62000C0032

Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 4 ottobre 2001. - Commissione delle Comunità europee contro Boehringer Ingelheim Vetmedica GmbH e C. H. Boehringer Sohn. - Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Medicinali veterinari - Annullamento parziale del regolamento (CE) della Commissione n. 1312/96 nella misura in cui, determinando i limiti massimi di residui di clenbuterol idroclorurato, specifica altresì le indicazioni terapeutiche ammesse per tale sostanza - Possibilità che la Commissione, nel fissare i limiti massimi di residui di medicinali veterinari, tenga conto della direttiva 96/22/CE concernente il divieto di utilizzazione di talune sostanze. - Causa C-32/00 P.

raccolta della giurisprudenza 2002 pagina I-01917


Conclusioni dell avvocato generale


1. La Commissione delle Comunità europee chiede l'annullamento parziale della sentenza del Tribunale di primo grado che ha annullato il regolamento (CE) n. 1312/96 (in prosieguo: il «regolamento n. 1312/96») nella misura in cui, determinando i limiti massimi di residui di clenbuterol negli alimenti di origine animale, specificava altresì le indicazioni terapeutiche per le quali gli Stati membri potevano autorizzare la somministrazione di medicinali veterinari contenenti tale sostanza. Il giudice di primo grado ha considerato che, così facendo, la Commissione aveva ecceduto i poteri ad essa attribuiti dal regolamento (CEE) n. 2377/90 (in prosieguo: il «regolamento n. 2377/90»).

I - Fatti

2. Il regolamento (CEE) del Consiglio n. 2309/93 (in prosieguo: il «regolamento n. 2309/93») prevede una procedura centralizzata di previa autorizzazione all'immissione in commercio dei medicinali veterinari. In forza dell'art. 31, n. 3, lett. b), nel caso di un medicinale veterinario destinato ad essere somministrato ad animali che siano origine di alimenti, è necessaria una dichiarazione che indichi il limite massimo di residui che può essere accettato dalla Comunità in conformità del regolamento n. 2377/90. A norma dell'art. 34, n. 2, dello stesso regolamento, il rifiuto dell'autorizzazione costituisce un divieto di immissione in commercio in tutta la Comunità del medicinale veterinario interessato.

3. Ai sensi dell'art. 1, n. 1, lett. b), del regolamento n. 2377/90, per limite massimo di residui si intende la concentrazione massima di residui risultante dall'uso di un medicinale veterinario che sia consentita legalmente nella Comunità o riconosciuta accettabile in un prodotto alimentare. Esso è stabilito sulla base del tipo e del quantitativo del residuo considerato esente da rischi tossicologici per la salute umana secondo il criterio della dose giornaliera accettabile. L'allegato I elenca le sostanze farmacologicamente attive per le quali sono stabiliti limiti massimi di residui; l'allegato II elenca le sostanze non soggette ad un limite massimo, l'allegato III le sostanze impiegate nei medicinali veterinari per le quali sono stati stabiliti limiti massimi provvisori, ed infine l'allegato IV le sostanze per le quali non può essere stabilito alcun limite massimo.

4. Conformemente all'art. 7 del regolamento n. 2377/90, il 20 luglio 1994 la Boehringer Ingelheim Vetmedica GmbH (in prosieguo: la «BI Vetmedica») presentava alla Commissione una domanda diretta ad ottenere la fissazione, per quanto riguarda i bovini e gli equidi, del limite massimo di residui di clenbuterol idroclorurato, composto chimico appartenente alla categoria delle sostanze ß- agoniste. Con parere del 3 gennaio 1996, il Comitato per i medicinali veterinari raccomandava, per motivi di metodologia scientifica, l'adozione di limiti provvisori, con scadenza 1° luglio 2000.

5. Nell'aprile 1996, il Consiglio adottava la direttiva 96/22/CEE , il cui art. 2, lett. b), prevede che gli Stati membri provvedano a vietare l'immissione sul mercato di sostanze ß- agoniste al fine di somministrarle ad animali destinati al consumo umano. Conformemente all'art. 4, n. 2, gli Stati membri possono autorizzare la somministrazione a scopi terapeutici di determinati medicinali veterinari contenenti sostanze ß- agoniste a equidi, bovini ed animali da compagnia.

6. La BI Vetmedica è praticamente l'unica impresa farmaceutica dell'Unione europea che produce e commercializza medicinali veterinari contenenti una sostanza ß- agonista, cioé il clenbuterol, per il trattamento delle affezioni respiratorie degli animali destinati alla commercializzazione per il consumo umano. Essa realizza circa il 97% delle vendite di medicinali veterinari colpiti dal divieto di commercializzazione e di somministrazione delle sostanze ß- agoniste previsto dalla direttiva 96/22.

7. L'adozione di tale direttiva ha comportato che, a decorrere dal 1° luglio 1997, data in cui gli Stati membri dovevano aver adeguato la loro legislazione interna alla direttiva, la BI Vetmedica non avrebbe più potuto commercializzare i propri medicinali veterinari a base di clenbuterol per gli animali destinati al consumo umano, a meno che non venissero impiegati per gli scopi terapeutici elencati nell'art. 4, n. 2, e negli Stati che avessero dato un'autorizzazione in tale senso.

8. Il successivo 8 luglio, la Commissione adottava il regolamento n. 1312/96, che inseriva il clenbuterol idroclorurato nell'allegato III del regolamento n. 2377/90. Detto regolamento ha stabilito i limiti massimi di residui provvisori, ed ha specificato le indicazioni terapeutiche per le quali, conformemente alla direttiva 96/22, gli Stati membri possono autorizzare la somministrazione di medicinali veterinari contenenti tale sostanza, che sono, nel caso dei bovini, l'induzione della tocolisi nelle vacche al momento del parto, e nel caso degli equidi, l'induzione della tocolisi ed il trattamento delle disfunzioni respiratorie.

9. La BI Vetmedica e la C.H. Boehringer Sohn Ltd. (in prosieguo: la «Boehringer») - quest'ultima proprietaria esclusiva della prima nonché una delle venti società farmaceutiche più importanti del mondo -, presentavano, il 27 settembre 1996, un ricorso al Tribunale di primo grado, sollevando un'eccezione di illegittimità nei confronti della direttiva 96/22 e sostenendo che essa non poteva valere a giustificazione delle restrizioni imposte dal regolamento n. 1312/96, del quale chiedevano l'annullamento .

II - La sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado

10. Al punto 173 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato la ricevibilità del ricorso. Ai punti 180 e 181 esso ha respinto l'eccezione d'illegittimità e ha ritenuto infondati anche gli altri due motivi dedotti dalle ricorrenti a sostegno del ricorso.

11. Il Tribunale ha poi esaminato la questione se la Commissione, specificando le indicazioni terapeutiche ammesse oltre a determinare i limiti massimi di residui di clenbuterol nei bovini e negli equidi, avesse ecceduto i poteri ad essa conferiti dal regolamento n. 2377/90. Questo argomento era stato sostenuto dalla Fédération européenne de la santé animale (FEDESA) nella sua memoria di intervento, e dalle società ricorrenti nelle loro risposte ai quesiti scritti formulati nel corso del procedimento.

12. Al punto 196 della sentenza, il Tribunale di primo grado ha constatato che nessuna disposizione del regolamento n. 2377/90 autorizza la Commissione a limitare a talune indicazioni terapeutiche i limiti massimi di residui di un medicinale veterinario ammissibili negli alimenti di origine animale. Esso ha considerato che siffatta limitazione non può giustificarsi neppure con le esigenze di salvaguardia della pubblica sanità sottostanti al regolamento n. 2377/90, che si limitano ad imporre la soglia massima ammissibile di concentrazione di residui di una sostanza negli alimenti destinati al consumo umano qualunque sia l'indicazione terapeutica in base alla quale sia stata prescritta la detta sostanza. Il Tribunale ha poi aggiunto che i residui di una sostanza farmacologicamente attiva presenti negli alimenti di origine animale non sono più o meno pericolosi per la salute, a un determinato livello di concentrazione, a seconda che la detta sostanza sia stata somministrata in base a tale o a tal altra indicazione terapeutica e che i limiti massimi di residui non possono essere determinati in rapporto alle proprietà o indicazioni terapeutiche, all'occorrenza molteplici, di tale sostanza.

13. Il Tribunale ha di conseguenza deciso che il regolamento n. 1312/96 doveva essere annullato nella misura in cui esso limitava la validità dei limiti massimi di residui per il clenbuterol a talune specifiche indicazioni terapeutiche per i bovini e gli equidi, in quanto la Commissione aveva ecceduto i poteri ad essa conferiti dal regolamento n. 2377/90.

III - Il ricorso avverso la sentenza del Tribunale di primo grado

14. Nell'atto di impugnazione, depositato presso la Corte di giustizia il 7 febbraio 2000, la Commissione deduce due motivi. Il primo consiste nell'errore di diritto nel quale sarebbe incorso il Tribunale di primo grado considerando che essa aveva ecceduto i propri poteri. Il secondo motivo si basa sull'asserzione secondo cui il ragionamento sul quale il Tribunale ha fondato tale valutazione è contraddittorio, incompleto ed erroneo. La Stichting Kwaliteitsgarantie Vleeskalversector (SKV), che in primo grado era stata autorizzata ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione, ha presentato il 18 aprile 2000 una comparsa di risposta, nella quale sostiene interamente i motivi di annullamento fatti valere da tale istituzione. Oltre a chiedere l'annullamento parziale della sentenza del Tribunale di primo grado, la Commissione e la SKV chiedono alla Corte di giustizia di dichiarare infondato il ricorso di annullamento del regolamento n. 1312/96 presentato in primo grado dalle società BI Vetmedica e Boehringer nella causa T-152/96 e di condannare queste ultime alle spese relative ad ambedue i procedimenti.

15. Le comparse di risposta della BI Vetmedica e della Boehringer, e della Fédération de la santé animale (FEDESA), che in primo grado era stata autorizzata ad intervenire a sostegno delle conclusioni delle dette società, sono state presentate il 18 aprile 2000. Tali parti chiedono alla Corte di respingere il ricorso e di condannare la Commissione al pagamento delle spese processuali relative al presente procedimento, nonché delle spese da esse sostenute in primo grado.

16. Tenuto conto del fatto che nessuno degli interessati ha presentato una domanda indicando i motivi per i quali desiderava presentare osservazioni orali, la Corte ha deciso, ai sensi dell'art. 120 del regolamento di procedura, di statuire sull'impugnazione senza tenere udienza.

Sulla sopraggiunta mancanza d'interesse della Commissione nel presente procedimento

17. Nell'ottobre 2000 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 2391/00 [in prosieguo: il «regolamento (CE) n. 2391/00»], con cui essa modifica i limiti massimi di residui per il clenbuterol, senza specificare le indicazioni terapeutiche per le quali gli Stati membri possono autorizzare la somministrazione di medicinali veterinari contenenti tale sostanza. Subito dopo la pubblicazione di detto regolamento, le società altre parti del presente procedimento presentavano alla Corte di giustizia un atto ai sensi dell'art. 42, n. 2, del regolamento di procedura. Esse adducevano la comparsa di un fatto nuovo in corso di causa, che poneva in dubbio l'interesse della Commissione alla prosecuzione dell'azione. A loro parere, adottando tale normativa la ricorrente aveva dato esecuzione alla sentenza di primo grado, pur non essendo obbligata a farlo in virtù dell'effetto sospensivo del ricorso a norma dell'art. 53 dello Statuto.

18. Alla Commissione è stato concesso un termine per esprimersi in proposito. Nella risposta, essa afferma che l'adozione del regolamento n. 2391/00 è irrilevante ai fini del presente procedimento, il quale mantiene il suo oggetto dato che, con il ricorso, la Commissione chiede che la Corte si pronunci sui poteri che il regolamento n. 2733/90 le conferisce, il che rappresenta una questione di principio. Essa aggiunge che il procedimento d'impugnazione non produce effetti sospensivi, a meno che non ne venga fatta domanda. Non avendo chiesto la sospensione dell'esecuzione della sentenza di primo grado, essa era obbligata a darvi esecuzione, in forza dell'art. 233 CE.

19. A fronte della dichiarazione della Commissione, la Corte ha invitato la stessa a fornire una precisazione, tenendo presente il testo dell'art. 53, secondo comma, dello Statuto, ai sensi del quale, in deroga all'art. 244 CE, le decisioni del Tribunale di primo grado che annullano un regolamento hanno effetto soltanto a decorrere dalla scadenza del termine per presentare ricorso alla Corte, oppure, se entro tale termine è stata proposta impugnazione, a decorrere dal relativo rigetto.

20. La Commissione ha risposto asserendo che l'art. 230 CE non autorizza il Tribunale di primo grado ad annullare un regolamento, giacché la sua competenza si limita all'esame di legittimità delle decisioni propriamente dette e di quelle che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, riguardano direttamente ed individualmente il ricorrente. Per tale ragione, se nel corso di un procedimento si riscontra che l'atto impugnato ha portata generale, il ricorso dev'essere dichiarato irricevibile. Nella sentenza impugnata, il Tribunale di primo grado ha considerato che la BI Vetmedica si trovava in una situazione particolare, che, con riguardo al provvedimento contestato, la caratterizzava rispetto a qualsiasi altro operatore economico, di guisa che essa risultava interessata individualmente dal provvedimento stesso. Inoltre, non richiedendo da parte del diritto nazionale alcun provvedimento di applicazione, il regolamento poneva un obbligo diretto per gli operatori da esso interessati. Tale constatazione ha collocato la BI Vetmedica nella posizione del destinatario di una decisione. La Commissione asserisce che un'interpretazione letterale dell'art. 53, secondo comma, dello Statuto avrebbe la conseguenza paradossale che verrebbero trattati in maniera diversa gli effetti sospensivi dell'impugnazione a seconda che l'atto impugnato fosse una decisione diretta alla persona interessata o un regolamento considerato come una decisione riguardante direttamente ed individualmente tale persona. Nella prima ipotesi, l'impugnazione sarebbe priva di effetto sospensivo, mentre nella seconda produrrebbe tale effetto. Questa disparità di trattamento sarebbe in contraddizione con la constatazione, da parte del giudice di primo grado, che ambedue i ricorrenti versano nella stessa situazione, contraddizione che, a parere della Commissione si evita interpretando tale disposizione nel senso che essa si applica quando l'atto impugnato è stato riqualificato dal Tribunale di primo grado come una decisione che riguarda direttamente ed individualmente la parte ricorrente. Al fine di evitare la difficoltà che l'interpretazione di detta disposizione comporta, la Commissione ha considerato la società di cui trattasi come se fosse stata la destinataria di una decisione annullata e ha dato esecuzione alla sentenza. Essa aggiunge che i limiti massimi di residui fissati dal regolamento n. 1312/96 erano provvisori, essendo previsto che scadessero il 1° luglio 2000. Se non fossero stati stabiliti nuovi parametri per il clenbuterol, la BI Vetmedica si sarebbe trovata in una situazione peggiore di quella in cui si sarebbe trovata se le indicazioni terapeutiche fossero state mantenute, in quanto l'impiego di detta sostanza sarebbe venuto ad essere totalmente vietato, indipendentemente dalla sua finalità.

21. Riconosco che l'interpretazione dell'art. 53, secondo comma, dello Statuto proposta dalla Commissione non difetta di ingegno, né di originalità. Ritengo, tuttavia, che manchi di logica e che non trovi fondamento nel testo della norma né nella sua finalità, oltre a privare detta disposizione di qualsiasi utilità, come hanno fatto notare le società altre parti del procedimento e la FEDESA nelle memorie da esse presentate dopo la comunicazione da parte della Corte, nei loro confronti, della risposta della Commissione.

22. In primo luogo, in applicazione dell'art. 230 CE, i singoli possono chiedere al Tribunale di primo grado di annullare un regolamento solo quando il provvedimento li riguarda direttamente ed individualmente. Per esercitare la stessa azione, gli Stati membri e le istituzioni devono adire la Corte di giustizia. Sarebbe dunque privo di senso aver previsto che il ricorso contro una sentenza del Tribunale che annulla un regolamento produca effetti sospensivi solo quando quest'ultimo non riguardi direttamente ed individualmente l'interessato, giacché si tratterebbe di una situazione impossibile. In secondo luogo, il fatto che il Tribunale di primo grado dichiari ricevibile il ricorso di un privato contro un regolamento e, quindi, lo annulli, non significa necessariamente che l'atto sia venuto ad essere una decisione individuale. In realtà, al punto 162 della sentenza impugnata il Tribunale afferma che le disposizioni del regolamento n. 1312/96 si applicano a situazioni determinate obiettivamente e comportano effetti giuridici nei confronti di categorie di persone prese in considerazione in maniera generale ed astratta, cioè le imprese farmaceutiche che producono clenbuterol, nonché i prescrittori ed utilizzatori di tale sostanza. Pertanto, il regolamento n. 1312/96 presenta, per sua natura e portata, un carattere normativo e non costituisce una decisione ai sensi dell'art. 249 CE. In terzo luogo, non è neppure sostenibile - e nemmeno credibile - che la Commissione tenti seriamente di affermare che ci si può avvalere dell'art. 53, secondo comma, dello Statuto, solamente qualora il Tribunale di primo grado abbia dichiarato l'inapplicabilità di un regolamento ad una controversia concreta, ai sensi dell'art. 241 CE. Infatti, la portata delle due norme differisce considerevolmente, in quanto lo Statuto contempla l'annullamento di un regolamento, che ha efficacia erga omnes, mentre l'articolo del Trattato dedicato all'eccezione di illegittimità si riferisce all'inapplicabilità del regolamento inter partes.

23. Pertanto, non si può affermare che, in applicazione dell'art. 53 dello Statuto, la Commissione fosse obbligata a dare esecuzione alla sentenza impugnata prima della pronuncia della sentenza da parte della Corte di giustizia.

24. Penso invece che la Commissione fosse obbligata ad agire in conseguenza della scadenza del termine di validità da essa fissato per il limite massimo provvisorio di residui di clenbuterol nei bovini e negli equidi, cioè il 1° luglio 2000. Se essa non lo avesse fatto, l'art. 13 del regolamento n. 2377/90, interpretato contrario sensu, avrebbe consentito agli Stati membri di vietare o impedire la circolazione nel proprio territorio di alimenti di origine animale contenenti residui di clenbuterol, poiché né l'allegato I, né l'allegato III avrebbero previsto alcun limite massimo di residui per tale sostanza, senza che questa figurasse neppure nell'allegato II.

25. Per le ragioni esposte, ritengo che l'adozione da parte della Commissione del regolamento n. 2391/00 non significhi che la stessa abbia perduto interesse alla prosecuzione del ricorso contro la sentenza del Tribunale da essa proposto.

Sul primo motivo del ricorso in esame: l'errore di diritto

26. La Commissione contesta al Tribunale di primo grado il fatto di avere commesso un errore di diritto ai punti da 188 a 190 della sentenza impugnata . Il Tribunale ha dichiarato che il procedimento volto a definire un limite massimo di residui ai sensi del regolamento n. 2377/90 ha natura autonoma e distinta rispetto ai procedimenti per la concessione di autorizzazioni di immissione sul mercato di medicinali veterinari da parte degli Stati membri o della Comunità, che sono disciplinati, rispettivamente, dalla direttiva 81/851/CEE (in prosieguo: la «direttiva 81/851»), e dal regolamento n. 2309/93, i quali prevedono espressamente il diniego dell'autorizzazione quando l'impiego del prodotto è vietato da altre disposizioni comunitarie. Al contrario, il regolamento n. 2377/90 non contiene alcuna disposizione che autorizzi la Commissione a prendere in considerazione un divieto di immissione in commercio per negare la determinazione di un limite massimo di residui. La Commissione rileva che il Tribunale di primo grado è incorso nel medesimo errore in un'altra sentenza pronunciata alcuni mesi prima , sentenza che è stata impugnata dalla Francia in una causa attualmente pendente . A parere della ricorrente non si può operare una distinzione così netta tra l'obbligo che le incombe di includere una sostanza nell'allegato III del regolamento n. 2377/90 ed il diritto che l'accompagna di negare un'autorizzazione all'immissione in commercio, ai sensi del regolamento n. 2309/93, o lo stesso diritto che la direttiva 81/851 concede agli Stati membri. Essa sostiene che la citata normativa dev'essere interpretata ed applicata congiuntamente, tenendo presente, nel contempo, la direttiva 96/22, giacché, in caso contrario, si potrebbe giungere a risultati divergenti e contraddittori, con il conseguente rischio di compromettere la protezione della salute umana, che costituisce uno dei compiti principali della Comunità. La SKV sostiene l'argomentazione della Commissione.

27. La BI Vetmedica e la Boehringer ritengono che, come viene affermato nel terzo considerando del regolamento n. 2377/90, i limiti massimi di residui siano volti a tutelare la salute pubblica. Per tale ragione, il Tribunale di primo grado si è pronunciato ha deciso in modo corretto precisando, al punto 186 della sentenza impugnata, che il procedimento di adozione di limiti massimi di residui, eventualmente provvisori, per una sostanza farmacologicamente attiva dipende unicamente dalla questione se i residui della sostanza in questione, al livello proposto, rappresentino un rischio per la salute del consumatore. Esse sostengono che, allo scopo di tutelare la salute pubblica, si deve evidenziare il limite massimo di residui per una sostanza farmacologicamente attiva anche qualora il suo impiego sia ridotto, dal momento che è possibile che i prodotti alimentari provengano da paesi terzi nei quali gli animali sono stati trattati con tale sostanza. Se nessun limite è stato segnalato o se la validità di questo è limitata agli impieghi autorizzati all'interno dell'Unione, si verifica una lacuna in materia di tutela della salute, il che sta a dimostrare che la fissazione di un limite massimo di residui nell'ambito del regolamento n. 2377/90 non deve dipendere dalla possibilità di utilizzare o di commercializzare una sostanza nell'Unione europea. La FEDESA condivide la tesi delle società altre parti del procedimento.

28. Posso ammettere che la procedura con cui si determinano i limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale, istituita con il regolamento n. 2377/90, sia autonoma e distinta rispetto alle procedure di rilascio di un'autorizzazione di immissione in commercio di medicinali per uso veterinario, regolate dalla direttiva n. 81/851 e dal regolamento n. 2309/93. Basta constatare il fatto che tali procedure sono disciplinate, in tutto e per tutto, da normative diverse. Tale evidenza, tuttavia, non mi induce a sostenere che la Commissione può fissare tali limiti, in applicazione del regolamento n. 2377/90, in maniera avulsa dalla realtà, senza tenere conto del contesto scientifico e giuridico di ciascun caso concreto.

29. Da un lato, l'art. 6, n. 1, del regolamento n. 2377/90, impone due condizioni perché una sostanza farmacologicamente attiva venga inclusa negli allegati I, II o III, e cioè, che essa venga impiegata in medicinali veterinari per animali da produzione alimentare e che venga immessa sul mercato di uno o più Stati membri che non hanno precedentemente autorizzato l'impiego di tale sostanza. Concordo con la Commissione sul fatto che tale disposizione osta a che si chieda la determinazione di un limite massimo di residui per un prodotto il cui impiego è stato vietato o del quale è vietata la commercializzazione.

30. D'altro lato, l'art. 14 del regolamento n. 2377/90 vieta, a partire dal 1° gennaio 1997, che vengano somministrati, ad animali da produzione alimentare, medicinali veterinari contenenti sostanze farmacologicamente attive non menzionate negli allegati I, II e III, eccezion fatta per il caso di prove cliniche autorizzate, e che gli alimenti ottenuti dagli animali da produzione alimentare sottoposti a tali prove contengano residui che costituiscano un rischio per la salute umana. Se nel regolamento n. 1312/96 la Commissione si fosse accontentata di fissare il limite massimo di residui per il clenbuterol, senza specificare le indicazioni terapeutiche nelle quali tale sostanza poteva venire somministrata agli animali, conformemente alla direttiva 96/22, la norma sarebbe risultata incompleta, poiché, in mancanza di tale informazione, i destinatari della stessa avrebbero potuto legittimamente ritenere che, in applicazione dell'art. 14, la somministrazione indiscriminata di clenbuterol non fosse esclusa, purché i residui non superassero il limite massimo stabilito, in quanto tale sostanza figurava nell'allegato III fino al 1° luglio 2000.

31. E' fuori discussione che la direttiva 96/22 abbia impedito, nella Comunità, la somministrazione di clenbuterol ai bovini ed agli equidi consentendo agli Stati membri di autorizzare la somministrazione di medicinali contenenti tale sostanza, a talune condizioni, a scopi terapeutici assai limitati. L'art. 11 completa la tutela del consumatore comunitario attraverso il divieto di importazione di animali e di carni provenienti da paesi terzi sui quali sia stata impiegata una qualsiasi delle sostanze il cui impiego viene vietato, salvo che la somministrazione sia effettuata nel rispetto delle disposizioni e prescrizioni previste dagli artt. 4, 5 e 7 della direttiva stessa. L'art. 4 è poi la norma che stabilisce le indicazioni per le quali la somministrazione a bovini ed equidi di medicinali a base di clenbuterol può venire autorizzata dagli Stati membri. Non è pertanto possibile sostenere, come affermano le società altre parti del procedimento, che se i limiti massimi di residui si circoscrivono agli impieghi autorizzati all'interno dell'Unione si verifica una lacuna in materia di tutela della salute, mentre la determinazione di detti limiti, con la contestuale specificazione delle indicazioni terapeutiche per le quali i medicinali possono essere somministrati agli animali, assicura una protezione coerente e globale del consumatore poiché garantisce che i limiti di residui non saranno soggetti a variazioni, indipendentemente dalla circostanza che la carne sia stata prodotta all'interno della Comunità o provenga da un paese terzo.

32. Quando è stato adottato il regolamento n. 1312/96, che stabiliva i limiti massimi di clenbuterol negli alimenti di origine animale, e contemporaneamente specificava le indicazioni terapeutiche per le quali gli Stati membri potevano autorizzare la somministrazione di medicinali contenenti tale sostanza, in conformità della direttiva 96/22, la Commissione non soltanto non ha ecceduto i poteri ad essa conferiti dal regolamento n. 2377/90, ma ha assicurato la coerenza di tale normativa, diretta a tutelare la sanità pubblica.

33. Ritengo, di conseguenza, che il Tribunale di primo grado abbia commesso un errore di diritto, avendo considerato, al punto 192 della sentenza impugnata, che nel contesto del procedimento volto a definire un limite massimo di residui per il clenbuterol in forza del regolamento n. 2377/90, la Commissione non poteva legittimamente fondare la limitazione della validità di tale limite sulle disposizioni della direttiva 96/22, e che il primo motivo del ricorso in esame sia fondato.

Sul secondo motivo del ricorso in esame: i vizi del ragionamento

34. La Commissione asserisce che l'argomentazione svolta dal Tribunale di primo grado è contraddittoria, in quanto riprende la posizione del Consiglio, formulata nella direttiva 96/22, che vieta totalmente alcune indicazioni terapeutiche del clenbuterol e non altre, mentre tale giudice afferma, al punto 196 della sentenza, che le esigenze di salvaguardia della pubblica sanità, sottostanti al regolamento n. 2377/90, si limitano ad imporre la soglia massima ammissibile di concentrazione di residui di una sostanza negli alimenti destinati al consumo umano, qualunque sia l'indicazione terapeutica in base alla quale sia stata prescritta la detta sostanza.

35. Non ritengo che il ragionamento seguito dal giudice di primo grado sia viziato da contraddizione, come sostiene la Commissione. Concordo con le società altre parti del procedimento e con la FEDESA sul fatto che le pretese antitesi non sono tali, poiché il giudice di primo grado si è limitato a distinguere gli usi terapeutici del clenbuterol dall'impiego illegale di dosi massicce come fattore di crescita.

36. La Commissione sostiene poi che il ragionamento è incompleto poiché non esamina talune conseguenze pericolose per la salute umana che potrebbero intervenire se essa non avesse avuto il potere di specificare, nel regolamento n. 1312/96, le indicazioni terapeutiche per le quali è consentito autorizzare la somministrazione di prodotti a base di clenbuterol. La Commissione adduce l'esempio di uno Stato membro A, che non applica il divieto parziale di utilizzo del composto e continua a permetterne la somministrazione ai vitelli per il trattamento dei bronchi. L'art. 13 del regolamento n. 2377/90 impedirebbe allo Stato membro B di vietare l'ingresso nella catena alimentare delle carni di vitella, importate dallo Stato membro A, il cui contenuto di detta sostanza fosse entro i limiti massimi di residui stabiliti dal regolamento n. 1312/96.

37. Le società altre parti del procedimento - a cui posso aggiungere me stesso - dissentono da tale opinione della Commissione. Con tale esempio, la Commissione parte dall'idea dello Stato membro inadempiente, ossia quello che non osserva le disposizioni della direttiva 96/22. Tuttavia, il diritto comunitario ha previsto un meccanismo specifico per far fronte ad una situazione che presenti tali caratteristiche, e cioé il ricorso per inadempimento ai sensi degli artt. 226 CE e 227 CE, senza che la Commissione sia autorizzata ad emanare norme a carattere preventivo.

38. Infine, la Commissione censura la motivazione della sentenza in quanto errata, poiché vi si afferma, al punto 192, che essa non poteva legittimamente fondare la limitazione della validità del limite massimo di residui di clenbuterol sulle disposizioni della direttiva 96/22, quando è notorio che si è fondata sul regolamento n. 2377/90.

39. Anche le società altre parti del procedimento dissentono e sostengono che se la Commissione non si fosse basata sulla direttiva 96/22 non avrebbe fatto riferimento alla stessa.

40. Concordo con la Commissione nel ritenere che la motivazione immediatamente precedente al dispositivo, comprendente i punti da 182 a 197, contiene svariati errori, di gravità tale da determinarne l'invalidità.

41. In primo luogo, dal regolamento n. 1312/96 non si deduce che la Commissione si sia fondata sulla direttiva n. 96/22 per adottare quest'ultimo. E' vero che tale direttiva viene menzionata nel settimo considerando, tuttavia questo non è un motivo per affermare che essa costituisce il fondamento giuridico del regolamento. Al contrario, si deduce chiaramente dal preambolo che il regolamento è finalizzato a contribuire a stabilire progressivamente limiti massimi di residui per tutte le sostanze farmacologicamente attive che vengono impiegate nei medicinali veterinari della Comunità per la somministrazione agli animali da produzione alimentare, in conformità del regolamento n. 2377/90, e che il suo scopo è quello di modificare l'allegato III di quest'ultima normativa.

42. In secondo luogo, risulta errata l'affermazione, contenuta ai punti 182 e 192, secondo cui con il regolamento n. 1312/96 la Commissione ha limitato la validità dei limiti massimi di residui per il clenbuterol a talune specifiche indicazioni terapeutiche. L'unica limitazione che compare in tale normativa è di carattere temporale, nella misura in cui i limiti venivano fissati in via provvisoria e scadevano il 1° luglio 2000. E' poi privo di senso affermare che la validità di detti limiti era ristretta a talune indicazioni terapeutiche, dato che, da un lato, dal punto di vista della sanità pubblica, se si riscontra la presenza di residui nei tessuti campione è indifferente il motivo per il quale la sostanza è stata somministrata all'animale e, d'altro lato, non è possibile accertare con quale fine essa è stata impiegata. Come già ho sottolineato nel prendere in esame il primo motivo del ricorso in esame, la presenza dell'indicazione terapeutica nella colonna «altre disposizioni» di cui all'allegato III del regolamento n. 2377/90 trova una giustificazione nell'art. 14 dello stesso regolamento, che vieta, all'interno della Comunità, la somministrazione ad animali da produzione alimentare di medicinali veterinari contenenti sostanze farmacologicamente attive non menzionate negli allegati I, II o III, eccezion fatta per i casi previsti, debitamente autorizzati. Se la Commissione non avesse tenuto conto del fatto che la direttiva 96/22 aveva vietato l'uso di clenbuterol e che gli Stati membri potevano autorizzarne l'impiego solo in casi molto specifici, i dati concernenti tale sostanza che fossero figurati nell'allegato III sarebbero risultati incompleti, potendo indurre in errore i destinatari della norma stessa.

43. In terzo luogo è altresì errato dichiarare, come avviene al punto 187 della sentenza, che l'art. 6, n. 1, del regolamento n. 2377/90 non subordina l'inclusione di una sostanza in uno degli allegati I-III di tale regolamento alla condizione che il prodotto contenente tale sostanza possa essere direttamente utilizzato ed immesso sul mercato. Da un lato, il termine «direttamente» non compare in detta disposizione, dall'altro, si impongono due condizioni cumulative per chiedere che una sostanza farmacologicamente attiva venga inclusa negli stessi allegati, e cioè, che la stessa sia destinata ad essere impiegata in medicinali veterinari da somministrare ad animali da produzione alimentare, e che venga immessa sul mercato di uno o più Stati membri che non hanno precedentemente autorizzato l'impiego di tale sostanza per detti animali.

44. Infine, è ugualmente errato affermare, come avviene al punto 197 della sentenza, che il regolamento n. 1312/96 inficia le misure adottate dagli Stati membri per impedire l'impiego non autorizzato di medicinali veterinari, in violazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 2377/90, in quanto i limiti della validità dei limiti massimi di residui per il clenbuterol da esso imposti sussisterebbero anche in caso di annullamento, abrogazione o modifica delle pertinenti disposizioni della direttiva 96/22.

45. Infatti, gli Stati membri adottano diversi tipi di misure allo scopo di impedire l'impiego non autorizzato di medicinali veterinari. Ad esempio, essi possono imporre che tali medicinali si vendano al dettaglio in centri specializzati, che si vendano solo in dosi da un'unica applicazione, che vengano somministrate unicamente da personale medico, o che si debba tenere un registro per animale, per azienda o per medicinale. Non riesco ad intravedere in che modo il regolamento n. 1312/96, specificando le indicazioni terapeutiche per le quali gli Stati membri possono autorizzare l'impiego di medicinali contenenti la sostanza in questione e fissando nel contempo i limiti massimi di residui per il clenbuterol, abbia inficiato le misure adottate dagli Stati membri per impedire l'impiego non autorizzato di medicinali veterinari. Non condivido neppure l'asserzione secondo la quale il regolamento n. 1312 sarebbe esente da qualunque vicissitudine alla quale si trovi esposta la direttiva 96/22, si tratti di modifica, annullamento o abrogazione. Ritengo, al contrario, che, al fine di garantire la coerenza in un ambito così fondamentale come la tutela della sanità pubblica, nel momento in cui il legislatore comunitario modificasse le indicazioni terapeutiche, previste dalla direttiva 96/22, per le quali gli Stati membri possono autorizzare l'impiego di medicinali contenenti clenbuterol, la Commissione dovrebbe altresì procedere a modificare le indicazioni terapeutiche figuranti sotto il titolo corrispondente ad «altre indicazioni» dell'allegato nel quale è classificata la sostanza.

46. Per le ragioni esposte, anche il secondo motivo dedotto dalla Commissione è fondato. Di conseguenza, occorre annullare la sentenza del Tribunale di primo grado nella parte in cui ha annullato il regolamento n. 1312/96 in base alla considerazione che, limitando la validità dei limiti massimi di residui fissati per il clenbuterol a talune specifiche indicazioni terapeutiche per i bovini e per gli equidi, la Commissione ha oltrepassato i poteri ad essa attribuiti dal regolamento n. 2377/90.

IV - Il ricorso di annullamento

47. Conformemente all'art. 54, primo comma, seconda frase, dello Statuto, se la Corte di giustizia annulla la decisione impugnata, essa può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta. Occorre applicare tale disposizione nel caso di specie.

48. I due motivi dedotti dalle ricorrenti in primo grado a sostegno del ricorso di annullamento sono stati già respinti al punto 181 della sentenza impugnata. Sulla base del ragionamento svolto in precedenza, il motivo, dedotto dalla FEDESA nella sua memoria d'intervento, secondo il quale la Commissione, adottando il regolamento n. 1312/96, avrebbe ecceduto i poteri ad essa conferiti dal regolamento n. 2377/90, motivo accolto dal giudice di primo grado per annullare il regolamento n. 1312/96, è infondato e deve pertanto essere respinto.

V - Sulle spese

49. Conformemente all'art. 122 del regolamento di procedura, la Corte di giustizia statuisce sulle spese quando l'impugnazione è accolta e la controversia viene da essa definitivamente decisa.

50. Ai sensi dell'art. 69, n. 2, dello stesso regolamento, che si applica al procedimento d'impugnazione in forza dell'art. 118, il soccombente è condannato alle spese, comprendenti le spese dei due gradi di giudizio, se l'altra parte ne ha fatto domanda. Essendo stati accolti i motivi proposti dalla ricorrente nel presente procedimento e dalla SKV, le quali avevano chiesto la condanna alle spese delle società altre parti del presente procedimento, occorre condannare queste ultime al pagamento delle spese sostenute dalla Commissione e dalla SKV nei due procedimenti e decidere che la FEDESA sopporti le proprie spese.

VI - Conclusione

51. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di giustizia di pronunciarsi come segue:

«1) Annullare la sentenza del Tribunale di primo grado del 1° dicembre 1999 nella parte in cui ha annullato il regolamento n. 1312/96 in base alla considerazione che, limitando la validità dei limiti massimi di residui fissati per il clenbuterol a talune specifiche indicazioni terapeutiche per i bovini e per gli equidi, la Commissione aveva oltrepassato i poteri ad essa attribuiti dal regolamento n. 2377/90.

2) Respingere il ricorso di annullamento proposto dalla BI Vetmedica e dalla Boehringer contro il regolamento n. 1312/96.

3) Condannare la BI Vetmedica e la Boehringer al pagamento delle spese sostenute dalla Commissione e dalla SKV nei due gradi di giudizio.

4) Statuire che la FEDESA sopporti le proprie spese relative ad ambedue i procedimenti».