62000J0052

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 25 aprile 2002. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese. - Inadempimento di uno Stato - Direttiva 85/374/CEE - Responsabilità per danno da prodotti difettosi - Trasposizione non corretta. - Causa C-52/00.

raccolta della giurisprudenza 2002 pagina I-03827


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1. Ravvicinamento delle legislazioni - Misure destinate all'instaurazione e al funzionamento del mercato interno - Fondamento normativo - Art. 100 del Trattato (divenuto art. 94 CE) - Possibilità per gli Stati membri di mantenere in vigore o di adottare disposizioni in deroga a misure comunitarie di armonizzazione - Insussistenza

[Trattato CEE, art. 100 (divenuto, in seguito a modifica, art. 100 del Trattato CE, a sua volta divenuto art. 94 CE); Trattato CE, art. 100 A (divenuto, in seguito a modifica, art. 95 CE)]

2. Ravvicinamento delle legislazioni - Misure destinate all'instaurazione e al funzionamento del mercato interno - Direttive già emanate al momento dell'entrata in vigore dell'art. 153 CE - Possibilità per gli Stati membri di mantenere in vigore o di adottare misure di protezione del consumatore più severe sulla base dell'art. 153 CE - Irrilevanza

(Artt. 94 CE, 95 CE e 153 CE)

3. Ravvicinamento delle legislazioni - Responsabilità per danno da prodotti difettosi - Direttiva 85/374 - Discrezionalità degli Stati membri - Grado di armonizzazione realizzato dalla direttiva

(Direttiva del Consiglio 85/374/CEE)

4. Ravvicinamento delle legislazioni - Responsabilità per danno da prodotti difettosi - Direttiva 85/374 - Possibilità di mantenere in vigore un regime generale di responsabilità per danno da prodotti difettosi diverso da quello previsto dalla direttiva - Insussistenza

(Direttiva del Consiglio 85/374, art. 13)

5. Ricorso per inadempimento - Violazione degli obblighi derivanti da una direttiva - Motivi di difesa - Messa in discussione della legittimità della direttiva - Irricevibilità

(Artt. 226 CE, 227 CE, 230 CE e 232 CE)

6. Ravvicinamento delle legislazioni - Responsabilità per danno da prodotti difettosi - Direttiva 85/374 - Ambito di applicazione - Regimi di responsabilità diversi applicabili ai produttori e ai danneggiati - Giustificazione

[Direttiva del Consiglio 85/374, art. 9, primo comma, lett. b)]

7. Ricorso per inadempimento - Oggetto della controversia - Determinazione nel corso del procedimento precontenzioso - Modifica ulteriore in senso restrittivo - Ammissibilità

(Art. 226 CE)

Massima


1. A differenza dell'art. 100 A del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 95 CE), l'art. 100 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 100 del Trattato CE, divenuto a sua volta art. 94 CE) non prevede alcuna possibilità per gli Stati membri di mantenere o di introdurre norme in deroga a disposizioni comunitarie di armonizzazione.

( v. punto 14 )

2. L'art. 153 CE è formulato come una norma di istruzione che vale per tutta la Comunità in vista della sua politica futura e non può consentire agli Stati membri, a motivo del pericolo immediato che graverebbe sull'«acquis communautaire», di adottare autonomamente misure che siano in contrasto con il diritto comunitario quale risulta dalle direttive già emanate al momento della sua entrata in vigore. Infatti, la competenza attribuita agli Stati membri dal n. 5 di tale disposizione di mantenere in vigore o di adottare misure di tutela del consumatore più severe rispetto alle misure comunitarie riguarda solo le misure contemplate dal n. 3, lett. b), dell'art. 153 CE. Detta competenza non inerisce alle misure previste dal n. 3, lett. a), della stessa disposizione, vale a dire le misure adottate a norma dell'art. 95 CE, alle quali occorre equiparare sotto questo profilo le misure emanate sulla base dell'art. 94 CE.

( v. punto 15 )

3. Il margine discrezionale di cui dispongono gli Stati membri al fine di disciplinare la responsabilità per danno da prodotti difettosi è totalmente determinato dalla stessa direttiva 85/374, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, e deve essere dedotto dal tenore letterale, dalla finalità e dall'economia di quest'ultima. Il fatto che la direttiva preveda talune deroghe o rinvii per taluni aspetti al diritto nazionale non significa che, sugli aspetti che essa disciplina, l'armonizzazione non sia completa. Ne consegue che la direttiva 85/374 persegue, su tali aspetti, un'armonizzazione globale delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri.

( v. punti 16, 19 e 24 )

4. L'art. 13 della direttiva 85/374, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, non può essere inteso come diretto a lasciare agli Stati membri la possibilità di mantenere in vigore un regime generale di responsabilità per danno da prodotti difettosi che differisca da quello previsto dalla direttiva.

Infatti, il riferimento, in tale disposizione, ai diritti che il danneggiato può esercitare in base alla responsabilità contrattuale o extracontrattuale deve essere interpretato nel senso che il regime attuato dalla direttiva non esclude l'applicazione di altri regimi di responsabilità contrattuale o extracontrattuale che si basano su elementi diversi, come la garanzia dei vizi occulti o la colpa. Inoltre, il riferimento, nel suddetto articolo, ai diritti che il danneggiato può esercitare in forza di un regime speciale di responsabilità esistente al momento della notifica della direttiva deve essere interpretato nel senso che riguarda un regime proprio, limitato a un settore produttivo determinato.

( v. punti 21-23 )

5. Il sistema delle impugnazioni predisposto dal Trattato distingue i ricorsi di cui agli artt. 226 CE e 227 CE, che mirano a far accertare che uno Stato membro non ha adempiuto agli obblighi che gli incombono, ed i ricorsi di cui agli artt. 230 CE e 232 CE, che mirano a far controllare la legittimità degli atti o delle omissioni delle istituzioni comunitarie. Questi mezzi d'impugnazione perseguono scopi distinti e sono soggetti a modalità diverse. Uno Stato membro, quindi, in mancanza di una disposizione del Trattato che lo autorizzi espressamente, non può eccepire l'illegittimità di una decisione di cui è destinatario come argomento difensivo contro un ricorso per inadempimento basato sulla mancata esecuzione di tale decisione.

( v. punto 28 )

6. Le delimitazioni del campo di applicazione della direttiva 85/374, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, stabilite dal legislatore comunitario sono il risultato di un complicato processo di valutazione comparativa di differenti interessi. Come emerge dal primo e dal nono considerando della direttiva, questi ultimi includono la garanzia di una concorrenza non falsata, la facilitazione degli scambi commerciali in seno al mercato comune, la tutela dei consumatori e l'esigenza di una buona amministrazione della giustizia.

La conseguenza della scelta effettuata dal legislatore comunitario implica che, al fine di evitare un eccessivo numero di controversie, i danneggiati da prodotti aventi natura difettosa, in caso di danno materiale lieve, non possano agire sulla base delle norme in materia di responsabilità definite dalla direttiva, ma debbano proporre la loro azione ai sensi della disciplina ordinaria della responsabilità contrattuale o extracontrattuale.

Pertanto, non si può ritenere che la franchigia prevista dall'art. 9, primo comma, lett. b), della direttiva possa essere intesa come atta a ledere il diritto dei danneggiati alla tutela giurisdizionale.

Parimenti, neppure il fatto che si applichino regimi di responsabilità diversi ai produttori e a coloro che sono danneggiati da prodotti difettosi costituisce una violazione del principio della parità di trattamento, purché la diversità, in funzione della natura e dell'importo del danno subìto, sia oggettivamente giustificata.

( v. punti 29-32 )

7. Anche se la giurisprudenza della Corte richiede che le censure illustrate nel ricorso siano identiche a quelle risultanti nella lettera di diffida e nel parere motivato, tale esigenza non può arrivare fino a imporre in ogni caso una totale coincidenza nella loro formulazione, purché l'oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato.

( v. punto 44 )

Parti


Nella causa C-52/00,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra M. Patakia e dal sig. B. Mongin, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica francese, rappresentata inizialmente dalle sig.re K. Rispal-Bellanger e R. Loosli-Surrans, quindi da quest'ultima e dal sig. J.-F. Dobelle, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica francese:

- avendo inserito, nell'art. 3 della legge 19 maggio 1998, n. 98-389, relativa alla responsabilità per danno da prodotti difettosi (JORF del 21 maggio 1998, pag. 7744), i danni inferiori a euro 500;

- avendo ritenuto, all'art. 8 della legge medesima, che il distributore di un prodotto difettoso sia responsabile in tutti i casi e allo stesso titolo del produttore, e

- prevedendo, all'art. 13 della suddetta legge, che il produttore debba provare di aver adottato tutte le disposizioni idonee a prevenire le conseguenze di un prodotto difettoso al fine di poter invocare le cause di esonero della responsabilità previste dall'art. 7, lett. d) ed e), della direttiva del Consiglio 25 luglio 1985, 85/374//CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (GU L 210, pag. 29),

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 9, 3, n. 3, e 7 della suddetta direttiva,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dai sigg. P. Jann (relatore), presidente di sezione, S. von Bahr e C.W.A. Timmermans, giudici,

avvocato generale: L.A. Geelhoed

cancelliere: H. von Holstein, cancelliere aggiunto

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 3 maggio 2001,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 18 settembre 2001,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 17 febbraio 2000 la Commissione delle Comunità europee ha presentato, a norma dell'art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica francese:

- avendo inserito, nell'art. 3 della legge 19 maggio 1998, n. 98-389, relativa alla responsabilità per danno da prodotti difettosi (JORF 21 maggio 1998, pag. 7744), i danni inferiori a euro 500;

- avendo ritenuto, all'art. 8 della legge medesima, che il distributore di un prodotto difettoso sia responsabile in tutti i casi e allo stesso titolo del produttore, e

- avendo previsto, all'art. 13 della suddetta legge, che il produttore debba provare di aver adottato tutte le disposizioni idonee a prevenire le conseguenze di un prodotto difettoso al fine di poter invocare le cause di esonero della responsabilità previste dall'art. 7, lett. d) ed e), della direttiva del Consiglio 25 luglio 1985, 85/374//CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (GU L 210, pag. 29; in prosieguo: la «direttiva»),

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 9, 3, n. 3, e 7 della suddetta direttiva.

Ambito normativo

Normativa comunitaria

2 La direttiva mira al ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di responsabilità del produttore per i danni causati dal carattere difettoso dei suoi prodotti. Secondo il primo considerando, tale ravvicinamento si è reso necessario per il fatto che le disparità di tali normative «possono falsare il gioco della concorrenza e pregiudicare la libera circolazione delle merci all'interno del mercato comune determinando disparità nel grado di protezione del consumatore contro i danni causati alla sua salute e ai suoi beni da un prodotto difettoso».

3 A norma dell'art. 1 della direttiva «[i]l produttore è responsabile del danno causato da un difetto del suo prodotto».

4 L'art. 3, n. 3, della direttiva dispone come segue:

«Quando non può essere individuato il produttore del prodotto si considera tale ogni fornitore a meno che quest'ultimo comunichi al danneggiato, entro un termine regionevole, l'identità del produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto. Le stesse disposizioni si applicano ad un prodotto importato, qualora questo non rechi il nome dell'importatore di cui al paragrafo 2, anche se è indicato il nome del produttore».

5 L'art. 7 della direttiva sancisce che il produttore non è responsabile ai sensi di quest'ultima se prova:

«(...)

d) che il difetto è dovuto alla conformità del prodotto a regole imperative emanate dai poteri pubblici;

e) che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo in circolazione il prodotto non permetteva di scoprire l'esistenza del difetto;

(...)».

6 L'art. 9, primo comma, della direttiva definisce il termine «danno», ai sensi dell'art. 1 di quest'ultima, come atto a designare:

«(...)

b) il danno o la distruzione di una cosa diversa dal prodotto difettoso, previa detrazione di una franchigia di [euro] 500, purché la cosa

i) sia del tipo normalmente destinato all'uso o consumo privato

e

ii) sia stata utilizzata dal danneggiato principalmente per proprio uso o consumo privato».

7 L'art. 13 della direttiva dispone:

«La presente direttiva lascia impregiudicati i diritti che il danneggiato può esercitare in base al diritto relativo alla responsabilità contrattuale o extracontrattuale o in base ad un regime speciale di responsabilità esistente al momento della notifica della direttiva».

8 Ai sensi dell'art. 15, n. 1, della direttiva:

«Ciascuno Stato membro può:

(...)

b) in deroga all'articolo 7, lettera e), mantenere o, fatta salva la procedura di cui al paragrafo 2 del presente articolo, prevedere nella propria legislazione che il produttore è responsabile anche se prova che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo in circolazione il prodotto non permetteva di scoprire l'esistenza del difetto».

9 A norma dell'art. 19, n. 1, della direttiva, gli Stati membri dovevano adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a quest'ultima non oltre il 30 luglio 1988.

Normativa nazionale

10 La legge n. 98-389 ha inserito nel codice civile francese (in prosieguo: il «codice civile») le seguenti disposizioni:

Art. 1386-1:

«Il produttore è responsabile per il danno causato da un prodotto difettoso, a prescindere dal fatto di essere o meno legato da un contratto alla vittima»;

Art. 1386-2:

«Le disposizioni d[el] (...) titolo [relativo alla responsabilità per danno da prodotti difettosi] valgono per il risarcimento del danno conseguente a lesioni personali o del danno causato ad un bene diverso dal prodotto difettoso stesso»;

Art. 1386-7, primo comma:

«Il venditore, il locatore, con l'eccezione del concedente in leasing o del locatore ad esso equiparato, ed ogni altro fornitore esercente un'attività professionale è responsabile per ogni difetto di sicurezza del suo prodotto alle stesse condizioni del produttore»;

Art. 1386-11, primo comma:

«Il produttore è pienamente responsabile se non può provare:

(...)

4. che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo in circolazione il prodotto non permetteva di scoprire l'esistenza del difetto;

5. che il difetto è dovuto alla conformità del prodotto a regole imperative emanate dai poteri pubblici.

(...)».

L'art. 1386-12, secondo comma:

«Il produttore non può invocare le clausole di esonero di cui ai paragrafi 4 e 5 dell'art. 1386-11 se, in presenza di un difetto emerso entro dieci anni dall'immissione in circolazione del prodotto, non ha adottato le disposizioni idonee a prevenirne le conseguenze dannose».

Fase precontenziosa del procedimento

11 Ritenendo che la direttiva non fosse stata correttamente trasposta nell'ordinamento francese entro il termine prescritto, la Commissione ha avviato il procedimento per inadempimento. Dopo aver invitato la Repubblica francese a presentare le proprie osservazioni, la Commissione ha emesso, il 6 agosto 1999, un parere motivato con il quale invitava tale Stato membro ad adottare le misure necessarie per conformarvisi entro due mesi dalla notifica. Poiché la risposta della Repubblica francese a tale parere era stata ritenuta insoddisfacente dalla Commissione, quest'ultima ha proposto il ricorso di cui trattasi.

Nel merito

12 La Commissione invoca tre censure che sollevano la questione preliminare se il risultato perseguito dalla direttiva sia, per gli aspetti che essa disciplina, un'armonizzazione globale o soltanto minima delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri.

Sul grado di armonizzazione realizzato dalla direttiva

13 Secondo il governo francese, la direttiva deve essere interpretata alla luce della crescente importanza che ha assunto la tutela dei consumatori nella Comunità, come riflessa attualmente nell'art. 153 CE. La formulazione dell'art. 13 della direttiva, che utilizza il termine «diritti», proverebbe che quest'ultima non mira ad impedire la realizzazione di un livello nazionale di tutela più elevato. Tale analisi sarebbe anche suffragata dal fatto che la stessa direttiva consente agli Stati membri di derogare a taluni aspetti delle norme che essa stabilisce.

14 A tale proposito occorre ricordare che la direttiva è stata emanata dal Consiglio statuendo all'unanimità sul fondamento dell'art. 100 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 100 del Trattato CE, divenuto a sua volta art. 94 CE), relativo al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune. A differenza dell'art. 100 A del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 95 CE), che è stato introdotto nel Trattato successivamente all'adozione della direttiva e che riserva la possibilità di talune deroghe, tale fondamento normativo non prevede alcuna possibilità per gli Stati membri di mantenere o di introdurre norme in deroga a disposizioni comunitarie di armonizzazione.

15 Nemmeno l'art. 153 CE, il cui inserimento nel Trattato è parimenti successivo all'adozione della direttiva, può essere invocato per giustificare un'interpretazione della direttiva secondo la quale quest'ultima mirerebbe ad un'armonizzazione minima delle legislazioni degli Stati membri, che non potrebbe impedire ad uno di detti Stati di conservare o di adottare misure di tutela più severe rispetto alle misure comunitarie. Infatti, la competenza attribuita a tale scopo agli Stati membri dall'art. 153, n. 5, CE riguarda solo le misure contemplate al n. 3, lett. b), di tale disposizione, vale a dire misure che sostengono e completano la politica condotta da parte degli Stati membri e che ne garantiscono il prosieguo. Una siffatta competenza non inerisce alle misure previste dal n. 3, lett. a), della stessa disposizione, vale a dire le misure adottate a norma dell'art. 95 CE nell'ambito della realizzazione del mercato interno, alle quali occorre equiparare sotto tale profilo le misure emanate sulla base dell'art. 94 CE. Per di più, come ha osservato l'avvocato generale al paragrafo 43 delle conclusioni, l'art. 153 CE è formulato come una norma di istruzione che vale per tutta la Comunità in vista della politica futura e non può consentire agli Stati membri, a motivo del pericolo immediato che graverebbe sull'«acquis communautaire», di adottare autonomamente misure che siano in contrasto con il diritto comunitario, quale risulta dalle direttive già emanate al momento della sua entrata in vigore.

16 Ne consegue che il margine discrezionale di cui dispongono gli Stati membri al fine di disciplinare la responsabilità per danno da prodotti difettosi è totalmente determinato dalla direttiva stessa e deve essere dedotto dal tenore letterale, dalla finalità e dall'economia di quest'ultima.

17 A tale riguardo occorre rilevare in primo luogo che la direttiva, come emerge dal suo primo considerando, istituendo un regime di responsabilità civile armonizzato dei produttori per i danni causati dai prodotti difettosi, risponde alla finalità di garantire una concorrenza non falsata tra gli operatori economici, di agevolare la libera circolazione delle merci e di evitare le differenze nel livello di tutela dei consumatori.

18 Va osservato, in secondo luogo, che diversamente, ad esempio, dalla direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29), la direttiva non contiene alcuna disposizione che autorizzi esplicitamente gli Stati membri ad adottare o mantenere, sulle questioni che essa disciplina, disposizioni più severe per garantire un livello di protezione più elevato dei consumatori.

19 Occorre rilevare in terzo luogo che il fatto che la direttiva preveda talune deroghe o rinvii per taluni aspetti al diritto nazionale non significa che, sugli aspetti che essa disciplina, l'armonizzazione non sia completa.

20 Infatti, se gli artt. 15, n. 1, lett. a) e b), e 16 della direttiva consentono agli Stati membri di derogare alla disciplina stabilita da quest'ultima, tali possibilità di deroga ineriscono solo aspetti elencati tassativamente e individuati in modo rigoroso. Inoltre, esse sono soggette a requisiti in ambito di valutazione in vista di una maggiore armonizzazione, alla quale fa espressamente riferimento il penultimo considerando della direttiva. A tale riguardo la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 maggio 1999, 1999/34/CE, che modifica la direttiva 85/374 (GU L 141, pag. 20), la quale, includendo i prodotti agricoli nell'ambito di applicazione della direttiva, ha eliminato l'opzione offerta dall'art. 15, n. 1, lett. a), di quest'ultima, illustra tale sistema di armonizzazione evolutiva.

21 Pertanto, l'art. 13 della direttiva non può essere inteso come diretto a lasciare agli Stati membri la possibilità di mantenere un regime generale di responsabilità per danno da prodotti difettosi che differisca da quello previsto dalla direttiva.

22 Il riferimento, nell'art. 13 della direttiva, ai diritti che il danneggiato può esercitare in base alla responsabilità contrattuale o extracontrattuale deve essere interpretato nel senso che il regime attuato dalla suddetta direttiva, che, ai sensi dell'art. 4, consente al danneggiato di chiedere il risarcimento dei danni qualora fornisca la prova del danno, del difetto e del nesso causale tra il suddetto difetto e il danno, non esclude l'applicazione di altri regimi di responsabilità contrattuale o extracontrattuale che si basano su elementi diversi, come la garanzia dei vizi occulti o la colpa.

23 Inoltre, il riferimento, nel suddetto art. 13, ai diritti che il danneggiato può esercitare in forza di un regime speciale di responsabilità esistente al momento della notifica della direttiva deve essere interpretato, secondo quanto emerge dal tredicesimo considerando, terza parte della frase, nel senso che riguarda un regime proprio, limitato a un settore produttivo determinato.

24 Ne consegue che, contrariamente all'argomento sostenuto dalla Repubblica francese, la direttiva persegue, sugli aspetti che disciplina, un'armonizzazione globale delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri (v. sentenze pronunciate in data odierna, causa C-154/00, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-3879, punti 10-20, e causa C-183/00, González Sánchez, Racc. pag. I-3901, punti 23-32).

25 Occorre esaminare le censure invocate dalla Commissione alla luce di tali considerazioni.

Sulla prima censura, relativa ad una trasposizione non corretta dell'art. 9, primo comma, lett. b), della direttiva

26 La Commissione osserva che, a differenza dell'art. 9, primo comma, lett. b), della direttiva, l'art. 1386-2 del codice civile riguarda tutti i danni causati ai beni privati e non privati, non prevedendo la detrazione di una franchigia di euro 500.

27 Il governo francese non nega tale divergenza ma adduce quattro argomenti per giustificarla. In primo luogo, privando il danneggiato della legittimazione ad agire in giudizio, la franchigia lederebbe il diritto fondamentale della tutela giurisdizionale, come garantito dall'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali 4 novembre 1950. In secondo luogo, detta franchigia sarebbe anche contraria al principio della parità di trattamento, in quanto creerebbe un ingiustificato squilibrio sia tra i produttori sia tra i consumatori. In terzo luogo, avrebbe lo stesso effetto di una norma di esonero totale dalla responsabilità penale, che, nell'ordinamento francese, è contraria all'ordine pubblico. In quarto luogo, tali critiche troverebbero la loro conferma nel fatto che la Commissione, nel suo Libro verde 28 luglio 1999 sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi [COM (1999) 396 def.], ne contempla l'abolizione.

28 Per quanto riguarda i due primi argomenti, che mettono in discussione la legittimità della franchigia prevista dalla direttiva, si deve rammentare anzitutto che il sistema delle impugnazioni predisposto dal Trattato distingue i ricorsi di cui agli artt. 226 CE e 227 CE, che mirano a far accertare che uno Stato membro non ha adempiuto agli obblighi che gli incombono, ed i ricorsi di cui agli artt. 230 CE e 232 CE, diretti a far controllare la legittimità degli atti o delle omissioni delle istituzioni comunitarie. Tali mezzi d'impugnazione perseguono scopi distinti e sono soggetti a modalità diverse. Uno Stato membro, quindi, in mancanza di una disposizione del Trattato che lo autorizzi espressamente, non può eccepire l'illegittimità di una decisione di cui sia destinatario come argomento difensivo nei confronti del ricorso per inadempimento basato sulla mancata esecuzione di tale decisione. Esso non può neppure far valere l'illegittimità di una direttiva il cui inadempimento gli sia addebitato dalla Commissione (sentenza 27 ottobre 1992, causa C-74/91, Commissione/Germania, Racc. pag. I-5437, punto 10).

29 Inoltre, come ha rilevato l'avvocato generale ai paragrafi 66-68 delle conclusioni, le delimitazioni del campo di applicazione della direttiva stabilite dal legislatore comunitario sono il risultato di un complicato processo di valutazione comparativa di differenti interessi. Come emerge dal primo e dal nono considerando della direttiva, questi ultimi includono la garanzia di una concorrenza non falsata, la facilitazione degli scambi commerciali in seno al mercato comune, la tutela dei consumatori e l'esigenza di una buona amministrazione della giustizia.

30 La conseguenza della scelta effettuata dal legislatore comunitario implica che, al fine di evitare un eccessivo numero di controversie, i danneggiati da prodotti aventi natura difettosa, in caso di danno materiale lieve, non possano agire sulla base delle norme in materia di responsabilità definite dalla direttiva, ma debbano proporre la loro azione ai sensi della disciplina ordinaria della responsabilità contrattuale o extracontrattuale.

31 Pertanto, non si può ritenere che la franchigia prevista dall'art. 9, primo comma, lett. b), della direttiva possa essere intesa come atta a ledere il diritto dei danneggiati alla tutela giurisdizionale (sentenza Commissione/Grecia, citata, punto 31).

32 Parimenti, neppure il fatto che si applichino regimi di responsabilità diversi ai produttori e a coloro che sono danneggiati da prodotti difettosi costituisce una violazione del principio della parità di trattamento, purché la diversità, in funzione della natura e dell'importo del danno subìto, sia oggettivamente giustificata (v., in particolare, sentenze 21 giugno 1958, causa 8/57, Groupement des hauts fourneaux et aciéries belges/Alta Autorità, Racc. pag. 213, in particolare pag. 237, e Commissione/Grecia, citata, punto 32).

33 Per quanto riguarda il terzo argomento invocato dal governo francese, relativo all'asserita incompatibilità della franchigia prevista dall'art. 9, primo comma, lett. b), della direttiva con l'ordine pubblico francese, è sufficiente rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, il richiamo a disposizioni dell'ordinamento giuridico interno per limitare la portata delle norme di diritto comunitario avrebbe l'effetto di sminuire l'unità e l'efficacia di questo diritto ed è quindi inammissibile (v., segnatamente, sentenze 2 luglio 1996, causa C-473/93, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I-3207, punto 38, e Commissione/Grecia, sopra citata, punto 24).

34 Per quanto riguarda il riferimento fatto dal governo francese al Libro verde della Commissione, è sufficiente altresì rammentare che il fatto che la Commissione, in vista di un'eventuale modifica della direttiva, abbia deciso di consultare gli ambienti interessati in merito all'opportunità di un'abolizione della franchigia prevista dall'art. 9, primo comma, lett. b), della direttiva non può eliminare l'obbligo degli Stati membri di conformarsi alla disposizione comunitaria attualmente vigente (v., in particolare, sentenze 12 luglio 1990, causa C-236/88, Commissione/Francia, Racc. pag. I-3163, punto 19, e Commissione/Grecia, citata, punto 26).

35 Ne consegue che la prima censura della Commissione è fondata.

Sulla seconda censura, relativa ad una trasposizione non corretta dell'art. 3, n. 3, della direttiva

36 La Commissione sostiene che, in deroga all'art. 3, n. 3, della direttiva, che prevede solo una responsabilità sussidiaria del fornitore quando non è noto il produttore, l'art. 1386-7 del codice civile equipara la responsabilità del fornitore a quella del produttore.

37 Il governo francese non contesta tale divergenza. Osserva che quest'ultima risulta da una norma di procedura nazionale la quale, in quanto tale, non rientrava nell'ambito della competenza comunitaria nel momento in cui la direttiva è stata adottata e che pertanto la normativa comunitaria non poteva modificarla. Inoltre, a suo avviso, l'art. 1386-7 del codice civile porterebbe al risultato perseguito dalla direttiva, poiché il fornitore citato dal danneggiato può chiamare in garanzia il produttore tenuto a sopportare il risarcimento anche in base all'economia della direttiva.

38 Per quanto il governo francese ponga in discussione la competenza del Consiglio a emanare l'art. 3, n. 3, della direttiva, occorre rilevare, in primo luogo, che, come è stato rammentato al punto 28 della presente sentenza, uno Stato membro non può invocare, come argomento difensivo contro un ricorso per inadempimento, l'illegittimità di una direttiva la cui mancata applicazione gli venga addebitata dalla Commissione.

39 Inoltre, tale argomento non può essere accolto nemmeno dal punto di vista del relativo contenuto. Se è vero che il legislatore comunitario era competente per armonizzare le normative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, lo era altresì per determinare colui al quale occorre imputare la suddetta responsabilità e i presupposti per invocare quest'ultima.

40 Quanto alla pretesa equivalenza di risultato tra il regime di responsabilità previsto dalla direttiva e quello istituito dalla legge n. 98-389, occorre osservare che la possibilità prospettata al fornitore, da parte di questa legge, di citare in garanzia il produttore ha l'effetto di moltiplicare le chiamate in causa che l'azione diretta esperibile dal danneggiato contro il produttore, alle condizioni previste dall'art. 3 della direttiva, ha proprio lo scopo di evitare.

41 Ne consegue che la seconda censura della Commissione deve essere accolta.

Sulla terza censura, relativa ad una trasposizione non corretta dell'art. 7 della direttiva

42 La Commissione rileva che, in deroga all'art. 7, lett. d) ed e), della direttiva, che prevede casi di esonero della responsabilità del produttore per i quali non viene previsto nessun ulteriore presupposto, gli artt. 1386-11, primo comma, e 1386-12, secondo comma, del codice civile subordinano l'applicazione di tali casi di esonero al rispetto, da parte del produttore, di un obbligo di controllo del prodotto.

43 In limine, il governo francese contesta la ricevibilità dei due argomenti invocati dalla Commissione a sostegno di detta terza censura, per il fatto che non figurano nel parere motivato.

44 A tale proposito si deve rammentare che, se la giurisprudenza della Corte richiede che le censure illustrate nel ricorso siano identiche a quelle risultanti nella lettera di diffida e nel parere motivato, tale esigenza non può arrivare fino a imporre in ogni caso una totale coincidenza nella loro formulazione, purché l'oggetto della controversia non sia stato ampliato o modificato (sentenza 9 novembre 1999, causa C-365/97, Commissione/Italia, Racc. pag. I-7773, punto 25). Nella fattispecie tale requisito è soddisfatto e, pertanto, l'eccezione di irricevibilità invocata dal goveno francese non può essere accolta.

45 Nel merito, il governo francese osserva che la terza censura riguarda un aspetto la cui modifica è contemplata, nel Libro verde, dalla stessa Commissione. Rileva che l'art. 15 della direttiva lascia un'opzione agli Stati membri per quanto riguarda l'esonero connesso allo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento della messa in circolazione del prodotto, poiché tale esonero può essere escluso. Sarebbe quindi logico che una siffatta esclusione possa essere soggetta a un presupposto come l'obbligo di controllo dei prodotti, che troverebbe il proprio fondamento negli obblighi posti a carico degli Stati membri ad opera della direttiva del Consiglio 29 giugno 1992, 92/59/CEE, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (GU L 228, pag. 24).

46 Per quanto riguarda il riferimento al Libro verde della Commissione, è sufficiente rinviare al punto 34 della presente sentenza.

47 Per quanto concerne l'argomento relativo all'art. 15 della direttiva, si deve osservare che, se tale disposizione consente agli Stati membri di sopprimere l'esonero di responsabilità previsto dall'art. 7, lett. e), della suddetta direttiva, non autorizza a modificare i presupposti di applicazione di tale esonero. L'art. 15 non consente loro nemmeno di sopprimere o di modificare le norme di esonero previste dall'art. 7, lett. d). Un'interpretazione di questo tipo non può essere inficiata dalla direttiva 92/59, che non riguarda la responsabilità del produttore per danno da prodotti che quest'ultimo pone in circolazione.

48 Ne deriva che anche la terza censura della Commissione è fondata.

49 Si deve pertanto constatare che la Repubblica francese:

- avendo incluso, all'art. 1386-2 del codice civile, i danni inferiori a euro 500;

- avendo ritenuto, all'art. 1386-7, primo comma, del suddetto codice, che il distributore di un prodotto difettoso sia responsabile in ogni caso e allo stesso titolo del produttore, e

- avendo previsto, all'art. 1386-12, secondo comma, del suddetto codice, che il produttore debba provare di aver adottato le norme atte a prevenire le conseguenze di un prodotto difettoso al fine di poter avvalersi delle cause di esonero previste dall'art. 7, lett. d) ed e), della direttiva,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza, rispettivamente, degli artt. 9, primo comma, lett. b), 3, n. 3, e 7 della suddetta direttiva.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

50 A norma dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica francese, rimasta soccombente, dev'essere condannata alle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1) La Repubblica francese:

- avendo incluso, all'art. 1386-2 del codice civile francese, i danni inferiori a euro 500;

- avendo ritenuto, all'art. 1386-7, primo comma, del suddetto codice, che il distributore di un prodotto difettoso sia responsabile in ogni caso e allo stesso titolo del produttore, e

- avendo previsto, all'art. 1386-12, secondo comma, del suddetto codice, che il produttore debba provare di aver adottato le norme atte a prevenire le conseguenze di un prodotto difettoso al fine di poter avvalersi delle cause di esonero previste dall'art. 7, lett. d) ed e), della direttiva del Consiglio 25 luglio 1985, 85/374//CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi,

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza, rispettivamente, degli artt. 9, primo comma, lett. b), 3, n. 3, e 7 della suddetta direttiva.

2) La Repubblica francese è condannata alle spese.