Introduzione
1. K.B., lavoratrice britannica, desidera che il suo compagno, R., che ha subito un'operazione di cambiamento di sesso da donna
a uomo, possa, a momento debito, beneficiare di una pensione di reversibilità per vedovi che gli spetterebbe in qualità di
coniuge superstite. Tuttavia, la legge del Regno Unito impedisce ad un transessuale di contrarre matrimonio conformemente
al suo nuovo sesso.
2. La ricorrente nella causa principale ritiene di essere vittima di una discriminazione sessuale di natura retributiva. Siffatta
pretesa può rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva 75/117/CEE
(2)
, sebbene l'asserita disparità di trattamento non derivi direttamente dalla condizione sessuale della ricorrente, né da quella
del suo convivente, bensì dalle norme del diritto civile nazionale che disciplinano la determinazione del sesso di una persona:
la normativa del Regno Unito non autorizza le rettifiche anagrafiche conseguenti ad un'operazione di cambiamento di sesso,
rettifiche che consentirebbero di contrarre un matrimonio necessariamente eterosessuale. E' vero che in questa materia la
Comunità non ha la benché minima competenza; tuttavia, se si ritiene che la normativa britannica violi un diritto fondamentale,
diventa difficile ignorare tale circostanza.
3. La causa in esame presenta un interesse temporaneo, in quanto è prevedibile che nei prossimi mesi il Regno Unito emendi la
legislazione in materia in modo da risolvere il problema di fondo, vale a dire, l'incapacità dei transessuali a contrarre
matrimonio.
Fatti e procedimento nazionale
4. K.B., ricorrente nella causa principale, ha lavorato presso il national Health Service (in prosieguo: lo
NHS), ente britannico incaricato del servizio sanitario pubblico, dal 1976 al 1996. Durante questi venti anni di servizio ella
ha versato contributi al regime previdenziale dello NHS, acquisendo, tra l'altro, il diritto a percepire una rendita annuale
pari a GBP 5 375,86.Il detto regime previdenziale prevede la concessione di una pensione di reversibilità per vedovi al coniuge superstite di
un iscritto. Per
coniuge si intende unicamente una persona unita in matrimonio con l'iscritto.
5. R., di sesso femminile alla nascita e iscritta come tale all'anagrafe, era affetta da disforia di genere. Dopo essersi sottoposta
ad un'operazione di cambiamento di sesso, R. cominciò a comportarsi come un uomo, sia nei suoi rapporti con K.B., sia con
il resto della società. Da molti anni queste due persone hanno una relazione affettiva tra loro e convivono. Esse si sarebbero
sposate se fosse stato possibile, ma hanno ritenuto, a ragione, che la legge glielo impedisse.
6. Poiché non ha diritto di sposarsi, R. non può aspirare ad ottenere una pensione di reversibilità per vedovi in caso di premorienza
della convivente.
7. Per tale motivo, K.B. ha presentato un ricorso dinanzi all'Employment Tribunal (Tribunale del lavoro), sostenendo che il rifiuto
da parte dello NHS di concedere a R., al momento debito, una pensione di reversibilità per vedovi, costituiva una discriminazione
fondata sul sesso in contrasto con l'art. 141 CE, interpretato alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia e,
in particolare, della sentenza 30 aprile 1996, P./S. e Cornwall County Council
(3)
, nonché alla luce della direttiva 75/117. Secondo K.B., tali disposizioni impongono che in questo contesto sia data un'interpretazione
del concetto di
vedovanza che includa anche il convivente superstite che si sarebbe ritrovato in tale condizione se la sua appartenenza ad un determinato
sesso non fosse stata il risultato di un intervento chirurgico di trasformazione.
8. I convenuti nel procedimento principale, ossia, l'ente gestore del regime previdenziale dello NHS (NHS Pensions Agency) e
il Ministro della Sanità (Secretary of State for Health), hanno asserito che, non soltanto la pretesa della ricorrente non
teneva conto della sentenza 17 febbraio 1998, Grant
(4)
, in cui è stato affermato che il convivente omosessuale di un dipendente non può godere dei benefici in materia di trasporti
concessi al convivente eterosessuale, ma altresì ignorava che, sebbene nella sentenza P./S. la Corte abbia dichiarato che
il trattamento sfavorevole di un transessuale in ragione del mutamento di sesso intervenuto in seguito alla sua operazione
viola il principio di uguaglianza, essa tuttavia non ha riconosciuto alla persona interessata tutti i diritti propri del suo
nuovo sesso.
9. L'Employment Tribunal e l'Employment Appeal Tribunal, dinanzi al quale è stato interposto appello, hanno ritenuto fondati
gli argomenti dei convenuti. La causa è stata quindi deferita alla Court of Appeal, che a sua volta ha operato un rinvio pregiudiziale
alla Corte di giustizia.
Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia
10. La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta nella cancelleria della Corte il 15 marzo 2001.
11. In seguito alla presentazione delle osservazioni scritte di K.B., del governo del Regno Unito e della Commissione, si è tenuta
un'udienza in data 23 aprile 2002.
12. L'11 luglio 2002, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha pronunciato le sentenze nelle cause Goodwin/Regno Unito e I./Regno
Unito, in cui, modificando la precedente giurisprudenza, ha dichiarato che l'impossibilità per i transessuali britannici di
contrarre matrimonio conformemente al loro nuovo sesso è contraria alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo. Alla luce di tale circostanza, il cancelliere della Corte ha chiesto al giudice del rinvio se fosse ancora utile
per esso ottenere una pronuncia in via pregiudiziale della Corte di giustizia.
13. Con lettera 4 ottobre 2002, la Court of Appeal informava la Corte di giustizia di essere obbligata, in forza del diritto nazionale,
a convocare le parti prima di decidere se fosse utile proseguire il procedimento pregiudiziale.
14. Il 5 marzo 2003 il giudice del rinvio faceva sapere che continuava a ritenere necessaria una soluzione della questione proposta,
poiché la sentenza Goodwin aveva un obiettivo diverso da quello della causa principale. Esso ha aggiunto che imminenti modifiche
legislative o giurisprudenziali avrebbero potuto fornire una soluzione della causa principale rendendo superflua la pronuncia
della Corte di giustizia.
Normativa nazionale rilevante
15. La Sex Discrimination Act (Legge sulle discriminazioni in base al sesso) del 1975 vieta al datore di lavoro di operare qualsiasi
forma di discriminazione diretta che consista nel riservare alle persone di un determinato sesso un trattamento meno favorevole
rispetto a quelle del sesso opposto. Essa proibisce anche le forme di discriminazione indiretta in base al sesso, che viene
definita sostanzialmente come l'imposizione di condizioni o di requisiti uniformi, che pregiudicano le persone di un determinato
sesso in maniera sproporzionata ed ingiustificata.
16. A seguito della sentenza P./S.
(5)
, il Regno Unito ha adottato i Sex Discrimination (Gender Reassignment) Regulations 1999 (normativa relativa alle forme di
discriminazione legate al cambiamento di sesso). Tale normativa ha emendato la Sex Discrimination Act del 1975, includendo
nell'ambito di applicazione di quest'ultima la discriminazione diretta nei confronti di qualsiasi lavoratore dipendente per
il fatto di aver subito un intervento di cambiamento di sesso. In tale occasione non è stata tuttavia emendata la legislazione
relativa alla parità di trattamento né in materia salariale (Equal Pay Act del 1970), né in materia pensionistica (Pensions
Act del 1995).Le nuove disposizioni definiscono il cambiamento di sesso come
un processo intrapreso sotto controllo medico avente lo scopo di mutare il sesso di una persona tramite l'alterazione dei
suoi caratteri fisiologici e di altre caratteristiche legate al sesso. Secondo quanto viene riportato nel preambolo delle nuove disposizioni
[s]i stima che la transessualità riguardi circa 5000 persone nel Regno Unito. Il trattamento medico che permette ai transessuali
di cambiare le loro caratteristiche anatomiche per adeguarle alla loro identità sessuale è estremamente soddisfacente. Il
processo è noto in medicina come cambiamento di sesso.
17. Il regime previdenziale dello NHS prevede il pagamento di una pensione al vedovo o alla vedova di un dipendente. La condizione
di vedovo o di vedova implica la presenza di un coniuge superstite.
18. Nel diritto inglese, il matrimonio è definito come l'unione volontaria di un uomo e di una donna. A tale scopo, in base alla
giurisprudenza stabilita dalla High Court nel 1971 a seguito della sentenza Corbett
(6)
, il sesso deve determinarsi con l'ausilio di criteri cromosomici, riproduttivi e genitali coincidenti, senza che possa essere
preso in considerazione un intervento chirurgico.
19. Per di più, l'art. 11, lett. c), della Matrimonial Causes Act del 1973 (legge che disciplina il matrimonio) stabilisce che
il matrimonio è nullo se i coniugi non sono un uomo e una donna.
20. Con la sentenza 10 aprile 2003, nella causa Bellinger
(7)
, la House of Lords ha respinto la richiesta con cui si chiedeva di riconoscere la validità del matrimonio contratto da un
transessuale in base al sesso acquisito. La suprema Corte ha considerato che il diritto inglese non attribuisce efficacia
giuridica sufficiente al cambiamento di sesso. Ciononostante, la detta Corte ha pronunciato una
declaratoria di incompatibilità dell'art. 11, lett. c), della Matrimonial Causes Act con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ai sensi dell'art. 4,
n. 2, della Human Rights Act del 1998 (legge che ha recepito la Convenzione europea nel diritto interno). Tale dichiarazione
ha lo scopo di spingere il governo ad adottare, con urgenza, i provvedimenti necessari per porre fine a tale incompatibilità
(8)
.
Diritto comunitario applicabile
21. L'art. 141 CE dispone l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra i lavoratori di sesso maschile e quelli
di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore (n. 1). Per retribuzione si intende non solo il salario
o trattamento normale, ma anche tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal
datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo (n. 2).
22. A tenore dell'art. 1, n. 1, della direttiva 75/117
(9)
, il principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile implica, per
uno stesso lavoro o per un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, l'eliminazione di qualsiasi discriminazione basata
sul sesso in tutti gli elementi e le condizioni delle retribuzioni. In conformità dell'art. 3 della stessa direttiva, gli
Stati membri sopprimono le discriminazioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile derivanti da disposizioni
legislative, regolamentari o amministrative e contrarie al principio della parità delle retribuzioni. In forza dell'art. 4,
gli Stati membri debbono prendere le misure necessarie affinché le disposizioni contrarie al principio della parità delle
retribuzioni e contenute in contratti collettivi, tabelle o accordi salariali o contratti individuali di lavoro siano nulle,
possano essere dichiarate nulle o possano essere modificate.
23. Secondo una giurisprudenza costante, la nozione di retribuzione, così com'è definita all'art. 141 CE, non si estende ai regimi
o alle prestazioni previdenziali, in specie alle pensioni di vecchiaia, direttamente disciplinate dalla legge
(10)
. Per contro, tale nozione comprende le prestazioni concesse in forza di un regime pensionistico convenzionale, che dipendono
essenzialmente dal posto coperto dall'interessato, giacché si ricollegano alla retribuzione
(11)
. Per valutare se una pensione di vecchiaia rientri nell'ambito di applicazione dell'art. 141 CE, è criterio determinante
l'esistenza di un collegamento tra il rapporto di lavoro e la prestazione, senza che gli elementi strutturali del sistema
abbiano un ruolo decisivo
(12)
.
24. La Corte di giustizia ha ugualmente dichiarato che la pensione superstiti prevista alle stesse condizioni rientra nell'ambito
di applicazione dell'art. 141 CE. In proposito, essa ha precisato che questa interpretazione non è infirmata dalla circostanza
che la pensione di reversibilità per vedovi, per definizione, non è corrisposta al lavoratore, ma al superstite di questi,
dato che il diritto a una tale prestazione è un vantaggio che trae origine dall'iscrizione al regime da parte del coniuge
del superstite, talché la pensione spetta a quest'ultimo a seguito del rapporto di lavoro tra il datore di lavoro e il detto
coniuge e gli è corrisposta in conseguenza dell'occupazione di questi
(13)
. Il coniuge superstite può invocare l'art. 141 CE per ottenere il riconoscimento del principio dell'estensione del suo diritto
al versamento di una pensione superstiti
(14)
.
Il diritto dei transessuali di contrarre matrimonio
25. Nella dottrina medico-forense il transessuale è definito come il soggetto che, pur presentando le caratteristiche genotipiche
e fenotipiche di un sesso, sente profondamente la sua appartenenza all'altro sesso, del quale ha assunto l'aspetto esteriore
e il comportamento, e in quanto tale vuole essere accettato a tutti gli effetti e ad ogni costo. La transessualità viene quindi
definita come una sindrome per la quale il sesso anatomico (gonadico) o biologico (cromosomico) di un paziente non coincide
con il suo sesso psicologico
(15)
.Il desiderio irrefrenabile del transessuale di ottenere il riconoscimento, anche sul piano giuridico, della sua appartenenza
all'altro sesso, si manifesta, dal canto suo, con la volontà di sottoporsi a una terapia ormonale per modificare i caratteri
sessuali secondari e di subire un intervento chirurgico di asportazione e ricostruzione che provoca la trasformazione anatomica
dei genitali. La struttura cromosomica rimane invariata, per cui il cosiddetto sesso biologico continua ad essere lo stesso
(16)
.Tale fenomeno si distingue nettamente dagli stati associati all'orientamento sessuale (eterosessuale, omosessuale o bisessuale),
nei quali l'individuo riconosce inequivocabilmente il proprio sesso, mentre i problemi si manifestano fondamentalmente nell'ambito
dell'espressione dell'affettività, e dal travestitismo, condizione di quegli individui che si sentono sessualmente gratificati
indossando gli abiti dell'altro sesso.
26. Voglio precisare che, sebbene, in via di principio, ai transessuali sia opponibile, quale impedimento al matrimonio, l'impossibilità
di rettificare i dati anagrafici al fine di adeguarli al mutamento di sesso, il punto è che, in questo modo, si pone un limite
al diritto di queste persone di contrarre matrimonio, in mancanza di un'accettazione globale del vincolo tra persone dello
stesso sesso. Per tale ragione, nell'interesse della brevità e della precisione, analizzerò la questione esclusivamente dalla
prospettiva del diritto dei transessuali di contrarre matrimonio, senza soffermarmi sugli ostacoli materiali di ordine tecnico
da cui dipende.
27. Il desiderio dei transessuali di contrarre matrimonio con la controparte sessuale che deriva dal loro nuovo sesso
(17)
, ha avuto un riflesso giuridico tanto nella legislazione quanto nella prassi amministrativa degli Stati membri, nonché nella
giurisprudenza, in particolare in quella della Corte europea dei diritti dell'uomo. Questi elementi sono di fondamentale importanza
ai fini dell'analisi che la Corte di giustizia deve effettuare, nei limiti in cui sia possibile ricavare l'esistenza di un
principio generale di diritto comunitario da una tradizione costituzionale comune ai paesi dell'Unione europea o dalle indicazioni
provenienti da uno strumento internazionale relativo alla protezione dei diritti umani, ratificato da tutti gli Stati membri.
28. Da uno studio comparativo della situazione giuridica degli Stati membri risulta che il matrimonio dei transessuali in conformità
del loro nuovo sesso è globalmente ammesso. Vuoi mediante un intervento esplicito del legislatore (Germania
(18)
, Grecia
(19)
, Italia
(20)
, Paesi Bassi
(21)
, Svezia
(22)
), vuoi a seguito di prassi amministrative (Austria
(23)
, Danimarca
(24)
) o attraverso un'interpretazione giurisprudenziale (Belgio
(25)
, Spagna
(26)
, Finlandia
(27)
, Francia
(28)
, Lussemburgo
(29)
e Portogallo
(30)
), gli interventi di cambiamento di sesso comportano rettifiche anagrafiche che aprono ai transessuali la possibilità di contrarre
matrimonio.Solo gli ordinamenti irlandese e britannico sembrano opporsi a tale tendenza generale, il che in ogni caso non impedisce di
individuare una tradizione giuridica sufficientemente uniforme, tale da poter costituire la fonte di un principio generale
del diritto comunitario.
29. In ogni caso, si debbono nutrire meno dubbi quanto alle indicazioni che provengono dalla Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo.
30. A norma dell'art. 8, n. 1, della Convenzione
[o]gni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Una qualunque ingerenza nell'esercizio di tale diritto è lecita solo se è prevista dalla legge, persegue un fine legittimo
e costituisce una misura necessaria in una società democratica (n. 2).D'altra parte, l'art. 12 della Convenzione stabilisce che
[u]omini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l'esercizio
di tale diritto.
31. Di fronte ad un susseguirsi di ricorsi presentati da transessuali, soprattutto cittadini britannici, in cui gli interessati
facevano valere gli artt. 8 e 12 della Convenzione chiedendo il riconoscimento del loro diritto di contrarre matrimonio conformemente
al sesso riattribuito, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha risposto, nella sentenza 17 ottobre 1986, Rees/Regno Unito
(31)
, che
per il momento, occorre lasciare che lo Stato convenuto decida fino a che punto può andare incontro alle esigenze dei transessuali. (...).
La necessità di misure giuridiche appropriate deve spingere ad effettuare un esame costante, che tenga presente l'evoluzione
della scienza e della società
(32)
. La sentenza 27 settembre 1990, nella causa Cossey/Regno Unito
(33)
, conferma l'ampio margine di discrezionalità che, in questa materia, i giudici di Strasburgo riconoscono ai singoli Stati,
orientamento espresso anche nella sentenza 30 luglio 1998, Sheffield e Horsham/Regno Unito
(34)
. In quest'ultimo caso è stato ricordato che
la transessualità presenta tuttora complesse problematiche di ordine scientifico, giuridico, morale e sociale, per le quali
non esiste negli Stati contraenti una soluzione universalmente accettata
(35)
.
32. Questa era la situazione come si presentava all'avvio della causa principale ed essa era invariata al momento in cui è stata
presentata la domanda di pronuncia pregiudiziale in esame e sino a dopo l'udienza tenutasi il 23 aprile 2002.
33. L'11 luglio 2002, la Corte europea dei diritti dell'uomo, statuendo a sezioni unite, ha pronunciato la sentenza Goodwin/Regno
Unito
(36)
, operando in tale occasione una svolta radicale della giurisprudenza.
34. I giudici di Strasburgo, dopo aver analizzato la giurisprudenza anteriore e l'evoluzione giuridica e sociale, hanno affermato,
all'unanimità e con toni particolarmente decisi, che
lo Stato convenuto non può far valere un suo margine discrezionale in materia, al di là dei mezzi necessari a garantire il
rispetto del diritto tutelato dalla Convenzione. Nessun fattore importante di interesse pubblico osta all'interesse della
ricorrente ad ottenere il riconoscimento giuridico del suo cambiamento di sesso, per cui la nozione di giusto equilibrio inerente
alla Convenzione comporta che il piatto della bilancia debba inclinarsi decisamente in favore della ricorrente. Di conseguenza,
vi è stata un'inosservanza del diritto dell'interessata al rispetto della sua vita privata, in violazione dell'art. 8 della
Convenzione
(37)
.
35. Nell'ambito dell'art. 12, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha considerato artificiosa l'affermazione secondo cui le
persone che si sono sottoposte ad un'operazione di cambiamento di sesso non sarebbero private del diritto di contrarre matrimonio,
poiché la legge consente loro di sposarsi con una persona di sesso opposto rispetto a quello a cui appartenevano in precedenza.
Tale giudice ha riconosciuto che la ricorrente, la quale vive come una donna ed ha una relazione con un uomo con cui desidera
sposarsi, non gode di questa possibilità
(38)
. Essa ha aggiunto che
sebbene spetti allo Stato contraente stabilire, inter alia, le condizioni che deve soddisfare il transessuale, il quale rivendica
il riconoscimento della sua nuova identità sessuale, per dimostrare che il suo cambiamento è reale, quelle in presenza delle
quali un precedente matrimonio perde la sua validità o anche le condizioni applicabili ad un futuro matrimonio (per esempio,
le informazioni che debbono scambiarsi i futuri sposi), non si ravvisa alcun motivo a giustificazione del fatto che ai transessuali
venga negato, in assoluto, il diritto di sposarsi
(39)
. I giudici hanno inoltre dichiarato unanimemente che sussisteva una violazione dell'art. 12 della Convenzione.
Questione pregiudiziale proposta
36. Con ordinanza 14 dicembre 2000, la Court of Appeal ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla seguente questione:se il fatto di escludere il convivente transessuale (originariamente di sesso femminile), di una donna iscritta al regime
previdenziale del National Health Service, in forza del quale le prestazioni per la persona a carico spetterebbero solo al
vedovo, costituisca una discriminazione fondata sul sesso in contrasto con l'art. 141 CE e con la direttiva 75/117.
37. Come risulta dall'ordinanza medesima, la Court of Appeal nutre i seguenti dubbi:
a) le conclusioni cui è giunta la Corte di Giustizia, rispettivamente, nelle cause P./S. e Grant sono chiare, ma non è altrettanto
chiaro il criterio distintivo su cui si fondano. Se si suppone che l'esclusione dei conviventi omosessuali dalle prestazioni
non sia discriminatoria qualora si applichi indistintamente agli uomini ed alle donne, allora lo stesso principio deve valere
nella causa in esame riguardo all'esclusione dal diritto alle dette prestazioni di coppie non sposate. Se invece il detto
criterio significa che il sesso, come motivo di discriminazione, comprende l'identità sessuale ma non le tendenze sessuali,
allora l'esclusione nel caso in esame deve ritenersi basata direttamente sul sesso e quindi discriminatoria.
b) Se sussiste una violazione dell'art. 14, ed eventualmente anche dell'art. 8, della Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo, la portata di tale violazione nell'interpretazione del termine
vedovo è incerta. Dato che la vita familiare comporta che chi lavora provveda per le persone a carico eventualmente superstiti,
e che il rispetto della vita privata comporta l'esclusione di un'analisi non necessaria delle caratteristiche biologiche di
una persona, si potrebbe arguire che, a seguito del rifiuto ai conviventi transessuali superstiti del beneficio della prestazione
controversa, K.B. verrebbe pregiudicata riguardo al godimento tanto della sua vita familiare, quanto della sua intimità, se
non perfino ingiustificatamente privata di ambedue i diritti. Se tale argomento risultasse fondato, dovrebbe allora prendersi
in considerazione il suo impatto in relazione all'art. 141 CE e alla direttiva relativa alla parità delle retribuzioni
.
38. Il giudice a quo ritiene che non si possa parlare di discriminazione indiretta, poiché non vi è motivo di ritenere che la
condizione del matrimonio incida in modo differenziato sugli uomini e sulle donne che hanno una relazione con transessuali;
sostenere che tale condizione ha un impatto diseguale su queste persone significherebbe considerarle erroneamente come un
terzo sesso.
39. Ciononostante, il giudice nazionale nutre dubbi in merito al significato dell'art. 2, n. 1, della direttiva, che vieta qualsiasi
discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale
o di famiglia. Questa norma sembra considerare lo stato matrimoniale come l'unico criterio in base al quale deve essere accertata la presenza
di una discriminazione indiretta. Per di piú, se tale criterio si applica indistintamente ad uomini e donne, è difficile immaginare
quali circostanze potrebbero avere un impatto diverso su un sesso piuttosto che sull'altro. Si chiede perciò se la direttiva
consideri lo stato matrimoniale o di famiglia come equivalente al sesso, per quanto si riferisce alla discriminazione diretta,
ovvero come criterio per determinare, non già la neutralità ─ dal punto di vista del sesso ─ di un requisito, bensì l'impatto
differenziato di una conseguenza, al fine di identificare una discriminazione indiretta contraria al diritto.
Analisi della questione pregiudiziale
40. Tutte le parti intervenienti che si sono pronunciate in proposito concordano sul fatto che la pensione di reversibilità controversa
costituisce una forma di retribuzione ai sensi dell'art. 141 CE. Non vi è motivo per non attenersi a questa constatazione.Secondo una giurisprudenza costante, le prestazioni erogate in base ad un regime pensionistico, che variano in relazione al
posto coperto dall'interessato, rientrano nella nozione di retribuzione
(40)
. Lo stesso può dirsi delle pensioni di reversibilità per vedovi che presentano questa caratteristica
(41)
.Orbene, dagli atti di causa si deduce che la pensione concessa dal regime dello NHS viene calcolata in base alla situazione
lavorativa della dipendente, in particolare in base al suo stipendio, per cui dobbiamo presumere che essa sia collegata alla
retribuzione dell'interessata.
41. Concordo inoltre sul fatto che non vi è un motivo valido per valutare in modo diverso le discriminazioni che consistono in
una disparità di trattamento, vietate dalla direttiva 76/207
(42)
, da quelle che comportano una disparità della retribuzione, cui si applica la direttiva 75/117. E' consigliabile seguire
un'interpretazione uniforme, poiché, da un lato, l'art. 141 CE non istituisce regimi di tutela diversi, e, dall'altro, le
due direttive presentano tra loro forti somiglianze quanto alla formulazione e agli obiettivi perseguiti.
42. La ricorrente nella causa principale e il giudice a quo non concordano del tutto circa la definizione dell'oggetto della questione
pregiudiziale.
43. Secondo K.B., la causa in esame non è connessa al diritto dei transessuali di contrarre matrimonio, materia che non rientra
fra le competenze comunitarie, né con la discriminazione di cui sono vittime le coppie appartenenti ad uno stesso sesso in
ragione delle loro tendenze sessuali, poiché, in questo caso, si tratta di una relazione, a tutti gli effetti, tra un uomo
e una donna. Per tale motivo, secondo la ricorrente nella causa principale, la Corte di giustizia dovrebbe applicare la dottrina
della sentenza P./S., a tenore della quale il diritto comunitario
(43)
osta al licenziamento di un transessuale per motivi connessi al suo mutamento di sesso, per cui basterebbe sostituire l'espressione
licenziamento di un transessuale con
diniego di una pensione ad un transessuale
(44)
.Come ha essa stessa evidenziato all'udienza, la ricorrente nella causa principale non chiede, quindi, il riconoscimento del
diritto dei transessuali a contrarre matrimonio, ma soltanto il riconoscimento di un diritto di tali soggetti a che le coppie
da essi formate siano equiparate a coppie di coniugi quanto alla concessione di prestazioni pecuniarie.
44. Nell'ordinanza di rinvio, la Court of Appeal si chiede quale sia il criterio che distingue le sentenze P./S. e Grant: la questione
relativa all'applicazione paritaria a uomini e donne, l'inclusione dell'identità sessuale e l'esclusione delle tendenze sessuali
dai motivi che stanno a fondamento di una discriminazione inammissibile. Il giudice nazionale si pone altresì interrogativi
in merito all'eventuale menomazione dei diritti dei transessuali derivanti dagli artt. 14 e 8 della Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo che potrebbe risultare dal diniego di una pensione di reversibilità. Infine, lo stesso
giudice nutre dubbi circa la questione se la nozione di
stato matrimoniale o di famiglia contenuta nell'art. 2, n. 1, della direttiva sulla parità di trattamento, debba essere intesa come equivalente al
sesso o unicamente come una circostanza in base alla quale possa essere identificata una discriminazione indiretta contraria al
diritto.Per di piú, la Court of Appeal respinge qualsiasi valutazione relativa ad una discriminazione indiretta, che significherebbe
accettare l'errata tesi secondo cui i transessuali costituiscono un terzo sesso.
45. Mi preme unicamente segnalare come dal ragionamento del giudice a quo si possa almeno dedurre che esso non esclude che la
corretta impostazione della causa in esame possa riguardare l'impossibilità dei transessuali di contrarre matrimonio come
una discriminazione diretta fondata sul sesso.
46. In pratica, così come è formulata la questione pregiudiziale, la sussistenza, nella fattispecie, di una discriminazione contraria
all'art. 141 CE e alla direttiva 75/117, dipende dalla circostanza che sia ad essa applicabile la giurisprudenza contenuta
nella sentenza P./S. Oltre tale aspetto, non sembra facile, come pretende la ricorrente nella causa principale, ignorare l'incidenza
sulla soluzione del problema relativo alle condizioni imposte dal diritto nazionale per contrarre matrimonio e, in concreto,
l'ostacolo che, a tali fini, presuppone l'impossibilità di rettificare l'annotazione corrispondente del registro di stato
civile in conseguenza di un'operazione di cambiamento di sesso.
47. Ciononostante, intendo anzitutto verificare se dalla giurisprudenza della Corte di giustizia possa dedursi che il diniego
di una pensione di reversibilità per vedovi ad un transessuale sia contrario all'art. 141 CE. Seguo, in tal modo, l'impostazione
preferita dalla ricorrente nella causa principale e condivisa, sostanzialmente, dal giudice del rinvio.
48. Nella causa all'origine della sentenza P./S. si chiedeva se il licenziamento di un lavoratore, per essersi esso sottoposto
ad un'operazione di mutamento di sesso, costituisse una discriminazione vietata dalla direttiva sulla parità di trattamento
tra gli uomini e le donne.
49. La Corte di giustizia ha ricordato che il principio della parità di trattamento implica l'assenza di qualsiasi discriminazione
fondata sul sesso e costituisce, pertanto, espressione del diritto fondamentale all'uguaglianza, di cui essa garantisce il rispetto
(45)
.Da quanto precede si desume quindi, nella sentenza, che la sfera di applicazione della direttiva non può essere ridotta soltanto
alle discriminazioni dovute all'appartenenza all'uno o all'altro sesso, ma si estende anche alle discriminazioni che hanno
origine nel mutamento di sesso della persona interessata.
Infatti, tali discriminazioni si basano essenzialmente, se non esclusivamente, sul sesso dell'interessato. Pertanto, una persona, se licenziata in quanto ha intenzione di subire o ha subito un cambiamento di sesso, riceve un trattamento
sfavorevole rispetto alle persone del sesso al quale era considerata appartenere prima di detta operazione e contrario al
rispetto
della dignità e della libertà al quale essa ha diritto e che la Corte di giustizia deve tutelare
(46)
.
50. La tesi sostenuta dal rappresentante di K.B. si basa sull'asserzione che il diritto rivendicato a favore del convivente transessuale
di quest'ultima si ricava dalla semplice sostituzione dell'espressione letterale
una persona, se licenziata con l'espressione
se ad una persona venga negato il diritto di ricevere una pensione di reversibilità per vedovi, giacché, nell'uno e nell'altro caso, si tratta di diritti il cui godimento paritario è garantito, rispettivamente, dalle
direttive 76/207 e 75/117.
51. Concordo con questa affermazione in quanto, ai fini della valutazione della Corte di giustizia, è del tutto indifferente la
circostanza che la disparità denunciata consista in un licenziamento o nel diniego di una pensione di reversibilità per vedovi.
52. Per il resto, a fronte dell'interpretazione data dalla ricorrente nei procedimenti nazionali, si può legittimamente obiettare,
a mio parere, che il diniego della pensione controversa non trae origine dal mutamento di sesso della persona interessata,
bensì dall'incapacità di quest'ultima di soddisfare uno dei requisiti necessari stabiliti dal diritto nazionale perché sia
validamente contratto un matrimonio con la persona titolare della pensione principale, vale a dire, la diversità di sesso
dei futuri coniugi. Seguendo tale ragionamento, si può ritenere che il diniego della forma di retribuzione controversa si
spieghi non con il mutamento di sesso, ma precisamente con
il mancato cambiamento di sesso, secondo la legge, della persona transessuale, elemento, questo, che impedisce di contrarre un matrimonio valido. Tale argomentazione
porta inevitabilmente a chiedersi se un analogo diniego di riconoscere pieni effetti ad un'operazione di cambiamento di sesso
risulti conforme ai valori fondamentali dell'ordinamento e, parallelamente, spinge a interrogarsi sulla competenza del giudice
comunitario a pronunciarsi in proposito.
53. Prima di proseguire su questa linea, che si allontana dall'impostazione iniziale della questione pregiudiziale, occorre ricordare
altri precedenti giurisprudenziali, allo scopo di precisare il contenuto della dottrina della Corte di giustizia in materia.
Mi riferisco, in primo luogo, alle sentenze Grant, e 31 maggio 2001, D. e Svezia/Consiglio
(47)
.
54. Nella causa Grant, la dipendente di una compagnia ferroviaria asseriva che la concessione di riduzioni sul prezzo dei trasporti
al lavoratore ed al coniuge di questi, ovvero alla persona di sesso diverso con cui il lavoratore abbia una relazione significativa
e stabile, e il parallelo diniego a coppie che si trovano in circostanze simili alle prime ma sono formate da persone dello
stesso sesso costituiva una violazione del divieto di discriminazioni sancito dall'allora art. 119 del Trattato CE.La Corte di giustizia, seguendo un peculiare schema espositivo, ha respinto questa tesi. In primo luogo, essa ha risolto la
questione se una norma come quella controversa nella causa principale configurasse una discriminazione fondata direttamente
sul sesso del lavoratore. Successivamente, essa ha accertato se il diritto comunitario esigesse che le relazioni stabili tra
persone dello stesso sesso fossero equiparate da qualunque datore di lavoro alle relazioni tra persone sposate o alle relazioni
stabili fuori del matrimonio di due persone di sesso diverso. Infine, la Corte ha esaminato la questione se una discriminazione
fondata sull'orientamento sessuale del lavoratore costituisse una discriminazione fondata sul sesso
(48)
.Con riferimento alla prima questione, la Corte si è limitata a verificare che la regola controversa si applicava nello stesso
modo ai lavoratori di sesso femminile e a quelli di sesso maschile, non potendo pertanto essere considerata una discriminazione
diretta fondata sul sesso
(49)
.Quanto al secondo problema, dopo aver analizzato la situazione giuridica prevalente nell'ordinamento comunitario, negli Stati
membri e nell'ambito della giurisprudenza relativa alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la Corte è giunta alla
conclusione che, allo stato attuale del diritto nella Comunitá, le relazioni stabili tra persone dello stesso sesso non sono
equiparate alle relazioni stabili fuori del matrimonio tra persone di sesso diverso alle relazioni tra coniugi. Di conseguenza,
un datore di lavoro non è tenuto, in forza del diritto comunitario, ad equiparare la situazione di una persona che abbia una
relazione stabile con un compagno dello stesso sesso a quella di una persona che sia coniugata o abbia una relazione stabile
fuori del matrimonio con un compagno di sesso opposto
(50)
. Come spiegherò in prosieguo, questo modo di procedere può essere assai utile al fine di risolvere la questione pregiudiziale.Infine, quanto al terzo problema, la Corte ha dichiarato che la nozione di discriminazione fondata sul sesso non comprende
la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale. Essa ha inoltre considerato che la giurisprudenza pronunciata nella
sentenza P./S. si limita al caso del cambiamento di sesso di un lavoratore.
55. La sentenza Grant è utile al governo del Regno Unito per sostenere l'argomento che tende a negare l'esistenza, nel caso di
specie, di una discriminazione vietata. Con tale obiettivo, il detto governo traspone il suesposto ragionamento articolato
in tre parti.Secondo il Regno Unito, la prima parte del ragionamento sarebbe interamente applicabile alla fattispecie in esame: rimangono
escluse dal beneficio della pensione di reversibilità per vedovi tutte le persone non coniugate, siano esse di sesso maschile
o femminile, talché non si può far valere una discriminazione diretta fondata sul sesso. A tal fine, non ha alcuna importanza
il particolare che l'impedimento consista nel fatto che il compagno della persona interessata è dello stesso sesso, oppure
è un transessuale, o in qualsiasi altro motivo.Anche la seconda parte del detto ragionamento avvalorerebbe la tesi del governo britannico, giacché lascia intendere che l'art. 12
della Convenzione tutela solamente il matrimonio tradizionale tra persone di sesso biologico diverso, con riferimento, in
particolare, alle sentenze della Corte di Strasburgo 17 ottobre 1986, Rees/Regno Unito, e 27 settembre 1990, Cossey/Regno
Unito
(51)
. Queste due sentenze rifletterebbero il contenuto del diritto europeo in materia.Secondo il governo britannico, la terza parte della motivazione della sentenza Grant non sarebbe pertinente al caso di K.B.
56. La sentenza Grant non è idonea a corroborare la tesi della ricorrente nella causa principale, poiché nega l'esistenza di una
qualsiasi violazione del diritto alla parità di trattamento tra uomini e donne. Ciononostante, merita rilevare che il governo
del Regno Unito sembra comprendere che la soluzione della questione in esame non può prescindere da una valutazione, da parte
della Corte di giustizia, della legittimità del fatto di impedire ad un transessuale il matrimonio conformemente al suo nuovo
sesso.Per tale motivo, il governo britannico, pur continuando a sostenere la compatibilità della normativa britannica con gli art. 8
e 14 della Convenzione, avverte che un'eventuale incompatibilità del genere non potrebbe avere l'effetto di rendere la norma
controversa contraria all'art. 141 CE.Esso richiama i punti 45-47 della sentenza Grant, in cui si dichiara che, benché il rispetto dei diritti fondamentali che
formano parte integrante dei detti principi generali costituisca un presupposto della legittimità degli atti comunitari, tali
diritti non possono di per sé comportare un ampliamento dell'ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato oltre
i poteri che sono propri della Comunità. La portata di qualunque disposizione di diritto comunitario può essere determinata
solo tenendo conto del suo dettato e del suo scopo, nonché della sua collocazione nel sistema del Trattato e del contesto
giuridico in cui si iscrive.
57. Nelle cause riunite D./Consiglio, un dipendente delle Comunità europee, cittadino svedese, facente parte di una coppia omosessuale
registrata in conformità della legge svedese, aveva chiesto il beneficio dell'assegno familiare, che la normativa applicabile
al personale riserva alle persone coniugate. D. asseriva che termini quali
coniuge o
dipendente coniugato dovevano essere interpretati con riferimento al diritto nazionale e non in forma autonoma, motivo per cui il diniego costituiva
una discriminazione fondata sul sesso.
58. In sede di impugnazione, la Corte di giustizia ha dichiarato che il termine
matrimonio, secondo la definizione generalmente accolta dagli Stati membri, indica un'unione tra persone di sesso diverso e, benché
sia vero che in un numero sempre maggiore di casi, a fianco del matrimonio sono stati istituiti regimi legali che accordano
un riconoscimento giuridico a forme diverse di unione tra conviventi dello stesso sesso o di sesso diverso attribuendo a tali
unioni taluni effetti identici o paragonabili a quelli del matrimonio, tanto fra i conviventi quanto nei confronti dei terzi,
tuttavia tali regimi sono, negli Stati membri che li prevedono, distinti da quelli che disciplinano il matrimonio in sé. Di
conseguenza, il giudice comunitario non può interpretare lo Statuto del personale delle Comunità europee in modo da equiparare
al matrimonio situazioni giuridiche diverse
(52)
.Riguardo all'asserita discriminazione fondata sul sesso, la Corte ha rilevato, in primo luogo, che questa non sussisteva,
essendo indifferente il fatto che il richiedente fosse uomo o donna e, in secondo luogo, che non si ravvisava neppure una
disparità di trattamento fondata sulle tendenze sessuali dell'interessato, in quanto non è neppure il sesso del convivente
la condizione per la concessione dell'assegno familiare, bensì la natura giuridica dei legami che uniscono quest'ultimo al
dipendente
(53)
. Questa affermazione sembra indicare che il giudice comunitario non è competente a valutare la compatibilità con i diritti
fondamentali delle condizioni imposte dal diritto interno per contrarre matrimonio. Nonostante ciò, la Corte ha di seguito
esaminato i concetti prevalenti nell'insieme della Comunità, traendo la conclusione che le legislazioni sono difformi e manca,
in generale, un'equiparazione tra il matrimonio e le altre forme di unione legalmente riconosciute
(54)
.
59. Neppure la sentenza D./Consiglio può avvalorare le tesi sostenute da K.B. Come è avvenuto nella causa Grant, anche in questo
caso la Corte di giustizia ha considerato che non si era verificata una discriminazione fondata sul sesso.
60. Di interesse più marginale per il presente procedimento, a mio parere, è la sentenza 22 giugno 2000, nella causa C-65/98,
Safet Eyüp
(55)
, in cui la ricorrente nella causa principale crede di ravvisare un riconoscimento, da parte del giudice comunitario, dell'equiparazione
di un vincolo stabile tra persone non coniugate ad un'unione coniugale.In tale causa si doveva risolvere la questione se una donna straniera, convivente more uxorio con un lavoratore turco stabilito
legalmente in uno Stato membro dovesse essere considerata un
familiare ai sensi dell'art. 7, primo comma, della decisione del Consiglio di associazione 19 settembre 1980, n. 1/80, relativa allo
sviluppo dell'associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia. I fatti dai quali traeva origine la questione pregiudiziale
erano molto particolari: nel 1983 la sig.ra Eyüp si sposava con un lavoratore turco che, dal 1975, era inserito nel mercato
del lavoro austriaco; i due coniugi divorziavano nel 1985, ma si risposavano nel 1993. Nell'intervallo tra i due matrimoni,
i due continuavano a coabitare in Austria, dando alla luce quattro dei loro sette figli. Si trattava di stabilire se tale
periodo dovesse essere preso in considerazione ai fini del computo del periodo di residenza legale di cinque anni, a cui la
decisione n. 1/80 subordina la possibilità per familiari di un lavoratore turco di accedere al mercato del lavoro del paese
ospitante.La Corte di giustizia ha tenuto conto dell'obiettivo dell'effettivo ricongiungimento familiare che ha ispirato l'art. 7, primo
comma, della decisione n. 1/80, e ha dichiarato che
considerati i particolari elementi di fatto della causa principale e in particolare la circostanza che il periodo di coabitazione
extramatrimoniale del signor e della signora Eyüp si collocava tra i loro due matrimoni, il detto periodo non aveva interrotto la loro vita familiare comune, di modo che doveva essere preso integralmente in considerazione
ai fini del calcolo dei periodi di residenza legale
(56)
. Dai termini circostanziati impiegati dalla Corte di giustizia si capisce con assoluta chiarezza come essa non abbia affermato
che per il diritto comunitario un vincolo stabile tra due persone sia equiparato al matrimonio. Si aggiunga inoltre che la
decisione n. 1/80 si riferisce genericamente ai
familiari del lavoratore turco, nozione dai tratti piú elastici di quella di
vedovo o
vedova, utilizzata dal regime previdenziale britannico.In ogni modo, la sentenza Eyüp può far luce sulla questione pregiudiziale in esame, anche se per motivi diversi da quelli
individuati dalla ricorrente nella causa principale. Occorre rilevare, da un lato, l'inclinazione dimostrata dalla Corte di
giustizia ad interpretare concetti appartenenti al diritto di famiglia secondo lo spirito e la finalità della norma contenente
il rinvio, e, dall'altro lato, la valutazione delle particolari caratteristiche del caso concreto che induce ad adottare soluzioni
equitative (ex aequo et bono). Questi elementi tuttavia, non possono rivestire importanza decisiva al momento di risolvere
la domanda di pronuncia pregiudiziale della Court of Appeal.
61. Dalla precedente analisi della giurisprudenza risulta, a mio parere, che non può dedursi dalla direttiva sulla parità delle
retribuzioni né dall'art. 141 CE che si debba attribuire al convivente non coniugato di una lavoratrice un beneficio, quale
la pensione, riservato al coniuge superstite. La circostanza che questa persona sia un transessuale non è, in via di principio,
determinante, poiché la stessa soluzione si imporrebbe di fronte ad impedimenti al matrimonio di altra natura. Così, naturalmente,
avverrebbe nel caso di conviventi dello stesso sesso, ma anche in quello di persone che non avessero raggiunto l'età per sposarsi,
che non avessero capacità di agire, che fossero già sposate o che fossero legate tra loro da vincoli di sangue. In nessuno
di questi casi si potrebbe reclamare, a tempo debito, una pensione di reversibilità per vedovi, senza che questi impedimenti
costituiscano espressione di una disparità di trattamento fondata sul sesso.
62. Questa stessa analisi induce a porsi interrogativi, come ho già detto, sull'elemento che sta al centro della controversia
concreta: il fatto che i transessuali del Regno Unito non possano contrarre matrimonio con persone appartenenti al loro stesso
sesso biologico, indipendentemente dalla loro avvenuta trasformazione fisiologica sul piano anatomico. Il rappresentante di
K.B. ha ribadito che essa non chiedeva alla Corte di giustizia il riconoscimento di tale diritto. Tuttavia, a parte il fatto
che tale argomento poteva rispondere ad una determinata strategia processuale, in considerazione della situazione giuridica
prevalente quando è stata avviata la causa principale, la Corte di giustizia dispone di un margine di apprezzamento sufficiente
per poter scegliere, giunto il momento di fornire una soluzione utile al giudice del rinvio, l'orientamento interpretativo
adeguato.
63. Alla Corte di giustizia si offre un'altra possibile via interpretativa per affrontare il presente problema. Essa si ricava
da alcuni degli argomenti addotti dalle parti che hanno presentato osservazioni.Ci si potrebbe chiedere se sia ragionevole scegliere il rapporto coniugale come vincolo dal quale dipenda la concessione,
a momento debito, di una pensione di reversibilità per vedovi. Un tale esame richiederebbe che ci si interrogasse sull'obiettivo
perseguito da una pensione di questa natura e, parallelamente, sull'idoneità di un mero contratto formale a rappresentare
una comunione solidale. In alternativa, almeno, si dovrebbe valutare la possibilità che rapporti di altra natura meritino
una simile tutela. Questo tipo di analisi, caratteristico di una società matura, in cui la sostanza prevale sulla forma, si
sta facendo strada nella pratica. Così, da un lato, è consentito sindacare il carattere effettivo del matrimonio nell'ambito,
per esempio, del diritto dell'immigrazione
(57)
e, nel contempo, situazioni caratterizzate da una coabitazione effettiva, non riconosciute ufficialmente, vengono, per motivi
di equità, equiparate al matrimonio
(58)
.Sono convinto che l'evoluzione del diritto debba andare in questa direzione, tuttavia è probabilmente prematuro applicare
tali linee guida al caso di specie, soprattutto in considerazione del fatto che esistono soluzioni alternative meno audaci.
64. La questione pregiudiziale in esame, se riformulata, verterebbe quindi sulla compatibilità, con il diritto comunitario, di
una normativa nazionale che, non ammettendo il matrimonio dei transessuali, nega a questi ultimi la possibilità di ottenere
una pensione di reversibilità per vedovi.
65. Perché la pretesa di fondo possa essere accolta, dev'essere soddisfatta una duplice condizione, e cioè:
a) che la normativa nazionale risulti contraria al diritto comunitario, e
b) che la Corte di giustizia sia competente a pronunciarsi, ossia che la lite verta su una delle materie del Trattato.
66. Ebbene, non vi sono dubbi sul fatto che l'impossibilità dei transessuali britannici di contrarre matrimonio conformemente
allo loro nuovo sesso fisiologico sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario.E' giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia che, in materia di diritti fondamentali, il contenuto dei principi
generali del diritto comunitario dev'essere accertato muovendo dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri
(59)
, alla luce delle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell'uomo, ratificati dagli
Stati membri
(60)
. Per di piú, a questo proposito, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo presenta una particolare
rilevanza
(61)
.
67. Da quanto esposto in precedenza, ai paragrafi 28 e 29, si deve dedurre, in primo luogo, che il diritto dei transessuali di
unirsi in matrimonio con persone dello stesso sesso biologico è parte degli ordinamenti della stragrande maggioranza degli
Stati membri. Al momento attuale, tredici su quindici paesi dell'Unione lo riconoscono, o mediante una espressa disposizione
legislativa, o attraverso pratiche amministrative o giudiziarie. Questo fatto deve bastare, di per sé, per considerare questo
diritto come facente parte del patrimonio giuridico comune, poiché sostenere che la determinazione dei principi generali dipende
da una perfetta coincidenza tra gli ordinamenti dell'insieme degli Stati membri priverebbe questo metodo di indagine di qualunque
utilità.
68. In secondo luogo, a partire dalla pronuncia, da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, della sentenza 11 luglio
2002
(62)
, il suddetto diritto rientra nel contenuto dell'art. 12 della Convenzione. I giudici di Strasburgo riconoscono alle autorità
pubbliche soltanto un limitato margine discrezionale per quanto riguarda le condizioni che devono essere soddisfatte perché
un cambiamento di sesso sia effettivo, le conseguenze che un tale cambiamento comporta rispetto ai matrimoni celebrati anteriormente
e l'obbligo di informare l'altro contraente del detto cambiamento di sesso
(63)
.
69. Di conseguenza, applicando i due metodi utilizzati dalla Corte di giustizia per dare un contenuto ai principi generali del
diritto comunitario, si giunge al medesimo risultato: i transessuali godono del diritto fondamentale di contrarre matrimonio
in condizioni che tengano conto del loro sesso acquisito.
70. Tuttavia, tale constatazione non è sufficiente. Come avverte il governo britannico, la mera incompatibilità di una normativa
interna con un diritto fondamentale riconosciuto in ambito comunitario non può avere l'effetto di estendere tale ambito oltre
le competenze attribuite dal Trattato.
71. Occorre pertanto accertare se la detta incompatibilità incida su uno dei diritti tutelati da normative della Comunità, nel
caso di specie, dal divieto di discriminazioni fondate sul sesso riguardo alla retribuzione dei lavoratori.
72. E' evidente e pacifico che il diritto di percepire una pensione di reversibilità per vedovi, nelle circostanze proprie della
causa principale, è tutelato dall'art. 141 CE e dalla direttiva 75/117, in quanto si tratta di una prestazione collegata alla
retribuzione
(64)
.
73. Non provoca seri dubbi neppure la qualificazione della disparità di trattamento di cui sono oggetto i transessuali come una
discriminazione fondata sul sesso. Così si evince dalla sentenza P./S., secondo la quale tale nozione non può essere ridotta
soltanto alle discriminazioni dovute all'appartenenza all'uno o all'altro sesso ma include quelle che hanno origine nel mutamento
di sesso dell'interessato. Siffatte discriminazioni si basano essenzialmente, se non esclusivamente, sul sesso dell'interessato
(65)
.Questa posizione riflette inoltre la conclusione che i problemi relativi alla transessualità non si confondono con quelli
propri delle tendenze sessuali
(66)
. Qualora la discriminazione di cui sono vittime i transessuali non si considerasse fondata sul sesso, si giungerebbe alla
situazione paradossale per cui questa categoria di persone, particolarmente vulnerabili, sarebbe privata di una tutela specifica
in ambito comunitario. Si tenga a mente che né l'art. 13 CE, né l'art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
europea contengono un riferimento esplicito ai transessuali
(67)
.
74. Il problema originale risultante dal procedimento in esame, che distingue quest'ultimo dalla causa decisa con la sentenza
P./S., consiste nel fatto che
la discriminazione controversa non riguarda direttamente il godimento di un diritto tutelato dal Trattato, bensì uno dei suoi
presupposti. Naturalmente, la disparità di trattamento incide non sul riconoscimento di una pensione di reversibilità per vedovi, ma
soltanto su quello di una condizione previa necessaria: la capacità di contrarre matrimonio.
75. Questa differenza non può, di per sé sola, condurre ad una soluzione diversa da quella adottata allora. La Corte di giustizia
deve vigilare, sia perché l'esercizio dei diritti tutelati dal Trattato venga sottratto ad ogni forma di discriminazione vietata,
sia perché tali diritti non vengano subordinati a condizioni contrarie all'ordine pubblico europeo.
76. Non si tratta di edificare un
diritto matrimoniale europeo, ma di garantire la piena efficacia del divieto di discriminazioni fondate sul sesso. Si pensi, per esempio, ad una ipotetica
normativa nazionale che escludesse le donne dalla conclusione di un determinato negozio giuridico o dal conseguimento di una
qualificazione da cui dipendesse necessariamente la possibilità di ottenere una retribuzione. Tale limitazione, salvo una
giustificazione adeguata basata su criteri oggettivi, costituirebbe una discriminazione diretta in contrasto con l'art. 141
CE.Lo stesso accade nel caso di specie: anche se la disparità di trattamento opera in forma indiretta, la discriminazione rimane
diretta. Si potrebbe parlare di discriminazione indiretta soltanto se venissero applicati criteri diversi dal sesso, ma l'impedimento
al matrimonio in questione trae origine e si spiega unicamente in base al mutamento di sesso dell'interessato, elemento che
rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 141 CE, conformemente all'interpretazione della Corte di giustizia ricordata
in precedenza.
77. Oltre alla questione della parità in ambito lavorativo, si tratta ─ come viene ammesso nella sentenza P./S. ─ di garantire
il rispetto della dignità e della libertà cui i transessuali hanno diritto.
La dignità umana e il diritto fondamentale al libero sviluppo della personalità rendono imperativo l'adeguamento della condizione
personale dell'individuo al sesso cui appartiene, in conformità della sua costituzione psicologica e fisica (...). Per motivi
di certezza del diritto, il legislatore dovrebbe disciplinare le questioni relative allo stato civile collegate ad un cambiamento
di sesso e agli effetti di quest'ultimo. Tuttavia, finché non è adottata tale legislazione, i giudici sono tenuti ad applicare
il divieto di discriminazioni tra uomini e donne fino all'entrata in vigore di una normativa che tratti le persone di ambo
i sessi su un piano di parità
(68)
.
78. Mi rendo conto che siffatta interpretazione comporta problemi tecnici di applicazione. Finché il Regno Unito non adotti le
norme necessarie per consentire il matrimonio dei transessuali, il giudice nazionale ─ che è anche giudice comunitario ─ deve
garantire, nel rispetto del diritto interno, che la discriminazione di cui i transessuali sono vittime non incida sui diritti
di questi ultimi derivanti dal Trattato. Le possibili soluzioni variano da un'interpretazione dei termini
uomo e
donna che autorizzi il matrimonio dei transessuali
(69)
, all'istituzione ad hoc di un matrimonio fittizio o di un vincolo diverso, meno rigido, che consenta al transessuale di percepire
una pensione dopo la morte della persona che sarebbe stata il suo coniuge se una norma ingiusta non glielo avesse vietato.
79. I transessuali sono soggetti ad una sofferenza ossessiva, essendo convinti di essere vittime di un errore della natura. Molti
di loro hanno scelto il suicidio. Al termine di un lungo e doloroso processo, in cui al trattamento ormonale seguono delicate
operazioni chirurgiche, la medicina riesce ad offrire loro un sollievo parziale, avvicinando il più possibile le loro caratteristiche
somatiche esteriori a quelle del sesso cui sentono di appartenere
(70)
. Mi pare aberrante che il diritto possa farsi scudo di meri espedienti tecnici per negare i pieni effetti ad un'equiparazione
così faticosamente conquistata.
80. Concluderò, come fece l'avvocato generale Tesauro nelle sue conclusioni nella causa P./S., parafrasando le parole dell'avvocato
generale Trabucchi, pronunciate in una causa che risale a quasi trent'anni fa: se vogliamo che il diritto comunitario non
sia soltanto una meccanica disciplina dell'economia, ma costituisca invece un ordinamento a misura della società che deve
reggere, se vogliamo che sia un diritto rispondente all'idea di giustizia sociale e alle esigenze dell'integrazione europea
a livello non solo dell'economia, ma anche dei popoli, non possiamo deludere l'aspettativa che viene in noi riposta
(71)
.
Conclusione
81. Di conseguenza, occorre risolvere la questione pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal nei seguenti termini:Il divieto di discriminazioni fondate sul sesso, sancito dall'art. 141 CE, osta all'applicazione di una normativa nazionale
che, negando ai transessuali il diritto di contrarre matrimonio conformemente al loro sesso acquisito, priva questi ultimi
della possibilità di ottenere una pensione di reversibilità per vedovi.
Direttiva del Consiglio 10 febbraio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione
del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (GU L 45, pag.
19; in prosieguo: la
direttiva).
La House of Lords ha considerato che non fosse possibile interpretare la disposizione controversa in conformità della Convenzione,
così come prevede l'art. 3, n. 1, della Human Rights Act.
Sentenze 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I-889, punto 22); 28 settembre 1994, causa C-7/93, Beune (Racc.
pag. I-4471, punto 44), e 25 maggio 2000, causa C-50/99, Podesta (Racc. pag. I-4039, punto 24).
Sentenza 13 maggio 1986, causa 170/84, Bilka (Racc. pag. 1607, punto 22), e sentenze Barber, cit. supra (punto 28); Beune,
cit. supra (punto 46); 10 febbraio 2000, cause riunite C-234/96 e C-235/96, Deutsche Telekom (Racc. pag. I-799, punto 32),
e Podesta, cit. supra (punto 25).
Sentenze 6 ottobre 1993, causa C-109/91, Ten Oever (Racc. pag. I-4879, punti 12 e 13), e 17 aprile 1997, causa C-147/95, Evrenopoulos
(Racc. pag. I-2057, punto 22).
Questa sindrome esiste da sempre ed ha incontrato maggior comprensione presso le culture primitive, estranee all'influenza
del cristianesimo. Per esempio, M. Vargas Llosa in
El paraíso en la otra esquina, Ed. Alfaguara, Madrid, 2003., alle pagg. 67 e 68, 434 e 436, raccontando le peripezie del pittore Paul Gaugin a Tahiti,
riferisce della diffusione di tali tendenze fra i Maori. Senza i progressi raggiunti dalla medicina e dalla chirurgia nella seconda metà del XX secolo, le donne che sentivano l'impulso
di essere uomini dovevano ricorrere a complicati stratagemmi e vivere avventure difficili, che generalmente le portavano ad
un destino infelice. Nel 1566 Henry Estienne racconta di un caso accaduto a Fontaines, in cui una donna, travestita da uomo, lavorava come stalliere;
ella giunse a sposarsi con un'altra donna, con cui visse felicemente per due anni finché fu scoperto lo strumento di cui si
serviva per adempiere i propri doveri coniugali; fu arrestata e messa al rogo. Nel secolo XVII vissero donne dedite alla pirateria, come Anne Bonney e Mary Read, o la francese Geneviève Premoy che, spacciandosi
per il cavaliere Balthazar, fu decorata e insignita dell'ordine di San Luigi per mano del sovrano Luigi XIV. Molte donne riuscirono
a diventare soldati o marinai. Dai procedimenti giudiziari che si susseguirono risulta che alcune di esse dicevano che il
loro comportamento era predestinato da Dio; che quando erano venute alla luce i genitori attendevano la nascita di un figlio
maschio e, che, nonostante avessero sembianze femminili, la loro natura era in realtà maschile. La paura che il loro segreto
venisse scoperto le spingeva talvolta al suicidio, come accadde nel 1765 a Catharine Rosenbrock la quale, dopo aver trascorso
dodici anni in Olanda lavorando come marinaio e soldato, tornò alla sua casa di Amburgo, dove fu accusata dalla madre di aver
rinnegato il sesso femminile; fu arrestata per cattiva condotta e tentò di porre fine ai suoi giorni. Madmoiselle de Maupin era una delle piú celebri attrici del teatro francese del XVII secolo. Trionfava all'Opera di Parigi
cantando in ruoli maschili. Durante una tournée scappò a Marsiglia con l'intento di sedurre una giovane di quella città, ma
quando la sua identità fu smascherata, la donna fu messa in carcere e condannata a morte. La sua popolarità e la pressione
dell'opinione pubblica provocarono l'annullamento del verdetto. A partire da tale momento, nonostante la donna continuasse
a vestirsi come un uomo, le autorità decisero di ignorare le sue stravaganze. C. Spencer, in
Histoire de l'homosexualité, Ed. Le Pré aux Clercs, Parigi, 1998, pag. 232 e segg., racconta di alcuni di questi casi.
V. sentenza della Corte Costituzionale italiana 6 maggio 1985 (GURI n. 131 bis del 5 giugno 1985), punto 3. In tal senso,
v., inoltre, sentenza della House of Lords 10 aprile 2003, Bellinger, cit. supra al paragrafo 20 (punti 7-9).
D'ora in avanti mi riferirò sempre al caso del matrimonio fra persone di sesso diverso, tenuto conto della trasformazione
sessuale di uno dei due coniugi. Infatti, nulla impedisce ai transessuali del Regno Unito di sposarsi con persone di sesso
biologico diverso.
Artt. 8-12 della legge 10 settembre 1980 sul transessualismo (Gesetz über die Änderung der Vornamen und die Feststellung der
Geschelchtszugehörigkeit in besonderen Fällen ─ Transsexuellengesetz).
V., per esempio, sentenze 19 febbraio 1996 del Tribunale di primo grado (Tribunal de première instance) di Verviers, e 27
gennaio 1999 della Corte di appello
(Hof van Beroep) di Anversa.
V., per esempio, sentenze 11 febbraio 1994 dell'Audiencia Provincial di Barcellona, e 21 settembre 1999 del Tribunale di primo
grado (Juzgado de primera instancia) di Lerida.
Direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra
gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni
di lavoro (GU L 39, pag. 40).
In pratica, la direttiva 76/207, sulla parità di trattamento; inoltre, come ho precisato poc'anzi, non vi è motivo per non
applicare tale dottrina nell'ambito della direttiva sulla parità della retribuzione.
V., in proposito, la risoluzione del Consiglio 4 dicembre 1997 sulle misure da adottare un materia di lotta contro i matrimoni
fittizi (GU C 382, pag. 1).
Mentre il primo si riferisce alle
discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età
o le tendenze sessuali, il secondo si applica a casi di
discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche
genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza
ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.
Benché la House of Lords abbia appena rifiutato di farlo, nella sentenza cit. supra, al paragrafo 20, facendo prevalere le
difficoltà di applicazione pratica sull'efficacia del diritto fondamentale, seguendo una logica diametralmente opposta a quella
del giudice costituzionale tedesco.