I –Introduzione
1. Nel caso di specie viene in esame la sentenza del Tribunale di primo grado (in prosieguo: il «Tribunale») 12 luglio 2001,
cause riunite T-202/98, T-204/98 e T-207/98
(2)
(in prosieguo: la «sentenza impugnata»).
2. Il contesto è quello del procedimento che ha condotto alla sentenza impugnata e in cui era stata sollevata la censura relativa
alla condotta anticoncorrenziale da parte di produttori e commercianti di zucchero nel Regno Unito (ad eccezione dell’Irlanda
del Nord). Per ulteriori informazioni, in particolare in merito alla situazione esistente sul mercato britannico dello zucchero
al dettaglio e dello zucchero industriale nel periodo rilevante ai fini del procedimento, si rinvia alla sentenza impugnata.
3. Il 14 ottobre 1998 veniva adottata la «decisione della Commissione (...) [1999/210/CE] relativa ad una procedura a norma dell’articolo
85 del Trattato CE»
(3)
(in prosieguo: la «decisione»). La decisione era diretta contro la British Sugar plc, la Tate & Lyle plc, la Napier Brown
& Co. Ltd e la James Budgett Sugars Ltd. La Commissione vi dichiarava che le imprese menzionate, avendo partecipato ad un
accordo e/o ad una pratica concordata la cui finalità era quella di restringere la concorrenza attraverso il coordinamento
delle rispettive politiche dei prezzi sui mercati britannici dello zucchero al dettaglio e dello zucchero industriale, avevano
violato l’art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE).
4. Nel caso della British Sugar, ricorrente nel presente procedimento (in prosieguo: la «ricorrente»), nella decisione la Commissione
aveva sollevato la censura secondo cui essa avrebbe coordinato la sua politica in materia di prezzi, nel periodo intercorso
tra il 20 giugno 1986 e il 2 luglio 1990, informando gli altri destinatari della propria intenzione di aumentare i prezzi
dello zucchero. L’ammenda inflitta alla ricorrente nella decisione è pari ad ECU 39 600 000.
5. Tre dei quattro destinatari della decisione, tra cui la ricorrente, avevano proposto ricorso dinanzi al Tribunale avverso
la detta decisione. Il Tribunale respingeva il ricorso della ricorrente condannandola al pagamento delle spese.
6. Il 21 settembre 2001 la ricorrente ha proposto ricorso avverso la detta sentenza presso la cancelleria della Corte.
II –Conclusioni e motivi di impugnazione
7. In sede d’impugnazione la ricorrente chiede che la Corte voglia dichiarare
1)
che l’accordo o pratica concordata non poteva pregiudicare il commercio tra gli Stati membri;
2)
in subordine, che l’ammenda inflitta era sproporzionata,
e che la Corte voglia
1)
annullare la sentenza del Tribunale di primo grado e
2)
annullare la decisione impugnata in toto o, in subordine, parzialmente;
oppure
3)
annullare gli artt. 3 e 4 della decisione impugnata o ridurre l’ammenda; e
4)
condannare la Commissione a pagare le spese sostenute dalla British Sugar per il presente ricorso e le spese inerenti alla
causa T-204/98, comprese quelle relative al procedimento sommario.
La Commissione chiede che la Corte voglia
1)
dichiarare il ricorso parzialmente irricevibile e per il resto respingerlo in quanto infondato; in subordine respingere integralmente
il ricorso in quanto infondato;
2)
condannare la ricorrente a pagare le spese sostenute dalla Commissione per quanto riguarda il presente procedimento.
8. Come emerge dal suo ricorso, la ricorrente si fonda su due motivi. Con il primo motivo d’impugnazione essa fa valere che il
Tribunale, nell’interpretare l’art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE), avrebbe frainteso la fattispecie
del pregiudizio per il commercio tra Stati membri. Con il secondo motivo d’impugnazione la ricorrente fa valere che, nell’ambito
della valutazione dell’ammenda, il Tribunale non avrebbe riconosciuto che essa era sproporzionata e non avrebbe preso in considerazione
il fatto che, nella sua determinazione, non si era tenuto sufficientemente conto della struttura del mercato britannico dello
zucchero.
III –Esame del caso
A – Sul primo motivo d’impugnazione: pregiudizio per il commercio tra Stati membri (art. 85, n. 1, del Trattato CE, divenuto
art. 81, n. 1, CE)
1. Argomenti sostanziali delle parti
9. Innanzi tutto la ricorrente contesta i punti 80 e segg. della sentenza impugnata, in cui il Tribunale, rinviando ad una costante
giurisprudenza
(4)
, indica i motivi per cui la pratica concordata contestata poteva pregiudicare il commercio tra Stati membri (art. 85, n. 1,
del Trattato CE, divenuto art. 81, n. 1, CE), nonostante avesse ad oggetto solo il coordinamento della politica in materia
di prezzi sul mercato britannico dello zucchero.
10. La ricorrente ritiene che il Tribunale abbia frainteso la giurisprudenza
(5)
applicabile in relazione all’attitudine a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri e abbia commesso un errore di diritto
applicandola al caso di specie.
11. In particolare la ricorrente deduce che, al punto 81 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe fatto riferimento a circostanze
esulanti dalle stesse pratiche concordate. Infatti il Tribunale si sarebbe fondato solo sull’intenzione della ricorrente e
su quella della Tate & Lyle di limitare le importazioni sui mercati nazionali dello zucchero. Tuttavia questi propositi non
avrebbero avuto alcun nesso con gli accordi/le pratiche concordate contestati. Inoltre, nel caso della ricorrente, il proposito
della Tate & Lyle non potrebbe essere addotto per comprovare l’incidenza sul commercio tra gli Stati membri in quanto si sarebbe
trattato di una motivazione indipendente dalle intenzioni proprie della ricorrente. Del resto, sarebbe indubbio che nel periodo
rilevante sono avvenute importazioni di zucchero, come ha rilevato il Tribunale stesso al punto 80 della sentenza impugnata.
In tal modo si dimostrerebbe che l’intenzione generale menzionata dal Tribunale di impedire importazioni di zucchero non avrebbe
avuto alcun nesso con la pratica concordata contestata.
12. Inoltre la ricorrente obietta, rinviando alla giurisprudenza della Corte e del Tribunale
(6)
, che ai punti 83 e seg. della sentenza impugnata il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che il potenziale pregiudizio
per il commercio tra Stati membri doveva essere «sensibile». Non sarebbe sufficiente una mera possibilità astratta, fittizia
o esigua di effetti rilevanti.
13. La ricorrente contesta altresì che nella sentenza impugnata il Tribunale abbia considerato i mercati dello zucchero al dettaglio
e dello zucchero industriale come un mercato unico per l’importazione, al fine di dimostrare che la pratica concordata contestata
poteva pregiudicare il commercio tra gli Stati membri. In tal modo il Tribunale, tralasciando di considerare che sul mercato
britannico dello zucchero al dettaglio confezionato, per motivi pratici (ad esempio spese di trasporto, etichettatura e confezionamento),
non vi sono pressoché importazioni, avrebbe commesso un errore di diritto.
14. La Commissione ritiene che, nella sentenza impugnata, l’idoneità a pregiudicare il commercio tra Stati membri sia stata constatata
dal Tribunale senza incorrere in errori di diritto.
15. Dalla giurisprudenza
(7)
emergerebbe che, nel caso di accordi/pratiche concordate estesi a tutto il territorio nazionale, per valutare se essi possano
pregiudicare il commercio tra gli Stati membri occorrerebbe tener conto di tutte le circostanze. Per questo motivo potrebbero
essere presi in considerazione anche fatti estranei agli accordi/alle pratiche concordate stessi e non sarebbe rilevante l’entità
del contributo della singola impresa partecipante o i propositi da essa perseguiti al riguardo
(8)
.
16. Ai punti 80 e segg. della sentenza impugnata, là dove si è tenuto conto delle circostanze della pratica concordata anticoncorrenziale
nel suo complesso (portata geografica, posizione degli operatori sul mercato, sostanziale permeabilità del mercato alle importazioni,
intenzione generale degli operatori di impedire le importazioni), si sarebbe dimostrato in maniera adeguata che ricorrevano
le condizioni poste dalla costante giurisprudenza in relazione all’attitudine a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri.
17. Per quanto riguarda l’intenzione generale della ricorrente e della Tate & Lyle di impedire le importazioni di zucchero, la
Commissione osserva che, secondo la giurisprudenza della Corte
(9)
, sarebbe irrilevante il fatto che il pregiudizio per il commercio tra Stati membri costituisca l’oggetto di una pratica concordata
contestata. Sarebbe invece sufficiente che dagli effetti di una pratica concordata emerga la possibilità di una siffatta incidenza.
Come dichiarato dalla Corte nella causa Belasco
(10)
, tale situazione si configurerebbe nel caso di un’intesa in materia di prezzi estesa a tutto il territorio nazionale, in
quanto le imprese aderenti potrebbero conservare la loro quota di mercato soltanto se si tutelano contro la concorrenza di
altri Stati membri.
18. Per quanto attiene al carattere sensibile del pregiudizio per il commercio tra gli Stati membri, la Commissione ritiene che
la ricorrente abbia frainteso la sentenza impugnata. Il Tribunale avrebbe rilevato, non al contestato punto 84 della sentenza
impugnata, bensì al punto 78, in conformità della giurisprudenza della Corte
(11)
, che, nel caso di un accordo/una pratica concordata che si estenda a tutto il territorio di uno Stato membro e che pertanto
consolidi la compartimentazione del mercato nazionale, si può ritenere probabile che il potenziale pregiudizio sia anche sensibile
(12)
. Non vi sarebbero valori limite per definire il carattere sensibile. In linea generale accadrebbe piuttosto che più gli scambi
tra gli Stati membri sono limitati, più appare probabile che il potenziale pregiudizio di detto commercio sia anche sensibile
(13)
.
19. Avverso la critica della ricorrente secondo cui il Tribunale avrebbe considerato congiuntamente i mercati dello zucchero al
dettaglio e dello zucchero industriale, la Commissione obietta che neanche da un’analisi separata sarebbero emerse valutazioni
diverse in relazione al carattere sensibile del pregiudizio per il commercio tra Stati membri. Infatti le condizioni (sostanziale
permeabilità alle importazioni, percentuale del 90% degli operatori presenti sui mercati interessati) sarebbero state rispettivamente
soddisfatte anche sui singoli mercati menzionati.
2. Valutazione
20. Il primo motivo di impugnazione riguarda l’interpretazione della nozione di pratiche che «possano pregiudicare il commercio
tra Stati membri» ai sensi dell’art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE). A questo proposito sorge la questione
se il Tribunale abbia fondatamente ritenuto che la pratica concordata contestata a) fosse atta a pregiudicare il commercio
tra Stati membri e b) detto pregiudizio avrebbe potuto essere sensibile.
a) Sulla questione dell’attitudine a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri
21. Al punto 79 della sentenza impugnata il Tribunale si è fondato su una «costante giurisprudenza» secondo cui «la circostanza
che un accordo abbia per oggetto soltanto la distribuzione dei prodotti in un unico Stato membro non è sufficiente ad escludere
che il commercio tra Stati membri possa essere pregiudicato. Qualora si tratti di un mercato permeabile alle importazioni,
le imprese aderenti ad un accordo nazionale in materia di prezzi possono conservare la loro quota di mercato soltanto se si
tutelano contro la concorrenza straniera».
22. Ritengo che, in conclusione, non si possa contestare l’affermazione del Tribunale secondo la quale nel caso di specie poteva
esserci un pregiudizio per il commercio tra gli Stati membri. Tuttavia mi pare che sia stata fornita una motivazione in versione
ridotta e, pertanto, non immediatamente comprensibile.
23. Ai punti 79 e segg. della sentenza impugnata il Tribunale, rinviando alla sentenza della Corte nella causa Belasco
(14)
, si è fondato, da un lato, sulla dichiarazione generica che «(...) le imprese aderenti ad un accordo nazionale in materia
di prezzi possono conservare la loro quota di mercato soltanto se si tutelano contro la concorrenza straniera» e, dall’altro,
sull’intenzione generale di alcune delle imprese aderenti di impedire le importazioni di zucchero.
24. Ritengo che detta motivazione non sia immediatamente convincente in quanto, al fine di valutare se il commercio tra gli Stati
membri possa essere pregiudicato, si deve distinguere in linea generale tra intese in materia di prezzi e intese in materia
di ripartizione del mercato.
25. Di regola le intese in materia di prezzi servono ad assicurarsi prezzi particolarmente elevati e, pertanto, possono in linea
di principio favorire o intensificare le importazioni piuttosto che pregiudicarle. In tal senso, solo nel caso di intese in
materia di ripartizione del mercato nella giurisprudenza si considera che dette intese determinino la compartimentazione dei
mercati interessati nei confronti di concorrenti di altri Stati membri e, di conseguenza, incidano di per sé sul commercio
tra Stati membri
(15)
. Per contro, riguardo alle intese in materia di prezzi, la Corte ha riconosciuto che esse possono pregiudicare il commercio
tra gli Stati membri solo quando le relative intese sui prezzi erano accompagnate da misure di sostegno o siffatte misure
erano perlomeno probabili
(16)
. In mancanza di simili misure accompagnatorie la Corte si è fondata, in casi specifici, ad esempio sul fatto che talune prestazioni
di servizi oggetto di un’intesa sui prezzi presentavano un carattere internazionale
(17)
(prestazioni fornite da spedizionieri doganali o da revisori dei conti) o che gli operatori aderenti all’intesa erano imprese
«presenti su tale mercato (...) presenti anche sull’intero mercato comune»
(18)
.
26. Come emerge dalla decisione, nell’ambito del cartello di prezzo di cui trattasi esistente sul mercato britannico dello zucchero
si era solo instaurata la politica di informazione contestata. Quindi non si erano adottate misure di sostegno a garanzia
del cartello, né si è sostenuto che siffatte misure erano in qualche modo necessarie o probabili. Non vi sono indizi neanche
per quanto riguarda l’esistenza di altre peculiarità, né del prodotto né delle imprese aderenti, che facessero supporre che
questo cartello di prezzo potesse pregiudicare il commercio tra gli Stati membri. Anzi, a questo riguardo il Tribunale si
è fondato solo sul fatto che una delle «maggiori preoccupazioni» della ricorrente e della Tate & Lyle consisteva nel «limitare
il livello delle importazioni».
27. La ricorrente si oppone a questa affermazione del Tribunale contestando che tra la sua politica contraria alle importazioni
e la sua partecipazione al cartello di prezzo esistesse un nesso causale. Ad un primo esame condivido quanto sostiene la ricorrente
in quanto l’ipotesi del Tribunale nell’ambito di questa generalizzazione non è convincente da un punto di vista economico.
28. Come ho già osservato in precedenza, un cartello nazionale in materia di prezzi mira in linea di principio a mantenere prezzi
interni particolarmente elevati. Un cartello di prezzo destinato ad impedire le importazioni mira invece a contenere i prezzi
interni al livello a tal fine necessario. Come emerge dal punto 81 della sentenza impugnata, il Tribunale sembra manifestamente
essere dell’avviso che nel caso di specie dovesse trattarsi di un cartello di prezzo destinato a soddisfare nel contempo sia l’interesse comune degli operatori a prezzi il più possibile elevati sia l’interesse della ricorrente e della Tate & Lyle a prezzi eventualmente bassi. Tuttavia il Tribunale non fornisce precisazioni
al riguardo.
29. Qualora nel caso di specie fossero stati stipulati accordi concreti in materia di prezzi, la Commissione, e in seguito il
Tribunale, sulla base dell’importo concreto dei prezzi stabiliti, avrebbero potuto accertare con relativa facilità quale politica
comune dei prezzi perseguisse un siffatto accordo: lo scopo dell’intesa poteva essere quello di garantire i prezzi massimi raggiungibili sul mercato interno – per cui si sarebbe dovuto negare che essa fosse atta a pregiudicare il commercio tra
gli Stati membri – oppure quello di garantire i più alti prezzi possibili (vale a dire prezzi di fatto superiori al prezzo di mercato, ma nel contempo sufficientemente bassi da non minacciare le
importazioni), nel qual caso si sarebbe dovuta confermare la tesi dell’idoneità a pregiudicare.
30. Tuttavia, come constata il Tribunale nella sentenza impugnata, nel caso di specie non è stato stipulato alcun accordo per
fissare un dato livello di prezzi. La ricorrente aveva solo fornito ai suoi concorrenti informazioni relativamente dettagliate
sui prezzi da essa praticati sul mercato britannico dello zucchero.
31. Una siffatta politica d’informazione è senz’altro atta a mantenere il più alto livello comune di prezzi possibile, vale a
dire prezzi interni elevati tenuto conto della soglia che impedirebbe le importazioni. Quindi, in conclusione, in questo caso
particolare di cartello di prezzo avente forma di una politica unilaterale di informazione sui prezzi, il Tribunale ha ragione
a constatare – forse in modo un po’ troppo sintetico – che la citata «maggior[e] preoccupazion[e]» di impedire le importazioni
è stata la circostanza che ha fatto apparire la politica di informazione attuata dalla ricorrente come una pratica concordata
atta a pregiudicare il commercio tra Stati membri.
32. Pertanto, per quanto riguarda la censura secondo cui il Tribunale avrebbe a torto considerato che la pratica concordata contestata
poteva pregiudicare il commercio tra Stati membri, il primo motivo di impugnazione va respinto perché infondato.
b) Sulla questione del carattere sensibile del pregiudizio per il commercio tra Stati membri
33. Al punto 84 della sentenza impugnata il Tribunale si è fondato sulla sua giurisprudenza
(19)
secondo cui «la Commissione non ha l’obbligo di dimostrare che (...) un accordo o (...) una pratica concordata ha un effetto
sensibile sugli scambi fra Stati membri. Infatti, ciò che importa, ai fini dell’art. 85, n. 1, del Trattato, è solo che gli
accordi e le pratiche concordate restrittivi della concorrenza possano pregiudicare il commercio fra Stati membri». Al punto
85 della sentenza impugnata il Tribunale ne trae direttamente la conclusione che «la Commissione ha a ragione ritenuto che
l’intesa contestata poteva incidere sugli scambi intracomunitari». Quindi al punto 85 della sentenza impugnata il Tribunale
non fornisce alcuna motivazione per cui il potenziale pregiudizio per il commercio tra gli Stati membri avrebbe potuto essere sensibile nel caso di specie.
34. Ciononostante ritengo che il Tribunale, sulla base degli argomenti dedotti dall’odierna ricorrente e nel rispetto della costante
giurisprudenza, abbia statuito senza commettere errori di diritto.
35. Al punto 84 della sentenza impugnata il Tribunale, rinviando alla giurisprudenza della Corte ivi citata, rileva giustamente
che non era necessario dimostrare che un accordo/una pratica concordata ha effettivamente pregiudicato il commercio tra Stati membri in maniera sensibile. Nell’ambito della nozione di «pregiudizio potenziale» è logicamente impossibile dimostrare un pregiudizio effettivo.
36. Tuttavia ciò non esonera in linea di principio dalla necessità di motivare in quale misura il relativo pregiudizio potenziale
possa, quantomeno per sua natura, essere sensibile. Il Tribunale non ha fornito detta motivazione, bensì si è limitato, ai punti 83 e seg., a controbattere l’argomento dedotto
dalla ricorrente secondo cui dovrebbe sussistere un pregiudizio effettivamente sensibile.
37. Tuttavia dal punto 75 della sentenza impugnata, che riporta l’argomento dedotto dinanzi al Tribunale dall’odierna ricorrente,
non si può desumere che nel procedimento dinanzi al Tribunale la ricorrente abbia sostenuto che la pratica concordata contestata
non era atta, in quanto tale, a pregiudicare sensibilmente il commercio tra Stati membri. Quindi, nel procedimento di primo
grado l’argomento dedotto dall’odierna ricorrente si limitava manifestamente a contestare il fatto che la decisione era partita
dal presupposto che esistesse un effettivo pregiudizio sensibile.
38. Ne consegue che, per quanto riguarda l’attitudine a pregiudicare sensibilmente il commercio tra Stati membri, gli argomenti
dedotti dalla ricorrente nel presente procedimento contengono un punto di vista nuovo, non presentato in tale forma nel procedimento
dinanzi al Tribunale. Pertanto, a questo riguardo il motivo di impugnazione è irricevibile ai sensi dell’art. 113, n. 2, del
regolamento di procedura
(20)
.
3. Conclusione
39. Pertanto, il primo motivo di impugnazione con cui la ricorrente addebita al Tribunale di non aver interpretato in maniera corretta l’idoneità
a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri ai sensi dell’art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE),
avendo a torto considerato che la pratica concordata contestata poteva pregiudicare il commercio tra Stati membri e che detto
pregiudizio avrebbe potuto essere sensibile, è in parte irricevibile e per il resto infondato. Il primo motivo di impugnazione va pertanto respinto.
B – Sul secondo motivo di impugnazione: proporzionalità dell’ammenda e presa in considerazione della struttura del mercato nel
valutarne l’importo
1. Argomenti sostanziali delle parti
40. La ricorrente contesta i punti 98 e segg. della sentenza impugnata in cui, a suo parere, il Tribunale non ha considerato il
fatto che, nel determinare l’importo dell’ammenda, la Commissione non avrebbe tenuto conto a) del principio di proporzionalità
e b) della particolare struttura del mercato britannico dello zucchero.
41. Per quanto riguarda l’inosservanza del principio di proporzionalità dell’ammenda, la ricorrente deduce i seguenti argomenti.
La ricorrente ritiene che, qualificando la violazione della concorrenza come «grave», il Tribunale abbia commesso un errore
di diritto, in quanto avrebbe trascurato il fatto che non si potevano dimostrare accordi concreti in materia di prezzi minimi
e che la pratica concordata contestata non aveva avuto alcuna incidenza effettiva sui prezzi o sul commercio tra gli Stati
membri. Il Tribunale si sarebbe piuttosto limitato a rilevare, al punto 103 della sentenza impugnata, che detti aspetti erano
già stati considerati dalla Commissione allorché ha qualificato come «grave» anziché come «molto grave» la fattispecie.
La ricorrente ritiene altresì che, al punto 106 della sentenza impugnata, il Tribunale abbia commesso un errore di diritto,
non tenendo conto della mancanza di effetti per la durata della violazione della concorrenza. Gli orientamenti recitano che
l’importo di base delle ammende per le infrazioni di lunga durata dovrebbe essere notevolmente aumentato «allo scopo di imporre
effettive sanzioni alle restrizioni che hannodanneggiato 21 –Il corsivo è mio. i consumatori per un lungo periodo». Tuttavia in mancanza di simili effetti – come nel caso di specie –, non si potrebbe
stabilire alcun aumento connesso con la durata.
Infine la ricorrente contesta che l’ammenda fissata nella decisione è stata aumentata globalmente del 75% a causa di circostanze
aggravanti, cosa di cui il Tribunale non avrebbe tenuto conto ai punti 108 e segg. della sentenza impugnata. In linea generale,
un aumento a motivo di circostanze aggravanti, che abbia condotto ad un’ammenda totale di ECU 39,6 milioni, alla luce del
fatto che nel caso della ricorrente non sarebbe sussistito alcuno dei motivi menzionati al punto 108 della sentenza, andrebbe
valutato nel complesso come sproporzionato.
42. Per quanto riguarda la mancata presa in considerazione della particolare struttura del mercato britannico dello zucchero nella
valutazione dell’ammenda, la ricorrente deduce quanto segue.
Secondo la ricorrente, al punto 113 della sentenza impugnata il Tribunale avrebbe considerato che la contestata politica di
informazione della ricorrente fosse atta a limitare la scarsa concorrenza dovuta alla particolare struttura del mercato britannico
dello zucchero. In tal modo nel caso di specie il Tribunale non avrebbe tenuto conto della particolare struttura del mercato
dello zucchero, discostandosi dalla posizione più indulgente assunta dalla Corte nella sentenza Suiker Unie 22 –Sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73,
Suiker Unie e a./Commissione (Racc. pag. 1663)..
43. La Commissione ritiene che il secondo motivo d’impugnazione sia irricevibile o, in subordine, infondato.
44. Per quanto concerne l’irricevibilità del secondo motivo d’impugnazione, la Commissione deduce quanto segue.
La ricorrente contesterebbe solo alcuni dei numerosi motivi con cui il Tribunale ha confermato l’importo dell’ammenda e su
questa base chiederebbe alla Corte di procedere ad un riesame completo della decisione. Di conseguenza la Corte dovrebbe sostituire
la propria valutazione dei fatti a quella del Tribunale, il che – come già dichiarato nella causa Baustahlgewebe 23 –Sentenza 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione (Racc. pag. I‑8417). – sarebbe inammissibile nell’ambito del ricorso contro una pronuncia del Tribunale.
45. Qualora la Corte dovesse dichiarare ricevibile il secondo motivo d’impugnazione, la Commissione sostiene quanto segue riguardo
alla fondatezza.
In riferimento alla gravità della violazione della concorrenza, la Commissione chiarisce la decisione sulla base degli orientamenti,
osservando che il ruolo svolto dalla ricorrente quale fomentatrice di tale violazione sarebbe stato preso in considerazione
non già sotto il profilo della «gravità» nell’ambito della determinazione dell’importo di base, bensì solo quale «circostanza
aggravante», tra i relativi fattori di incremento. Ciò è quanto avrebbe giustamente rilevato ed a ragione confermato il Tribunale
ai punti 100 e segg. Del resto in linea generale gli orientamenti non sarebbero concepiti come testo legislativo e non conterrebbero
tariffe precise per le ammende.
Quanto alla durata della violazione della concorrenza, la Commissione ritiene che l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 24 –Regolamento n. 17: Primo regolamento d’applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (GU 1962, P 13, pag. 204). menzioni la gravità e la durata di una violazione della concorrenza quali aspetti indipendenti ai fini della determinazione
dell’ammenda, cosicché la durata di un’infrazione potrebbe essere presa in considerazione anche nel caso in cui un atto anticoncorrenziale
non abbia inciso in maniera effettiva sulla concorrenza.
Per quanto attiene alla censura generica della mancanza di proporzionalità dell’importo dell’ammenda, la Commissione sostiene
che al riguardo la ricorrente non avrebbe dedotto argomenti nuovi rispetto a quanto da essa sostenuto in merito ai singoli
aspetti contestati (quali ad esempio la gravità e la durata).
46. In merito alla presa in considerazione della particolare struttura del mercato britannico dello zucchero, la Commissione ritiene
che il Tribunale abbia inteso in maniera corretta la sentenza nella causa Suiker Unie
(25)
, poiché in tale sentenza la Corte avrebbe inequivocabilmente chiarito che un’intesa in materia di prezzi sul mercato dello
zucchero di uno Stato membro deve essere valutata in maniera diversa dall’intesa in materia di ripartizione del mercato oggetto
di quella causa.
2. Valutazione
47. Il secondo motivo d’impugnazione è irricevibile. A tale riguardo la Commissione si fonda a ragione su una giurisprudenza costante.
48. La Corte ed il Tribunale hanno ripetutamente rilevato che «la gravità delle infrazioni va accertata in funzione di un gran
numero di elementi quali, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle
ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione»
(26)
. Inoltre, nell’ambito della determinazione dell’importo delle singole ammende la Commissione dispone di un potere discrezionale
e non è tenuta ad applicare al riguardo una formula matematica precisa.
49. Nella sentenza nella causa Baustahlgewebe
(27)
la Corte ha rilevato quanto segue:
«Si deve ricordare, preliminarmente, che il Tribunale è il solo competente a controllare il modo in cui la Commissione ha
valutato, in ciascun caso di specie, la gravità dei comportamenti illeciti. Nell’ambito di un ricorso contro una pronuncia
del Tribunale, il controllo della Corte è volto, in primo luogo, a verificare che il Tribunale abbia preso in considerazione
in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla
luce degli artt. 85 del Trattato e 15 del regolamento n. 17 e, in secondo luogo, ad esaminare se il Tribunale abbia risolto
esaurientemente le questioni di diritto poste dal complesso degli argomenti invocati dalla ricorrente diretti alla revoca
o alla riduzione dell’ammenda (...).
Quanto all’entità dell’ammenda, che si asserisce sproporzionata, giova ricordare che non spetta alla Corte, quando si pronuncia
su questioni di diritto nell’ambito di un ricorso contro una sentenza del Tribunale, sostituire, per motivi di equità, la
sua valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, sull’ammontare
delle ammende inflitte a imprese a seguito della violazione, da parte di queste ultime, del diritto comunitario (...). Questa
censura, pertanto, avendo ad oggetto un riesame generale delle ammende (...) dev’essere dichiarata irricevibile (...)».
50. Nel presente procedimento la ricorrente non ha dedotto alcun argomento a sostegno della tesi secondo cui il Tribunale non
avrebbe preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta di tutti i fattori. In particolare, al punto 113 della
sentenza impugnata, che la ricorrente contesta, il Tribunale ha esaminato la giurisprudenza della Corte nella causa Suiker
Unie evidenziandone le differenze rispetto alla fattispecie e valutandole senza commettere errori di diritto.
51. Né la ricorrente ha sostenuto che nella sentenza impugnata il Tribunale abbia omesso di esaminare tutti gli argomenti presentati
nel procedimento di primo grado al fine di un’eventuale riduzione dell’ammenda. In particolare al punto 106 della sentenza
impugnata il Tribunale ha analizzato gli argomenti dedotti dall’odierna ricorrente per quanto riguarda la presa in considerazione
dell’insussistenza di effetti della pratica contestata sul mercato.
52. Di conseguenza, poiché il secondo motivo d’impugnazione è irricevibile in toto, è superfluo proseguire l’esame riguardo alla
fondatezza.
3. Conclusione
53. Il secondo motivo d’impugnazione, con cui la ricorrente obietta che il Tribunale avrebbe trascurato il fatto che, ai fini della determinazione
dell’importo dell’ammenda, la Commissione non ha tenuto conto a) del principio di proporzionalità e b) della particolare struttura
del mercato britannico dello zucchero, va pertanto dichiarato irricevibile.
C – Sulla ricevibilità dell’impugnazione per quanto riguarda la richiesta di annullamento totale o parziale della decisione
54. La Commissione ritiene che il ricorso sia irricevibile in quanto diretto all’annullamento «in toto» della decisione o degli «artt. 3 e 4»
della stessa. Come dichiarato dalla Corte nella causa AssiDomän
(28)
, nell’ambito di un ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE)
la Corte potrebbe solo occuparsi delle parti di una decisione riguardanti il ricorrente. Il ricorso andrebbe pertanto dichiarato
irricevibile in quanto non riguarda la ricorrente stessa, bensì gli altri destinatari della decisione.
55. I brani della seconda parte del ricorso contestati dalla Commissione con questo argomento sono anzitutto volti ad un’applicazione
dell’art. 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto, secondo cui la Corte può statuire definitivamente sulla controversia.
Tuttavia, a prescindere da altre considerazioni, sussiste la conditio sine qua non che l’impugnazione sia accolta (art. 61,
primo comma, prima frase, dello Statuto).
56. Tuttavia, come osservato supra, il ricorso andrebbe respinto in toto in relazione ai motivi d’impugnazione fatti valere. Di
conseguenza è superfluo esaminare se il ricorso sia irricevibile in quanto volto all’annullamento «in toto» della decisione
o degli «artt. 3 e 4» della stessa
(29)
.
IV –Conclusione
57. Alla luce dei motivi innanzi esposti, propongo alla Corte di
Sentenze della Corte 9 luglio 1969, causa 5/69, Völk (Racc. pag. 295); 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78‑215/78 e 218/78,
Van Landewyck e a./Commissione (Racc. pag. 3125); 31 marzo 1993, cause riunite C‑89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85
e da C-125/85 a C‑129/85, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione (Racc. pag. I-1307), e 11 luglio 1989, causa 246/86, Belasco
e a./Commissione (Racc. pag. 2117); sentenze del Tribunale 22 ottobre 1997, cause riunite T-213/95 e T-18/96, SCK e FNK/Commissione
(Racc. pag. II-1739); 8 ottobre 1996, cause riunite da T-24/93 a T-26/93 e T-28/93, Compagnie maritime belge transports e
a./Commissione (Racc. pag. II-1201); 21 febbraio 1995, causa T-29/92, SPO e a./Commissione (Racc. pag. II-289), e 17 dicembre
1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione (Racc. pag. II‑1711).
Sentenze della Corte 25 novembre 1971, causa 22/71, Beguelin (Racc. pag. 949); 21 gennaio 1999, cause riunite C-215/96 e C-216/96,
Bagnasco e a. (Racc. pag. I-135); 31 maggio 1979, causa 22/78, Hugin Kassaregister e a./Commissione (Racc. pag. 1869); sentenza
del Tribunale 15 settembre 1998, cause riunite T-374/94, T-375/94, T-384/94 e T-388/94, European Night Services e a. (Racc.
pag. II-3141).
Sentenze della Corte 28 febbraio 1984, cause riunite 228/82 e 229/82, Ford/Commissione (Racc. pag. 1129); 30 giugno 1966,
causa 56/65, Société Technique Minière (Racc. pag. 262); sentenza nelle cause riunite C-215/96 e C-216/96 (cit. alla nota
6); sentenza del Tribunale nelle cause riunite da T‑24/93 a T-26/93 e T-28/93 (cit. alla nota 4).
Sentenze della Corte 28 maggio 1998, causa C-7/95 P, John Deere Ltd/Commissione (Racc. pag. I‑3111), e 18 giugno 1998, causa
C-35/96, Commissione/Italia (Racc. pag. I-3851).
Sentenza della Corte 17 luglio 1997, causa C-219/95 P, Ferriere Nord/Commissione (Racc. pag. I‑4411) e 11 luglio 1985, causa
42/84, Remia e a./Commissione (Racc. pag. 2545).
Sentenze della Corte 17 ottobre 1972, causa 8/72, Cementhandelaren/Commissione (Racc. pag. 977); nella causa 73/74 (cit. alla
nota 5), e nella causa 246/86 (cit. alla nota 4).
Sentenze nella causa C-35/96 (cit. alla nota 12) – spedizionieri doganali –, e 19 febbraio 2002, causa C‑309/99, Wouters (Racc.
pag. I-1577) – revisori dei conti.
Sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker
Unie e a./Commissione (Racc. pag. 1663).
Ordinanza della Corte 25 marzo 1996, causa C-137/95 P, SPO e a./Commissione (Racc. pag. I‑1611, punto 54); sentenze della
Corte 16 novembre 2000, causa C-291/98 P, Sarrió/Commissione (Racc. pag. I-9991), e 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P,
C‑244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 e C-254/99 P, LVM e a./Commissione (Racc. pag. I-8375); sentenza
del Tribunale 6 aprile 1995, causa T‑150/89, Martinelli/Commissione (Racc. pag. II-1165).