61999C0453

Conclusioni dell'avvocato generale Mischo del 22 marzo 2001. - Courage Ltd contro Bernard Crehan e Bernard Crehan contro Courage Ltd e altri. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Court of Appeal (England and Wales) (Civil Division) - Regno Unito. - Art. 85 del Trattato CE (divenuto art. 81 CE) - Contratto di acquisto esclusivo di birra - Locazione di bar - Intesa - Diritto al risarcimento danni per una delle parti del contratto. - Causa C-453/99.

raccolta della giurisprudenza 2001 pagina I-06297


Conclusioni dell avvocato generale


I - Fatti e procedimento

1. La presente causa ci è sottoposta dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito) in una controversia tra la Courage Ltd (in prosieguo: la «Courage»), attrice nella causa a qua, e il signor Crehan, convenuto nella causa a qua. La Court of Appeal solleva quattro questioni relative alla possibilità per una delle parti di un accordo vietato dall'art. 81 CE di ottenere un risarcimento danni dalla controparte.

2. Nel 1990, la Courage, una fabbrica di birra che aveva una quota di mercato per la vendita di birra pari al 19%, e la Grand Metropolitan plc (in prosieguo: la «Grand Met»), una società che aveva diversi interessi nel settore dell'industria alberghiera e della ristorazione, si accordavano sulla fusione dei loro bar. A tal fine, i loro rispettivi esercizi pubblici venivano trasferiti alla Inntrepreneur Estates Ltd (in prosieguo: la «IEL»), una società posseduta in parti uguali dalla Courage e dalla Grand Met.

3. Un accordo stipulato tra la IEL e la Courage prevedeva che tutti i locatari della IEL dovevano acquistare la loro birra esclusivamente dalla Courage. Quest'ultima doveva fornire i quantitativi di birra ordinati al prezzo specificato nel listino prezzi applicabile agli esercizi locati dalla IEL.

4. La IEL sottoponeva un contratto tipo di locazione ai suoi locatari. Se il livello del canone poteva costituire oggetto di negoziazione tra il potenziale locatario e la IEL, il vincolo di acquisto esclusivo e le altre clausole del contratto non erano negoziabili.

5. Nel 1991, il signor Crehan stipulava con la IEL due contratti di locazione ventennali con il vincolo di acquisto a favore della Courage. Il canone era soggetto ogni cinque anni a revisione solo verso l'alto, fino a concorrenza del canone più elevato per il periodo precedente, ovvero del miglior canone ottenibile sul libero mercato per la rimanente durata sulla base delle altre condizioni contrattuali. Al locatario era imposto di acquistare una quantità di birra non inferiore alla quantità minima specificata e la IEL acconsentiva a che i tipi specificati fossero forniti al locatario dalla Courage ai prezzi risultanti dal listino prezzi di quest'ultima.

6. Nel 1993, la Courage intentava un'azione giudiziaria nei confronti del signor Crehan reclamando da questi un importo di oltre GBP 15 000, corrispondenti alle forniture di birra non pagate.

7. Il signor Crehan obiettava che il vincolo di acquisto esclusivo di determinati tipi specificati di birra contenuto nel contratto di locazione era in contrasto con l'art. 81 CE e presentava una domanda riconvenzionale per risarcimento danni. Il fondamento della denuncia del signor Crehan è che la Courage ha venduto la sua birra ai propri clienti non soggetti alla clausola d'esclusiva a prezzi sostanzialmente più bassi rispetto a quelli riportati nel listino dei prezzi applicati ai propri locatari vincolati dall'esclusiva. Egli sostiene che tale differenza di prezzo aveva come conseguenza di ridurre la redditività dei bar gestiti dai locatari soggetti all'esclusiva e di obbligarli a chiudere la loro attività.

8. Le considerazioni che hanno indotto la Court of Appeal a sottoporre alla Corte di giustizia le questioni pregiudiziali sono le seguenti.

9. Da un lato, la Court of Appeal, in una precedente sentenza, aveva dichiarato che l'art. 81, n. 1, CE era diretto a tutelare i terzi concorrenti e non le parti dell'accordo illecito. Queste ultime sarebbero, infatti, le responsabili e non le vittime della restrizione della concorrenza.

10. Dall'altro, il diritto inglese non consente ad una delle parti di un accordo illecito di esperire un'azione per risarcimento danni nei confronti della controparte. Anche se il motivo sollevato dal signor Crehan, secondo cui il suo contratto di locazione viola l'art. 81 CE, fosse valido, secondo il diritto inglese la sua azione per risarcimento danni sarebbe irricevibile. Per contro, risulta dalla sentenza della Supreme Court dagli Stati Uniti, Perma Life Mufflers Inc./International Parts Corp., che una delle parti di un accordo anticoncorrenziale può, qualora si trovi in una situazione di inferiorità economica, intentare un'azione per risarcimento danni.

11. E' in tale condizioni che essa ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni.

II - Le questioni pregiudiziali

«1) Se l'art. 81 CE (ex art. 85) debba essere interpretato nel senso che una delle parti di un contratto illecito di locazione di un bar, contenente una clausola di esclusiva, può far valere tale norma per ottenere una tutela giurisdizionale ("relief") nei confronti della controparte.

2) In caso di soluzione in senso affermativo della questione sub 1), se la parte che chiede una tutela giurisdizionale ("relief") sia legittimata ad ottenere un risarcimento dei pretesi danni subiti a seguito del suo assoggettamento alla clausola contrattuale vietata ai sensi dell'art. 81.

3) Se una norma dell'ordinamento nazionale, ai sensi della quale i giudici non debbono consentire ad un soggetto di far valere propri atti illeciti e/o fondarsi su di essi come presupposto per ottenere un risarcimento danni, debba essere considerata compatibile con il diritto comunitario.

4) Se la soluzione della questione sub 3) sia nel senso che in talune circostanze una siffatta norma possa essere incompatibile con il diritto comunitario, quali siano le circostanze che il giudice nazionale dovrebbe prendere in considerazione».

III - Valutazione

Osservazione preliminare

12. Risulta dall'ordinanza di rinvio che la Court of Appeal, ai fini della controversia nella causa a qua e nell'evidente intento di regolare dapprima le questioni di diritto, parte da due ipotesi. Anzitutto, essa ritiene che il vincolo di acquisto esclusivo di determinati tipi di birra previsto nel contratto di locazione di un bar stipulato dal signor Crehan sia in contrasto con l'art. 81 CE. In secondo luogo, essa parte dall'ipotesi secondo la quale il signor Crehan ha subito un danno «a causa delle azioni intraprese dalla controparte in forza dell'accordo».

13. Ne consegue che siamo chiamati a pronunciarci sulla situazione astratta di una violazione dell'art. 81 CE che ha provocato un danno nei confronti di una delle parti dell'accordo. La questione se tale situazione astratta corrisponda alla realtà dei fatti, è una questione che il giudice a quo deve risolvere successivamente e non ci interessa.

14. Tuttavia non ritengo che la Corte debba rifiutarsi di risolvere le questioni sollevate in quanto si tratterebbe di questioni ipotetiche. Infatti occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante , «(...) spetta unicamente ai giudici nazionali, che debbono assumere la responsabilità della decisione giudiziaria, valutare, tenuto conto delle peculiarità di ogni causa, sia la necessità di una pronuncia in via pregiudiziale per essere posti in grado di statuire nel merito, sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte. Il rigetto di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile solo laddove appaia in modo manifesto che l'interpretazione del diritto comunitario chiesta dal detto giudice non ha alcuna relazione con l'effettività o l'oggetto della controversia nella causa principale».

15. Ma così non è nella fattispecie.

16. Infatti, risulta dalle spiegazioni fornite dalla Court of Appeal che in base al solo diritto inglese l'azione instaurata dal signor Crehan non può avere successo e che solamente se egli potesse far valere diritti derivanti dal Trattato CE il giudice nazionale sarebbe obbligato ad esaminare le sue rivendicazioni

17. Pertanto è manifesto che l'interpretazione richiesta del diritto comunitario ha una relazione con l'effettività e l'oggetto della controversia nella causa a qua.

Sulla prima questione

18. Con la sua prima questione, il giudice a quo chiede, in sostanza, se una delle parti di un accordo vietato possa far valere l'art. 81 CE dinanzi ai giudici per ottenere un risarcimento dalla controparte.

19. Alla stregua della Commissione, ritengo che tale prima questione faccia riferimento al generale problema che ho illustrato nelle osservazioni preliminari, vale a dire «che un'applicazione rigorosa della norma di illiceità in diritto inglese impedirebbe ad un contraente di presentare un ricorso sia pure solo per far constatare che l'accordo in esame era vietato dall'art. 81 CE e quindi nullo di pieno diritto in forza dell'art. 81, n. 2, del Trattato». Pertanto è da tale punto di vista che affronterò tale questione.

20. Ora, la stessa Court of Appeal riconosce che esiste un argomento a favore del punto di vista secondo cui l'art. 81 conferisce ad una delle parti di un accordo illecito diritti che sono tutelati dal diritto comunitario. Essa cita, a tal proposito, la sentenza BRT .

21. Si può anche fare riferimento alla sentenza Delimitis , da cui risulta che «gli artt. 85, n. 1, e 86 sono atti a produrre direttamente degli effetti nei rapporti fra i singoli e attribuiscono direttamente agli interessati dei diritti che i giudici nazionali devono tutelare» e che un giudice nazionale può «accertare la nullità [di un] contratto, conformemente all'art. 85, n. 2, qualora abbia acquisito la certezza che il contratto non poteva costituire oggetto di una decisione di esenzione in virtù dell'art. 85, n. 3» .

22. Siccome la nullità di pieno diritto costituisce, come la Commissione ha giustamente ricordato, la sanzione fondamentale prevista dall'art. 81, n. 2, per quanto riguarda i contratti vietati in forza del n. 1 dello stesso articolo, qualsiasi ostacolo contrapposto a tale sanzione, nella fattispecie con un divieto per la controparte di farlo valere, priverebbe parzialmente di effetto tale disposizione.

23. Ora, ciò non è ammissibile, essendo l'art. 81 CE, secondo la giurisprudenza della Corte «una disposizione fondamentale indispensabile per l'adempimento dei compiti affidati alla Comunità e, in particolare, per il funzionamento del mercato interno».

24. Peraltro, faccio notare che anche le sentenze BRT e Delimitis, citate, riguardavano controversie tra parti contraenti. La causa Delimitis verteva precisamente su un contratto di fornitura esclusiva tra una fabbrica di birra e il gestore di un bar. Come ha fatto notare la Commissione, in tali cause la Corte non ha fatto nessuna osservazione sul fatto che fosse una delle parti dell'accordo a far valere l'art. 81 CE per sottrarsi ai pagamenti che le erano ingiunti.

25. Il singolo, anche contraente, deve quindi poter rivolgersi al giudice nazionale per domandargli di trarre tutte le conseguenze che derivano dalla nullità di pieno diritto delle disposizioni contrattuali incompatibili con l'art. 81 CE. Ricordo che, in forza della giurisprudenza della Corte, tale nullità «ha effetto retroattivo» .

26. Di conseguenza, se l'applicazione di tale clausola ha comportato, nel passato, effetti nefasti per uno dei contraenti, si pone la questione della riparazione di tali effetti. Nell'ambito della soluzione delle altre questioni, preciserò le condizioni in cui ciò può effettuarsi mediante un'azione per risarcimento danni.

27. Nell'attesa, occorre risolvere la prima questione nel modo seguente: l'art. 81 CE deve essere interpretato nel senso che una delle parti di un contratto illecito di locazione di un bar, contenente una clausola d'esclusiva, può far valere dinanzi ai giudici la nullità di tale contratto.

Sulla seconda e terza questione

28. Il giudice a quo solleva, in secondo luogo, la questione se la parte che agisce in giudizio sia legittimata ad ottenere un risarcimento dei danni che asserisce di aver subito a causa dell'applicazione della clausola contenuta nel contratto, vietata ai sensi dell'art. 81 CE.

29. Con la terza questione, la Court of Appeal chiede se una norma di diritto nazionale, ai sensi della quale i giudici non dovrebbero consentire ad un soggetto di far valere propri atti illeciti e/o fondarsi su di essi come presupposto per ottenere un risarcimento danni, debba essere considerata compatibile con il diritto comunitario.

30. Alla stregua della Commissione, sono del parere che occorra esaminare insieme tali due questioni.

31. Infatti, risulta dall'ordinanza di rinvio che la Court of Appeal ha già pronunciato nella causa Gibbs Mew che: «il diritto inglese non consente ad una delle parti di un accordo illecito di esperire un'azione per risarcimento danni nei confronti della controparte per danni subiti in quanto parte di tale accordo illecito. Ciò vale indipendentemente dal fatto che la parte chieda una restituzione o un indennizzo».

32. La questione che dobbiamo risolvere è quindi quella se il diritto comunitario osti a tale norma di diritto inglese.

33. Tutte le parti, ad eccezione della Courage ma incluso il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, ritengono la norma di diritto inglese in esame problematica rispetto al diritto comunitario. Le loro analisi non sono tuttavia identiche, né lo sono le soluzioni che propongono alla Corte.

34. Già fin da ora, posso affermare che anch'io considero la norma in esame problematica. Più in particolare, sono del parere che il diritto comunitario vi si opponga nei limiti in cui la norma in esame impedisce ad una delle parti di un accordo vietato di ottenere il risarcimento danni dalla controparte solo perché è parte dell'intesa.

35. Il mio ragionamento per giungere a tale conclusione parte da un'analisi delle implicazioni, per le parti di un'intesa, dell'effetto diretto dell'art. 81 CE. Esso prosegue con un esame del modo in cui spetta ai giudici nazionali tutelare i diritti che l'art. 81 CE può attribuire anche ad una delle parti di un'intesa.

36. In primo luogo, esaminiamo quindi quali sono le implicazioni dell'effetto diretto dell'art. 81 CE per le parti di un'intesa.

37. Come ho già detto, risulta da una giurisprudenza costante che l'art. 81 CE è atto a produrre effetti diretti nei rapporti fra i singoli e ad attribuire direttamente agli interessati dei diritti che i giudici nazionali devono tutelare . Ciò include il diritto, per i cittadini, di essere tutelati contro gli effetti pregiudizievoli che ha potuto ingenerare un'intesa nulla di pieno diritto.

38. Coloro che possono beneficiare di tale tutela sono certamente, in primo luogo, i terzi, vale a dire i consumatori e i concorrenti che sono lesi da un'intesa vietata .

39. Per contro, come la Courage osserva giustamente, le parti dell'intesa non devono normalmente beneficiare della stessa tutela poiché sono «la causa stessa dell'intesa». Si tratta in questo caso di un'applicazione del principio di diritto, ammesso nella maggior parte dei sistemi giuridici evoluti, ivi incluso nel sistema giuridico comunitario, secondo il quale nessuno può approfittare della sua propria turpitudine . Nella fattispecie, ciò significa che essa non può fondarsi sui propri atti illeciti per rivendicare la cancellazione delle conseguenze nefaste che questi ultimi hanno potuto avere nei suoi confronti.

40. Occorre tuttavia chiedersi se il solo e unico fatto di essere parte di un'intesa equivalga in qualsiasi circostanza e automaticamente ad una «turpitudine». Infatti, vi sono casi in cui tale «turpitudine» non mi sembra evidente. Il governo francese menziona, a tal proposito, prassi unilaterali della parte in posizione di forza in un'intesa verticale, come la diffusione di una circolare che impone un prezzo minimo di rivendita da parte del fornitore o un'esclusiva per lo sviluppo di un'attività di leasing.

41. Tali esempi dimostrano, a mio parere, che il ragionamento secondo il quale il fatto di essere parte dell'intesa costituisce automaticamente una turpitudine ed esclude quindi tale parte dalla tutela che deriva dall'art. 81 CE, è troppo formalistico e non tiene conto delle peculiarità di ogni caso. Vero è che i casi in cui il fatto di essere parte dell'intesa non equivale ad una turpitudine saranno l'eccezione, e saranno persino inesistenti se si tratta di intese orizzontali, ma non si può escludere che esistano.

42. Il criterio che, a mio parere, deve prevalere al fine di determinare se una delle parti dell'intesa si trovi in una situazione di «turpitudine» consiste nella responsabilità della parte nella distorsione della concorrenza. Se tale responsabilità è effettiva, la parte non può approfittare della sua «turpitudine» beneficiando, come può fare un terzo, di una tutela contro l'intesa.

43. Per contro, se la responsabilità di una delle parti nella distorsione della concorrenza non è significativa, tenuto conto del contesto nel quale si trova tale parte - ad esempio, come osserva il Regno Unito, quando una parte non è in grado di resistere alla pressione economica che le fa subire l'impresa più potente - non vi è ragione di rifiutare a tale parte la tutela dell'art. 81 CE. Infatti, in un simile caso, la realtà è tale che la parte di cui trattasi subisce l'intesa piuttosto che crearla. Nella sua relazione nei confronti dell'intesa essa somiglia più ad un terzo che al fautore dell'intesa.

44. Pertanto, sono del parere che si possa ritenere che l'art. 81 CE tuteli contro gli effetti di un'intesa non solo i terzi, ma anche, in circostanze eccezionali, una parte dell'intesa, vale a dire quella che non ha una responsabilità significativa nella distorsione della concorrenza.

45. La seconda tappa del mio ragionamento mi porta ad esaminare il modo in cui spetta ai giudici nazionali tutelare il diritto che l'art. 81 CE attribuisce, in determinate circostanze, ad una delle parti dell'intesa.

46. Come risulta dalle sentenze BRT e Delimitis, citate, spetta ai giudici nazionali tutelare i diritti attribuiti ai singoli dall'art. 81 CE. Infatti, risulta da una giurisprudenza costante che è compito dei giudici nazionali, secondo il principio di collaborazione enunciato dall'art. 10 CE, garantire la tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario aventi efficacia diretta .

47. A tal proposito, le condizioni tanto di merito quanto di forma che i sistemi di diritto nazionali comportano non possono, quanto alle azioni fondate sul diritto comunitario, essere meno favorevoli di quelle che riguardano analoghi ricorsi di diritto nazionale (principio di equivalenza) né, come in questa sede, rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal diritto comunitario (principio di effettività) .

48. Come si deve intendere tale giurisprudenza nel caso di specie?

49. Il sistema giuridico inglese ammette, come tanti altri sistemi giuridici, l'azione per risarcimento danni fra singoli.

50. Come sottolinea la Commissione nelle sue osservazioni, i giudici britannici hanno ammesso l'esercizio di tale azione per risarcimento dei danni causati a terzi da un comportamento che viola il diritto comunitario.

51. Tale azione per risarcimento danni non è tuttavia consentita, in diritto inglese, a coloro che sono parte di un accordo vietato. Vero è che non vi è discriminazione rispetto ai diritti derivanti dal diritto comunitario nel senso che, come ho già spiegato, una delle parti di un accordo illecito non può mai chiedere alla controparte il risarcimento per il danno che le ha causato il fatto di essere parte di tale accordo illecito, che tale illiceità derivi dal diritto interno o dal diritto comunitario.

52. Occorre tuttavia domandarsi se tale impossibilità assoluta di avvalersi dell'azione per risarcimento non costituisca, ai sensi della giurisprudenza, citata, un modo di predisporre le condizioni di merito o di forma dell'azione in esame tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal diritto comunitario.

53. Ricordo che l'art. 81 CE attribuisce, a mio parere, alla parte dell'accordo che ha solo una responsabilità non significativa nella distorsione della concorrenza un diritto di tutela contro gli effetti pregiudizievoli che ne sono derivati per essa. Ora, ritengo che la norma di diritto inglese citata osti alla tutela efficace di tale diritto.

54. Infatti, nessuno nega che un'azione per risarcimento danni sia un mezzo efficace per tutelare i diritti del singolo. La nullità prevista dall'art. 81, n. 2, CE è certamente una sanzione fondamentale, ma non è sempre sufficiente a riparare il danno che è stato causato. Come osserva il Regno Unito, se ad una parte che non ha una responsabilità significativa nella distorsione della concorrenza viene impedito di proporre ricorso al fine di ottenere il risarcimento danni, l'altra parte potrebbe beneficiare in modo ingiustificato del proprio comportamento illecito a spese della controparte.

55. Pertanto, sono del parere che la norma di diritto nazionale in esame sia tale da rendere praticamente impossibile la tutela di cui una delle parti di un accordo illecito beneficia a determinate condizioni e che occorra di conseguenza ritenere che il diritto comunitario vi si opponga.

56. Aggiungo ancora che le parti nella controversia a qua e numerosi governi che hanno presentato osservazioni nel corso del presente procedimento hanno discusso sul punto se la possibilità, per la parte dell'accordo vietato, di intentare un'azione per risarcimento danni diminuirebbe o aumenterebbe l'efficacia del diritto comunitario.

57. La Courage sostiene che, se si ammettesse la possibilità di un risarcimento, ciò renderebbe la partecipazione ad un atto illecito più allettante. Infatti, i singoli sarebbero a conoscenza del fatto che potrebbero sempre risolvere il contratto illecito e domandare il risarcimento se il contratto non apportasse loro i vantaggi previsti. Condivido tuttavia la tesi del Regno Unito e della Commissione secondo cui la prospettiva di poter chiedere il risarcimento costituirebbe non solamente un incitamento, per le parti più deboli, ad annullare gli accordi che violano l'art. 81 CE, ma anche, il che è forse più importante, un mezzo efficace per dissuadere la parte in posizione di forza dall'imporre un accordo restrittivo della concorrenza.

58. Preciso tuttavia che non si tratta, a mio parere, di infliggere alla controparte, per meglio garantire l'efficacia del diritto comunitario, una specie di sanzione, analoga all'ammenda che il regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato consente alla Commissione d'imporre. Si tratta semplicemente di trarre le conseguenze dell'effetto diretto dell'art. 81 CE.

59. Pertanto, sono d'accordo con il governo del Regno Unito quando dichiara di «non difendere l'idea che la parte di un accordo dovrebbe ottenere più di quello che ha perduto a causa dell'accordo illecito. In determinate ipotesi, l'attore, anche se si trova in una posizione negoziale più debole, può aver tratto vantaggi da una disposizione illecita dell'accordo e, per evitare un arricchimento ingiusto e l'applicazione di una sanzione penale al convenuto, tali benefici dovrebbero in via di principio essere presi in conto nella valutazione del danno. La valutazione precisa del danno incombe, naturalmente, ai giudici nazionali».

60. Sulla base dell'insieme delle considerazioni che precedono, propongo di risolvere la seconda e terza questione nel senso che il diritto comunitario osta ad una norma di diritto nazionale che vieta ad una parte soggetta a una clausola contrattuale incompatibile con l'art. 81 CE di ottenere un risarcimento del danno subito solo perché è parte di tale contratto.

Sulla quarta questione

61. Con la quarta questione la Court of Appeal domanda - per il caso in cui la soluzione della terza questione sia nel senso che in talune circostanze la norma di diritto nazionale in esame può essere incompatibile con il diritto comunitario - quali siano le circostanze che il giudice nazionale dovrebbe prendere in considerazione.

62. A tal proposito, nel corso del presente procedimento sono state proposte diverse circostanze da prendere in conto da parte del giudice nazionale.

63. Pur sottolineando il rischio di un capovolgimento dell'equilibrio del rischio commerciale e contrattuale normale, la Courage propone come circostanze da prendere in conto il contesto della conclusione dell'accordo, la trasparenza, la responsabilità del convenuto e dell'attore e l'analisi giuridica della clausola di cui trattasi.

64. Il signor Crehan ritiene che l'elemento chiave dovrebbe essere la responsabilità del contraente nella distorsione della concorrenza. Una parte dovrebbe poter essere legittimata a domandare il risarcimento se non può essere considerata come responsabile allo stesso grado (equally responsible) della distorsione della concorrenza.

65. La Commissione condivide, in sostanza, tale stesso punto di vista. Essa osserva che le circostanze nelle quali è possibile invocare atti illeciti di un soggetto per negare il suo diritto al risarcimento dovrebbero essere limitate ai casi in cui la parte che domanda riparazione è effettivamente in pari delicto, vale a dire che ha una responsabilità almeno uguale nella restrizione della concorrenza di cui domanda riparazione.

66. Il governo italiano è del parere che l'azione per risarcimento danni dovrebbe essere aperta alla parte lesa che si trovava in una situazione di accentuata debolezza nei confronti della controparte e non ha perciò goduto di una reale libertà di scelta per quanto riguarda il contraente e le modalità del contratto.

67. Il governo del Regno Unito ritiene che il giudice nazionale dovrebbe tenere conto principalmente della migliore efficacia dell'attuazione del diritto comunitario che tali azioni potrebbero favorire. In tale ambito, il giudice nazionale potrebbe prendere in considerazione, in particolare, il potere di negoziazione di ognuna delle parti nonché la loro responsabilità e i loro rispettivi comportamenti.

68. Come ho già detto, anche il diritto comunitario ammette il principio «nemo auditur propriam turpitudinem allegans».

69. Ne consegue che il diritto comunitario non osta a che il diritto nazionale neghi ad una delle parti, di cui viene accertata l'effettiva responsabilità nella distorsione della concorrenza, di ottenere il risarcimento dalla controparte.

70. Infatti, la tutela che l'art 81 CE attribuisce viene meno, a mio parere, se sia significativa la responsabilità di tale parte nella distorsione della concorrenza.

71. La responsabilità è evidentemente significativa se la parte si trovi in pari delicto nei confronti della controparte, vale a dire se essa è responsabile a pari titolo (equally responsible) della distorsione della concorrenza.

72. Per contro, la responsabilità non è significativa nel caso, citato dal governo italiano, della parte lesa che si trovi in una situazione di accentuata debolezza nei confronti della controparte.

73. Onde effettuare la valutazione della responsabilità della parte che chiede il risarcimento, è necessario tener conto del contesto economico e giuridico nel quale le parti si trovano nonché, come propone il governo del Regno Unito, del potere di negoziazione e del rispettivo comportamento delle due parti.

74. Si deve analizzare, in particolare, se la parte si trovasse in una posizione d'inferiorità grave nei confronti della controparte. Tale posizione d'inferiorità deve essere tale da mettere seriamente in discussione la libertà di tale parte nella scelta delle modalità contrattuali.

75. Infine, occorre ancora aggiungere che il fatto che una parte non abbia una responsabilità significativa non impedisce di pretendere da essa che dia prova di una ragionevole diligenza onde limitare l'entità del danno.

76. Infatti, come la Courage osserva giustamente, un tale principio esiste in diritto comunitario . Quest'ultimo può quindi difficilmente opporsi ad una norma analoga in diritto nazionale.

77. Tuttavia, il fatto di non essersi astenuta dallo stipulare l'accordo non può, di per sé, essere considerato come una tale mancanza di diligenza. Alla stregua della Commissione sono del parere che «tale principio non può giustificare il rigetto di una domanda ab initio; può unicamente dar luogo ad una limitazione dell'importo del risarcimento effettivamente dovuto».

78. Occorre quindi risolvere la quarta questione nel senso che il diritto comunitario non osta ad una norma di diritto nazionale la quale preveda che i giudici nazionali non dovrebbero consentire ad un soggetto di far valere propri atti illeciti e/o di fondarsi su di essi come presupposto per ottenere un risarcimento danni, purché sia stabilito che tale soggetto ha più che una responsabilità non significativa nella distorsione della concorrenza. La responsabilità è non significativa se la parte si trovi in una situazione d'inferiorità tale, nei confronti della controparte, che non era effettivamente libera di scegliere le modalità contrattuali.

IV - Conclusione

79. Propongo alla Corte di risolvere le questioni sottoposte dalla Court of Appeal nel seguente modo:

«1) L'art. 81 CE deve essere interpretato nel senso che una delle parti di un contratto illecito di locazione di un bar, contenente una clausola d'esclusiva, può far valere la nullità di tale accordo dinanzi ai giudici nazionali di uno Stato membro.

2) Il diritto comunitario osta ad una norma di diritto nazionale che vieta ad una parte soggetta a una clausola contrattuale incompatibile con l'art. 81 CE di ottenere un risarcimento del danno subito solo perché è parte di tale contratto.

3) Per contro, il diritto comunitario non osta ad una norma di diritto nazionale che preveda che i giudici nazionali non dovrebbero consentire ad un soggetto di far valere propri atti illeciti e/o di fondarsi su di essi come presupposto per ottenere un risarcimento danni, purché sia stabilito che tale soggetto ha più che una responsabilità non significativa nella distorsione della concorrenza. La responsabilità è non significativa se la parte si trovi in una posizione d'inferiorità tale, nei confronti della controparte, che non era effettivamente libera di scegliere le modalità contrattuali».