Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 15 maggio 2001. - Henri Mouflin contro Recteur de l'académie de Reims. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal administratif de Châlons-en-Champagne - Francia. - Rinvio pregiudiziale - Politica sociale - Parità di trattamento tra gli uomini e le donne - Applicabilità dell'art. 119 del Trattato CE (artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE-143 CE) o della direttiva 79/7/CEE - Regime francese delle pensioni civili e militari di quiescenza - Diritto al godimento immediato della pensione di quiescenza riservato solo ai dipendenti pubblici di sesso femminile. - Causa C-206/00.
raccolta della giurisprudenza 2001 pagina I-10201
I - Introduzione
1 La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata sottoposta alla Corte di giustizia dal Tribunal administratif di Châlons en Champagne. Il detto giudice ha sollevato questioni relative alla compatibilità con il diritto comunitario della normativa di uno Stato membro ai sensi della quale solo le donne - e dunque non gli uomini - possono chiedere il pensionamento se il coniuge è affetto da una infermità o da una malattia incurabile a causa della quale gli sia impossibile l'esercizio di un'attività lavorativa.
II - Fatti e procedimento
2 Il ricorrente nel giudizio a quo (nel prosieguo: il «ricorrente») è insegnante, e in quanto tale, dipendente pubblico. Invocando l'art. L. 24, primo comma, n. 3, del Code des pensions civiles et militaires de retraite (Codice delle pensioni civili e militari di quiescenza, in prosieguo: il «codice delle pensioni»), il ricorrente chiedeva l'immediato collocamento a riposo al fine di poter assistere la moglie, affetta da malattia incurabile.
3 Con decisione dell'Inspecteur d'académie della Marna tale domanda veniva inizialmente accolta. Con successivo provvedimento del 10 novembre 1998 la detta decisione veniva però annullata in base ad una comunicazione del Ministro per l'istruzione ed al rilievo secondo cui tale possibilità di collocamento a riposo ai fini dell'assistenza del coniuge sarebbe riservata ai soli pubblici dipendenti di sesso femminile.
4 Avverso tale provvedimento il ricorrente proponeva impugnazione dinanzi al giudice del rinvio. Nella causa principale il Syndicat général de l'Éducation Nationale et de la Recherche publique C.F.D.T. della Marna interveniva a sostegno del ricorrente.
5 In risposta ad una domanda di parere proposta dal giudice a quo al Conseil d'Etat in merito alla compatibilità dell'art. L. 24, primo comma, n. 3, del Codice delle pensioni con l'art. 6 della legge 13 luglio 1983, relativa ai diritti e agli obblighi dei dipendenti pubblici, ai sensi del quale i dipendenti pubblici non possono essere trattati differentemente in ragione del proprio sesso, il Conseil d'Etat dichiarava che la legge 13 luglio 1983 non aveva modificato l'art. L. 24, primo comma, n. 3, del codice delle pensioni.
6 Ai fini della valutazione della compatibilità con il diritto comunitario della disposizione di cui trattasi del codice delle pensioni, il giudice a quo, dinanzi al quale il procedimento è attualmente pendente, ha presentato alla Corte, con sentenza 25 aprile 2000, una domanda di pronuncia pregiudiziale, registrata nella cancelleria della Corte stessa il 25 maggio seguente.
7 Il giudice a quo si richiama, da un lato, all'art. 119 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 141 CE) ed alla direttiva di attuazione 86/378/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale (1), nonché, dall'altro, alla direttiva 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (2), in particolare agli artt. 4 e 7 della medesima. Il giudice a quo espone che, secondo il ricorrente, il trattamento differenziato previsto dall'art. L. 24, primo comma, n. 3, del codice delle pensioni a favore dei dipendenti pubblici di sesso femminile sarebbe in contrasto con l'art. 141 CE nonché con le finalità della direttiva 79/7.
8 La decisione sul tale motivo di ricorso dipenderebbe dal fatto se:
1) le pensioni erogate dal regime pensionistico francese dei dipendenti pubblici rientrino nella nozione di retribuzione di cui all'art. 119 del Trattato di Roma; in caso affermativo, se l'art. L. 24, primo comma, n. 3, del codice delle pensioni violi il principio di parità delle retribuzioni;
2) in caso di inapplicabilità dell'art. 119 del Trattato di Roma, le disposizioni della direttiva 79/7 non consentano che la Francia mantenga in vigore disposizioni quali l'art. L. 24, primo comma, n. 3, del codice delle pensioni.
9 Il giudice del rinvio ha pertanto sottoposto alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se le pensioni erogate dal regime francese di quiescenza dei pubblici dipendenti rientrino nel novero delle retribuzioni contemplate dall'art. 119 del Trattato (divenuto art. 141 CE); in caso affermativo, se il principio di parità delle retribuzioni sia stato violato dalle disposizioni dell'art. 24, primo comma, n. 3, del codice delle pensioni civili e militari di quiescenza.
2) Nel caso in cui non si applichi l'art. 119 del Trattato CEE, se le disposizioni della direttiva 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, ostino a che la Francia mantenga in vigore disposizioni come quelle di cui all'art. L. 24, primo comma, n. 3, del codice delle pensioni civili e militari di quiescenza».
10 Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte il ricorrente (unitamente al Syndicat interveniente nella causa principale), il governo francese e la Commissione. La fase orale del procedimento non ha avuto luogo.
III - La normativa pertinente
a) La normativa comunitaria
11 L'art. 119 del Trattato CEE così dispone:
«Ciascuno Stato membro assicura durante la prima tappa, e in seguito mantiene, l'applicazione del principio della parità delle retribuzioni fra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro.
Per retribuzione deve essere inteso, ai sensi del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo.
La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:
a) che la retribuzione accordata per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di misura;
b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per un posto di lavoro uguale».
12 A seguito della modificazione e remunerazione del Trattato CE operata per mezzo del Trattato di Amsterdam, l'art. 119 è divenuto l'art. 141 CE. Il contenuto dei nn. 1 e 2 dell'art. 141 coincide ampiamente con quello dell'art. 119, mentre al testo precedente sono stati aggiunti i nn. 3 e 4. Per quanto attiene alla controversia in esame, rilevano sostanzialmente le disposizioni di cui ai nn. 1 e 2. L'art. 141 CE così recita:
«1. Ciascuno Stato membro assicura l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.
2. Per retribuzione si intende, a norma del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo.
La parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:
a) che la retribuzione corrisposta per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di misura;
b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per uno stesso posto di lavoro.
3. (...)
4. Allo scopo di assicurare l'effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l'esercizio di un'attività professionale da parte del sesso sotto rappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali».
13 L'art. 141, n. 4, CE si richiama, quanto al suo contenuto, all'art. 6, n. 3, dell'accordo 1_ novembre 1993 allegato al protocollo n. 14 sulla politica sociale (3), che così recita:
«Il presente articolo non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici intesi a facilitare l'esercizio di un'attività professionale da parte delle donne ovvero a evitare o compensare svantaggi nella loro carriera professionale».
14 Le pertinenti disposizioni della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (4), sono le seguenti:
15 L'art. 3, n. 1, della direttiva, che così dispone:
«1. La presente direttiva si applica:
a) ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:
- malattia,
- invalidità,
- vecchiaia,
- infortunio sul lavoro e malattia professionale,
- disoccupazione;
b) alle disposizioni concernenti l'assistenza sociale, (...)».
16 L'art. 4, n. 1, della direttiva, che prevede quanto segue:
«1. Il principio della parità di trattamento implica l'assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto riguarda:
- il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi,
- l'obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi,
- il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni.
2. (...) ».
17 L'art. 7, n. 1, lett. a), e n. 2, a termini del quale:
«1. La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione:
a) la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni;
b) - e) (...)
2. Gli Stati membri esaminano periodicamente le materie escluse ai sensi del paragrafo 1 al fine di valutare se, tenuto conto dell'evoluzione sociale in materia, sia giustificato mantenere le esclusioni in questione».
b) La normativa nazionale
18 Il testo tradotto dell'art. L. 24, primo comma, n. 3, del codice delle pensioni recita:
«Il godimento della pensione civile è immediato:
(...)
3. per le donne che sono pubblici dipendenti:
(...)
b) quando è giustificato nelle forme previste dall'art. L. 31:
vale a dire, quando la donna sia colpita da un'infermità o da una malattia incurabile che le renda impossibile esercitare le precedenti funzioni;
ovvero quando il loro coniuge sia colpito da un'infermità o da una malattia incurabile che gli renda impossibile l'esercizio di una qualsiasi attività lavorativa».
IV - Le tesi delle parti
1) Il ricorrente
19 Il ricorrente sottolinea anzitutto come nel procedimento pregiudiziale C-366/99, Griesmar, la Corte si trovi, con riguardo alla qualificazione del regime pensionistico francese dei dipendenti pubblici, di fronte ad identica questione. Non si tratterebbe, tuttavia, della stessa disposizione del codice delle pensioni.
20 Ai fini della soluzione della questione se le pensioni dei dipendenti pubblici civili francesi costituiscano una «retribuzione» ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE (divenuto ora art. 141 CE) occorrerebbe esaminare anzitutto le modalità di funzionamento del regime di quiescenza francese. La pensione verrebbe calcolata sulla base dello stipendio fiscalmente imponibile corrisposto nell'arco dei sei mesi precedenti il collocamento a riposo. La pensione verrebbe erogata dallo Stato. Essa verrebbe corrisposta ad un determinato gruppo di lavoratori, vale a dire a coloro che siano stati dipendenti statali.
21 Ciò corrisponderebbe ai criteri elaborati dalla Corte nella sentenza Beune (5). La natura retributiva delle pensioni dei dipendenti pubblici sarebbe quindi indubbia. Richiamandosi alle sentenze Bilka (6), Ten Oever (7) e Moroni (8), il ricorrente sostiene che i criteri decisivi affermati in tali sentenze non sarebbero stati più ritenuti determinanti dalla Corte nella menzionata sentenza Beune. Ne deriverebbe che «soltanto il criterio relativo alla constatazione che la pensione è corrisposta al lavoratore per il rapporto di lavoro tra l'interessato e il suo ex datore di lavoro, vale a dire il criterio dell'impiego desunto dalla lettera stessa dell'art. 119, può avere carattere determinante» (9).
22 La Corte avrebbe formulato le proprie considerazioni in termini generali, cosicché queste potrebbero essere trasposte al regime pensionistico francese. Le pensioni dei dipendenti pubblici francesi costituirebbero, quindi, una «retribuzione» ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE. L'analogia tra lo stipendio corrisposto nel corso del servizio attivo e la pensione sarebbe inoltre molto elevata, con riguardo sia alla loro gestione sia al loro finanziamento, ragion per cui anche per tale motivo l'art. 119 del Trattato CEE dovrebbe parimenti risultare applicabile - così come allo stipendio corrisposto nel servizio attivo - anche alla pensione.
23 In ordine alla seconda parte della prima questione pregiudiziale il ricorrente deduce quanto segue: l'art. 24, primo comma, n. 3, del codice delle pensioni concederebbe ai dipendenti pubblici di sesso femminile la possibilità di collocamento anticipato a riposo, qualora il coniuge soffra di un'infermità o di una malattia incurabile che gli renda impossibile l'esercizio di qualsiasi attività lavorativa. Ai dipendenti pubblici di sesso femminile verrebbe in tal modo concessa un'agevolazione consistente nel poter essere collocati a riposo anticipatamente rispetto ad un dipendente di sesso maschile che si trovi nella stessa situazione. Ciò costituirebbe una violazione diretta dell'art. 141 CE; in tale contesto il ricorrente si richiama alle sentenze Beune (10) e Evrenopulos (11). La norma controversa non potrebbe trovare giustificazione alcuna né nell'art. 6 del protocollo n. 14 sulla politica sociale, né nell'art. 141, n. 4.
24 In considerazione della tesi sostenuta con riguardo alla prima questione pregiudiziale, il ricorrente si pronuncia solo in subordine in merito alla seconda questione. Ai sensi dell'art. 4 della direttiva 79/7, il principio della parità di trattamento implicherebbe il venir meno di qualsiasi discriminazione basata sul sesso, con particolare riguardo al calcolo delle prestazioni. E' vero che l'art. 7 della direttiva precisa di non pregiudicare la facoltà degli Stati membri di escludere dalla sfera di applicazione della direttiva stessa la fissazione dei limiti di età per la concessione della pensione di vecchiaia e le relative conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni. Nel caso di specie si tratterebbe tuttavia non dell'applicazione di un limite di età differente per la concessione della pensione, bensì di un'agevolazione determinata e indipendente dall'età, connessa con lo stato di salute del coniuge qualora non sia stata ancora raggiunta l'età di collocamento a riposo. Una distinzione di tal genere non ricadrebbe nella sfera di applicazione della disciplina derogatoria contenuta nell'art. 7 della direttiva.
2) Il governo francese
25 Per rispondere alla prima questione il governo francese rinvia alle proprie osservazioni relative alla causa C-366/99 Griesmar. La questione pregiudiziale si articolerebbe in due questioni subordinate. Da un lato, si tratterebbe della relazione tra la pensione per dipendenti pubblici e la nozione di retribuzione e, dall'altro, dell'eventuale applicabilità al caso particolare dei dipendenti pubblici. Richiamandosi alla sentenza Defrenne (12), la Repubblica francese rileva anzitutto che le pensioni erogate nell'ambito di un regime legale previdenziale non costituirebbero una retribuzione ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE, bensì ricadrebbero piuttosto nella sfera di applicazione della direttiva 79/7 , il cui art. 3 le indicherebbe espressamente.
26 La qualificazione del sistema di quiescenza dei dipendenti pubblici francesi dovrebbe essere esaminata alla luce della sentenza Beune (13). Tra il regime pensionistico francese e quello olandese oggetto di tale sentenza sussisterebbero elementi in comune e differenze. Il governo francese, ancorché ritenga fondamentali le differenze, come ad esempio la circostanza che il regime olandese, a differenza di quello francese, costituirebbe un regime integrativo, gestito sulla base dei principi di capitalizzazione ed amministrazione paritaria, ammette che le pensioni erogate ai dipendenti pubblici francesi possano costituire una retribuzione ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 141 CE) alla luce del fatto che la Corte di giustizia ha ritenuto decisiva unicamente la relazione tra l'agevolazione e il posto occupato.
27 Il governo francese non si pronuncia in ordine alla soluzione della seconda parte della prima questione, limitandosi a sottolineare che la tesi dedotta nella causa Griesmar - secondo cui la disposizione ivi controversa sarebbe diretta a compensare gli svantaggi in termini di carriera derivanti dall'educazione dei figli - non potrebbe essere applicata all'art. L. 24, primo comma, n. 3, del codice delle pensioni, pertinente nel caso di specie. Il governo francese sottolinea, tuttavia, che il Conseil d'Etat, con la sentenza 15 maggio 1999, le Briguir, vertente sull'art. L. 57 del codice delle pensioni - disposizione che attribuisce ad un dipendente di sesso femminile una pensione provvisoria in caso di scomparsa del coniuge - si sarebbe espresso nel senso che tale diritto alla pensione provvisoria spetterebbe ad ogni dipendente che abbia perso il coniuge, vale a dire anche al marito di una dipendente deceduta. Successivamente a tale sentenza l'amministrazione francese applicherebbe in modo uniforme tanto l'art. L. 57 quanto l'art. L. 24, primo comma, n. 3, del codice delle pensioni. L'art. L. 24, primo comma, n. 3, non sarebbe stato peraltro ancora modificato, ragion per cui il governo francese rimette alla Corte la soluzione della questione pregiudiziale. In considerazione della tesi sostenuta con riguardo alla prima questione pregiudiziale, non occorrerebbe pronunciarsi sulla seconda.
3) La Commissione
28 Con riguardo alla soluzione della prima questione pregiudiziale, la Commissione si richiama parimenti alle proprie osservazioni presentate nella causa C-366/99, Griesmar. In tale causa sarebbe giunta alla conclusione che il regime pensionistico francese dei dipendenti pubblici ricadrebbe nella sfera di applicazione dell'art. 141 CE. Ciò si evincerebbe dalle sentenze Beune (14) e Evrenopoulos (15). Il governo francese avrebbe inoltre ammesso, in una nota inviata alla Commissione l'11 luglio 2000, che l'art. L. 24 del codice delle pensioni potrebbe essere applicato anche a dipendenti pubblici di sesso maschile. Non occorrerebbe, pertanto, soffermarsi ulteriormente sull'applicabilità dell'art. 141 CE al codice delle pensioni.
29 Resterebbe solo da chiarire se possa trovare applicazione al caso di specie il «Protocollo Barber» (16). A parere della Commissione occorrerebbe rispondere in senso affermativo, ragion per cui il calcolo della pensione dovrebbe essere effettuato, per i periodi successivi al 17 maggio 1990, su base paritetica.
V - Analisi
30 La prima parte della prima questione è in effetti identica alla prima questione pregiudiziale sollevata nella causa C-366/99, Griesmar. Una questione preliminare - vale a dire la questione se, a prescindere dalla questione della natura retributiva della pensione francese per i dipendenti pubblici, si tratti realmente di una fattispecie di parità di retribuzione - potrebbe derivare dal fatto che il ricorrente non è stato ancora collocato a riposo e chiede l'applicazione, senza distinzioni in base al sesso, dei presupposti per l'immediato pensionamento. La controversia verte, quindi, solo indirettamente sul quantum del trattamento economico di quiescenza. Ci si potrebbe chiedere, pertanto, se non si tratti di una fattispecie applicativa del principio di parità di trattamento piuttosto che di una fattispecie di parità di retribuzione.
31 Occorre tuttavia tener presente che, nel caso di specie, il collocamento a riposo e la concessione della pensione sono in effetti reciprocamente connessi sotto il profilo sostanziale, giuridico ed economico. Il ricorrente non intende lasciare anticipatamente il servizio senza concessione della pensione, bensì intende farlo alle stesse condizioni e a fronte della concessione dello stesso trattamento economico previsti per i dipendenti di sesso femminile. Atteso che la domanda è diretta in definitiva alla concessione della pensione in quanto tale, occorre esaminare soprattutto se sia violato il principio della parità di retribuzione.
32 Al «principio della parità delle retribuzioni» sancito dall'articolo 119 del Trattato CEE è stata data attuazione per mezzo della direttiva 75/117/CEE (17), mentre il «principio di parità di trattamento» ha trovato attuazione nella direttiva 76/207/CEE (18), a sua volta basata sull'art. 235 del Trattato CEE.
33 L'art. 1, n. 1, della direttiva 75/117 definisce il principio della parità di retribuzione, oltre alla definizione già operata dall'art. 119 del Trattato CEE, nei seguenti termini:
«Il principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile, previsto dall'art. 119 del Trattato, denominato in appresso "principio della parità delle retribuzioni", implica, per uno stesso lavoro o per un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, l'eliminazione di qualsiasi discriminazione basata sul sesso in tutti gli elementi e le condizioni delle retribuzioni» (19).
34 Qualora dovesse risultare che le pensioni dei dipendenti pubblici francesi costituiscono una «retribuzione» ai sensi di tale principio, la questione verterebbe in ogni caso sulle condizioni di ottenimento di tale retribuzione. Rileva, quindi, la questione sollevata nella causa Griesmar relativa alla natura retributiva delle pensioni dei dipendenti pubblici francesi.
35 In tale causa è stato mio compito, all'udienza del 22 febbraio 2001, presentare le relative conclusioni. Considerato che nella causa ora in esame non è stato formulato alcun rilievo che possa mettere in discussione l'analisi di tale quaestio iuris compiuta nelle conclusioni relative alla causa Griesmar, rinvio interamente alle considerazioni ivi esposte ai paragrafi 46-61.
36 L'art. 119 del Trattato CEE postula, al n. 1, che ogni Stato membro garantisca l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro. Ai sensi del successivo n. 2, si devono intendere per «retribuzione», a norma di tale articolo, il salario o trattamento di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego del medesimo. Considerato che, nella specie, la questione verte non su una retribuzione corrisposta nell'ambito di un rapporto di lavoro attivo, bensì su un trattamento di quiescenza, non potrà che trattarsi di un «altro vantaggio» corrisposto dal datore di lavoro al lavoratore.
37 Nel pubblico impiego il datore di lavoro è lo Stato. Anche nel pubblico impiego francese le retribuzioni vengono versate dallo Stato ed il loro pagamento si fonda sulla legge di bilancio. Atteso che le pensioni costituiscono un regime generale previdenziale di vecchiaia per i dipendenti pubblici, ci si chiede se la sentenza Defrenne I (20) non osti all'inclusione di tale prestazione nella nozione di retribuzione. In tale sentenza la Corte ha infatti affermato che la nozione di retribuzione «non può essere estesa ai regimi o alle prestazioni previdenziali, in ispecie alle pensioni di vecchiaia, direttamente disciplinate dalla legge al di fuori di qualsiasi concertazione nell'ambito dell'impresa o della categoria professionale interessata, e obbligatorie per categorie generali di lavoratori» (21).
38 La Corte ha invece ricompreso nella nozione di retribuzione le prestazioni erogate da un regime pensionistico aziendale, istituito su base contrattuale, integrativo del regime legale di previdenza sociale generale (22). Anche la circostanza che un regime pensionistico aziendale venga istituito in base a prescrizione legislativa e sia parzialmente sostitutivo di quello legale generale non ha impedito alla Corte di includere nella nozione di retribuzione le pensioni erogate in base ad un regime di tal genere (23). Anche la direttiva 86/378 (24), relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale, nel frattempo entrata in vigore, non ha modificato l'orientamento della Corte volto a considerare le prestazioni erogate da un regime pensionistico aziendale come «retribuzione» ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE e ad inquadrare le differenze di trattamento, rilevabili già in base alla sola applicazione dei criteri ivi utilizzati di «stesso lavoro» e di «pari retribuzione», come discriminazioni vietate (25).
39 La Corte si è dovuta pronunciare per la prima volta su un regime pensionistico di vecchiaia dei dipendenti pubblici nella causa Beune (26). Si trattava, in quel caso, del regime pensionistico olandese del pubblico impiego, disciplinato per legge. La pensione di vecchiaia del pubblico impiego era ivi strutturata in modo tale che i dipendenti pubblici collocati a riposo godessero, in primo luogo, delle prestazioni del regime pensionistico legale generale - sempreché avessero maturato diritto alle relative prestazioni - cui si aggiungevano quelle di un regime assicurativo del pubblico impiego.
40 L'avvocato generale Jacobs, nelle conclusioni relative alla detta causa (27), ha elaborato in base alla precedente giurisprudenza cinque criteri, alla luce dei quali la qualificazione della prestazione potrebbe essere operata in riferimento all'art. 119 del Trattato CEE. I detti criteri si riferiscono al fondamento legislativo, alla natura negoziale, alle modalità di finanziamento, alla sua applicabilità a categorie generali di lavoratori ed alla natura integrativa del regime. La Corte ha inoltre sottolineato la rilevanza del rapporto tra la prestazione e l'attività del lavoratore (28).
41 Nella qualificazione della prestazione nella causa Beune la Corte ha osservato che il fondamento legislativo non sarebbe di per sé sufficiente a sottrarre una prestazione dalla sfera di applicazione dell'art. 119 del Trattato CEE (29). Il criterio della concertazione tra datori di lavoro e rappresentanti dei lavoratori sarebbe soddisfatto solamente qualora conducesse ad un accordo formale. Nel pubblico impiego sussisterebbero anche procedure di consultazione che non portano necessariamente ad un accordo (30). L'applicabilità dell'art. 119 del Trattato CEE non sarebbe nemmeno subordinata al presupposto che si tratti di una prestazione previdenziale integrativa (31). Quanto al finanziamento del sistema, la Corte ha rilevato che era pur vero che il regime previdenziale veniva autonomamente gestito in base a criteri analoghi rispetto ad un fondo pensionistico integrativo. Tali caratteristiche non lo distinguevano sostanzialmente dai regimi previdenziali rientranti nella sfera di applicazione della direttiva 79/7 (32). In tale contesto rileverebbe anche la possibilità di eventuale copertura finanziaria da parte dello Stato (33).
42 Con riguardo alla nozione di «categorie generali di lavoratori» la Corte ha riconosciuto che tale nozione «può difficilmente valere per una categoria particolare di lavoratori come quella dei dipendenti pubblici» (34).
43 Infine, decisivo è risultato unicamente il criterio «che la pensione è corrisposta al lavoratore per il rapporto di lavoro tra l'interessato e il suo ex datore di lavoro» (35). La pensione che «interessi soltanto una categoria particolare di lavoratori, (...) sia direttamente funzione degli anni di servizio prestati e (...) il suo importo sia calcolato in base all'ultimo stipendio del dipendente pubblico» (36) costituirebbe una prestazione previdenziale corrisposta dal datore di lavoro pubblico del tutto simile alla pensione che un datore di lavoro privato verserebbe ai propri ex dipendenti (37) e dovrebbe essere quindi considerata quale «retribuzione» ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE .
44 La Corte di giustizia ha confermato tale giurisprudenza nella sentenza relativa alla causa Evrenopoulos (38). Tale causa verteva sulla qualificazione di un regime pensionistico degli impiegati di un ente pubblico (39). Tale regime era istituito e disciplinato esclusivamente per legge. La Corte di giustizia ha considerato che una pensione per superstiti di tale «regime pensionistico aziendale» (40) costituiva, in base ai principi (41) elaborati nella sentenza Beune, una «retribuzione» ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE.
45 Contrariamente alla causa Beune, la causa Evrenopoulos verteva non su un regime previdenziale degli impiegati pubblici, bensì su un regime pensionistico aziendale, ove il rapporto di lavoro era disciplinato dal diritto privato. Pertinente rispetto alla fattispecie ora in esame può essere quindi, in definitiva, solo la sentenza Beune, in quanto sino ad ora la Corte non è stata ancora chiamata a pronunciarsi sulla natura retributiva, ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE, di un regime previdenziale dei pubblici dipendenti. La causa Beune potrà costituire un precedente rispetto alla fattispecie in esame qualora le caratteristiche fondamentali del sistema pensionistico francese coincidano con quelle del regime previdenziale oggetto della causa Beune.
46 Anche il regime pensionistico applicabile nel caso di specie si fonda interamente, alla luce delle informazioni disponibili, sulla legge. Ciò non è peraltro di per sé sufficiente - come si evince dalla sentenza Beune - a sottrarre il sistema dalla sfera di applicazione dell'art. 119 del Trattato CEE. La legge configura il sistema in modo tale che questo non poggi su un accordo formale tra datore di lavoro e rappresentanti dei lavoratori, anche quando avessero dovuto aver luogo o abbiano luogo procedure di consultazione. Il regime pensionistico francese dei dipendenti pubblici non rappresenta pacificamente un regime previdenziale integrativo, bensì costituisce la previdenza di base degli impiegati ricompresi nel regime stesso. Tuttavia, ai sensi della sentenza Beune, l'applicabilità dell'art. 119 del Trattato CEE non dipende dal fatto che si tratti di una pensione di base o di un regime previdenziale integrativo .
47 Il finanziamento del regime pensionistico si fonda sulla legge di bilancio. Sotto tale profilo si distingue sostanzialmente sia da un sistema di fondi pensionistici integrativi sia dal regime previdenziale oggetto della causa Beune, gestito comunque in base a criteri analoghi rispetto ad un fondo pensionistico aziendale. In ogni caso lo Stato provvede quale datore di lavoro anche al finanziamento del regime pensionistico con i mezzi di cui dispone - vale a dire la disciplina legislativa e l'attuazione nell'ambito della legge di bilancio. Sotto tale profilo, il finanziamento si distingue sia da quello di un regime pensionistico aziendale sia rispetto al regime generale delle pensioni della previdenza sociale, alimentato di regola dai contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro con eventuale obbligo di copertura finanziaria da parte dello Stato.
48 Riesce difficile inquadrare o meno il regime pensionistico di cui trattasi nella nozione di retribuzione di cui all'art. 119 del Trattato CEE solamente in base alle sue modalità di finanziamento. Senza dubbio è lo Stato, in qualità di datore di lavoro, che provvede al finanziamento delle pensioni. D'altro canto, lo Stato non è paragonabile ad un datore di lavoro privato ed il finanziamento delle prestazioni viene assicurato mediante risorse pubbliche. Il regime pensionistico di cui trattasi costituisce in ogni caso un regime di quiescenza obbligatorio istituito per legge per i dipendenti del pubblico impiego. Sotto tale profilo, presenta caratteristiche del tutto analoghe al regime pensionistico generale obbligatorio dei lavoratori del settore privato.
49 Con riferimento alla questione se i pubblici dipendenti costituiscano una «categoria generale di lavoratori», la stessa Corte di giustizia nella sentenza Beune si è espressa con cautela ed ha riconosciuto che la «categoria particolare di lavoratori» dei dipendenti pubblici può «difficilmente» essere ritenuta una categoria generale di lavoratori.
50 In quanto si tratta di un regime obbligatorio di quiescenza per i dipendenti pubblici, sono assolutamente ragionevoli le perplessità in ordine all'equiparazione tra le pensioni dei pubblici dipendenti ed un regime pensionistico aziendale. Dal momento che la Corte di giustizia ha però considerato, nella sentenza Beune, il «rapporto di lavoro» ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE come unico criterio decisivo ed ha pertanto relativizzato la precedente giurisprudenza riguardante i singoli criteri, anche in questa sede tale elemento deve essere considerato fondamentale.
51 Ai sensi della detta giurisprudenza è dunque decisivo essenzialmente che le prestazioni pensionistiche possano essere definite solo in base ai criteri, direttamente discendenti dall'art. 119, di «stesso lavoro» e «pari retribuzione». Alla luce di come il regime pensionistico francese dei pubblici dipendenti è stato inquadrato nel presente procedimento, deve ritenersi che esso costituisca un regime di quiescenza per una «categoria particolare di lavoratori», che «sia direttamente funzione degli anni di servizio prestati» e il cui importo «sia calcolato in base all'ultimo stipendio del dipendente pubblico» (42). Per il prosieguo dell'indagine si deve pertanto ritenere che il regime francese delle pensioni dei dipendenti pubblici costituisca una «retribuzione» ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE.
52 Occorre pertanto verificare se dalla disposizione controversa di cui all'art. L. 24, primo comma, n. 3, del codice delle pensioni discenda una disparità di trattamento in base al sesso con riferimento alle condizioni per il percepimento delle pensioni dei dipendenti pubblici, da considerare come retribuzioni. L'art. L. 24, primo comma, n. 3, lett. b, seconda alternativa, offre ai pubblici dipendenti di sesso femminile la possibilità dell'immediato collocamento a riposo, al verificarsi di un determinato evento, vale a dire un'infermità o una malattia incurabile del coniuge che impedisca a quest'ultimo l'esercizio di attività lavorativa. Dal momento che la detta disposizione si rivolge esclusivamente ai pubblici dipendenti di sesso femminile, tale possibilità resta in ogni caso formalmente esclusa per i dipendenti pubblici di sesso maschile che si trovino in una situazione analoga, vale a dire il cui coniuge sia colpito da una infermità o da una malattia incurabile che gli impedisca l'esercizio di una attività lavorativa.
53 I presupposti per il percepimento del trattamento di quiescenza, precedentemente inquadrato, di per sé, nella nozione di «retribuzione», si differenziano quindi solo in ragione del sesso tra pubblici dipendenti di sesso maschile e femminile. Si tratta, pertanto, di una discriminazione manifesta fondata sul sesso. Se le fattispecie in cui si collocano gli uomini e le donne sono analoghe, presupposto, questo, immanente al principio di uguaglianza, si è in presenza di una discriminazione vietata, basata sul sesso. Da un punto di vista formale la situazione di un dipendente di sesso maschile e di uno di sesso femminile il cui coniuge sia affetto da una malattia inguaribile appaiono analoghe. La finalità della disposizione in esame potrebbe eventualmente chiarire se e per quale ragione il legislatore abbia preso in considerazione presupposti diversi per i dipendenti di sesso femminile e per quelli di sesso maschile.
54 Nel presente procedimento si discute delle cure da prestare al coniuge infermo. Ciò non costituirebbe peraltro un criterio ammissibile ai fini di una differenziazione. Hanno, infatti, bisogno di tempo e di disponibilità economica sia una donna per prendersi cura del marito sia, viceversa, un uomo che debba prendersi cura della moglie.
55 E' possibile che anche considerazioni di carattere economico abbiano presieduto alla formulazione della norma. In tal senso potrebbe deporre il contesto normativo dell'art. L. 24, primo comma, n. 3, lett. b, prima alternativa, del codice delle pensioni, ai sensi del quale il la pubblica impiegata ha diritto al collocamento immediato a riposo quando essa stessa, per motivi di salute, non sia più in grado di svolgere le proprie precedenti funzioni. L'aspetto economico potrebbe dunque svolgere un ruolo decisivo sia in riferimento all'art. L. 24, primo comma, n. 3, lett. b, prima alternativa, sia in riferimento alla seconda alternativa. La perdita, da parte del coniuge, della possibilità di svolgere un'attività lavorativa è peraltro, anche in tal caso, sostanzialmente analoga per entrambi i coniugi.
56 Dal momento che, di conseguenza, non vi è motivo di ritenere che il diverso trattamento di cui all'art. L. 24, primo comma, n. 3, lett. b), seconda alternativa, del codice delle pensioni sia collegato a fattispecie differenti, si deve concludere che si tratta di un trattamento discriminatorio in base al sesso, vietato ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE ovvero dell'art. 141 CE.
57 L'interrogativo circa la ratio della disposizione non consente tantomeno di procedere ad una valutazione della disposizione stessa alla luce del n. 4 dell'art. 141 CE, ovvero della precedente disposizione contenuta nell'art. 6, n. 3, dell'accordo allegato al protocollo n. 14 sulla politica sociale. La Repubblica francese non ha dedotto nulla al riguardo, né dalla disposizione stessa può evincersi se ed in qual misura essa possa essere diretta ed idonea a facilitare l'esercizio dell'attività lavorativa da parte delle donne ovvero del sesso sottorappresentato.
58 In conclusione si deve ritenere che l'art. L. 24, primo comma, n. 3, lett. b), seconda alternativa, del codice delle pensioni, nella parte in cui, in presenza dei requisiti ivi indicati, riserva ai dipendenti pubblici di sesso femminile la possibilità di immediata collocazione a riposo, viola il principio di parità di retribuzione sancito dall'art. 119 del Trattato CEE ovvero dall'art. 141 CE.
59 Alla luce delle osservazioni svolte in ordine alla prima questione pregiudiziale, non occorrerebbe più procedere alla soluzione della seconda questione. Le seguenti considerazioni rivestono, pertanto, carattere puramente ipotetico.
60 Qualora la Corte non dovesse considerare le pensioni del regime di quiescenza francese dei dipendenti pubblici quale «retribuzione» ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE, ovvero dell'art. 141 CE, o qualora dovesse muovere dal rilievo secondo cui , sotto il profilo sostanziale, non si tratta di una questione di parità di retribuzione, occorrerà chiedersi se si applichi la direttiva 79/7. L'art. 3 di tale direttiva ne definisce la sfera di applicazione, e dal n. 1 di detto articolo si desume che essa si applica ai regimi legali che assicurano protezione, tra l'altro, contro il rischio della vecchiaia. E' stato già precedentemente esaminato come il regime pensionistico francese dei dipendenti pubblici costituisca un sistema istituito ex lege.
61 Un ulteriore argomento che depone a favore della tesi secondo cui un sistema pensionistico dei dipendenti pubblici costituirebbe un regime legale di previdenza sociale risulta dal regolamento (CE) n.1606/98 (43), che modifica il regolamento (CEE) n.1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità e il regolamento (CEE) n. 574/72 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n.1408/71, al fine di estendere la loro applicazione ai regimi speciali per i dipendenti pubblici e il personale assimilato (44). Tale regolamento, che colloca i regimi speciali per i dipendenti pubblici e il personale assimilato nel contesto generale del regolamento n.1408/71 (45), fa sì che tali regimi ricadano nella sfera di applicazione ratione materiae del regolamento n.1408/71 e che le disposizioni legislative ad essi sottese debbano essere considerate «legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale», ai sensi dell'art. 4 del regolamento n. 1408/71, riguardanti una delle categorie di prestazioni ivi indicate, vale a dire le prestazioni di vecchiaia.
62 E' quindi solo espressione di coerenza considerare i regimi speciali dei pubblici dipendenti anche quali regimi legali diretti alla protezione contro i rischi di vecchiaia ai sensi della direttiva 79/7.
63 L'art. 4, n. 1, della direttiva sancisce che «il principio della parità di trattamento implica l'assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso (...)». Si è già visto, in precedenza, che l'art. L. 24, primo comma, n. 3, lett. b), seconda alternativa, del codice delle pensioni implica una differenza di trattamento basata sul sesso. L'art. 4, n. 1, della direttiva elenca a titolo esemplificativo alcune ipotesi di applicazione del principio di parità di trattamento, disponendo quanto segue:
«(...) specificamente per quanto riguarda:
- il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi,
- l'obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi,
- il calcolo delle prestazioni, comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico, nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni».
64 Nel caso di specie non si tratta né di condizioni di ammissione ai regimi né di calcolo delle prestazioni, bensì di requisiti di ammissione alla prestazione. Tale circostanza resta tuttavia irrilevante, atteso che l'art. 4, n. 1, della direttiva 79/7 non contiene un'elencazione esaustiva, bensì meramente esemplificativa delle ipotesi di applicazione del principio di parità di trattamento.
65 Si può quindi ritenere che - applicando la direttiva 79/7 al regime pensionistico francese dei dipendenti pubblici - l'art. L. 24, primo comma, n. 3, lett. b), seconda alternativa, del codice delle pensioni determini una discriminazione vietata basata sul sesso ai sensi dell'art. 4 della direttiva 79/7. E' pur vero che la direttiva, a termini dell'art. 7, n. 1, lett. a), non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dalla propria sfera di applicazione la fissazione dei limiti di età per la concessione della pensione di vecchiaia o di fine lavoro. Nella specie non si tratta peraltro della fissazione dell'età di pensionamento, bensì della fissazione dei requisiti ai fini dell'immediata collocamento a riposo indipendentemente dall'età di pensionamento prevista dalla legge. La disposizione controversa nella specie si distingue pertanto, sotto tale profilo, anche da altre normative in materia di collocamento a riposo anticipato, che presentano di regola una connessione con l'età di pensionamento prevista ex lege.
66 Considerato che non trova quindi applicazione la disciplina derogatoria di cui all'art. 7 della direttiva 79/7, si deve ritenere, in conclusione, che l'art. L. 24, primo comma, n. 3, lett. b), seconda alternativa, del codice delle pensioni implichi (anche) una discriminazione basata sul sesso, incompatibile con il principio di parità di trattamento sancito dall'art. 4, n. 1, della direttiva 79/7.
67 Gli appartenenti al sesso svantaggiato dovranno quindi poter fruire - fintantoché la norma in contrasto col diritto comunitario rappresenti l'unico sistema di riferimento - dello stesso trattamento previsto dalla disposizione contestata per gli appartenenti al sesso favorito (46).
VI - Conclusione
Alla luce delle suesposte considerazioni suggerisco alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali nei termini seguenti:
Le pensioni erogate dal regime pensionistico francese dei dipendenti pubblici sono ricomprese nelle retribuzioni ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 141 CE). Una disposizione quale l'art. L. 24, primo comma, n. 3, del Code des pensions civiles et militaires de retraite viola il principio della parità di retribuzione.
In subordine:
nell'ipotesi in cui le pensioni erogate dal regime pensionistico francese dei dipendenti pubblici non costituiscano una retribuzione ai sensi dell'art. 119 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 141 CE):
Una disposizione quale l'art. L. 24, primo comma, n. 3, del Code des pensions civiles et militaires de retraite viola il principio della parità di trattamento sancito dall'art. 4 della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE.
(1) - Direttiva del Consiglio 24 luglio 1986 (GU L 225 del 12.8.1986, pag. 40).
(2) - Direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978 (GU L 6 del 10.1.1979, pag. 24).
(3) - GU C 224 del 31.8.1992, pag. 126.
(4) - V. supra, nota 3 (in prosieguo anche: la «direttiva») .
(5) - Sentenza 28 settembre 1994, causa C-7/93 (Racc. pag. I-4471).
(6) - Sentenza 13 maggio 1986, causa 170/84 (Racc. pag. 1607).
(7) - Sentenza 6 ottobre 1993, causa C-109/91 (Racc. pag. I-4879).
(8) - Sentenza 14 dicembre 1993, causa C-110/91 (Racc. pag. I-6591).
(9) - V. sentenza Beune (citata supra alla nota 6, punto 43).
(10) - Citata supra alla nota 6.
(11) - Sentenza 17 aprile 1997, nella causa C-147/95 (Racc., pag. I-2057).
(12) - Sentenza 25 maggio 1971, causa 80/70 (Racc., pag. 445).
(13) - Citata supra, nota 6.
(14) - Citata supra, nota 6.
(15) - Citata supra, nota 12.
(16) - Protocollo n. 2 sull'art. 119 del Trattato istitutivo della Comunità Europea (GU C 191 del 29.7.1992, pag. 68). Il contenuto di tale protocollo, entrato in vigore il 1_ novembre 1993, così recita:
«Ai fini dell'applicazione dell'articolo 119 del trattato, le prestazioni in virtù di un regime professionale di sicurezza sociale non saranno considerate come retribuzione se e nella misura in cui esse possono essere attribuite ai periodi di occupazione precedenti il 17 maggio 1990, eccezion fatta per i lavoratori o i loro aventi diritto che, prima di detta data, abbiano intentato un'azione giudiziaria o introdotto un reclamo equivalente secondo il diritto nazionale applicabile».
(17) - Direttiva del Consiglio 10 febbraio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative all'applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (GU L 45 del 19.2.1975, pag. 19).
(18) - Direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39 del 14.2.1976, pag. 40).
(19) - Il corsivo è mio.
(20) - V. la sentenza Defrenne I (citata supra alla nota 13).
(21) - V. la sentenza Defrenne I (citata supra alla nota 13, punto 7).
(22) - V. la sentenza Bilka (citata supra alla nota 7, punti 20-22).
(23) - V. la sentenza 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I-1889, punti 16 e 30).
(24) - Citata supra alla nota 2.
(25) - V. la sentenza Moroni (citata supra alla nota 9, punti 22-26).
(26) - Citata supra alla nota 6.
(27) - V. le conclusioni presentate all'udienza del 27 aprile 1994 (Racc., pag. I-4474).
(28) - V. sentenza Beune (citata supra alla nota 6, punto 23).
(29) - V. il punto 26 della sentenza (citata supra alla nota 6).
(30) - V. il punto 32 della sentenza (citata supra alla nota 6).
(31) - V. il punto 37 della sentenza (citata supra alla nota 6).
(32) - V. il punto 39 della sentenza (citata supra alla nota 6).
(33) - V. il punto 40 della sentenza (citata supra alla nota 6).
(34) - V. il punto 42 della sentenza (citata supra alla nota 6).
(35) - V. il punto 43 della sentenza (citata supra alla nota 6).
(36) - V. il punto 45 della sentenza (citata supra alla nota 6).
(37) - V. il punto 45 della sentenza (citata supra alla nota 6).
(38) - Causa C-147/95 (citata supra alla nota 12).
(39) - V. il punto 3 della sentenza (citata supra alla nota 12).
(40) - V. il punto 22 della sentenza (citata supra alla nota 12).
(41) - V. punti 19 e segg. della sentenza (citata supra alla nota 6).
(42) - V. in tal senso la sentenza nella causa Beune (citata supra alla nota 6, punto 45).
(43) - Regolamento (CE) del Consiglio 29 giugno 1998, n. 1606 (GU L 209 del 25.7.1998, pag. 1).
(44) - Il corsivo è mio.
(45) - Versione consolidata del regolamento (CEE) n. 1408/71 nel testo di cui al regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n.118/97, che modifica e aggiorna il regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità e il regolamento (CEE) n. 574/72 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 (GU L 28 del 30.1.1997, pag. 1).
(46) - V. sentenze 24 marzo 1987, causa 286/85, McDermott e Cotter (Racc. pag. 1453); 24 giugno 1987, causa 384/85, Borrie Clarke (Racc. pag. 2865), e 11 luglio 1991, causa C-31/90, Elsie Rita Johnson (Racc. pag. I-3723).