62000J0139

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) dell'11 luglio 2002. - Commissione delle Comunità europee contro Regno di Spagna. - Inadempimento di uno Stato - Direttiva 89/369/CEE - Inquinamento atmosferico - Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani nell'isola di La Palma. - Causa C-139/00.

raccolta della giurisprudenza 2002 pagina I-06407


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1. Ricorso per inadempimento - Oggetto della controversia - Determinazione nel corso del procedimento precontenzioso - Riformulazione nel ricorso di una censura per tener conto di un elemento di prova aggiuntivo - Ammissibilità

(Art. 226 CE)

2. Ambiente - Inquinamento atmosferico - Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani - Direttiva 89/369 - Esecuzione da parte degli Stati membri - Obbligo di risultato

(Direttiva del Consiglio 89/369)

3. Ricorso per inadempimento - Prova dell'inadempimento - Onere che incombe alla Commissione - Presunzioni - Inammissibilità

(Art. 226 CE)

Massima


1. Anche se l'oggetto del ricorso proposto a norma dell'art. 226 CE è definito dal procedimento precontenzioso previsto da tale disposizione e, di conseguenza, il parere motivato della Commissione e il ricorso devono fondarsi sulle stesse censure, ciò non significa tuttavia che debba sussistere in ogni caso una perfetta coincidenza tra l'esposizione delle censure nella lettera di diffida, nel dispositivo del parere motivato e nelle conclusioni del ricorso, dal momento che l'oggetto della controversia non è stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto.

Orbene, nel caso in esame, la riformulazione nel ricorso di una censura, con la quale la Commissione ha inteso unicamente tener conto di un elemento di prova aggiuntivo che, a suo parere, è emerso solo dopo l'adozione del parere motivato, non ha determinato l'ampliamento, la modifica e neppure la riduzione dell'oggetto della controversia qual è definito nel parere motivato.

( v. punti 18-21 )

2. La direttiva 89/369, concernente la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dai nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, impone agli Stati membri obbligli di risultato, formulati in modo chiaro e non equivoco, affinché i loro impianti di incenerimento soddisfino, entro i termini indicati, condizioni dettagliate e precise. Pertanto uno Stato membro ha adempiuto gli obblighi che gli incombono in forza della direttiva 89/369 e conseguito il risultato che gli è imposto solo se, oltre ad aver trasposto correttamente le disposizioni di tale direttiva nel diritto nazionale, anche gli impianti di incenerimento situati nel suo territorio sono stati attivati e funzionano conformemente alle condizioni delle disposizioni della direttiva 89/369. Ne consegue che la corretta trasposizione nel diritto nazionale delle disposizioni della direttiva 89/369 non può bastare per conformarsi agli obblighi che discendono dalla citata direttiva.

( v. punto 27 )

3. Nell'ambito di un procedimento per inadempimento ai sensi dell'art. 226 CE, tocca alla Commissione provare l'asserito inadempimento. Essa deve fornire alla Corte tutti gli elementi necessari perché questa accerti l'esistenza di tale inadempimento, senza potersi fondare su alcuna presunzione.

( v. punto 45 )

Parti


Nella causa C-139/00,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. G. Valero Jordana, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno di Spagna, rappresentato dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuto,

avente ad oggetto il ricorso volto a far dichiarare che il Regno di Spagna, non adottando le misure necessarie a garantire con riguardo ai tre forni di incenerimento installati a Mazo e a Barlovento, sull'isola di La Palma, l'applicazione:

- dell'art. 2 della direttiva del Consiglio 8 giugno 1989, 89/369/CEE, concernente la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dai nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani (GU L 163, pag. 32), in quanto i forni funzionano senza che sia stata rilasciata una qualsiasi autorizzazione a tal fine;

- dell'art. 6 di tale direttiva, in quanto, riguardo ai suddetti forni, le autorità competenti:

- non hanno proceduto alle misurazioni periodiche dei parametri previsti da tale articolo,

- non hanno approvato preliminarmente le procedure di prelievo e di misurazione e non hanno neanche determinato la collocazione dei punti di misurazione,

- non hanno fissato alcun programma di misurazione;

- dell'art. 7 di tale direttiva, in quanto i forni summenzionati non sono muniti di bruciatori di riserva, il che non consente di garantire la temperatura minima di combustione di 850° C, in particolare nelle fasi di avvio e di arresto,

è venuto meno agli obblighi incombentigli a norma della citata direttiva,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dai sigg. P. Jann, presidente di sezione, D.A.O. Edward e C.W.A. Timmermans (relatore), giudici,

avvocato generale: P. Léger

cancelliere: H. von Holstein, cancelliere aggiunto

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 29 novembre 2001,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 21 febbraio 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto depositato presso la cancelleria della Corte l'11 aprile 2000 la Commissione della Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 226 CE, un ricorso volto a far dichiarare che il Regno di Spagna, non adottando le misure necessarie a garantire con riguardo ai tre forni di incenerimento installati a Mazo e a Barlovento, sull'isola di La Palma (Spagna), l'applicazione:

- dell'art. 2 della direttiva del Consiglio 8 giugno 1989, 89/369/CEE, concernente la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dai nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani (GU L 163, pag. 32), in quanto i forni funzionano senza che sia stata rilasciata una qualsiasi autorizzazione a tal fine;

- dell'art. 6 di tale direttiva, in quanto, riguardo ai suddetti forni, le autorità competenti:

- non hanno proceduto alle misurazioni periodiche dei parametri previsti da tale articolo,

- non hanno approvato preliminarmente le procedure di prelievo e di misurazione e non hanno neanche determinato la collocazione dei punti di misurazione,

- non hanno fissato alcun programma di misurazione;

- dell'art. 7 di tale direttiva, in quanto i forni summenzionati non sono muniti di bruciatori di riserva, il che non consente di garantire la temperatura minima di combustione di 850° C, in particolare nelle fasi di avvio e di arresto,

è venuto meno agli obblighi incombentigli a norma della citata direttiva.

La disciplina comunitaria

2 La direttiva del Consiglio 28 giugno 1984, 84/360/CEE, concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali (GU L 188, pag. 20), contiene disposizioni e procedure volte a prevenire e/o ridurre l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali all'interno della Comunità.

3 La direttiva 89/369 ha precisato gli obblighi derivanti dalla direttiva 84/360 per quanto riguarda i nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, disciplinando l'autorizzazione, l'attrezzatura ed il funzionamento degli stessi.

4 L'art. 2 della direttiva 89/369 recita:

«Fatto salvo l'articolo 4 della direttiva 84/360/CEE, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché l'autorizzazione preliminare di esercizio per qualunque nuovo impianto di incenerimento dei rifiuti urbani, richiesta ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 84/360/CEE e dell'articolo 8 della direttiva 75/442/CEE imponga le condizioni stabilite dagli articoli da 3 a 10 della presente direttiva».

5 L'art. 6 della direttiva 89/369 dispone:

«1. Nei nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani si procede alle seguenti misurazioni:

a) concentrazione di talune sostanze nei gas di combustione:

i) sono misurate e registrate in continuo le concentrazioni di polveri totali, di CO, di ossigeno e di HCl nel caso di impianti di capacità nominale superiore o pari a 1 t/h;

ii) sono misurate periodicamente:

- le concentrazioni dei metalli pesanti menzionati all'articolo 3, paragrafo 1, di HF e di SO2, nel caso di impianti con capacità nominale pari o superiore a 1 t/h;

- le concentrazioni di polveri totali, di HCl, di CO e di ossigeno, nel caso di impianti con capacità nominale inferiore a 1 t/h;

- le concentrazioni di composti organici (espresse in carbonio totale) in generale;

b) parametri di esercizio:

i) sono misurati e registrati in continuo la temperatura dei gas nella zona in cui si realizzano le condizioni imposte dall'articolo 4, paragrafo 1 ed il tenore di vapore acqueo dei gas di combustione. La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo [non è necessaria a condizione che il gas di combustione sia seccato prima] della analisi delle emissioni;

ii) deve formare oggetto di controlli adeguati almeno una volta, in occasione della prima messa in servizio di un impianto di incenerimento e nelle condizioni più sfavorevoli previste per il suo esercizio, il tempo di permanenza dei gas di combustione alla temperatura minima di 850° C, fissata all'articolo 4, paragrafo 1.

2. I risultati delle misurazioni di cui al paragrafo 1 sono riferiti alle seguenti condizioni:

- temperatura 273 K, pressione 101,3 kPa, 11% d'ossigeno o 9% di CO2, gas secco.

Qualora sia applicato l'articolo 3, [paragrafo 2,] essi possono tuttavia essere riferiti alle seguenti condizioni:

- temperatura 273 K, pressione 101,3 kPa, 17% d'ossigeno, gas secco.

3. Tutti i risultati delle misurazioni sono registrati, elaborati e presentati in modo adeguato ai fini del controllo da parte delle autorità competenti dell'osservanza delle condizioni imposte, secondo le modalità stabilite dalle suddette autorità.

4. Le procedure di prelievo e di misurazione utilizzate per soddisfare gli obblighi stabiliti dal paragrafo 1, nonché la collocazione dei punti di prelievo o di misurazione devono essere approvate preliminarmente dalle autorità competenti.

5. Per quanto riguarda le misurazioni periodiche, le autorità competenti stabiliscono dei programmi di misurazione adeguati, in modo da garantire risultati rappresentativi del livello normale di emissione delle sostanze considerate.

I risultati ottenuti devono consentire di verificare l'osservanza dei valori limite applicabili».

6 Ai sensi dell'art. 7 della direttiva 89/369:

«Tutti i nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani saranno muniti di bruciatori di riserva. Questi bruciatori devono entrare in funzione automaticamente non appena la temperatura del gas di combustione scende al di sotto di 850° C. I bruciatori di riserva vengono inoltre utilizzati nelle fasi di avvio e di arresto dell'impianto per garantire in permanenza la temperatura minima di cui sopra durante tali operazioni e fintantoché vi siano rifiuti nella camera di combustione».

Procedimento precontenzioso

7 Nel 1993 la Commissione riceveva una denuncia relativa alla decisione con la quale il consiglio dell'isola di La Palma autorizzava l'installazione di cinque forni di incenerimento in diverse località dell'isola (due a El Paso, due a Mazo e uno a Barlovento), per il motivo che il rilascio di tale autorizzazione ed il funzionamento di detti forni violavano la normativa comunitaria.

8 A seguito di tale denuncia tra la Commissione e il governo spagnolo si sviluppava uno scambio di corrispondenza e di informazioni. Il 26 giugno 1995 la Commissione spediva al Regno di Spagna una prima lettera di diffida. Tenuto conto, da un lato, del fatto che tale lettera non aveva preso in considerazione talune informazioni del governo spagnolo e, dall'altro, della corrispondenza successivamente scambiata, il 23 settembre 1997 la Commissione spediva a tale Stato membro una lettera di diffida supplementare, invitandolo a presentare la sue osservazioni sulle censure relative ai forni di incenerimento di Mazo e Barlovento.

9 Nelle loro risposte del 24 novembre 1997 e del 28 novembre 1998 le autorità spagnole elencavano le varie azioni intraprese per migliorare la gestione dei rifiuti sull'isola di La Palma.

10 Il 24 luglio 1998 la Commissione, ritenendo che il Regno di Spagna fosse venuto meno a taluni obblighi ad esso incombenti in forza delle direttive 84/360 e 89/369, emanava un parere motivato con cui invitava tale Stato membro ad adottare le misure necessarie per conformarvisi nel termine di due mesi a partire dalla notifica dello stesso.

11 Con lettera 6 agosto 1998 le autorità spagnole chiedevano che tale termine fosse prorogato di un mese. Tale proroga veniva concessa dalla Commissione, sicché il termine di risposta al parere motivato scadeva il 24 ottobre 1998. Il governo spagnolo produceva una prima risposta con lettera 20 novembre 1998, alla quale veniva allegata una nota del consiglio dell'isola di La Palma che forniva informazioni sullo stato di avanzamento del progetto del piano di gestione integrato dei rifiuti dell'isola e sulle diverse misure adottate nel modo di raccolta e trattamento dei rifiuti. Con lettera 3 febbraio 1999 il governo spagnolo inviava alla Commissione informazioni supplementari.

12 Con lettera 28 maggio 1999 la Commissione chiedeva al governo spagnolo di presentarle una copia del piano di gestione integrata dei rifiuti dell'isola di La Palma, di confermare il calendario di chiusura dei forni di incenerimento nonché di fornirle informazioni sulle misure adottate per conformarsi ad una decisione presa a tale riguardo da parte del dipartimento ministeriale del Commercio e dell'Industria del governo delle Canarie, in particolare sui risultati delle misurazioni e delle stime richieste da tale decisione.

13 In risposta a tale lettera, il governo spagnolo trasmetteva alla Commissione, con lettera 21 giugno 1999, la copia del piano di gestione integrato dei rifiuti dell'isola di La Palma, approvato il 2 ottobre 1998, nonché uno studio preliminare dell'università di La Laguna del 10 giugno 1999, che proponeva un piano di lavoro per l'attuazione di misure di controllo delle emissioni e delle immissioni provocate dai forni di incenerimento.

14 La Commissione, ritenendo che, secondo le informazioni fornite dal governo spagnolo, quest'ultimo non avesse posto rimedio alle inadempienze menzionate nel parere motivato, decideva di presentare il ricorso in esame.

Sulla ricevibilità

15 Il governo spagnolo fa valere che, nella fase precontenziosa, la Commissione ha sempre ammesso l'esistenza di un'autorizzazione riguardante l'installazione dei forni di incenerimento di Mazo e di Barlovento, precisando che «l'autorizzazione concessa per l'installazione dei forni non fissava le condizioni di funzionamento previste dalla direttiva». Tuttavia, essa affermerebbe dinanzi alla Corte che l'installazione di tali forni non ha ottenuto un'autorizzazione ai sensi dell'art. 2 della direttiva 89/369. Perciò il governo spagnolo sostiene che la Commissione ha modificato la sua censura relativa all'art. 2 della direttiva 89/369, violando il principio sancito dalla giurisprudenza della Corte secondo il quale il parere motivato e il ricorso della Commissione devono fondarsi sulle stesse censure. Il ricorso in esame sarebbe perciò irricevibile.

16 La Commissione fa valere che, secondo una costante giurisprudenza, la prescrizione che il parere motivato e il ricorso della Commissione si basino sulle stesse censure non può spingersi fino ad imporre in ogni caso una perfetta coincidenza tra l'esposizione dell'oggetto della controversia nel parere motivato e le conclusioni del ricorso. La Corte avrebbe in tal modo ammesso che le conclusioni siano riformulate in fase di ricorso o di replica per tener conto degli argomenti addotti dallo Stato membro nella risposta al parere motivato o nel controricorso. La Commissione sostiene che tale giurisprudenza si applica al caso in esame poiché essa ha tenuto conto nel proprio ricorso dei motivi esposti dal governo spagnolo nella sua risposta 3 febbraio 1999 al parere motivato. Secondo la Commissione, risulta arduo a tale governo accusarla di aver leso il suo diritto alla difesa, poiché esso stesso ha riconosciuto in tale risposta che i tre forni di incenerimento di Mazo e di Barlovento erano entrati in funzione senza aver prima ottenuto l'autorizzazione di esercizio.

17 Si deve preliminarmente rilevare che, nel caso in esame, la regolarità del parere motivato e del procedimento che l'ha preceduto non è stata contestata. Tuttavia il governo spagnolo sostiene che la censura relativa all'art. 2 della direttiva 89/369 formulata nel ricorso differisce da quella contenuta nel parere motivato.

18 Risulta da una costante giurisprudenza che l'oggetto del ricorso proposto a norma dell'art. 226 CE è definito dal procedimento precontenzioso previsto da tale disposizione e che, di conseguenza, il parere motivato della Commissione e il ricorso devono fondarsi sulle stesse censure (v. sentenze 10 settembre 1996, causa C-11/95, Commissione/Belgio, Racc. pag. I-4115, punto 73, e 16 settembre 1997, causa C-279/94, Commissione/Italia, pag. I-4743, punto 24).

19 Ciò non significa tuttavia che debba sussistere in ogni caso una perfetta coincidenza tra l'esposizione dell'oggetto della controversia nel parere motivato e le conclusioni del ricorso, dal momento che l'oggetto della controversia non è stato ampliato o modificato ma, al contrario, semplicemente ridotto (v. sentenze Commissione/Italia, citata, punto 25, e 29 settembre 1998, causa C-191/95, Commissione/Germania, Racc. pag. I-5449, punto 56).

20 Orbene, nel caso in esame la riformulazione nel ricorso della censura relativa all'art. 2 della direttiva 89/369 non ha determinato l'ampliamento, la modifica e neppure la riduzione dell'oggetto della controversia qual è definito nel parere motivato.

21 Infatti l'inadempimento contestato dalla Commissione al Regno di Spagna riguarda, sia nella lettera di diffida e nel parere motivato sia nel ricorso, la non conformità dei tre forni di incenerimento di Mazo e Barlovento con l'art. 2 della direttiva 89/369. Riformulando nel ricorso la censura relativa all'art. 2 della direttiva 89/369, la Commissione ha inteso unicamente tener conto di un elemento di prova aggiuntivo che, a suo parere, è emerso solo dopo l'adozione del parere motivato.

22 Tale riformulazione non ha inciso sui diritti alla difesa del governo spagnolo. Infatti lo stesso ha potuto, nel corso del presente procedimento, far valere pienamente i suoi argomenti relativi al rilascio delle autorizzazioni preliminari di esercizio ai sensi dell'art. 2 della direttiva 89/369 per gli impianti di incenerimento di Mazo e di Barlovento. Spetta alla Corte valutarne la fondatezza nell'ambito dell'esame di merito della controversia.

Nel merito

Circa l'art. 2 della direttiva 89/369

23 La Commissione sostiene che gli impianti di incenerimento di Mazo e Barlovento non hanno ottenuto l'autorizzazione di esercizio ai sensi dell'art. 2 della direttiva 89/369, come lo stesso governo spagnolo avrebbe ammesso nella lettera 3 febbraio 1999 con la quale inviava la relazione 30 novembre 1998 del dipartimento ministeriale del Commercio e dell'Industria del governo delle Canarie (in prosieguo: la «relazione»). Il governo spagnolo sarebbe perciò venuto meno agli obblighi che derivano da tale disposizione.

24 In primo luogo, il governo spagnolo sostiene che l'art. 2 della direttiva 89/369 obbliga gli Stati membri ad adottare le misure necessarie a far sì che l'autorizzazione preliminare di esercizio di ogni impianto di incenerimento sia soggetta alle condizioni previste dagli artt. 3-10 di tale direttiva. Tale obbligo sarebbe stato ottemperato con l'adozione del Real Decreto 1088/1992 de normas sobre limitación de emisiones a la atmósfera de determinados agentes contaminantes procedentes de instalaciones de inceneración de residuos municipales (regio decreto relativo alla riduzione delle emissioni nell'atmosfera di determinate sostanze inquinanti provocate dagli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani) 11 settembre 1992 (BOE n. 235 del 30 settembre 1992, pag. 33356; in prosieguo: il «regio decreto 1088/1992»).

25 Perciò, considerato che l'obbligo derivante dall'art. 2 della direttiva 89/369 avrebbe natura normativa e che tale disposizione sarebbe rimasta inadempiuta solo qualora non fosse stata adottata alcuna disposizione che la trasponesse nell'ordinamento giuridico nazionale, la Commissione non potrebbe contestare al Regno di Spagna tale inadempimento sostenendo che i forni di cui trattasi sono asseritamente privi di autorizzazione di esercizio.

26 Nella fattispecie si deve constatare che la Commissione non contesta al governo spagnolo di non aver trasposto o di non aver trasposto correttamente nel diritto interno le disposizioni della direttiva 89/369. Al contrario la censura della Commissione riguarda il fatto che, in taluni casi concreti, vale a dire per gli impianti di incenerimento di Mazo e Barlovento, non sono stati rispettati alcuni obblighi che discendono dalla direttiva 89/369.

27 Si deve a tale proposito ricordare che, in conformità dell'art. 189, terzo comma, del Trattato CE (divenuto art. 249, terzo comma, CE), le direttive vincolano ogni Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere. Come risulta in particolare dalla sentenza 18 giugno 2002, causa C-60/01, Commissione/Francia (Racc. pag. I-0000, punto 33), la direttiva 89/369 impone agli Stati membri obblighi di risultato, formulati in modo chiaro e non equivoco, affinché i loro impianti di incenerimento soddisfino, entro i termini indicati, condizioni dettagliate e precise. Pertanto uno Stato membro ha adempiuto gli obblighi che gli incombono in forza della direttiva 89/369 e conseguito il risultato che gli è imposto solo se, oltre ad aver trasposto correttamente le disposizioni di tale direttiva nel diritto nazionale, anche gli impianti di incenerimento situati nel suo territorio sono stati attivati e funzionano conformemente alle condizioni delle disposizioni della direttiva 89/369. Ne consegue che, contrariamente a quanto asserito dal governo spagnolo, la corretta trasposizione nel diritto nazionale delle disposizioni della direttiva 89/369 non può bastare per conformarsi agli obblighi che discendono dalla citata direttiva.

28 Stando così le cose, l'argomento del governo spagnolo che si fonda sulla trasposizione corretta nel diritto nazionale della direttiva 89/369 non è pertinente alla luce delle censure sollevate dalla Commissione nell'ambito del ricorso per inadempimento in esame e dev'essere perciò respinto.

29 In secondo luogo, il governo spagnolo sostiene di non aver mai riconosciuto nelle sue risposte al parere motivato che gli impianti di incenerimento di Mazo e Barlovento erano stati attivati senza che fosse loro rilasciata alcuna autorizzazione di esercizio. Esso sostiene che, al contrario, tali impianti hanno ottenuto due autorizzazioni. Da un lato, essi avrebbero ottenuto un'«autorizzazione di occupazione di suolo» rilasciata il 24 aprile 1990 (in prosieguo: le «autorizzazioni 24 aprile 1990»). Dall'altro, essi sarebbero stati sottoposti alla formalità obbligatoria di qualifica dell'attività e di valutazione delle misure correttrici, assolta dal consiglio insulare di La Palma il 9 gennaio 1992 (in prosieguo: le «autorizzazioni 9 gennaio 1992»).

30 Si deve al proposito constatare che l'argomento della Commissione secondo cui il governo spagnolo avrebbe riconosciuto nella sua risposta 3 febbraio 1999 al parere motivato, con la quale inviava la relazione, che non era stata rilasciata alcuna autorizzazione conforme all'art. 2 della direttiva 89/369 per gli impianti di cui trattasi, si basa su un'errata lettura di tale relazione.

31 Infatti ai paragrafi 2 e 3 della relazione le autorità spagnole hanno solo dichiarato che, «conformemente alle disposizioni degli artt. 3 e 4 della legge 21/1992 sull'industria», non era necessaria, a tale titolo, un'autorizzazione del dipartimento ministeriale del Commercio e dell'Industria del governo delle Canarie, senza tuttavia affermare che non era necessaria alcun'altra autorizzazione preliminare di esercizio per gli impianti di cui trattasi. Inoltre al paragrafo 4 di tale relazione esse hanno dichiarato che, «per quanto riguarda l'inquinamento industriale, il dipartimento ministeriale del Commercio e dell'Industria avrebbe dovuto intervenire nel corso della fase di autorizzazione dell'attivazione», senza tuttavia ammettere che non vi era stata una fase di autorizzazione dell'attivazione per gli impianti di incenerimento di Mazo e Barlovento.

32 Pertanto, considerato che le autorità spagnole non hanno riconosciuto nella relazione che per gli impianti di incenerimento di Mazo e Barlovento non era stata rilasciata alcuna autorizzazione preliminare di esercizio che rispettasse le prescrizioni dell'art. 2 della direttiva 89/369, la Commissione non può sostenere che tale relazione dimostri in modo adeguato l'asserito inadempimento di tale disposizione.

33 Si deve perciò accertare se la violazione dell'art. 2 della direttiva 89/369 possa essere dimostrata in base ad altri elementi, alla luce del fatto che il governo spagnolo sostiene di essersi adeguato a detta disposizione concedendo nel caso in esame le autorizzazioni 24 aprile 1990 e 9 gennaio 1992.

34 Per quanto riguarda le autorizzazioni 24 aprile 1990 la Commissione sostiene che esse rientrano nel controllo della pianificazione territoriale. Tali autorizzazioni sarebbero state necessarie nella fattispecie perché il terreno destinato alla costruzione dei forni di incenerimento di Mazo e Barlovento era classificato come rurale e che perciò, senza di esse, non era possibile costruirvi degli impianti. Pertanto la Commissione sostiene che le autorizzazioni 24 aprile 1990 non possono essere considerate autorizzazioni preliminari di esercizio che rispettino le condizioni dell'art. 2 della direttiva 89/369.

35 A tale riguardo basti rilevare che il governo spagnolo ha precisato in sede di udienza che, nella fattispecie, le autorizzazioni preliminari di esercizio a suo parere conformi all'art. 2 della direttiva 89/369 erano quelle del 9 gennaio 1992, rilasciate dal consiglio insulare di La Palma per gli impianti di cui trattasi in base al Reglamento de Actividade Molestas, Insalubres, Nocivas y Peligrosas (regolamento sulle attività fastidiose, insalubri, nocive e pericolose) approvato con decreto 30 novembre 1961, n. 2414 (BOE n. 292 del 7 dicembre 1961; in prosieguo: il «regolamento del 1961»). In tal modo il governo spagnolo stesso ha dichiarato che le autorizzazioni del 24 aprile 1990 non erano conformi all'art. 2 della direttiva 89/369.

36 Risulta inoltre da quanto sopra esposto che l'argomento del governo spagnolo secondo cui gli impianti di cui trattasi non sarebbero nuovi, di modo che non sarebbe applicabile la direttiva 89/369, dev'essere ugualmente respinto. Infatti, nell'accezione della direttiva 89/369, è nuovo, ai sensi dell'art. 1, punto 5, e dell'art. 12, n. 1, della stessa, l'impianto di incenerimento la cui autorizzazione di esercizio sia stata rilasciata dopo il 1° dicembre 1990. Poiché il governo spagnolo ha affermato che vanno considerate autorizzazioni preliminari di esercizio conformi all'art. 2 della direttiva 89/369 quelle del 9 gennaio 1992, gli impianti di cui trattasi sono perciò nuovi nell'accezione della direttiva 89/369 e quest'ultima si applica agli stessi.

37 Tuttavia, per dimostrare un inadempimento dell'art. 2 della direttiva 89/369 dev'essere anche dimostrato che le autorizzazioni 9 gennaio 1992 non possono venir considerate autorizzazioni preliminari di esercizio che rispettano le condizioni risultanti da tale disposizione.

38 La Commissione ritiene che le autorizzazioni 9 gennaio 1992 non soddisfino tali condizioni. Risulterebbe in particolare dal regolamento del 1961 che le autorizzazioni succitate hanno lo scopo di controllare, in modo generale, le ripercussioni di un'attività sull'igiene, la sicurezza ambientale e le condizioni di lavoro dei dipendenti. Le autorizzazioni 9 gennaio 1992 imporrebbero solo tre misure correttrici, ossia l'effettuazione di misurazioni periodiche delle emissioni di fumo, di gas, di cenere e dei livelli di opacità, l'effettuazione di una campagna di derattizzazione nonché la vigilanza sul rispetto delle disposizioni nazionali relative alla sicurezza e all'igiene sul lavoro.

39 La Commissione sostiene inoltre che dev'essere rilasciata un'autorizzazione in conformità dell'art. 2 della direttiva 89/369 ad ogni soggetto che eserciti un impianto che soddisfi le condizioni stabilite dagli artt. 3-10 di tale direttiva mentre, invece, autorizzazioni del tipo di quelle del 9 gennaio 1992 avrebbero solo carattere discrezionale. Peraltro la Commissione ricorda che la direttiva 89/369 è stata trasposta nell'ordinamento giuridico spagnolo con regio decreto 1088/1992. Orbene, tale decreto non si riferirebbe alle autorizzazioni che si basano sul regolamento del 1961, come quelle del 9 gennaio 1992. Al contrario, esso si riferirebbe ad altri tipi di autorizzazione che già esistevano nell'ordinamento spagnolo al momento dell'attivazione degli impianti di incenerimento di Mazo e Barlovento nel gennaio 1992, ma che non sono mai state rilasciate per gli stessi.

40 Il governo spagnolo sostiene che la Commissione, asserendo che le autorizzazioni 9 gennaio 1992 non sono equiparabili alle autorizzazioni previste dal testo che ha trasposto le direttiva 89/369 nel diritto spagnolo, dimentica che la direttiva citata non era ancora trasposta nel diritto nazionale al momento del rilascio delle suddette autorizzazioni. Esso sostiene inoltre che le stesse prevedevano misure correttrici per l'ambiente e che la loro finalità si può perciò assimilare alla «protezione efficace dell'ambiente» di cui all'undicesimo considerando della direttiva 89/369.

41 Si deve preliminarmente ricordare che, a termini dell'art. 2 della direttiva 89/369, il rilascio dell'autorizzazione preliminare di esercizio di un nuovo impianto di incenerimento dei rifiuti urbani, già richiesta in base ad altre direttive, dev'essere subordinata al rispetto di tutte le condizioni stabilite dagli artt. 3-10 di tale direttiva. Perciò, supponendo che le autorizzazioni rilasciate in base al regolamento del 1961 abbiano una finalità assimilabile a quella delle autorizzazioni di cui all'art. 2 della direttiva citata, esse devono anche adempiere gli obblighi che discendono da tale disposizione.

42 A tale riguardo risulta dall'analisi del contenuto delle autorizzazioni 9 gennaio 1992 che gli impianti di incenerimento di Mazo e Barlovento sono stati sottoposti a misure correttrici quali il controllo periodico, da parte delle autorità competenti, delle emissioni di fumo, gas e ceneri per accertare se tali impianti abbiano i requisiti stabiliti in materia dalla legislazione nazionale vigente. Risulta parimenti da tali autorizzazioni che le autorità competenti devono ispezionare gli impianti di cui trattasi prima della loro attivazione, per verificare che siano state adottate le misure correttrici.

43 Si deve perciò rilevare che, in base al contenuto delle autorizzazioni 9 gennaio 1992, non si può escludere che, tenuto conto delle misure correttrici che vi sono imposte, nel caso in esame siano state soddisfatte almeno alcune delle condizioni stabilite dagli artt. 3-10 della direttiva 89/369.

44 Per poterlo accertare si sarebbe dovuto esaminare, da un lato, il contenuto delle disposizioni nazionali alle quali si faceva riferimento nelle autorizzazioni 9 gennaio 1992 e, dall'altro, la conformità delle prescrizioni imposte dalle dette disposizioni con le condizioni stabilite dagli artt. 3-10 della direttiva 89/369.

45 A tale proposito si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell'ambito di un procedimento per inadempimento ai sensi dell'art. 226 CE, tocca alla Commissione provare l'asserito inadempimento. Essa deve fornire alla Corte gli elementi necessari perché questa accerti l'esistenza di tale inadempimento, senza potersi fondare su alcuna presunzione (sentenze 25 maggio 1982, causa 96/81, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. 1791, punto 6; 20 marzo 1990, causa C-62/89, Commissione/Francia, Racc. pag. I-925, punto 37; 29 maggio 1997, causa C-300/95, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I-2649, punto 31, e 12 settembre 2000, causa C-408/97, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-6417, punto 15).

46 Orbene, nel caso in esame la Commissione, sostenendo solamente che le autorizzazioni 9 gennaio 1992 sono di tipo diverso ed hanno una finalità diversa da quelle considerate dall'art. 2 della direttiva 89/369, non ha fornito alla Corte elementi che consentano di procedere all'accertamento riferito al punto 44 della presente sentenza. La Corte non è perciò in grado di stabilire se le autorizzazioni 9 gennaio 1992, che potrebbero avere una finalità equiparabile a quella delle autorizzazioni previste all'art. 2 della direttiva 89/369, soddisfino una, varie o anche tutte le condizioni stabilite dagli artt. 3-10 della direttiva citata.

47 Si deve di conseguenza concludere che la Commissione non ha adeguatamente dimostrato che il governo spagnolo è venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza dell'art. 2 della direttiva 89/369.

Circa gli artt. 6 e 7 della direttiva 89/369

48 La Commissione sostiene che il governo spagnolo ha riconosciuto nella sua risposta 3 febbraio 1999 al parere motivato che, in violazione dell'art. 6 della direttiva 89/369, non aveva né effettuato le misurazioni periodiche dei gas di combustione provocati dagli impianti di incenerimento di Mazo e Barlovento, né approvato le procedure di prelievo e di misurazione, né stabilito programmi di misurazione per tali impianti. Il governo spagnolo avrebbe inoltre ugualmente ammesso, in tale risposta, che gli impianti di incenerimento di Mazo e Barlovento non erano attrezzati con bruciatori di riserva conformi all'art. 7 di tale direttiva.

49 Si deve a tale proposito rilevare che, nel contesto del procedimento contenzioso in esame, il governo spagnolo non ha risposto a tali asserzioni della Commissione. Se ne deve concludere che tale governo non le contesta. Peraltro da nessuno degli elementi agli atti si ricava che l'attivazione ed il funzionamento degli impianti di incenerimento di Mazo e Barlovento abbiano rispettato le condizioni stabilite dagli artt. 6 e 7 della direttiva 89/369.

50 Per quanto riguarda poi l'argomento invocato dal governo spagnolo al fine di giustificare l'inadempimento e relativo alla mancanza di conseguenze negative sull'ambiente derivanti dal funzionamento dei forni di cui trattasi, si deve rilevare che, anche ammesso che l'impatto ambientale di tali impianti rientri in un livello accettabile per l'ambiente, tale risultato non esimerebbe il governo spagnolo dal garantire il rispetto delle condizioni stabilite dagli artt. 6 e 7 della direttiva 89/369. Come si è infatti constatato al punto 27 della presente sentenza, uno Stato membro adempie gli obblighi che gli incombono in forza della direttiva 89/369 e consegue perciò il risultato che gli è imposto solo se gli impianti di incenerimento situati sul suo territorio sono stati attivati e funzionano conformemente alle prescrizioni delle disposizioni di detta direttiva.

51 Per quanto riguarda l'argomento del governo spagnolo relativo allo smantellamento dei forni di cui trattasi ed alla loro chiusura nel settembre 2000, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l'esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione quale si presenta alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e la Corte non può tener conto dei mutamenti successivi (sentenze 25 novembre 1998, causa C-214/96, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-7661, punto 25, e 25 maggio 2000, causa C-384/97, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-3823, punto 35). Considerato che lo smantellamento degli impianti di incenerimento di Mazo e Barlovento nonché la loro chiusura si sono verificati dopo la scadenza del termine stabilito nel parere motivato, ossia dopo il 24 ottobre 1998, tale argomento va respinto.

52 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono si deve rilevare che il Regno di Spagna, non adottando le misure necessarie a garantire con riguardo ai tre forni di incenerimento installati a Mazo e a Barlovento, sull'isola di La Palma, l'applicazione:

- dell'art. 6 della direttiva 89/369, in quanto, riguardo ai suddetti forni, le autorità competenti:

- non hanno proceduto alle misurazioni periodiche dei parametri previsti da tale articolo,

- non hanno approvato preliminarmente le procedure di prelievo e di misurazione e non hanno neanche determinato la collocazione dei punti di misurazione,

- non hanno fissato alcun programma di misurazione;

- dell'art. 7 di tale direttiva, in quanto i forni summenzionati non sono muniti di bruciatori di riserva, il che non consente di garantire la temperatura minima di combustione di 850° C, in particolare nelle fasi di avvio e di arresto,

è venuto meno agli obblighi incombentigli a norma della citata direttiva. Il ricorso è respinto per il resto.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

53 L'art. 69, n. 3, del regolamento di procedura dispone, in particolare, che la Corte può ripartire le spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi. Essendo la Commissione rimasta soccombente su un capo, questa va condannata ad un terzo delle spese e il Regno di Spagna ai due terzi delle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Il Regno di Spagna, non adottando le misure necessarie a garantire con riguardo ai tre forni di incenerimento installati a Mazo e a Barlovento, sull'isola di La Palma, l'applicazione:

- dell'art. 6 della direttiva del Consiglio 8 giugno 1989, 89/369/CEE, concernente la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dai nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, in quanto, riguardo ai suddetti forni, le autorità competenti:

- non hanno proceduto alle misurazioni periodiche dei parametri previsti da tale articolo,

- non hanno approvato preliminarmente le procedure di prelievo e di misurazione e non hanno neanche determinato la collocazione dei punti di misurazione,

- non hanno fissato alcun programma di misurazione;

- dell'art. 7 di tale direttiva, in quanto i forni summenzionati non sono muniti di bruciatori di riserva, il che non consente di garantire la temperatura minima di combustione di 850° C, in particolare nelle fasi di avvio e di arresto,

è venuto meno agli obblighi incombentigli a norma della citata direttiva.

2) Il ricorso è respinto per il resto.

3) La Commissione delle Comunità europee è condannata ad un terzo delle spese ed il Regno di Spagna a due terzi delle spese.