Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 21 febbraio 2002. - Pirkko Niemi. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Vakuutusoikeus - Finlandia. - Politica sociale - Parità di trattamento tra uomini e donne - Applicabilità dell'art. 119 del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono divenuti, in seguito a modifica, artt. 136 CE - 43 CE) o della direttiva 79/7/CEE - Nozione di retribuzione - Regime pensionistico dei dipendenti pubblici. - Causa C-351/00.
raccolta della giurisprudenza 2002 pagina I-07007
I - Introduzione
1. Questa Corte è stata adita con il presente procedimento pregiudiziale dal Vakuutusoikeus, il giudice finlandese competente in materia previdenziale (in prosieguo: il «giudice a quo»). Il giudice a quo vuole sapere se il regime pensionistico previsto dalla Valtion eläkelaki (legge sulle pensioni di Stato) rientri nell'ambito di applicazione dell'art. 141 CE ovvero in quello della direttiva 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale . Nel primo caso il principio di parità di trattamento non tollera eccezioni; per contro, la direttiva 79/7, in base al suo art. 7, non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo ambito di applicazione la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia. Gli Stati membri possono, pertanto, scegliere di conservare un limite di età diverso per gli uomini e per le donne. Il caso di specie verte su una disciplina transitoria previste per i dipendenti delle Forze Armate, la quale prevede per il congedo un limite di età, diverso per gli uomini e per le donne. Al raggiungimento del predetto limite di età si acquisisce il diritto alla pensione.
II - Contesto normativo
A - La normativa comunitaria rilevante
2. L'art. 119 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 141 CE), originariamente così stabiliva:
«Ciascuno Stato membro assicura durante la prima tappa, e in seguito mantiene, l'applicazione del principio della parità delle retribuzioni fra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro.
Per retribuzioni deve essere inteso, ai sensi del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo.
La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:
a) che la retribuzione accordata per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di misura;
b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per un posto di lavoro uguale».
3. A seguito della modifica e della rinumerazione introdotte dal Trattato di Amsterdam del 1997, questa disposizione è divenuta l'art. 141, i cui numeri 1 e 2, prima frase, così dispongono:
«1) Ciascuno Stato membro assicura l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.
2) Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo (...)».
L'art. 141, n. 2, seconda frase, CE, è identico all'art. 119, n. 2, seconda frase, del Trattato CE.
4. All'art. 119 del Trattato CE è stato annesso, col Trattato di Maastricht, il Protocollo n. 2, il cosiddetto «Protocollo Barber», il quale così dispone:
«Ai fini dell'applicazione dell'art. 119 del Trattato, le prestazioni in virtù di un regime professionale di sicurezza sociale non saranno considerate come retribuzione se e nella misura in cui esse possono essere attribuite ai periodi di occupazione precedenti il 17 maggio 1990, eccezion fatta per i lavoratori o i loro aventi diritto che, prima di detta data, abbiano intentato un'azione giudiziaria o introdotto un reclamo equivalente secondo il diritto nazionale applicabile».
5. Direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (in prosieguo: la «direttiva 79/7»).
6. L'art. 3 così dispone:
«1) La presente direttiva si applica:
a) ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:
- malattia,
- invalidità,
- vecchiaia,
- infortunio sul lavoro e malattia professionale,
- disoccupazione;
b) alle disposizioni concernenti l'assistenza sociale, nella misura in cui siano destinate a completare i regimi di cui alla lettera a) o a supplire ad essi.
2)-3) (...)».
7. L'art. 4 della direttiva così dispone:
«1) Il principio della parità di trattamento implica l'assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda:
- il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi,
- l'obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi,
- il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni.
2) (...)».
8. L'art. 7, n. 1, lett. a), così dispone:
«1) La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione:
a) la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni;
c)-e) (...)
2) (...)».
9. La direttiva 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro , all'art. 5, n. 1, così dispone:
«L'applicazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda le condizioni di lavoro, comprese le condizioni inerenti al licenziamento, implica che siano garantite agli uomini e alle donne le medesime condizioni, senza discriminazioni fondate sul sesso».
B - La normativa nazionale
10. Il regime previdenziale in parola viene descritto dal giudice a quo nei seguenti termini. Prima dell'emanazione della Valtion eläkelaki nel 1966, lo Stato si faceva carico del sostentamento dei propri dipendenti anche dopo la cessazione del servizio. Dal 1993 le pensioni previste dalla Valtion eläkelaki, che prima erano più convenienti, sono state allineate alle pensioni da lavoro del settore privato. Anche i regimi delle pensioni da lavoro del settore privato sono regolati con legge. In Finlandia tutte le attività lavorative sono coperte da regimi pensionistici legali.
11. Nel regime pensionistico della Valtion eläkelaki rientra ogni persona alle dipendenze dello Stato, in qualità sia di dipendente pubblico, sia di lavoratore subordinato di diritto comune. L'entità della pensione, in base alla Valtion eläkelaki, si determina in funzione dell'anzianità di servizio e del livello di reddito che può ritenersi costante. La pensione è incrementata dell'1,5% per ogni anno di servizio. Il livello del reddito viene determinato sulla base del reddito degli ultimi anni di attività. L'età pensionabile generale, in base alla Valtion eläkelaki, è attualmente di 65 anni.
12. Per determinate categorie di lavoratori è prevista, tuttavia, una età pensionabile inferiore. Una siffatta età pensionabile inferiore è di volta in volta determinata dalla normativa inerente la singola amministrazione o il singolo organo interessato. Per le Forze Armate vige o, meglio, vigeva, la seguente normativa. In passato ai dipendenti arruolati delle Forze Armate si applicava un regime pensionistico, ai cui sensi l'età, al raggiungimento della quale venivano congedati, era di 60 anni per i dipendenti di sesso femminile e di 50 anni per i dipendenti di sesso maschile. Tale regime pensionistico è stato modificato con la legge del 1994, con decorrenza dal 1° gennaio 1995. In base alla normativa attualmente in vigore, i dipendenti dell'esercito finlandese sono distinti, a seconda della natura delle loro funzioni ed a prescindere dal sesso, in personale militare speciale e in personale civile. L'età, al raggiungimento della quale viene disposto il congedo, è - indipendentemente dal sesso - di 55 anni per il personale militare speciale e di 65 anni per il personale civile. Un dipendente, quando raggiunge tale età, deve cessare il servizio ed acquisisce, di conseguenza, diritto alla pensione. In pratica, l'età di congedo vale, al contempo, anche come età pensionabile. Il nuovo regime pensionistico è applicabile ai rapporti di impiego iniziati a partire dal 1° gennaio 1995.
13. Per i rapporti di impiego iniziati - come nel caso di specie - prima del 1° gennaio 1995, l'età, di congedo, è determinata da specifiche disposizioni transitorie. In base a tali disposizioni transitorie, per siffatti vecchi rapporti di impiego il limite di età di congedo è compreso tra i 50 e i 55 anni per il personale delle Forze Armate di sesso maschile, mentre per quello di sesso femminile è di 60 anni. Tuttavia i dipendenti assunti prima del 1° gennaio 1995 hanno diritto alla pensione, a prescindere dal sesso, qualora abbiano maturato un'anzianità di servizio nel posto di cui trattasi di almeno 30 anni.
14. Come concordemente sostenuto dalle parti, risultano applicabili le seguenti norme: artt. 4 e 8, n. 1, secondo e quarto comma, della legge sulle pensioni di Stato, come modificata dalla legge n. 638 del 15 luglio 1994, e l'art. 56, n. 1, terzo comma, del regolamento sulle Forze Armate, nonché le disposizioni d'attuazione del regolamento di modifica n. 1032 del 28 novembre 1994.
15. Le summenzionate norme prevedono quanto segue:
L'art. 4, n. 1, prima frase, della legge sulle pensioni di Stato, fissa il limite di età per la pensione di vecchiaia a 65 anni.
Nondimeno, ai sensi dell'art. 8, n. 1, secondo e quarto comma, non è necessario raggiungere tale limite di età per beneficiare di una pensione. In base ai citati commi, viene concessa una pensione:
- se il dipendente sia un addetto alla protezione delle frontiere, ovvero un militare di carriera delle Forze Armate ed al compimento del cinquantacinquesimo anno d'età abbia maturato, nello svolgimento di siffatte funzioni, almeno 30 anni di contributi, di cui almeno 6 mesi senza interruzione immediatamente prima della cessazione del servizio e 3 anni nel corso degli ultimi 5 anni prima della cessazione del servizio;
- se l'interessato abbia raggiunto il limite di età .
16. Ai sensi dell'art. 56, n. 1, terzo comma, del regolamento sulle Forze Armate, il limite di età per i dipendenti pubblici è fissato in linea di principio a 65 anni, ma per i dipendenti che abbiano svolto determinate funzioni, ivi meglio specificate - tra cui quella di militare di carriera -, tale limite è fissato a 55 anni. Le disposizioni d'attuazione del regolamento di modifica prevedono una deroga al limite di età di 55 anni.
III - Fatti e procedimento a quo
17. Nel procedimento a quo la sig.ra Niemi (in prosieguo: l'«attrice») chiede di conoscere l'età, a partire dalla quale ella avrà diritto alla pensione di vecchiaia. La sig.ra Niemi dal 1° aprile 1969 presta servizio come arruolato nelle Forze Armate finlandesi e, pertanto, rientra nel regime pensionistico previsto dalla Valtion eläkelaki. Il limite di età va stabilito, nel suo caso, sulla scorta del regolamento sulle Forze Armate , come modificato dalle disposizioni transitorie di cui al regolamento n. 1032 .
18. Al fine di conoscere la sua età di pensionamento, l'attrice ha chiesto al Valtiokonttori (l'autorità preposta all'attuazione della legge) una decisione preliminare vincolante circa l'età, a partire dalla quale, sulla base dei suoi anni di servizio, ha diritto a percepire la pensione. Tale decisione preliminare ha effetto vincolante sul provvedimento di pensionamento concernente la persona alla quale la decisione stessa si riferisce.
19. Il Valtiokonttori il 26 aprile 1995 ha emesso la sua decisione, con la quale ha stabilito che l'attrice non ha diritto alla pensione prima di aver raggiunto l'età di congedo, fissata a 60 anni. L'attrice ha compiuto 60 anni il 1° novembre 1998. Secondo la citata decisione ella aveva diritto alla pensione a partire dal 1° dicembre 1998. Il 31 marzo 1999 l'attrice avrebbe maturato 30 anni di servizio. Contro la citata decisione l'attrice ha proposto ricorso.
IV - Il procedimento pregiudiziale
20. Il giudice a quo ritiene che il regime pensionistico in parola non violi il diritto interno finlandese. Occorrerebbe piuttosto chiarire se la pensione da corrispondere in virtù della Valtion eläkelaki rientri nell'ambito di applicazione dell'art. 141 del Trattato di Roma e se il regime pensionistico in parola eventualmente violi il divieto di discriminazione sancito dall'art. 141.
21. Il giudice a quo richiama la sentenza della Corte del 28 settembre 1994, causa C-7/93, Beune , dove la Corte ha stabilito che un regime pensionistico, analogo a quello previsto dalla Valtion eläkelaki, rientra nell'ambtio di applicazione dell'art. 141 del Trattato di Roma.
22. Stando a quanto riferito dal giudice a quo, il regime finlandese delle pensioni da lavoro si estende, nella forma di assicurazione obbligatoria per legge, ad ogni attività lavorativa sia del settore pubblico che del settore privato, come pure al lavoro imprenditoriale. In virtù di tale estensione in forza di legge a tutte queste attività, esso si differenzia da quasi tutti gli altri regimi comunitari delle pensioni da lavoro.
23. Attese le peculiarità del regime finlandese delle pensioni da lavoro, nonché le differenze tra il regime finlandese delle pensioni da lavoro e quello olandese - oggetto, quest'ultimo, della sentenza Beune -, occorre appurare, secondo il giudice a quo, se la decisione emessa dalla Corte nella causa Beune possa essere interpretata in modo da ritenerla applicabile per analogia al presente caso di specie e se le disposizioni del Trattato di Roma possano essere interpretate nel presente caso di specie allo stesso modo in cui furono interpretate allora.
24. Per tali motivi il Vakuutusoikeus chiede alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sulla seguente questione:
Se il regime pensionistico previsto dalla Valtion eläkelaki rientri nell'ambito di applicazione dell'art. 141 del Trattato di Roma ovvero in quello della direttiva del Consiglio 79/7/CEE.
25. Al procedimento dinanzi alla Corte hanno preso parte l'attrice, il governo finlandese e la Commissione.
V - Argomenti delle parti
26. L'attrice fa notare preliminarmente come la Valtion eläkelaki di per sé non contenga alcuna discriminazione relativamente all'età pensionabile. Per contro un regolamento, norma di rango inferiore rispetto alla citata legge, prevede un regime di limiti di età discriminatori . Per i lavoratori di sesso maschile, che al 31 dicembre 1994 erano in servizio presso le Forze Armate quali dipendenti arruolati e che dal 1° gennaio 1995 sono divenuti membri del personale militare speciale, il limite di età è scaglionato in una misura variabile compresa tra i 50 ed i 55 anni. Nel calcolo individuale degli anni di servizio vengono considerati non solo gli anni di servizio svolti presso l'Esercito, ma anche gli anni svolti in servizio civile alle dipendenze dello Stato. Secondo l'attrice, invece, per i membri di sesso femminile del personale militare speciale, pur in presenza dei medesimi requisiti, troverebbe applicazione, senza riserve, un limite di età di 60 anni. Un limite di età comune di 55 anni varrebbe esclusivamente per il personale militare speciale assunto dopo il 1° gennaio 1995.
27. Sempre secondo l'attrice, il limite di età stabilito dal regolamento relativo al personale militare speciale determina il momento della cessazione del servizio. Al raggiungimento del limite di età i suddetti dipendenti devono congedarsi e hanno conseguentemente diritto alla pensione - diritto maturato durante i loro anni di servizio. Una volta collocati a riposo, hanno diritto di dedicarsi ad un'altra attività lavorativa, ad esempio presso un datore di lavoro privato, percependo, pertanto, sia la pensione che lo stipendio.
28. Ad illustrazione delle sue osservazioni, l'attrice descrive due identiche carriere lavorative di un membro di sesso maschile e di un membro di sesso femminile del personale militare speciale, evidenziando come il dipendente di sesso maschile - a parità degli altri requisiti - possa andare in pensione fino a 10 anni prima. Tale differenza sarebbe fondata esclusivamente sul sesso. Siffatta disparità di trattamento fondata sul sesso violerebbe, almeno a partire dal 1° dicembre 1997, anche il diritto finlandese.
29. Sempre a parere dell'attrice, il limite di età per il personale militare speciale rappresenta una condizione di lavoro di fondamentale rilevanza e la pensione ad esso collegata costituisce un vantaggio assimilabile alla retribuzione. Questo vantaggio rientrerebbe nel campo di applicazione dell'art. 141 CE.
30. A prescindere dal fatto che si voglia considerare l'obbligo di ritirarsi dal servizio al raggiungimento del limite di età come un vantaggio o come uno svantaggio, il diverso trattamento dei membri di sesso maschile e di sesso femminile del personale militare speciale violerebbe il diritto comunitario . L'attrice richiama a tal proposito la sentenza della Corte del 26 febbraio 1986, nella causa Marshall .
31. Il governo finlandese preliminarmente presenta il regime pensionistico finlandese quale parte integrante del regime legale di assicurazioni sociali. A parere del medesimo, le pensioni di Stato, la cui disciplina fondamentale è dettata dalla Valtion eläkelaki, sono parte integrante del regime generale di pensioni da lavoro, regime al quale è anche il personale delle Forze Armate è strettamente collegato. Le pensioni da lavoro costituiscono, insieme alle pensioni sociali, un pilastro della sicurezza sociale in Finlandia. Le pensioni da lavoro assicurano una protezione di base per i lavoratori subordinati e per i lavoratori autonomi. Per contro, le pensioni sociali sono esclusivamente destinate o a persone, che a causa della loro pregressa attività lavorativa percepiscono solo una pensione molto bassa, oppure a persone che in assoluto non hanno mai lavorato.
32. Il regime delle pensioni da lavoro, secondo il governo finlandese, si presenta come un sistema omogeneo, l'appartenenza al quale è obbligatoria. In occasione della concessione della pensione assume sempre rilievo decisivo l'intera carriera lavorativa della persona.
33. Le modalità di finanziamento dell'assicurazione pensione sono leggermente diverse a seconda che si tratti del regime delle pensioni dello Stato, ovvero dei Comuni, ovvero ancora del settore privato. Tratto comune a tutti questi regimi è il pagamento dei contributi sia da parte dei datori di lavoro sia da parte dei lavoratori. La riscossione dei contributi avviene al momento del pagamento dello stipendio. L'aliquota a carico dei lavoratori è, per tutti senza distinzioni, del 4,5%. Non sussiste relazione tra i contributi versati e la successiva pensione.
34. Come riferisce il governo finlandese, le pensioni vengono erogate a carico del bilancio dello Stato. Tuttavia, i contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro vengono versati in un fondo pensione statale - separato dal bilancio dello Stato - destinato al successivo finanziamento delle pensioni. Ogni anno da tale fondo vengono trasferite risorse a favore del bilancio statale per coprire la spesa pensionistica. Tale spesa è pressappoco pari a 2,5 volte l'ammontare delle entrate del fondo, sicché la parte più cospicua della spesa pensionistica è sopportata dal bilancio statale.
35. I dipendenti delle Forze Armate appartenevano ad un regime pensionistico conformemente a quanto previsto dalla legge sulle pensioni di Stato. A parte alcune peculiarità dovute alla particolare natura delle loro funzioni, le uniche differenze risiedono nell'età pensionabile e nell'ammontare delle pensioni. Per gli appartenenti all'Esercito il diritto alla pensione matura all'età di 55 anni, purché l'interessato abbia svolto almeno 30 anni di servizio dopo il compimento dei 23 anni d'età. Prima delle riforme del 1993 e del 1995 non esisteva un limite generale di età, al compimento della quale maturava il diritto alla pensione. L'interessato acquisiva il diritto a percepire una pensione dopo aver prestato servizio per un certo numero di anni (di solito 20 o 25).
36. Il governo finlandese segnala, altresì, che nelle Forze Armate l'età pensionabile è fissata in correlazione alle funzioni svolte. Essa è più bassa sia dell'età pensionabile generalmente prevista per i dipendenti pubblici sia dell'età pensionabile prevista per le pensioni di vecchiaia. I limiti di età sono fissati dal legislatore in relazione ai vari servizi ed uffici. Pertanto il limite di età in parola non ha alcuna correlazione diretta con l'età, alla quale generalmente matura il diritto alla pensione, ma concerne l'età, alla quale l'interessato deve cessare il servizio. Poiché una persona che raggiunge tale limite di età non può più prestare servizio, essa acquista il diritto ad una pensione corrispondente alla sua anzianità di servizio.
37. A proposito della disciplina transitoria applicabile al caso di specie, in base alla quale il limite di età risulta fissato per gli uomini, a seconda dell'anzianità di servizio, tra i 50 e i 55 anni di età e per le donne a 60 anni di età, il governo finlandese osserva come tale limite di età in linea di principio sia stato elevato per gli uomini, mentre per le donne sia rimasto immutato. Secondo il governo finlandese, nell'elaborazione del regime transitorio è stato seguito il principio-guida di assicurare agli aventi diritto l'intera pensione. Un abbassamento del limite di età per le donne avrebbe avuto per conseguenza, nella maggior parte dei casi, una contrazione della loro pensione. Un immediato adeguamento del limite di età per le donne avrebbe avuto per effetto che tutte le donne di età compresa tra i 50 e i 60 anni avrebbero dovuto lasciare subito il servizio. Poiché si è cominciato ad assumere le donne solo negli anni sessanta esse, nella maggior parte dei casi, non avrebbero diritto all'intera pensione nemmeno a 60 anni di età.
38. A proposito della soluzione da dare alla questione pregiudiziale, secondo il governo finlandese, benché le pensioni da lavoro siano disciplinate in varie leggi per i vari settori di attività, esse non costituiscono una forma di previdenza professionale per l'evento vecchiaia o un regime pensionistico integrativo ai sensi della giurisprudenza della Corte . Le pensioni erogate in base al regime pensionistico statale non sono vincolate ad un determinato rapporto di lavoro o di servizio, bensì risultano dal complesso dei rapporti di lavoro o di servizio. Vi è armonizzazione tra le pensioni costituite nell'ambito dei diversi regimi. Si tratta di regimi ispirati a scelte di politica sociale del potere pubblico, che non dipendono dalle condizioni di lavoro di una determinata persona o di un determinata categoria. Siffatti regimi di sicurezza sociale ricadono sotto la disciplina della direttiva 79/7.
39. Sempre a parere del governo finlandese, le pensioni erogate dal regime pensionistico statale non sono affatto pensioni che integrano o sostituiscono il diritto ex lege ad una pensione di vecchiaia, bensì costituiscono una componente essenziale dell'assicurazione pensionistica ed una parte integrante del regime legale delle assicurazioni sociali della Finlandia. Ne deriva che le pensioni erogate in conformità alla legge sulle pensioni di Stato non costituiscono retribuzione ai sensi dell'art. 141 CE, venendo qui, piuttosto, in rilievo un regime legale di sicurezza sociale ai sensi della direttiva 79/7.
40. La Commissione prende in esame il regime finlandese delle pensioni di Stato alla luce della giurisprudenza della Corte in materia . In base ad essa, un criterio decisivo è quello della possibilità del lavoratore di ottenere la pensione in ragione del rapporto lavorativo intercorso col suo ex datore di lavoro. Il regime in esame è indubbiamente un regime legale. Il regime delle pensioni da lavoro, al quale è da ricondurre la legge sulle pensioni di Stato, è, di per sé, legale ed obbligatorio. Le prestazioni, tuttavia, vengono determinate esclusivamente sulla base del rapporto lavorativo, come risulta dall'art. 1 della legge sulle pensioni di Stato.
41. A parere della Commissione, anche per il calcolo della pensione va preso in considerazione il trattamento economico del dipendente pubblico nella sua globalità. Sia gli artt. 7 e 8 della legge sulle pensioni di Stato, sia le disposizioni transitorie collegano il calcolo della pensione direttamente con l'anzianità di servizio e con gli stipendi degli ultimi 4-10 anni. Il solo fatto che come base di calcolo venga assunto il valore medio degli stipendi relativo ad un determinato arco di tempo, anziché i salari percepiti negli ultimi anni, non è motivo sufficiente, secondo la Commissione, per discostarsi nel caso di specie dalla giurisprudenza della Corte in materia.
42. Secondo la Commissione, è altresì evidente che le disposizioni transitorie, le quali stabiliscono un diverso limite di età per i dipendenti di sesso maschile e per quelli di sesso femminile, si riferiscono ad una determinata categoria di lavoratori. Del resto le disposizioni transitorie riguardano solo il limite di età che, ai sensi dell'art. 8 della legge sulle pensioni di Stato, comporta il diritto ad una pensione.
43. Le analogie esistenti a livello di principi generali escludono la possibilità di discostarsi, in occasione dell'esame del regime finlandese delle pensioni da lavoro, dalla giurisprudenza della Corte. La Commissione ritiene che un dipendente pubblico finlandese abbia diritto alla pensione in ragione esclusivamente del suo impiego. Le differenze, segnalate nella domanda di pronuncia pregiudiziale, tra il regime pensionistico dei dipendenti pubblici olandesi - che ha costituito l'oggetto della causa Beune -, e il regime pensionistico dei dipendenti pubblici finlandesi non rappresentano un motivo sufficiente per sottrarre quest'ultimo dal campo di applicazione dell'art. 141 CE ed assoggettarlo al campo di applicazione della direttiva 79/7. Le pensioni dei dipendenti pubblici finlandesi, pertanto, devono essere considerate come retribuzione o come altro vantaggio ai sensi dell'art. 141 CE.
44. A proposito dell'ambito di applicazione ratione temporis dell'art. 141 CE in relazione al caso di specie, la Commissione richiama il «Protocollo Barber». Al posto del limite temporale d'applicazione del 17 maggio 1990 ivi indicato, si deve assumere, secondo la Commissione, la data d'ingresso della Finlandia nello Spazio economico europeo, vale a dire il 1° gennaio 1994.
VI - Valutazione
45. Il giudice a quo vuole sapere se la normativa in materia di pensioni prevista dalla Valtion eläkelaki rientri nell'ambito di applicazione dell'art. 141 CE ovvero in quello della direttiva 79/7. Tale questione presuppone che venga chiarito se le pensioni previste dalla legge finlandese sulle pensioni di Stato siano da considerarsi come «retribuzione» ai sensi dell'art. 141 CE, oppure come prestazioni di un regime legale di sicurezza sociale che assicura una protezione contro il rischio della vecchiaia .
46. Sia l'art. 141 CE, sia la direttiva 79/7 sono espressione del divieto comunitario di discriminazione tra i sessi. Tuttavia la direttiva 79/7, ai sensi del suo art. 7, n. 1, lett. a), non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione «la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni». Il governo finlandese, sostenendo che la legge sulle pensioni di Stato rientri nel campo di applicazione della direttiva 79/7, rinvia implicitamente a questa clausola derogatoria.
47. Tale deroga, tuttavia, potrebbe trovare applicazione solo qualora il regime pensionistico in parola potesse essere inteso come regime legale per la protezione contro il rischio della vecchiaia ai sensi della direttiva, e solo qualora il limite di età, controverso nell'attuale causa, determinato in modo diverso a seconda del sesso, potesse essere inteso come età pensionabile ai sensi della legge sulle pensioni di Stato. Senonché l'età pensionabile fissata direttamente dalla legge sulle pensioni di Stato risulta incontestabilmente determinata senza riferimento alcuno al sesso.
48. La particolarità del caso di specie risiede, da una parte, nel fatto che il limite di età differenziato in base al sesso è contenuto in una disposizione transitoria, un regolamento, e, dall'altra parte, nel fatto che tale disposizione non disciplina l'età pensionabile, bensì l'età di congedo dei membri del personale militare speciale. Il diritto alla pensione, che trova altrove la sua disciplina legislativa, è la conseguenza della scelta del legislatore di concedere a queste persone il diritto ad una pensione anche prima del raggiungimento dell'età pensionabile stabilita nella legge sulle pensioni di Stato.
49. Occorre pertanto chiedersi se i limiti di età differenziati in base al sesso, contenuti nelle disposizioni transitorie, debbano essere considerati come «condizioni inerenti al licenziamento», cui si debba eventualmente applicare l'art. 5 della direttiva 76/207, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro. Per espressa previsione di tale norma, il principio della parità di trattamento si applica anche alle condizioni inerenti al licenziamento.
50. E' necessario, tuttavia, considerare che nel presente caso di specie, come è stato esposto dall'attrice, la cessazione del servizio è connessa - da un punto di vista fattuale, giuridico ed economico - con il diritto ad una pensione. L'attrice non vuole cessare il servizio senza aver diritto ad una pensione, ma desidera farlo alle stesse condizioni e con la garanzia delle stesse prestazioni economiche previste per un membro del personale militare speciale di sesso maschile. Come lo stesso giudice a quo ha espressamente sostenuto, in pratica l'età di congedo vale, al contempo, come età pensionabile. Quindi, poiché nel caso controverso si discute, in pratica, della cessazione del servizio con contestuale concessione di una pensione, deve in primo luogo esaminarsi il principio della parità di retribuzione posto dall'art. 141 CE.
51. Ai sensi dell'art. 141, n. 1, CE, ciascuno Stato membro assicura l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. Dal confronto, relativo al lavoro svolto, della situazione dell'attrice con quella di un collega di sesso maschile emergono identici presupposti di fatto. Tanto è vero che l'attrice, nelle sue osservazioni, riporta espressamente l'esempio di due carriere del tutto analoghe di due membri del personale militare speciale, uno di sesso maschile e l'altro di sesso femminile, per i quali, però, il limite di età risulta fissato diversamente.
52. Poiché al momento della cessazione del servizio per raggiunti limiti di età viene in rilievo giusto appunto la percezione della pensione, vale a dire una prestazione economica, si deve verificare se a tal proposito si possa parlare di «retribuzione» ai sensi dell'art. 141 CE. Occorre, pertanto, qualificare la prestazione prevista dalla legge sulle pensioni di Stato - prescindendo per ora dall'esame delle condizioni di accesso alla stessa.
53. L'art. 141, n. 2, CE, definisce la «retribuzione» come «il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo». Poiché nel caso di specie viene in rilievo non già un vantaggio connesso ad un rapporto di lavoro in corso, bensì una prestazione di fine lavoro, potrà trattarsi solo di un «altro vantaggio» pagato dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego.
54. Secondo una giurisprudenza costante, se vantaggi aventi il carattere di prestazioni previdenziali non sono, in linea di principio, estranei alla nozione di retribuzione, non si possono tuttavia ricomprendere in questa nozione i regimi o le prestazioni previdenziali, ed in particolare le pensioni di vecchiaia, direttamente disciplinati dalla legge al di fuori di qualsiasi concertazione nell'ambito dell'impresa o della categoria professionale interessata e obbligatori per categorie generali di lavoratori. Questi regimi permettono infatti ai lavoratori di fruire di un sistema legale al cui finanziamento i lavoratori, i datori di lavoro ed eventualmente la pubblica amministrazione contribuiscono non tanto in funzione del rapporto di lavoro tra il datore di lavoro e il lavoratore, quanto in base a considerazioni di politica sociale .
55. La Corte ha affrontato nella sua precedente giurisprudenza la qualificazione sia del regime previdenziale olandese per i dipendenti pubblici sia del regime pensionistico francese per dipendenti pubblici civili e militari . In entrambi i casi, nonostante varie differenze strutturali, la Corte è giunta alla conclusione di considerare le prestazioni assicurate da entrambi i regimi come «retribuzione» ai sensi dell'art. 119 del Trattato CE - ora art. 141 CE. Soprattutto nella sentenza Beune - sentenza che riveste un'importanza basilare - la Corte ha ricostruito un quadro d'insieme degli elementi costitutivi del concetto di retribuzione, così come desumibili dalla precedente giurisprudenza della Corte, delimitandoli dai regimi di prestazioni che ricadono sotto la disciplina della direttiva 79/7.
56. Quindi, per qualificare le prestazioni rilevanti nel caso di specie, prima di tutto occorrerà verificare se sussistano differenze tra esse e le prestazioni oggetto di giudizio nelle sentenze Beune e Griesmar . Subito dopo si dovrà stabilire se le eventuali differenze possano condurre ad una differente valutazione delle prestazioni oggetto del presente giudizio.
57. In occasione della qualificazione della prestazione nella causa Beune, la Corte ha sostenuto che il fatto che una prestazione sia disciplinata dalla legge non è di per sé sufficiente ad escluderla dal campo di applicazione dell'art. 119 del Trattato CEE . In base a tale giurisprudenza, d'altro canto, il criterio della concertazione tra datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori risulta integrato soltanto quando essa conduca ad un accordo formale. Nel pubblico impiego si ricorre anche a forme di consultazione che non conducono necessariamente ad un accordo . L'applicabilità dell'art. 119 del Trattato CEE non è nemmeno subordinata al presupposto che si tratti di una prestazione previdenziale integrativa . Con riguardo al finanziamento del regime, la Corte ha stabilito che il regime previdenziale viene sì amministrato autonomamente secondo norme simili a quelle che si applicano ai fondi pensionistici convenzionali. Tuttavia queste caratteristiche non lo distinguono sostanzialmente da taluni regimi previdenziali rientranti nella direttiva 79/7 . In tale contesto assume rilievo anche la possibilità di un sostegno finanziario da parte dello Stato .
58. Con riguardo alla nozione di «categorie generali di lavoratori» la Corte riconosce che essa «può difficilmente valere per una categoria particolare di lavoratori come quella dei dipendenti pubblici» .
59. In definitiva, in tale sentenza è stato ritenuto determinante soltanto il criterio relativo alla constatazione «che la pensione è corrisposta al lavoratore per il rapporto di lavoro tra l'interessato e il suo ex datore di lavoro» . Quant'anche la pensione «interessi soltanto una categoria particolare di lavoratori (...) sia direttamente funzione degli anni di servizio prestati e (...) il suo importo sia calcolato in base all'ultimo stipendio del dipendente pubblico» , essa costituisce una prestazione previdenziale corrisposta dal datore di lavoro pubblico, del tutto simile alla pensione che verserebbe un datore di lavoro privato ai suoi ex dipendenti e, pertanto, deve essere considerata come «retribuzione» ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE.
60. La Corte ha confermato questo orientamento nella sentenza nella causa Evrenopoulos . In tale causa si trattava di qualificare un regime pensionistico, istituito e disciplinato esclusivamente con legge, dei dipendenti di un ente pubblico . La Corte ha considerato una pensione di reversibilità prevista da questo «regime pensionistico aziendale» come «retribuzione» ai sensi dell'art. 119 del Trattato CE, in applicazione dei principi elaborati nella sentenza Beune .
61. Nella sentenza nella causa Griesmar la Corte ha nuovamente riassunto i criteri fondamentali per la qualificazione di un regime pensionistico. La Corte ha preliminarmente precisato di aver stabilito nella sentenza Beune «che tra i criteri da essa accolti a seconda delle situazioni sottopostele ai fini della qualificazione di un regime pensionistico, soltanto il criterio relativo alla constatazione che la pensione è corrisposta al lavoratore per il rapporto di lavoro tra l'interessato e il suo ex datore di lavoro, vale a dire il criterio dell'impiego, desunto dalla lettera stessa dell'art. 119 del Trattato, poteva avere carattere determinante» . La Corte ha riconosciuto che a tale criterio non si può attribuire carattere esclusivo, atteso che le pensioni corrisposte dai regimi legali previdenziali possono, in tutto o in parte, tener conto della retribuzione dell'attività lavorativa .
62. Nondimeno la Corte ha subito dopo precisato alla lettera che «le considerazioni di politica sociale, di organizzazione dello Stato, di etica o anche le preoccupazioni di bilancio che hanno avuto o hanno potuto avere un ruolo nella determinazione di un regime da parte del legislatore nazionale non possono considerarsi prevalenti se la pensione interessi soltanto una categoria particolare di lavoratori, se sia direttamente funzione degli anni di servizio prestati e se il suo importo sia calcolato in base all'ultimo stipendio del dipendente pubblico» . La pensione corrisposta dal datore di lavoro pubblico è in tal caso del tutto simile a quella che verserebbe un datore di lavoro privato ai suoi ex dipendenti .
63. In tal modo la Corte ha adottato un criterio funzionale nella valutazione delle prestazioni di fine lavoro. Conseguentemente, viene in realtà conferito rilievo primario alla relazione tra rapporto di lavoro e prestazione di fine lavoro, e non più ai principi generali del regime previdenziale. In considerazione di ciò, si potrebbe affermare che la Corte a partire dalla sentenza Beune , nella quale per la prima volta viene riconosciuto carattere determinante al rapporto di lavoro, abbandona - quantunque non dichiaratamente - la sua precedente giurisprudenza. Nelle valutazioni che seguiranno converrà attenersi a questo approccio funzionale.
64. Il regime pensionistico applicabile nel caso di specie si fonda, almeno nei suoi tratti essenziali delineati dalla Valtion eläkelaki, sulla legge. Le disposizioni normative che ne estendono l'applicazione ai dipendenti delle Forze Armate , sono, nella gerarchia delle fonti, subordinate alla legge. Tuttavia esse sono pur sempre espressione di diritto positivo, e quindi ben diverse da un accordo formale tra datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori. Inoltre si tratta di un regime obbligatorio. Come concordemente sostenuto dalle parti nel corso del procedimento, in Finlandia tutta la popolazione attiva è soggetta, in un modo o nell'altro, al regime delle pensioni da lavoro. Per giunta non si tratta di prestazioni previdenziali integrative. Tali aspetti sembrano confermare l'opinione del governo finlandese, secondo la quale il regime in parola ricadrebbe sotto la direttiva 79/7.
65. Tuttavia, anche i regimi oggetto di esame nelle cause Beune e Griesmar si fondano sulla legge e sono, parimenti, regimi obbligatori. Mentre nella causa Beune era in discussione una pensione integrativa, il regime previdenziale francese dei dipendenti pubblici, in esame nella causa Griesmar, costituisce un regime previdenziale di base. I regimi previdenziali per il pubblico impiego in Olanda e in Finlandia sembrano strutturati in maniera profondamente diversa. Mentre in Olanda anche i dipendenti pubblici percepiscono in via principale una pensione di base a carico di un regime generale, alla quale viene ad aggiungersi una pensione integrativa, in Finlandia - stando a quanto riferito dal governo finlandese - le pensioni da lavoro costituiscono la previdenza di base, che può essere eventualmente integrata con una pensione sociale.
66. La circostanza che le pensioni dei dipendenti pubblici, oggetto di giudizio nella causa Griesmar, costituiscono una previdenza di base, non ha impedito alla Corte di riportare all'art. 141 CE le prestazioni erogate da tale regime. Occorre pertanto preliminarmente constatare che il regime delle pensioni dei dipendenti pubblici oggetto del presente giudizio, pur essendo un regime di previdenza di base, legale ed obbligatorio, non risulta in via di principio escluso a causa di tali sue caratteristiche dal campo di applicazione dell'art. 141 CE.
67. A proposito delle modalità di finanziamento dei regimi, sono riconoscibili profonde differenze strutturali tra il regime, esaminato nella causa Beune, ed il regime, esaminato nella causa Griesmar. Mentre il finanziamento del regime previdenziale francese dei dipendenti pubblici grava per intero sul bilancio statale, il regime olandese di previdenza integrativa prevede un sistema di finanziamento che rivela pur sempre delle analogie con l'organizzazione di un fondo pensionistico convenzionale.
68. Il sistema di finanziamento finlandese si colloca a metà strada tra queste differenti forme organizzative. In base a quanto riferito dal governo finlandese, in un primo momento i contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori alimentano un fondo pensionistico statale, destinato al successivo finanziamento delle pensioni, ma le pensioni statali vengono erogate a carico del bilancio dello Stato, previo trasferimento annuale di risorse dal fondo pensionistico a favore del bilancio statale.
69. In ultima analisi, però, la forma di finanziamento delle pensioni non può essere determinante, se si considera che la Corte, nelle sentenze Beune e Griesmar, ha riconosciuto valide due modalità di organizzazione completamente diverse e non ha considerato né l'una né l'altra un ostacolo all'assoggettamento delle rispettive prestazioni all'art. 141 CE. Pertanto, il sistema finlandese di finanziamento delle pensioni statali, che costituisce una sorta di ibrido di entrambe le suddette forme di finanziamento, non può precludere una valutazione delle sue prestazioni alla luce dell'art. 141 CE. Tuttavia occorre notare, in relazione al regime finlandese delle pensioni di Stato, che lo Stato stesso, nella sua qualità di datore di lavoro, erogando le pensioni a carico del suo bilancio, si fa direttamente garante del loro finanziamento.
70. Non si deve dimenticare che con la Valtion eläkelaki - come è emerso nel corso dell'attuale procedimento - è stato istituito un regime previdenziale per tutti i dipendenti dello Stato, quantunque le modalità di accesso alle prestazioni siano specificate tramite atti normativi speciali relativi di volta in volta a determinate categorie di dipendenti, oggettivamente individuate. Nel caso dell'attrice la legge sulle pensioni di Stato trova applicazione per tramite del regolamento sulle Forze Armate, unitamente alle disposizioni d'attuazione, di cui al regolamento di modifica n. 1032 del 28 novembre 1994. Il limite di età differenziato per i dipendenti di sesso maschile e di sesso femminile, all'origine della presente causa, risulta esclusivamente dalle disposizioni speciali relative ai dipendenti delle Forze Armate.
71. In realtà, pertanto, oggetto della controversia non è tanto la Valtion eläkelaki di per sé, quanto le disposizioni speciali relative ai dipendenti delle Forze Armate. La Corte nella sentenza nella causa Griesmar, a proposito dei dipendenti pubblici, ha stabilito che essi «devono essere considerati come una categoria particolare di lavoratori. Infatti essi si distinguono dai lavoratori di un'impresa o di un gruppo di imprese, di un comparto economico o di un settore professionale o interprofessionale soltanto in ragione delle caratteristiche peculiari che disciplinano il loro rapporto di lavoro con lo Stato, con altri enti o datori di lavoro pubblici» . Ma allora ciò deve valere, a maggior ragione, per la categoria - ancor più speciale - dei dipendenti delle Forze Armate.
72. Le norme relative ai dipendenti delle Forze Armate valgono sia per il personale militare che per il personale civile. In tal modo viene individuata una categoria di dipendenti, caratterizzata dal fatto di avere un rapporto di lavoro con un unico, medesimo datore di lavoro, ovverosia le Forze Armate. In ragione di questa caratteristica peculiare dei loro rapporti di lavoro essi si distinguono da tutti gli altri lavoratori, compresi i dipendenti statali.
73. Queste valutazioni sono confermate dalla circostanza che per questa categoria di dipendenti statali valgono, altresì, disposizioni particolari per quanto riguarda il limite di età. Siffatte norme speciali, che derogano alle disposizioni generali della legge sulle pensioni di Stato, distinguono questi rapporti di impiego da quelli degli altri dipendenti dello Stato e degli enti pubblici.
74. Poiché la Corte nella causa Griesmar ha definito le pensioni come «compenso del servizio prestato dai dipendenti pubblici sino alla regolare cessazione delle loro funzioni» , occorre chiedersi se anche le pensioni dei dipendenti delle Forze Armate finlandesi possano essere considerate come «compenso del servizio prestato».
75. Mentre il governo finlandese ha sostenuto in modo netto che le pensioni previste dalla Valtion eläkelaki non sarebbero correlate ad uno specifico rapporto di lavoro, la Commissione ha sostenuto il contrario. Sia il giudice a quo, sia il governo finlandese, sia l'attrice hanno sostenuto che il regime finlandese delle pensioni da lavoro tiene conto della intera carriera lavorativa di una persona. Di contro, nel calcolo della pensione prevista dalla Valtion eläkelaki si tiene conto solo dei rapporti di lavoro con lo Stato o con taluni enti pubblici.
76. A seconda del decorso della carriera lavorativa, dunque, non è il solo rapporto di lavoro con le Forze Armate ad essere determinante per la concessione della pensione. Possono essere presi in considerazione anche gli anni di servizio eventualmente prestati in impieghi civili alle dipendenze dello Stato. Sia il giudice a quo sia la Commissione, a proposito del calcolo della pensione, hanno segnalato come l'entità della stessa dipenda dall'anzianità di servizio e dagli stipendi degli ultimi anni di lavoro. La Commissione ha ulteriormente precisato che vengono assunti come base di calcolo gli stipendi degli ultimi 4-10 anni.
77. Alla luce di quanto finora esposto, si può constatare che le pensioni previste dalla Valtion eläkelaki sono concesse a compenso del servizio prestato dai dipendenti statali sino alla regolare cessazione delle loro funzioni. L'ammontare delle pensioni tiene conto del livello, della durata e della natura del servizio prestato . Le pensioni erogate in base alla legge finlandese sulle pensioni di Stato, quindi, sono direttamente in funzione della durata del servizio prestato e il loro ammontare è calcolato sulla base dello stipendio percepito dall'interessato nel corso degli ultimi anni di attività. Tali pensione rispondono, pertanto, al criterio dell'impiego che nelle sentenze Beune e Griesmar la Corte ha ritenuto determinante ai fini della qualificazione, con riguardo all'art. 141 CE, delle pensioni corrisposte sulla base di un regime pensionistico dei dipendenti pubblici . Le pensioni previste dalla Valtion eläkelaki devono, conseguentemente, essere considerate come «retribuzione» ai sensi della menzionata disposizione.
78. La circostanza che le pensioni previste dalla Valtion eläkelaki ricadono nel campo di applicazione dell'art. 141 CE implica che la differenza, basata sul sesso, delle condizioni di accesso alla retribuzione, a parità degli altri requisiti, viola il principio di parità di retribuzione. E' significativo, a tale riguardo, che le riforme del regime pensionistico intervenute negli anni novanta abbiano eliminato le disparità di trattamento prima sussistenti ed abbiano introdotto un regime non discriminatorio. Di contro, un limite di età differenziato è stato introdotto dalle disposizioni transitorie. La discriminazione fondata sul sesso relativamente alle condizioni di accesso alla prestazione, in tal modo introdotta, è in contrasto con l'art. 141 CE.
79. L'approccio funzionale, che è stato posto a base di queste valutazioni , fa sì che i principi generali di un regime previdenziale passino in secondo piano. Sicché l'argomento invocato dal governo finlandese, secondo cui a proposito della Valtion eläkelaki si deve parlare di un regime legale di sicurezza sociale ai sensi del regolamento (CEE) n. 1408/71 , non è in grado - alla luce della giurisprudenza della Corte nelle sentenze Beune e Griesmar - di modificare la qualificazione delle prestazioni in parola come retribuzione.
80. Qualora la Corte, ciò nonostante, dovesse ritenere che le prestazioni previste dalla Valtion eläkelaki non debbano essere considerate come retribuzione ai sensi dell'art. 141 CE, occorrerà allora valutare il limite di età differenziato in base al sesso, contenuto nelle disposizioni d'attuazione del regolamento di modifica del regolamento sulle Forze Armate, alla luce della direttiva 76/207, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro.
81. Come risulta dal titolo stesso della direttiva, essa riguarda l'attuazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda le condizioni di lavoro. Tale principio vale anche per i rapporti di pubblico impiego . L'art. 5 della direttiva 76/207 stabilisce espressamente che l'applicazione del principio si estende anche alle condizioni inerenti al licenziamento. Atteso che il diverso limite di età per i dipendenti di sesso maschile e per quelli di sesso femminile del personale militare speciale configura una condizione inerente al congedo, esso, costituendo una discriminazione fondata sul sesso, viola il divieto posto dalla direttiva 76/207.
82. A tale riguardo assume un'importanza fondamentale la circostanza che non viene qui in rilievo l'età pensionabile fissata in via generale dalla Valtion eläkelaki. La distinzione normativa tra l'età di congedo, variamente fissata per i diversi settori di attività, e l'età pensionabile, legislativamente stabilita in via generale dalla Valtion eläkelaki, consente di considerare tale età una condizione inerente al licenziamento, ai sensi della direttiva 76/207.
83. Sulla questione se il legislatore finlandese, facendo leva sull'art. 7, n. 1, lett. a), avrebbe avuto la facoltà di mantenere, nella Valtion eläkelaki, una età pensionabile diversa per gli uomini e per le donne, non è stata presa alcuna posizione. Tale questione, stando alla soluzione da me qui proposta, non ha bisogno di alcuna risposta. Trattasi d'altronde di questione meramente ipotetica, giacché la Valtion eläkelaki stabilisce l'età pensionabile in modo non discriminatorio.
84. In conclusione, al giudice a quo si deve rispondere che il regime pensionistico previsto dalla Valtion eläkelaki rientra nel campo di applicazione dell'art. 141 CE.
85. Con riguardo agli eventuali effetti retroattivi della sentenza che verrà pronunciata nella presente causa occorre ricordare che la normativa comunitaria in parola si applica alla Finlandia a partire dalla data del suo ingresso nello Spazio economico europeo, quindi dal 1° gennaio 1994. Il «Protocollo Barber», pertanto, potrebbe trovare applicazione solo in via indiretta.
Sulle spese
86. Il procedimento pregiudiziale ha natura di procedimento incidentale. Esso non comporta spese giudiziarie. La decisione sulle spese spetta al giudice nazionale.
VII - Conclusione
87. A conclusione delle valutazioni sopra svolte, propongo di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale nel modo seguente:
Il regime pensionistico previsto dalla Valtion eläkelaki rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 141 CE.