Causa C-363/99

Koninklijke KPN Nederland NV

contro

Benelux-Merkenbureau

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Gerechtshof te ‘s‑Gravenhage)

«Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104/CEE — Art. 3, n. 1 — Impedimenti alla registrazione — Considerazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze rilevanti — Divieto di registrazione di un marchio per determinati prodotti o servizi a condizione che essi non presentino una certa caratteristica — Vocabolo composto di elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei prodotti o servizi interessati»

Massime della sentenza

1.        Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Registrazione di un nuovo marchio — Esame del segno da parte dell’autorità competente — Considerazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze rilevanti

(Direttiva del Consiglio 89/104/CEE, art. 3)

2.        Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Registrazione di un nuovo marchio — Esame del segno da parte dell’autorità competente — Registrazione in un altro Stato membro di un marchio simile per prodotti o servizi simili — Ininfluenza

(Direttiva del Consiglio 89/104, art. 3)

3.        Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diniego di registrazione o nullità — Marchi composti esclusivamente di segni o indicazioni che possono servire a designare le caratteristiche dei prodotti o servizi — Esistenza di altri segni o indicazioni più usuali per designare le stesse caratteristiche — Numero di concorrenti che possono aver interesse a utilizzare gli stessi segni o le stesse indicazioni — Ininfluenza — Registrazione che si estende, in un regime di coesistenza di più lingue, alle traduzioni di un marchio denominativo — Verifica da parte dell’autorità competente delle traduzioni

[Direttiva del Consiglio 89/104, art. 3, n. 1, lett c)]

4.        Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diniego di registrazione o nullità — Mancanza di carattere distintivo — Marchi composti esclusivamente di segni o indicazioni che possono servire a designare le caratteristiche di un prodotto — Rapporto tra le disposizioni dell’art. 3, n. 1, lett. b), e dell’art. 3, n. 1, lett. c)

[Direttiva del Consiglio 89/104, art. 3, n. 1, lett. b) e c)]

5.        Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Diniego di registrazione o nullità — Marchi composti esclusivamente di segni o indicazioni che possono servire a designare le caratteristiche di un prodotto — Nozione — Marchio denominativo composto di elementi descrittivi di caratteristiche dei prodotti o servizi interessati — Inclusione in mancanza di carattere insolito della combinazione

[Direttiva del Consiglio 89/104, art. 3, n. 1, lett. c)]

6.        Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Registrazione di un nuovo marchio — Esame del segno da parte dell’autorità competente — Registrazione per determinati prodotti o servizi a condizione che non presentino una certa caratteristica — Inammissibilità

(Direttiva del Consiglio 89/104)

7.        Ravvicinamento delle legislazioni — Marchi — Direttiva 89/104 — Registrazione di un nuovo marchio — Esame del segno da parte dell’autorità competente — Diniego di registrazione limitato a marchi «manifestamente inammissibili» — Inammissibilità

(Direttiva del Consiglio 89/104, art. 3)

1.        L’art. 3 della prima direttiva 89/104 sui marchi deve essere interpretato nel senso che un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi deve prendere in considerazione, oltre al marchio così come depositato, tutti i fatti e le circostanze pertinenti.

Tale autorità deve prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti prima di adottare una decisione definitiva su una domanda di registrazione di un marchio. Se si tratta di un giudice chiamato a pronunciarsi su un ricorso contro una decisione presa in relazione a una domanda di registrazione di un marchio, esso deve prendere in considerazione anche tutti i fatti e le circostanze pertinenti nei limiti dell’esercizio delle sue competenze, come definite dalla normativa nazionale applicabile.

(v. punto 37, dispositivo 1)

2.        Il fatto che un marchio sia stato registrato in uno Stato membro per determinati prodotti o servizi non ha alcuna incidenza sull’esame, ad opera dell’autorità competente in materia di registrazione dei marchi in un altro Stato membro, di una domanda di registrazione di un marchio simile per prodotti o servizi simili a quelli per i quali il primo marchio è stato registrato.

(v. punto 44, dispositivo 2)

3.        L’art. 3, n. 1, lett. c), della prima direttiva 89/104 sui marchi osta alla registrazione di un marchio composto esclusivamente di segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la registrazione, anche qualora esistano segni o indicazioni più usuali per designare le stesse caratteristiche, a prescindere dal numero di concorrenti che possono avere interesse ad utilizzare i segni o le indicazioni di cui il marchio è composto.

Qualora la normativa nazionale applicabile preveda che il diritto esclusivo conferito dalla registrazione, ad opera di un’autorità competente in una zona in cui coesistono diverse lingue ufficialmente riconosciute, di un marchio denominativo redatto in una di tali lingue si estenda ipso iure alle traduzioni nelle altre lingue, la detta autorità deve verificare, per ciascuna di tali traduzioni, che essa non sia composta esclusivamente di segni o di indicazioni che in commercio possono servire a designare caratteristiche di tali prodotti o servizi.

(v. punto 61, dispositivo 3)

4.        L’art. 3, n. 1, della prima direttiva 89/104 sui marchi deve essere interpretato nel senso che un marchio che è descrittivo delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi, ma non delle caratteristiche di altri prodotti o servizi, ai sensi della lett. c) di tale disposizione, non può essere considerato come dotato necessariamente di carattere distintivo in relazione a questi altri prodotti o servizi, ai sensi della lett. b) della citata disposizione.

E’ indifferente che un marchio sia descrittivo delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, ai fini della valutazione del carattere distintivo dello stesso marchio in relazione ad altri prodotti o servizi, ai sensi della lett. b) dello stesso numero.

(v. punto 79, dispositivo 4)

5.        L’art. 3, n. 1, lett. c), della prima direttiva 89/104 sui marchi dev’essere interpretato nel senso che un marchio costituito da una parola composta di elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali è richiesta la registrazione è esso stesso descrittivo delle caratteristiche di tali prodotti o servizi, ai sensi della detta disposizione, a meno che non vi sia uno scarto sensibile tra la parola e la semplice somma degli elementi che la compongono, il che presuppone, da un lato, che, a causa del carattere insolito della combinazione per detti prodotti o servizi, la parola crei un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice unione delle indicazioni fornite dagli elementi che la compongono, così da prevalere sulla somma di tali elementi, e, dall’altro, che la parola sia entrata nel linguaggio corrente e vi abbia acquisito un significato suo proprio, al punto da essere ormai autonoma rispetto agli elementi che la compongono. In quest’ultimo caso, si deve quindi verificare se la parola che ha acquisito un significato proprio non sia essa stessa descrittiva ai sensi della stessa norma.

Al fine di valutare se tale marchio rientri nella sfera di applicazione dell’impedimento alla registrazione di cui all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104, è indifferente che esistano o meno sinonimi che consentano di designare le stesse caratteristiche dei prodotti o servizi menzionati nella domanda di registrazione ovvero che le caratteristiche dei prodotti o servizi che possono essere descritte siano essenziali o accessorie sul piano commerciale.

(v. punto 104, dispositivo 5)

6.        La prima direttiva 89/104 sui marchi osta a che un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi registri un marchio per determinati prodotti o determinati servizi a condizione che essi non presentino una certa caratteristica.

(v. punto 117, dispositivo 6)

7.        L’art. 3 della prima direttiva 89/104 sui marchi osta alla pratica di un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi volta unicamente a rifiutare la registrazione di marchi «manifestamente inammissibili».

(v. punto 126, dispositivo 7)




SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
12 febbraio 2004(1)

«Ravvicinamento delle legislazioni – Marchi – Direttiva 89/104/CEE – Art. 3, n. 1 – Impedimenti alla registrazione – Considerazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze rilevanti – Divieto di registrazione di un marchio per determinati prodotti o servizi a condizione che essi non presentino una certa caratteristica – Vocabolo composto di elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei prodotti o servizi interessati»

Nel procedimento C-363/99,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Gerechtshof te 's-Gravenhage (Paesi Bassi) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Koninklijke KPN Nederland NV

e

Benelux-Merkenbureau,

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 2 et 3 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri di marchi d'impresa (GU L 1989, L 40, pag. 1),

LA CORTE (Sesta Sezione),,



composta dal sig. V. Skouris, facente funzione di presidentee della Sesta Sezione, dai sigg. C. Gulmann, J.N. Cunha Rodrigues e R. Schintgen, e dalla sig.ra F. Macken (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: sig. H. von Holstein,cancelliere aggiunto

viste le osservazioni scritte presentate:

per la Koninklijke KPN Nederland NV, dai sigg. K. Limperge e T. Cohen Jehoram, advocaten;

per il Benelux-Merkenbureau, dai sigg. J.H. Spoore e L. De Gryse, advocaten;

per la Commissione delle Communità europee, dalla sig.ra K. Banks e dal sig. H.M.H. Speyart, in qualità di agenti,

sentite le osservazioni orali della Koninklijke KPN Nederland NV, del Benelux-Merkenbureaue e della Commissione all'udienza del 15 novembre 2001,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 31 gennaio 2002,

ha pronunciato la seguente



Sentenza



1
Con sentenza 3 giugno 1999, pervenuta in cancelleria il 1° ottobre seguente, il Gerechtshof te ‘s-Gravenhage (Corte d’appello dell’Aia) ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, nove questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione degli artt. 2 e 3 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»).

2
Le questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia tra la società Koninklijke KPN Nederland NV (in prosieguo: la «KPN») e il Benelux Merkenbureau (Ufficio marchi del Benelux; in prosieguo: l’«UMB»), a motivo del rifiuto opposto da quest’ultimo alla registrazione, su richiesta della KPN, del segno «Postkantoor» come marchio per diversi prodotti e servizi.


Contesto normativo

La normativa comunitaria

3
Secondo il primo ‘considerando’, la direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sui marchi allo scopo di sopprimere le disparità esistenti che possono ostacolare la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi, nonché falsare le condizioni di concorrenza nel mercato comune.

4
Tuttavia, come emerge dal terzo ‘considerando’ della direttiva, quest’ultima non mira al ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri in tema di marchi d’impresa, limitandosi a ravvicinare le disposizioni nazionali che hanno un’incidenza più diretta sul funzionamento del mercato interno.

5
Il settimo ‘considerando’ della direttiva precisa che la realizzazione degli obiettivi perseguiti dal ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in tema di marchi presuppone che l’acquisizione e la conservazione del diritto sul marchio di impresa registrato siano in linea di massima subordinate, in tutti gli Stati membri, alle stesse condizioni e che gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità inerenti al marchio di impresa stesso, ad esempio l’assenza di carattere distintivo, debbano essere enumerati esaurientemente, anche se alcuni di essi sono enumerati a titolo facoltativo per gli Stati membri che potranno quindi mantenerli o introdurli nelle rispettive legislazioni.

6
Il dodicesimo ‘considerando’ della direttiva indica che tutti gli Stati membri della Comunità sono parti contraenti della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale del 20 marzo 1883, riveduta da ultimo a Stoccolma il 14 luglio 1967 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 828, n. 11847, pag. 108), e che è necessario che le disposizioni della direttiva siano in perfetta armonia con quelle della detta convenzione.

7
L’art. 2 della direttiva, intitolato «Segni suscettibili di costituire un marchio di impresa», così dispone:

«Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».

8
L’art. 3, nn. 1 e 3, della direttiva, che elenca gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità della stessa, dispone quanto segue:

«1.     Sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

a)
i segni che non possono costituire un marchio di impresa;

b)
i marchi di impresa privi di carattere distintivo;

c)
i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;

d)
i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi leali e costanti del commercio;

(...)

g)
i marchi di impresa che sono di natura tale da ingannare il pubblico, per esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio;

(...)

3.       Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell’uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo. Gli Stati membri possono inoltre disporre che la presente disposizione sia anche applicabile quando il carattere distintivo è stato acquisito dopo la domanda di registrazione o dopo la registrazione della stessa».

Legge uniforme del Benelux sui marchi

9
La legge uniforme del Benelux sui marchi è stata modificata, con effetto dal 1° gennaio 1996, dal protocollo 2 dicembre 1992, recante modifica della legge suddetta (Nederlands Traktatenblad 1993, n. 12; in prosieguo: la «LBM»), al fine di trasporre la direttiva nell’ordinamento giuridico dei tre Stati membri del Benelux.

10
L’art. 1 della LBM dispone quanto segue:

«Sono considerati marchi individuali le denominazioni, i disegni, le incisioni, i timbri, le lettere, le cifre, le forme dei prodotti o delle confezioni e tutti gli altri segni che servono a distinguere i prodotti di un’impresa.

Tuttavia, non possono essere considerati marchi le forme imposte dalla natura stessa del prodotto, che alterino il valore essenziale del prodotto o producano risultati industriali».

11
L’art. 6 bis, nn. 1-4, della LBM così recita:

«1.     L’Ufficio marchi del Benelux nega la registrazione di un deposito quando a suo avviso:

a)
il segno depositato non costituisce un marchio ai sensi dell’art. 1, in particolare per mancanza di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’art. 6 quinquies, B, n. 2, della convenzione di Parigi;

b)
il deposito riguarda un marchio di cui all’art. 4, nn. 1 e 2.

2.       Il diniego di registrazione deve riguardare il segno costitutivo del marchio nella sua integralità. Esso può essere limitato a uno o più prodotti ai quali il marchio è destinato.

3.       L’Ufficio marchi del Benelux informa il depositante senza indugio e per iscritto della sua intenzione di negare in tutto o in parte la registrazione, gliene comunica i motivi e gli dà la facoltà di replicare entro un termine che dev’essere fissato dal regolamento di esecuzione.

4.       Qualora le obiezioni dell’Ufficio marchi del Benelux contro la registrazione non siano superate entro il termine impartito, la registrazione del deposito è rifiutata in tutto o in parte. L’Ufficio marchi del Benelux informa il depositante senza indugio e per iscritto comunicando i motivi del diniego e indicando il rimedio giurisdizionale contro detta decisione previsto dall’art. 6 ter».

12
L’art. 6 ter della LBM così dispone:

«Il depositante può, entro i due mesi successivi alla comunicazione ex art. 6 bis, quarto comma, presentare alla Cour d’Appel di Bruxelles, al Gerechtshof dell’Aja o alla Cour d’Appel di Lussemburgo un ricorso volto ad ottenere un’intimazione di registrazione del deposito. La Corte territorialmente competente viene determinata in base al recapito del depositante, a quello del mandatario o all’indirizzo postale, indicato al momento del deposito».

13
L’art. 13, lett. C, primo comma, della LBM così precisa:

«Il diritto esclusivo ad un marchio espresso in una delle lingue nazionali o regionali del territorio Benelux si estende ipso iure alle traduzioni nelle altre lingue».


Causa principale e questioni pregiudiziali

14
Il 2 aprile 1997 la KPN depositava presso l’UMB una domanda di registrazione della parola «Postkantoor» (traducibile con «ufficio postale») come marchio per taluni prodotti e servizi appartenenti alle classi 16, 35-39, 41 e 42 ai sensi dell’accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato (in prosieguo: l’«accordo di Nizza»), classi relative, in particolare, alla carta, alla pubblicità, alle assicurazioni, all’emissione di francobolli postali, alle costruzioni, alle telecomunicazioni, ai trasporti, all’istruzione nonché alle informazioni tecniche e di consulenza.

15
Con lettera del 16 giugno 1997 l’UMB comunicava alla KPN di rifiutare provvisoriamente la registrazione con la seguente motivazione: «[i]l segno “Postkantoor” è esclusivamente descrittivo per le merci e per i servizi relativi ad un ufficio postale menzionati alle categorie 16, 35, 36, 37, 38, 39, 41 e 42. Il segno è pertanto privo di qualsiasi carattere distintivo di cui all’art. 6 bis, primo comma, lett. a), della legge uniforme sui marchi del Benelux (...)».

16
Con lettera del 15 dicembre 1997 la KPN si opponeva a detto diniego, che veniva definitivamente confermato con lettera dell’UMB del 28 gennaio 1998.

17
Il 30 marzo 1998 la KPN presentava un ricorso avverso tale diniego dinanzi al Gerechtshof te ‘s-Gravenhage, il quale riteneva che la risposta a determinate questioni, relative all’interpretazione della LBM, rendessero necessario adire la Cour de justice Benelux e la risposta ad altre questioni, relative all’interpretazione della direttiva, rendessero necessario adire la Corte.

18
Pertanto, il Gerechtshof te ‘s-Gravenhage ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti nove questioni pregiudiziali:

«1)
Se l’Ufficio marchi del Benelux, al quale il protocollo 2 dicembre 1992, che modifica la legge uniforme sui marchi del Benelux (Tractatenblad 1993, pag. 12), ha affidato l’esame dei motivi assoluti di diniego delle registrazioni dei marchi, figuranti all’art. 3, n. 1, in combinato disposto con l’art. 2 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, 89/104/CE (GU 1989, L 40), debba prendere in considerazione non solo il segno distintivo come esso è depositato, ma anche tutti i fatti e le circostanze pertinenti ad esso noti, fra cui quelli che gli sono stati comunicati dal depositante (ad esempio il fatto che prima del deposito il depositante aveva già utilizzato il segno distintivo come marchio su grande scala per i prodotti di cui trattasi, oppure il fatto che da un’indagine risulta che l’uso del segno per i prodotti e/o per i servizi menzionati nel deposito non potrà indurre il pubblico in errore).

2)
Se la soluzione della questione [n. 1] valga anche per la valutazione che l’Ufficio marchi del Benelux deve dare quando esamina se le obiezioni da esso formulate contro la registrazione siano state rimosse dal depositante e per la sua decisione di rifiutare la registrazione del marchio in tutto o in parte, entrambe considerate dall’art. 6 bis, n. 4, della LBM.

3)
Se la soluzione della questione [n. 1] valga anche per il giudizio che gli organi giurisdizionali devono emettere sul ricorso di cui all’art. 6 ter della LBM.

4)
Tenuto conto anche del disposto dell’art. 6 quinquies, B, n. 2, della convenzione di Parigi, se i marchi esclusi dalla registrazione o che possono essere dichiarati nulli ove registrati in forza dell’art. 3, n. 1, prima frase, lett. c), della direttiva comprendano i marchi composti di segni o di indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio, anche se tale composizione non è l’indicazione usuale (l’unica o la più correntemente) impiegata al riguardo. Se abbia importanza al riguardo il fatto che vi siano pochi o, al contrario, molti concorrenti che possono avere interesse ad impiegare indicazioni di tale tipo [v. sentenza della Corte di giustizia del Benelux 19 gennaio 1981, NJ 1981, pag. 294, Ferrero & Co S.p.A./Alfred Ritter, Schokoladefabrik Gmbh (Kinder)].

Se sia inoltre rilevante anche il fatto che ai sensi dell’art. 13, parte C, della LBM il diritto ad un marchio, formulato in una delle lingue nazionali o regionali del territorio del Benelux, si estenda ipso iure alla sua traduzione in un’altra di dette lingue.

5) a)
Per valutare se un segno, consistente in una (nuova) parola composta di elementi che, considerati separatamente, sono privi di qualsiasi carattere distintivo per i prodotti o per i servizi per i quali è stato effettuato il deposito, risponda alla definizione che l’art. 2 della direttiva (e l’art. 1 della LBM) dà del marchio, se si debba considerare che una parola (nuova) di tale natura ha in via di principio un carattere distintivo.

b)
In caso negativo, se si debba ammettere in tal caso che una parola di tale natura è in via di principio priva di carattere distintivo [indipendentemente dal carattere distintivo acquisito con l’uso (“inburgering”)] e che la situazione cambierà solo quando, a causa di circostanze concomitanti, la combinazione produce qualcosa di più della somma degli elementi in esame.

Se al riguardo rilevi il fatto che il segno distintivo sia l’unico termine, o quanto meno il termine usuale, per indicare la qualità o le (la combinazione delle) qualità di cui trattasi, oppure il fatto che vi siano al riguardo sinonimi che possono essere ragionevolmente impiegati, ovvero il fatto che la parola indichi una qualità del prodotto o del servizio, fondamentale sul piano commerciale, oppure una qualità più accessoria.

Se inoltre rilevi anche il fatto che, ai sensi dell’art. 13, parte C, della LBM, il diritto ad un marchio, formulato in una delle lingue nazionali oregionali del territorio del Benelux, si estenda ipso iure alla sua traduzione in un’altra di dette lingue.

6)
Se il mero fatto che un segno descrittivo sia contemporaneamente depositato come marchio per prodotti e/o servizi per i quali il segno non è descrittivo sia sufficiente per poter ritenere che il segno ha per tale motivo un carattere distintivo per detti prodotti e/o servizi [ad esempio il segno Postkantoor (ufficio postale) per mobili].

In caso negativo, per stabilire se siffatto segno descrittivo possieda carattere distintivo per prodotti e/o servizi di tale natura, se si debba prendere in considerazione la possibilità che, tenuto conto del suo significato descrittivo o dei suoi significati descrittivi, il pubblico, o una parte del pubblico, non intenderà tale segno come un segno distintivo per (tutti) detti prodotti o servizi (o per una parte di essi).

7)
Se incida sulla soluzione delle summenzionate questioni il fatto che, poiché gli Stati del Benelux hanno scelto di sottoporre i depositi di marchi ad un esame da parte dell’Ufficio marchi del Benelux prima che questo proceda alla registrazione, la politica che l’Ufficio marchi del Benelux segue nelle indagini effettuate in forza dell’art. 6 bis della LBM è (dovrà essere), secondo il Commentario comune dei governi, “una politica prudente e restrittiva, che tenga conto di tutti gli interessi della vita economica e volta unicamente a far regolarizzare quanto al contenuto i depositi manifestamente inammissibili o a respingerli”. In caso affermativo, in base a quali disposizioni si debba stabilire se un deposito è “evidentemente inammissibile”.

Si considera che in un’azione di nullità (che può essere esperita dopo la registrazione di un segno) non si richiede oltre alla nullità addotta del segno depositato come marchio il fatto che il segno sia “manifestamente inammissibile”.

8)
Se sia compatibile con il sistema della direttiva e della convenzione di Parigi registrare un segno per taluni prodotti o servizi limitando la registrazione ai prodotti e ai servizi che non possiedono una o più qualità determinate [ad esempio il deposito del segno Postkantoor per i seguenti servizi: effettuazione di campagne di pubblicità mediante posta diretta (“direct-mail”) ed emissione di francobolli postali “purché esse non riguardino un ufficio postale”].

9)
Se incida sulla soluzione delle questioni anche il fatto che un segno analogo sia registrato in un altro Stato membro come marchio per prodotti o servizi simili».


Sulle questioni dalla prima alla terza

19
Mediante la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 3 della direttiva debba essere interpretato nel senso che un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi deve prendere in considerazione, oltre al marchio così come depositato, tutti i fatti e le circostanze pertinenti di cui sia a conoscenza. Mediante la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in quale fase del procedimento dinanzi ad esso l’autorità competente debba prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti e, in caso di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale, se anche quest’ultimo debba prenderli in considerazione.

Osservazioni presentate alla Corte

20
La KPN considera che, quando l’UMB esamina la possibilità di registrare un marchio, non deve fondare il proprio giudizio esclusivamente sul marchio, ma può tenere conto di determinati fatti di dominio pubblico, nonché dei dati forniti dal richiedente. L’UMB, tuttavia, non può andare al di là dei fatti e delle circostanze pertinenti da esso conosciuti al momento del deposito della domanda.

21
La KPN sostiene che l’UMB dovrebbe applicare gli stessi criteri sia nella fase dell’esame provvisorio sia nella fase dell’esame definitivo della domanda di registrazione, ma dovrebbe comunque poter prendere in considerazione, in sede di esame definitivo, i fatti pertinenti comunicatigli in seguito all’esame provvisorio.

22
Infine, la KPN fa presente che il giudice cui sia presentato un ricorso contro una decisione dell’UMB è tenuto ad esaminare gli stessi fatti considerati da quest’ultimo.

23
L’UMB sostiene di essere tenuto a prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze a sua conoscenza relativi al problema di stabilire se il marchio, così come depositato, possa svolgere la propria funzione di marchio distintivo per i prodotti e i servizi per i quali è richiesta la registrazione. Non potrebbe pertanto accontentarsi delle informazioni fornitegli dal richiedente o di quelle di dominio pubblico, in quanto, qualora volesse basarsi su elementi ignoti al richiedente, dovrebbe invitare quest’ultimo a far valere le proprie ragioni, conformemente al principio del rispetto dei diritti alla difesa.

24
Peraltro, l’UMB sostiene che tale obbligo di prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti vale per tutte le fasi del procedimento che si svolge dinanzi ad esso.

25
L’UMB fa presente infine, in sostanza, che il giudice che deve conoscere di un ricorso contro una delle sue decisioni deve valutare i meriti del deposito sulla base di tutti i fatti e le circostanze noti all’UMB al momento del rifiuto definitivo, senza poter prendere in considerazione nuovi elementi sollevati per la prima volta dinanzi ad esso.

26
La Commissione sostiene che non è concepibile una valutazione in astratto del marchio depositato e del problema di stabilire se esso rientri nella sfera di applicazione di uno degli impedimenti di cui all’art. 3 della direttiva.

27
Infatti, da un lato, per ciascun marchio – in particolare i marchi denominativi – la risposta a tale questione dipenderebbe dal significato di questo, il quale a sua volta dipenderebbe dall’uso che si fa di tale marchio negli scambi economici e sociali, in particolare in relazione al pubblico destinatario del marchio interessato. D’altro lato, la protezione non sarebbe mai richiesta in termini assoluti, ma per determinati prodotti o servizi da specificare nella domanda di registrazione. L’attitudine del marchio a contraddistinguere i prodotti o i servizi di un’impresa rispetto a quelli di altre imprese dovrebbe essere sempre valutata in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali è richiesta la registrazione.

28
Essa fa presente infine che, benché gli Stati membri conservino piena libertà di adozione delle disposizioni procedurali in materia di marchi, il mantenimento delle norme materiali prescritte dalla direttiva non può, invece, essere subordinato alla fase del procedimento in questione, cosicché l’obbligo di valutare la domanda di registrazione tenendo conto delle circostanze concrete varrebbe sia dinanzi all’autorità competente che dinanzi all’organo giurisdizionale.

Risposta della Corte

29
In relazione al problema di stabilire se un’autorità competente debba prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti in sede di esame della domanda di registrazione di un marchio, si deve constatare che, in primo luogo, il dodicesimo ‘considerando’ della direttiva precisa che «tutti gli Stati membri della Comunità sono parti contraenti della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale» e che «è necessario che le disposizioni della presente direttiva siano in perfetta armonia con quelle della convenzione di Parigi».

30
Ora, l’art. 6 quinquies, C, primo comma, della convenzione di Parigi precisa che «[p]er valutare se il marchio possa essere oggetto di tutela, si deve tenere conto di tutte le circostanze di fatto, in particolare della durata dell’uso del marchio medesimo».

31
In secondo luogo, quando l’autorità competente esamina una domanda di registrazione di un marchio e, a questo scopo, deve determinare in particolare se il marchio sia o non sia privo di carattere distintivo, sia o non sia descrittivo delle caratteristiche dei prodotti o servizi interessati, sia o non sia divenuto generico, non può procedere a un esame in abstracto.

32
Infatti, durante tale esame, spetta all’autorità competente prendere in considerazione le caratteristiche proprie del marchio di cui si chiede la registrazione, tra le quali la natura dello stesso (denominativo, figurativo, ecc.) e, se si tratta di un marchio denominativo, il suo significato, per stabilire se tale marchio rientri o meno nella sfera di applicazione di uno degli impedimenti alla registrazione enunciati all’art. 3 della direttiva.

33
Inoltre, poiché la registrazione di un marchio è richiesta sempre in relazione a prodotti o servizi menzionati nella domanda di registrazione, il problema di stabilire se il marchio rientri o meno nella sfera di applicazione di uno degli impedimenti alla registrazione enunciati all’art. 3 della direttiva deve essere valutato in concreto con riferimento a tali prodotti o servizi.

34
Il carattere distintivo di un marchio, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, deve essere valutato, da un lato, in funzione dei detti prodotti o servizi e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico di riferimento, rappresentato dal consumatore medio di quei prodotti o servizi, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (v., in particolare, sentenze 8 aprile 2003, cause riunite da C-53/01 a C-55/01, Linde e a., Racc. pag. I-3161, punto 41, e 6 maggio 2003, causa C-104/01, Libertel, Racc. pag. I-3793, punti 46 e 75).

35
Nell’ambito della sua valutazione, l’autorità competente prende in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti, ivi compresi, se del caso, i risultati di uno studio presentato dal richiedente volto a dimostrare, per esempio, che il marchio non è sprovvisto di carattere distintivo o non è ingannevole.

36
Quanto al problema di stabilire in quale fase della procedura di esame svolta dinanzi all’autorità competente debbano essere presi in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti nonché, nell’ipotesi che la normativa nazionale preveda la possibilità di presentare un ricorso dinanzi a un giudice contro la decisione della detta autorità, se anche tale giudice debba prendere in considerazione i fatti e le circostanze pertinenti, occorre sottolineare che l’autorità competente deve prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti prima di adottare una decisione definitiva su una domanda di registrazione di un marchio. Se si tratta di un giudice chiamato a pronunciarsi su un ricorso contro una decisione presa in relazione a una domanda di registrazione di un marchio, esso deve prendere in considerazione anche tutti i fatti e le circostanze pertinenti nei limiti dell’esercizio delle sue competenze, come definite dalla normativa nazionale applicabile.

37
Le prime tre questioni debbono pertanto essere risolte dichiarando che l’art. 3 della direttiva deve essere interpretato nel senso che un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi deve prendere in considerazione, oltre al marchio così come depositato, tutti i fatti e le circostanze pertinenti.

Tale autorità deve prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti prima di adottare una decisione definitiva su una domanda di registrazione di un marchio. Se si tratta di un giudice chiamato a pronunciarsi su un ricorso contro una decisione presa in relazione a una domanda di registrazione di un marchio, esso deve prendere in considerazione anche tutti i fatti e le circostanze pertinenti nei limiti dell’esercizio delle sue competenze, come definite dalla normativa nazionale applicabile.


Sulla nona questione

38
Mediante la nona questione, che si deve esaminare in secondo luogo, il giudice del rinvio chiede se il fatto che un marchio sia stato registrato in uno Stato membro per determinati prodotti o servizi abbia un’incidenza sull’esame, ad opera dell’autorità competente in materia di registrazione dei marchi in un altro Stato membro, di una domanda di registrazione di un marchio simile per prodotti o servizi simili a quelli per i quali il primo marchio è stato registrato.

Osservazioni presentate alla Corte

39
La KPN ritiene che la registrazione di un marchio per determinati prodotti o determinati servizi in uno Stato membro non abbia come conseguenza il fatto che, in qualsiasi circostanza, lo stesso marchio o un marchio simile debba essere parimenti registrato per gli stessi prodotti o servizi in altri Stati membri. Infatti, un dato marchio non possiederebbe necessariamente di per sé lo stesso carattere distintivo in ciascuno degli Stati membri. Secondo la KPN, occorrerà valutare, per ogni Stato membro, in quale misura il marchio in questione abbia carattere distintivo agli occhi del pubblico di riferimento in tale Stato membro.

40
L’UMB sostiene di non poter prendere in considerazione, ai fini dell’esame di una domanda di registrazione di un marchio, oltre a tale marchio, anche quelli registrati negli altri Stati membri. Inoltre un marchio, benché privo di carattere distintivo all’origine, potrebbe essere stato registrato in un altro Stato membro per il fatto che, avendo ivi acquisito un carattere distintivo mediante l’uso, il richiedente l’abbia fatto ammettere. Infine, secondo l’UMB, un marchio non acquisirebbe carattere distintivo perché un altro marchio parimenti sprovvisto di carattere distintivo è stato registrato indebitamente. Sarebbero inevitabili errori di valutazione che, tuttavia, non dovrebbero essere necessariamente riprodotti a causa di una errata comprensione dei principi generali del diritto quali la tutela della legittima aspettativa o la certezza del diritto.

41
La Commissione afferma che una registrazione definitiva effettuata in uno Stato membro in seguito a verifica degli impedimenti alla registrazione può costituire un’indicazione per le autorità competenti di altri Stati membri in sede di controllo ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b)-d), della direttiva. Tuttavia, per quanto riguarda i marchi denominativi, tale registrazione sarebbe pertinente solo qualora la parola in questione faccia parte di una delle lingue della legislazione sui marchi interessata. In ogni caso, tale registrazione costituirebbe semplicemente un’indicazione e non potrebbe sostituirsi alla valutazione che debbono esprimere le autorità competenti di altri Stati membri sulla base delle circostanze concrete di ogni caso di specie, tenendo conto della tutela degli ambienti interessati in tali Stati membri.

Risposta della Corte

42
Come indicato al punto 32 della presente sentenza, spetta all’autorità competente prendere in considerazione le caratteristiche proprie del marchio di cui si chiede la registrazione per stabilire se esso rientri o meno nella sfera di applicazione di uno degli impedimenti alla registrazione enunciati all’art. 3 della direttiva. Inoltre, come ricordato al punto 33 della presente sentenza, la registrazione di un marchio è richiesta sempre in relazione a prodotti o servizi menzionati nella domanda di registrazione.

43
Quindi, il fatto che un marchio sia stato registrato in un primo Stato membro per determinati prodotti o servizi non può avere alcuna incidenza sul problema di stabilire se un marchio simile, la cui registrazione sia richiesta in un secondo Stato membro per prodotti o servizi simili, ricada o meno nella sfera di applicazione degli impedimenti alla registrazione enunciati all’art. 3 della direttiva.

44
La nona questione dev’essere pertanto risolta dichiarando che il fatto che un marchio sia stato registrato in uno Stato membro per determinati prodotti o servizi non ha alcuna incidenza sull’esame, ad opera dell’autorità competente in materia di registrazione dei marchi in un altro Stato membro, di una domanda di registrazione di un marchio simile per prodotti o servizi simili a quelli per i quali il primo marchio è stato registrato.


Sulla quarta questione

45
Mediante la prima parte della quarta questione, che si deve esaminare in terzo luogo, il giudice del rinvio chiede se l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva osti alla registrazione di un marchio composto esclusivamente di segni o di indicazioni che in commercio possono servire a designare caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la registrazione, qualora esistano segni o indicazioni più usuali per designare le stesse caratteristiche. Chiede inoltre se il numero ridotto o elevato di concorrenti che possono avere interesse ad utilizzare i segni o le indicazioni di cui il marchio è composto influisca sulla risposta a tale questione. Mediante la seconda parte della quarta questione, il giudice del rinvio chiede quali siano, sull’applicazione della detta disposizione, le conseguenze di una normativa nazionale che prevede che il diritto esclusivo conferito dalla registrazione, ad opera di un’autorità competente in una zona in cui coesistono diverse lingue ufficialmente riconosciute, di un marchio redatto in una di tali lingue si estenda ipso iure alle traduzioni nelle altre lingue.

Osservazioni presentate alla Corte

46
Secondo la KPN, non è infrequente che un marchio validamente registrato abbia un certo carattere evocativo o descrittivo. La registrazione di tale marchio non può, tuttavia, essere rifiutata, benché esso richiami spontaneamente, in un determinato pubblico, talune caratteristiche dei prodotti per i quali è registrato. I segni che, al momento del deposito, non costituiscono un’indicazione usuale di una certa qualità dei prodotti, ma hanno solamente un carattere evocativo, non sarebbero segni ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva.

47
La KPN aggiunge che occorre sapere se i concorrenti abbiano soluzioni alternative, poiché più sono le soluzioni alternative minore sarebbe rischio che un concorrente si trovi limitato nella possibilità di utilizzare un segno evocativo come segno distintivo.

48
L’UMB afferma che l’impedimento alla registrazione enunciato all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva si applica quando un marchio sia composto esclusivamente di segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali tale registrazione è richiesta e che è indifferente che esistano altre possibilità diverse dall’uso di tali segni o indicazioni per designare le stesse caratteristiche. Tale analisi sarebbe confermata dalla sentenza 4 maggio 1999, cause riunite C-108/97 e C-109/97, Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. I-2779).

49
L’UMB sostiene peraltro che il problema di stabilire se vi siano pochi o molti concorrenti che vogliono utilizzare i segni o le indicazioni in questione non è un criterio decisivo per l’applicazione dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva.

50
Infine, secondo l’UMB, nel diritto dei marchi vigente nel Benelux il territorio del Benelux è unico e indivisibile, cosicché, se un segno è descrittivo solo in uno degli Stati membri del Benelux o in una sola delle lingue del Benelux ovvero è ivi privo di carattere distintivo per un’altra ragione, la sua registrazione come marchio deve essere rifiutata su tutto il territorio del Benelux.

51
La Commissione, basandosi sulla citata sentenza Windsurfing Chiemsee, sostiene che la finalità del divieto di marchi descrittivi di cui all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva è che segni descrittivi delle caratteristiche dei prodotti possano essere liberamente utilizzati da tutti. In questo senso, non sarebbe necessaria l’esistenza di un rischio effettivo o concreto di monopolizzazione per vietare tali marchi. Inoltre, il fatto che i segni o le indicazioni che possono essere utilizzati per descrivere caratteristiche dei prodotti siano o meno sinonimi non avrebbe alcuna rilevanza.

52
Infine, secondo la Commissione, sarebbe parimenti ininfluente stabilire se pochi o molti concorrenti rischino di essere interessati dalla monopolizzazione derivante dalla registrazione di un marchio composto esclusivamente di tali segni o indicazioni.

Risposta della Corte

53
Per quanto riguarda la prima parte della questione, si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, sono esclusi dalla registrazione i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali si chiede la registrazione.

54
Come precedentemente dichiarato dalla Corte (citate sentenze Windsurfing Chiemsee, punto 25; Linde e a., punto 73, e Libertel, punto 52), l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che tali segni o indicazioni possano essere liberamente utilizzati da tutti. Questa disposizione osta, quindi, a che tali segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi.

55
Infatti, l’interesse generale implica che tutti i segni o le indicazioni che possono servire a designare caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali si chiede la registrazione siano lasciati liberamente a disposizione di tutte le imprese affinché possano utilizzarli per descrivere le stesse caratteristiche dei loro propri prodotti. I marchi composti esclusivamente di tali segni o indicazioni non possono pertanto formare oggetto di registrazione, salvo mediante applicazione dell’art. 3, n. 3, della direttiva.

56
Conseguentemente, l’autorità competente, in ossequio all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, deve valutare se un marchio di cui si chiede la registrazione costituisca attualmente, agli occhi degli ambienti interessati, una descrizione delle caratteristiche dei prodotti o dei servizi in questione ovvero se si possa ragionevolmente presumere che così avvenga in futuro (v., in questo senso, sentenza Windsurfing Chiemsee, cit., punto 31). Se, in esito a tale verifica, l’autorità competente perviene alla conclusione che è effettivamente così, essa deve rifiutarsi di procedere alla registrazione del marchio sulla base della citata disposizione.

57
È ininfluente che esistano altri segni o indicazioni più usuali di quelli che compongono il detto marchio per designare le stesse caratteristiche dei prodotti o dei servizi menzionati nella domanda di registrazione. Infatti, l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, pur prevedendo che il marchio, per rientrare tra le cause di impedimento alla registrazione ivi elencate, sia composto «esclusivamente» di segni o indicazioni che possono servire a designare caratteristiche dei prodotti o dei servizi interessati, non richiede, però, che tali segni o indicazioni siano l’unico modo per designare le dette caratteristiche.

58
Analogamente, non è determinante che il numero di concorrenti che possono avere interesse ad utilizzare i segni o le indicazioni di cui il marchio è composto sia o meno rilevante. Infatti, qualsiasi operatore che proponga attualmente, così come qualsiasi operatore che possa proporre in futuro, prodotti o servizi concorrenti rispetto a quelli di cui si chiede la registrazione deve poter utilizzare liberamente i segni o le indicazioni che possono servire a descrivere le caratteristiche dei suoi prodotti o servizi.

59
Per quanto riguarda la seconda parte della quarta questione, quando, come nella causa principale, la normativa nazionale applicabile prevede che il diritto esclusivo conferito dalla registrazione, ad opera di un’autorità competente in una zona in cui coesistono diverse lingue ufficialmente riconosciute, di un marchio denominativo redatto in una di tali lingue si estenda ipso iure alle traduzioni nelle altre lingue, una simile disposizione equivale in realtà a una registrazione di più marchi diversi.

60
Conseguentemente, la detta autorità deve verificare, per ciascuna di tali traduzioni, che non sia composta esclusivamente di segni o di indicazioni che in commercio possono servire a designare caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la registrazione.

61
La quarta questione deve essere pertanto risolta dichiarando che l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva osta alla registrazione di un marchio composto esclusivamente di segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la registrazione, anche qualora esistano segni o indicazioni più usuali per designare le stesse caratteristiche, a prescindere dal numero di concorrenti che possono avere interesse ad utilizzare i segni o le indicazioni di cui il marchio è composto.

Qualora la normativa nazionale applicabile preveda che il diritto esclusivo conferito dalla registrazione, ad opera di un’autorità competente in una zona in cui coesistono diverse lingue ufficialmente riconosciute, di un marchio denominativo redatto in una di tali lingue si estenda ipso iure alle traduzioni nelle altre lingue, la detta autorità deve verificare, per ciascuna di tali traduzioni, che non sia composta esclusivamente di segni o di indicazioni che in commercio possono servire a designare caratteristiche di tali prodotti o servizi.


Sulla sesta questione

62
Mediante la prima parte della sesta questione, che si deve esaminare in quarto luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 3, n. 1, della direttiva debba essere interpretato nel senso che un marchio che sia descrittivo delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi, ma non delle caratteristiche di altri prodotti o servizi, ai sensi della lett. c) di tale disposizione, deve essere considerato come dotato necessariamente di carattere distintivo in relazione a questi altri prodotti o servizi, ai sensi della lett. b) della citata disposizione. In caso di risposta negativa, il giudice del rinvio chiede, mediante la seconda parte della sua questione, se, al fine di determinare se un certo marchio sia o non sia privo di carattere distintivo in relazione a determinati prodotti o servizi per i quali non è descrittivo, occorra prendere in considerazione la possibilità che il pubblico non percepisca questo marchio come distintivo per i prodotti o i servizi in questione, essendo descrittivo delle caratteristiche di altri prodotti o servizi.

Osservazioni presentate alla Corte

63
La KPN sostiene, innanzitutto, che, se il giudice del rinvio per «segno descrittivo» intende una parola della lingua corrente, allora, qualora tale parola sia depositata come marchio per prodotti o servizi per i quali non è descrittivo, le condizioni di cui agli artt. 1 e 3 della direttiva sono soddisfatte per quanto riguarda il carattere distintivo. D’altro lato, a suo dire, il carattere distintivo di un marchio deve essere valutato in relazione ai prodotti o servizi per i quali è depositato e non in relazione a prodotti o servizi che potrebbero avere un nesso con i prodotti o servizi per i quali il marchio è depositato.

64
Secondo l’UMB, proprio un marchio come Postkantoor può servire a indicare la destinazione dei prodotti o dei servizi, per esempio dei mobili destinati a essere utilizzati in un ufficio postale. Pertanto, il fatto che il marchio possa essere percepito dal pubblico di riferimento come indicazione relativa a una caratteristica dei prodotti o dei servizi interessati, in particolare la loro destinazione, renderebbe il marchio inadatto come marchio ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva.

65
Tuttavia, anche se il pubblico non percepisse il marchio Postkantoor per prodotti o servizi determinati come una indicazione ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, esso resterebbe inidoneo a fungere da marchio a causa della citata disposizione. Infatti, secondo l’UMB, non è tanto il modo in cui il marchio è attualmente percepito dal pubblico interessato che interessa la detta disposizione, ma il problema di stabilire se esso possa servire in commercio a designare caratteristiche o circostanze in esso evocate. Inoltre, occorrerebbe prendere in considerazione quale percezione del marchio sia ragionevole prevedere che le categorie interessate di pubblico avranno in futuro.

66
La Commissione sostiene, da un lato, che il carattere distintivo di un marchio dipende contemporaneamente dai prodotti o dai servizi per i quali è richiesta la protezione e dalla percezione che il consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, avrà di tali prodotti o servizi. D’altro lato, considera che gli impedimenti alla registrazione di cui rispettivamente alle lett. b) e c) dell’art. 3, n. 1, della direttiva devono essere valutati separatamente, nonostante le sovrapposizioni che possono verificarsi nella pratica. Pertanto, non sarebbe sufficiente che un marchio non sia esclusivamente descrittivo di quei prodotti o servizi per concluderne che esso possiede carattere distintivo per quei prodotti o quei servizi.

Risposta della Corte

67
Per quanto riguarda la prima parte della questione, dall’art. 3, n. 1, della direttiva emerge chiaramente che i singoli impedimenti alla registrazione indicati in tale disposizione sono indipendenti l’uno dall’altro ed esigono un esame separato (v., in particolare, sentenza Linde e a., cit., punto 67). Così avviene, in particolare, per gli impedimenti alla registrazione enunciati rispettivamente ai punti b), c) e d) della detta disposizione, anche se sussiste un’evidente sovrapposizione delle loro rispettive sfere di applicazione (v., in questo senso, sentenza 4 ottobre 2001, causa C-517/99, Merz & Krell, Racc. pag. I-6959, punti 35 e 36).

68
Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte, i vari motivi d’impedimento alla registrazione elencati all’art. 3 della direttiva vanno interpretati alla luce dell’interesse generale sottostante a ciascuno di essi (v., in particolare, sentenze 18 giugno 2002, causa C-299/99, Philips, Racc. pag. I-5475, punto 77; Linde e a., cit., punto 71, e Libertel, cit., punto 51).

69
Ne consegue che il fatto che un marchio non rientri nell’ambito di applicazione di uno di questi motivi non consente di concludere che esso non possa rientrare nell’ambito di applicazione di altri (v., questo senso, sentenza Linde e a., cit., punto 68).

70
L’autorità competente non può dunque concludere, in particolare, che un marchio non è privo di carattere distintivo in relazione a determinati prodotti o servizi per il solo fatto che esso non li descrive.

71
D’altra parte, come ricordato al punto 34 della presente sentenza, il carattere distintivo di un marchio, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva, deve essere valutato in funzione dei prodotti o dei servizi menzionati nella domanda di registrazione.

72
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 della direttiva, «[s]e un impedimento alla registrazione (...) sussist[e] soltanto per una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio di impresa è (...) registrato, l’impedimento alla registrazione (...) riguard[a] solo i prodotti o servizi di cui trattasi».

73
Ne consegue che, quando la registrazione di un marchio è richiesta per diversi prodotti o servizi, l’autorità competente deve verificare che il marchio non ricada nella sfera di applicazione di alcuno degli impedimenti alla registrazione enunciati all’art. 3, n. 1, della direttiva in relazione a ciascuno dei detti prodotti o servizi e può giungere a conclusioni diverse a seconda dei prodotti o dei servizi considerati.

74
Quindi, l’autorità competente non può concludere che un marchio non è privo di carattere distintivo per determinati prodotti o servizi per la sola ragione che esso è descrittivo delle caratteristiche di altri prodotti o servizi, quand’anche la sua registrazione sia richiesta per l’insieme di tali prodotti o servizi.

75
Per quanto riguarda la seconda parte della questione, il carattere distintivo di un marchio deve essere valutato, come ricordato al punto 34 della presente sentenza, da un lato, in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio e, dall’altro, in relazione a come lo percepisce il pubblico di riferimento, costituito dal consumatore medio di tali prodotti o servizi, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto.

76
Ne consegue che, se, in esito all’esame di una domanda di registrazione di un marchio, l’autorità competente constata, alla luce di tutti i fatti e le circostanze pertinenti, che il consumatore medio di determinati prodotti o servizi, normalmente informato e ragionevolmente attento, percepisce un marchio come privo di carattere distintivo in relazione a tali prodotti o servizi, essa deve rifiutarsi di registrare tale marchio per i detti prodotti o servizi in applicazione dell’art. 3, n. 1, lett. b), della direttiva.

77
È invece indifferente che il consumatore medio di altri prodotti o servizi, normalmente informato e ragionevolmente attento, percepisca lo stesso marchio come descrittivo delle caratteristiche di tali altri prodotti o servizi, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva.

78
Infatti, non risulta né dall’art. 3 della direttiva né da alcuna altra disposizione della stessa che il carattere descrittivo di un marchio in relazione a determinati prodotti o servizi sia un impedimento alla registrazione di tale marchio per altri prodotti e servizi. Orbene, come precisato al settimo ‘considerando’ della direttiva, gli impedimenti alla registrazione relativi al marchio stesso sono enumerati esaurientemente.

79
La sesta questione dev’essere pertanto risolta dichiarando che l’art. 3, n. 1, della direttiva deve essere interpretato nel senso che un marchio che è descrittivo delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi, ma non delle caratteristiche di altri prodotti o servizi, ai sensi della lett. c) di tale disposizione, non può essere considerato come dotato necessariamente di carattere distintivo in relazione a questi altri prodotti o servizi, ai sensi della lett. b) della citata disposizione.

È indifferente che un marchio sia descrittivo delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, ai fini della valutazione del carattere distintivo dello stesso marchio in relazione ad altri prodotti o servizi, ai sensi della lett. b) dello stesso numero.


Sulla quinta questione

80
In via preliminare, occorre ricordare, innanzitutto, che l’art. 2 della direttiva ha ad oggetto la definizione dei tipi di segni idonei a costituire un marchio (sentenza 12 dicembre 2002, causa C-273/00, Sieckmann, Racc. pag. I-11737, punto 43), a prescindere dai prodotti o dai servizi per i quali la protezione potrebbe essere richiesta (v., in questo senso, citate sentenze Sieckmann, punti 43-55; Libertel, punti 22-42, e 27 novembre 2003, causa C-283/01, Shield Mark, Racc. pag. I‑14313, punti 34-41). Esso prevede in particolare che possono costituire dei marchi «le parole» e «le lettere», a condizione che siano adatte a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.

81
Alla luce di tale norma, non vi è alcuna ragione per ritenere che un vocabolo quale «Postkantoor» non sia, in relazione a determinati prodotti o servizi, atto a svolgere la funzione essenziale del marchio, consistente nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine del prodotto o del servizio contrassegnato, consentendogli di distinguere senza confusione possibile questo prodotto o questo servizio da quelli di provenienza diversa (v., in particolare, sentenze 29 settembre 1998, causa C-39/97, Canon, Racc. pag. I-5507, punto 28; Merz & Krell, cit., punto 22, e Libertel, cit., punto 62). Pertanto, l’interpretazione dell’art. 2 della direttiva risulta priva di utilità per la soluzione della controversia.

82
Tuttavia, risulta dal tenore letterale della quinta questione che il giudice del rinvio intende sapere, in realtà, se un marchio la cui registrazione sia richiesta in relazione a determinati prodotti o servizi rientri o meno nella sfera di applicazione di un impedimento alla registrazione. Occorre quindi intendere la questione nel senso che il giudice del rinvio chiede l’interpretazione dell’art. 3, n. 1, della direttiva.

83
In secondo luogo, come risulta dal punto 15 della presente sentenza, nella causa principale l’UMB si è basato sul carattere «esclusivamente descrittivo [del segno Postkantoor] per le merci e per i servizi [in questione] relativi ad un ufficio postale» per dedurne che il marchio Postkantoor non possedeva carattere distintivo.

84
Quindi, l’eventuale mancanza di carattere distintivo del marchio Postkantoor, identificata dal giudice del rinvio, deriva dalla constatazione che esso è descrittivo di caratteristiche dei prodotti e dei servizi interessati in quanto composto esclusivamente di elementi a loro volta descrittivi delle dette caratteristiche.

85
A questo proposito, come del resto sottolineato al punto 67 della presente sentenza, benché i singoli impedimenti alla registrazione indicati all’art. 3, n. 1, della direttiva siano indipendenti l’uno dall’altro ed esigano un esame separato, sussiste un’evidente sovrapposizione delle rispettive sfere di applicazione dei motivi enunciati ai punti b), c) e d) della detta disposizione.

86
In particolare, un marchio denominativo che sia descrittivo delle caratteristiche di prodotti o servizi ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva è, per questo stesso motivo, necessariamente privo di carattere distintivo in relazione a questi stessi prodotti o servizi ai sensi della lett. b) della stessa norma. Un marchio può tuttavia essere privo di carattere distintivo in relazione a prodotti o servizi per ragioni diverse dal suo eventuale carattere descrittivo.

87
Conseguentemente, per poter fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre ritenere che mediante la sua quinta questione, che deve essere esaminata in quinto luogo, tale giudice chieda, in sostanza, se l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva debba essere interpretato nel senso che un marchio costituito da una parola composta di elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali è richiesta la registrazione può considerarsi a sua volta non descrittivo delle caratteristiche dei detti prodotti o servizi e, eventualmente, a quali condizioni. In tale prospettiva, il detto giudice chiede se sia rilevante il fatto che la parola abbia o meno sinonimi ovvero che le caratteristiche dei prodotti o dei servizi che esso può descrivere siano essenziali o accessori sul piano commerciale.

Osservazioni presentate alla Corte

88
La KPN afferma che, qualora gli elementi che compongono un marchio siano privi di qualsiasi carattere distintivo in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali si chiede la registrazione, anche il marchio ne sarà privo nella maggior parte dei casi. Al contrario, anche se gli elementi che compongono il marchio non sono privi di qualsiasi carattere distintivo, ma richiamano semplicemente i prodotti o i servizi interessati, cosicché potrebbero essere teoricamente utilizzati in commercio per evocarne alcune qualità, il marchio potrebbe comunque avere un carattere distintivo in relazione ai detti prodotti o servizi.

89
Secondo l’UMB, ogni marchio, composto o meno, deve rispettare i criteri imposti dagli artt. 2 e 3, n. 1, lett. b)-d), della direttiva. Una nuova combinazione di parole ciascuna delle quali priva di carattere distintivo non sarebbe, per questo solo fatto, distintiva.

90
L’UMB sostiene che il più delle volte la questione consisterà nello stabilire se una combinazione di parole ciascuna delle quali semplicemente descrittiva delle caratteristiche dei prodotti interessati riesca comunque ad acquisire un carattere distintivo sufficiente, cosicché il marchio costituito da tale combinazione di parole non sarà esso stesso descrittivo ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva. A questo proposito, se la combinazione è data semplicemente dalla somma di due elementi non distintivi, in quanto descrittivi, tale combinazione, benché nuova in senso stretto, nella maggior parte dei casi non sarà considerata distintiva.

91
Infine, il fatto che esistano sinonimi di un marchio per ipotesi descrittivo non sarebbe un criterio decisivo della validità di tale marchio.

92
Secondo la Commissione, anche un marchio composto di elementi ciascuno dei quali privo di qualsiasi carattere distintivo in relazione ai prodotti o i servizi indicati al momento del deposito generalmente è privo, salvo consacrazione attraverso l’uso, di qualsiasi carattere distintivo, a meno che circostanze concomitanti, come una modifica grafica o semantica della combinazione dei detti elementi, non conferiscano al marchio stesso una caratteristica ulteriore in grado di renderlo idoneo, complessivamente, a contraddistinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. Tale valutazione dovrebbe tuttavia basarsi sempre sulle circostanze concrete di ciascun caso di specie.

Risposta della Corte

93
Ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, sono esclusi dalla registrazione i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio.

94
Come sottolineato al punto 68 della presente sentenza, i vari motivi di impedimento alla registrazione elencati all’art. 3 della direttiva vanno interpretati alla luce dell’interesse generale sottostante a ciascuno di essi.

95
Dai punti 54 e 55 della presente sentenza risulta che l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti. Tale disposizione osta, quindi, a che siffatti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi.

96
Perché un marchio costituito da una parola formata da una combinazione di elementi, come quella controversa nella causa principale, sia considerato descrittivo ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, non basta che un eventuale carattere descrittivo venga constatato per ciascuno di questi elementi. Tale carattere dev’essere constatato anche per la parola nel suo complesso.

97
Non è del resto necessario che i segni o le indicazioni componenti il marchio previsti dall’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva siano effettivamente utilizzati, al momento della domanda di registrazione, allo scopo di descrivere prodotti o servizi come quelli oggetto della domanda ovvero di caratteristiche dei medesimi. È sufficiente, come emerge dal tenore letterale della detta disposizione, che questi segni e indicazioni possano essere utilizzati a tal fine. Un segno denominativo dev’essere quindi escluso dalla registrazione, ai sensi della detta disposizione, qualora designi, quanto meno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o servizi di cui trattasi [v., in questo senso, a proposito delle identiche disposizioni dell’art. 7, n. 1, lett. c), del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), sentenza 23 ottobre 2003, causa C-191/01 P, UAMI/Wrigley, Racc. pag. I-12447, punto 32].

98
Di regola, la semplice combinazione di elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione resta di per sé descrittiva di tali caratteristiche ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva. Infatti, il semplice accostamento di tali elementi senza apportarvi alcuna modifica insolita, in particolare di ordine sintattico o semantico, può produrre solamente un marchio composto esclusivamente di segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare caratteristiche dei detti prodotti o servizi.

99
Tuttavia, una simile combinazione può non essere descrittiva ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, purché produca un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice unione dei detti elementi. Nel caso di un marchio denominativo, che è destinato ad essere sia udito che letto, tale condizione dovrà essere soddisfatta per quanto riguarda l’impressione sia uditiva che visiva prodotta dal marchio.

100
Pertanto, un marchio costituito da una parola composta di elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali è richiesta la registrazione è esso stesso descrittivo delle dette caratteristiche ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, a meno che non vi sia uno scarto percettibile tra la parola e la semplice somma degli elementi che la compongono, il che presuppone da un lato che, a causa del carattere insolito della combinazione per detti prodotti o servizi, la parola produca un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice unione delle indicazioni fornite dagli elementi che la compongono, così da prevalere sulla somma di tali elementi, e dall’altro che la parola sia entrata nel linguaggio corrente e vi abbia acquisito un significato suo proprio, al punto da essere ormai autonoma rispetto agli elementi che la compongono. In quest’ultimo caso, si deve quindi verificare se la parola che ha acquisito un significato proprio non sia essa stessa descrittiva ai sensi della citata disposizione.

101
Peraltro, per la ragione esposta al punto 57 della presente sentenza, è indifferente, al fine di valutare se tale marchio rientri nella sfera di applicazione dell’impedimento alla registrazione di cui all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, che esistano o meno sinonimi che consentano di designare le stesse caratteristiche dei prodotti o servizi menzionati nella domanda di registrazione.

102
È altresì indifferente che le caratteristiche dei prodotti o servizi che possono essere descritte siano essenziali o accessorie sul piano commerciale. Infatti, la lettera dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva non fa distinzione in base alle caratteristiche che i segni o le indicazioni che compongono il marchio possono designare. Di fatto, alla luce dell’interesse generale sotteso alla detta norma, qualsiasi impresa deve poter utilizzare liberamente tali segni o indicazioni per descrivere una qualsiasi caratteristica dei suoi prodotti, a prescindere dalla sua importanza sul piano commerciale.

103
Infine, si è già risposto, ai punti 59 e 60 della presente sentenza, alla questione dell’incidenza di una disposizione nazionale come l’art. 13, parte C, primo comma, della LBM sull’interpretazione dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva.

104
La quinta questione dev’essere pertanto risolta dichiarando che l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva dev’essere interpretato nel senso che un marchio costituito da una parola composta di elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali è richiesta la registrazione è esso stesso descrittivo delle caratteristiche dei tali prodotti o servizi, ai sensi della detta disposizione, a meno che non vi sia uno scarto sensibile tra la parola e la semplice somma degli elementi che la compongono, il che presuppone, da un lato, che, a causa del carattere insolito della combinazione per detti prodotti o servizi, la parola crei un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice unione delle indicazioni fornite dagli elementi che la compongono, così da prevalere sulla somma di tali elementi, e, dall’altro, che la parola sia entrata nel linguaggio corrente e vi abbia acquisito un significato suo proprio, al punto da essere ormai autonoma rispetto agli elementi che la compongono. In quest’ultimo caso, si deve quindi verificare se la parola che ha acquisito un significato proprio non sia essa stessa descrittiva ai sensi della stessa disposizione.

Al fine di valutare se tale marchio rientri nella sfera di applicazione dell’impedimento alla registrazione di cui all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, è indifferente che esistano o meno sinonimi che consentano di designare le stesse caratteristiche dei prodotti o servizi menzionati nella domanda di registrazione ovvero che le caratteristiche dei prodotti o servizi che possono essere descritte siano essenziali o accessorie sul piano commerciale.


Sull’ottava questione

105
Mediante l’ottava questione, che deve essere esaminata in sesto luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva o la convenzione di Parigi ostino a che un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi registri un marchio per determinati prodotti o determinati servizi a condizione che essi non presentino una certa caratteristica.

106
Il giudice del rinvio precisa, sotto questo profilo, che la questione è volta a determinare se il marchio Postkantoor possa essere registrato, per esempio, per i servizi relativi a campagne pubblicitarie mediante posta diretta ed emissione di francobolli postali «purché esse non riguardino un ufficio postale».

Osservazioni presentate alla Corte

107
La KPN sostiene che questo problema non è disciplinato dalla direttiva, cosicché non rientrerebbe nella competenza della Corte. In via subordinata, fa valere che simili limitazioni sono ammissibili e che è possibile ammettere o persino pretendere talune esclusioni nella fase di deposito.

108
L’UMB sostiene che, secondo la direttiva, mentre le questioni procedurali rientrano nella competenza degli Stati membri, l’acquisizione e la conservazione del diritto sul marchio sono subordinati, in linea di principio, in tutti i suddetti Stati, alle stesse condizioni. Tra queste figurerebbe l’obbligo che la redazione della registrazione risponda a talune norme ammesse a livello internazionale, in particolare alla classificazione stabilita dall’accordo di Nizza.

109
Ebbene, le disposizioni dell’accordo di Nizza non autorizzerebbero la registrazione della mancanza di una caratteristica determinata non definibile oggettivamente come sottocategoria di un elenco di prodotti o servizi.

110
La Commissione fa valere, in primo luogo, che la Corte non è competente a pronunciarsi sulla compatibilità di una norma nazionale con la convenzione di Parigi. In secondo luogo, basandosi sul regolamento n. 40/94, sostiene che l’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva non osta a che la registrazione dei marchi descrittivi di determinati prodotti o servizi sia negata per una parte dei prodotti o dei servizi elencati nella domanda di registrazione, pratica che sarebbe seguita altresì dall’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI).

Risposta della Corte

111
Occorre ricordare che l’accordo di Nizza ripartisce i prodotti e i servizi in classi al fine di facilitare la registrazione dei marchi. Ogni classe raggruppa diversi prodotti o diversi servizi.

112
Se è vero che un’impresa può chiedere la registrazione di un marchio per tutti i prodotti o i servizi contemplati da una delle dette classi, non vi è alcuna disposizione della direttiva che le vieti di chiedere tale registrazione solo per alcuni di quei prodotti o di quei servizi.

113
Parimenti, quando la registrazione di un marchio è richiesta per un’intera classe dell’accordo di Nizza, l’autorità competente può registrare il marchio, in applicazione dell’art. 13 della direttiva, solo per determinati prodotti o servizi appartenenti a tale classe se, per esempio, il marchio è privo di carattere distintivo in relazione agli altri prodotti o agli altri servizi menzionati nella domanda.

114
Invece, è inammissibile che, quando la registrazione è richiesta per determinati prodotti o servizi, l’autorità competente possa registrare il marchio solo a condizione che tali prodotti o servizi non presentino una certa caratteristica.

115
Una pratica simile comporterebbe un’incertezza giuridica relativa alla portata della protezione del marchio. I terzi – in particolare i concorrenti – normalmente non sarebbero informati che, per determinati prodotti o servizi, la protezione conferita dal marchio non si estende a quei prodotti o a quei servizi che presentano una certa caratteristica, e potrebbero quindi essere indotti a rinunciare ad utilizzare i segni o le indicazioni che compongono il marchio e che sono descrittivi di tale caratteristica per descrivere i loro propri prodotti.

116
Dal momento che la direttiva osta a una simile pratica, non è necessario esaminare la domanda di interpretazione della convenzione di Parigi.

117
Conseguentemente, l’ottava questione dev’essere risolta dichiarando che la direttiva osta a che un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi registri un marchio per determinati prodotti o determinati servizi a condizione che essi non presentino una certa caratteristica.


Sulla settima questione

118
Mediante la settima questione, che deve essere esaminata in ultimo luogo, il giudice del rinvio chiede se l’art. 3 della direttiva osti alla pratica di un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi volta unicamente a rifiutare la registrazione di marchi manifestamente inammissibili.

Osservazioni presentate alla Corte

119
Secondo la KPN, la direttiva, prevedendo all’art. 3, n. 1, che i marchi possano essere esclusi dalla registrazione ovvero dichiarati nulli dopo la registrazione, consente esplicitamente agli Stati membri di registrare marchi che in seguito potrebbero essere dichiarati nulli. Ne conseguirebbe che gli Stati membri sono liberi di stabilire che, nella fase della registrazione, siano esclusi solamente i marchi «manifestamente inammissibili». Sarebbe loro parimenti lecito determinare i marchi che devono essere considerati «manifestamente inammissibili» e quelli che non devono esserlo. L’attuazione di tale criterio potrebbe consistere nel procedere alla registrazione di un marchio anche quando vi sia un ragionevole dubbio che esso abbia un carattere distintivo sufficiente. Invece, nell’ambito di un’azione di annullamento di un marchio registrato, i criteri enunciati agli artt. 1-3 della direttiva dovrebbero essere applicati rigorosamente.

120
L’UMB e la Commissione fanno presente, al contrario, che gli Stati del Benelux, a partire dall’entrata in vigore della direttiva, non possono più affidarsi ai Commentari comuni del loro governi sulla LBM né alla giurisprudenza pregressa della Corte di giustizia del Benelux, la quale sarebbe superata dalla direttiva, ma debbono basarsi sul testo, sulla finalità e sulla portata dell’art. 3 della direttiva. Orbene, tale norma non opererebbe alcuna distinzione fra i depositi «inammissibili» e i depositi «manifestamente inammissibili».

Risposta della Corte

121
Dal punto I, n. 6, ultimo comma, della motivazione del protocollo 2 dicembre 1992 recante modifiche della LBM risulta che «la politica di controllo dell’UMB (...) dovrà essere una politica prudente e restrittiva, che tenga conto di tutti gli interessi della vita economica e sia volta unicamente a far regolarizzare o a respingere i depositi manifestamente inammissibili» e che «l’esame rima[rrà] entro i limiti tracciati dalla giurisprudenza del Benelux, in particolare della Corte di giustizia del Benelux».

122
A questo proposito occorre ricordare che, benché il terzo ‘considerando’ della direttiva preveda che non appare attualmente necessario un ravvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri in tema di marchi di impresa, il settimo ‘considerando’ precisa che l’acquisizione e la conservazione del diritto sul marchio di impresa registrato sono in linea di massima subordinate, in tutti gli Stati membri, alle stesse condizioni e che a tale scopo gli impedimenti alla registrazione inerenti al marchio di impresa stesso sono elencati esaurientemente nella direttiva.

123
Inoltre, il sistema della direttiva si fonda su un controllo effettuato prima della registrazione, benché essa preveda anche un controllo a posteriori. L’esame degli impedimenti alla registrazione enunciati in particolare all’art. 3 della direttiva, effettuato in sede di domanda di registrazione, deve essere approfondito e completo, al fine di evitare l’indebita registrazione di marchi (v., in questo senso, sentenza Libertel, cit., punto 59).

124
Pertanto, l’autorità competente di uno Stato membro deve rifiutarsi di procedere alla registrazione di qualsiasi marchio che rientri nella sfera di applicazione di uno degli impedimenti alla registrazione fissati dalla direttiva, in particolare dal suo art. 3.

125
Orbene, l’art. 3 della direttiva non opera alcuna distinzione tra i marchi che non possono essere registrati e quelli che non possono «manifestamente» essere registrati. Conseguentemente, l’autorità competente non può procedere alla registrazione di marchi che rientrino nella sfera di applicazione di uno degli impedimenti alla registrazione enunciati in tale articolo con il pretesto che questi non sarebbero «manifestamente inammissibili».

126
La settima questione dev’essere pertanto risolta dichiarando che l’art. 3 della direttiva osta alla pratica di un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi volta unicamente a rifiutare la registrazione di marchi «manifestamente inammissibili».


Sulle spese

127
Le spese sostenute dalla Commissione, che ha presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi

LA CORTE (Sesta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Gerechtshof te ‘s-Gravenhage con ordinanza 3giugno 1999, dichiara:

1)
L’art. 3 della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi deve prendere in considerazione, oltre al marchio così come depositato, tutti i fatti e le circostanze pertinenti.

Tale autorità deve prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti prima di adottare una decisione definitiva su una domanda di registrazione di un marchio. Se si tratta di un giudice chiamato a pronunciarsi su un ricorso contro una decisione presa in relazione a una domanda di registrazione di un marchio, esso deve prendere in considerazione anche tutti i fatti e le circostanze pertinenti nei limiti dell’esercizio delle sue competenze, come definite dalla normativa nazionale applicabile.

2)
Il fatto che un marchio sia stato registrato in uno Stato membro per determinati prodotti o servizi non ha alcuna incidenza sull’esame, ad opera dell’autorità competente in materia di registrazione dei marchi in un altro Stato membro, di una domanda di registrazione di un marchio simile per prodotti o servizi simili a quelli per i quali il primo marchio è stato registrato.

3)
L’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 osta alla registrazione di un marchio composto esclusivamente di segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare caratteristiche dei prodotti o dei servizi per i quali è richiesta la registrazione, anche qualora esistano segni o indicazioni più usuali per designare le stesse caratteristiche, a prescindere dal numero di concorrenti che possono avere interesse ad utilizzare i segni o le indicazioni di cui il marchio è composto.

Qualora la normativa nazionale applicabile preveda che il diritto esclusivo conferito dalla registrazione, ad opera di un’autorità competente in una zona in cui coesistono diverse lingue ufficialmente riconosciute, di un marchio denominativo redatto in una di tali lingue si estenda ipso iure alle traduzioni nelle altre lingue, la detta autorità deve verificare, per ciascuna di tali traduzioni, che essa non sia composta esclusivamente di segni o di indicazioni che in commercio possono servire a designare caratteristiche di tali prodotti o servizi.

4)
L’art. 3, n. 1, della direttiva 89/104 deve essere interpretato nel senso che un marchio che è descrittivo delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi, ma non delle caratteristiche di altri prodotti o servizi, ai sensi della lett. c) di tale disposizione, non può essere considerato come dotato necessariamente di carattere distintivo in relazione a questi altri prodotti o servizi, ai sensi della lett. b) della citata disposizione.

È indifferente che un marchio sia descrittivo delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva89/104, ai fini della valutazione del carattere distintivo dello stesso marchio in relazione ad altri prodotti o servizi, ai sensi della lett. b) dello stesso numero.

5)
L’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104 dev’essere interpretato nel senso che un marchio costituito da una parola composta di elementi ciascuno dei quali descrittivo di caratteristiche dei prodotti o servizi per i quali è richiesta la registrazione è esso stesso descrittivo delle caratteristiche di tali prodotti o servizi, ai sensi della detta disposizione, a meno che non vi sia uno scarto sensibile tra la parola e la semplice somma degli elementi che la compongono, il che presuppone, da un lato, che, a causa del carattere insolito della combinazione per detti prodotti o servizi, la parola crei un’impressione sufficientemente diversa da quella prodotta dalla semplice unione delle indicazioni fornite dagli elementi che la compongono, così da prevalere sulla somma di tali elementi, e, dall’altro, che la parola sia entrata nel linguaggio corrente e vi abbia acquisito un significato suo proprio, al punto da essere ormai autonoma rispetto agli elementi che la compongono. In quest’ultimo caso, si deve quindi verificare se la parola che ha acquisito un significato proprio non sia essa stessa descrittiva ai sensi della stessa norma.

Al fine di valutare se tale marchio rientri nella sfera di applicazione dell’impedimento alla registrazione di cui all’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva 89/104, è indifferente che esistano o meno sinonimi che consentano di designare le stesse caratteristiche dei prodotti o servizi menzionati nella domanda di registrazione ovvero che le caratteristiche dei prodotti o servizi che possono essere descritte siano essenziali o accessorie sul piano commerciale.

6)
La direttiva 89/104 osta a che un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi registri un marchio per determinati prodotti o determinati servizi a condizione che essi non presentino una certa caratteristica.

7)
L’art. 3 della direttiva 89/104 osta alla pratica di un’autorità competente in materia di registrazione dei marchi volta unicamente a rifiutare la registrazione di marchi «manifestamente inammissibili».

Skouris

Gulmann

Cunha Rodrigues

Schintgen

Macken

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 febbraio 2004.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

V. Skouris


1
Lingua processuale: l'olandese.