Conclusioni dell'avvocato generale Mischo del 27 novembre 2001. - Commissione delle Comunità europee contro Irlanda. - Inadempimento di uno Stato - Mancata adesione, nel termine impartito, alla Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (Atto di Parigi 24 luglio 1971) - Violazione degli obblighi derivanti dal combinato disposto dell'art. 228, n. 7, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 300, n. 7, CE) e dell'art. 5 del Protocollo 28 dell'Accordo SEE. - Causa C-13/00.
raccolta della giurisprudenza 2002 pagina I-02943
1. Non è raro che un inadempimento venga contestato a uno Stato membro e questi neghi tale addebito. Non capita, invece, di frequente che l'inadempimento addebitato venga contestato non già dallo Stato membro convenuto, bensì da un altro Stato membro che vuole intervenire a suo sostegno. Questo è però quanto avviene nel caso di specie.
2. La Commissione censura l'Irlanda per essere venuta meno agli obblighi che le incombono a norma del combinato disposto dell'art. 300, n. 7, CE e dell'art. 5 del Protocollo 28 allegato all'Accordo sullo Spazio economico europeo 2 maggio 1992 (in prosieguo: l'«Accordo SEE»), non essendo riuscita ad aderire entro il 1° gennaio 1995 all'Atto di Parigi della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche.
3. L'Accordo SEE, entrato in vigore il 1° gennaio 1994, è stato concluso congiuntamente dalla Comunità e dai suoi Stati membri, in conformità dell'art. 300 CE. Dal n. 7 di tale disposizione consegue che un accordo misto, come ogni altro accordo concluso sulla base di tale articolo, è vincolante sia per le istituzioni della Comunità che per gli Stati membri.
4. Ai sensi dell'art. 5 del Protocollo 28 allegato all'Accordo SEE, le parti contraenti si sono impegnate ad aderire anteriormente al 1° gennaio 1995 alle convenzioni multilaterali sulla proprietà industriale, intellettuale e commerciale. Fra tali convenzioni compare «la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Atto di Parigi, 1971)» (in prosieguo: l'«Atto di Parigi della Convenzione di Berna» o la «Convenzione di Berna»).
5. L'Irlanda non contesta l'affermazione della Commissione secondo la quale essa non ha ancora adempiuto al suo obbligo di aderire al detto Atto. Fa a tal riguardo presente che è necessaria una riforma di grande portata del diritto nazionale. Sottolinea che un progetto di legge sul diritto d'autore si trova ormai in fase di avanzato esame da parte del Parlamento irlandese e sarà quindi promulgato entro breve tempo, e chiede alla Corte di sospendere il procedimento per sei mesi, affinché la Commissione possa esaminare la legge che nel frattempo sarà stata promulgata e desistere dal ricorso.
6. A tal riguardo, si deve ricordare la costante giurisprudenza della Corte secondo la quale uno Stato membro non può eccepire difficoltà giuridiche o amministrative del suo ordinamento giuridico interno per giustificare l'inosservanza, in caso di mancata esecuzione o di esecuzione tardiva, degli obblighi imposti dal diritto comunitario. Ne consegue che la Corte non può accogliere la richiesta del governo irlandese.
7. Non è possibile tuttavia terminare qui la mia analisi. Infatti, il Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord, intervenuto a sostegno della convenuta, fa valere, essenzialmente, che l'obbligo di cui si afferma la violazione sarebbe un obbligo di diritto internazionale, ma non rientrerebbe nel diritto comunitario. La Corte non sarebbe quindi competente a giudicare.
8. Sostiene, infatti, che l'Atto di Parigi della Convenzione di Berna non rientra totalmente nella competenza comunitaria. Lo stesso dovrebbe dirsi, quindi, per l'obbligo di aderirvi. Orbene, vi sarebbe inosservanza dell'obbligo di diritto comunitario di aderire al detto atto, soltanto nei limiti in cui esista una competenza comunitaria.
9. Secondo il Regno Unito, il ricorso della Commissione in quanto si riferisce all'adesione alla totalità dell'Atto di Parigi della Convenzione di Berna, senza precisare le disposizioni rientranti nell'ambito d'applicazione del diritto comunitario, andrebbe respinto dato che la Commissione non ha dimostrato la violazione di un obbligo che a norma di tale diritto grava sulla convenuta.
10. La Commissione contesta non solo la fondatezza di tale argomento, ma anche l'ammissibilità dell'intervento.
11. A questo proposito, ricorda, anzitutto, che dall'art. 93, n. 1, lett. e), del regolamento di procedura della Corte risulta chiaramente che un'istanza d'intervento deve contenere «le conclusioni a sostegno delle quali l'interveniente chiede d'intervenire».
12. Orbene, essa ritiene che l'istanza d'intervento del Regno Unito non soddisfi i requisiti di tale norma, poiché la sua memoria d'intervento non è in appoggio alle conclusioni dell'Irlanda. L'istanza avrebbe dovuto pertanto essere dichiarata irricevibile.
13. A quest'ultimo riguardo, si deve constatare che non si può dichiarare irricevibile un'istanza d'intervento alla luce del testo della memoria che non era ancora noto nel momento in cui l'istanza è stata presentata. Sembra quindi che tale primo argomento della Commissione abbia, in realtà, ad oggetto il contenuto della memoria d'intervento.
14. La Commissione fa valere, inoltre, che, in tale memoria, il Regno Unito non espone neanche le proprie conclusioni, e questo sarebbe in contrasto con l'art. 93, n. 5, del regolamento di procedura che stabilisce che la memoria d'intervento contiene le conclusioni dell'interveniente.
15. Considera, infatti, che, invece di concludere, l'interveniente «si limiti a fare speculazioni sulle conseguenze che potrebbero verificarsi sulla richiesta della Commissione se la Corte accogliesse i suoi argomenti» e cita, in proposito, l'ultima frase della memoria d'intervento.
16. Ivi, il governo del Regno Unito espone che, se la Corte accogliesse la sua tesi, i suoi argomenti «dovrebbero militare a favore del rigetto del ricorso della Commissione, e non soltanto della sospensione del procedimento», conclusione formulata, lo ricordo, dalla convenuta.
17. E' fuori discussione che tale frase non possa essere vista come una conclusione a sostegno delle conclusioni della convenuta, poiché, anzi, se ne discosta espressamente. Ci si può domandare se essa possa, in compenso, essere intesa come una conclusione diretta al rigetto delle conclusioni della Commissione, ai sensi dell'art. 93, n. 5, del regolamento di procedura, che prevede che la memoria d'intervento deve contenere conclusioni dirette al sostegno o al rigetto delle conclusioni di una parte.
18. Occorre, tuttavia, ricordare che, ai sensi dell'art. 37, ultimo comma, dello Statuto CE della Corte, «le conclusioni dell'istanza d'intervento possono avere come oggetto soltanto l'adesione alle conclusioni di una delle parti». Sarei, quindi, portato a concludere per l'irricevibilità dell'intervento.
19. Nel caso di specie, non è tuttavia necessario risolvere tale questione. Emerge, infatti, dalla giurisprudenza della Corte, che quest'ultima è tenuta ad esaminare l'argomento del governo del Regno Unito, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità dell'intervento di quest'ultimo. Infatti, risulta dal tenore della sua memoria d'intervento che il detto governo nel caso di specie rimette in discussione la competenza stessa della Corte.
20. Ebbene, la Corte ha dichiarato che un argomento riguardante siffatta competenza è rilevabile d'ufficio. Ne ricorre, del resto, il caso anche qualora al detto argomento non si accompagnino conclusioni formali . E' pur vero che, in tale causa, l'argomento in questione veniva sollevato da una delle parti nel procedimento e non da un'interveniente. Ritengo tuttavia che la soluzione fornita dalla Corte non dipendeva da tale considerazione, bensì unicamente dalla natura degli argomenti invocati, il cui carattere di ordine pubblico ha obbligato la Corte a procedere al loro esame.
21. Detta conclusione mi sembra confortata dalla sentenza resa dalla Corte nella causa Neotype Techmashexport/Commissione e Consiglio . Essa infatti, ha ivi stabilito che «trattandosi di improcedibilità per motivi di ordine pubblico che deve essere accertata d'ufficio, ai sensi dell'art. 92, n. 2, del regolamento di procedura, non occorre accertare se un'interveniente possa sollevare un'eccezione d'irricevibilità che non è stata sollevata dalla parte di cui essa sostiene le conclusioni».
22. Il caso di specie non verte certamente su un'eccezione d'irricevibilità, ma dalla citazione che precede risulta che il ragionamento della Corte riguarda, molto logicamente, tutte le questioni di ordine pubblico, da accertare d'ufficio. Orbene, come ho detto, l'argomento del governo del Regno Unito rientra in tale categoria.
23. Esso va quindi esaminato, senza che si renda necessario pronunciarsi sulla ricevibilità dell'intervento.
24. Sia il Regno Unito che la Commissione ricordano che l'Accordo SEE, di cui si asserisce la violazione, è un accordo misto. Il Regno Unito ne deduce che gli Stati membri sono vincolati, nel diritto comunitario, soltanto dalle norme dell'Accordo che rientrano nella competenza comunitaria. Orbene, per quanto riguarda la proprietà intellettuale, ciò si verificherebbe solo in parte.
25. Infatti, dal parere della Corte 1/94 , risulta che, nel settore della proprietà intellettuale, la Comunità è competente a concludere accordi internazionali soltanto nelle specifiche materie per le quali ha adottato provvedimenti di armonizzazione a livello comunitario.
26. Tale situazione trova il suo riflesso nell'art. 9 del Protocollo 28 allegato all'Accordo SEE, che stabilisce che le disposizioni del presente protocollo «lasciano impregiudicata la competenza della Comunità e dei suoi Stati membri in materia di proprietà intellettuale».
27. A tale ragionamento, la Commissione contrappone vari argomenti. Essa si basa segnatamente sui termini specifici dell'Accordo SEE, da cui risulterebbe che gli Stati membri hanno accettato che alla Commissione sia conferito il potere di vigilare sul rispetto degli obblighi che incombono su di essi in forza dell'Accordo. Non sarebbe stata prevista alcuna eccezione per quanto concerne la proprietà intellettuale o tutt'altra materia.
28. Si deve tuttavia sottolineare che l'art. 109 dell'Accordo SEE, al quale fa riferimento la Commissione, attribuisce ad essa un potere di vigilanza soltanto a patto di agire «in conformità del Trattato che istituisce la Comunità economica europea». Il detto potere è, quindi, necessariamente limitato alla portata della competenza comunitaria, quale deriva dal Trattato, e la norma di cui trattasi non fornisce alcuna indicazione al riguardo.
29. La Commissione rileva, inoltre, che l'accordo SEE è stato concluso dalla Comunità e ratificato dagli Stati membri senza che siano stati definiti i loro rispettivi obblighi nei confronti delle altre parti contraenti. Queste avrebbero quindi il diritto di aspettarsi che la Comunità si assuma la responsabilità di vigilare sul rispetto della totalità degli obblighi da essa assunti. Ebbene, sarebbe strano che, nei confronti di una determinata materia, la Comunità sia responsabile della violazione di un accordo internazionale da parte di uno Stato membro senza poter obbligare quest'ultimo ad adottare i provvedimenti necessari per porre un termine alla detta violazione.
30. Non mi sembra tuttavia certo che il semplice fatto che non siano stati definiti i rispettivi obblighi della Comunità e degli Stati membri nei confronti delle altre parti contraenti permetta a queste di dedurne che la Comunità si assume la responsabilità del rispetto della totalità dell'accordo di cui trattasi, ivi comprese le norme di questo che non rientrerebbero nella sua competenza. Al contrario, il fatto stesso che la Comunità e i suoi Stati membri abbiano fatto ricorso alla formula di un accordo misto rivela ai Paesi terzi che tale accordo non rientra totalmente nella competenza comunitaria e, pertanto, che la Comunità si assume, a priori, una responsabilità soltanto per le parti dell'accordo che rientrano nella sua competenza.
31. La sentenza Hermès , nonché le conclusioni dell'avvocato generale Tesauro in tale causa, citate dalla Commissione, non invalidano tale ragionamento.
32. Mi sembrano tuttavia più convincenti gli altri due altri argomenti presentati dalla Commissione.
33. Questa si basa, anzitutto, sulla specifica natura degli accordi d'associazione, quali l'accordo SEE. In tale contesto, invoca correttamente la sentenza Demirel nella quale la Corte ha deciso che «trattandosi (...) di un accordo di associazione, che crea vincoli particolari e privilegiati con uno Stato terzo il quale deve, almeno in parte, partecipare al regime comunitario, l'art. 238 attribuisce necessariamente alla Comunità la competenza ad assumere gli impegni nei confronti di Stati terzi in tutti i settori disciplinati dal Trattato» .
34. Ebbene, come ricorda anche la Commissione, la Corte ha ripetutamente dichiarato che, come gli altri diritti di proprietà industriale e commerciale, i diritti esclusivi conferiti dalla proprietà letteraria ed artistica rientrano nel campo di applicazione del Trattato .
35. Ciò avviene, in particolare, per il diritto d'autore e i diritti connessi, a proposito dei quali la Corte ha dichiarato che rientrano nella sfera d'applicazione del Trattato «a causa, in particolare, dei loro effetti sugli scambi intracomunitari di beni e di servizi» .
36. La Commissione invoca anche un secondo fondamento per la competenza comunitaria, ricordando la giurisprudenza AETS secondo la quale, per determinare la portata della competenza comunitaria, occorre stabilire se esistono norme comunitarie che possono essere pregiudicate dall'accordo in questione.
37. Ebbene, riguardo alla materia dei diritti d'autore, in esame nel caso di specie, la Commissione ricorda che diverse norme di diritto comunitario possono essere riguardate dall'adesione degli Stati membri all'Atto di Parigi della Convenzione di Berna.
38. Essa cita, in proposito, l'art. 12 CE, che vieta agli Stati membri qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità degli autori, laddove anche l'art. 5 della convenzione di Berna tratta tale problema.
39. La Commissione invoca inoltre, giustamente, le diverse direttive riguardanti taluni aspetti del diritto d'autore , che ricalcano varie norme della Convenzione di Berna. Cita, in proposito, l'esempio della direttiva 93/98, che riguarda, segnatamente, la durata della protezione del diritto d'autore, problema trattato dagli artt. 7 e 7 bis della detta Convenzione.
40. Sembra quindi indubbio che le disposizioni del diritto comunitario possono essere riguardate dall'accordo in esame.
41. Rilevo tuttavia, che la divergenza di punti di vista che la Corte è chiamata a conoscere non s'incentra sul problema della ripartizione delle competenze, in quanto tale.
42. Il Regno Unito e la Commissione non pongono, è vero, l'accento sugli stessi elementi quando descrivono la ripartizione delle competenze in materia di diritto d'autore. Il primo insiste sul fatto che numerose disposizioni della Convenzione di Berna riguarderebbero questioni che non sono state oggetto di una armonizzazione a livello comunitario. Cita, a questo proposito, l'art. 11 della detta Convenzione, riguardante in particolare l'esecuzione pubblica delle opere. La seconda, per contro, insiste sul numero e la portata delle norme comunitarie relative alla materia qui in esame.
43. Ciò non toglie che né l'uno né l'altra contestino il carattere misto di questa. Infatti, come si è visto, il Regno Unito menziona il parere 1/94, nel quale la Corte ha affermato il carattere misto della competenza relativa alla materia che rientra nell'accodo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (OMC) (accordo cosiddetto «TRIPs») . La Commissione ammette, da parte sua, che non si può trovare un testo di diritto comunitario da porre a confronto con ciascuna delle norme della Convenzione di Berna, cosa che non costituirebbe tuttavia un ostacolo all'esistenza di una competenza comunitaria.
44. Il problema sollevato dall'argomento del Regno Unito non è, tuttavia, quello dell'esistenza di una competenza comunitaria nel caso di specie, ma quello dell'obbligo della Commissione di precisare, nel suo ricorso, la portata di una tale competenza.
45. Si deve quindi osservare che, se è vero che dall'argomento che precede risulta chiaramente che la materia oggetto della controversia rientra, almeno in parte, nella competenza comunitaria, tale constatazione tuttavia non è di per sé affatto determinante, poiché non dà assolutamente alcuna indicazione per la soluzione del problema se la Commissione potesse astenersi dal precisare, nel suo ricorso, le disposizioni dell'Atto di Parigi della Convenzione di Berna che disciplinano questioni rientranti nella competenza comunitaria.
46. Il Regno Unito pone l'accento, in tale contesto, sull'onere della prova dell'inadempimento, che spetta alla Commissione. E' tuttavia consentito chiedersi se esso non difenda, nel caso di specie, una concezione eccessivamente rigida di tale onere. La tesi del Regno Unito giunge, infatti, a ritenere totalmente irricevibile il ricorso della Commissione. Orbene, si potrebbe anche ritenere che esso sarebbe ricevibile nella misura in cui verte sulla competenza comunitaria e che debba essere respinto soltanto per l'eccedenza.
47. Comunque sia, occorre constatare che non si può, nel caso di specie, pretendere che la Commissione effettui, nel suo ricorso, la distinzione tra le norme dell'Atto di Parigi della Convenzione di Berna che riguardano questioni rientranti nella competenza comunitaria e le altre.
48. Si deve, infatti, sottolineare, d'accordo con la Commissione, che la Convenzione di Berna non è divisibile. Uno Stato non può quindi aderirvi parzialmente. La sua adesione presuppone al contrario l'accettazione della totalità degli obblighi previsti dalla detta Convenzione. Ne consegue che, se il diritto comunitario impone agli Stati membri un obbligo di adesione, può solo trattarsi di un'adesione alla totalità di tale Convenzione.
49. Ebbene, come abbiamo visto, questa comporta disposizioni che pregiudicano norme comunitarie.
50. Si deve pertanto considerare l'obbligo di adesione all'Atto di Parigi della Convenzione di Berna, imposto dall'Accordo SEE, come un obbligo indivisibile di aderire ad un accordo in cui diverse disposizioni riguardano norme comunitarie.
51. Si tratta quindi necessariamente di un obbligo derivante dal rispetto del diritto comunitario da parte degli Stati membri, e che, come tale, può essere oggetto di ricorso per inadempimento.
52. Si deve quindi respingere la tesi del Regno Unito, poiché essa comporterebbe l'obbligo della Commissione di fare dichiarare dalla Corte che l'Irlanda avrebbe dovuto aderire a taluni precisi articoli dell'Atto di Parigi della Convenzione di Berna, mentre una tale adesione si concepisce soltanto come conseguenza dell'adesione al detto Atto nella sua totalità, data l'indivisibilità degli obblighi da questa previsti.
53. Da quanto precede consegue che giustamente la Commissione ha, nel suo ricorso, ritenuto che l'inadempimento contestato all'Irlanda fosse la mancata adesione all'Atto di Parigi della Convenzione di Berna, senza operare distinzioni fra le disposizioni riguardanti questioni che rientrano nella competenza comunitaria e le altre.
54. Ricordo che la convenuta non nega che tale adesione non sia intervenuta allo scadere del termine fissato nel parere motivato.
55. Si devono quindi accogliere le conclusioni della Commissione. Il Regno Unito, interveniente, deve sopportare in quanto tale le proprie spese, ai sensi dell'art. 69, n. 4, del regolamento di procedura della Corte.
Conclusione
56. Propongo alla Corte di:
- dichiarare che l'Irlanda è venuta meno agli obblighi derivantile dal combinato disposto dell'art. 300, n. 7, CE e dell'art. 5 del Protocollo 28 allegato all'Accordo sullo Spazio economico europeo, 2 maggio 1992, non avendo aderito entro il 1° gennaio 1995 alla Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche (Atto di Parigi del 1971);
- condannare l'Irlanda alle spese, salve quelle del Regno Unito di Gran Bretagna e d'Irlanda del Nord che restano a carico di quest'ultimo.