CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

ANTONIO TIZZANO

presentate il 12 giugno 2003 (1)

Causa C-337/01

Hamann International GmbH Spedition + Logistik

contro

Hauptzollamt Hamburg-Stadt

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Politica commerciale comune – Codice doganale comunitario – Vigilanza doganale – Sottrazione – Nascita dell'obbligazione doganale»





1.        Con ordinanza del 17 luglio 2001, il Bundesfinanzhof ha sottoposto alla Corte di giustizia un quesito pregiudiziale avente ad oggetto l’interpretazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (in prosieguo: il «codice doganale» o semplicemente il «codice») (2). In sintesi, il giudice tedesco chiede se sussiste sottrazione alla vigilanza, ai sensi dell’art. 203 del codice, quando merci non comunitarie, sottoposte al regime di deposito doganale e destinate ad essere riesportate al di fuori del territorio doganale della Comunità, vengono rimosse dal deposito per essere condotte all’ufficio doganale d’uscita senza essere state previamente vincolate al regime di transito esterno.

I –    Quadro normativo


 Il codice doganale

 La vigilanza doganale

2.        L’art. 4 del codice doganale comunitario detta alcune definizioni generali della materia, prevedendo in particolare che:

«Ai fini del presente codice, s’intende per:

[…]

13)      vigilanza dell’autorità doganale: ogni provvedimento adottato da questa autorità per garantire l’osservanza della normativa doganale e, ove occorra, delle altre disposizioni applicabili alle merci sotto vigilanza doganale;

14)      controllo dell’autorità doganale: l’espletamento di atti specifici, come la visita delle merci, il controllo dell’esistenza e dell’autenticità di documenti, l’esame della contabilità delle imprese e di altre scritture, il controllo dei mezzi di trasporto, il controllo del bagaglio, e di altra merce che le persone hanno con sé o su di sé, l’esecuzione di inchieste amministrative e di altri atti similari, al fine di garantire l’osservanza della normativa doganale e, ove occorra, delle altre disposizioni applicabili alle merci sotto vigilanza doganale».

3.        Ai sensi dell’art. 37:

«1.      Le merci introdotte nel territorio doganale della Comunità sono sottoposte, fin dalla loro introduzione, a vigilanza doganale. Esse possono essere soggette a controlli da parte delle autorità doganali conformemente alle disposizioni vigenti.

2.      Esse restano soggette a tale vigilanza per tutto il tempo eventualmente necessario per determinare la loro posizione doganale e, nel caso di merci non comunitarie e fatto salvo l’articolo 82, paragrafo 1, finché esse non cambino posizione doganale o non siano introdotte in una zona franca o in un deposito franco oppure non vengano riesportate o distrutte ai sensi dell’articolo 182».

 I regimi doganali rilevanti

4.        Il codice doganale prevede, come è noto, diversi regimi doganali, tra i quali il transito esterno, un regime «sospensivo», e il regime di deposito doganale, regime insieme «sospensivo» ed «economico» [art. 84, lett a) e b)].

 Il transito esterno

5.        Ai sensi dell’art. 91, n. 1, il regime di transito esterno consente, per quanto qui interessa, la circolazione da una località all’altra del territorio doganale della Comunità di merci non comunitarie, «senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e ad altre imposte, né alle misure di politica commerciale».

 Il deposito doganale

6.        A sua volta, il regime del deposito doganale, disciplinato dagli artt. 98 e seguenti del codice, consente l’immagazzinamento in un deposito doganale di merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e alle misure di politica commerciale (art. 98, n. 1).

7.        Secondo quanto dispone l’art. 110, «[q]uando le circostanze lo giustifichino, le merci vincolate al regime del deposito doganale possono essere temporaneamente rimosse da detto regime. La loro rimozione deve essere preventivamente autorizzata dall’autorità doganale che stabilisce le condizioni alle quali può essere effettuata».

 Il sorgere dell’obbligazione doganale

8.        Gli artt. 201 e seguenti individuano le ipotesi in cui sorge un’obbligazione doganale all’importazione.

9.        In particolare, ai sensi dell’art. 203:

«1.      L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

–      alla sottrazione al controllo doganale di una merce soggetta a dazi all’importazione.

2.      L’obbligazione doganale sorge all’atto della sottrazione della merce al controllo doganale.

[…]».

10.      In forza dell’art. 204, n. 1, inoltre, un’obbligazione doganale all’importazione sorge altresì in seguito:

«a)       all’inadempienza di uno degli obblighi che derivano, per una merce soggetta a dazi all’importazione, dalla sua permanenza in custodia temporanea oppure dall’utilizzazione del regime doganale cui è stata vincolata, oppure

b)      all’inosservanza di una delle condizioni stabilite per il vincolo di una merce a tale regime o per la concessione di un dazio all’importazione ridotto o nullo a motivo dell’utilizzazione della merce a fini particolari,

in casi diversi da quelli di cui all’articolo 203 sempre che non si constati che tali inosservanze non hanno avuto in pratica alcuna conseguenza sul corretto funzionamento della custodia temporanea o del regime doganale considerato».

 Il rimborso dei dazi

11.      Il rimborso dei dazi doganali è regolato agli artt. 235 e seguenti del codice.

12.      Ai fini della presente causa rileva, in particolare, l’art. 236, n. 1, ai sensi del quale:

«[s]i procede al rimborso dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione quando si constati che al momento del pagamento il loro importo non era legalmente dovuto». Il rimborso non viene tuttavia accordato «qualora i fatti che hanno dato luogo al pagamento […] di un importo che non era legalmente dovuto risult[i]no da una frode dell’interessato».

13.      Inoltre, e sempre per quanto qui interessa, ricordo che, in forza dell’art. 239, un rimborso può essere concesso anche «in situazioni diverse da quelle di cui agli articoli 236, 237 e 238 […] dovute a circostanze che non implicano frode o manifesta negligenza da parte dell’interessato» (n. 1). In tal caso il rimborso è concesso «su richiesta presentata all’ufficio doganale interessato entro dodici mesi dalla data della comunicazione al debitore dei predetti dazi» (n. 2).

 Le disposizioni d’attuazione

14.      Nel presente giudizio viene in rilievo altresì il regolamento n. 2454/93 della Commissione, che detta le disposizioni d’attuazione del codice doganale comunitario (in prosieguo: il «regolamento d’attuazione» o semplicemente il «regolamento») (3).

15.      Rilevano qui segnatamente gli artt. 859 e seguenti, che dettano disposizioni di attuazione dell’art. 204 del codice, sopra ricordato.

16.      L’art. 859 prevede in particolare che:

«Ai sensi dell’articolo 204, paragrafo 1, del codice si ritiene che non abbiano alcuna conseguenza sul corretto funzionamento della custodia temporanea o del regime doganale considerato le seguenti inosservanze, sempreché:

–      non costituiscano un tentativo di sottrarre la merce al controllo doganale,

–      non rivelino una manifesta negligenza dell’interessato, e

–      a posteriori siano espletate tutte le formalità necessarie per regolarizzare la posizione della merce:

[…]

6)      nel caso di una merce posta in custodia temporanea o vincolata ad un regime doganale, la sua uscita dal territorio doganale della Comunità o la sua introduzione in zona franca o in deposito franco senza che vengano espletate le formalità necessarie;

[…]».

17.      L’art. 860 precisa che:

«Conformemente all’articolo 204, paragrafo 1 del codice, l’autorità doganale ritiene sorta l’obbligazione doganale a meno che la persona reputata debitrice non fornisca la prova che sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 859».

18.      L’art. 861 aggiunge inoltre che:

«Il fatto che le inosservanze di cui all’articolo 859 non facciano sorgere l’obbligazione doganale non osta all’applicazione delle disposizioni repressive in vigore, né all’applicazione delle disposizioni relative alla revoca delle autorizzazioni rilasciate nel quadro del regime doganale considerato».

19.      Vanno poi ricordati gli artt. 899 e seguenti, recanti disposizione attuative dell’art. 239 del codice doganale.

20.      In particolare, l’art. 899 prevede che «quando l’autorità doganale di decisione, cui è stata presentata la domanda di rimborso o di sgravio di cui all’articolo 239, paragrafo 2 del codice, constat[a] che i motivi addotti a sostegno della domanda corrispondono all’una o all’altra situazione di cui agli articoli da 900 a 903 e che non vi è stata alcuna manovra fraudolenta o manifesta negligenza dell’interessato, [essa] accorda il rimborso o lo sgravio dell’importo dei dazi all’importazione in oggetto». Quando invece essa constata «che i motivi addotti a sostegno della domanda corrispondono all’una o all’altra situazione di cui all’articolo 904, non accorda il rimborso o lo sgravio dell’importo dei dazi all’importazione in oggetto».

21.      Gli articoli da 900 a 903, a loro volta, contengono una lista delle situazioni in cui si procede al rimborso, mentre l’articolo 904 elenca quelle in cui esso non può essere accordato.

22.      L’art. 905, n. 1, prevede infine che:

«Quando l’autorità doganale di decisione, alla quale è stata presentata la domanda di rimborso o di sgravio in virtù dell’articolo 239, paragrafo 2 del codice, non sia in grado di decidere, sulla base dell’articolo 899, e la domanda sia corredata di giustificazioni tali da costituire una situazione particolare risultante da circostanze che non implicano alcuna manovra fraudolenta o negligenza manifesta da parte dell’interessato, lo Stato membro da cui dipende tale autorità trasmette il caso alla Commissione affinché sia evaso conformemente alla procedura di cui agli articoli da 906 a 909.

[…]

In tutti gli altri casi, l’autorità doganale di decisione respinge la domanda».

23.      Va da ultimo segnalato che il regolamento d’attuazione è stato modificato dal regolamento n. 993/2001 della Commissione, del 4 maggio 2001 (in prosieguo: il «regolamento n. 993/2001») (4). Le nuove disposizioni, pur non essendo applicabili ratione temporis al caso di specie, possono nondimeno fornire utili indicazioni interpretative.

24.      A questo fine va ricordato in particolare il nuovo art. 512, applicabile ai regimi doganali economici e dunque, per quanto qui interessa, anche al regime di deposito doganale. Esso prevede segnatamente che:

«1.      Il trasferimento di merci tra diversi luoghi previsti nella stessa autorizzazione può essere effettuato senza formalità doganali.

2.      Il trasferimento di merci dall’ufficio di vincolo alla sede o al luogo di utilizzazione del titolare o dell’operatore può essere effettuato sotto scorta della dichiarazione di vincolo al regime.

3.      Il trasferimento di merci all’ufficio di uscita in vista della loro riesportazione può essere effettuato nell’ambito del regime. In questo caso, il regime non viene appurato fino a quando le merci o i prodotti dichiarati per la riesportazione non siano effettivamente usciti dal territorio doganale della Comunità».

II – Fatti e procedimento

25.      La controversia principale nasce da una richiesta di rimborso di dazi doganali presentata allo Hauptzollamt Hamburg-St.Annen (ufficio doganale principale di Hamburg-St.Annen, divenuto in seguito Hauptzollamt Hamburg-Stadt; nel prosieguo: lo «Hauptzollamt» o l’«HZA») dalla società Hamann International GmbH Spedition + Logistik (nel prosieguo: «Hamann» o la «ricorrente nel giudizio principale»), succeduta alla società ROJO Terminal GmbH (nel prosieguo: «Rojo»).

26.      Dall’ordinanza di rinvio risulta che Rojo era titolare, a partire dal 1993, di un’autorizzazione alla gestione di un deposito doganale di tipo D, cioè un deposito privato sottoposto a formalità doganali semplificate (5), in cui «il depositario si identific[a] con il depositante senza essere, necessariamente, proprietario delle merci» (art. 504 del regolamento d’attuazione).

27.      Con atto 5 marzo 1996 lo Hauptzollamt contestava a Rojo di aver allontanato dal deposito, a fini di riesportazione, due lotti di merci importate dal Canada e sottoposte al regime di deposito doganale, senza aver previamente ottenuto il vincolo al regime doganale del transito esterno. L’HZA ingiungeva pertanto a Rojo il pagamento di dazi e tasse doganali, in relazione ai due lotti, per un ammontare pari a DEM 6 283,30 e DEM 4 488,08.

28.      Il 7 marzo 1997, Hamann chiedeva allo Hauptzollamt il rimborso di tali somme, allegando alla propria domanda la documentazione relativa alla riesportazione delle merci in questione, ed in particolare alcuni documenti polacchi attestanti il pagamento dei diritti di dogana alla frontiera polacco-tedesca.

29.      Con decisione del 30 aprile 1997, l’Hauptzollamt respingeva la domanda, ritenendo che le merci in questione fossero state, quanto meno temporaneamente, sottratte alla vigilanza dell’autorità doganale. Secondo l’HZA, infatti, delle merci extracomunitarie in regime di deposito, e destinate ad essere riesportate, non potevano essere trasportate dal deposito doganale all’ufficio doganale di uscita se non dopo essere state vincolate al regime di transito esterno.

30.      Contro la decisione dell’HZA Hamann ha presentato ricorso al Finanzgericht Hamburg, facendo valere tra l’altro che il regime di transito esterno era stato aperto per il primo lotto di merci a Padborg in Danimarca e per il secondo alla frontiera tedesco-polacca. Il giudice adito rigettava il ricorso, considerando che vi era stata sottrazione alla vigilanza doganale delle merci ed era pertanto sorta un’obbligazione doganale, ai sensi dell’art. 203, n. 1, del codice.

31.      Contro tale pronuncia Hamann ha presentato ricorso in revisione dinanzi al Bundesfinanzhof, il quale, nutrendo dubbi sull’interpretazione della nozione di sottrazione alla vigilanza doganale, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Il semplice fatto che merci non comunitarie, destinate ad essere riesportate fuori dal territorio doganale della Comunità, non sono state sottoposte alle formalità doganali del regime di transito esterno immediatamente dopo la loro rimozione dal deposito doganale fa sorgere un’obbligazione doganale ai sensi dell’art. 203, n. 1, del regolamento (CEE) n. 2913/92?».

32.      Nel procedimento così instauratosi dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte la ricorrente nel giudizio principale e la Commissione. Entrambe sono poi intervenute all’udienza del 5 febbraio 2003, alla quale ha partecipato anche lo Hauptzollamt.

III – Analisi giuridica

33.       Come si è visto, il giudice a quo sottopone alla Corte un unico quesito con cui chiede, in buona sostanza, se sussiste «sottrazione alla vigilanza doganale», ai sensi dell’art. 203 del codice, quando merci non comunitarie, sottoposte al regime di deposito doganale e destinate ad essere riesportate fuori del territorio doganale della Comunità, sono trasportate dal deposito doganale all’ufficio doganale di uscita senza essere state previamente vincolate al regime di transito esterno.

 Argomenti delle parti

34.      Hamann non contesta che nel caso di specie sia stato violato l’obbligo di vincolare le merci al regime di transito esterno, previsto dalle disposizioni in vigore all’epoca dei fatti. Essa ritiene tuttavia che tale violazione non determini una sottrazione delle merci alla vigilanza dell’autorità doganale, ai sensi dell’art. 203, n. 1, del codice, ma costituisca piuttosto un’inosservanza «che non ha avuto in pratica alcuna conseguenza sul corretto funzionamento del regime», ai sensi del combinato disposto dell’art. 204 del codice e dell’art. 859 delle disposizioni di attuazione.

35.      Per parte sua, la Commissione rileva anzitutto che l’ordinanza di rinvio non chiarisce sufficientemente il quadro fattuale, rendendo la valutazione giuridica piuttosto difficile.

36.      Ad ogni modo, essa sostiene che il comportamento di cui si tratta nel caso di specie dovrebbe in linea di principio qualificarsi come una sottrazione alla vigilanza doganale, ai sensi dell’art. 203 del codice, perché la giurisprudenza della Corte deporrebbe chiaramente nel senso di un’interpretazione molto ampia di tale nozione, includendovi qualsiasi azione o omissione che precluda all’autorità doganale competente l’accesso ad una merce sotto sorveglianza doganale.

37.      Spetta poi al giudice del rinvio, continua la Commissione, valutare se, nel caso di specie, l’autorità competente avesse o meno la possibilità di accedere alle merci in questione.

38.      A titolo sussidiario, peraltro, la Commissione aggiunge che il caso di specie potrebbe essere esaminato anche alla luce dell’art. 239 del codice, ancorché il giudice nazionale non abbia fatto esplicito riferimento a tale disposizione.

39.      Ricorrerebbero in effetti nella specie, ad avviso della Commissione, le condizioni per un’utile applicazione di detta disposizione, anche se spetta comunque al giudice del rinvio valutarne l’effettiva sussistenza.

 Valutazione

 Premessa

40.      Per parte mia, credo che occorra anzitutto, come ha suggerito anche la Commissione, fare ordine nell’esame del quadro normativo rilevante nel presente giudizio.

41.      A questo fine, ritengo che si debba in primo luogo stabilire se un comportamento come quello di cui si tratta nel caso di specie costituisca una «sottrazione al controllo doganale di una merce» (6) e determini, pertanto, il sorgere di un’obbligazione doganale in forza dell’art. 203 del codice.

42.      Ove il comportamento non fosse qualificabile in questi termini, si dovrà allora farne una valutazione alla luce dell’art. 204 del codice, per stabilire se si tratti di un inadempimento dei termini e delle condizioni del regime doganale applicabile, cui la suddetta disposizione collega la nascita di un’obbligazione doganale, ovvero di una «inosservanza priva di conseguenze sul corretto funzionamento del regime» doganale in questione, per la quale lo stesso art. 204 esclude la nascita di una tale obbligazione.

43.      In questa seconda ipotesi, si dovrebbe concludere che il dazio di cui si tratta non era legalmente dovuto, e l’operatore interessato avrebbe pertanto diritto al rimborso, in forza dell’art. 236 del codice.

44.      Qualora invece si concludesse che, in forza o dell’art. 203 o dell’art. 204, un’obbligazione doganale è sorta e il dazio conteso era quindi legalmente dovuto, si dovrà ulteriormente considerare se, in circostanze come quelle del caso di specie, non possa concedersi un rimborso sulla base della previsione eccezionale dell’art. 239 del codice.

 Sulla nozione di sottrazione

45.      Come si è visto, secondo la Commissione la nozione di sottrazione, ancorché non definita dalla normativa comunitaria, potrebbe essere agevolmente dedotta dalla giurisprudenza comunitaria. In effetti, nelle sentenze Wandel del 1º febbraio 2001 e Liberexim dell’11 luglio 2002, la Corte ha chiarito che costituisce sottrazione ai sensi dell’art. 203 «qualsiasi azione o omissione che ha come risultato d’impedire, anche solo momentaneamente, all’autorità doganale competente di accedere ad una merce sotto sorveglianza doganale e di effettuare i controlli previsti all’art. 37, n. 1, del codice doganale» (7). Ne emerge quindi una definizione così ampia di quella nozione da potervi sicuramente includere anche la fattispecie di cui si tratta davanti al giudice del rinvio.

46.      Noto tuttavia, per parte mia, che tale interpretazione è stata sviluppata dalla Corte in relazione ad ipotesi in cui le merci soggette a vigilanza doganale erano state immesse nel mercato comunitario, entrando dunque in concorrenza con le altre merci comunitarie, e sembra trovare la sua ragion d’essere proprio in questo dato di fatto.

47.      Nel caso Wandel, infatti, le merci, introdotte nel territorio doganale comunitario e dichiarate per l’immissione in libera pratica in regime preferenziale, venivano immesse in commercio in Germania prima dello svolgimento dei previsti controlli doganali e del necessario sdoganamento. Parimenti, nel caso Liberexim alcune partite di latte provenienti da un Paese terzo venivano importate irregolarmente nel territorio doganale della Comunità, ed in seguito vendute nei Paesi Bassi (8).

48.      Nel caso di specie, invece, si tratta di merci introdotte solo temporaneamente nel territorio comunitario, poiché non erano destinate ad essere immesse in commercio all’interno del mercato comune, e che, dopo essere state dichiarate per l’esportazione alla dogana, sono state effettivamente riesportate verso un Paese terzo, senza quindi mai entrare in concorrenza con la produzione comunitaria. Occorre dunque chiedersi se, considerati tali rilevanti elementi di diversità, la richiamata giurisprudenza si estenda anche ad ipotesi siffatte.

49.      Orbene, a me sembra che, per le ragioni che passo ad esporre, il quesito meriti una risposta negativa.

50.      Come è noto, e come ha ricordato lo stesso Bundesfinanzhof (ma in buona sostanza tutti gli intervenienti), nell’ambito della politica commerciale comune l’imposizione di dazi doganali all’importazione è finalizzata a proteggere la produzione comunitaria: si colpiscono cioè le merci importate da Paesi terzi per il fatto che queste sono immesse nel sistema comunitario, entrando così in concorrenza con quelle originarie della Comunità.

51.      In questa prospettiva, mi sembrano chiare le diversità tra le ipotesi in considerazione. Nel caso Wandel e in quello Liberexim le violazioni del regime doganale contestate alle parti determinavano un rischio di abusivo aggiramento della barriera tariffaria comunitaria, in quanto impedivano all’autorità doganale di controllare la merce ai fini della determinazione del dazio doganale ad essa applicabile, prima della sua immissione in libera pratica. Comprensibilmente, quindi, l’esistenza di un tale rischio imponeva un’interpretazione rigorosa della portata della nozione di sottrazione.

52.      Nel caso di specie, invece, il mancato rispetto delle prescrizioni relative al trasporto della merce dal deposito doganale all’ufficio doganale di uscita non ha portato, né poteva portare, ad un’introduzione abusiva della merce nel circuito commerciale intracomunitario. Esso quindi si configura come un’infrazione meno grave dal punto di vista delle sue conseguenze e, come tale, autorizza un’interpretazione più “souple” di quella nozione.

53.      Solo negli altri casi indicati, in effetti, si può parlare di una violazione qualificata del regime doganale applicabile, tale da costituire una sottrazione della merce alla vigilanza doganale ai sensi dell’art. 203 del codice, perché solo in quei casi l’impossibilità per l’autorità doganale competente di accedere a quella merce e di effettuare i controlli previsti all’art. 37, n. 1, del codice doganale determina il rischio di un abusivo aggiramento della barriera tariffaria comunitaria. Invece, nei casi come quello di specie, ripeto, si potrebbe al più parlare di irregolarità formali ai sensi dell’art. 204 del codice.

54.      Né mi pare che una siffatta interpretazione della nozione di sottrazione sia in contraddizione con quella accolta dalla Corte nella giurisprudenza sopra ricordata; mi sembra piuttosto che essa si limiti a precisarla, facendo leva sulla ratio normativa dell’art. 203.

55.      Depongono del resto a sostegno di questa tesi anche altri argomenti. Anzitutto, essa sembra trovare conforto in una valutazione sistematica del codice doganale e, in particolare, in un’interpretazione congiunta degli artt. 203 e 204.

56.      Come ho ricordato più sopra, l’art. 204 disciplina l’inadempimento degli obblighi legati al vincolo di una merce ad un determinato regime doganale, o delle condizioni cui questo è subordinato, e prevede che tali inadempienze non diano luogo al sorgere di un’obbligazione doganale se «non hanno avuto in pratica alcuna conseguenza sul corretto funzionamento (…) del regime doganale considerato».

57.      E’ ben vero che, come fa valere la Commissione, la norma dettata dall’art. 204 si presenta come una disposizione di applicazione residuale, dato che si applica «in casi diversi da quelli di cui all’articolo 203». Pare tuttavia anche a me, come a Hamann, che un’interpretazione troppo rigorosa della nozione di sottrazione di cui all’art. 203 finirebbe col restringere eccessivamente la portata dell’art. 204, privandolo sostanzialmente di effetto utile.

58.      Ciò tanto più se quest’ultima disposizione è letta insieme con le relative norme di attuazione. Secondo l’art. 859 del regolamento d’attuazione, infatti, l’art. 204 si applica, tra l’altro, proprio nell’ipotesi che ricorre nel caso di specie, quella cioè in cui una merce vincolata ad un dato regime doganale esca dal territorio doganale della Comunità senza che vengano espletate le formalità necessarie (art. 859, punto 6). Mi sembra dunque di poter concordare con Hamann quando osserva che, ove si qualificasse una violazione siffatta come una «sottrazione alla vigilanza doganale» ai sensi dell’art. 203, l’art. 204, in combinato disposto con l’art. 859, punto 6, sarebbe sostanzialmente privato di portata normativa.

59.      Aggiungo infine che suona indiretta conferma della tesi qui sostenuta anche la recente semplificazione e razionalizzazione della disciplina dei regimi doganali economici, ed in particolare l’introduzione, nel regolamento d’attuazione del codice doganale, di un nuovo art. 512. Tale modifica – come ha notato anche Hamann – cancella proprio la formalità la cui inosservanza era stata all’origine della controversia tra Rojo e lo Hauptzollamt, e consente ormai che il trasferimento di merci all’ufficio di uscita, in vista della loro riesportazione fuori della Comunità, avvenga nell’ambito del regime di deposito doganale, senza che sia necessario vincolarle al regime di transito esterno.

60.      Ove si consideri che la modifica è intervenuta in un contesto normativo invariato, credo se ne possa dedurre che le formalità di cui si discute non erano indispensabili al fine di garantire la vigilanza delle autorità doganali sulle merci; il che autorizza quanto meno a dubitare che la loro omissione possa aver determinato, nel regime preesistente, un’autentica violazione delle norme sulla vigilanza doganale piuttosto che una mera irregolarità formale.

61.      Le considerazioni fin qui svolte mi portano dunque a ritenere che una violazione della normativa doganale come quella di cui si tratta nel caso di specie non costituisca una «sottrazione alla vigilanza doganale» ai sensi dell’art. 203, ma piuttosto un’inosservanza disciplinata dall’art. 204. Più in particolare, mi pare che si sia in presenza di un’«inadempienza priva di conseguenze sul corretto funzionamento del regime» di deposito doganale, ai sensi degli artt. 204 del codice e 859 del regolamento d’attuazione, purché non vi sia stata manifesta negligenza e siano state in seguito espletate le formalità necessarie per regolarizzare la posizione della merce. Spetterà naturalmente alla parte interessata, come conferma anche l’art. 860 del regolamento d’attuazione, provare che nel caso concreto sono soddisfatte le suddette condizioni.

62.      Ne concludo quindi che non costituisce una «sottrazione alla vigilanza doganale» ai sensi dell’art. 203 del codice doganale comunitario, e dunque non determina il sorgere di un’obbligazione doganale, il fatto che merci non comunitarie – introdotte temporaneamente nel territorio doganale della Comunità, sottoposte al regime di deposito doganale in vista della loro riesportazione, dichiarate per l’esportazione alla dogana ed in seguito effettivamente riesportate al di fuori di detto territorio – non siano state vincolate al regime di transito esterno all’atto della loro rimozione dal deposito per il trasporto all’ufficio doganale d’uscita.

63.      Una situazione siffatta non determina il sorgere di un’obbligazione doganale neppure in forza dell’art. 204 del codice, sempre che sia accertato, conformemente all’art. 859 del regolamento d’attuazione, che non vi è stata manifesta negligenza dell’interessato e che sono state in seguito espletate le formalità necessarie per regolarizzare la posizione della merce.

64.      Spetta al giudice nazionale verificare se è stata data la prova che, nel caso concreto, sono soddisfatte le condizioni di cui all’art. 859.

 Sul rimborso ai sensi dell’art. 239 del codice doganale

65.      Come ho già osservato più sopra, nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere che le condizioni di cui all’art. 859 del regolamento d’attuazione non sono soddisfatte, occorrerebbe ancora verificare, alla luce delle circostanze del caso di specie, se non si sia in presenza di uno di quei casi eccezionali in cui l’art. 239 del codice doganale e le relative disposizioni di attuazione consentono il rimborso di un dazio legalmente dovuto.

66.      In particolare, secondo quanto precisato dalla stessa giurisprudenza comunitaria, si dovrà anzitutto accertare «se “i motivi addotti a sostegno della domanda [di rimborso] corrispondono all’una o all’altra situazione” di cui agli articoli 900-904 del regolamento d’attuazione» (9). Qualora non ricorra alcuna delle ipotesi elencate da tali norme, si dovrà verificare, come ha chiarito ancora la Corte, «se esistano elementi di giustificazione che possano costituire una situazione particolare ai sensi dell’art. 905, n. 1, del regolamento d’attuazione, che non implichi alcuna manovra fraudolenta o manifesta negligenza da parte dell’interessato» (10).

67.       La Corte ha altresì precisato che una siffatta «situazione particolare» sussiste quando, «alla luce della finalità equitativa posta alla base dell’art. 239 del codice doganale, sono accertati elementi tali da porre il richiedente in una situazione eccezionale rispetto agli altri operatori che esercitano la stessa attività» (11).

68.      Con riguardo al caso di specie, credo anch’io, come la Commissione, che la complessità delle disposizioni applicabili ai fatti di causa e l’esperienza professionale dei soggetti interessati, limitata alla gestione di un deposito doganale di tipo D, sottoposto a regole assai semplificate, inducano a ritenere che si sia qui in presenza di una delle predette «situazioni particolari», «che non implicano frode o manifesta negligenza da parte dell’interessato», per le quali quindi si può legittimamente fare applicazione dell’art. 239 ed accordare conseguentemente, in base a considerazioni equitative, un rimborso di un dazio che pure fosse legalmente dovuto.

69.      Spetta al giudice nazionale, tuttavia, verificare se tali condizioni siano soddisfatte nel caso di specie.

IV – Conclusioni

70.      Alla luce delle considerazioni sopra esposte propongo alla Corte di rispondere al Bundesfinanzhof che:

«Non costituisce una “sottrazione alla vigilanza doganale” ai sensi dell’art. 203 del codice doganale comunitario, e dunque non determina il sorgere di un’obbligazione doganale, il fatto che merci non comunitarie – introdotte temporaneamente nel territorio doganale della Comunità, sottoposte al regime di deposito doganale in vista della loro riesportazione, dichiarate per l’esportazione alla dogana ed in seguito effettivamente riesportate al di fuori di detto territorio – non siano state vincolate al regime di transito esterno all’atto della loro rimozione dal deposito per il trasporto all’ufficio doganale d’uscita.

Una situazione siffatta non determina il sorgere di un’obbligazione doganale neppure in forza dell’art. 204 del codice, sempre che sia accertato, conformemente all’art. 859 del regolamento d’attuazione, che non vi è stata manifesta negligenza dell’interessato e che sono state in seguito espletate le formalità necessarie per regolarizzare la posizione della merce.

Spetta al giudice nazionale verificare se è stata data la prova che, nel caso concreto, sono soddisfatte le condizioni di cui all’art. 859.

Qualora tuttavia tale giudice dovesse ritenere che siffatte condizioni non sono soddisfatte, egli dovrà ugualmente verificare, alla luce delle circostanze del caso di specie, se non si sia in presenza di uno di quei casi eccezionali in cui l’art. 239 del codice e le relative disposizioni di attuazione consentono il rimborso di un dazio legalmente dovuto».


1 – Lingua originale: l'italiano.


2  – GU L 302, pag. 1.


3 – Regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 253, pag. 1).


4 – Regolamento (CE) n. 993/2001 della Commissione, del 4 maggio 2001, recante modificazione del regolamento (CEE) n. 2454/93 che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 141, pag. 1).


5 – V. in particolare artt. 253 e 278, n. 3, lett. c), del regolamento d'attuazione.


6 – Rilevo che il termine «controllo» utilizzato nella versione italiana dell’art. 203 non sembra corrispondere esattamente alle altre versioni linguistiche del codice doganale, che fanno riferimento alla «vigilanza»doganale («surveillance», «supervision», «Überwachung», «vigilancia»)


7 – Sentenza 1º febbraio 2001, causa C-66/99, Wandel (Racc. pag. I‑873 punto 47); sentenza 11 luglio 2002, causa C-371/99, Liberexim (Racc. pag I‑6227, punto 55).


8 – V. sentenza Wandel, cit., punti da 27 a 29, e sentenza Liberexim, cit., punti da 16 a 21.


9 – Sentenza 11 novembre 1999, causa C‑48/98, Söhl & Söhlke (Racc. pag. I‑7877, punto 88).


10 – V. sentenze 25 febbraio 1999, causa C-86/97, Trans-Ex-Import (Racc. pag. I‑1041, punto 19), e Söhl & Söhlke cit., punto 91.


11 – Sentenza 27 settembre 2001, causa C-253/99, Bacardi (Racc pag. I‑6493, punti 56 e 59). V. anche sentenza Trans-Ex-Import, cit., punto 22.