. 214.


8
Jens-Lienhard Gaster, Der Rechtsschutz von Datenbanken, 1999, punti 58 e segg.


9
Josef Krähn, Der Rechtsschutz von elektronischen Datenbanken, unter besonderer Berücksichtigung des sui-generis-Rechts, 2001, pag. 7.


10
Matthias Leistner, «The Legal Protection of Telephone Directories Relating to the New Database Maker’s Right», International Review of Industrial Property and Copyright Law 2000, pag. 950 (956).


11
Simon Chalton, «The Copyright and Rights in Databases Regulations 1997: Some Outstanding Issues on Implementation of the Database Directive», E.I.P.R. 1998, pag. 178 (179).


12
Matthias Leistner, Der Rechtsschutz von Datenbanken im deutschen und europäischen Recht, 2000, pagg. 53 e segg.


13
Silke von Lewinski, in: Michel M. Walter (Hrsg.), Europäisches Urheberrecht, 2001, punto 20 sull‘art. 1 Datenbank-RL.


14
Herman M.H. Speyart, «De databank-richtlijn en haar gevolgen voor Nederland», Informatierecht – AMI 1996, pag. 151 (155).


15
V. Lewinski (cit. alla nota 13), punto 6 sull'art. 1.


16
Malte Grützmacher, Urheber-, Leistungs- und Sui-generis-Schutz von Datenbanken, 1999, 329; Georgios Koumantos, «Les bases de données dans la directive communautaire», Revue internationale du droit d’auteur 1997, 79 (117). A riguardo molti ritengono che l'oggetto della tutela sia l'investimento (v. Silke von Lewinski, in: Michel M. Walter [Hrsg.], Europäisches Urheberrecht, 2001, n. 3 sull'art. 7, e la dottrina cit. in Grützmacher, pag. 329, nota 14, opera cit.).


17
Posizione comune (CE) n. 20/95, definita dal Consiglio il 10 luglio 1995, punto 14


18
V. Lewinski (cit. alla nota 13), n. 9, sull'art. 7.


19
Koumantos (cit. alla nota 16), 119.


20
V. Lewinski (cit. alla nota 13), n. 11, sull'art. 7.


21
Josef Krähn (cit. alla nota 9); Matthias Leistner (cit alla nota 10), 958.


22
W.G. Karnell «The European Sui Generis Protection of Data Bases», Journal of the Copyright Society of the U.S.A., 2002, 994.


23
J. van Manen, «Substantial investments», in: Allied and in friendship: for Teartse Schaper, 2002, 123 (125).


24
In proposito, v., anche, P. Bernt Hugenholtz, «De spin-off theorie uitgesponnen», Tidschrift voor auteurs-, media- & informatierecht 2002, 161 e segg.


25
Giovanni Guglielmetti, «La tutela delle banche dati con diritto sui generis nella direttiva 96/9/CE»“, Contratto e impresa. Europa, 1997, 177 (184).


26
Andrea Etienne Calame, Der rechtliche Schutz von Datenbanken unter besonderer Berücksichtigung des Rechts der Europäischen Gemeinschaften, 2002, 115 FN 554.


27
Grützmacher (cit. alla nota 16), 330 e segg.; Leistner (cit. alla nota 12), 152.


28
Leistner (cit. alla nota 12), 152.


29
Guglielmetti (cit. alla nota 25), 184; Karnell (cit. alla nota 22), 993.


30
In ordine alle varie opinioni, v. Hugenholtz (cit. alla nota 24), 161 (164 FN 19).


31
V. Lewinski (cit. alla nota 13), n. 5 sull'art. 7.


32
Calame (cit. alla nota 26), 116.


33
Posizione comune (CE) n. 20/95 (cit. alla nota 17), n. 14.


34
Gaster (cit. alla nota 8), n. 492.


35
Oliver Hornung, Die EU-Datenbank-Richtlinie und ihre Umsetzung in das deutsche Recht, 1998, 116  e segg.; Leistner (cit. alla nota 12), 180; v. Lewinski (cit. alla nota 13), n. 16 sull'art. 7.


36
Posizione comune (CE) n. 20/95 (cit. alla nota 17), punto 14.


37
Ex multis, v. Lewinski (cit. alla nota 13), n. 15 sull'art. 7.


38
Grützmacher (cit. alla nota 16), 340.


39
Gaster (cit. alla nota 8), n. 495; Grützmacher (cit. alla nota 16), 340; v. Lewinski (cit. alla nota 13), n. 15 sull'art. 7.


40
Krähn (cit. alla nota 9), 162.


41
V. Guglielmetti (cit. alla nota 16), 186; Krähn (cit. alla nota 12), 161; Leistner (cit. alla nota 18), 172.


42
Secondo una tesi è già sufficiente l'idoneità ad arrecare un danno, v. Leistner (cit. alla nota 12), 173; v. Herman M. H. Speyart, «De databank-richtlijn en haar gevolgen voor Nederland», Informatierecht – AMI 1996, 171 (174).


43
Carine Doutrelepont, «Le nouveau droit exclusif du producteur de bases de données consacré par la directive européenne 96/6/CE du 11 mars 1996: un droit sur l’information?», in: Mélanges en hommage à Michel Waelbroeck, 1999, 903 (913).


44
Doutrelepont (cit. alla nota 43), 913; Gaster (cit. alla nota 8), n. 496; Leistner (cit. alla nota 12), 171; v. Lewinski (cit. alla nota 13), n. 15 sull'art. 7.


45
In tal senso però Karnell (cit. alla nota 22), 1000; Krähn (cit. alla nota 19), 163.


46
V., ad esempio, l'ottavo, il quarantunesimo, il quarantaduesimo, il quarantacinquesimo e il quarantaseiesimo ‘considerando’.


47
v. Koumantos (cit. alla nota 16), 121.


48
V. Lewinski (cit. alla nota 13), n. 19 sull'art. 7.


49
Gaster (cit. alla nota 8), n. 512.


50
V. Lewinski (cit. alla nota 13), n. 27 sull'art. 7.


51
V. Lewinski (cit. alla nota 13), n. 31 sull'art. 7.


52
Grützmacher (cit. alla nota 16), 336.


53
V. Lewinski (cit. alla nota 13), n. 38 sull'art. 7.