I –Introduzione
1. Nel 1996 la Commissione indiceva una gara per la fornitura di succhi di frutta destinati a far parte di aiuti da inviare nel
Caucaso. L’aggiudicatario doveva essere remunerato, anziché in danaro, con mele – ritirate dal mercato a seguito di misure
d’intervento – nell’ambito di un sistema nel quale gli offerenti dovevano indicare la quantità richiesta in pagamento. La
ricorrente non otteneva l’appalto e non agiva in giudizio per il mancato incarico. Dopo l’aggiudicazione ad altre imprese,
la Commissione comunicava all’organismo d’intervento che invece delle mele potevano essere ritirate anche pesche, possibilità
in seguito estesa anche ad altre varietà di frutta, e fissava altresì rapporti di equivalenza tra i diversi prodotti in base
al peso. Tali rapporti di equivalenza furono modificati con una successiva decisione della Commissione, l’unica contro cui
la ricorrente agiva in giudizio. Il Tribunale di primo grado ha accolto il ricorso di annullamento, pronuncia contro la quale
la Commissione, già convenuta, ha proposto l’impugnazione in esame.
2. La Commissione basa la propria impugnazione in tutto su cinque motivi. Con riguardo alla ricevibilità del ricorso essa oppone
una carenza di legittimazione e di interesse ad agire della C.A.S. Succhi di Frutta SpA (in prosieguo: la «ricorrente»); nel
merito essa contesta l’affermazione del Tribunale secondo cui sarebbe stata necessaria una nuova gara, nonché errori del Tribunale
nell’accertamento delle quantità di mele disponibili nella Comunità al momento decisivo (v. al riguardo, in particolare, il
paragrafo 18).
II –Contesto normativo e fatti
3. Con il regolamento (CE) 7 febbraio 1996, n. 228, relativo alla fornitura di succhi di frutta e confetture destinate alle popolazioni
dell’Armenia e dell’Azerbaigian
(2)
, la Commissione indiceva una gara d’appalto, per la quale l’art. 1 di tale regolamento disponeva: «
È indetta una gara per la fornitura di un massimo di 1 000 tonnellate di succhi di frutta, 1 000 tonnellate di succhi di frutta
concentrati e 1 000 tonnellate di confetture di frutta, come indicato nell’allegato I, secondo le modalità previste nel regolamento
(CE) n. 2009/95 3 –Regolamento (CE) della Commissione 18 agosto 1995, n. 2009, recante disposizioni applicabili alla fornitura gratuita di
prodotti agricoli provenienti dalle scorte d’intervento, destinati alla Georgia, all’Armenia, all’Azerbaigian, al Kirghizistan
ed al Tagikistan, prevista dal regolamento (CE) n. 1975/95 del Consiglio (GU L 196, pag. 4)., in particolare all’articolo 2, paragrafo 2, nonché in conformità alle disposizioni specifiche del presente regolamento».
L’art. 2, n. 2, del regolamento n. 2009/95 disponeva: «La gara può vertere sul quantitativo di prodotti da prelevare fisicamente
dalle scorte di intervento come corrispettivo per la fornitura di prodotti trasformati della stessa categoria merceologica
allo stadio di consegna da stabilirsi nel bando di gara».
4. Il regolamento n. 228/96 indicava nel suo allegato I, per ciascuna delle sei partite oggetto della gara, da un lato, le caratteristiche
dei prodotti da fornire, dall’altro il prodotto che gli aggiudicatari avrebbero dovuto ritirare presso gli organismi d’intervento
quale corrispettivo della fornitura. Il prodotto da ritirare per le prime due partite consisteva in mele.
5. L’art. 3, n. 2, del regolamento n. 228/96 dispone: «L’offerta del concorrente deve indicare, per ogni partita, il quantitativo
totale di frutta, ritirata dal mercato conformemente agli articoli 15 e 15 bis del regolamento (CEE) n. 1035/72, che egli
si impegna:
a) a prendere in carico presso le organizzazioni dei produttori interessate, in pagamento di ogni spesa che comporta la fornitura
fino allo stadio di messa a disposizione, così come definito all’art. 2 (...).
(...)».
6. Dopo che furono presentate diverse offerte entro il termine previsto dal regolamento n. 228/96, la Trento Frutta SpA e la
Loma GmbH ottenevano le aggiudicazioni.
7. La ricorrente aveva partecipato alla gara per le prime due partite. Dagli atti si evince che le sue offerte non furono prese
in considerazione, in quanto essa aveva richiesto in pagamento per la fornitura dei propri prodotti un quantitativo di mele
notevolmente superiore a quello proposto dalle due aggiudicatarie nelle loro rispettive offerte. Inoltre dagli atti risulta
che la Trento Frutta SpA aveva indicato nelle sue offerte di essere disposta a ritirare anche pesche, invece di mele, in caso
di insufficiente disponibilità di queste ultime, possibilità che nel bando di gara non era stata menzionata.
8. Con lettera 6 marzo 1996 la Commissione comunicava all’Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA), vale
a dire l’organismo di intervento italiano, che la Trento Frutta SpA aveva ottenuto l’aggiudicazione. In essa indicava che
tale aggiudicataria avrebbe ricevuto come corrispettivo, secondo le singole partite, un determinato quantitativo di mele –
o, in alternativa, di pesche – oppure di arance – oppure, a scelta, di mele o pesche.
9. Con decisione 14 giugno 1996 – emanata dopo l’aggiudicazione – la Commissione consentiva alle imprese aggiudicatarie di ritirare,
in cambio delle mele o delle arance, «altri prodotti ritirati dal mercato in proporzioni prestabilite che riflettano l’equivalenza
di trasformazione dei prodotti in causa». A tenore del secondo «considerando», la decisione era motivata dal fatto che, dopo
l’aggiudicazione, i quantitativi di prodotti ritirati dal mercato erano irrilevanti rispetto ai quantitativi necessari, mentre
la campagna di ritiro era praticamente conclusa. I prodotti sostitutivi previsti dalla detta decisione erano pesche e albicocche.
Per le pesche la decisione stabiliva un coefficiente di equivalenza con le mele di 1/1. Peraltro la Commissione, con la successiva
decisione 22 luglio 1996, consentiva la sostituzione delle mele, che le aggiudicatarie dovevano ritirare come pagamento della
fornitura dei loro prodotti, con nettarine.
10. Il 26 luglio 1996 la ricorrente, nel corso di una riunione tenutasi su sua richiesta con i servizi della direzione generale
Agricoltura della Commissione (DG VI), presentava le sue obiezioni alla sostituzione delle mele e delle arance con altra frutta
autorizzata dalla Commissione. Il 2 agosto 1996 la ricorrente faceva pervenire alla Commissione la relazione tecnica n. 94,
realizzata dal Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali dell’Università di Padova, relativa ai coefficienti di equivalenza
economica di determinate frutta ai fini della trasformazione in succo (ciò era dovuto fondamentalmente al fatto che – indipendentemente
dalla fattispecie concreta – la decisione di equivalenza di 1/1 tra mele e pesche, con la riduzione del prezzo delle pesche
ad essa connessa, aveva generalmente comportato distorsioni sul mercato delle pesche). Nell’ambito di tali trattative la Commissione
esaminava le modalità di sostituzione di mele e arance con altri tipi di frutta. Nella sua decisione 6 settembre 1996, modificativa
della decisione 14 giugno 1996, la Commissione stabiliva nuovi coefficienti di equivalenza per il rapporto tra pesche, mele
ed arance, meno convenienti per gli aggiudicatari. Secondo tale decisione, indirizzata come la precedente decisione 14 giugno
1996 ad Italia, Francia, Grecia e Spagna, una tonnellata di mele era sostituibile con 0.194 tonnellate di pesche e una tonnellata
di arance con 0.372 tonnellate di pesche. Questi nuovi coefficienti erano applicabili soltanto a prodotti che alla data del
6 settembre 1996 non fossero stati ancora ritirati dagli aggiudicatari come pagamento delle forniture.
III –Procedimento dinanzi al Tribunale di primo grado e sentenza del Tribunale
11. Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 25 novembre 1996, la ricorrente ha proposto ricorso chiedendo:
–
l’annullamento della decisione della Commissione 6 settembre 1996, modificativa della decisione della Commissione 14 giugno
1996, relativa alla fornitura di succhi di frutta e confetture destinate alle popolazioni dell’Armenia e dell’Azerbaigian;
–
la condanna della Commissione alle spese.
12. La Commissione ha chiesto:
–
che il ricorso sia dichiarato irricevibile e, in subordine, infondato;
–
la condanna della ricorrente alle spese.
13. Con sentenza 14 ottobre 1999, causa T-191/96, CAS Succhi di Frutta SpA/Commissione (Racc. pag. II-3181), il Tribunale di primo
grado ha dichiarato il ricorso ricevibile e fondato. Contro tale sentenza è diretta l’impugnazione della Commissione.
A – Sulla ricevibilità
14. Secondo quanto esposto nella sentenza impugnata, la Commissione ha sostenuto al riguardo:
«41
La Commissione sostiene che il ricorso è irricevibile per il duplice motivo che la ricorrente non è direttamente e individualmente
riguardata dalla decisione 6 settembre 1996 e non ha alcun interesse ad ottenerne l’annullamento.
42
La Commissione rileva innanzitutto che la ricorrente non contesta l’aggiudicazione delle partite per le quali ha presentato
un’offerta. Essa deduce che l’atto impugnato nel caso di specie non ha previsto la sostituzione delle mele e delle arance
con pesche ma si limita a modificare i coefficienti di equivalenza tra queste due frutta, essendo tale sostituzione stata
autorizzata con la decisione 14 giugno 1996.
43
Orbene, il fatto che tali coefficienti di equivalenza siano più o meno favorevoli agli aggiudicatari potrebbe riguardare individualmente
solo questi ultimi. La situazione della ricorrente con riferimento alla decisione 6 settembre 1996 non differisce affatto
da quella di qualsiasi altro operatore del settore di cui trattasi diverso dagli aggiudicatari della gara (...).
44
La giurisprudenza relativa all’impugnazione di un procedimento d’aggiudicazione (...) non sarebbe conferente. La decisione
6 settembre 1996 sarebbe un atto indipendente dal bando di gara, adottato successivamente all’aggiudicazione, alla quale non
apporterebbe alcuna modifica. Infatti gli aggiudicatari sarebbero effettivamente gli offerenti che hanno proposto di ricevere
in pagamento il minor quantitativo di mele. Di conseguenza, la partecipazione della ricorrente alla gara di cui trattasi non
le conferirebbe alcuna particolare qualifica rispetto a qualsiasi altro terzo, con riferimento alla decisione 6 settembre
1996.
45
Del resto, la semplice circostanza che un atto possa influire sui rapporti di concorrenza esistenti sul mercato di cui trattasi
non sarebbe sufficiente a far ritenere che qualsiasi operatore economico che si trovi in qualsiasi rapporto di concorrenza
con il destinatario dell’atto sia direttamente ed individualmente interessato da quest’ultimo (...).
46
Inoltre, dato che la decisione impugnata ha modificato nel senso auspicato dalla ricorrente i coefficienti di equivalenza
fissati nella decisione 14 giugno 1996, la ricorrente non avrebbe alcun interesse a chiederne l’annullamento, giacché tale
annullamento avrebbe l’effetto di ripristinare i coefficienti precedenti (...).
47
La Commissione sottolinea, infine, che i motivi sollevati dalla ricorrente avrebbero potuto essere diretti contro la decisione
14 giugno 1996, che per essa era più sfavorevole, ma che non ha impugnato nei termini prescritti».
15. Al riguardo il Tribunale di primo grado, citando numerose sentenze, ha affermato:
«50
L’art. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE) offre, nel quarto comma, alle persone fisiche o
giuridiche la possibilità di proporre un ricorso d’annullamento contro le decisioni di cui sono destinatari e contro quelle
che, pur apparendo come un regolamento o una decisione rivolta ad altre persone, le riguardino direttamente ed individualmente.
51
Secondo una costante giurisprudenza, i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono essere individualmente riguardati,
ai sensi di detta disposizione, solo se la decisione li tocchi a motivo di determinate qualità personali o di una situazione
di fatto che li caratterizzi rispetto a chiunque altro e, quindi, li identifichi in modo analogo al destinatario (...).
52
(...)
53
D’altra parte, la Commissione non nega che la sua citata nota 6 marzo 1996, n. 10663 [v. sopra paragrafo 8], contenga elementi
che non corrispondono alle condizioni poste nel bando di gara previsto dal regolamento n. 228/96 in quanto prevede, in particolare,
la sostituzione di pesche alle mele e alle arance come modo di pagamento delle forniture della Trento Frutta. La suddetta
nota comporta quindi una modifica delle modalità di pagamento previste per le diverse partite.
54
La modifica delle modalità di pagamento previste per le diverse partite è stata ratificata con la decisione 14 giugno 1996
nei confronti di tutti gli aggiudicatari. In seguito la ricorrente ha chiesto alla Commissione di riesaminare tale decisione.
A tal fine tra i servizi della DG VI e la ricorrente si è tenuta, il 26 luglio 1996, una riunione a seguito della quale questa
ha fatto pervenire alla Commissione la relazione tecnica n. 94 (...), [v. al riguardo anche il precedente paragrafo 10].
55
Alla luce degli elementi nuovi così portati a sua conoscenza e di un riesame dell’insieme della situazione, in particolare
del livello dei prezzi delle pesche sul mercato comunitario accertato dai suoi servizi a metà agosto 1996 (...), la Commissione
ha adottato la decisione controversa 6 settembre 1996, che prevede nuovi coefficienti d’equivalenza tra le pesche, da una
parte, e le mele e le arance, dall’altra.
56
Di conseguenza, la decisione controversa deve considerarsi una decisione autonoma, adottata a seguito di una domanda della
ricorrente, in base ad elementi nuovi, e che modifica le condizioni per l’aggiudicazione in quanto prevede, con coefficienti
d’equivalenza diversi, la sostituzione di pesche alle mele e alle arance come modo di pagamento degli aggiudicatari, e ciò
nonostante i contatti intercorsi nel frattempo tra le parti.
57
Alla luce di quanto sopra si deve ritenere che la ricorrente sia individualmente riguardata dalla decisione controversa. Essa
lo è, in primo luogo, nella sua qualità di offerente non prescelta in quanto una delle rilevanti condizioni per l’aggiudicazione
– quella riguardante il modo di pagamento delle forniture di cui trattasi – è stata successivamente modificata dalla Commissione.
Infatti, un siffatto offerente non è individualmente riguardato soltanto dalla decisione della Commissione che determina l’esito
favorevole o sfavorevole di ciascuna delle offerte presentate a seguito del bando di gara (sentenza Simmenthal/Commissione,
citata, punto 25). Esso conserva anche un interesse individuale a vigilare affinché le condizioni del bando di gara siano
osservate nella fase di esecuzione della stessa aggiudicazione. Infatti, la mancanza di indicazioni da parte della Commissione,
nel bando di gara, della possibilità per gli aggiudicatari di ottenere frutta diversa da quella prevista come pagamento delle
loro forniture ha privato la ricorrente della possibilità di presentare un’offerta diversa da quella che essa aveva presentato
e di disporre quindi delle stesse opportunità della Trento Frutta.
58
In secondo luogo, nelle specifiche condizioni del caso di specie, la ricorrente è individualmente riguardata dalla decisione
controversa in quanto questa è stata adottata a seguito del riesame dell’insieme della situazione, operato a sua domanda e
alla luce, in particolare, dei dati supplementari che essa ha presentato alla Commissione.
59
(...)
60
Si deve poi respingere l’argomento relativo al fatto che la ricorrente non ha impugnato entro i termini prescritti la decisione
14 giugno 1996, dato che la decisione controversa non può considerarsi come un atto meramente confermativo di questa. (...)
61
Si deve respingere altresì l’argomento secondo il quale la ricorrente non avrebbe alcun interesse ad agire poiché l’annullamento
della decisione controversa avrebbe il solo effetto di ripristinare i coefficienti, per essa meno favorevoli, previsti nella
decisione 14 giugno 1996.
62
Infatti, non occorre presumere, per valutare la ricevibilità del ricorso, che una sentenza d’annullamento della decisione
6 settembre 1996 avrebbe il solo scopo di rendere nuovamente validi i coefficienti d’equivalenza previsti dalla decisione
14 giugno 1996, tenuto conto, in particolare, dell’obbligo della Commissione di adottare i provvedimenti che l’esecuzione
della presente sentenza comporta, in conformità all’art. 176 del Trattato CE (divenuto art. 233 CE) (...).
63
Comunque, dal punto 32 della citata sentenza Simmenthal/Commissione risulta che, anche nel caso in cui una decisione di aggiudicazione
sia stata pienamente attuata a favore di altri concorrenti, un offerente ha pur sempre un interesse all’annullamento di tale
decisione per ottenere dalla Commissione un’adeguata rettifica della propria situazione o per indurre la Commissione ad apportare,
in futuro, le opportune modifiche al sistema delle gare nel caso in cui questo fosse dichiarato contrastante con determinate
esigenze giuridiche. (...)
64
Da quanto precede risulta che il ricorso è ricevibile».
B – Nel merito
16. Secondo quanto enunciato nella sentenza impugnata la Commissione ha esposto, relativamente al motivo relativo alla violazione
del regolamento n. 228/96 e dei principi della trasparenza e della parità di trattamento, tra l’altro, quanto segue:
«71
La sostituzione, dopo l’aggiudicazione, della frutta da ricevere in pagamento non costituirebbe assolutamente una violazione
dei principi di parità di trattamento e di trasparenza in quanto non avrebbe alcuna influenza sullo svolgimento della procedura
di gara. Infatti, i partecipanti alla gara avrebbero concorso tutti nelle medesime condizioni, cioè quelle previste dal regolamento
n. 228/96 e dal suo allegato I. La sostituzione della frutta avvenuta dopo l’aggiudicazione non avrebbe avuto la minima influenza
sullo svolgimento dell’operazione».
17. A tal proposito il Tribunale ha affermato:
«72
Relativamente alla direttiva del Consiglio 26 luglio 1971, 71/305/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti
di lavori pubblici (GU L 185, pag. 5), la Corte ha affermato che, quando un ente aggiudicatore ha fissato prescrizioni nel
capitolato d’appalto, il rispetto del principio della parità di trattamento degli offerenti impone che tutte le offerte siano
conformi a tali prescrizioni allo scopo di garantire un raffronto obiettivo tra le offerte (sentenze della Corte 22 giugno
1993, causa C‑243/89, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I-3353, punto 37, e 25 aprile 1996, causa C-87/94, Commissione/Belgio,
Racc. pag. I-2043, punto 70). Inoltre, ha affermato che la procedura del raffronto tra le offerte deve rispettare, in tutte
le sue fasi, tanto il principio della parità di trattamento degli offerenti quanto quello della trasparenza, affinché tutti
gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione delle loro offerte (sentenza Commissione/Belgio, citata,
punto 54).
73
Questa giurisprudenza si può trasporre nel caso di specie. Ne deriva che la Commissione era tenuta a precisare chiaramente
nel bando di gara l’oggetto e le condizioni della gara ed a conformarsi rigorosamente alle condizioni enunciate affinché tutti
gli offerenti disponessero delle stesse possibilità nella formulazione delle loro offerte. In particolare, la Commissione
non poteva modificare successivamente le condizioni della gara, in particolare quelle vertenti sull’offerta da presentare,
in un modo non previsto nel bando di gara stesso, senza trasgredire il principio di trasparenza.
74
Come è stato rilevato sopra, la decisione controversa consente agli aggiudicatari, cioè alla Trento Frutta e alla Loma, di
prelevare in pagamento delle loro forniture prodotti diversi da quelli contemplati dal bando di gara, in particolare pesche
in sostituzione delle mele e delle arance.
75
Una sostituzione del genere non è prevista dal bando di gara quale risulta dal regolamento n. 228/96. Infatti, emerge dall’allegato
I di tale regolamento, (...) che solo i prodotti citati, cioè, per quanto riguarda le partite nn. 1, 2 e 5, mele e, per quanto
riguarda le partite nn. 3, 4 e 6, arance, potevano essere ritirati dagli aggiudicatari come pagamento delle forniture.
76
Inoltre dall’art. 6, n. 1, lett. e), sub 1), del regolamento n. 2009/95 (...) risulta che un’offerta, per essere valida, doveva
contenere il quantitativo di prodotti richiesto dall’offerente come pagamento della fornitura di prodotti trasformati nelle
condizioni previste nel bando di gara.
77
La sostituzione delle pesche alle mele o alle arance in pagamento delle forniture di cui trattasi e la fissazione dei coefficienti
d’equivalenza tra tali frutta costituiscono quindi una rilevante modifica di una condizione sostanziale del bando di gara,
cioè le modalità di pagamento dei prodotti da fornire.
78
Ora, contrariamente a quanto afferma la Commissione, nessuna delle disposizioni da essa citate, in particolare il primo e
il secondo “considerando” del regolamento n. 228/96 e l’art. 2, n. 2, del regolamento n. 1975/95 (...), autorizza, neanche
implicitamente, una sostituzione del genere. Non è nemmeno prevista una sostituzione nell’ipotesi, prospettata dalla Commissione,
in cui i quantitativi di frutta nei magazzini d’intervento siano insufficienti (...).
79
Del resto, la decisione controversa prevede non soltanto la sostituzione di pesche alle mele e alle arance, ma fissa pure
coefficienti d’equivalenza con riferimento ad eventi verificatisi successivamente alla gara, cioè il livello dei prezzi delle
frutta di cui trattasi sul mercato a metà agosto 1996, mentre la presa in considerazione di tali elementi, successivi alla
gara, per determinare le modalità di pagamento applicabili alle forniture in questione non è affatto prevista nel bando di
gara.
80
Inoltre, i dati forniti dalla Commissione nel corso del giudizio (...) non attestano che, al momento dell’adozione della decisione
controversa, esistesse una indisponibilità di mele nei magazzini d’intervento tale da impedire l’esecuzione delle operazioni
contemplate dal bando di gara.
81
Anche ammettendo che siffatta indisponibilità di mele da poter ritirare sia esistita a livello comunitario, ciò non toglie
che toccava alla Commissione prevedere, nel bando di gara, le precise condizioni di una sostituzione di frutta a quella prevista
quale pagamento delle forniture in questione, al fine di osservare i principi di trasparenza e di parità di trattamento. In
mancanza, la Commissione doveva bandire una nuova procedura di gara.
82
Da quanto precede risulta che la decisione controversa viola il bando di gara (...) e i principi di trasparenza e di parità
di trattamento e che essa deve quindi essere annullata (...)».
IV –Motivi di impugnazione
18. La Commissione basa il suo ricorso proposto con atto 21 dicembre 1999 su cinque motivi:
1)
la posizione della ricorrente non si differenzia da quella di qualsiasi altro terzo che, in quanto tale, non è legittimato
ad impugnare la decisione di equivalenza;
2)
il Tribunale asserisce che la Commissione non può modificare le condizioni di pagamento, ma contestualmente afferma che la
Commissione avrebbe dovuto indire una nuova gara. Ciò avrebbe comportato proprio una modifica delle condizioni di pagamento
per gli aggiudicatari che già avevano adempiuto le proprie obbligazioni contrattuali;
3)
il Tribunale ha interpretato erroneamente la normativa comunitaria, e precisamente la nozione di interesse individuale, dalla
quale il Tribunale fa discendere che la ricorrente è individualmente riguardata dalla decisione impugnata;
4)
erronea interpretazione della nozione di interesse ad agire, in particolare della portata dell’art. 176 del Trattato CE (divenuto
art. 233 CE), che induce il Tribunale a riconoscere alla ricorrente un interesse ad agire;
5)
erronea interpretazione delle norme sul ritiro della frutta previsto dall’organizzazione comune dei mercati nel settore ortofrutticolo,
a seguito della quale il Tribunale ha considerato disponibile frutta ritirata in data precedente a quella in cui il pagamento
sarebbe stato possibile.
V –Valutazione
19. Da un esame del primo e terzo motivo d’impugnazione risulta che entrambi riguardano la medesima questione. Il terzo motivo
di impugnazione riguarda la questione se la ricorrente sia riguardata individualmente
(4)
. Secondo la giurisprudenza, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE un soggetto è riguardato individualmente «qualora il
provvedimento lo tocchi a causa di determinate qualità personali o di particolari circostanze atte a distinguerlo dalla generalità
e lo identifichi alla stessa stregua dei destinatari»
(5)
. Tale definizione si basa quindi sulla considerazione se la posizione della ricorrente in ragione di particolari circostanze
si differenzi da quella di un qualsiasi terzo e corrisponde pertanto alla formula del primo motivo d’impugnazione. Poiché
le parti, inoltre, in ordine ai due motivi d’impugnazione hanno seguito un analogo ordine di esposizione degli argomenti,
gli stessi motivi vengono di seguito esaminati congiuntamente.
A – Sul primo e terzo motivo d’impugnazione relativi alla carenza di legittimazione ad agire della ricorrente in quanto non individualmente
riguardata
1. Argomenti delle parti
a) Commissione
20. La Commissione ritiene che la ricorrente non sia legittimata ad agire, non essendo stata individualmente riguardata dalla
sentenza impugnata.
21. La tesi del Tribunale di primo grado espressa nella sentenza impugnata amplierebbe in modo eccessivo il principio della parità
di trattamento degli offerenti. Anche se tutti gli offerenti, in un procedimento di gara di diritto pubblico prima dell’aggiudicazione
devono ricevere un medesimo trattamento, dopo l’aggiudicazione le posizioni giuridiche degli aggiudicatari e dei non aggiudicatari
si differenziano. Il rapporto della Commissione con l’aggiudicatario ha natura contrattuale, e conseguentemente è regolato
dalle norme sull’impossibilità della prestazione, sulla forza maggiore, ecc. Per contro, con gli offerenti non aggiudicatari
non sussisterebbe più alcun rapporto giuridico. I criteri di gara non sono più applicabili dopo l’aggiudicazione.
22. La decisione impugnata dalla ricorrente, riguardante soltanto il rapporto interno con l’aggiudicatario, a causa di circostanze
straordinarie è stata adottata molto tempo dopo l’aggiudicazione. Pertanto essa poteva riguardare la ricorrente alla stregua
di un qualsiasi terzo. Come logica di quanto affermato dal Tribunale di primo grado si sarebbe dovuto riconoscere la legittimazione
ad agire anche all’ Allione Industria Alimentare SpA, il che però il Tribunale non ha espressamente fatto.
23. Le ripercussioni economiche di una decisione di equivalenza troppo ampia tra mele e pesche, in particolare conforme al reclamo
della ricorrente, colpirebbero evidentemente tutti i produttori di succo di frutta, non solo gli offerenti non aggiudicatari.
Con la propria argomentazione il Tribunale avrebbe attribuito agli offerenti non aggiudicatari il ruolo di gendarmi del principio
di non discriminazione, senza osservare la distinzione tra interesse generale ed individuale prevista per la legittimazione
ad agire dall’art. 230, quarto comma, CE.
24. Il Tribunale di primo grado avrebbe attribuito eccessiva importanza alla nota 6 marzo 1996 inviata all’AIMA, ritenuta dalla
Commissione non vincolante. Essa era stata redatta a causa di circostanze eccezionali e conteneva soltanto la proposta, e
non l’imposizione obbligatoria, di pagare gli offerenti aggiudicatari, che l’avessero accettata, con frutta diversa da quella
inizialmente prevista nel bando di gara.
25. Dalla giurisprudenza
(6)
risulterebbe inoltre che una persona non viene individuata ai fini della ricevibilità per la circostanza che venga adottata
una decisione determinata dalla sua richiesta. Ciò varrebbe a maggior ragione nel caso in cui destinatari della decisione
siano diversi Stati membri ed essa produca effetti soltanto per gli aggiudicatari.
b) C.A.S. Succhi di Frutta
26. Secondo la ricorrente il primo motivo d’impugnazione è irricevibile, in quanto la Commissione ha esposto un solo argomento,
già presentato dinanzi al Tribunale di primo grado
(7)
. Il terzo motivo di impugnazione sarebbe irricevibile, poiché la Commissione l’avrebbe dedotto per la prima volta in secondo
grado, nonostante ne avesse avuto conoscenza già in primo grado
(8)
.
27. La sentenza del Tribunale di primo grado è giusta. La ricorrente è individualmente riguardata dalla decisione impugnata ed
è pertanto legittimata ad agire. Ciò vale non solo in quanto essa ha subito un danno economico ed è intervenuta presso la
Commissione, ma già soltanto per il fatto di avere partecipato alla gara. La qualità di offerente continuerebbe a produrre
effetti dopo l’aggiudicazione.
28. Se nella presente fattispecie, secondo quanto sostiene la Commissione, non si riconoscesse alla ricorrente la legittimazione
ad agire vi sarebbero conseguenze insostenibili. L’amministrazione aggiudicatrice potrebbe apportare nel corso dell’esecuzione
del contratto modifiche sostanziali all’appalto, senza dover temere il rischio di una lite giudiziaria. In casi estremi –
nei procedimenti a trattativa privata – la legittimazione ad agire spetterebbe solo all’offerente che intavola trattative
con la Commissione.
29. La Corte
(9)
ed anche la Commissione nei suoi comunicati e nei confronti delle autorità degli Stati membri hanno sempre sostenuto il principio
della parità di trattamento degli offerenti nell’ambito delle gare di appalto. Ne consegue che le autorità che hanno indetto
la gara d’appalto dovevano attenersi strettamente alle condizioni di gara da esse stabilite, che hanno indotto gli offerenti
a partecipare al procedimento di aggiudicazione e ad effettuare una determinata offerta. Considerata la portata dei principi
della parità di trattamento e della trasparenza, non si può limitare la loro applicazione alla fase che precede l’aggiudicazione.
30. Secondo le regole civilistiche, l’esplicarsi della libertà contrattuale nella fase successiva all’aggiudicazione è subordinato
alla circostanza che in precedenza siano state rispettate tutte le regole della trasparenza. Attraverso tali regole del diritto
sugli appalti, alle quali l’amministrazione aggiudicatrice è sottoposta, la libertà contrattuale viene circoscritta. Con la
pretesa, basata su circostanze eccezionali, di poter eseguire commesse in modo difforme da come inizialmente prescritto, la
Commissione si permette di violare essa stessa gli obblighi che le direttive sugli appalti impongono agli Stati membri.
2. Valutazione
a) Sulla ricevibilità
31. La sentenza del Tribunale di primo grado esamina ai punti 50-58 la questione se la ricorrente sia individualmente riguardata.
Pertanto il terzo motivo d’impugnazione è ricevibile, in quanto con la sua proposizione non viene modificato in secondo grado,
ai sensi dell’art. 113, n. 2, del regolamento di procedura, l’oggetto della controversia trattata dinanzi al Tribunale.
32. Per quanto riguarda gli argomenti dedotti dalla ricorrente anche contro la ricevibilità del secondo e quarto motivo d’impugnazione,
relativi alla già avvenuta deduzione in primo grado di detti motivi, devono essere qui esposte considerazioni di carattere
generale, che non saranno ripetute nel successivo esame degli altri motivi d’impugnazione.
33. Un’impugnazione mira a consentire l’esame della sentenza del Tribunale di primo grado ai sensi dell’art. 225, n. 1, CE con
riguardo alla valutazione di questioni giuridiche in essa effettuata. Ciò comporta ovviamente che vengano nuovamente sollevate
dinanzi alla Corte questioni giuridiche già discusse in primo grado. La giurisprudenza
(10)
citata dalla ricorrente si riferisce invece ad una censura in secondo grado che contesta la valutazione dei fatti del Tribunale
e che si limita a ripetere o a riportare letteralmente argomentazioni già presentate dinanzi al Tribunale, incluse quelle
basate su deduzioni sui fatti respinte dal Tribunale, senza contenere argomentazioni di diritto a fondamento del ricorso.
Motivi d’impugnazione del genere mirano in realtà soltanto ad un nuovo mero esame del ricorso presentato al Tribunale, per
il quale la Corte non è in realtà competente.
34. Nella fattispecie la Commissione contesta le valutazioni di diritto del Tribunale di primo grado e motiva la sua impugnazione
con le proprie concezioni diverse da dette valutazioni. Pertanto non si configura una mera ripetizione di un’esposizione di
fatti, bensì una controversia su questioni di diritto tipica di un procedimento d’impugnazione.
35. Conseguentemente i primi quattro motivi d’impugnazione della Commissione sono ricevibili.
b) Nel merito
36. La Commissione sostiene che la ricorrente non è individualmente riguardata dall’impugnata decisione di equivalenza 6 settembre
1996 e, di conseguenza, è priva della legittimazione ad agire ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.
37. Poiché la ricorrente non era destinataria della decisione impugnata, occorre accertare, in base alla definizione
(11)
precedentemente esposta, se la decisione la riguardasse a causa di determinate qualità personali o di particolari circostanze
atte a distinguerla dalla generalità e la identifichi alla stessa stregua dei destinatari.
38. Punto di partenza della definizione è pertanto la comparabilità con un destinatario. Nel procedimento di formazione della
decisione impugnata figurano numerosi elementi che fanno apparire la ricorrente nella veste di destinataria. Quest’ultima
si è rivolta ai competenti uffici della Commissione, che hanno con essa a lungo negoziato. In seguito ai suoi reclami è stata
presa in esame la decisione 14 giugno 1996 precedentemente valida . Essa ha trasmesso alla Commissione dati ed altri documenti,
che hanno comportato ulteriori analisi di mercato. Infine fu emanata, assieme a quella impugnata, una nuova decisione, che
almeno in parte soddisfaceva le richieste della ricorrente. Tali circostanze consentono di distinguere la ricorrente dalla
generalità delle altre persone.
39. La Commissione, richiamandosi alla giurisprudenza Asocarne
(12)
, sostiene invece che una persona non è individualmente riguardata da una decisione solo per la circostanza di aver partecipato
al procedimento di formazione di tale decisione.
40. Nella causa Asocarne la Corte ha dichiarato che un privato, per il solo fatto della propria partecipazione alla preparazione
di un atto di natura legislativa, non può proporre successivamente ricorso contro tale atto se nell’ambito del procedimento
diretto all’emanazione di tale atto giuridico non è prevista la partecipazione di un privato. L’affermazione di una limitata
possibilità di agire era dovuta in sostanza al carattere normativo, generale ed astratto, della direttiva che all’epoca aveva
costituito l’oggetto dell’azione
(13)
.
41. Nel caso di specie tuttavia non è stata impugnata né una direttiva né un atto normativo ad essa comparabile, per le suddette
caratteristiche, ma oggetto dell’azione era una decisione della Commissione. Ad un tale atto manca fondamentalmente il carattere
generale e normativo che, ai sensi dell’art. 249, secondo comma, CE è espressamente riconosciuto al regolamento e che è insito
nella direttiva in ragione degli obblighi normativi da essa imposti agli Stati membri ai sensi dell’art. 249, terzo comma, CE.
Ai sensi dell’art. 249, quarto comma, CE la decisione è invece obbligatoria soltanto per i destinatari da essa designati.
L’affermazione della Corte nella causa Asocarne non può essere pertanto automaticamente estesa al presente caso.
42. Per sostenere che la ricorrente è individualmente riguardata può essere invece utile, nel caso in esame, richiamare la sentenza
della causa CIRFS
(14)
, alla quale anche la Corte rinvia nell’ordinanza Asocarne
(15)
, effettuando le relative differenziazioni. Oggetto di tale causa era l’annullamento, su ricorso di un’associazione, di una
decisione diretta alla Repubblica francese nell’ambito di una gara. La Corte stabilì che l’attore che era stato interlocutore
della Commissione per quanto riguarda l’istituzione e l’adeguamento della disciplina dell’aiuto e che durante il procedimento
che aveva preceduto il giudizio aveva attivamente trattato con essa, in particolare presentandole osservazioni scritte e tenendosi
in stretto contatto con gli uffici competenti, era individualmente riguardato dalla decisione impugnata
(16)
in quanto negoziatore nell’elaborazione della disciplina dell’aiuto.
43. Anche nella causa van der Kooy
(17)
la Corte ha dichiarato che una precedente partecipazione attiva ad un procedimento di concessione di aiuti, concretatasi
nella presentazione di osservazioni scritte ed in stretti contatti con gli uffici competenti della Commissione, porta a considerare
che la ricorrente è individualmente riguardata.
44. Infine la Corte in una sentenza più recente
(18)
ha attribuito nuovamente rilievo al ruolo svolto da persone fisiche o giuridiche nel procedimento precedente la fase contenziosa
per riconoscere loro la qualità di essere individualmente riguardate.
45. Pertanto la ricorrente, in ragione della sua posizione di interlocutrice nell’ambito del procedimento antecedente la fase
contenziosa, è individualmente riguardata dalla decisione impugnata.
46. La Commissione ritiene che anche la sentenza nella causa Exporteurs in Levende Varkens si opponga a tale conclusione. In quel
caso il Tribunale di primo grado dichiarò che il fatto di essere individualmente riguardato non è dovuto all’intervento, in
un modo o nell’altro, nell’iter che porta all’ adozione di un atto comunitario, in particolare indirizzando alla competente
istituzione comunitaria lettere che contestino un atto da essa già adottato e che mirino a modificare la sua attività successiva
(19)
.
47. In ragione della sua posizione di offerente nel precedente procedimento di aggiudicazione occorre chiedersi se l’intervento
della ricorrente attraverso reclami di tal genere possa essere ritenuto un intervento qualsiasi. A tal riguardo essa si differenzia
dall’Allione, che nel procedimento di appalto non aveva effettuato offerte e alla quale il Tribunale di primo grado non riconobbe
la qualità di soggetto partecipante al procedimento
(20)
.
48. Quale offerente in un procedimento di aggiudicazione sono riconosciuti alla ricorrente nei confronti dell’amministrazione
aggiudicatrice determinati diritti, in particolare il diritto alla parità di trattamento di tutti gli offerenti. Tale diritto
è stabilito, ad esempio, nell’art. 3, n. 2, della direttiva (CEE) del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50, che coordina le procedure
di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi
(21)
, e nell’art. 4, n. 2, della direttiva (CEE) del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38, che coordina le procedure di appalto degli
enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore
delle telecomunicazioni
(22)
. Esso può essere applicato, quale principio generale, al presente procedimento.
49. La Corte ha posto in rilievo l’importanza di tale principio in numerose sentenze
(23)
. Nelle cause Commissione/Belgio
(24)
e Embassy Limousines
(25)
essa ha inoltre evidenziato il principio della trasparenza, che parimenti regola il procedimento.
50. Alla Commissione, quale autorità aggiudicatrice, è imputabile una violazione di detti principi, in quanto nella lettera diretta
all’AIMA, inviata per l’esecuzione dell’aggiudicazione agli offerenti vittoriosi, la controprestazione (mele o pesche), elemento
fondamentale di un ordinativo, non coincideva con la controprestazione indicata nel bando di gara (solo mele)
(26)
. Ciò deve valere, in ragione della particolare importanza dei principi della parità di trattamento degli offerenti e della
trasparenza, a prescindere dalla circostanza che si accerti che l’offerente, in caso di conoscenza delle differenti condizioni
di pagamento, avrebbe effettuato un’offerta migliore.
51. Con i propri reclami, a seguito dei quali la decisione impugnata fu emanata, la ricorrente chiedeva che tale violazione dei
principi della parità di trattamento e della trasparenza fosse almeno attenuata con una decisione di equivalenza tra mele
e pesche più favorevole, conforme alle condizioni di mercato.
52. In tal modo essa non si è introdotta arbitrariamente nel procedimento, bensì ha fatto valere i suoi originari diritti di offerente.
Ciò vale indipendentemente dal fatto che essa altresì subisse anche nella sua qualità di normale operatore di mercato le conseguenze
dell’errata decisione di equivalenza per il mercato delle pesche. La sua posizione di offerente non aggiudicataria non è comparabile
a quella di tutti gli altri produttori di succhi di frutta o commercianti di frutta, che erano riguardati dalla decisione
soltanto per la loro qualità oggettiva di operatori di mercato che esercitavano la stessa attività. La violazione della parità
di trattamento degli offerenti attraverso la concessione della possibilità, non indicata nel bando di gara ma garantita agli
aggiudicatari, di sostituire con le pesche le mele da consegnare come pagamento provenienti dalle scorte d’intervento si perpetua
in tutte le decisioni successive. Tale violazione era alla base della prima e della seconda decisione di equivalenza controverse,
che di volta in volta hanno stabilito il rapporto di sostituzione tra mele e pesche. Al riguardo non rileva se dette decisioni
contenessero un’indicazione espressa; il contenuto di una decisione di equivalenza consiste nello stabilire sostanzialmente
che diversi tipi di frutta possono essere posti in rapporto di equivalenza. In assenza della decisione di base di una possibilità
di sostituzione delle mele con le pesche, non ci sarebbe stato bisogno di coefficienti di equivalenza tra i due tipi di frutta;
essi sarebbero stati privi di oggetto.
53. La Commissione sostiene per contro che la ricorrente non può più avvalersi della sua posizione giuridica di offerente e di
conseguenza non è riguardata individualmente. La decisione impugnata sarebbe stata emanata solo molto tempo dopo lo svolgimento
della gara nell’ambito di un rapporto contrattuale di carattere civilistico tra la stessa e l’aggiudicataria a causa dell’imprevedibile
circostanza di una carenza di mele.
54. Occorre innanzi tutto esaminare se quanto esposto corrisponda ai fatti accertati dal giudice di primo grado.
55. La decisione di consentire una sostituzione di mele con pesche, che, come esposto, costituiva il sostanziale fondamento delle
successive decisioni di equivalenza, fu adottata già nella lettera 6 marzo 1996 inviata all’AIMA e direttamente connessa all’aggiudicazione
a favore della Trento Frutta SpA. Con tale lettera vennero indicate in modo dettagliato agli organismi d’intervento degli
Stati membri le modalità di esecuzione della decisione di aggiudicazione della Commissione. Pertanto, contrariamente a quanto
ritiene la Commissione, non si tratta di una semplice proposta non vincolante. Al momento della redazione della lettera non
era tuttavia ravvisabile, secondo le ulteriori dichiarazioni della Commissione, una carenza di mele. Da quanto dedotto in
ordine al quinto motivo d’impugnazione si rileva che il periodo del ritiro delle mele dal mercato e quindi la possibilità
di mettere le mele a disposizione degli organismi di intervento terminava solo il 31 maggio 1996, vale a dire tre mesi più
tardi. Inoltre l’originaria configurazione delle condizioni di appalto secondo quanto asserito dalla Commissione era dovuta
al fatto che negli anni precedenti le mele erano disponibili in quantità sufficiente. La decisione effettiva su una possibilità
di sostituzione, fondamento e contenuto della decisione controversa, non fu pertanto emanata soltanto a causa di circostanze
imprevedibili successive all’aggiudicazione dell’ordinativo.
56. Inoltre la decisione impugnata era diretta alla Repubblica italiana, alla Repubblica francese, alla Repubblica ellenica e
al Regno di Spagna. Pertanto essa andava al di là di un mero rapporto contrattuale interno con l’aggiudicataria.
57. Tale combinazione di destinatari della decisione e di soggetti riguardati dalla stessa pone in luce un ulteriore aspetto.
Con la decisione impugnata, diretta a determinati Stati membri, la Commissione ha imposto all’aggiudicataria diverse condizioni
di ordinativo, relativamente alle quali essa ha negoziato non con quest’ultima quale sua controparte contrattuale, bensì con
la ricorrente. Essa pertanto negoziava con ampia autonomia nell’ambito di un rapporto gerarchico, e non quale parte, in posizione
paritaria, nell’ambito di un rapporto di carattere meramente civilistico. La sua posizione di amministrazione aggiudicatrice
è pertanto mantenuta anche nella fase di esecuzione dell’ordinativo, unitamente ai diritti ed obblighi ad essa connessi.
58. Pertanto anche le imprese non aggiudicatarie conservano la loro posizione giuridica, laddove venga adottata una decisione
che riguardi i loro diritti di offerenti.
59. L’impostazione della Commissione, di suddividere nettamente la procedura di aggiudicazione in due parti da considerare separatamente,
non è inoltre sufficiente, d’altra parte, a soddisfare le esigenze di certezza del diritto. Tale impostazione avrebbe quale
conseguenza che inizialmente la Commissione – e qualsivoglia altra amministrazione aggiudicatrice – sarebbero certamente vincolate
alla normativa sugli appalti, in particolare ai principi della parità di trattamento e della trasparenza. Qualora tuttavia
esse non vi si attenessero, nella stragrande maggioranza dei casi sarebbe impossibile un’azione da parte dei non aggiudicatari
contro tale violazione. In mancanza di pubblicità non sarebbe subito impugnata la violazione dovuta alla decisione di aggiudicazione.
Qualora si seguisse l’impostazione di separazione della Commissione, detta violazione sarebbe sottratta successivamente ad
un sindacato giurisdizionale.
60. Ciò sarebbe altresì in contrasto con il principio per il quale diritti e garanzie procedurali – quali sono quelli della parità
di trattamento e della trasparenza nel procedimento di appalto – richiedono che esista un’azione per la loro tutela
(27)
.
61. Pertanto, la ricorrente, quale controparte della Commissione nel procedimento antecedente la decisione e in ragione della
sua posizione di offerente non aggiudicataria, era individualmente riguardata dalla decisione impugnata e conseguentemente
legittimata ad agire.
62. Il primo e il terzo motivo devono essere quindi respinti.
B – Sul motivo d’impugnazione riguardante la contraddittoria richiesta del Tribunale di una nuova gara
1. Argomenti delle parti
a) Commissione
63. La richiesta del Tribunale di primo grado di indire una nuova gara nel caso di una carenza di mele sarebbe errata in diritto
e contraddittoria, in quanto il Tribunale sostiene allo stesso tempo che la Commissione non potrebbe modificare le condizioni
di pagamento. Poiché la Commissione dovrebbe in tal caso risarcire con una prestazione pecuniaria gli aggiudicatari fedeli
al vincolo contrattuale, anche in tal modo, a causa della sostituzione delle mele con il denaro, si avrebbe una modificazione
delle condizioni di pagamento. Seguendo il ragionamento del Tribunale i non aggiudicatari, conoscendo anche tale possibilità
di sostituzione, avrebbero potuto formulare diversamente le loro offerte.
64. Poiché le condizioni di appalto si limitavano a regolare la fase che andava dall’indizione della gara fino all’aggiudicazione,
la richiesta di una nuova gara nel caso di modifiche nell’ambito dell’esecuzione di un ordinativo non poteva essere fondata
su di esse. Le due fasi della gara e dell’esecuzione del contratto con l’aggiudicatario dovrebbero essere tenute rigorosamente
distinte. La prima conterrebbe l’obbligo alla trasparenza e alla parità di trattamento degli offerenti, vale a dire condizioni
contrattuali incondizionate e offerte comparabili. La seconda fase, quella dell’esecuzione, richiederebbe spesso un adattamento
contrattuale ad avvenimenti imprevisti. Ad essa sarebbero certamente applicabili, in caso di modifiche sostanziali, i principi
della trasparenza e della parità di trattamento
(28)
, ma l’impugnata decisione di equivalenza non conteneva alcuna modifica fondamentale.
65. Il Tribunale di primo grado avrebbe erroneamente confuso le due fasi. La Commissione era obbligata ad eseguire il pagamento
nei confronti della sua controparte, nonostante l’imprevedibile carenza di mele. Al proprio obbligo essa avrebbe adempiuto
mettendo a disposizione pesche. Tale obbligo, di provvedere comunque al pagamento in una qualsiasi forma, deriverebbe dalla
sua posizione di controparte e, in quanto tale, non avrebbe dovuto essere espressamente indicato nel bando di gara.
66. Non sarebbe stato possibile considerare nel bando di gara tutte le eventualità. L’assunzione di un rapporto di equivalenza
tra i tipi di frutta o di un altro astratto meccanismo di pagamento avrebbe contenuto una condizione ed avrebbe pertanto comportato
un’incertezza incompatibile con i principi della trasparenza, della parità di trattamento e della comparabilità delle offerte.
Inoltre la Commissione al momento della gara non sapeva se effettivamente sarebbero state ritirate pesche dal mercato. Di
conseguenza era necessario fissare il rapporto di equivalenza soltanto al momento di un possibile pagamento. Solo in questo
modo sarebbe stato possibile tener conto dell’andamento del mercato senza privilegio o pregiudizio per una sola parte.
b) C.A.S. Succhi di Frutta
67. Secondo la ricorrente il secondo motivo d’impugnazione è altresì irricevibile, in quanto già proposto in primo grado.
68. Nella fattispecie l’argomentazione della Commissione sarebbe errata. La successiva modificazione delle condizioni ha arrecato
pregiudizio innanzitutto ai non aggiudicatari. Una tale modificazione avrebbe potuto essere realizzata soltanto attraverso
una nuova gara. Il modo di procedere della Commissione, arbitrario secondo la ricorrente, integra una violazione dei principi
della trasparenza, della parità di trattamento degli offerenti, nonché di legalità.
2. Valutazione
69. Secondo la Commissione è contraddittoria la richiesta di una nuova gara da parte del Tribunale di primo grado in caso di una
modificazione delle condizioni di pagamento, poiché anche attraverso il soddisfacimento di una richiesta di risarcimento danni,
in caso di impossibilità del pagamento con mele, si sarebbe pervenuti ad una modificazione delle condizioni contrattuali,
specificamente attraverso l’adempimento della richiesta di risarcimento del danno con una prestazione pecuniaria.
70. A ciò si oppone la considerazione che il diritto al pagamento originario e il diritto al risarcimento del danno derivante
dal combinato disposto dell’art. 288, primo comma, CE e delle corrispondenti norme civilistiche, sorto soltanto in un momento
successivo, costituiscono diritti da tenere rigorosamente distinti. La configurazione del diritto al pagamento quale originario
diritto all’adempimento è fissata dalle condizioni di gara. Il diritto al risarcimento del danno sorge, secondo le norme del
diritto civile, in caso di impossibilità o per inadempimento nell’ambito della successiva esecuzione dell’ordinativo. Il suo
fondamento e la sua configurazione prescindono dall’accertamento se l’originario diritto al pagamento dovesse essere soddisfatto
con una prestazione in danaro o in natura.
71. A questo punto acquista rilevanza la separazione, costantemente sottolineata dalla Commissione, fra le due fasi dell’aggiudicazione
di un ordinativo. Il diritto al risarcimento del danno, potenzialmente sempre sussistente, non influisce tuttavia sulla configurazione
della proposta degli offerenti. La richiesta del Tribunale di primo grado di una nuova gara non è pertanto contraddittoria.
72. Con riguardo alla questione, che altresì secondo la Commissione rivela una contraddittorietà, relativa al fatto che attraverso
una nuova gara diretta a stabilire una possibilità di sostituzione con le pesche sarebbero state modificate le condizioni
di pagamento per gli aggiudicatari fedeli al vincolo contrattuale, si fa innanzitutto nuovamente riferimento al fatto che
la decisione riguardante la possibilità di sostituzione fu adottata già nella lettera 6 marzo 1996 inviata all’AIMA. Contestualmente,
con tale nota gli offerenti vittoriosi ebbero l’aggiudicazione. Di conseguenza in quel momento non poteva ancora aver avuto
luogo da parte loro un adempimento del contratto.
73. Del resto soltanto l’indizione di una nuova gara soddisfa il principio della certezza del diritto, qualora, come nella fattispecie,
nel corso del procedimento di aggiudicazione le condizioni di gara subiscono una modifica sostanziale. A ciò non possono opporsi
diritti al risarcimento del danno che possano eventualmente sorgere.
74. Contro la tesi della Commissione che non si trattasse di una modifica sostanziale, depone il fatto che la modifica nel caso
di specie riguardava la forma della controprestazione per i prodotti da fornire. Si trattava pertanto dello scambio delle
prestazioni principali del contratto, cosicché sussisteva indubbiamente una modificazione sostanziale delle condizioni di
gara. Diversamente dall’ipotesi della sostituzione di un prezzo da pagare in denaro con un importo in valuta estera, liberamente
però convertibile, nel caso della sostituzione delle mele con le pesche si trattava di un oggetto effettivamente diverso.
Alcuni individui sono più interessati alle pesche che alle mele, altri no. Mele e pesche non rappresentano in ogni caso prodotti
sostituibili.
75.È pertanto infondato anche il punto di vista della Commissione, secondo il quale la previsione nel bando di gara di una possibilità
di sostituzione con altra frutta avrebbe gravato quest’ultimo di un elemento d’incertezza e pertanto contraddetto i principi
della parità di trattamento e della trasparenza. Piuttosto, il timore che l’amministrazione aggiudicatrice ed altri offerenti
possano eludere le norme sull’appalto e modificare ex post le condizioni di gara configura un fattore di incertezza, che non
soddisfa le esigenze di trasparenza e di certezza del diritto.
76. Alle addotte difficoltà pratiche si poteva ovviare configurando il bando di gara sulla falsariga della lettera inviata all’AIMA,
nella quale contestualmente all’aggiudicazione erano presenti disposizioni dettagliate sulla sostituzione. In esso poteva
essere inserita una clausola che prevedesse già ex ante la possibilità di un necessario successivo adeguamento alle oscillazioni
del mercato del coefficiente di equivalenza.
77. Complessivamente bisogna pertanto concordare con il Tribunale di primo grado sul fatto che la Commissione avrebbe dovuto o
indicare nel bando di gara le precise condizioni di una sostituzione della frutta prevista quale pagamento delle forniture
in questione o, nel caso di una modifica delle condizioni di aggiudicazione, indire un nuovo bando di gara.
78. Il secondo motivo d’impugnazione dev’essere pertanto respinto.
C – Sul motivo dell’errata affermazione di un interesse ad agire della ricorrente ai sensi dell’art. 233 CE
1. Argomenti delle parti
a) Commissione
79. La Commissione ritiene che la ricorrente non abbia alcun interesse ad agire per l’annullamento dell’atto impugnato. L’unica
conseguenza di una tale sentenza sarebbe quella di rendere nuovamente valida la decisione di equivalenza originaria, svantaggiosa
per la ricorrente. Quest’ultima non ha impugnato tale decisione.
80. Una sentenza di annullamento potrebbe esplicare la sua efficacia soltanto relativamente all’atto impugnato dinanzi al Tribunale.
Un presunto ulteriore obbligo della Commissione di revocare la precedente decisione di equivalenza, non impugnata, non avrebbe
alcun fondamento giuridico e sarebbe contrario alla certezza del diritto. L’obbligo di revocare le disposizioni dichiarate
illegittime nella sentenza si riferirebbe soltanto a norme emanate successivamente all’atto dichiarato nullo.
81. Attualmente essa non potrebbe indire una nuova gara, poiché l’invio dei prodotti in Caucaso si è concluso.
82. L’esecuzione della sentenza del Tribunale di primo grado presenterebbe difficoltà, in quanto essa né indica concrete misure
da adottare, né delimita gli effetti della dichiarazione di annullamento. A causa del conseguente effetto retroattivo devono
essere ancora oggi soddisfatti i crediti delle aggiudicatarie relativi alle precedenti decisioni, nonostante il procedimento
abbia avuto una lunga durata.
b) C.A.S. Succhi di Frutta
83. Secondo la ricorrente anche il quarto motivo d’impugnazione è irricevibile in quanto già presentato in primo grado.
84. Essa ha interesse ad agire per l’annullamento della decisione impugnata. La Corte ha affermato l’esistenza di un tale interesse
anche nel caso in cui la decisione impugnata sia già stata eseguita, in quanto essa potrebbe ancora produrre conseguenze ulteriori
ed essere utile ad evitare che i provvedimenti illegittimi siano di nuovo adottati in futuro
(29)
. Un interesse ad agire sussisterebbe addirittura per l’annullamento di una decisione già abrogata, poiché la sua dichiarazione
di nullità da parte del Tribunale sarebbe qualitativamente diversa rispetto ad una revoca della Commissione ed avrebbe effetto
retroattivo
(30)
.
85. Inoltre sussiste un interesse all’accertamento della nullità di atti illegittimi, in quanto l’organo responsabile del comportamento
illegittimo, al fine di eliminarne le conseguenze, é tenuto ai sensi dell’art. 233 CE a prendere i provvedimenti che l’esecuzione
della sentenza comporta
(31)
. L’art. 233 CE sarebbe svuotato di contenuto se si pretendesse che il Tribunale stabilisse ogni volta provvedimenti esattamente
individuati. È conforme, piuttosto, al principio della buona amministrazione trarre le giuste conclusioni dal tenore e dai
motivi di tutte le decisioni adottate considerate nel loro insieme. La sentenza impugnata stabilisce chiaramente che era illegittima
la possibilità, stabilita a posteriori, di effettuare la sostituzione con le pesche.
2. Valutazione
86. La Commissione sostiene che alla ricorrente manca l’interesse ad agire, poiché nel caso di un annullamento della decisione
impugnata sarebbe di nuovo valida la decisione 14 giugno 1996 per essa meno favorevole.
87. La decisione 6 settembre 1996 contiene un rapporto di equivalenza tra pesche e mele adeguato alle condizioni di mercato. Essa
è pertanto effettivamente più favorevole alla ricorrente della decisione 14 giugno 1996, che attraverso il coefficiente di
equivalenza non conforme al mercato in essa stabilito favoriva le aggiudicatarie.
88. La carenza di un interesse ad agire può di conseguenza determinarsi soltanto qualora la configurazione del coefficiente di
equivalenza sia decisiva ed effettivamente si verifichi l’ipotesi di una mera reviviscenza della decisione meno favorevole.
89.È stato precedentemente rilevato che fondamento e contenuto di tutte le decisioni di equivalenza era la possibilità, non contenuta
nelle condizioni di appalto ed introdotta a posteriori nella lettera indirizzata all’AIMA per l’esecuzione dell’aggiudicazione,
di sostituire con le pesche le mele da consegnare come corrispettivo. Tale violazione del principio della parità di trattamento
degli offerenti e di conseguenza delle regole di aggiudicazione fu comunque mitigata dalla decisione 6 settembre 1996. Tuttavia,
anche la decisione più favorevole, violando il principio della parità di trattamento, contiene una violazione di una norma
giuridica da applicare in esecuzione del Trattato CE. Tale violazione può essere fatta valere attraverso l’azione di annullamento
ai sensi dell’art. 230, secondo e quarto comma, CE. La Corte ha affermato l’esistenza dell’interesse ad agire per una dichiarazione
di annullamento di una decisione affetta da un simile vizio giuridico soltanto al fine di impedire l’adozione di analoghi
provvedimenti illegittimi
(32)
. Attraverso l’emanazione, a seguito dei propri reclami, della decisione di equivalenza più favorevole, la ricorrente ha ottenuto
un risultato soltanto parziale quanto all’eliminazione dell’illegittimità. La presente azione è diretta alla rimozione dei
restanti elementi di illegittimità. A tal riguardo sussiste, come in precedenza, un’interesse ad agire.
90. Inoltre, una «reviviscenza» della decisione 14 giugno 1996, nel senso di una sua effettiva esecuzione, non è materialmente
possibile, poiché la procedura diretta all’invio di succo di frutta nel Caucaso si è già conclusa. Essa si è svolta in base
alla decisione impugnata 6 settembre 1996, poiché l’azione diretta contro la stessa ai sensi dell’art. 242, prima frase, CE
non aveva effetto sospensivo e il presidente del Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda di sospensione di esecuzione
presentata dalla ricorrente
(33)
. Di conseguenza può essere proposta soltanto la domanda diretta al risarcimento dei danni.
91. La valutazione di un eventuale diritto della ricorrente al risarcimento del danno dipende dalla questione se alla Commissione
possa essere imputata una violazione che abbia causato un danno alla ricorrente stessa. Per l’accertamento di tale violazione
può essere utile esaminare la sentenza di annullamento di primo grado. In base al combinato disposto degli artt. 231, primo
comma, CE e 230, secondo e quarto comma, CE risulta dal dispositivo che dichiara l’annullamento della decisione impugnata
la sussistenza della violazione, e dai motivi della sentenza in che cosa tale violazione consistesse. Un interesse ad agire
per l’annullamento della decisione impugnata sussiste pertanto anche in ragione della possibile considerazione di una successiva
azione di risarcimento.
92. Inoltre la Commissione è tenuta, ai sensi dell’art. 233, primo comma, CE a prendere tutti i provvedimenti che l’esecuzione
della sentenza della Corte di giustizia comporta. Tra questi rientra in particolare la rimozione delle conseguenze delle violazioni
accertate nella sentenza di annullamento
(34)
, cosicché la Commissione può essere obbligata sulla base della sola sentenza, senza un’ulteriore azione, a risarcire il danno.
93. La connessa questione sollevata dalla Commissione riguardo l’esecuzione della sentenza di primo grado non sussiste. La dichiarazione
di annullamento della decisione 6 settembre 1996 non necessita di una successiva esecuzione. Non vi è ragione di limitare
gli effetti retroattivi della sentenza, in quanto non c’è ragionevole motivo di limitare una possibile richiesta di risarcimento
del danno.
94. La ricorrente ha dunque un interesse ad agire; pertanto anche il quarto motivo d’impugnazione dev’essere respinto.
D – Sul motivo dell’errata interpretazione delle norme dell’organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli
1. Argomenti delle parti
a) Commissione
95. La Commissione ritiene che il quinto motivo d’impugnazione sia ricevibile, in quanto la materiale inesattezza della sentenza
del Tribunale di primo grado risulterebbe dagli atti ed il Tribunale avrebbe qualificato giuridicamente i fatti accertati
(35)
.
96. La valutazione del Tribunale, secondo cui le mele sarebbero state disponibili nei magazzini d’intervento e di conseguenza
non si sarebbe verificato un caso di forza maggiore, sarebbe viziata da un errore di diritto. Tra la data in cui gli aggiudicatari
avrebbero potuto iniziare a procedere al ritiro e la data della prima decisione di equivalenza, vale a dire il 14 giugno 1996,
dal mercato sarebbero state ritirate, nell’ambito delle misure d’intervento, soltanto 19 958,648 tonnellate di mele, mentre
gli aggiudicatari avevano diritto alla consegna, in tutto, di 39 500 tonnellate di mele.
97. Il Tribunale e la ricorrente si riferiscono, per i loro calcoli relativi ai quantitativi di mele disponibili, a date sbagliate,
che non rispettano i meccanismi d’intervento. Nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli
non è prevista per gli organismi di intervento – al di fuori del caso di una difficile crisi – né la possibilità dell’acquisto,
né la possibilità di detenzione in deposito. La frutta ritirata dal mercato dev’essere distrutta o distribuita gratuitamente
ad organizzazioni di beneficenza.
98. L’allegato al suo atto difensivo in primo grado, nel quale era segnalato che sarebbero state disponibili 200 000 tonnellate,
avrebbe avuto il solo fine di mostrare che negli anni precedenti erano state disponibili mele in quantità sufficiente. Sarebbe
stata di conseguenza ragionevole la supposizione, al momento della gara, che le mele da ritirare dal mercato sarebbero state
sufficienti per il pagamento dei succhi di frutta forniti.
99. Il Tribunale di primo grado avrebbe trascurato tali elementi di diritto ed erroneamente interpretato le date. Dai documenti
versati agli atti gli errori materiali risulterebbero chiaramente evidenti. Qualificando quali disponibili nei magazzini d’intervento
le mele ritirate dal mercato precedentemente alla data a partire dalla quale gli aggiudicatari potevano ritirarle, il Tribunale
avrebbe commesso un errore di diritto, cosicché esso sarebbe pervenuto a conclusioni errate.
b) C.A.S. Succhi di Frutta
100. La ricorrente ritiene che il quinto motivo d’impugnazione non sia ammissibile, in quanto trattasi di censura sull’erronea
valutazione di fatti, in ordine alla quale la Corte non è competente in sede di impugnazione
(36)
.
101. Per il resto il Tribunale di primo grado avrebbe correttamente valutato i documenti resi disponibili dalla Commissione e avrebbe
giustamente presunto una sufficiente disponibilità di mele per gli aggiudicatari.
2. Valutazione
102. Ai sensi degli artt. 225, n. 1, CE e 51 dello Statuto CE della Corte di giustizia l’impugnazione è limitata a motivi di diritto.
Pertanto essa può essere basata soltanto sulla violazione di norme giuridiche, ma non sulla valutazione di fatti. Soltanto
il Tribunale di primo grado è competente per l’accertamento dei fatti e la loro valutazione
(37)
. La questione della disponibilità delle mele verte su un accertamento di fatti, il cui esame non rientra quindi nella competenza
della Corte nell’ambito di un gravame.
103.È vero che la Corte è competente per un controllo della qualificazione giuridica e degli effetti giuridici che il Tribunale
di primo grado ha fatto discendere dai fatti da esso accertati o valutati
(38)
. Ad essa non compete tuttavia un nuovo giudizio dei fatti o la valutazione delle prove presentatele
(39)
. Nel sostenere che il Tribunale di primo grado dai documenti ad esso esibiti avrebbe dovuto trarre conclusioni diverse relativamente
alla disponibilità delle mele, la Commissione si limita a contestare la valutazione dei fatti, o delle prove, effettuata dal
Tribunale. Tale valutazione è conseguentemente sottratta ad un nuovo esame da parte della Corte, ed il relativo motivo è pertanto
irricevibile.
104. Nella causa Brazzelli la Corte ha comunque dichiarato che «solo il Tribunale è (...) competente ad accertare i fatti salvo
il caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dai documenti del fascicolo ad esso sottoposto»
(40)
. Qualora tuttavia ogni inesattezza materiale che risulti soltanto dal fascicolo fosse sufficiente per affermare una competenza
di riesame in secondo grado da parte della Corte, sussisterebbe il pericolo di trasformare la Corte in un secondo giudice
di merito, contrariamente alle preclusioni normative previste nell’art. 225, n. 1, prima frase, CE.
105. Anche se la Corte si ritenesse competente ad esaminare la valutazione dei fatti effettuata dal Tribunale di primo grado, non
rileva, secondo la concezione fondamentale adottata, la controversia relativa alla disponibilità delle mele al momento dell’emanazione
della decisione di equivalenza. Come sopra più volte osservato, la decisiva violazione del principio della parità di trattamento
degli offerenti consisteva nel fatto che la lettera 6 marzo 1996 inviata all’AIMA per l’esecuzione dell’aggiudicazione in
favore degli offerenti vittoriosi prevedeva una possibilità di sostituzione delle mele con le pesche per il pagamento delle
forniture. A tale data, tuttavia, anche la Commissione, secondo quanto dalla stessa dichiarato, presumeva che in base ai risultati
degli anni precedenti sarebbero state disponibili mele in quantità sufficiente. Al momento decisivo qui considerato non sussisteva
quindi un imprevedibile carenza di mele.
106. Il quinto motivo d’impugnazione dev’essere pertanto dichiarato irricevibile e, in ogni caso, infondato.
107. Di conseguenza bisogna concludere che la sentenza del Tribunale di primo grado nella causa T-191/96 non è viziata. L’impugnazione
dev’essere dunque respinta.
VI –Spese
108. In base al combinato disposto degli artt. 122, 118 e 69, n. 2, del regolamento di procedura il soccombente è condannato alle
spese se ne è stata fatta domanda.
VII –Conclusione Alla luce delle considerazioni che precedono propongo di dichiarare quanto segue:
1)
Il ricorso avverso la sentenza del Tribunale di primo grado è respinto.
Regolamento (CE) della Commissione 18 agosto 1995, n. 2009, recante disposizioni applicabili alla fornitura gratuita di prodotti
agricoli provenienti dalle scorte d’intervento, destinati alla Georgia, all’Armenia, all’Azerbaigian, al Kirghizistan ed al
Tagikistan, prevista dal regolamento (CE) n. 1975/95 del Consiglio (GU L 196, pag. 4).
Mentre nella comunicazione tradotta pubblicata nella Gazzetta ufficiale compare l’espressione «unmittelbar betroffen» (direttamente interessato), il termine «individuellement» avrebbe dovuto essere correttamente tradotto con «individuell».
La Commissione non ha effettuato considerazioni nei propri atti riguardo ad un’eventuale mancanza di tale requisito, relativo
al se la ricorrente sia direttamente riguardata.
Sentenza del Tribunale di primo grado 13 dicembre 1995, cause riunite T-481/93 e T-484/93, Exporteurs in Levende Varken e
a./Commissione (Racc. pag. II-2941, punto 59), e ordinanza della Corte 23 novembre 1995, causa C-10/95 P, Asocarne/Consiglio
(Racc. pag. I-4149, punto 39).
Ordinanza della Corte 26 aprile 1993, causa C-244/92, Kupka-Floridi/CES (Racc. pag. I-2041, punto 10); sentenza della Corte
22 dicembre 1993, causa C-354/92, Eppe/Commissione (Racc. pag. I‑7027, punto 8), e ordinanza della Corte 7 marzo 1994, causa
C-338/93, De Hoe/Commissione (Racc. pag. I-819, punto 19).
Al riguardo la ricorrente si richiama, tra le altre, alla sentenza della Corte 28 maggio 1998, causa C-7/95 P, Deere/Commissione
(Racc. pag. I-3111, punto 62).
Sentenze della Corte 22 giugno 1993, causa C-243/89, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I‑3353, punto 37); 25 aprile 1996,
causa C-87/94, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑2043, punto 54); sentenze del Tribunale di primo grado 17 dicembre 1998, causa
T-203/96, Embassy Limousines & Services/Parlamento (Racc. pag. II-4239, punto 85), e 24 febbraio 2000, causa T‑145/98, ADT/Commissione
(Racc. pag. II-387, punto 164).
Sentenza della Corte 24 marzo 1993, causa C-313/90, Comité International de la Rayonne et des Fibres Synthétiques (CIRFS)
e a./Commissione (Racc. pag. I-1125).
Sentenze della Corte nelle cause Commissione/Danimarca (citata nella nota 9, punto 37), Commissione/Belgio (citata nella nota
9, punto 54); sentenze del Tribunale di primo grado nelle cause ADT (citata nella nota 9, punto 164), Embassy Limousines (citata
nella nota 9, punto 85).
V. in proposito anche le argomentazioni della sentenza di primo grado, punti 72-79, citate al paragrafo III 2). In secondo
grado la Commissione non contesta la sostanziale affermazione di una tale violazione nella procedura di gara.
Sentenza della Corte 24 giugno 1986, causa 53/85, AKZO Chimica/Commissione (Racc. pag. 1965, punto 21), e sentenza del Tribunale
di primo grado 8 novembre 2000, causa T‑509/93, Glencore Grain/Commissione (Racc. pag. II-3697, punto 31).
Sentenza della Corte nella causa AKZO Chimica (citata nella nota 29, punto 21), e sentenza del Tribunale di primo grado nella
causa Glencore Grain (citata nella nota 29, punto 31).
Sentenza nella causa Deere (citata nella nota 8, punto 21), e ordinanza della Corte 27 aprile 1999, causa C-436/97 P, Deutsche
Bahn/Commissione (Racc. pag. I-2387, punto 19).
Sentenza della Corte 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Laboratoires pharmaceutiques Bergaderm (Racc. pag. I-5291, punto 49),
e sentenza nella causa Deere (citata nella nota 8, punto 21).
Sentenza nella causa Deere (citata nella nota 8, punto 21), ordinanza della Corte 17 settembre 1996, causa C-19/95 P, San
Marco Impex (Racc. pag. I-4435, punto 39).