CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
L.A. GEELHOED
presentate il 27 febbraio 2003 (1)



Causa C-413/01



Franca Ninni-Orasche
contro
Bundesminister für Wissenschaft, Verkehr und Kunst


[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Tribunale amministrativo) (Austria)]

«Interpretazione dell'art. 48 del Trattato CE (divenuto art. 39 CE) – Nozione di lavoratore (migrante) – Condizioni relative alla durata di un impiego e/o all'intensità degli sforzi nella ricerca di un'occupazione – Vantaggi sociali ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) n. 1612/68 – Borsa di studio – Cittadinanza dell'Unione»






I ─ Introduzione

1. Nel presente procedimento il Verwaltungsgerichtshof chiede alla Corte se un cittadino dell'Unione europea possa essere qualificato come lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE in uno Stato membro di cui non è cittadino, sulla base di un rapporto di lavoro a tempo determinato (due mesi e mezzo) e in considerazione di una serie di attività specifiche dell'interessato prima dell'inizio e dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

2. In caso di risposta affermativa, il giudice nazionale chiede inoltre un chiarimento della giurisprudenza della Corte secondo la quale possono essere mantenuti taluni diritti derivanti dalla qualità di lavoratore anche quando il rapporto di lavoro si sia concluso. Un lavoratore migrante può mantenere detto status in determinate circostanze e in tal caso conserva il diritto ad ottenere una borsa di studio alle stesse condizioni applicabili ai lavoratori nazionali nello Stato membro ospitante. La condizione più importante è che esista continuità fra il lavoro esercitato e gli studi intrapresi, oppure che il lavoratore sia divenuto disoccupato involontariamente e la situazione sul mercato del lavoro lo abbia costretto ad operare una riconversione professionale in altro settore di attività.

3. La controversia nella causa principale è sorta perché il Bundesminister für Wissenschaft, Verkehr und Kunst austriaco (ministro federale per l'Istruzione, i Trasporti e l'Arte) nell'aprile 1996 aveva rifiutato di concedere una borsa di studio ad una cittadina italiana, la sig.ra Ninni-Orasche, che nel 1993 aveva contratto matrimonio con un austriaco e fin da allora aveva risieduto legalmente in Austria. Nel marzo 1996 aveva intrapreso in quel paese studi di romanistica dopo avere lavorato, nell'estate del 1995, per due mesi e mezzo come cameriera addetta all'incasso. A giudizio del ministro federale l'interessata non soddisfaceva le condizioni formulate nella giurisprudenza della Corte per potere essere equiparata ad un cittadino austriaco.

4. La questione fondamentale è quindi se la sig.ra Ninni-Orasche possa invocare ai sensi del diritto comunitario il diritto alla parità di trattamento ai fini dell'ottenimento di una borsa di studio. Nel corso del procedimento, alla luce della sentenza Grzelczyk  (2) , il governo danese e la Commissione hanno presentato osservazioni anche sulla questione se l'art. 17 CE riguardante la cittadinanza dell'Unione europea, in combinato disposto con il divieto di discriminazione sulla base della cittadinanza di cui all'art. 12 CE, conferisca tale diritto alla sig.ra Ninni-Orasche. Sebbene il giudice del rinvio non abbia affrontato questa problematica, ritengo che la Corte debba dedicare attenzione alla rilevanza delle disposizioni del Trattato sulla cittadinanza ai fini della soluzione della controversia di cui trattasi.

II ─ Ambito normativo

5. Le questioni pregiudiziali vertono sulla libera circolazione dei lavoratori garantita dall'art. 39 CE, che comporta l'abolizione di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza fra i lavoratori degli Stati membri. Ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità  (3) , il lavoratore cittadino di uno Stato membro, che si avvale della libera circolazione dei lavoratori, nello Stato membro ospitante gode degli stessi vantaggi sociali (...) dei lavoratori nazionali.

6. L'art. 17, n. 1, CE, istituisce la cittadinanza dell'Unione. E' cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione costituisce un complemento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest'ultima. Ai sensi dell'art. 17, n. 2, CE, i cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti dal Trattato CE.

7. Ai sensi dell'art. 18, n. 1, CE, ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal Trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso.

8. L'art. 12 CE vieta, nell'ambito di applicazione del Trattato, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dallo stesso previste, ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità.

9. Inoltre, ai fini del presente procedimento assume rilevanza la direttiva del Consiglio 29 ottobre 1993, 93/96/CEE, relativa al diritto di soggiorno degli studenti  (4) . Il sesto considerando dispone che i beneficiari del diritto di soggiorno non devono costituire un onere eccessivo per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante. L'art. 1 recita:Per precisare le condizioni destinate a facilitare l'esercizio del diritto di soggiorno e per garantire l'accesso alla formazione professionale in maniera non discriminatoria ai cittadini di uno Stato membro ammessi a seguire una formazione professionale in un altro Stato membro, gli Stati membri riconoscono il diritto di soggiorno a qualsiasi studente cittadino di uno Stato membro, (...) il quale non disponga di tale diritto in base ad un'altra disposizione di diritto comunitario ed assicuri all'autorità nazionale interessata (...) di disporre di risorse onde evitare che, durante il soggiorno, lo studente (...) diventi (...) un onere per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante (...).L'art. 3 della direttiva 93/96 dispone quanto segue:La presente direttiva non costituisce per gli studenti che beneficiano del diritto di soggiorno la base per un diritto al pagamento di borse di mantenimento da parte dello Stato membro ospitante.

10. La normativa nazionale è rappresentata dal Studienförderungsgesetz 1992  (5) (legge austriaca per la promozione degli studi), che fissa i requisiti per ottenere borse di studio. Dagli atti risulta che l'art. 6 di detta legge indica una serie di criteri oggettivi cui si deve soddisfare per poterne beneficiare. Le prime frasi degli artt. 2 e 3 dispongono che le borse di studio possono essere richieste da cittadini austriaci. A tali cittadini sono equiparati, ai sensi dell'art. 4, n. 1, i cittadini degli Stati membri dello Spazio economico europeo, nella misura in cui l'equiparazione derivi dall'Accordo sullo Spazio economico europeo. E' pacifico che tale disposizione, per quanto riguarda l'ambito di applicazione ratione personae del Studienförderungsgesetz, rinvii al diritto comunitario.

III ─ Fatti, domanda pregiudiziale e svolgimento del procedimento

11. Il giudice del rinvio ha descritto i fatti e il contesto della causa principale come segue.

12. La ricorrente nella causa principale è cittadina italiana, coniugata dal 18 gennaio 1993 con un cittadino austriaco. Risiede in Austria dal 25 novembre 1993 e il 10 marzo 1994 ha ottenuto un permesso di soggiorno valido fino al 10 marzo 1999. Attraverso detto permesso, la ricorrente è divenuta titolare, alle stesse condizioni di un lavoratore austriaco, anche del diritto di accedere ad attività lavorative retribuite e dell'esercizio dello stesso in territorio austriaco.

13. La sig.ra Ninni-Orasche ha svolto un lavoro in Austria dal 6 luglio al 25 settembre 1995 come cameriera autorizzata all'incasso, sulla base di un contratto di lavoro a tempo determinato. Oltre al lavoro di incasso la ricorrente era responsabile della gestione delle scorte, nonché dell'acquisto e del deposito delle merci offerte.

14. Il 16 ottobre 1995 la ricorrente ha conseguito in Italia la maturità tecnica (diploma di ragioniere e perito commerciale). In tal modo soddisfaceva le condizioni per essere ammessa a seguire gli studi presso un'università austriaca.

15. Fra l'ottobre 1995 e il marzo 1996 la sig.ra Ninni-Orasche ha cercato a Klagenfurt un impiego adeguato alla propria formazione ed esperienza professionale. Tuttavia, le sue domande spontanee rivolte ad alberghi e banche non hanno dato esiti positivi.

16. Nel marzo 1996 la ricorrente ha intrapreso studi di romanistica, con specializzazione in italiano e francese, all'università di Klagenfurt. Il 16 aprile 1996 ha presentato domanda intesa all'ottenimento di una borsa di studio ai sensi del Studienförderungsgesetz 1992, che veniva respinta dal Bundesminister für Wissenschaft, Verkehr und Kunst. A parere del ministro federale, il riferimento all'Accordo sullo Spazio economico europeo contenuto nell'art. 4, n. 1, della legge Studienförderungsgesetz 1992 riguarda il divieto di discriminazione di cui all'art. 12 CE, la libera circolazione dei lavoratori e il regolamento n. 1612/68. Il ministro federale ha rinviato inoltre alla giurisprudenza della Corte secondo cui un lavoratore avrebbe il diritto ad ottenere una borsa di studio se nello Stato nel quale si iniziano gli studi venga svolta già da un certo tempo un'attività professionale e se l'istruzione universitaria si presenti come un'attività di perfezionamento nell'ambito dello stesso ramo professionale. Ad avviso del ministro federale nessuno dei due presupposti era soddisfatto dalla sig.ra Ninni-Orasche.

17. La sig.ra Ninni-Orasche ha proposto ricorso dinanzi al Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale) contro tale decisione per violazione del diritto alla parità di trattamento di fronte alla legge e per violazione del diritto comunitario. Il Verfassungsgerichthof si è dichiarato incompetente ad esaminare il ricorso ed ha rinviato la causa al Verwaltungsgerichtshof.

18. Secondo il Verwaltungsgerichtshof, sulla base della giurisprudenza della Corte riguardante l'art. 39 CE e l'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio n. 1612/68 relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità, e tenuto conto della rilevanza di queste disposizioni per l'istruzione di grado superiore, sussistono due importanti questioni di diritto comunitario, ossia se la ricorrente abbia acquisito la qualità di lavoratrice (migrante) ai sensi dell'art. 39 CE e, in caso affermativo, se essa abbia rinunciato volontariamente o involontariamente alla propria attività lavorativa.

19. Con ordinanza 13 settembre 2001 il Verwaltungsgerichtshof ha pertanto sottoposto le seguenti questioni pregiudiziali:

1)

a) Se un'attività lavorativa a tempo determinato e di breve durata (nel caso di specie due mesi e mezzo) esercitata da un cittadino dell'Unione europea in uno Stato membro, di cui non ha la cittadinanza, gli attribuisca la qualità di lavoratore ai sensi dell'art. 48 del Trattato CE.

b) Se, in questo caso, nel valutare la qualità di lavoratore nel senso suddetto, acquisti rilevanza il fatto che l'interessato

i) ha iniziato questo lavoro solo qualche anno dopo l'ingresso nello Stato ospitante;

ii) ha acquisito, solo poco tempo dopo la conclusione del suo breve rapporto di lavoro a tempo determinato, il titolo per accedere agli studi universitari nello Stato membro ospitante, avendo concluso gli studi superiori nel proprio paese di origine;

iii) si è adoperato per trovare una nuova attività lavorativa tra la conclusione del suo breve rapporto di lavoro a tempo determinato e l'inizio degli studi universitari.

2) In caso di soluzione affermativa in merito al possesso della qualità di lavoratore (migrante) ai sensi del punto 1):

a) Se debba considerarsi volontaria la conclusione, dovuta al mero decorso del tempo, di un rapporto di lavoro concepito fin dall'inizio a tempo determinato.

b) In caso affermativo, se nella fattispecie, al fine di valutare il carattere volontario o involontario della fine del rapporto di lavoro, sia rilevante la circostanza, da sola o in concorso con l'uno o l'altro fatto qui di seguito menzionato, che l'interessato

i) ha acquisito nel proprio paese d'origine il titolo per l'accesso agli studi universitari nello Stato membro ospitante poco tempo dopo la conclusione del detto rapporto di lavoro e/o

ii) si è adoperato immediatamente dopo tale conclusione di iniziare un'ulteriore attività lavorativa fino all'inizio dei propri studi.

Se, per risolvere tale questione, sia importante stabilire se l'ulteriore impiego cercato dall'interessato costituisse, dal punto di vista sostanziale, una continuazione dell'attività lavorativa a tempo determinato già conclusa, di livello simile (basso), ovvero se tale impiego fosse adeguato ad un titolo professionale di grado più elevato ottenuto nel frattempo dall'interessato

.

20. Hanno presentato osservazioni scritte, nel procedimento dinanzi alla Corte, i governi di Austria, Germania, Regno Unito e Danimarca, nonché la Commissione. L'udienza orale non ha avuto luogo.

IV ─ Analisi

A ─Introduzione

21. Come risulta dalla descrizione dei fatti e dalla spiegazione esposta dal Verwaltungsgerichtshof nella domanda di pronuncia pregiudiziale, la causa principale verte sulla questione se nel caso di specie la sig.ra Ninni-Orasche possa invocare sulla base del diritto comunitario un diritto alla parità di trattamento ai fini dell'ottenimento di una borsa di studio per seguire studi universitari.

22. Al riguardo si rendono necessarie alcune osservazioni preliminari. In primo luogo, dall'ordinanza di rinvio risulta che la sig.ra Ninni-Orasche non è figlia di lavoratori migranti. Non ha quindi potuto invocare il diritto ad una borsa di studio derivante ai familiari di detti lavoratori ai sensi del regolamento n. 1612/68  (6) .

23. Ritengo inoltre che la Corte non possa limitarsi a fornire una soluzione parziale delle questioni sottoposte dal giudice nazionale. La problematica della causa principale non riguarda solo la questione se la sig.ra Ninni-Orasche rientri nella categoria dei lavoratori migranti e se nel caso della conclusione di un impiego a tempo determinato si possa parlare di cessazione volontaria. Ritengo che per risolvere la questione se il diritto comunitario riconosca alla sig.ra Ninni-Orasche l'accesso al sistema delle borse di studio sia inevitabile che la Corte, nel formulare la soluzione, tenga conto anche dei fattori del diritto comunitario che, in sensu strictu, esulano dalla portata delle questioni proposte. Oltre alla teoria dell'abuso del diritto comunitario e all'applicazione dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 (parti B e C), mi riferisco in particolare alle disposizioni riguardanti la cittadinanza dell'Unione (parte D).

24. Inoltre, i governi degli Stati membri che hanno presentato osservazioni e la Commissione concordano sul fatto che si tratta di un compito spettante al giudice nazionale. E' infatti il Verwaltungsgerichtshof a dover esprimere un giudizio finale e accertare alla luce dei fatti e delle circostanze se la sig.ra Ninni-Orasche possa essere considerata lavoratore ai sensi del Trattato e se abbia conservato tale qualità ai fini del diritto alla parità di trattamento per l'ottenimento di una borsa di studio  (7) . Tuttavia, nell'ambito di un procedimento pregiudiziale, la Corte può fornirgli i necessari criteri interpretativi in base ai quali valutare la controversia principale in ottemperanza al diritto comunitario.

B ─
Sulla prima questione riguardante la nozione di lavoratore

25. In un'ampia giurisprudenza è stata elaborata una serie di criteri oggettivi in base ai quali si deve accertare se una persona possieda lo status di lavoratore ai sensi del Trattato. Come è noto, la nozione ha portata comunitaria e deve essere interpretata estensivamente perché definisce l'ambito d'applicazione di una delle libertà fondamentali sancite dal Trattato  (8) .

26. Un lavoratore è una persona che, per un certo periodo di tempo, fornisce a favore e sotto la direzione di un'altra persona prestazioni in contropartita delle quali percepisce una retribuzione. Tuttavia la condizione è che, per essere qualificato lavoratore, un soggetto deve svolgere attività reali ed effettive, restando escluse quelle attività talmente ridotte da potersi definire puramente marginali ed accessorie  (9) . La natura giuridica del rapporto intercorrente fra il lavoratore e il datore di lavoro è irrilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 39 CE  (10) .

27. Nella prima questione è fondamentale la portata dell'aggiunta attività reali ed effettive. Il Verwaltungsgerichtshof ha chiesto alla Corte un chiarimento sulla rilevanza della durata del rapporto di lavoro e dei comportamenti degli interessati all'inizio e dopo la sua conclusione.

28. Con la prima parte della questione il giudice nazionale chiede se un lavoro fin dall'inizio a tempo determinato e di breve durata (nel caso di specie due mesi e mezzo) osti al riconoscimento della qualità di lavoratore.

29. La giurisprudenza relativa alla questione della durata dell'impiego si basa sulla casistica. La Corte si è già pronunciata fra l'altro sull'eventuale status di lavoratore di giovani in cerca di prima occupazione, di lavoratori a tempo parziale, di tirocinanti e di lavoratori con contratto a chiamata. Da tale giurisprudenza risulta che la durata delle attività svolte dall'interessato costituisce un fattore di cui il giudice nazionale deve tenere conto quando è chiamato a giudicare se l'attività abbia carattere reale ed effettivo.

30. I giovani in cerca di prima occupazione non hanno ancora avuto accesso al mercato del lavoro e quindi non hanno neanche esercitato attività reali ed effettive  (11) . Per contro la Corte ha stabilito che un impiego remunerato a tempo parziale  (12) , che di norma non superi le dieci ore la settimana  (13) , non impedisce l'acquisizione dello status di lavoratore.

31. Nelle sentenze Lawrie-Blum e Bernini, la Corte ha riconosciuto che una persona che effettua un tirocinio nell'ambito di una formazione professionale deve considerarsi lavoratore se il tirocinio si svolge secondo le modalità di un attività retribuita reale ed effettiva  (14) . Questa conclusione non può venir infirmata, a giudizio della Corte, dal fatto che la produttività di un tirocinante è scarsa, che egli effettua solo un numero ridotto di ore di lavoro settimanali e che, quindi, percepisce solo una retribuzione limitata. E' necessario che nell'ambito dello sviluppo della capacità professionale l'interessato abbia compiuto un numero di ore di tirocinio sufficiente per familiarizzarsi con il lavoro. Nella causa Bernini il giudice nazionale era chiamato ad accertare, sulla base di questi dati interpretativi, se un lavoro retribuito svolto da un tirocinante per dieci settimane nell'ambito di una formazione professionale fosse sufficiente per l'acquisizione dello status di lavoratore.

32. La causa Raulin riguardava inter alia la questione se la circostanza che un lavoratore con contratto a chiamata della durata di otto mesi abbia prestato servizio solo per dodici giorni e per cinque ore al giorno come inserviente comporti che l'attività in questione sia meramente marginale ed accessoria. La Corte ha considerato che la circostanza che nell'ambito di un rapporto di lavoro l'interessata abbia effettuato solo un numero assai esiguo di ore può costituire un indizio del fatto che le attività esercitate sono meramente marginali ed accessorie. Il giudice nazionale può parimenti tener conto, all'occorrenza, del fatto che la persona sia tenuta a mantenersi a disposizione per lavorare su richiesta del datore di lavoro nell'ambito del contratto a chiamata  (15) .

33. Pertanto l'interpretazione estensiva della nozione di lavoratore ha portato la Corte a non escludere che un tirocinante che abbia svolto un impiego retribuito per dieci settimane o una persona che abbia lavorato con contratto di chiamata solo per 60 ore acquisisca la qualità di lavoratore  (16) . Di per sé la durata dell'attività non è decisiva. In definitiva, la questione se il lavoro svolto non sia stato puramente marginale ed accessorio dipende anche da altri fattori, in particolare dalla natura delle attività (un tirocinio è serio solo se si effettua un numero di ore sufficiente per acquisire dimestichezza con la professione)  (17) e dalla natura del rapporto di lavoro (carattere irregolare di attività effettivamente svolte in base ad un contratto di chiamata).

34. Quanto precede è confermato dalla sentenza Lair. In detta causa la Corte doveva pronunciarsi sulla legittimità di un requisito supplementare per la concessione di un assegno di studio a cittadini di altri Stati membri secondo il quale prima dell'inizio della formazione essi dovevano avere svolto sul territorio nazionale un'attività lavorativa per almeno cinque anni. E' stato deciso che il diritto ai medesimi vantaggi sociali ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 non può essere assoggettato alla condizione, imposta dallo Stato membro ospitante, di un periodo minimo di precedente attività lavorativa svolta sul territorio di detto Stato  (18) .

35. Da quanto detto risulta che un cittadino dell'Unione europea che per due mesi e mezzo ha svolto un reale impiego retribuito può in linea di principio avere lo status di lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE. Dai documenti emerge che la sig.ra Ninni-Orasche ha svolto in questo periodo un'attività lavorativa come cameriera addetta all'incasso con la responsabilità della gestione delle scorte, nonché dell'acquisto e del deposito delle merci offerte. Nè la natura di tale attività, né il carattere del rapporto di lavoro possono far presupporre che durante il periodo di lavoro le attività abbiano avuto un carattere puramente marginale. Spetta tuttavia al giudice nazionale accertare in concreto, tenendo conto delle circostanze del caso, se lo status di lavoratore sia stato effettivamente acquisito  (19) .

36. La seconda parte della prima questione riguarda i comportamenti dell'interessata prima dell'inizio e dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Il giudice nazionale menziona il fatto che la ricorrente nella causa principale ha svolto quest'attività solo alcuni anni dopo il suo arrivo nello Stato membro ospitante, che ha conseguito un diploma e che ha cercato di trovare una nuova occupazione dopo la cessazione del rapporto a tempo determinato.

37. Dette circostanze, a mio avviso, non sono rilevanti per stabilire lo status di lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE. Esse infatti non hanno alcun nesso con i criteri oggettivi già indicati che la giurisprudenza ha stabilito per lo status di lavoratore. Secondo una costante giurisprudenza, il diritto comunitario non pone condizioni supplementari accanto ai summenzionati criteri oggettivi per il riconoscimento della qualità di lavoratore  (20) . Inoltre i tre fattori non dipendono dall'eventuale carattere accessorio del lavoro svolto. Nessuno di essi riguarda il contenuto delle attività svolte e la natura del rapporto di lavoro.

38. Non ritengo fondato l'argomento del governo danese secondo cui ai fini dell'analisi della natura reale ed effettiva dell'attività lavorativa occorre tener conto anche del fatto che l'interessata durante il suo soggiorno di quasi due anni e mezzo abbia svolto un lavoro nel paese ospitante solo per due mesi e mezzo. Il ragionamento secondo cui l'attività svolta è rimasta limitata ad un periodo talmente breve da risultare marginale ed accessoria rispetto all'intero periodo di soggiorno non tiene conto del fatto che per accertare il reale carattere del rapporto di lavoro non sono importanti i motivi che hanno spinto l'interessata a non essere presente sul mercato del lavoro nel periodo precedente o di non aver fatto nuovi tentativi per trovare un'occupazione successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro.

39. Alla fine dell'analisi della prima questione va esaminato il problema dell'abuso. Il Verwaltungsgerichtshof nella sua motivazione ha fatto riferimento al rischio di abuso e in particolare il governo del Regno Unito si è soffermato su questo punto nelle sue osservazioni scritte. L'abuso dipenderebbe dal fatto che la sig.ra Ninni-Orasche ha lavorato consapevolmente solo alcuni mesi per poter in seguito, in qualità di lavoratore ai sensi del Trattato, invocare i vantaggi sociali collegati alla concessione di una borsa di studio e che sono concessi solo a coloro che abbiano avuto in precedenza lo status di lavoratore. In sostanza sarebbe una studentessa che desidera essere qualificata artificiosamente e a torto come lavoratore. Il governo del Regno Unito indica una serie di circostanze oggettive che a suo avviso potrebbero far concludere che l'interessata non ha avuto un rapporto di lavoro con un carattere reale ed effettivo, né l'ha cercato  (21) .

40. Secondo una costante giurisprudenza, i titolari dei diritti concessi ai sensi del Trattato CE non possono abusare di tali diritti per sottrarsi abusivamente al diritto nazionale. Indipendentemente da detta giurisprudenza  (22) , concordo con la Commissione sull'irrilevanza della teoria dell'abuso del diritto comunitario ai fini della soluzione della prima questione. Essa riguarda i criteri connessi con lo status di lavoratore. L'eventuale abuso da parte dell'interessata dei diritti che il diritto comunitario concede ai lavoratori non va confuso con la questione se un cittadino possa essere considerato lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE. Infatti può parlarsi di abuso del diritto solo dopo che sia stato accertato che l'interessata è beneficiaria ratione personae ai sensi del diritto comunitario  (23) . In tal modo, la nozione di cui trattasi è più attinente alla seconda questione, che riguarda l'eventuale concessione di un diritto comunitario ad un cittadino dell'Unione europea.

41. Pertanto, ritengo che al riconoscimento dello status di lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE non osti il fatto che l'attività sia stata svolta solo per un periodo di due mesi e mezzo nell'ambito di un contratto a tempo determinato, se si accerta che l'attività è stata reale ed effettiva. Al riguardo non è rilevante che l'interessata abbia iniziato a svolgere detta attività solo alcuni anni dopo il suo arrivo nello Stato membro ospitante, che solo dopo poco tempo dalla cessazione dell'impiego a tempo determinato abbia conseguito un diploma nel proprio Stato membro di origine che dà l'accesso agli studi universitari nello Stato ospitante, né che solo dopo la cessazione dell'impiego abbia cercato di trovare una nuova occupazione.

C ─Sulla seconda questione riguardante il diritto ad ottenere una borsa di studio dopo che un lavoratore non è più occupato

42. Una volta cessato il rapporto di lavoro, l'interessato perde in linea di principio la qualità di lavoratore nonché il diritto agli stessi vantaggi sociali ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68. Tuttavia, ai lavoratori migranti che non svolgono più alcuna attività sono garantiti taluni diritti connessi con lo status di lavoratore  (24) . In caso di soluzione affermativa della prima questione, con la seconda il Verwaltungsgerichtshof chiede in sostanza se l'interessata possa trarre vantaggio da detta giurisprudenza nel caso di specie.

43. L'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 dispone che un lavoratore cittadino di uno Stato membro che si avvale della libera circolazione dei lavoratori gode degli stessi vantaggi sociali dei lavoratori nazionali  (25) . E' pacifico che un sussidio concesso per il mantenimento e la formazione, allo scopo di compiere studi universitari, costituisce un vantaggio sociale ai sensi della disposizione in questione  (26) .

44. Il giudice del rinvio, la Commissione e i governi che hanno presentato osservazioni hanno menzionato le specifiche condizioni che la Corte ha previsto per il riconoscimento del diritto alla parità di trattamento nel sistema delle borse di studio di tali lavoratori migranti. La giurisprudenza applicabile consiste in particolare nelle sentenze Lair, Brown, Raulin e Bernini e, in sintesi, riguarda quanto segue.

45. Un lavoratore conserva, in primo luogo, la qualità di lavoratore se esiste continuità fra l'attività lavorativa precedentemente svolta e gli studi universitari intrapresi, nel senso che deve esistere una relazione fra la precedente attività lavorativa e il tipo di studi. In secondo luogo, i lavoratori migranti non perdono determinati diritti derivanti dalla qualità di lavoratore nel caso di un lavoratore migrante divenuto disoccupato non per sua volontà e che sia costretto dalla situazione del mercato del lavoro ad operare una riconversione professionale in altro settore di attività. In tal caso non è richiesto il requisito della continuità. La Corte ha basato tale concezione sulla considerazione che lo svolgimento continuativo di un'attività professionale è meno frequente che in passato. Succede regolarmente dunque che attività lavorative siano interrotte da periodi di formazione, riconversione o riqualificazione  (27) .

46. Inoltre la Corte ha stabilito una serie di garanzie contro l'abuso. Un lavoratore non può fruire delle prestazioni sociali se stipula un contratto di lavoro a tempo determinato onde intraprendere in seguito degli studi universitari e se il datore di lavoro non lo avesse assunto se non fosse già stato ammesso all'università. In tal caso il rapporto di lavoro, che è l'unico fondamento dei diritti derivanti dal regolamento n. 1612/68, è solo un elemento accessorio rispetto agli studi che la borsa dovrebbe servire a finanziare  (28) . Inoltre la Corte ha considerato che quando elementi oggettivi consentano di stabilire che un lavoratore entri in uno Stato membro al solo scopo di fruirvi del sistema di sussidi agli studenti, dopo un brevissimo periodo di attività lavorativa, simili abusi non sono coperti dall'art. 39 CE né dal regolamento n. 1612/68  (29) .

47. Infine anche in questo caso spetta al giudice nazionale accertare i fatti. Spetta al giudice nazionale, infatti, valutare se il complesso delle attività lavorative svolte in precedenza nello Stato membro ospitante, interrotte o meno, abbia una relazione con l'oggetto degli studi. A questo proposito il giudice deve tenere conto dei vari elementi utili a detta valutazione, come la natura e la diversità delle attività svolte e la durata del periodo intercorso tra la fine di dette attività e l'inizio degli studi  (30) .

48. Nel caso di specie il giudice del rinvio indica una serie di circostanze specifiche delle quali chiede la rilevanza per la qualifica di lavoratore. La prima parte della seconda questione riguarda la cessazione di un impiego a tempo determinato. Tale circostanza di per sé è già sufficiente per accertare la disoccupazione volontaria (2.1)? La soluzione è importante perché solo in caso di disoccupazione involontaria il lavoratore migrante può invocare determinati diritti connessi alla situazione del mercato del lavoro.

49. Le parti che hanno presentato osservazioni sostengono posizioni differenti in merito. I governi austriaco e tedesco nonché il governo del Regno Unito ritengono che un lavoratore che stipuli di propria volontà un contratto a tempo determinato accetta che il rapporto di lavoro cessi alla fine di quel periodo. In tal caso, a loro parere, non può parlarsi di disoccupazione involontaria.

50. Per contro, la Commissione considera che il carattere volontario della disoccupazione non dipende necessariamente dalla volontà personale del lavoratore. Sulla base della sentenza Tetik essa precisa che la nozione di disoccupazione involontaria presuppone che l'inattività non possa essere imputata al lavoratore  (31) . La Commissione ritiene che la cessazione del contratto di lavoro temporaneo non comporti una disoccupazione volontaria, a meno che alla fine del rapporto di lavoro a tempo determinato il lavoratore abbia manifestato espressamente il desiderio di non volere accettare un prolungamento del contratto.

51. Il governo danese sostiene che dev'essere lo stesso giudice del rinvio, alla luce delle circostanze del caso, ad esprimere un giudizio. Al riguardo esso può tenere conto degli usi nella professione di cui trattasi, della durata dell'accordo, delle possibilità di trovare un'occupazione che non sia a tempo determinato e dell'interesse personale della ricorrente nella causa principale a stipulare solo un contratto di lavoro a tempo determinato. Inoltre il giudice nazionale dovrebbe accertare se, dopo la fine del precedente impiego a tempo determinato, l'interessata abbia compiuto sforzi per trovare una nuova attività lavorativa conforme alle proprie qualifiche.

52. Condivido, globalmente considerata, la posizione del governo danese. Un impiego a tempo determinato fin dall'inizio e la conclusione del periodo di durata del rapporto stabiliti in un accordo di lavoro a tempo determinato non possono essere determinanti per la questione se la disoccupazione del lavoratore sia volontaria o involontaria  (32) . Si deve tenere conto di ulteriori circostanze per stabilire se la disoccupazione sia imputabile al lavoratore e tali circostanze vanno esaminate dal giudice nazionale. Esse hanno una relazione con l'ambiente di lavoro in cui si trova il lavoratore, da un lato, e con il suo comportamento personale, dall'altro.

53. Ritengo che il giudice nazionale debba tenere conto in particolare delle caratteristiche del mercato di lavoro rilevante per il lavoratore. In talune attività sono privilegiati maggiormente i contratti a tempo determinato e le cause possono essere le più disparate. E' verosimile che i datori di lavoro che operano in mercati sensibili alla congiuntura o i datori di lavoro che dipendono da lavori stagionali preferiscono offrire ai lavoratori solo rapporti d'impiego a tempo determinato. Anche la rigidità della normativa nazionale in materia di lavoro può spingere un datore di lavoro a scegliere contratti a tempo determinato. In tali casi, la cessazione di un contratto di lavoro a tempo determinato non significa necessariamente che il lavoratore di cui trattasi sia disoccupato volontariamente. Infatti spesso il lavoratore all'inizio del rapporto di lavoro non ha alcuna influenza reale sul tipo di contratto da stipulare. Il più delle volte, per considerazioni economiche e sociali, darà la preferenza ad un impiego a tempo indeterminato.

54. Per contro, sono plausibili situazioni in cui un lavoratore sceglie consapevolmente un rapporto di lavoro a tempo determinato. Un lavoratore desidera probabilmente acquisire esperienza presso diversi datori di lavoro ad esempio attraverso vari impieghi interinali. E' inoltre concepibile che egli accetti un'occupazione a tempo determinato per risparmiare in tal modo denaro per studi successivi, o non desideri impieghi di lunga durata perché è in attesa di un'occupazione che si presti meglio al suo livello di formazione e alle sue ambizioni. Se, sulla base dei fatti, si accerta che il lavoratore ─ all'inizio o alla fine ─ non desidera un prolungamento del contratto di lavoro a tempo determinato per una durata determinata o indeterminata, può configurarsi una disoccupazione volontaria. In tal caso l'interessato perde la qualità di lavoratore perché manca la ratio per il prolungamento di detta qualità, vale a dire il fatto che la situazione sul mercato del lavoro lo spinga alla riconversione.

55. Alla luce di quanto precede, occorre esaminare le altre circostanze che il giudice del rinvio ha descritto nella seconda parte della seconda questione pregiudiziale.

56. E' d'uopo analizzare se al fine di valutare il carattere volontario della cessazione del rapporto di lavoro sia rilevante la circostanza che è stato conseguito un titolo per l'accesso agli studi universitari nello Stato membro ospitante poco tempo dopo la conclusione dell'attività lavorativa (2.2.1). Il giudice nazionale chiede quale sia l'importanza degli sforzi (inutili) dell'interessata nello Stato membro ospitante di trovare un altro impiego. Al riguardo sorge la questione concernente la rilevanza del fatto che la nuova occupazione che cerca l'interessata costituisca, dal punto di vista sostanziale, una continuazione dell'attività lavorativa a tempo determinato già conclusa di livello simile (basso), ovvero sia un'occupazione adeguata ad un titolo professionale di grado più elevato nel frattempo conseguito (2.2.2).

57. I punti di vista degli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte e della Commissione dipendono o fanno parte della soluzione della prima parte della seconda questione. Secondo il governo austriaco, il conseguimento di un diploma di scuola superiore nel periodo intercorso fra la fine dell'occupazione e l'inizio degli studi dimostra che la disoccupazione non è stata involontaria. Il governo tedesco e la Commissione hanno osservato che le circostanze citate non sono rilevanti per giudicare se la cessazione del rapporto di lavoro sia volontaria o meno. Tuttavia la Commissione ritiene che i fattori in esame possano essere importanti per stabilire se la ricorrente nella causa principale possa far valere i diritti al finanziamento della formazione universitaria. Il governo del Regno Unito ritiene che tali elementi siano importanti per stabilire se la ricorrente nella causa principale abbia creato una situazione di disoccupazione artificiosa per poter ricevere una borsa di studio, nel cui caso si configurerebbe un abuso.

58. Per una corretta soluzione dell'ultima parte della seconda questione, esaminerò in primo luogo il significato degli elementi citati per accertare il carattere (in)volontario della disoccupazione.

59. Al pari della maggior parte dei governi summenzionati e della Commissione, ritengo che le circostanze citate non influiscano in linea di principio sul carattere volontario della disoccupazione. Né il conseguimento di un diploma in un altro Stato membro che consente l'acceso agli studi universitari nello Stato membro ospitante, né il tentativo di trovare un'altra occupazione, né la natura o il livello dell'occupazione desiderata sono connessi con l'impiego da cui il lavoratore ha ricavato il suo status. Indipendentemente dal fatto che la disoccupazione sia volontaria o involontaria, in entrambi i casi si possono conseguire diplomi e cercare altri impieghi. Al massimo, il fatto che si sia cercato senza successo un nuovo lavoro può corroborare la tesi che la disoccupazione non è stata del tutto involontaria.

60. Tuttavia, per fornire una soluzione soddisfacente al giudice del rinvio, la Corte non può limitarsi a questo aspetto. Come è stato osservato dai vari governi e dalla Commissione, le circostanze citate possono essere rilevanti per la questione se la ricorrente nella causa principale possa invocare i vantaggi sociali ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68. Approfondirò qui di seguito tale punto.

61. In primo luogo, la sig.ra Ninni-Orasche può invocare il diritto alla parità d'accesso ai fini dell'ottenimento di una borsa di studio se esiste continuità fra l'oggetto degli studi, ovvero la romanistica, e la precedente attività lavorativa svolta in qualità di cameriera addetta all'incasso, con ulteriori compiti amministrativi. Dai documenti emerge chiaramente che non esiste alcun nesso reale fra le due attività. Non solo esistono enormi divergenze dal punto di vista del contenuto, ma anche il livello delle due attività è differente. Il fatto che il diploma di ragioneria conseguito dalla sig.ra Ninni-Orasche, che dà accesso agli studi universitari, per il suo contenuto economico aziendale possa avere un nesso con le attività amministrative precedentemente svolte non è a mio avviso rilevante. Si tratta infatti della continuità fra il lavoro e gli studi e non dell'oggetto del titolo che dà accesso all'istituzione universitaria.

62. Se il giudice nazionale giunge alla conclusione che la disoccupazione è involontaria, va esaminata la questione se il lavoratore, a causa della situazione sul mercato del lavoro, sia costretto ad una riconversione in altro settore di attività. Nel fascicolo sono presenti pochi elementi che indicano che la ricorrente nella causa principale soddisfa questa condizione. Al riguardo sono importanti anche fattori oggettivi che possono contribuire a stabilire che la ricorrente ha svolto attività lavorative solo per un brevissimo periodo di tempo al solo scopo di poter invocare il diritto al sussidio agli studenti  (33) . La durata limitata del contratto di lavoro e il fatto che l'interessata non si sia recata in Austria per svolgervi un lavoro, ma solo alcuni anni dopo il suo arrivo abbia iniziato un rapporto di lavoro di breve durata mostrano, a mio avviso, che la sig.ra Ninni-Orasche non sia stata presente intensamente sul mercato del lavoro austriaco. A fortiori, è poco credibile l'argomento secondo cui è necessario studiare romanistica in relazione ad un altro impiego a causa della situazione del mercato del lavoro.

63. Tuttavia, spetta al giudice nazionale stabilire effettivamente, sulla base di tutte le circostanze oggettive e rilevanti, se la ricorrente nella causa principale possa invocare i vantaggi sociali ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68.

64. Pertanto propongo la seguente soluzione per quanto riguarda la seconda questione: Un cittadino di un altro Stato membro che dopo avere svolto un'attività lavorativa nello Stato membro ospitante abbia ivi intrapreso studi universitari può invocare l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 solo se:

esiste un nesso sostanziale fra l'attività lavorativa precedentemente svolta nello Stato membro ospitante e gli studi intrapresi successivamente, oppure

dopo una disoccupazione involontaria, la situazione sul mercato del lavoro nello Stato membro ospitante lo costringa a seguire una riconversione per un'altra attività lavorativa. Dalle circostanze oggettive del caso va dedotto se esista un nesso sostanziale fra l'attività lavorativa precedentemente svolta e gli studi intrapresi successivamente, o se possa configurarsi una disoccupazione involontaria e se la situazione sul mercato del lavoro renda necessaria una riconversione per un'altra attività lavorativa

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D ─
Sul diritto ad una borsa di studio sulla base della cittadinanza dell'Unione

65. Il giudice nazionale ha chiesto alla Corte di pronunciarsi esclusivamente sull'interpretazione dell'art. 39 CE e del regolamento n. 1612/68. Come ho già rilevato, la Commissione e il governo danese hanno anche sollevato la questione se la sig.ra Ninni-Orasche possa dedurre il diritto ad una borsa di studio dalle disposizioni del Trattato riguardanti la cittadinanza dell'Unione, unitamente al divieto di discriminazione sulla base della cittadinanza. I due soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte giungono alla conclusione che nel caso di specie non è possibile invocare gli artt. 12 e 17 CE per ottenere una borsa di studio, e a tale proposito si fondano in particolare sul testo della direttiva 93/96 e sulla sentenza Grzelczyk del 20 settembre 2001.

66. Al riguardo, si pone preliminarmente la questione se nel caso di specie la Corte debba pronunciarsi comunque sull'interpretazione delle suddette disposizioni del Trattato. La domanda di pronuncia pregiudiziale del giudice nazionale non riguarda l'interpretazione di dette disposizioni, né la ricorrente nella causa principale l'ha richiesta.

67. La Commissione ritiene che una siffatta soluzione sia adeguata e rinvia fra l'altro alla costante giurisprudenza della Corte e al principio dell'economia processuale. Il governo danese considera che si possa prescindere da un esame dei fatti alla luce delle suddette disposizioni comunitarie, ma ha presentato osservazioni nell'eventualità in cui la Corte dovesse esprimersi diversamente.

68. Infatti, per fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto comunitario alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione  (34) . Ritengo che nulla osti ad un giudizio della Corte sulle possibili conseguenze degli artt. 12, 17 e 18 CE in ordine alle questioni di diritto su cui si fonda la causa.

69. Nel caso di specie ciò è ovvio per una serie di motivi. In primo luogo, il giudice nazionale ha predisposto l'ordinanza di rinvio poco tempo prima che la Corte si pronunciasse nella causa Grzelczyk. Inoltre la giurisprudenza relativa alla cittadinanza è in fase di sviluppo. Di recente la Corte ha emesso una serie di rilevanti sentenze  (35) . In secondo luogo, ritengo che le indicazioni contenute nell'ordinanza di rinvio siano sufficienti per fornire al Verwaltungsgerichtshof una soluzione utile in merito alle disposizioni degli artt. 12, 17 e 18 CE. E' indubbio che la causa Ninni-Orasche riguarda il diritto ad ottenere una borsa di studio in base al diritto comunitario. In terzo luogo, la normativa nazionale applicabile di cui trattasi concernente il diritto dei cittadini di altri Stati membri di ottenere una borsa di studio non rinvia solo alle disposizioni del Trattato relative ai lavoratori. Dall'ordinanza di rinvio si evince che la sig.ra Ninni-Orasche ha proposto ricorso contro la decisione del ministro federale anche per violazione del diritto comunitario e di quel diritto fanno parte anche le disposizioni del Trattato sulla cittadinanza. In quarto luogo, come la Commissione ha giustamente osservato, esaminando adesso le disposizioni del Trattato sulla cittadinanza si può evitare che il giudice del rinvio sottoponga ancora questioni pregiudiziali alla Corte in secondo grado.

70. Sostanzialmente, la Commissione ritiene che la sig.ra Ninni-Orasche abbia perso la qualità di lavoratrice, ma, avendo intrapreso studi universitari in Austria, abbia ottenuto lo status di studente ai sensi della direttiva sul soggiorno degli studenti. La ricorrente è quindi vincolata ai limiti che detta direttiva pone ai diritti che possono essere invocati dai cittadini dell'Unione europea. A suo parere, varrebbe in particolare la restrizione relativa alla concessione di borse di studio. L'art. 3 della direttiva 93/96 dispone espressamente che la direttiva non costituisce per gli studenti che beneficiano del diritto di soggiorno la base per un diritto al pagamento di borse di mantenimento da parte dello Stato membro ospitante. Secondo la Commissione, ciò non toglie che la sig.ra Ninni-Orasche già da lungo tempo risieda in Austria e abbia ivi intrapreso studi universitari.

71. Il governo danese formula una serie di critiche in relazione alla sentenza Grzelczyk, che considera in contrasto con il tenore letterale dell'art. 3 della direttiva 93/96. Il governo rammenta la propria posizione, già difesa nel procedimento nella causa Grzelczyk, secondo cui la cittadinanza dell'Unione non comporterebbe che tali cittadini abbiano ottenuto diritti più ampi rispetto a quelli che potevano precedentemente invocare in base al Trattato CE ed al diritto derivato.

72. Ritengo che l'analisi della Commissione sia corretta, ma limitata. Non condivido l'opinione del governo danese secondo cui le disposizioni sulla cittadinanza dell'Unione non presenterebbero per i cittadini dell'Unione europea alcun valore aggiunto.

73. Come ha ripetutamente affermato nel frattempo la Corte, lo status di cittadino dell'Unione ai sensi dell'art. 17 CE è destinato ad essere lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri. In quanto cittadino di uno Stato membro legalmente residente nel territorio di un altro Stato membro, la ricorrente nella causa a qua, la sig.ra Ninni-Orasche, rientra nell'ambito di applicazione ratione personae delle disposizioni del Trattato relative alla cittadinanza europea  (36) .

74. Lo status di cittadino dell'Unione consente ai cittadini degli Stati membri che si trovino nella medesima situazione di ottenere in linea di principio, indipendentemente dalla cittadinanza, il medesimo trattamento giuridico. I cittadini dell'Unione europea possono invocare l'art. 17 CE, in combinato disposto con l'art. 12 CE che vieta le discriminazioni sulla base della cittadinanza, sin dall'entrata in vigore delle disposizioni sulla cittadinanza europea  (37) .

75. Le suddette disposizioni si applicano tuttavia esclusivamente a situazioni che rientrano nell'ambito di applicazione ratione materiae del diritto comunitario  (38) .

76. Tali situazioni comprendono quelle relative all'esercizio della libertà fondamentale, garantita dall'art. 18, n. 1, CE, di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri. Nella sentenza Baumbast la Corte ha riconosciuto efficacia diretta all'art. 18, n. 1, CE. Tale affermazione è importante in particolare per i cittadini che non svolgono attività economiche ai sensi degli artt. 39, 43 e 49 CE  (39) . Inoltre, l'efficacia diretta dell'art. 18, n. 1, CE è rilevante tenuto conto dell'interpretazione delle limitazioni e delle condizioni che in base a detta disposizione possono essere imposte all'esercizio del diritto di soggiorno. Esse sono quindi soggette al sindacato giurisdizionale da parte del giudice nazionale  (40) .

77. Nella sentenza Grzelczyk la Corte ha stabilito che un cittadino dell'Unione che compie studi universitari in uno Stato membro diverso da quello di cui è cittadino può avvalersi del diritto di invocare il divieto di cui all'art. 12 CE, in combinato disposto con il diritto di cui l'art. 18 CE, di circolare e soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri. La Corte avvalora questo giudizio facendo riferimento all'evoluzione del Trattato a seguito dell'inserimento in esso delle disposizioni sulla cittadinanza e sull'istruzione e la formazione professionale, e rinviando alla direttiva sul diritto di soggiorno degli studenti  (41) . In tale causa un cittadino francese che aveva compiuto un ciclo di studi universitari di quattro anni in Belgio, e che nell'ultimo anno non era più in grado di provvedere al proprio mantenimento, correva il rischio di perdere il titolo di soggiorno senza il pagamento del minimo dei mezzi di sussistenza. La Corte è giunta alla conclusione che gli artt. 12 e 17 CE ostano a che una normativa nazionale che conferisce il diritto al minimex sia subordinata, per quanto riguarda i cittadini di uno Stato membro diverso da quello ospitante, alla condizione che i detti cittadini rientrino nell'ambito di applicazione del regolamento n. 1612/68, mentre nessuna condizione di tale natura si applica ai cittadini dello Stato membro ospitante  (42) .

78. Questa interpretazione estensiva delle disposizioni del Trattato sulla cittadinanza è il risultato, in particolare, dell'ampia concezione della Corte circa la nozione di risorse ai sensi della direttiva 93/96. Detta direttiva prevede limitazioni e condizioni che delimitano i diritti che i cittadini dell'Unione possono invocare in base all'art. 18, n. 1, CE. Ai sensi dell'art. 1 di detta direttiva gli Stati membri possono chiedere agli studenti migranti di dimostrare di disporre di risorse onde evitare che, durante il soggiorno, diventino un onere per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Gli studenti che usufruiscono del diritto di soggiorno, conformemente all'art. 3, non acquisiscono il diritto al pagamento di borse di mantenimento da parte dello Stato membro ospitante. Nondimeno la Corte ne deduce che nessuna disposizione della detta direttiva esclude i suoi beneficiari dalle prestazioni sociali. Inoltre, dal sesto considerando risulta che i beneficiari del diritto di soggiorno non devono costituire un onere eccessivo per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante. La Corte ne trae la conclusione che la direttiva 93/96, alla stregua delle direttive 90/364 e 90/365  (43) , consente pertanto una certa solidarietà finanziaria dei cittadini di tale Stato con quelli degli altri Stati membri, specie quando le difficoltà cui va incontro il beneficiario del diritto di soggiorno sono di carattere temporaneo  (44) .

79. Nell'ambito dell'esame della questione se la sig.ra Ninni-Orasche possa invocare con successo le suddette disposizioni per avere diritto a chiedere una borsa di studio alle stesse condizioni applicabili ai cittadini dello Stato membro ospitante  (45) , va innanzitutto accertato se la ricorrente non abbia diritto ad una borsa di studio a causa della sua cittadinanza. Ciò risulta fra l'altro dalla collocazione sistematica del Studienförderungsgesetz e dalla portata della domanda di pronuncia pregiudiziale.

80. Si deve inoltre partire dal presupposto che la ricorrente nella causa principale non possiede lo status di lavoratore né esercita alcuna delle altre libertà economiche fondamentali ai sensi del Trattato. Dal fascicolo non risulta nemmeno che il marito austriaco si avvalga di una delle libertà economiche fondamentali del Trattato  (46) . Quindi la sig.ra Ninni-Orasche non può invocare i diritti riconosciuti ai cittadini economicamente attivi e ai loro familiari.

81. Va poi esaminata la base del suo titolo di soggiorno in Austria. La sig.ra Ninni-Orasche non deve il suo permesso di soggiorno all'esercizio della libertà garantita dall'art. 18 CE ai cittadini dell'Unione di circolare e soggiornare sul territorio degli Stati membri, bensì ha ottenuto il permesso di soggiorno valido fino al 1999 a motivo del suo matrimonio con un cittadino austriaco nel 1993 e quindi detto titolo di soggiorno trova il suo fondamento nel diritto nazionale. A seguito dell'adesione dell'Austria all'Unione europea nel 1995 e dell'inizio dei suoi studi universitari nel 1996, il titolo di soggiorno della sig.ra Ninni-Orasche ha tuttavia acquisito una dimensione comunitaria. All'epoca dei fatti all'origine della causa, il permesso di soggiorno, oltre ad un fondamento di diritto nazionale, ha ottenuto in linea di principio anche una base di diritto comunitario che deriva in particolare dall'applicazione dell'art. 18 CE e della direttiva 93/96.

82. E' tuttavia realistico presupporre che per la sig.ra Ninni-Orasche la direttiva sul soggiorno degli studenti non sia direttamente pertinente. Infatti la direttiva 93/96 precisa le condizioni destinate a facilitare l'esercizio del diritto di soggiorno e (...) garantire l'accesso alla formazione professionale in maniera non discriminatoria ai cittadini di uno Stato membro ammessi a seguire una formazione professionale in un altro Stato membro (art. 1). Va osservato che la sig.ra Ninni-Orasche non rientra nell'ambito di applicazione della direttiva poiché il suo diritto al soggiorno nel 1996 è stato fondato sul diritto nazionale e la ricorrente non necessitava di un titolo di soggiorno ai sensi della direttiva.

83. Tuttavia, anche partendo dal presupposto che il suo permesso di soggiorno sia basato meramente sul diritto nazionale, nulla osta a che la sig.ra Ninni-Orasche invochi il suo status di cittadino dell'Unione. A mio parere, in caso di modifica o di sovrapposizione di status ai sensi del diritto comunitario e del diritto nazionale, la ricorrente può inoltre invocare un diritto in base al regime più favorevole  (47) .

84. Esaminerò al riguardo due situazioni possibili, vale a dire quella in cui la sig.ra Ninni-Orasche acquisisca la qualifica di studente ai sensi del diritto comunitario in base alla direttiva 93/96, e la situazione alternativa in cui invece la direttiva 93/96 non le sia applicabile.

85. In primo luogo, analizzo il caso in cui la sig.ra Ninni-Orasche dovesse invocare i diritti riconosciuti dalla direttiva 93/96 agli studenti migranti. In tale circostanza rileva la sentenza Grzelczyk, sebbene ritenga che detta sentenza non offra alla ricorrente nella causa principale alcun sostegno.

86. La situazione di fatto all'origine delle due cause è diversa. La sentenza Grzelczyk riguardava un cittadino europeo che già da alcuni anni, in qualità di studente, disponeva di sufficienti risorse, mentre gli rimaneva solo un anno per completare gli studi. Senza il ricorso all'assistenza egli correva il rischio di perdere il permesso di soggiorno nello Stato membro in cui studiava e quindi la conclusione degli studi sarebbe divenuta per lui illusoria. La Corte ha tenuto conto di queste circostanze specifiche nel giudizio espresso nella sentenza citata.

87. Nel momento in cui la sig.ra Ninni-Orasche ha presentato la richiesta di borsa di studio si trovava all'inizio dei suoi studi di romanistica. Il suo diritto di soggiorno in Austria e le possibilità di esercitare di fatto detto diritto non erano minimamente in discussione. Quindi la ricorrente poteva continuare a godere del diritto più fondamentale che discende dalla cittadinanza dell'Unione, ovvero il diritto di circolare e di soggiornare nello Stato membro ospitante. Da un punto di vista strettamente giuridico, il suo caso si differenzia inoltre dalla situazione all'origine della sentenza Grzelczyk. In quest'ultima causa si trattava di un sussidio temporaneo necessario per il soggiorno ai fini del completamento degli studi. Nel caso di specie si tratta di una borsa di studio, che ha poca influenza sul diritto o sulle possibilità di poter continuare a soggiornare nello Stato membro ospitante.

88. Dalla motivazione della sentenza Grzelczyk, ovvero dal ricorso ad una certa solidarietà finanziaria in relazione alla particolare situazione in cui si trovava lo studente interessato, deduco che questa sentenza non è intesa a disapplicare le condizioni di base delle tre direttive in materia di soggiorno, ovvero che i cittadini dell'Unione europea che si recano in un altro Stato membro per stabilirvisi devono disporre manifestamente di risorse tali da evitare che, durante il loro soggiorno, divengano un onere per l'assistenza sociale dello Stato membro ospitante. Quanto alla direttiva sul diritto di soggiorno degli studenti, ciò comporta che un cittadino di uno Stato membro che intraprende gli studi in un altro Stato membro non può chiedere borse di studio nel paese ospitante per provvedere al proprio mantenimento. Tale limitazione dei diritti degli studenti migranti è chiaramente espressa nell'art. 3, ovvero nel dispositivo della direttiva.

89. Tuttavia il ragionamento che precede è valido solo se la sig.ra Ninni-Orasche fosse considerata come studentessa ai sensi della direttiva 93/96 e intendesse invocare i diritti derivanti da detta direttiva. Nel caso in cui non ha necessità di invocare tali diritti, l'art. 17 CE rimane, in combinato disposto con l'art. 12 CE, il fondamento comunitario per l'acquisizione del diritto ad una borsa di studio alle medesime condizioni applicabili ai cittadini dello Stato membro ospitante che si trovano nella medesima situazione.

90. Sebbene riguardasse un altro caso, la sentenza Grzelczyk può applicarsi in una situazione in cui un cittadino dell'Unione europea sia divenuto vittima di una discriminazione inaccettabile. Ritengo che il principio della minima solidarietà finanziaria possa creare, in circostanze specifiche e oggettive, un diritto alla parità di trattamento.

91. Ciò riguarda la circostanza in cui un cittadino europeo soggiorni legalmente già da lungo tempo in uno Stato membro diverso da quello di cui è cittadino con uno status che non dipende fondamentalmente dall'esercizio di libertà economiche fondamentali del Trattato e il cui permesso di soggiorno non dipende dagli studi universitari che l'interessato ha intrapreso nello Stato membro ospitante. Ritengo che una siffatta situazione, per una serie di motivi, debba rientrare nell'ambito di applicazione del Trattato, grazie al quale il cittadino dell'Unione europea ottiene il diritto alla parità di trattamento.

92. In primo luogo, nel caso di specie non è pertinente la restrizione di cui all'art. 18 CE secondo cui il diritto di soggiorno è subordinato alle limitazioni e alle condizioni previste dal Trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso. L'art. 17, in combinato disposto con l'art. 12, può concedere in particolari circostanze un diritto alla parità di trattamento, anche se si tratta di vantaggi sociali non riconosciuti dalle direttive in materia di soggiorno.

93. In secondo luogo, nel frattempo è stata ampiamente riconosciuta l'importanza dell'istruzione, in particolare dell'istruzione universitaria nell'ambito delle finalità del Trattato CE. Nelle sentenze Grzelczyk e D'Hoop la Corte ha messo in relazione le disposizioni del Trattato riguardanti l'istruzione e la formazione professionale con gli artt. 12 e 17 CE. Dalla sentenza Grzelczyk si evince che il giudizio espresso nella sentenza Brown del 1988, secondo cui nell'allora fase di sviluppo del diritto comunitario un aiuto concesso agli studenti per il mantenimento e per la formazione scolastica rimaneva al di fuori, in linea di principio, dell'ambito di applicazione del Trattato ai sensi dell'attuale art. 12 CE, è stato superato dopo l'introduzione nel Trattato delle disposizioni sulla cittadinanza e delle disposizioni sull'istruzione e la formazione professionale  (48) . Nella sentenza D'Hoop la Corte ha condannato una normativa nazionale che avvantaggiava i cittadini belgi che avevano compiuto interamente gli studi secondari in Belgio rispetto a quelli che, avendo fatto uso della libertà di circolazione, avevano ottenuto il diploma di maturità in un altro Stato membro  (49) . Secondo tale giurisprudenza, gli studenti che seguono l'insegnamento in uno Stato membro diverso dallo Stato di cui sono cittadini non solo rientrano nell'ambito di applicazione del diritto comunitario, ma godono in base alle disposizioni del Trattato di uno status particolare.

94. In terzo luogo, stando così le cose non vi è motivo di non equiparare un cittadino europeo ad altri beneficiari del diritto comunitario, come ad esempio i lavoratori e i loro familiari. Come ho già affermato nelle mie conclusioni nella sentenza Baumbast, le disposizioni relative alla cittadinanza dell'Unione possiedono per la categoria dei cittadini economicamente non attivi un valore aggiunto  (50) , rispetto al quale il diritto alla parità di trattamento assume un ruolo importante.

95. Nel caso di specie, esistono ulteriori motivi per garantire alla sig.ra Ninni-Orasche tali ulteriori diritti. Alla data d'inizio dei suoi studi (marzo 1996) la ricorrente risiedeva già da più di due anni in Austria e il suo permesso di soggiorno era valido ancora per tre anni. Tenuto conto del suo matrimonio con un cittadino austriaco, è evidente che la sig.ra Ninni-Orasche ha mantenuto un titolo di soggiorno dopo il 1999 per il resto del periodo di studi. Inoltre, è in possesso di un diploma italiano che le dava accesso all'istruzione universitaria in Austria, conseguito poco prima dell'inizio degli studi. Non può parlarsi quindi di abuso consistente nella scelta della sig.ra Ninni-Orasche di prendere consapevolmente la residenza austriaca e potere invocare così il diritto ad una borsa di studio. Anzi, laddove nella direttiva sul soggiorno degli studenti il presupposto è che un cittadino di uno Stato membro si rechi temporaneamente in un altro Stato membro per seguirvi gli studi, per la sig.ra Ninni-Orasche il soggiorno in Austria ha carattere strutturale.

96. E' vero che allo stato attuale del diritto comunitario le prestazioni sociali e in particolare il diritto ad una borsa di studio non sono oggetto di armonizzazione; tuttavia tale circostanza non può essere opposta ad un cittadino dell'Unione che si trova in una situazione specifica e già da lungo tempo risiede legalmente in un altro Stato membro prima di invocare vantaggi sociali. In tal caso vi è la necessità di una minima solidarietà finanziaria nei confronti di tali residenti, studenti in possesso della cittadinanza di un altro Stato membro. Ritengo che proprio un residente nella situazione della sig.ra Ninni-Orasche, che ha un legame dimostrabile e strutturale con la società austriaca, non può essere trattata nel paese ospitante come qualsiasi altro cittadino di un paese terzo.

97. Si deve imputare al limitato ambito di applicazione ratione personae del Studienförderungsgesetz il fatto che la sig.ra Ninni-Orasche nella causa principale non possa invocare il diritto all'ottenimento di una borsa di studio. Il diniego del ministro federale ha avuto luogo meramente sulla base della cittadinanza e costituisce quindi una flagrante discriminazione in contrasto con il principio secondo il quale i cittadini dell'Unione hanno il diritto alla parità di trattamento ai sensi dell'art. 12 CE.

98. Una disparità di trattamento può essere giustificata solo se basata su considerazioni oggettive, indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate, e adeguatamente commisurate allo scopo legittimamente perseguito dall'ordinamento nazionale  (51) . Sebbene dubiti fortemente che nella fattispecie esista una giustificazione obiettiva  (52) , al riguardo non può esprimersi alcun giudizio motivato. Né il giudice del rinvio né i soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno affrontato questo punto. Il giudice nazionale dovrà quindi esaminare tale motivo nella causa principale.

99. A mio parere, gli artt. 12 e 17 CE concedono ad un cittadino dell'Unione che risieda effettivamente e legalmente da lungo tempo come cittadino non economicamente attivo sul territorio di un altro Stato membro e ivi abbia intrapreso gli studi universitari il diritto ad una borsa di studio alle medesime condizioni applicabili ai cittadini dello Stato membro ospitante. Una disparità di trattamento può essere giustificata solo sulla base di considerazioni oggettive, indipendenti dalla cittadinanza dell'interessato e adeguatamente commisurate agli obiettivi legittimamente perseguiti dall'ordinamento nazionale.

V ─ Conclusione

100. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni pregiudiziali sottoposte dal Verwaltungsgericht:

1) Al riconoscimento dello status di lavoratore ai sensi dell'art. 48 del Trattato CE (divenuto art. 39 CE) non osta il fatto che l'attività di detto lavoratore sia stata svolta solo per un periodo di due mesi e mezzo nell'ambito di un contratto a tempo determinato, se si accerta che l'attività è stata effettiva e reale. Al riguardo, non è rilevante che l'interessata abbia iniziato questo lavoro solo qualche anno dopo il suo arrivo nello Stato membro ospitante, abbia conseguito poco tempo dopo la conclusione del proprio rapporto d'impiego a tempo determinato e di breve durata il titolo per accedere agli studi universitari nello Stato membro ospitante, avendo concluso gli studi superiori nel proprio paese di origine, né che dopo la cessazione dell'impiego abbia cercato di trovare una nuova occupazione.

2) Un cittadino di un altro Stato membro che dopo avere svolto un'attività lavorativa nello Stato membro ospitante abbia ivi intrapreso studi universitari può invocare l'art. 7, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612/68, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità, solo se:

esiste un nesso sostanziale fra l'attività lavorativa precedentemente svolta nello Stato membro ospitante e gli studi intrapresi successivamente, oppure

dopo una disoccupazione involontaria, la situazione sul mercato del lavoro nello Stato membro ospitante lo costringa a seguire una riconversione per un'altra attività lavorativa. Dalle circostanze oggettive del caso va dedotto se esista un nesso sostanziale fra l'attività lavorativa precedentemente svolta e gli studi intrapresi successivamente, o se possa configurarsi una disoccupazione involontaria e se la situazione sul mercato del lavoro renda necessaria una riconversione per un'altra attività lavorativa.

3) Gli artt. 12 e 17 CE concedono ad un cittadino dell'Unione che risieda effettivamente e legalmente da lungo tempo come cittadino non economicamente attivo sul territorio di un altro Stato membro e ivi abbia intrapreso gli studi universitari il diritto ad una borsa di studio alle medesime condizioni applicabili ai cittadini dello Stato membro ospitante. Una disparità di trattamento può essere giustificata solo sulla base di considerazioni oggettive, indipendenti dalla cittadinanza dell'interessato e adeguatamente commisurate agli obiettivi legittimamente perseguiti dall'ordinamento nazionale

.


1
Lingua originale: l'olandese.


2
Sentenza 20 settembre 2001, causa C-184/99 (Racc. pag. I-6193).


3
GU L 257. pag. 2.


4
GU L 317, pag. 59.


5
BGBl n. 305, 1992.


6
Come emerge dalla sentenza 26 febbraio 1992, causa C-3/90, Bernini (Racc. pag. I-1071, punto 25), il finanziamento degli studi concesso da uno Stato membro ai figli di lavoratori costituisce, per un lavoratore migrante, un vantaggio sociale ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68 solo qualora il lavoratore continui a provvedere al sostentamento del figlio.


7
Giurisprudenza costante: v., ad esempio, sentenza Bernini, citata alla nota 6, punto 19.


8
V., ad esempio, sentenze 3 giugno 1986, causa 139/85, Kempf (Racc. pag. 1741, punto 13), e 3 luglio 1986, causa 66/85, Lawrie-Blum (Racc. pag. 2121, punto 16).


9
V., fra l'altro, sentenza Lawrie-Blum, citata alla nota 8, punto 17; sentenza Bernini, citata alla nota 6, punto 14; sentenza 26 febbraio 1992, causa C-357/89, Raulin (Racc. pag. I-1027, punto 10).


10
V., innanzi tutto, sentenza 12 febbraio 1974, causa 152/73, Sotgiu (Racc. pag. 153, punto 5). La Corte ha stabilito che l'attuale art. 39 CE non distingue fra i rapporti di lavoro disciplinati dal diritto pubblico oppure dal diritto privato.


11
V. recente sentenza 11 luglio 2002, causa C-224/98, D'Hoop (Racc. pag. I-6191, punto 18). Per definitione, il diritto comunitario in materia di libera circolazione dei lavoratori, a proposito di una normativa nazionale attinente all'assicurazione contro la disoccupazione, non si applica ad essi.


12
Sentenza 23 marzo 1982, causa 53/81, Levin (Racc. pag. 1035, punto 17).


13
Sentenza 13 luglio 1989, causa 171/88, Rinner-Kühn (Racc. pag. 2743, punto 16). La causa riguardava l'interpretazione dell'art. 119 del Trattato CE (attualmente art. 141 CE).


14
Sentenza Lawrie-Blum, citata alla nota 8, punti 19-21, e sentenza Bernini, citata alla nota 6, punto 15.


15
Sentenza Raulin, citata alla nota 9, punto 14.


16
V. anche sentenza 16 settembre 1999, causa C-22/98, Becu e a. (Racc. pag. I-5665, punti 25 e 26). Nella causa la Corte ha concluso che i lavoratori portuali assunti in base a contratti di lavoro a tempo determinato, per un periodo di regola breve ed ai fini dell'effettuazione di compiti chiaramente definiti, si trovano, rispetto alle imprese per le quali svolgono lavori portuali, in un rapporto di lavoro caratterizzato dalla circostanza che essi effettuano i lavori di cui trattasi per conto e sotto la direzione delle singole imprese, ragion per cui devono essere considerati quali lavoratori ai sensi dell'art. 39 CE.


17
V., al riguardo, sentenza 31 maggio 1989, causa 344/87, Bettray (Racc. pag. 1621, punto 17), secondo cui le attività svolte nell'ambito dei lavori socialmente utili non hanno potuto essere considerate attività economiche reali ed effettive, dal momento che rappresentavano solo uno strumento per la rieducazione o il reinserimento degli interessati, e secondo cui il lavoro retribuito, modellato sulle capacità fisiche e psichiche del singolo, aveva come finalità il recupero, in tempi più o meno lunghi, della capacità di occupare un posto di lavoro ordinario o l'accesso ad un'esistenza il più possibile normale.


18
Sentenza 21 giugno 1988, causa 39/86, Lair (Racc. pag. 3161, punto 44). Il corsivo è mio. V. anche sentenza 21 giugno 1988, causa 197/86, Brown (Racc. pag. 3205, punto 22), e sentenza 6 giugno 1985, causa 157/84, Frascogna (Racc. pag. 1739).


19
Inoltre dal fascicolo non risulta chiaramente quante ore la ricorrente abbia lavorato nei due mesi e mezzo, né se ad esempio sia stata disponibile sulla base di un contratto di chiamata.


20
V., ad esempio, sentenza Brown, citata alla nota 18, punto 22.


21
In particolare la breve durata del rapporto di lavoro, il fatto che l'interessata si sia recata in Austria per lavorarvi, ma abbia intrapreso un rapporto di impiego solo alcuni anni dopo il suo arrivo, e il fatto che, subito dopo la cessazione dell'attività lavorativa, abbia soddisfatto le condizioni per accedere all'università e se ne sia effettivamente avvalsa.


22
V. le mie conclusioni presentate in data odierna nella sentenza Akrich, causa C-109/01, (Racc. pag. I-0000, paragrafi 96 e segg.).


23
V. sentenza Lair, citata alla nota 18, in cui si è considerato che un cittadino di un altro Stato membro può invocare i diritti riconosciuti dal diritto comunitario solo in veste di lavoratore ai sensi dell'art. 39 CE e del regolamento n. 1612/68 (punto 41).


24
Sentenza 12 maggio 1998, causa C-85/96, Martínez Sala (Racc. pag. I-2691, punto 32).


25
Nella sentenza Martínez Sala, (citata alla nota 24, punto 25), la Corte, per quanto riguarda la nozione di vantaggio sociale alla quale fa riferimento l'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, ha riportato una costante giurisprudenza, secondo la quale essa copre tutti i vantaggi che, connessi o meno ad un contratto di lavoro, sono generalmente attribuiti ai lavoratori nazionali in relazione, principalmente, alla loro qualifica obiettiva di lavoratori o al semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale e la cui estensione ai lavoratori cittadini di altri Stati membri appare pertanto atta a facilitare la loro mobilità all'interno della Comunità (...).


26
Sentenza Lair, citata alla nota 18, punto 28.


27
V., ad esempio, ibidem, punti 37 e 38.


28
Sentenza Brown, citata alla nota 18, punti 27 e 28.


29
Sentenza Lair, citata alla nota 18, punto 43.


30
Sentenza Bernini, citata alla nota 6, punto 19.


31
Sentenza 23 gennaio 1997, causa C-171/95 (Racc. pag. I-329, punti 38 e 39). Tale causa riguardava l'interpretazione della nozione di disoccupazione involontaria ai sensi dell'art. 6, n. 2, della decisione del Consiglio d'associazione 19 settembre 1980, n. 1/80, relativa allo sviluppo dell'associazione fra la Comunità economica europea e la Turchia.


32
Ritengo che la sentenza Tetik, citata alla nota 31, cui rinviano la Commissione nonché lo stesso governo austriaco, non possa essere totalmente applicata per analogia nella presente causa in quanto il contesto non è del tutto equiparabile. La causa Tetik riguardava il calcolo dei periodi di disoccupazione involontaria assimilati a periodi di regolare impiego in relazione al permesso di soggiorno di un cittadino turco in Germania. Nel caso di specie la disoccupazione involontaria del lavoratore migrante deve essere analizzata alla luce del possibile diritto all'ottenimento di una borsa di studio di lavoratori migranti che non hanno più un impiego. In tal caso riveste particolare importanza il fatto che il lavoratore divenuto disoccupato involontariamente può essere spinto dalla situazione sul mercato del lavoro a procedere ad una riconversione in altro settore di attività.


33
Sentenza Lair, citata alla nota 18, punto 43.


34
V. recente sentenza 7 novembre 2002, cause riunite C-228/01 e C-289/01, Bourrasse e Perchicot (Racc. pag. I-0000, punto 33).


35
In particolare, sentenza 17 settembre 2002, causa C-413/99, Baumbast (Racc. pag. I-0000), e sentenza D'Hoop, citata alla nota 11.


36
V. sentenza Martínez Sala, citata alla nota 24, punto 61.


37
V., ad esempio, sentenza D'Hoop, citata alla nota 11, punti 25, 27 e 28.


38
V., ad esempio, sentenza Grzelczyk, citata alla nota 2, punto 32.


39
V. sentenza Baumbast, citata alla nota 35, punti 81-84.


40
Ibidem, punto 86.


41
Direttiva del Consiglio 29 ottobre 1993, 93/96/CEE, relativa al diritto di soggiorno degli studenti (GU L 317, pag. 59).


42
Sentenza Grzelczyk, citata alla nota 2, punti 34-37 e 46.


43
Direttive del Consiglio 28 giugno 1990, 90/364/CEE, relativa al diritto di soggiorno (GU L 180, pag. 26), e 90/365/CEE, relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la propria attività professionale (GU L 180, pag. 28).


44
Sentenza Grzelczyk, citata alla nota 2, punti 38, 39 e 44.


45
I requisiti oggettivi per l'ottenimento di una borsa di studio sono indicati all'art. 6 del Studienförderungsgesetz.


46
V. a tale proposito ─ in relazione ai diritti connessi all'immigrazione del coniuge di un prestatore di servizi ai sensi del Trattato ─ sentenza 11 luglio 2002, causa C-60/00, Carpenter (Racc. pag. I-6279, in particolare punti 36-39).


47
V. al riguardo anche conclusioni dell'avvocato generale Alber nella sentenza Grzelczyk, citata alla nota 2, paragrafo 92.


48
Sentenza Grzelczyk, citata alla nota 2, punti 34 e 35.


49
Sentenza D'Hoop, citata alla nota 11, punti 32-35.


50
V., in particolare, paragrafi 114 e segg. delle conclusioni nella sentenza Baumbast, citata alla nota 35.


51
V. sentenza 24 novembre 1998, causa C-274/96, Bickel e Franz (Racc. pag. I-7637, punto 27), e sentenza D'Hoop, citata alla nota 11, punto 36.


52
V. sentenza D'Hoop, citata alla nota 11, in cui la Corte considera che la condizione relativa al luogo di conseguimento del diploma di maturità presenta un carattere troppo generale ed esclusivo per raggiungere il legittimo obiettivo perseguito, ovvero che l'accesso a programmi speciali di avviamento al lavoro è riservato solo a giovani che hanno un effettivo collegamento con il mercato del lavoro nazionale (punti 38 e 39). Nella presente causa, l'Austria potrebbe invocare l'interesse legittimo di mantenere un sistema razionale di borse di studio. Tale sistema potrebbe essere pregiudicato dall'eccessivo afflusso di studenti di altri Stati membri che richiedono borse di studio nazionali. A mio avviso, detto ragionamento è da escludere a motivo delle circostanze particolari del caso di specie.