62001C0083

Conclusioni dell'avvocato generale Tizzano del 12 dicembre 2002. - Chronopost SA, La Poste e Repubblica francese contro Union française de l'express (Ufex), DHL International, Federal express international (France) e CRIE. - Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Aiuti concessi da uno Stato - Settore postale - Impresa pubblica incaricata di un servizio di interesse economico generale - Assistenza logistica e commerciale a una controllata che non opera in un settore riservato - Nozione di aiuto di Stato - Criterio dell'operatore privato che agisce in condizioni normali di mercato. - Cause riunite C-83/01 P, C-93/01 P e C-94/01 P.

raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-06993


Conclusioni dell avvocato generale


I. Le presenti cause hanno ad oggetto il ricorso in appello proposto dalla Repubblica francese e dalle società Chronopost e La Poste nei confronti della sentenza del Tribunale di primo grado 14 dicembre 2000 nella causa T-613/97, Ufex e a./Commissione (in prosieguo: la «sentenza impugnata») , con la quale è stato annullato l'art. 1 della decisione 98/365/CE della Commissione, del 1º ottobre 1997, «in merito a presunti aiuti della Francia a favore della società SFMI-Chronopost» (in prosieguo: la «decisione impugnata») .

I - Fatti e procedura

La denuncia di SFEI ed i rapporti tra La Poste e SFMI-Chronopost

II. La complessa vicenda che è alla base della causa in esame rimonta a più di dieci anni fa e trae origine da una denuncia presentata alla Commissione nel dicembre 1990. A tal riguardo dalla sentenza impugnata risulta in particolare quanto segue:

«1 Il Syndicat français de l'express international (associazione francese dei corrieri internazionali espressi, in prosieguo: lo "SFEI"), al quale è succeduta la ricorrente Union française de l'express ["Ufex"] e a cui appartengono le altre tre ricorrenti, è un'associazione di categoria di diritto francese che raggruppa la quasi totalità delle società che offrono servizi di corriere espresso e che si trovano in concorrenza con la Société française de messagerie internationale (in prosieguo: la "SFMI").

2 In data 21 dicembre 1990, lo SFEI presentava una denuncia presso la Commissione in quanto, segnatamente, l'assistenza logistica e commerciale fornita dalle poste francesi (in prosieguo: "La Poste") alla SFMI comportava un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 87 CE). Nella denuncia si lamentava in primo luogo il fatto che il corrispettivo versato dalla SFMI per l'assistenza fornita da La Poste non corrispondeva alle condizioni normali di mercato. La differenza tra il prezzo di mercato per l'acquisizione di tali servizi e quello effettivamente pagato dalla SFMI rappresenterebbe un aiuto di Stato. Per valutare l'ammontare dell'aiuto durante il periodo 1986-1989, è stato allegato alla denuncia uno studio economico, realizzato, su incarico dello SFEI, dalla società di consulenza Braxton e soci.

3 La Poste, che opera in regime di monopolio legale nel settore della posta ordinaria, è stata parte integrante dell'amministrazione francese fino al 1990. A partire dal 1° gennaio 1991, essa è organizzata come una persona giuridica di diritto pubblico, conformemente alle disposizioni della legge 2 luglio 1990, 90-568. Questa legge l'autorizza a esercitare talune attività aperte alla concorrenza, in particolare la spedizione di corriere espresso.

4 La SFMI è una società di diritto privato alla quale è stata affidata la gestione del servizio di corriere espresso di La Poste dalla fine del 1985. Questa impresa è stata costituita con un capitale sociale di 10 milioni di franchi francesi (FRF), suddivisi tra la Sofipost (66%), società finanziaria controllata al 100% da La Poste, e la TAT Express (34%), controllata della compagnia aerea Transport aérien transrégional (in prosieguo: la "TAT").

5 Le modalità di esercizio e commercializzazione del servizio di corriere espresso che la SFMI garantiva con la denominazione di EMS/Chronopost sono state definite con una circolare del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni del 19 agosto 1986. Secondo tale circolare, La Poste doveva fornire alla SFMI un'assistenza logistica e commerciale. Le relazioni contrattuali tra La Poste e la SFMI sono regolate da convenzioni, la prima delle quali risale al 1986.

6 Nel 1992 è stata modificata la struttura dell'attività del corriere espresso realizzata dalla SFMI. La Sofipost e la TAT hanno creato una nuova società, la Chronopost SA, detenendone nuovamente rispettivamente il 66% ed il 34% delle azioni. La Chronopost, che aveva un accesso esclusivo alla rete di La Poste fino al 1° gennaio 1995, ha concentrato le proprie attività sul corriere espresso interno. La SFMI è stata acquistata dalla GD Express Worldwide France, società controllata da un'impresa comune internazionale che raggruppa la società australiana TNT e le poste di cinque paesi, concentrazione autorizzata da una decisione del 2 dicembre 1991 della Commissione (Caso n. IV/M.102 - TNT/Canada Post, DBP Postdienst, La Poste, PTT Post e Sweden Post, GU C 322, pag. 19). La SFMI ha conservato l'attività internazionale, utilizzando la Chronopost come agente e prestatore di servizi nel trattamento, in Francia, delle sue spedizioni internazionali (in prosieguo: la "SFMI Chronopost")».

Il ricorso dinanzi al Tribunal de commerce di Parigi e il rinvio pregiudiziale

III. Dalla sentenza impugnata risulta altresì che, oltre a presentare la riferita denuncia alla Commissione, il «16 giugno 1993, lo SFEI e altre imprese hanno presentato dinanzi al Tribunal de commerce di Parigi un ricorso contro la SFMI, la Chronopost, La Poste e altri. A tale ricorso era allegato un secondo studio della società Braxton, che aggiornava i dati del primo studio ed estendeva il periodo di stima dell'aiuto fino al 1991. Con sentenza 5 gennaio 1994, il Tribunal de commerce di Parigi ha sottoposto alla Corte numerose questioni pregiudiziali sull'interpretazione degli artt. 92 e 93 del Trattato CE (divenuto art. 88 CE), una delle quali verteva sulla nozione di aiuto di Stato nelle circostanze della causa in esame. Il governo francese ha presentato dinanzi alla Corte, in allegato alle sue osservazioni del 10 maggio 1994, uno studio economico realizzato dalla società Ernst & Young. Con sentenza 11 luglio 1996, causa C-39/94, SFEI e a. (Racc. pag. I-3547; in prosieguo: la "sentenza SFEI"), la Corte ha giudicato che "la fornitura di assistenza logistica e commerciale da parte di un'impresa pubblica alle sue controllate di diritto privato attive in un settore aperto alla libera concorrenza può costituire un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92 del Trattato quando la remunerazione ricevuta come contropartita è inferiore a quella che sarebbe stata richiesta in condizioni normali di mercato"» (punto 9).

L'istruttoria della Commissione e la decisione impugnata

IV. In merito all'istruttoria relativa ai presunti aiuti di Stato in favore di SFMI-Chronopost , risulta dalla sentenza impugnata che, dopo aver archiviato e poi riaperto il caso , nel corso del 1993 la Commissione ha acquisito a più riprese informazioni dalle autorità francesi . Poco prima della pronuncia della ricordata sentenza SFEI nella causa C-39/94, «con lettera del 20 marzo 1996 della Commissione, la Repubblica francese è stata informata dell'apertura del procedimento previsto all'art. 93, n. 2, del Trattato» .

V. Sia il governo francese che SFEI hanno presentato osservazioni alla Commissione in merito alla decisione di apertura del procedimento, inviando in allegato studi realizzati per loro conto da note società di consulenza . In tale occasione, SFEI ha inoltre «ampliato l'ambito della sua denuncia del mese di dicembre 1990 a taluni nuovi elementi, segnatamente all'impiego dell'immagine del marchio di La Poste, all'accesso privilegiato alle frequenze di Radio France, a privilegi doganali e fiscali e a investimenti di La Poste nelle piattaforme di messaggeria» .

VI. In esito alla sua istruttoria, il 1° ottobre 1997 la Commissione ha adottato la decisione impugnata, nella quale ha concluso che «[l]'assistenza logistica e commerciale fornita da "La Poste" alla sua filiale SFMI-Chronopost, le altre transazioni finanziarie fra le due società, la relazione fra SFMI-Chronopost e "Radio France", il regime doganale applicabile a "La Poste" e a SFMI-Chronopost, il sistema di imposta sui salari e di diritto di bollo applicabili a "La Poste" e il suo investimento [...] nelle piattaforme di messaggeria non costitui[vano] aiuti di Stato a favore di SFMI-Chronopost» .

VII. Limitandomi ai presenti fini all'«assistenza logistica e commerciale», ricordo che, secondo le precisazioni della stessa Commissione, questa constava: i) di «[u]n'assistenza logistica consistente nel mettere le infrastrutture postali a disposizione di SFMI-Chronopost per la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione delle spedizioni»; ii) di «[u]n'assistenza commerciale» che comportava «l'accesso di SFMI-Chronopost alla clientela di "La Poste" e l'apporto dell'avviamento di "La Poste"».

VIII. Nella decisione impugnata è indicato che, secondo il denunciante, «per accertare l'esistenza o meno di un aiuto di Stato la Commissione [avrebbe dovuto] esaminare se SFMI-Chronopost [aveva] pagato il "prezzo normale del mercato" per i servizi logistici e commerciali che le sono stati forniti da "La Poste"», e cioè il prezzo «a cui una società privata comparabile [avrebbe fornito] gli stessi servizi a una società terza». In particolare, per calcolare tale prezzo «la Commissione non [avrebbe dovuto] tener conto degli interessi strategici del gruppo né delle economie di scala risultanti dall'accesso privilegiato di SFMI-Chronopost alla rete e agli impianti di "La Poste"», in quanto quest'ultima deteneva un monopolio legale. Proprio per tale motivo, a giudizio del denunciante, «SFMI-Chronopost [avrebbe dovuto] assumere a proprio carico i costi che [avrebbe dovuto] sostenere un'impresa privata per creare una rete equivalente a quella di "La Poste"».

IX. Nel respingere tali argomenti, la Commissione ha osservato che «[n]essun elemento nella giurisprudenza della Corte indica[va] che la Commissione [avrebbe dovuto] ignorare le considerazioni strategiche e le sinergie che derivano dall'appartenenza di "La Poste" e di SFMI-Chronopost allo stesso gruppo» e che, sotto questo profilo, era irrilevante il «fatto che la transazione si [svolgesse] tra un'impresa operante su un mercato riservato e la sua filiale operante su un mercato aperto alla concorrenza». Secondo la Commissione, di conseguenza, occorreva «accertare se le condizioni delle operazioni fra "La Poste" e SFMI-Chronopost [erano] paragonabili a quelle di operazioni equivalenti fra una società madre privata, anche se in situazione di monopolio (ad esempio perché detiene diritti esclusivi), e la sua filiale». Pertanto, non si poteva «rispondere a questo quesito applicando il criterio del "prezzo normale del mercato" invocato dal ricorrente, poiché tale criterio non [teneva] conto del fatto che l'operazione [avveniva] tra due società dello stesso gruppo».

X. Ciò posto, la Commissione ha affermato che «i prezzi interni applicati ai prodotti e ai servizi scambiati fra società dello stesso gruppo non comportano alcun vantaggio finanziario se si tratta di prezzi calcolati in base ai costi integrali (ossia i costi totali più la remunerazione dei capitali propri)». Applicando tale criterio al caso di specie, essa ha dunque osservato:

«Nella fattispecie i pagamenti effettuati da SFMI-Chronopost non coprivano i costi totali durante i primi anni di esercizio, ma coprivano tutti i costi salvo quelli della sede e delle direzioni regionali. La Commissione ritiene che questa situazione non sia anomala, dato che il reddito proveniente dall'attività di una nuova impresa appartenente ad un gruppo di società può, durante il periodo di avviamento, coprire soltanto i costi variabili. Una volta che l'impresa ha consolidato la propria posizione sul mercato, il reddito da essa prodotto deve essere superiore ai costi variabili, in modo da contribuire alla copertura delle spese fisse del gruppo. Nel corso dei primi due esercizi (1986 e 1987) i pagamenti effettuati da SFMI-Chronopost coprivano non soltanto le spese variabili, ma anche taluni costi fissi (ad esempio immobili e veicoli). La Francia ha dimostrato che a partire dal 1988 la remunerazione pagata da SFMI-Chronopost per l'assistenza che le è stata fornita copre tutti i costi sostenuti da "La Poste", oltre ad un contributo alla remunerazione dei capitali propri».

XI. Sulla base di tali elementi, la Commissione ha pertanto concluso che «l'assistenza logistica e commerciale fornita da "La Poste" alla sua filiale [era] stata remunerata alle condizioni normali del mercato e non [costituiva] un aiuto di Stato».

XII. La Commissione ha poi confermato tale conclusione anche attraverso un diverso tipo di verifica, e cioè valutando «se il comportamento "La Poste" in quanto azionista di SFMI-Chronopost si giustifica[sse] commercialmente in base al principio dell'investitore operante in un'economia di mercato». Al riguardo, essa ha in particolare osservato:

«In base a questo principio, per stabilire se un'operazione fra uno Stato membro e un'impresa comporta elementi di aiuto di Stato occorre verificare se l'impresa sarebbe stata in grado di ottenere i fondi necessari sul mercato dei capitali privati. Per accertare se "La Poste" ha agito come un investitore operante in un'economia di mercato, la Commissione deve esaminare il rendimento per la società madre in termini di dividendi e di plusvalore in capitale. Non vi è aiuto di Stato se il tasso di rendimento interno (TRI) dell'investimento supera il costo del capitale della società (ossia il tasso di rendimento normale che un investitore privato esigerebbe in circostanze analoghe)».

XIII. Nel caso di specie, la Commissione ha quindi «calcolato il TRI e lo ha confrontato con il costo dei fondi propri di SFMI-Chronopost nel 1986 (...), anno in cui la società è stata costituita ed ha iniziato l'attività, il che le ha consentito di verificare se la redditività dell'investimento nel suo insieme è stata sufficiente». Considerato che il TRI da essa calcolato «supera[va] ampiamente il costo del capitale nel 1986», essa ne ha dedotto che le «operazioni finanziarie che hanno avuto luogo tra "La Poste" e la sua filiale nel corso del periodo 1986-1991 non comportavano di conseguenza alcun elemento di aiuto»; ed a maggior ragione non ne comportavano «per gli anni successivi al 1991, nel corso dei quali l'importo dei dividendi è stato superiore ai livelli raggiunti in precedenza».

Il ricorso al Tribunale e la sentenza impugnata

XIV. Con ricorso depositato il 30 dicembre 1997, Ufex, DHL International, Federal Express e CRIE hanno chiesto al Tribunale di primo grado di annullare la decisione della Commissione. A tale richiesta si è ovviamente opposta la Commissione, a sostegno della quale sono successivamente intervenuti il governo francese, La Poste e Chronopost.

XV. Secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata, a «sostegno del loro ricorso le ricorrenti [hanno allegato] quattro motivi», relativi: i) alla «violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di accesso alla pratica»; ii) «ad un'insufficienza della motivazione»; iii) ad «errori di fatto ed errori manifesti di valutazione»; iv) «ad una violazione della nozione di aiuto di Stato» .

XVI. Ai presenti fini rileva in particolare il quarto motivo di ricorso, che «consta[va] di due parti, secondo le quali la Commissione avrebbe violato la nozione di aiuto di Stato, da un lato, non tenendo conto delle condizioni normali del mercato nell'analisi della remunerazione dell'assistenza fornita da La Poste alla SFMI-Chronopost e, dall'altro, escludendo da tale nozione diverse misure di cui la SFMI-Chronopost avrebbe beneficiato» . La prima delle censure formulate con tale motivo è stata infatti accolta dal Tribunale in base ad una valutazione giuridica che è al centro delle doglianze sollevate nei ricorsi in appello di cui ci stiamo occupando.

XVII. A tal riguardo, il Tribunale ha così giudicato:

«64 L'art. 92, n. 1, del Trattato si prefigge lo scopo di evitare che sugli scambi fra Stati membri incidano eventuali vantaggi concessi dalle pubbliche autorità, i quali, sotto varie forme, alterino o rischino di alterare la concorrenza, favorendo determinate imprese o determinati prodotti (sentenze della Corte 15 marzo 1994, causa C-387/92, Banco Exterior de España, Racc. pag. I-877, punto 12, 2 luglio 1974, causa 173/73, Italia/Commissione, Racc. pag. 709, punto 26, e SFEI, punto 58).

65 Il concetto di aiuto comprende così non soltanto prestazioni positive del genere delle sovvenzioni stesse, ma anche interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un'impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti (...).

66 Inoltre, come dichiarato dalla Corte nella sentenza 22 marzo 1977, causa 78/76, Steinike & Weinlig (Racc. pag. 595, punto 21), sono sostanzialmente gli effetti dell'aiuto nei confronti delle imprese o dei produttori beneficiari dello stesso che vanno presi in considerazione, non già la situazione degli enti che distribuiscono o gestiscono l'aiuto.

67 Ne consegue che la nozione di aiuto è una nozione obiettiva e funzione soltanto della questione se una misura statale conferisca o meno un vantaggio ad una o a talune imprese (sentenze del Tribunale 27 gennaio 1998, causa T-67/94, Ladbroke Racing/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 52, e 10 maggio 2000, causa T-46/97, SIC/Commissione, Racc. pag. II-2125 punto 83).

68 L'interpretazione della nozione di aiuto di Stato nella situazione della causa in esame è stata operata dalla Corte nella sentenza SFEI, in base alla quale: "la fornitura di assistenza logistica e commerciale da parte di un'impresa pubblica alle sue controllate di diritto privato attive in un settore aperto alla libera concorrenza può costituire un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 92 del Trattato quando la remunerazione ricevuta come contropartita è inferiore a quella che sarebbe stata richiesta in condizioni normali di mercato".

69 Dalle considerazioni che precedono discende che, per valutare se le misure di cui trattasi possano rappresentare aiuti di Stato, occorre esaminare la situazione dal punto di vista dell'impresa beneficiaria, nel caso di specie la SFMI-Chronopost, e determinare se quest'ultima abbia ricevuto l'assistenza logistica e commerciale di cui trattasi a un prezzo che non avrebbe potuto ottenere in condizioni normali di mercato (sentenze SFEI, punto 60, SIC/Commissione, citata, punto 78, e sentenze della Corte 29 aprile 1999, causa C-342/96, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-2459, punto 41, e 29 giugno 1999, causa C-256/97, DM Transport, Racc. pag. I-3913, punto 22).

70 Nella sua sentenza SFEI, la Corte ha constatato che tale valutazione presuppone un'analisi economica che tenga conto di tutti i fattori che un'impresa operante in condizioni normali di mercato avrebbe dovuto prendere in considerazione al momento della fissazione della remunerazione dei servizi forniti (punto 61).

71 Nel caso di specie, la Commissione osserva, nella decisione impugnata, che "il fatto che la transazione si svolga tra un'impresa operante su un mercato riservato e la sua filiale operante su un mercato aperto alla concorrenza non è rilevante nella presente fattispecie. La Corte di giustizia non ha mai affermato che per determinare l'esistenza o meno di un aiuto di Stato la Commissione debba applicare un metodo differente allorché una delle parti è titolare di un monopolio".

72 Di conseguenza, la Commissione ha considerato che i prezzi interni ai quali i prodotti e i servizi sono scambiati tra società appartenenti allo stesso gruppo "non comportano alcun vantaggio finanziario se si tratta di prezzi calcolati in base ai costi integrali (ossia i costi totali più la remunerazione dei capitali propri)".

73 Da tali affermazioni risulta che la Commissione non si è fondata su un'analisi economica come quella richiesta dalla sentenza SFEI per dimostrare che la transazione in esame è paragonabile ad una transazione tra imprese operanti in condizioni normali di mercato. Al contrario, nella decisione impugnata, la Commissione si limita a verificare quali sono stati i costi sostenuti da La Poste per la fornitura e l'assistenza logistica e commerciale e in che misura tali costi sono stati rimborsati dalla SFMI-Chronopost.

74 Ora, anche a supporre che la SFMI-Chronopost abbia pagato i costi completi di La Poste per la fornitura dell'assistenza logistica e commerciale, ciò non sarebbe di per sé sufficiente per dimostrare che non si tratta di aiuti ai sensi dell'art. 92 del Trattato. Infatti, dato che La Poste ha forse potuto fornire, grazie alla sua situazione d'impresa pubblica che possiede un settore riservato, una parte dell'assistenza logistica e commerciale a costi inferiori a quelli di un'impresa privata che non gode degli stessi diritti, un'analisi che tiene conto soltanto dei costi di tale impresa pubblica non può, in mancanza di altre giustificazioni, escludere la qualificazione di aiuto di Stato per le misure in esame. Al contrario, è proprio il fatto che l'impresa controllante opera su un mercato riservato e la sua controllata svolge le sue attività su un mercato aperto alla concorrenza a creare una situazione in cui è possibile l'esistenza di un aiuto di Stato.

75 Di conseguenza, la Commissione avrebbe dovuto esaminare se tali costi completi corrispondevano ai fattori che un'impresa operante in condizioni normali di mercato avrebbe dovuto prendere in considerazione al momento della fissazione della remunerazione per i servizi forniti. Così la Commissione avrebbe dovuto verificare almeno che la contropartita ricevuta da La Poste fosse paragonabile a quella richiesta da una società finanziaria privata o da un gruppo privato di imprese non operante in un settore riservato, che persegue una politica strutturale, globale o settoriale e che è guidata da prospettive di lungo termine (v., in tal senso, sentenza della Corte 21 marzo 1991, causa C-305/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I-1603, punto 20).

76 Da quanto precede risulta che, avendo escluso, nella decisione impugnata, la stessa esistenza di un aiuto statale senza verificare se la remunerazione percepita da La Poste per la fornitura dell'assistenza commerciale e logistica della SFMI-Chronopost corrispondesse a una contropartita che sarebbe stata richiesta in condizioni normali di mercato, la Commissione ha fondato la sua decisione su un'interpretazione errata dell'art. 92 del Trattato.

77 Tale interpretazione non può essere inficiata dall'affermazione della Commissione secondo cui l'art. 222 del Trattato CE (divenuto art. 295 CE) prevede che il Trattato lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri. Infatti, esigere che la remunerazione percepita da un'impresa pubblica titolare di un monopolio per la fornitura dell'assistenza commerciale e logistica alla sua controllata corrisponda a una contropartita che sarebbe stata richiesta in condizioni normali di mercato non impedisce ad una siffatta impresa pubblica di entrare in un mercato aperto, ma l'assoggetta alle regole della concorrenza, come imposto dai principi fondamentali del diritto comunitario. Infatti, tale requisito non pregiudica il regime della proprietà pubblica e si limita a trattare in modo identico il proprietario pubblico e il proprietario privato».

XVIII. Sulla base di tali considerazioni, il Tribunale ha dunque ritenuto fondata la prima parte del quarto motivo di ricorso ed ha concluso:

«Di conseguenza, occorre annullare l'art. 1 della decisione impugnata nella parte in cui esso constata che l'assistenza logistica e commerciale fornita da La Poste alla sua controllata, la SFMI-Chronopost, non rappresenta un aiuto di Stato in favore della SFMI-Chronopost, senza che occorra esaminare la seconda parte di tale motivo o gli altri motivi nella misura in cui tali ultimi attengono all'assistenza logistica e commerciale fornita da La Poste alla sua controllata, la SFMI-Chronopost. In particolare, non occorre esaminare il secondo motivo, con il quale le ricorrenti asseriscono, sostanzialmente, che la motivazione della decisione impugnata attenente all'assistenza logistica e commerciale è insufficiente» (punto 79).

XIX. Nei paragrafi successivi il Tribunale ha dunque esaminato solo il primo motivo (relativo alla presunta violazione dei diritti della difesa dei ricorrenti) e gli aspetti del terzo motivo (relativo ad errori di fatto ed errori manifesti di valutazione) che non riguardavano l'assistenza logistica e commerciale fornita da La Poste a SFMI-Chronopost. In entrambi i casi le censure formulate dai ricorrenti sono state dichiarate infondate. Il Tribunale ha quindi annullato l'art. 1 della decisione impugnata nei limiti di cui si è detto ed ha respinto il ricorso per il resto.

Il procedimento davanti alla Corte

XX. Con atti depositati presso la cancelleria della Corte il 19 ed il 27 febbraio 2001, Chronopost (causa C-83/01 P), la Repubblica francese (causa C-93/01 P) e La Poste (causa C-94/01 P), intervenute a sostegno della Commissione nel giudizio di primo grado, hanno proposto ricorso contro la sentenza del Tribunale, chiedendo alla Corte di annullare detta sentenza e (nel solo caso di Chronopost) di trattenere la causa per decidere direttamente sul ricorso presentato dinanzi al Tribunale. Ai giudizi di appello così instauratisi hanno preso parte Ufex, DHL International, Federal Express International (France) e CRIE presentando congiuntamente una comparsa di risposta ex art. 115 del regolamento di procedura (nel prosieguo, mi riferirò complessivamente a tali soggetti come ad «Ufex»); nessuna risposta ha invece presentato la Commissione, che è dunque rimasta estranea ai presenti giudizi. Su autorizzazione del presidente della Corte, ai sensi dell'art. 117 del regolamento di procedura, Chronopost e La Poste hanno presentato una memoria di replica, cui ha fatto seguito una controreplica di Ufex.

Analisi giuridica

XXI. Nelle cause in esame, che per ovvi motivi esaminerò congiuntamente, Chronopost, la Repubblica francese e La Poste hanno formulato motivi di ricorso in gran parte coincidenti. Con essi in sostanza si contesta:

i) una violazione dell'art. 87, n. 1, CE derivante dall'errata interpretazione del riferimento alle «condizioni normali di mercato» contenuto nella sentenza SFEI;

ii) una violazione della procedura prevista dall'art. 88, n. 2, CE ed un conseguente sviamento di procedura;

iii) una violazione dell'ampio potere discrezionale riconosciuto alla Commissione nella valutazione di una misura economicamente complessa;

iv) una violazione dell'art. 87, n. 1, CE derivante dalla errata interpretazione degli elementi costitutivi della nozione di aiuto di Stato, ed in particolare del conferimento di un vantaggio all'impresa beneficiaria e del trasferimento di risorse pubbliche;

v) una violazione dell'obbligo di motivazione.

Sulla prima censura, relativa ad una violazione dell'art. 87, n. 1, CE derivante dall'errata interpretazione della nozione di «condizioni normali di mercato»

Argomenti delle parti

XXII. La prima censura mossa dai ricorrenti alla sentenza impugnata ruota intorno alla nozione di «condizioni normali di mercato» impiegata dalla sentenza SFEI per stabilire in quali casi la fornitura di assistenza logistica e commerciale da parte di un'impresa pubblica alle sue controllate attive in un settore aperto alla libera concorrenza può dare luogo ad un aiuto di Stato. In quella sentenza la Corte aveva infatti precisato che la fornitura di una tale assistenza può costituire un aiuto «quando la remunerazione ricevuta come contropartita è inferiore a quella che sarebbe stata richiesta in condizioni normali di mercato» .

XXIII. Come si è visto, per applicare tale criterio nel caso in esame, la Commissione ha ritenuto che occorresse «accertare se le condizioni delle operazioni fra "La Poste" e SFMI-Chronopost [fossero] paragonabili a quelle di operazioni equivalenti fra una società madre privata, anche se in situazione di monopolio (ad esempio perché detiene diritti esclusivi), e la sua filiale» . In quest'ottica, essa ha precisato che «i prezzi interni applicati ai prodotti e ai servizi scambiati fra società dello stesso gruppo non comportano alcun vantaggio finanziario [e quindi alcun aiuto di Stato] se si tratta di prezzi calcolati in base ai costi integrali (ossia i costi totali più la remunerazione dei capitali propri)». Questa impostazione è stata invece bocciata dal Tribunale, secondo il quale, ai sensi della sentenza SFEI, «la Commissione avrebbe dovuto esaminare se tali costi completi corrispondevano ai fattori che un'impresa operante in condizioni normali di mercato avrebbe dovuto prendere in considerazione al momento della fissazione della remunerazione per i servizi forniti. Così la Commissione avrebbe dovuto verificare almeno che la contropartita ricevuta da La Poste fosse paragonabile a quella richiesta da una società finanziaria privata o da un gruppo privato di imprese non operante in un settore riservato, che persegue una politica strutturale, globale o settoriale e che è guidata da prospettive di lungo termine» .

XXIV. Con la censura in esame, i ricorrenti contestano la soluzione cui è giunto il Tribunale, il quale a loro giudizio avrebbe in sostanza violato l'art. 87, n. 1, CE, relativo alla nozione di aiuti di Stato, stravolgendo il concetto di «condizioni normali di mercato».

XXV. Essi osservano in particolare che per applicare tale concetto nel caso in esame, in base al noto principio dell'investitore privato in un'economia di mercato, il Tribunale avrebbe dovuto fare riferimento alla contropartita che sarebbe stata richiesta alla propria filiale da un operatore privato comparabile a La Poste, il quale perseguisse «una politica strutturale, globale o settoriale, guidato da prospettive di redditività a più lungo termine» . La giurisprudenza della Corte avrebbe infatti chiarito che per valutare l'eventuale concessione di aiuti si deve confrontare il comportamento dell'impresa pubblica con quello di un operatore privato «di dimensioni paragonabili» o «che si trovi, nei limiti del possibile, nella medesima situazione» . Facendo riferimento ad un'impresa privata «non operante in un settore riservato», il Tribunale avrebbe dunque commesso l'errore di assumere come termine di paragone un'impresa strutturalmente diversa da La Poste, invece di confrontare il comportamento di quest'ultima con quello di un'impresa che si trovasse nella sua stessa situazione (e cioè disponesse di un settore riservato).

XXVI. Del resto, che nel caso di specie si dovesse applicare il tradizionale criterio dell'investitore privato, a giudizio dei ricorrenti, risulterebbe chiaramente dalle conclusioni dell'avvocato generale Jacobs nella causa SFEI, successivamente confermate dalla sentenza della Corte. D'altra parte, continuano i ricorrenti, se la sentenza avesse voluto riferirsi ad un operatore privato che non disponesse di un monopolio legale, lo avrebbe detto espressamente e senza ambiguità, invece di riferirsi semplicemente alle «condizioni normali di mercato».

XXVII. Sempre nella stessa ottica, poi, Chronopost ricorda che la giurisprudenza della Corte non richiede affatto di confrontare i prezzi dell'impresa pubblica con quelli dei suoi concorrenti. Non sarebbe quindi corretto affermare l'esistenza di un aiuto di Stato solo perché La Poste avrebbe fatturato i suoi servizi a prezzi meno cari di quelli richiesti dalle società-madri dei concorrenti di SFMI-Chronopost. In realtà, vi sarebbe stato un aiuto solo se La Poste avesse tenuto un comportamento che non sarebbe stato possibile per un operatore privato che si fosse trovato nella sua stessa situazione, e cioè se essa avesse rinunciato ad una remunerazione normale dei suoi servizi.

XXVIII. Chronopost aggiunge inoltre che, se la concessione di un settore riservato a La Poste non costituisce un aiuto di Stato in suo favore, gli eventuali vantaggi che questa potrebbe trarne in termini di produttività (comunque da dimostrare) non sarebbero diversi dalle economie di scala realizzabili da un'impresa privata che si trovasse in posizione dominante o di monopolio. Di conseguenza, quand'anche il prezzo fatturato alla sua filiale riflettesse tali economie, esso non comporterebbe un aiuto di Stato qualora permettesse a La Poste di coprire i suoi costi completi, dato che in tal caso impedirebbe trasferimenti di risorse verso attività svolte in concorrenza maggiori di quelli che nella stessa situazione sarebbero stati realizzati anche da un'impresa privata.

XXIX. Per altro verso, i ricorrenti sottolineano il carattere astratto della soluzione del Tribunale, secondo cui per valutare la concessione di un aiuto si dovrebbero prendere in considerazione i costi che un'ipotetica impresa privata «non operante in un settore riservato» dovrebbe sopportare per costituire e mantenere una rete comparabile a quella di La Poste, con cui prestare un analogo servizio di assistenza logistica e commerciale. In effetti, tale soluzione richiederebbe in definitiva la ricerca di un'impresa ideale operante su un mercato ideale, e ciò con gravi problemi di incertezza giuridica.

XXX. Ma i ricorrenti contestano anche la praticabilità della soluzione indicata dal Tribunale. Secondo la Repubblica francese, quella soluzione sarebbe infatti assurda, visto che un operatore privato che non disponesse di un monopolio legale non si doterebbe mai di una rete di servizio pubblico comparabile a quella di la Poste. A conferma di ciò, La Poste ricorda a sua volta che davanti al Tribunale la stessa Ufex aveva sostenuto che «la garanzia di una promessa commerciale come quella offerta da SFMI, che è concepibile solo in un universo di servizio pubblico, appare totalmente irrealistica in un settore concorrenziale (...). Una rete come quella di SFMI [rectius: di La Poste] non è all'evidenza una rete di mercato». Considerato del resto che i concorrenti di SFMI-Chronopost non erano interessati ad avere accesso ad una simile rete (come sarebbe dimostrato dal fatto che La Poste non ha ricevuto alcuna richiesta in tal senso), quest'ultima ritiene che non esistesse alcun prezzo che potesse essere preso come riferimento. Chronopost sottolinea poi il carattere astratto della soluzione del Tribunale, che in pratica richiederebbe la ricerca di un'impresa ideale operante su un mercato ideale, e la grande incertezza giuridica che da tale soluzione deriverebbe.

XXXI. Più in generale, poi, i ricorrenti osservano che la sentenza impugnata impedirebbe in pratica ai monopolisti pubblici di operare anche in mercati aperti alla concorrenza, determinando in tal modo una grave discriminazione nei loro confronti. Inoltre, essa rimetterebbe in causa il finanziamento del servizio pubblico, contraddicendo in tal modo i principi comunitari in materia.

XXXII. In senso del tutto opposto vanno ovviamente le osservazioni di Ufex, secondo la quale il Tribunale avrebbe correttamente interpretato la nozione di «condizioni normali di mercato» di cui alla sentenza SFEI.

XXXIII. Secondo Ufex, infatti, per valutare se determinate operazioni avvengano a «condizioni normali di mercato», e quindi non comportino aiuti, occorre tenere distinti i casi in cui lo Stato agisce come investitore o creditore e quelli in cui opera su di un mercato concorrenziale attraverso una diversificazione delle attività di un'impresa pubblica che detiene un monopolio legale.

XXXIV. Nel primo caso, la valutazione delle «condizioni normali di mercato» non richiederebbe la determinazione di un prezzo di mercato (non vi sarebbe in effetti alcuna vendita di beni o prestazione di servizi da parte dello Stato), dovendosi solo tenere conto del rendimento dei capitali investiti e dei rischi assunti. Qualora invece un'impresa pubblica operante in un settore riservato prestasse servizi a sue filiali attive su di un mercato aperto alla concorrenza, le transazioni avverrebbero a «condizioni normali di mercato» solo se il corrispettivo per tali servizi corrispondesse al loro prezzo di mercato. In questa seconda ipotesi, si dovrebbe in sostanza utilizzare lo stesso benchmark del prezzo di mercato normalmente impiegato dalla Commissione per stabilire se la concessione di una garanzia da parte dello Stato o la vendita di attivi pubblici (quali ad esempio imprese pubbliche, terreni o fabbricati) comportino aiuti di Stato.

XXXV. In questo senso, secondo Ufex, andrebbe letta anche la sentenza SFEI. Per stabilire se l'assistenza logistica e commerciale fornita da La Poste abbia comportato un aiuto in favore di SFMI-Chronopost, ai sensi di quella sentenza, si dovrebbe infatti comparare il prezzo pagato da quest'ultima società con quello che un suo concorrente avrebbe dovuto pagare per acquistare le stesse prestazioni sul mercato. A tal fine, si potrebbe anche valutare l'acquisto delle prestazioni in causa, invece che su di un mercato totalmente indipendente, all'interno di un gruppo operante in «condizioni normali di mercato», tenendo quindi conto del fatto che all'interno di un tale gruppo la società madre potrebbe ammorbidire i suoi prezzi nell'ottica di una politica strutturale caratterizzata da investimenti a lungo termine. Ma in ogni caso, come precisato dal Tribunale, tale confronto dovrebbe essere effettuato con una società finanziaria privata o un gruppo privato di imprese «non operante in un settore riservato», in quanto il titolare di un monopolio legale non agisce certo in normali condizioni di mercato.

XXXVI. In una simile situazione, sarebbe quindi sbagliato valutare l'esistenza di un aiuto di Stato facendo riferimento al rendimento ottenuto da una società madre operante in un settore riservato. Il fatto che alla società madre sia concesso un monopolio legale può infatti compromettere tale valutazione, potendosi legittimamente temere che tale situazione di monopolio possa comportare un abbattimento dei costi rispetto a quelli di mercato e consentire così un rendimento artificialmente elevato. Correttamente, dunque, nella sentenza impugnata il Tribunale non si è concentrato sui costi sopportati dall'impresa pubblica titolare di un monopolio legale, e dunque sulla sua redditività, ma ha fatto riferimento ai prezzi di mercato per la fornitura dei servizi in causa da parte di un'impresa privata operante in normali condizioni di mercato, e quindi priva di un monopolio legale.

XXXVII. Ufex aggiunge poi che per effettuare la verifica richiesta dal Tribunale non occorre considerare il costo che un operatore privato non operante in un settore riservato dovrebbe sopportare per dotarsi ex nihilo di una rete postale comparabile a quella di La Poste, che chiaramente non costituisce una «rete di mercato». Si tratterebbe semplicemente di constatare quali sono i servizi offerti da La Poste a Chronopost e di valutare i costi che in normali condizioni di mercato un'impresa privata dovrebbe sopportare per fornire simili servizi. Visto ad esempio che il servizio offerto da Chronopost ai suoi clienti comportava l'utilizzo di 14 258 uffici postali di La Poste per il deposito ed il ritiro degli invii, si dovrebbero valutare i costi che un operatore privato avrebbe dovuto sopportare per poter disporre di tali immobili (o meglio della parte necessaria per la prestazione del servizio offerto da Chronopost), tenendo conto dei prezzi richiesti per il loro affitto od il loro acquisto secondo il mercato immobiliare.

Valutazione

XXXVIII. Nel presentare la mia valutazione della censura in esame, devo osservare in via preliminare che non sembrano esservi dubbi sul fatto che nel periodo considerato La Poste fosse «incaricata di un servizio di interesse economico generale», ai sensi della giurisprudenza Corbeau . Tale «servizio» consisteva in buona sostanza «nell'obbligo di effettuare la raccolta, il trasporto e la distribuzione della corrispondenza, a favore di tutti gli utenti, su tutto il territorio dello Stato membro interessato, a tariffe uniformi e a condizioni di qualità simili, indipendentemente dalle circostanze particolari e dal grado di redditività economica di ciascuna singola operazione» . In altre parole, La Poste era incaricata di fornire quello che all'art. 3 della direttiva 97/67/CE, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio , è stato successivamente definito come il «servizio universale». A tal fine, essa si è dovuta dotare di importanti infrastrutture e mezzi di vario tipo (la c.d. «rete postale»), che le consentissero di fornire il servizio postale di base a tutti gli utenti (a tariffe uniformi ed a condizioni di qualità simili) anche nelle zone rurali o comunque poco popolate, nelle quali le tariffe non coprivano i costi sopportati per la prestazione del servizio. Proprio l'affidamento di tale funzione di interesse economico generale giustificava la concessione di un monopolio legale sul servizio di recapito della posta ordinaria, in quanto, come precisato nella sentenza Corbeau, «l'obbligo del titolare di questa funzione di garantire i suoi servizi in condizioni di equilibrio economico presuppone la possibilità di una compensazione tra i settori di attività redditizi e quelli meno redditizi, e giustifica quindi una limitazione della concorrenza da parte di imprenditori privati nei settori economicamente redditizi» .

XXXIX. Per fornire il servizio universale La Poste si è dovuta dunque dotare di una particolare rete che possiamo definire, con un'espressione successivamente impiegata dalla direttiva 97/67, come «rete postale pubblica» che non si sarebbe giustificata in base ad una mera logica «di mercato». Tale rete, che comportava costi fissi molto elevati, è stata costituita e mantenuta grazie ad interventi di diverso tipo dell'amministrazione francese (di cui La Poste è stata parte integrante fino al 1990), tra i quali, come si è detto, la concessione di un monopolio legale sul servizio di recapito della posta ordinaria (c.d. «settore riservato»).

XL. La stessa rete, il cui mantenimento era comunque necessario per la fornitura del servizio universale, è stata in sostanza impiegata da La Poste per offrire alla propria controllata SFMI-Chronopost (attiva nel settore del «corriere espresso») un'assistenza logistica consistente nel metterle a disposizione le proprie infrastrutture postali «per la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione delle spedizioni». In particolare, «il fatto che SFMI-Chronopost [avesse] accesso alla rete della società madre» è stato indicato dalla Commissione tra i fattori che avevano contribuito al suo successo, consentendole di «conquista[re] quote di mercato, consolida[re] la sua posizione e genera[re] costantemente degli utili». La Commissione ha in effetti sottolineato «che SFMI-Chronopost, specie durante i primi anni di attività, subappaltava la maggior parte della sua attività a "La Poste", limitando così le sue spese di impianto (in particolare le spese fisse)», il che spiegava, a suo giudizio, «perché la società [fosse] stata dotata di fondi propri molto limitati». Avvalendosi della rete di La Poste, SFMI-Chronopost offriva ai propri clienti un servizio di corriere espresso «meno consistente di quelli offerti dalla concorrenza e in particolare da DHL», ma a «prezzi inferiori»: in particolare, secondo quanto sottolineato dalla Commissione, «SFMI-Chronopost raccoglieva normalmente le lettere ed i pacchi dei suoi clienti occasionali negli uffici postali, mentre i suoi concorrenti li ritiravano a domicilio».

XLI. In sintesi, dunque, l'assistenza logistica di cui si discute consisteva nel fatto di mettere a disposizione di SFMI-Chronopost la rete postale pubblica di La Poste (almeno in parte finanziata attraverso i proventi del monopolio legale), affinché essa potesse avvalersene per svolgere la propria attività nel settore del corriere espresso.

XLII. Ebbene, proprio la considerazione del particolare tipo di servizio fornito da La Poste a SFMI-Chronopost induce anche me, come ha indotto i ricorrenti, a dubitare del criterio indicato dal Tribunale per valutare se la contropartita corrisposta per tale servizio comportasse un aiuto di Stato.

XLIII. Come si è visto, secondo il Tribunale, la Commissione non poteva limitarsi a verificare se la contropartita corrisposta da SFMI-Chronopost coprisse i «costi completi» sostenuti da La Poste per fornire la sua assistenza, ma avrebbe «dovuto esaminare se tali costi completi corrispondevano ai fattori che un'impresa operante in condizioni normali di mercato avrebbe dovuto prendere in considerazione al momento della fissazione della remunerazione per i servizi forniti. Così la Commissione avrebbe dovuto verificare almeno che la contropartita ricevuta da La Poste fosse paragonabile a quella richiesta da una società finanziaria privata o da un gruppo privato di imprese non operante in un settore riservato, che persegue una politica strutturale, globale o settoriale e che è guidata da prospettive di lungo termine» .

XLIV. A giudizio del Tribunale, insomma, la Commissione avrebbe dovuto valutare la contropartita che per le stesse prestazioni avrebbe richiesto una società finanziaria o una capogruppo privata che non fosse tenuta ad assicurare la fornitura del servizio postale universale e non beneficiasse di conseguenza di un monopolio legale. In altri termini, la Commissione avrebbe dovuto assumere come parametro la contropartita che un tale operatore privato avrebbe richiesto ad una sua controllata (oltre che per fornirle un'assistenza commerciale) per metterle a disposizione una rete postale comparabile a quella di La Poste.

XLV. Così facendo, però, il Tribunale ha a mio avviso chiesto alla Commissione di applicare un test chiaramente irrealistico, e per questo motivo inidoneo ad individuare in una simile fattispecie l'eventuale sussistenza di un aiuto di Stato ai sensi dell'art. 87 CE.

XLVI. Come si è detto, infatti, la costituzione ed il mantenimento di una rete postale pubblica come quella di La Poste non si giustificano secondo una pura logica di mercato, dato che tale rete è chiaramente preordinata alla fornitura del servizio universale; la stessa Ufex ha del resto sottolineato che «una rete come quella di cui ha potuto beneficiare la SFI-Chronopost non è all'evidenza una rete di mercato» . Il che vuol dire che «in normali condizioni di mercato» non è razionale dal punto di vista economico dotarsi di una simile rete, addossandosi i considerevoli costi fissi che questa comporta, solo per poter fornire a soggetti terzi o ad imprese controllate un'assistenza logistica del tipo di quella in causa. In effetti, la fornitura di una tale assistenza si giustifica dal punto di vista economico solo per un'impresa che debba comunque mantenere una rete postale pubblica analoga a quella di La Poste, al fine di garantire il servizio universale (finanziato dallo Stato), dato che solo un'impresa che già disponesse di una simile rete potrebbe offrire l'assistenza logistica di cui trattasi sostenendo costi aggiuntivi ragionevolmente ridotti.

XLVII. Da quanto detto discende che «in normali condizioni di mercato» un'impresa privata che non fosse tenuta a mantenere una rete postale pubblica comparabile a quella di La Poste per garantire la fornitura del servizio postale universale (ricevendone in cambio un'adeguata compensazione dallo Stato, ad esempio sotto forma di monopolio legale) non disporrebbe di una siffatta rete postale e non potrebbe quindi fornire ad una sua controllata un'assistenza logistica del tipo di quella in causa. Domandando alla Commissione di valutare la contropartita che per una tale assistenza avrebbe richiesto un'ipotetica società finanziaria o capogruppo privata che non fosse tenuta ad assicurare la fornitura del servizio postale universale, e non beneficiasse pertanto di un settore riservato, il Tribunale ha di conseguenza accolto un'errata interpretazione dell'art. 87 CE, perché ha assunto come benchmark per l'individuazione di eventuali aiuti di Stato un operatore privato che in realtà «in normali condizioni di mercato» non esisterebbe affatto.

XLVIII. Né mi pare che tale conclusione possa essere rimessa in discussione dall'obiezione di Ufex, secondo cui per effettuare la verifica richiesta dal Tribunale non occorrerebbe considerare il costo che un'impresa privata non operante in un settore riservato dovrebbe sopportare per dotarsi ex nihilo di una rete postale pubblica comparabile a quella di La Poste, ma si dovrebbero semplicemente valutare i costi che in normali condizioni di mercato un operatore privato dovrebbe sopportare per fornire il servizio di cui trattasi. Non vedo infatti come un operatore privato che non si dotasse in qualche modo di una rete postale pubblica comparabile a quella di La Poste potrebbe mai fornire ad una propria controllata attiva nel settore del corriere espresso un'assistenza logistica consistente nel metterle a disposizione una tale rete postale «per la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione delle spedizioni».

XLIX. Ciò posto, ci si deve allora chiedere in che modo si possa valutare, ai sensi della sentenza SFEI, se in una simile fattispecie la remunerazione ricevuta come contropartita per la fornitura dell'assistenza logistica e commerciale non sia «inferiore a quella che sarebbe stata chiesta in condizioni normali di mercato». Dalla motivazione della sentenza non emergono invero chiare indicazioni al riguardo, essendo solo precisato che per «valutare se una misura statale costituisca un aiuto, si deve (...) determinare se l'impresa beneficiaria riceve un vantaggio economico che non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato. Nell'ambito di tale indagine, spetta al giudice nazionale determinare quale sia la remunerazione normale delle prestazioni in causa. Una siffatta valutazione presuppone un'analisi economica che tenga conto di tutti i fattori che un'impresa operante in condizioni normali di mercato avrebbe dovuto prendere in considerazione nella fissazione del prezzo dei servizi forniti» .

L. Secondo le ricorrenti, come si è visto, a tal fine si dovrebbe applicare il noto criterio dell'investitore privato in un'economia di mercato. Si dovrebbe cioè valutare se la contropartita corrisposta da SFMI-Chronopost sia inferiore a quella che un'impresa privata che si trovasse nella stessa situazione di La Poste, e dunque disponesse di un'analoga rete postale pubblica, chiederebbe ad una propria controllata per fornire l'assistenza di cui trattasi.

LI. In favore di tale criterio, come sottolineato dalle ricorrenti, sembra in effetti essersi espresso l'avvocato generale Jacobs nelle sue conclusioni nella causa SFEI, sostenendo che «la fornitura di assistenza logistica e commerciale da parte di un organismo pubblico a un'impresa nella quale detiene una partecipazione diretta o indiretta a condizioni finanziarie più favorevoli di quelle che l'impresa potrebbe ottenere da un investitore commerciale paragonabile costituisc[e] un aiuto ai fini dell'art. 92, n. 1». A tal fine, secondo l'avvocato generale, si dovrebbe «vedere se un investitore commerciale si accontenterebbe dell'entità della prestazione ricevuta in cambio dell'assistenza, tenendo conto di fattori quali il costo dell'assistenza fornita, l'entità del suo investimento nell'impresa e la sua redditività, l'importanza dell'attività dell'impresa per il gruppo nel suo insieme, la situazione del mercato di cui trattasi e il periodo per il quale viene fornita l'assistenza» .

LII. Non credo tuttavia che l'applicazione di tale criterio possa garantire, in un caso come quello in esame, che la contropartita corrisposta dalla controllata non comporti un aiuto di Stato. Un'impresa privata che si trovasse nella stessa situazione di La Poste sarebbe infatti indotta a fissare l'ammontare della contropartita in modo da massimizzare i profitti per il gruppo nel suo complesso, tenendo naturalmente conto anche degli utili distribuiti dalla controllata attiva nel settore del corriere espresso . Tale impresa potrebbe dunque accontentarsi di una contropartita ridotta, in attuazione di una strategia globale volta a rinforzare la posizione concorrenziale della controllata nel mercato del corriere espresso. Essa potrebbe quindi porre ad esclusivo vantaggio della controllata tutte le economie di scala derivanti dall'utilizzazione di una rete postale già detenuta per la fornitura del servizio universale , al fine di aumentare gli utili da questa prodotti e, per questa via, il profitto complessivo del gruppo.

LIII. La società attiva nel settore del corriere espresso potrebbe quindi ricevere un importante vantaggio competitivo rispetto ai suoi concorrenti, derivante, non già da economie di scala realizzabili «in condizioni normali di mercato» all'interno di qualsiasi gruppo privato, ma dal fatto di essere controllata da un'impresa incaricata di fornire il servizio postale universale, la quale, per questo motivo, detiene una rete postale pubblica finanziata dallo Stato attraverso la concessione di un monopolio legale. Il che dimostra, a mio avviso, che l'applicazione del criterio dell'investitore privato in un caso come quello in esame non consente di valutare, come richiesto dalla sentenza SFEI, se la controllata riceva «un vantaggio economico che non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato» .

LIV. In realtà, per poter escludere con certezza che SFMI-Chronopost abbia beneficiato di un siffatto vantaggio economico si dovrebbe comparare il prezzo corrisposto a La Poste con quello che quest'ultima avrebbe potuto ottenere qualora avesse offerto sul mercato la sua assistenza logistica e commerciale alle società di corriere espresso interessate. In tal modo si potrebbe infatti valutare, per un verso, se SFMI-Chronopost abbia ottenuto tale assistenza ad un prezzo inferiore a quello che per le stesse prestazioni avrebbero pagato i suoi concorrenti e, per l'altro, se la remunerazione ricevuta come contropartita da La Poste sia «inferiore a quella che sarebbe stata chiesta in condizioni normali di mercato».

LV. Temo tuttavia che, in assenza di concreti ed oggettivi riferimenti sul mercato, tale valutazione potrebbe presentarsi eccessivamente ipotetica ed astratta, rischiando di produrre risultati fortemente opinabili, se non arbitrari. Credo infatti che, in considerazione delle specificità del caso in esame, non si possano rinvenire sul mercato adeguati benchmark per effettuare tale valutazione, tenuto conto in particolare del fatto che:

- da un lato, come si è visto, l'assistenza di cui trattasi poteva essere offerta solo dall'impresa incaricata di fornire il servizio postale universale in Francia (e quindi da La Poste), con la conseguenza che non possono essere rinvenuti dati sul prezzo chiesto da operatori terzi per la fornitura di servizi analoghi ;

- dall'altro, secondo quanto affermato da La Poste senza essere smentita dalle controparti, nessun concorrente di SFMI-Chronopost ha mai chiesto di avere accesso alla rete di servizio pubblico di La Poste, neppure quando (a partire dal 1995) SFMI-Chronopost non ha più beneficiato di un accesso esclusivo a tale rete . Il che vuol dire che non sono disponibili dati obiettivi e verificabili neppure sul prezzo che operatori terzi concorrenti di SFMI-Chronopost sarebbero stati pronti a pagare per l'assistenza logistica e commerciale di cui trattasi.

LVI. Tali considerazioni mi inducono dunque a ritenere che, in assenza di puntuali indicazioni sul valore di mercato dell'assistenza logistica e commerciale offerta da La Poste, vadano ricercati altri criteri che consentano comunque di verificare se la contropartita per tale assistenza sia stata fissata in modo da favorire SFMI-Chronopost ed abbia dunque comportato per quest'ultima «un vantaggio economico che non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato».

LVII. A tal fine, e per quanto qui interessa, mi pare legittimo fare riferimento a dati obiettivi e verificabili, come quelli sui costi sostenuti da La Poste per la fornitura dei servizi in causa. In assenza di adeguati riscontri sul valore di mercato dei servizi offerti, e non potendo fondarsi su valutazioni legate ad una strategia globale di gruppo, un'impresa operante in condizioni normali di mercato non potrebbe in effetti fissare il prezzo di tali servizi che sulla base dei loro costi. In tali particolari circostanze, credo dunque che i costi rappresentino il solo fattore obiettivo e verificabile che, ai sensi della sentenza SFEI, «un'impresa operante in condizioni normali di mercato avrebbe dovuto prendere in considerazione nella fissazione del prezzo dei servizi forniti».

LVIII. Su questa base, ritengo in particolare che si possa escludere la concessione di un aiuto di Stato in favore di SFMI-Chronopost qualora la contropartita richiesta coprisse tutti i costi aggiuntivi, fissi e variabili, specificamente sostenuti da La Poste per poter fornire l'assistenza logistica e commerciale (c.d. costi diretti) ed una parte adeguata dei costi fissi derivanti dal mantenimento della rete postale pubblica (c.d. costi comuni, sopportati sia per l'assistenza di cui trattasi che per la fornitura del servizio universale) . In tal modo, si potrebbe infatti verificare se le economie di scala derivanti dall'utilizzazione della rete postale pubblica di La Poste siano state poste ad esclusivo vantaggio di SFMI-Chronopost e se quest'ultima abbia (o meno) contribuito pro quota alla copertura dei costi sopportati da La Poste per il mantenimento di tale rete .

LIX. Da quanto detto discende dunque, a mio avviso, che nel caso di specie non è corretto affermare, come ha fatto il Tribunale, che, limitandosi «a verificare quali sono stati i costi sostenuti da La Poste per la fornitura dell'assistenza logistica e commerciale e in che misura tali costi sono stati rimborsati dalla SFMI-Chronopost», «la Commissione non si è fondata su un'analisi economica come quella richiesta dalla sentenza SFEI per dimostrare che la transazione in esame è paragonabile ad una transazione tra imprese operanti in condizioni normali di mercato».

LX. In conclusione, alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, ritengo che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto interpretando l'art. 87, n. 1, CE nel senso che la Commissione non poteva valutare l'esistenza di un aiuto in favore di SFMI-Chronopost facendo riferimento ai costi sopportati da La Poste, ma avrebbe invece dovuto verificare se la contropartita da questa ricevuta «fosse paragonabile a quella richiesta da una società finanziaria privata o da un gruppo privato di imprese non operante in un settore riservato, che persegue una politica strutturale, globale o settoriale e che è guidata da prospettive di lungo termine».

LXI. Nell'esaminare i motivi di ricorso dedotti da Ufex, il Tribunale avrebbe invece dovuto accogliere un'interpretazione della disposizione in parola secondo cui, in un caso come quello di specie, la Commissione poteva escludere la concessione di un aiuto di Stato in favore di SFMI-Chronopost qualora la contropartita richiesta coprisse tutti i costi aggiuntivi, fissi e variabili, specificamente sostenuti da La Poste per poter fornire l'assistenza logistica e commerciale ed una parte adeguata dei costi fissi derivanti dal mantenimento della rete postale pubblica.

LXII. In accoglimento della censura in esame, e senza dover esaminare gli altri motivi di ricorso, la sentenza del Tribunale andrebbe pertanto annullata nella misura in cui ha a sua volta annullato l'art. 1 della decisione impugnata «nella parte in cui esso constata che l'assistenza logistica e commerciale fornita da La Poste alla sua controllata SFMI-Chronopost non costituisce un aiuto di Stato a favore della SFMI-Chronopost».

LXIII. La causa relativa al ricorso in annullamento presentato da Ufex andrebbe di conseguenza rinviata al Tribunale affinché quest'ultimo si pronunci, alla luce delle indicazioni fornite dalla Corte, sui motivi di ricorso dedotti in primo grado da Ufex per contestare la valutazione compiuta dalla Commissione in merito all'assistenza logistica e commerciale fornita da La Poste alla sua controllata.

II - Conclusioni

LXIV. Per le ragioni sopra esposte, propongo pertanto alla Corte di dichiarare che:

- «la sentenza del Tribunale di primo grado 14 dicembre 2000, causa T-613/97, Ufex e a./Commissione, è annullata nella misura in cui ha annullato l'art. 1 della decisione della Commissione 1° ottobre 1997, 98/365/CE, in merito a presunti aiuti della Francia a favore della società SFMI-Chronopost, «nella parte in cui esso constata che l'assistenza logistica e commerciale fornita da La Poste alla sua controllata SFMI-Chronopost non costituisce un aiuto di Stato a favore della SFMI-Chronopost»;

- la causa è rinviata al Tribunale;

- le spese sono riservate.»