62001C0411

Conclusioni dell'avvocato generale Tizzano del 26marzo2003. - GEFCO SA contro Receveur principal des douanes. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal d'instance de Metz - Francia. - Codice doganale comunitario e regolamento di applicazione - Regime di perfezionamento passivo - Esenzione dai dazi all'importazione applicati ai prodotti compensatori - Importo deducibile in caso di errata indicazione di una voce doganale nella dichiarazione di esportazione temporanea delle merci - Inadempimento rimasto senza alcuna conseguenza sul corretto funzionamento del regime di perfezionamento passivo. - Causa C-411/01.

raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-11547


Conclusioni dell avvocato generale


I. Il Tribunal d'instance di Metz (Francia) (in prosieguo: il «Tribunale di Metz») vi chiede di pronunciarvi sull'interpretazione degli artt. 145-151 del regolamento n. 2913/92 del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (in prosieguo: il «codice doganale», o semplicemente il «codice») . Il quesito pregiudiziale è sollevato nel quadro di un litigio avente ad oggetto la determinazione dell'obbligazione doganale sorta da un'operazione di perfezionamento passivo triangolare .

II. Il giudice del rinvio chiede in buona sostanza se un operatore può detrarre dall'importo dei dazi all'importazione relativi ai prodotti compensatori immessi in libera pratica l'importo dei dazi all'importazione che sarebbero applicabili alle merci in temporanea esportazione in funzione della loro esatta posizione tariffaria, qualora la posizione tariffaria dichiarata al momento della temporanea esportazione dal territorio comunitario fosse stata errata.

I - Quadro giuridico

III. Come risulta dal suo art. 4, n. 16, il codice doganale prevede diversi regimi doganali, applicabili alle merci in entrata e in uscita dal territorio doganale comunitario.

La dichiarazione in dogana

IV. Le merci destinate ad essere vincolate ad uno dei regimi doganali previsti dal codice devono essere «dichiarate per il regime doganale prescelto» (art. 59 del codice), attraverso una «dichiarazione in dogana» presentata dall'operatore commerciale interessato all'ufficio doganale competente.

V. Una volta presentata, la dichiarazione in dogana può essere modificata alle condizioni dell'art. 65, ai sensi del quale:

«Il dichiarante è autorizzato, su sua richiesta, a rettificare una o più indicazioni della dichiarazione dopo l'accettazione di quest'ultima da parte dell'autorità doganale. La rettifica non può avere l'effetto di far diventare oggetto della dichiarazione merci diverse da quelle che ne costituivano l'oggetto iniziale.

Tuttavia, nessuna rettifica può più essere autorizzata se la richiesta è fatta dopo che l'autorità doganale:

a) ha informato il dichiarante di voler procedere alla visita delle merci, oppure

b) ha constatato l'inesattezza delle indicazioni date, oppure

c) ha autorizzato lo svincolo delle merci».

Il controllo a posteriori delle dichiarazioni

VI. Ai sensi dell'art. 78 del codice, una dichiarazione in dogana può essere modificata dall'autorità doganale, d'ufficio o su richiesta del dichiarante, anche dopo che sia stato concesso lo svincolo delle merci (n. 1). In particolare, «[q]uando dalla revisione della dichiarazione o dai controlli a posteriori risulti che le disposizioni che disciplinano il regime doganale considerato sono state applicate in base ad elementi inesatti o incompleti, l'autorità doganale, nel rispetto delle norme in vigore e tenendo conto dei nuovi elementi di cui essa dispone, adotta i provvedimenti necessari per regolarizzare la situazione» (n. 3).

L'autorizzazione dei regimi doganali economici

VII. In forza dell'art. 85, il ricorso ad alcuni regimi doganali (i c.d. regimi doganali economici, tra i quali il perfezionamento passivo) è subordinato al rilascio di un'autorizzazione da parte dell'autorità doganale. Tale autorizzazione «definisce le condizioni in cui il regime in questione è utilizzato» (art. 87, n. 1), condizioni che variano a seconda del regime economico prescelto.

VIII. Per consentire la verifica del permanere di tali condizioni, l'art. 87, n. 2, precisa che «[i]l titolare dell'autorizzazione deve informare l'autorità doganale di qualsiasi fatto sopraggiunto dopo il rilascio dell'autorizzazione che possa avere un'incidenza sul mantenimento o sul contenuto di quest'ultima».

La contabilizzazione del dazio a posteriori

IX. L'art. 220 del codice doganale dispone, per quanto qui interessa, che:

«1. Quando l'importo dei dazi risultante da un'obbligazione doganale (...) sia stato contabilizzato ad un livello inferiore all'importo legalmente dovuto, la contabilizzazione dei dazi da riscuotere o che rimangono da riscuotere deve avvenire entro due giorni dalla data in cui l'autorità doganale si è resa conto della situazione in atto ed è in grado di calcolare l'importo legalmente dovuto e di determinarne il debitore (contabilizzazione a posteriori).

2. (¼ ) non si procede alla contabilizzazione a posteriori quando:

(¼ )

b) l'importo dei dazi legalmente dovuto non è stato contabilizzato per un errore dell'autorità doganale, che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore avendo questi agito in buona fede e rispettato tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana».

Il perfezionamento passivo

X. Il regime del perfezionamento passivo, che viene in rilievo nella presente causa, è disciplinato dagli artt. 145-160 del codice doganale.

XI. Tale regime «consente di esportare temporaneamente fuori del territorio doganale della Comunità merci comunitarie per sottoporle ad operazioni di perfezionamento e di immettere i prodotti risultanti da queste operazioni in libera pratica in esenzione totale o parziale dai dazi all'importazione» (art. 145, n. 1).

XII. E' opportuno qui ricordare che, ai sensi del n. 3 dello stesso articolo, s'intende per «merci di esportazione temporanea, le merci vincolate al regime di perfezionamento passivo», per «operazioni di perfezionamento, le operazioni di cui all'articolo 114, paragrafo 2, lettera c), primo, secondo e terzo trattino», ovvero «la lavorazione di merci, compreso il loro montaggio, il loro assemblaggio, il loro adattamento ad altre merci, la trasformazione di merci, la ripartizione di merci, compreso il loro riattamento e la loro messa a punto». Per quanto qui interessa, infine, sono «prodotti compensatori, tutti i prodotti risultanti da operazioni di perfezionamento».

XIII. Gli artt. 147 e 148 del codice disciplinano il rilascio dell'autorizzazione di perfezionamento passivo. A tal fine l'articolo 147, n. 1, prevede, in particolare, che «l'autorizzazione di perfezionamento passivo è rilasciata su richiesta della persona che fa effettuare le operazioni di perfezionamento».

XIV. L'art. 148, lett. b), prevede a sua volta che l'autorizzazione sia concessa esclusivamente «quando si ritenga possibile accertare che i prodotti compensatori sono stati ottenuti dalla lavorazione di merci di temporanea esportazione».

XV. Ai sensi dell'art. 150, n. 2, del codice:

«[l]'esenzione totale o parziale dai dazi all'importazione di cui all'articolo 151, paragrafo 1 non è concessa quando non siano soddisfatti una delle condizioni o uno degli obblighi relativi al regime di perfezionamento passivo, a meno che si dimostri che le mancanze non hanno avuto alcuna conseguenza sul corretto funzionamento del suddetto regime».

XVI. L'art. 151, nn. 1 e 2, prevede a sua volta che:

«1. L'esenzione totale o parziale dai dazi all'importazione di cui all'articolo 145 consiste nel detrarre dall'importo dei dazi all'importazione relativi ai prodotti compensatori immessi in libera pratica l'importo dei dazi all'importazione che sarebbero applicabili, alla stessa data, alle merci di temporanea esportazione se queste fossero importate nel territorio doganale della Comunità dal paese ove hanno formato oggetto dell'operazione o dell'ultima operazione di perfezionamento.

2. L'importo da detrarre ai sensi del paragrafo 1 è calcolato in funzione della quantità e della specie delle merci considerate il giorno dell'accettazione della dichiarazione del loro vincolo al regime di perfezionamento passivo e sulla base degli altri elementi di tassazione loro applicabili alla data di accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica dei prodotti compensatori».

Il traffico triangolare

XVII. Sono altresì rilevanti ai fini della presente causa le disposizioni relative al perfezionamento passivo triangolare, dettate dagli artt. 748-787 del regolamento n. 2454/93 del 2 luglio 1993 (in prosieguo: il «regolamento d'attuazione») .

XVIII. Ai sensi dell'art. 748, in particolare, si ha perfezionamento passivo triangolare quando l'immissione in libera pratica dei prodotti compensatori viene effettuata presso un'amministrazione doganale diversa da quella presso la quale viene effettuata l'esportazione temporanea delle merci.

XIX. Per quanto qui interessa, poi, l'art. 778 dispone che alle merci vincolate a tale regime sia allegato un certo «bollettino d'informazioni», denominato «bollettino INF 2», che dev'essere presentato all'ufficio doganale al momento della presentazione della dichiarazione di immissione in libera pratica (art. 781).

La nomenclatura combinata

XX. Va infine ricordato che il regolamento n. 2658/87 del Consiglio, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune , ha introdotto la nomenclatura combinata, classificando le merci in apposite voci (in prosieguo: le «voci NC») ai fini, in particolare, dell'applicazione dei dazi della tariffa doganale comune.

II - Fatti e procedimento

XXI. La controversia principale nasce nell'ambito di un'operazione di perfezionamento passivo triangolare che vede coinvolte, a vario titolo, le società Hewlett Packard Italiana, Hewlett Packard France e Hewlett Packard Europe (in prosieguo, rispettivamente: «HP Italia», «HP France» e «HP Europe»), la società Gefco SA, commissionario doganale, (in prosieguo: «Gefco»), l'amministrazione doganale francese e quella italiana.

XXII. Nel 1995 HP Italia otteneva dalle autorità doganali italiane l'autorizzazione ad utilizzare il regime di perfezionamento passivo per l'esportazione temporanea di componenti di hardware (schede elettroniche) dichiarati sotto la voce NC 8473 30 90, e per la successiva importazione, quali prodotti compensatori, di stampanti laser.

XXIII. Il bollettino INF 2, rilasciato dalle autorità doganali italiane su richiesta di HP Italia, riportava come voce doganale di riferimento dei componenti esportati l'indicazione 8473, vale a dire soltanto le prime quattro cifre della voce doganale dichiarata.

XXIV. Sia l'autorizzazione di perfezionamento passivo sia il bollettino INF 2 recavano allegata una dettagliata descrizione del disegno tecnico delle schede.

XXV. Le schede elettroniche venivano esportate dall'Italia verso la Cina e il Giappone. Qui esse erano installate nelle stampanti, che, nel corso del 1996 e 1997, venivano reimportate in Francia da HP France per conto di HP Europe, attraverso l'ufficio doganale di Ennery.

XXVI. Al momento della reimportazione Gefco, che agiva come commissionario doganale di HP France, dichiarava in dogana le schede sotto la voce NC 8473 30 10, diversa da quella già dichiarata in Italia al momento della loro esportazione (NC 8473 30 90), e più vantaggiosa ai fini del calcolo dell'esenzione prevista dal regime di perfezionamento passivo.

XXVII. La discordanza delle voci doganali veniva rilevata nel corso di successivi accertamenti compiuti dall'amministrazione doganale francese. La conseguente indagine metteva in luce che la modifica della dichiarazione era stata posta in essere unilateralmente dal commissionario, che aveva agito su indicazione di HP Europe. Dall'indagine emergeva inoltre che quell'errore di dichiarazione si era ripetuto più volte in altre operazioni, fino al novembre 1996.

XXVIII. Di conseguenza, l'amministrazione doganale francese contestava a Gefco, con un primo verbale del 3 dicembre 1998 e con un secondo del 26 settembre 2000, di aver modificato le voci doganali unilateralmente, senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione doganale e le notificava, con atto del 19 ottobre 2000, un ordine di pagamento per un importo di FRF 8 795 672, dovuti a titolo di dazi doganali e IVA.

XXIX. Gefco proponeva opposizione davanti al Tribunale di Metz, producendo, tra l'altro, una dichiarazione rilasciata il 21 dicembre 2000 dall'autorità doganale italiana - in esito ad un'istanza presentata il 29 novembre 2000 da HP Italia - in cui si confermava che la voce NC 8473 30 90, erroneamente dichiarata al momento dell'esportazione delle merci, «non corrisponde alla descrizione delle merci esportate» .

XXX. Il Tribunale di Metz, nutrendo dei dubbi quanto all'interpretazione degli artt. 145-151 del codice doganale comunitario, ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, il seguente quesito pregiudiziale:

«Se, nell'ambito di un perfezionamento passivo triangolare, una corretta interpretazione degli artt. 145-151 del codice doganale comunitario vieti ad un operatore di detrarre, al momento dell'immissione in libera pratica dei prodotti compensatori, l'importo dei dazi all'importazione che sarebbero applicabili alle merci in esportazione temporanea in funzione della loro corretta voce doganale nell'ipotesi in cui la voce doganale dichiarata al momento della loro esportazione fosse stata diversa perché errata».

XXXI. Nel procedimento davanti alla Corte hanno presentato osservazioni Gefco, i governi francese e portoghese e la Commissione.

III - Analisi giuridica

Argomenti delle parti

XXXII. Gefco sostiene anzitutto che la discordanza delle voci di tariffa doganale riscontrata nelle diverse fasi dell'operazione di perfezionamento passivo sarebbe il risultato di un errore amministrativo compiuto dalle autorità italiane, che essa avrebbe ignorato in buona fede.

XXXIII. In tali circostanze, l'art. 151, n. 2, del codice doganale dovrebbe essere interpretato nel senso che consente all'operatore incolpevole di detrarre dal dazio dovuto sui prodotti compensatori l'importo dei dazi che sarebbero applicabili alle merci in esportazione temporanea in funzione della voce doganale corrispondente alla loro specie reale, anche se diversa da quella dichiarata al momento della loro esportazione.

XXXIV. A sostegno della propria tesi Gefco fa ulteriormente valere che, nella fattispecie, l'errore nella dichiarazione della merce esportata non ha avuto alcuna conseguenza sul corretto funzionamento del regime di perfezionamento passivo, cosicché l'esenzione dal dazio risponde alle condizioni poste dall'art. 150, n. 2, del codice.

XXXV. Infatti, il regime di perfezionamento passivo mira ad evitare che le merci comunitarie esportate per essere sottoposte ad operazioni di perfezionamento al di fuori del territorio doganale comunitario siano colpite dall'imposizione doganale una volta reimportante nella Comunità. Per consentire che tale risultato sia raggiunto, continua la ricorrente nel giudizio principale, è necessario e sufficiente stabilire con certezza che i prodotti compensatori sono il frutto del perfezionamento delle merci temporaneamente esportate.

XXXVI. Infine, Gefco fa valere che, seguendo la contraria impostazione dell'amministrazione fiscale francese, si applicherebbe una sanzione manifestamente sproporzionata rispetto alla gravità dell'infrazione delle norme doganali, pregiudicando senza ragione il raggiungimento dell'obiettivo del regime doganale economico in questione.

XXXVII. Il governo francese, da parte sua, ritiene che l'esenzione parziale dai dazi all'importazione debba basarsi, in linea di principio, sulla dichiarazione di esportazione temporanea.

XXXVIII. Ciò non significa che sia in assoluto esclusa la possibilità di prendere in conto la specie reale delle merci in temporanea esportazione. Tuttavia, la vera natura e la posizione tariffaria corretta delle merci possono essere provate unicamente producendo la documentazione doganale corrispondente. Se essa è errata, perché era errata la dichiarazione doganale, è necessario che quest'ultima sia modificata, e ciò può avvenire solo nei modi e alle condizioni previsti dalla normativa doganale comunitaria.

XXXIX. Ora, ad avviso di tale governo si desume in particolare dagli artt. 65, n. 1, ed 87, n. 2, del codice che l'operatore che intenda ottenere tale modifica ha l'onere di presentare tempestivamente una domanda alle autorità doganali e di fornire loro la prova della necessità del cambiamento di posizione. Diversamente, l'amministrazione doganale non sarebbe in grado di verificare la natura delle merci per le quali è concesso un determinato regime doganale.

XL. Del resto, continua il governo francese, Gefco non avrebbe fatto tempestivamente uso neppure dell'ulteriore possibilità di revisione della dichiarazione doganale contemplata dall'art. 78 del codice, cosicché la ricorrente non potrebbe più invocare di fronte al giudice nazionale l'inesattezza della suddetta dichiarazione.

XLI. Il governo francese propone pertanto alla Corte di pronunciarsi nel senso che un operatore che, nell'ambito di un'operazione di perfezionamento passivo, abbia indicato nella dichiarazione all'esportazione una voce doganale errata e non abbia rettificato la dichiarazione prima della sua accettazione da parte delle autorità doganali, alle condizioni di cui all'art. 65, o non le abbia informate di elementi sopravvenuti dopo il rilascio dell'autorizzazione, ottenendo una rettifica del documento doganale ai sensi dell'art. 78, non può detrarre, al momento dell'immissione in libera pratica dei prodotti compensatori, l'importo dei dazi all'importazione che sarebbero applicabili alle merci in esportazione temporanea in funzione della loro corretta posizione tariffaria.

XLII. Il governo portoghese condivide, in linea di principio, l'analisi svolta dal governo francese e ritiene che una modifica unilaterale della classificazione tariffaria delle merci di esportazione temporanea non sia ammissibile.

XLIII. A suo avviso, tuttavia, una soluzione differente si imporrebbe ove ricorressero le condizioni dell'art. 220, n. 2, del codice. In particolare, in uno schema di perfezionamento passivo triangolare, la dogana del luogo di importazione dei prodotti compensatori dovrebbe prendere in considerazione la corretta voce doganale delle merci qualora l'erronea classificazione dipendesse da un errore delle autorità doganali del luogo di esportazione che non poteva essere ragionevolmente scoperto dall'operatore, purché quest'ultimo abbia rispettato tutte le disposizioni applicabili alla dichiarazione in dogana. Ad ogni modo, conclude il governo portoghese, spetta al giudice nazionale verificare se tali condizioni siano soddisfatte nel caso di specie.

XLIV. La Commissione, da parte sua, osserva preliminarmente che il regime di perfezionamento passivo è subordinato ad un'autorizzazione rilasciata per una certa operazione economica e per un determinato tipo di merci, cosicché il giudice nazionale, posto di fronte ad una discordanza tra la voce doganale dichiarata e la vera natura delle merci temporaneamente esportate, dovrebbe anzitutto stabilire se l'autorizzazione concessa sia sufficiente a coprire, stante il suo tenore letterale, le merci effettivamente esportate.

XLV. Nel caso di specie, osserva la Commissione, l'autorizzazione, pur riportando una voce doganale errata, rinvia per l'esatta determinazione della natura delle merci ad una dettagliata descrizione allegata, dal cui tenore sembra potersi desumere che essa copra anche le merci effettivamente esportate.

XLVI. Tuttavia, continua la Commissione, se così fosse, resterebbe da accertare se la constatata inosservanza delle disposizioni relative al regime di perfezionamento passivo, nella specie l'errata dichiarazione in dogana, abbia prodotto conseguenze sul corretto funzionamento del regime, in quanto, ai sensi dell'art. 150, n. 2, è solo in tale ipotesi che detta inosservanza potrebbe essere sanzionata.

XLVII. Ora, secondo la Commissione, deve senz'altro escludersi che l'errata dichiarazione relativa alla natura delle merci in temporanea esportazione possa compromettere il funzionamento del regime doganale ove essa sia poi stata rettificata ai sensi dell'art. 78, n. 3, per tener conto della vera natura delle merci esportate. In tal caso, infatti, nulla osterebbe a che l'obbligazione doganale derivante dall'importazione dei prodotti compensatori sia determinata in funzione della vera natura delle merci di esportazione temporanea, anche se differente da quella originariamente dichiarata.

XLVIII. Anche se tale rettifica non intervenisse, prosegue la Commissione, sarebbe nondimeno possibile alla parte interessata fornire in giudizio la prova della vera natura delle merci temporaneamente esportate e del fatto che i prodotti compensatori sono stati effettivamente ottenuti dalla lavorazione di quelle merci. In tal caso tuttavia, par di capire, dovrà esser fatto ricorso ad un mezzo di prova - quale un controllo a posteriori effettuato dalle autorità doganali, o una perizia - che con assoluta certezza possa contraddire il contenuto del documento doganale, possa cioè attestare inequivocabilmente che l'erronea dichiarazione relativa alla natura delle merci di temporanea esportazione non ha compromesso il funzionamento del regime doganale in questione.

XLIX. Nel caso di specie, come la Commissione ha precisato in udienza, tali condizioni sono soddisfatte, poiché la natura delle merci esportate e l'identità delle merci prima e dopo la loro lavorazione è agevolmente verificabile in base alla dettagliata descrizione allegata ai documenti doganali originali; del resto, le autorità doganali italiane hanno in buona sostanza confermato, in esito ad un controllo a posteriori, la correttezza della rappresentazione dei fatti operata da Gefco.

L. La Commissione conclude dunque nel senso che, qualora merci in esportazione temporanea siano state dichiarate sotto una voce doganale errata, spetta al debitore dell'obbligazione doganale provare che tale falsa dichiarazione non ha prodotto conseguenze reali sul corretto funzionamento del regime di perfezionamento passivo. Se questa prova è data e, in particolare, se un controllo doganale a posteriori stabilisce con certezza la posizione tariffaria esatta delle merci in esportazione temporanea, il debitore è autorizzato a detrarre, al momento dell'immissione in libera pratica dei prodotti compensatori, l'importo dei dazi all'importazione che sarebbero applicabili alle merci in esportazione temporanea in funzione della loro corretta voce doganale.

Valutazione

LI. Venendo ad una valutazione delle posizioni in campo, devo anzitutto osservare che non mi sembra possa essere utile ai fini della soluzione della questione che qui interessa un richiamo all'art. 220, n. 2, del codice, evocato dal governo portoghese.

LII. Ricordo che secondo tale disposizione non si procede a contabilizzazione a posteriori quando «l'importo dei dazi legalmente dovuto non è stato contabilizzato per un errore dell'autorità doganale, che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore avendo questi agito in buona fede e rispettato tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore riguardo alla dichiarazione in dogana».

LIII. Ora, per quanto in astratto praticabile, non mi sembra che tale via possa essere utilmente percorsa nel caso di specie. E' vero infatti che la dogana francese, dopo aver stabilito l'importo del dazio sui prodotti compensatori ad un dato livello, in considerazione della voce doganale dichiarata da Gefco all'atto dell'importazione, lo ha successivamente rideterminato, aumentandolo, ai sensi dell'art. 220, n. 1, sulla base della diversa voce doganale che era stata dichiarata all'esportazione. Ma l'errore che ha richiesto la contabilizzazione a posteriori del dazio non è dovuto né all'autorità doganale francese né a quella italiana, ma, essenzialmente, all'imperizia dell'esportatore, HP Italia, che ha utilizzato una voce doganale errata nelle proprie dichiarazioni di esportazione . Non mi pare dunque soddisfatta la prima delle condizioni di cui al n. 2 dell'art. 220, ostative alla contabilizzazione a posteriori.

LIV. Né vale sostenere che il predetto errore «non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore» (come vuole l'art. 220), poiché i fatti dimostrano, al contrario, che Gefco se ne è resa conto e ha unilateralmente modificato di conseguenza le dichiarazioni in dogana all'atto dell'importazione dei prodotti compensatori.

LV. Neppure l'ulteriore condizione di cui all'art. 220, n. 2, può pertanto considerarsi soddisfatta nel presente caso.

LVI. Venendo ora al cuore del dibattito svoltosi tra le parti, osservo in via preliminare che nessuna di queste contesta che, nella fattispecie, vi sia stata una violazione delle condizioni del regime di perfezionamento passivo, poiché è assodato che all'atto dell'esportazione è stata fornita una dichiarazione inesatta e che le autorità doganali non sono state informate dell'errore.

LVII. Del pari, nessuno contesta che ai sensi dell'art. 150, n. 2, del codice la violazione delle condizioni cui è sottoposto il regime doganale in questione non si traduca necessariamente in una maggiorazione del dazio se sia data la prova che essa non ha avuto conseguenze sostanziali sul funzionamento del regime.

LVIII. Il punto sul quale le posizioni divergono, come si è visto ampiamente in precedenza, è se tale prova possa essere data anche in un caso, come quello in esame, in cui la violazione sia stata accertata e non vi sia stata una successiva modifica della dichiarazione di esportazione e dell'autorizzazione di perfezionamento passivo ai sensi dell'art. 78, n. 3.

LIX. Il governo francese sembra ritenere indispensabile la modifica del documento doganale, perché vi sarebbe una sorta di presunzione assoluta circa la sua veridicità, sicché non sarebbe possibile provare altrimenti che i prodotti compensatori sono stati effettivamente ottenuti dalla lavorazione delle merci in temporanea esportazione. Gefco e la Commissione, per contro, sostengono che, anche in assenza di una modifica formale della dichiarazione in dogana, la parte interessata potrebbe ugualmente fornire la prova con altri mezzi.

LX. Per parte mia, devo anzitutto osservare che, se si prescinde dalle opposte posizioni di principio, si può forse dare alla questione sollevata nel presente giudizio una risposta che potrebbe conciliarsi con entrambe le posizioni, senza dover necessariamente operare una previa scelta di campo. Ritengo infatti che, riguardo allo specifico caso che qui interessa, una soluzione potrebbe essere trovata facendo leva direttamente sull'art. 78 del codice, nella lettura che ne ha fatto la Corte nella recentissima sentenza Overland .

LXI. In tale sentenza, la Corte era stata chiamata a pronunciarsi sul caso di un operatore che all'atto dell'importazione di certi prodotti aveva dichiarato erroneamente un valore più elevato di quello reale. Accortosi dell'errore, egli aveva richiesto il rimborso della parte di dazio non dovuta; il rimborso gli era stato accordato, ma la relativa decisione era stata poi annullata. Nella sua sentenza, la Corte non ha ritenuto necessario fornire una risposta di principio sulla questione se l'autorità doganale fosse tenuta a procedere alla revisione della dichiarazione doganale, ai sensi dell'art. 78, e a quali condizioni. Essa si è limitata a notare che quell'autorità aveva in un primo momento concesso il rimborso e «[p]er far ciò [essa aveva] necessariamente dovuto riesaminare le dichiarazioni in dogana alla luce del nuovo elemento sottoposto (¼ ), cosicché si deve ritenere che ess[a abbia] accettato di effettuare la revisione delle dichiarazioni e abbi[a] adottato, dopo tale revisione ed in base ai suoi risultati, le decisioni necessarie per "regolarizzare la situazione", ai sensi dell'art. 78, n. 3, del codice doganale, tenendo conto del fatto che le dichiarazioni erano incomplete a causa di un involontario errore del dichiarante» (punto 23).

LXII. In altri termini, la Corte ha riconosciuto che una decisione delle autorità doganali il cui tenore sia incompatibile con quello di una precedente errata dichiarazione doganale può (rectius, deve) essere considerata come una implicita decisione di regolarizzazione di tale dichiarazione ai sensi dell'art. 78.

LXIII. Nel caso di specie, in esito ad una domanda presentata ai sensi dell'art. 78 le autorità italiane hanno disconosciuto la veridicità della dichiarazione di esportazione, attestando che la natura delle merci esportate non corrispondeva a quella documentata. Ne consegue, se si fa applicazione della ricordata giurisprudenza, che un siffatto disconoscimento deve equivalere all'adozione di una decisione, seppure soltanto implicita, di rettifica della dichiarazione di esportazione ai sensi dell'art. 78.

LXIV. Ciò detto, non credo sia necessario dilungarsi sulla questione di principio che, come si è visto (paragrafi 58 e 59), ha profondamente diviso le parti, anche perché non mi sembra che il codice offra molti appigli per una risposta univoca e risolutiva. Mi limito in proposito ad esprimere le mie perplessità su una soluzione che precludesse, sempre e comunque, la possibilità di fornire una prova alternativa nei casi prospettati, perché mi sembra che essa mal si concilierebbe con le finalità del sistema e con una valutazione equa e ragionevole dello stesso.

LXV. Ritengo, in particolare, che almeno nelle ipotesi eccezionali in cui la stessa autorità doganale abbia disconosciuto il contenuto dei documenti rilevanti, nella parte in cui questi attestavano un'errata classificazione delle merci, e una classificazione corretta possa essere agevolmente stabilita attraverso la prova della reale natura di quelle merci, non si possa precludere all'interessato tale prova, anche in assenza di una formale modifica dei documenti doganali.

LXVI. In caso contrario, infatti, non solo si priverebbe di significato la previsione dell'art. 150, n. 2, ma si rischierebbe per di più di disattendere l'obiettivo del regime doganale di perfezionamento passivo, poiché si imporrebbe agli operatori un dazio maggiorato non giustificato dagli obiettivi di politica commerciale comune che il codice, nel suo complesso, e le disposizioni relative al perfezionamento passivo, in particolare, perseguono.

LXVII. Mi pare che il caso di specie rappresenti proprio uno di quei casi eccezionali, visto che la stessa autorità doganale italiana ha confermato che la voce doganale sotto cui erano state dichiarate le merci e ne era stata autorizzata l'esportazione era errata.

LXVIII. Spetterà ovviamente al giudice del rinvio procedere alla valutazione dei fatti e stabilire se Gefco abbia o meno fornito la prova in questione. Qui mi limito ad osservare che, nel caso di specie, l'accertamento della reale natura delle merci temporaneamente esportate e dell'identità tra quelle merci e i componenti dei prodotti compensatori non mi pare molto arduo. La prova è in effetti facilitata dal fatto che le schede sono state inserite nelle stampanti senza subire alcuna modifica, e può dunque discendere sia dalla dettagliata descrizione tecnica allegata all'autorizzazione doganale e ai bollettini INF 2, sia dalla corrispondente dichiarazione resa dalle autorità doganali italiane in esito alla richiesta di revisione ed avallata dalla stessa Commissione in udienza.

LXIX. Alla luce di tutto quanto precede, propongo pertanto alla Corte di rispondere al quesito sottoposto dal Tribunale di Metz che gli artt. 145-151 del codice doganale comunitario vanno interpretati nel senso che non si oppongono a che, in un caso come quello di specie, l'operatore che abbia dichiarato delle merci vincolate al regime di perfezionamento passivo sotto una voce doganale errata sia ammesso a detrarre, al momento dell'immissione in libera pratica dei prodotti compensatori, l'importo dei dazi all'importazione che sarebbero applicabili alle merci in esportazione temporanea in funzione della loro corretta voce doganale.

IV - Conclusioni

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare che:

«Gli artt. 145-151 del codice doganale comunitario vanno interpretati nel senso che non si oppongono a che, in un caso come quello di specie, l'operatore che abbia dichiarato delle merci vincolate al regime di perfezionamento passivo sotto una voce doganale errata sia ammesso a detrarre, al momento dell'immissione in libera pratica dei prodotti compensatori, l'importo dei dazi all'importazione che sarebbero applicabili alle merci in esportazione temporanea in funzione della loro corretta voce doganale».