61999C0292

Conclusioni dell'avvocato generale Tizzano del 5 luglio 2001. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese. - Inadempimento di uno Stato - Ambiente - Rifiuti - Direttive 75/442/CEE, 91/156/CEE, 91/689/CEE e 94/62/CE - Piani di gestione dei rifiuti. - Causa C-292/99.

raccolta della giurisprudenza 2002 pagina I-04097


Conclusioni dell avvocato generale


I - Premessa

1. Con il presente ricorso, introdotto il 3 agosto 1999 ai sensi dell'art. 226 CE, la Commissione europea ha chiesto alla Corte di giustizia di dichiarare che la Repubblica francese non ha ottemperato né all'obbligo di elaborare piani di gestione dei rifiuti per tutto il suo territorio e per tutti i rifiuti, né a quello di includere nei piani già predisposti un capitolo specifico per lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio. Detti obblighi discendono dagli artt. 7, n. 1, della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 47; in prosieguo: la «direttiva 75/442»; che peraltro parlava allora di «piani di smaltimento»), così come modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio del 18 marzo 1991 (GU L 78, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva 91/156»), 6, n. 1, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20; in prosieguo: la «direttiva 91/689»), e 14 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (GU L 365, pag. 10; in prosieguo: la «direttiva 94/62»).

II - Quadro giuridico

A - La normativa comunitaria

1. La direttiva 75/442 e le modifiche introdotte dalla direttiva 91/156

2. La direttiva 75/442 è la meno recente tra quelle rilevanti nel presente caso. E' bene quindi avvertire che essa ha subito nel tempo diverse modifiche, in particolare ad opera della direttiva 91/156, che ne ha sostituito i primi 12 articoli al fine di rendere più efficaci gli strumenti diretti al perseguimento dei suoi obiettivi.

3. La direttiva in parola mira ad assicurare lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti, incoraggiando altresì l'adozione di misure volte a limitare la formazione di rifiuti promuovendo le tecnologie «pulite» e i prodotti riciclabili e riutilizzabili (v. quarto considerando della direttiva 91/156). In particolare, l'art. 5, nella versione originale, disponeva che gli Stati membri stabilissero o designassero «l'autorità o le autorità competenti incaricate, in una determinata zona, di programmare, organizzare, autorizzare e controllare le operazioni di smaltimento dei rifiuti».

4. Più specificamente, poi, l'art. 6, nella sua versione originale, prevedeva che:

«La o le autorità competenti di cui all'articolo 5 dovranno elaborare quanto prima uno o più piani che contemplino fra l'altro:

- i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire;

- i requisiti tecnici generali;

- i luoghi adatti allo smaltimento;

- tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare.

Tale o tali piani potranno riguardare ad esempio:

- le persone fisiche o giuridiche abilitate a procedere allo smaltimento dei rifiuti,

- la stima dei costi delle operazioni di smaltimento,

- le misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento dei rifiuti».

5. Quanto al termine per la trasposizione della direttiva 75/442, l'art. 13, nella sua versione originale, prevedeva:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro ventiquattromesi dalla sua notifica e ne informano immediatamente la Commissione».

6. Detta notifica è avvenuta in data 18 luglio 1975.

7. A seguito delle modifiche introdotte dalla direttiva 91/156, il ricordato art. 6 della direttiva 75/442 dispone ora che:

«Gli Stati membri stabiliscono o designano l'autorità o le autorità competenti incaricate di porre in atto le disposizioni della presente direttiva».

8. A sua volta, l'art. 7, n. 1, della direttiva 75/442, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla direttiva 91/156, prevede ora che:

«Per realizzare gli obiettivi previsti negli articoli 3, 4 e 5 la o le autorità competenti di cui all'articolo 6 devono elaborare quanto prima uno o più piani di gestione dei rifiuti, che contemplino fra l'altro:

- tipo, quantità e origine dei rifiuti da ricuperare o da smaltire;

- requisiti tecnici generali;

- tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;

- i luoghi o impianti adatti per lo smaltimento.

Tali piani potranno riguardare ad esempio:

- le persone fisiche o giuridiche abilitate a procedere alla gestione dei rifiuti,

- la stima dei costi delle operazioni di ricupero e di smaltimento,

- le misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento dei rifiuti».

9. Quanto al termine per la trasposizione della direttiva 91/156, l'art. 2, n. 1, primo capoverso, dispone che:

«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 1° aprile 1993. Essi ne informano immediatamente la Commissione».

10. Ricordo anche che, secondo l'art. 1, letta a), della direttiva 75/442, così come modificata dalla direttiva 91/156, per «rifiuto» si intende:

«qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi.

La Commissione (...) preparerà, entro il 1º aprile 1993, un elenco dei rifiuti che rientrano nelle categorie di cui all'allegato I. Questo elenco sarà oggetto di un riesame periodico e, se necessario, sarà riveduto secondo la stessa procedura».

11. Sulla base di detta disposizione, il 20 dicembre 1993 la Commissione ha adottato la decisione 94/3/CE, che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all'articolo 1 a) della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti (GU L 5, pag. 15). Detto elenco è denominato «Catalogo europeo dei rifiuti».

2. La direttiva 91/689

12. La direttiva 91/689 mira a ravvicinare le legislazioni degli Stati membri sulla gestione controllata dei rifiuti pericolosi (v. art. 1, n. 1). Il suo art. 6, n. 1, dispone che:

«Conformemente all'articolo 7 della direttiva 75/442/CEE, le autorità competenti elaborano, separatamente o nell'ambito dei propri piani generali di gestione dei rifiuti, piani di gestione dei rifiuti pericolosi e li rendono pubblici».

13. Secondo quanto previsto dall'art. 10, n. 1, della direttiva 91/689, come sostituito dalla direttiva 94/31/CE del Consiglio del 27 giugno 1994 (GU L 168, pag. 28),

«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva prima del 27 giugno 1995. Essi ne informano immediatamente la Commissione».

14. Va aggiunto che, in forza dell'art. 1, n. 4, della direttiva 91/689, il 22 dicembre 1994 il Consiglio ha adottato la decisione 94/904/CE, che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi (GU L 356, pag. 14).

15. Ricordo poi che la direttiva 91/689 ha sostituito, abrogandola, la direttiva 78/319/CEE del Consiglio, del 20 marzo 1978, relativa ai rifiuti tossici e nocivi (GU L 84, pag. 43; in prosieguo: la «direttiva 78/319»). L'art. 12, n. 1, di quest'ultima direttiva disponeva che:

«Le autorità competenti elaborano e tengono aggiornati programmi per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi. Tali programmi contemplano in particolare:

- i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire;

- i metodi di smaltimento;

- i centri specializzati per il trattamento, se necessario;

- i luoghi di deposito adeguati.

Le autorità competenti degli Stati membri possono includere altri aspetti particolari, come la stima dei costi delle operazioni di smaltimento».

16. Per quanto concerne il termine per la trasposizione della direttiva 78/319, l'art. 21, n. 1, della stessa prevedeva che:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 24 mesi dalla sua notifica e ne informano immediatamente la Commissione».

17. Quella notifica è avvenuta in data 22 marzo 1978.

3. La direttiva 94/62

18. La direttiva 94/62 si propone di «armonizzare le misure nazionali in materia di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, sia per prevenirne e ridurne l'impatto sull'ambiente degli Stati membri e dei paesi terzi ed assicurare così un elevato livello di tutela dell'ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato interno e prevenire l'insorgere di ostacoli agli scambi nonché distorsioni e restrizioni alla concorrenza nella Comunità» (v. art. 1, n. 1).

19. L'art. 14 della direttiva 94/62, intitolato «Piani di gestione», dispone che:

«Conformemente agli obiettivi e alle misure previsti nella presente direttiva, gli Stati membri includono nei piani di gestione dei rifiuti che devono essere formulati conformemente all'articolo 7 della direttiva 75/442/CEE, un capitolo specifico per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio (...)».

20. Ai sensi dell'art. 22, n. 1, della direttiva 94/62,

«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 30 giugno 1996. Essi ne informano immediatamente la Commissione».

B - La normativa nazionale

21. Le misure di trasposizione comunicate alla Commissione dalla Repubblica francese, tali quali erano in vigore allo scadere del termine fissato nel parere motivato del 5 agosto 1998, si rinvengono nella legge n. 75-633 del 15 luglio 1975, relativa allo smaltimento dei rifiuti ed al recupero dei materiali [loi relative à l'élimination des déchets et à la récupération des matériaux; Journal officiel de la République française (JORF) del 16 luglio 1975, pag. 7279], come successivamente modificata e completata dalle leggi n. 92-646 del 13 luglio 1996, relativa all'eliminazione dei rifiuti e agli impianti registrati per la protezione dell'ambiente (loi relative à l'élimination des déchets ainsi qu'aux installations classées pour la protection de l'environnement; JORF del 13 luglio 1992, pag. 9461), e n. 95-101, relativa al rafforzamento della protezione dell'ambiente (loi relative au renforcement de la protection de l'environnement; JORF del 3 febbraio 1995, pag. 1840; in prosieguo: la «legge n. 75-633»).

22. L'art. 10, primo comma, della legge n. 75-633 prevede che:

«Piani nazionali di smaltimento dei rifiuti saranno elaborati dal Ministro per l'Ambiente per determinate categorie di rifiuti, il cui elenco è redatto con decreto (...), in funzione del loro grado di nocività o dei particolari del loro trattamento e stoccaggio» .

23. Ai sensi dell'art. 10-1, primo comma, della legge n. 75-633:

«Per ogni regione deve essere previsto un piano regionale o interregionale di smaltimento dei rifiuti industriali speciali».

24. L'art. 10-2, primo comma, della legge n. 75-633 dispone che:

«Per ogni dipartimento deve essere previsto un piano dipartimentale o interdipartimentale di smaltimento dei rifiuti domestici e degli altri rifiuti di cui all'art. L.373-3 del codice dei comuni».

25. Queste disposizioni normative sono state successivamente precisate con i decreti n. 93-139 del 3 febbraio 1993, relativo ai piani di smaltimento dei rifiuti domestici e assimilati (décret relatif aux plans d'élimination des déchets ménagers et assimilés; JORF del 4 febbraio 1993, pag. 1874), e n. 93-140 del 3 febbraio 1993, relativo ai piani di smaltimento di rifiuti diversi dai rifiuti domestici e assimilati (décret relatif aux plans d'élimination de déchets autres que les déchets ménagers et assimilés; JORF del 4 febbraio 1993, pag. 1875).

26. Detti decreti sono stati poi sostituiti dal decreto n. 96-1008 del 18 novembre 1996, relativo ai piani di smaltimento dei rifiuti domestici e assimilati (JORF del 24 novembre 1996, pag. 17138; in prosieguo: il «decreto n. 96-1008»), e dal decreto n. 96-1009 del 18 novembre 1996, relativo ai piani di smaltimento di rifiuti industriali speciali (décret relatif aux plans d'éliminations de déchets industriels spéciaux; JORF del 24 novembre 1996, pag. 17140). Tra le modifiche apportate dal decreto n. 96-1008 vi è l'introduzione dell'obbligo di prevedere, in seno ai piani di smaltimento dei rifiuti domestici e assimilati, l'indicazione delle soluzioni adottate per lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio.

III - Analisi

27. Con il presente ricorso la Commissione contesta alla Repubblica francese il mancato rispetto delle direttive 75/442 (come modificata), 91/689 e 94/62 a causa della perdurante incompletezza dei piani di gestione dei rifiuti dal punto di vista sia della copertura geografica che di quella materiale, nonché a causa dell'assenza in detti piani di uno specifico capitolo sui rifiuti di imballaggio. Analizzerò separatamente e nell'ordine le tre contestazioni.

A - Sul carattere incompleto della copertura geografica dei piani di gestione

1. Premessa

28. La Commissione contesta in primo luogo che al momento del deposito del suo ricorso risultava, sulla base delle informazioni fornite dalle stesse autorità francesi, che 11 dei 100 dipartimenti e 6 delle 26 regioni francesi non disponevano ancora di un piano di gestione dei rifiuti, nonostante che i termini per la trasposizione della direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156, e della direttiva 91/689 fossero scaduti, rispettivamente, il 1° aprile 1993 (ma originariamente già il 18 luglio 1977) e il 27 giugno 1995.

29. Per parte sua, il governo francese riconosce la fondatezza del rilievo, almeno per quanto concerne una decina di dipartimenti e quattro regioni, ma obietta che la mancanza del piano non costituirebbe una violazione degli artt. 7, n. 1, della direttiva 75/442 (così come modificata dalla direttiva 91/156) e 6, n. 1, della direttiva 91/689, e ciò per una serie di ragioni legate al carattere, per così dire, «mobile» del termine imposto agli Stati membri per ottemperare a dette direttive, alle difficoltà incontrate dalle autorità francesi nell'elaborazione di questi piani, ed al fatto che, in sede di trasposizione, il legislatore nazionale si è posto obiettivi più ambiziosi di quelli previsti dalle direttive in questione.

2. La questione della tempestività nell'ottemperare alle direttive

30. Cominciamo dal primo punto, cioè dalla questione della tempestività nell'eseguire le direttive.

31. Secondo il governo francese, l'art. 7, n. 1, della direttiva 75/442 (nonché l'art. 6, n. 1, della direttiva 91/689 che vi rinvia) non impone che i piani di gestione siano realizzati entro il termine stabilito per la trasposizione di tali direttive. Le richiamate disposizioni, sottolinea il governo resistente, impongono alle competenti autorità nazionali solo l'obbligo di elaborare «quanto prima» uno o più piani di gestione, senza che ciò implichi necessariamente la copertura totale del territorio nazionale entro detto termine. Perché le direttive in questione possano considerarsi tempestivamente attuate, potrebbe quindi bastare che le autorità nazionali abbiano dato prova di aver agito, entro il termine previsto, con la necessaria diligenza per la preparazione degli adempimenti necessari a conseguire il risultato voluto dalle direttive, cioè che abbiano definito il quadro normativo della materia, dato avvio ai lavori di ordine tecnico e predisposto quanto necessario alla successiva elaborazione dei piani.

32. Non è questo, però, il pensiero della Commissione, secondo la quale l'espressione «quanto prima» non può essere interpretata in modo tale da far slittare l'attuazione delle direttive. Queste hanno imposto termini ben precisi, «entro e non oltre» i quali gli Stati membri erano tenuti a conformarsi integralmente ad esse. Non basterebbe quindi che gli Stati membri abbiano dato prova di diligenza nell'avviare le procedure previste e nel predisporre gli adempimenti necessari; poiché le direttive impongono un obbligo di risultato, è tale risultato che gli Stati membri dovevano assicurare entro i termini previsti per la trasposizione. In udienza, poi, la Commissione ha ulteriormente precisato che l'espressione «quanto prima» vuole probabilmente contemplare, in questo caso, l'eventuale sopravvenire di difficoltà impreviste (ad esempio la necessità di una revisione dei piani o di porre rimedio ad un annullamento giudiziario degli stessi) che potrebbero giustificare un ritardo nell'integrale attuazione di una direttiva, fermo restando tuttavia l'obbligo per le autorità nazionali di provvedere al più presto nel senso voluto dalla direttiva. In ogni caso, conclude la Commissione, neppure un'interpretazione generosa di questa espressione potrebbe giustificare un'inadempienza come quella della Francia, che perdura ancor oggi malgrado il lungo lasso di tempo intercorso dalla scadenza del termine di trasposizione delle direttive in esame.

33. Per parte mia, osservo anzitutto che l'espressione controversa non solo non è delle più chiare, ma non è neppure delle più frequenti nella prassi comunitaria e lo è anzi ancor meno nei termini in cui è ripresa dalle direttive in esame. Se infatti le già non numerose disposizioni comunitarie che la utilizzano (per lo più rispetto ad obblighi di trasmissione di dati e informazioni) la fanno di solito seguire da un inequivoco «e al più tardi entro...» , assai più rari sono i casi in cui l'espressione si presenta del tutto isolata e senza ulteriori specificazioni, come appunto nelle direttive in esame .

34. Ciò non fa che accentuare, evidentemente, l'intrinseca ambiguità dell'espressione nel contesto di tali direttive e la sua apparente contraddizione con le disposizioni che fissano precisi termini per la trasposizione delle stesse; un'ambiguità da far risalire, con tutta probabilità, ad uno di quei compromessi che non di rado accompagnano nelle istanze comunitarie i negoziati per il varo di direttive così complesse, come sembra confermare anche il confronto con la proposta della Commissione che è all'origine della direttiva 75/442, nella quale, in effetti, di quella espressione non si ritrova traccia alcuna . Anche per questo motivo, comunque, mi pare opportuno evitare ogni pretesa di svolgere sul punto un'analisi di portata generale e circoscrivere invece l'interpretazione dell'espressione al suo specifico contesto, come ha del resto suggerito la stessa Commissione.

35. Ciò posto, e ritornando alle due tesi in campo, devo dire che, sia pure in diversa misura e per opposti motivi, entrambe mi lasciano perplesso. Quella della Commissione mi appare in effetti troppo riduttiva, perché, ove spinta alle sue logiche conseguenze, porterebbe a concludere che l'espressione in esame dovrebbe essere considerata come non scritta. A me pare invece che se tale espressione qui viene usata e altrove no, ciò deve pur significare qualcosa; del resto la stessa Commissione ha riconosciuto che da questa espressione deriva una certa tolleranza rispetto alle difficoltà eventualmente incontrate dalle autorità nazionali, anche se poi negli esempi che ha fornito, e soprattutto nell'impostazione generale che ha seguito, ne ha limitato troppo l'ambito di applicazione. A sua volta, la tesi francese mi pare eccedere in senso opposto perché, almeno ai fini in esame, porta in definitiva a sterilizzare la norma sul termine di trasposizione delle direttive, sia perché rende tale termine mobile ed incerto, sostituendolo con una scadenza indefinita, sia perché lo fa variare da Stato a Stato, a scapito dell'uniformità di applicazione delle direttive.

36. E' appena il caso di ricordare invece che la fissazione di un termine per la trasposizione di una direttiva mira a garantire certezza ed uniformità di applicazione della stessa in tutti gli Stati membri e che quindi non se ne può prescindere se non in casi eccezionali e sulla base di precise motivazioni . Del resto, se mai occorresse avere una conferma dell'ovvia considerazione che precede, basterebbe ricordare che proprio per la mancata trasposizione delle direttive in esame nei termini da esse previsti la Commissione ha avviato varie procedure d'infrazione nei confronti degli Stati membri, e che tali procedure, a parte quelle ancora in corso o già concluse con soddisfazione delle pretese della Commissione , si sono tutte risolte con sentenze sfavorevoli allo Stato convenuto . E' vero che in nessuno dei procedimenti fin qui instaurati si è posta, come nel presente giudizio, una questione di interpretazione dell'espressione «quanto prima». Ma è anche vero che in quelle sedi la Corte ha sempre giudicato severamente i ritardi degli Stati membri, senza mai porsi il dubbio che questa espressione potesse in qualche modo incidere sulla valutazione di tali ritardi. Al contrario, essa ha affermato con molta chiarezza che il rispetto «degli obblighi più specifici di predisporre un piano di smaltimento dei rifiuti e di elaborare ed aggiornare programmi per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, previsti rispettivamente all'art. 6 [ora art. 7, n. 1] della direttiva 75/442 e all'art. 12 della direttiva 78/319 [equivalente all'art. 6, n. 1, della direttiva 91/689] (...) costitui[sce] un presupposto indispensabile per la piena realizzazione degli obiettivi» di dette direttive ed ha giudicato «grave» il mancato rispetto di quegli obblighi nei tempi stabiliti , perfino se limitato ad una parte molto ridotta del territorio, come una valle o un unico dipartimento .

37. Se così è, allora, quale significato occorre attribuire all'espressione «quanto prima», dal momento che, se è stata inserita in alcune disposizioni delle direttive in esame, quali che siano i motivi o il momento di tale inserimento, essa dovrà pur vedersi riconoscere un significato ed una funzione? A me pare che per rispondere a tale questione una prima osservazione s'imponga con assoluta evidenza, cioè che il margine di incertezza e di elasticità insito nell'espressione si collega all'innegabile complessità degli adempimenti che queste direttive richiedono agli Stati membri ed in particolare alla consapevolezza, che la stessa Commissione pare condividere, delle difficoltà che normalmente accompagnano l'elaborazione dei piani di gestione dei rifiuti per l'insieme del territorio nazionale. In tale prospettiva, allora, si può ritenere che l'inserimento dell'espressione nelle direttive in esame nasca dalla consapevolezza che sia possibile, e forse anche probabile, che dette difficoltà si rivelino particolarmente rilevanti e costringano gli Stati membri a dover disporre di un più ampio margine di tempo. Se però, ciò malgrado, le direttive non contemplano deroghe quanto ai termini per la loro trasposizione, se ne deve dedurre che le prospettate difficoltà non autorizzano di per sé, e malgrado l'espressione in esame, un automatico slittamento di questi termini. Perché una siffatta eventualità possa invece essere presa in conto senza dar luogo ad arbitrii e soprattutto perché essa possa conciliarsi con i principi generali e con l'obbligo di tempestiva trasposizione delle direttive occorre evidentemente che ricorrano condizioni molto precise e rigorose. In particolare, occorre, a mio avviso, quanto meno che le difficoltà invocate siano importanti ed abbiano un oggettivo fondamento; ci siano chiare prove della diligenza posta dalle autorità nazionali nell'adempiere con la massima sollecitudine gli obblighi previsti dalla direttiva; la necessità (o il rischio) di uno slittamento sia tempestivamente comunicata alla Commissione; la situazione sia monitorata insieme a quest'ultima, avvalendosi anzi all'occorrenza della sua collaborazione in conformità al principio di leale e reciproca cooperazione; e il ritardo sia contenuto entro i limiti di tempo strettamente necessari.

38. Se, però, si ammette che tale possa essere il senso e la portata dell'espressione «quanto prima», mi pare allora davvero difficile concludere che le indicate condizioni ricorrano nel caso di specie. Per quanto infatti si vogliano considerare importanti le difficoltà che la Francia ha incontrato e per quanta diligenza le si voglia riconoscere nell'impegno ad attuare pienamente le direttive in esame, resta il fatto che i ritardi che si sono accumulati al riguardo sono davvero eccessivi e non si possono giustificare neppure ricorrendo alla più generosa interpretazione dell'espressione in esame. Mi limito in proposito a ricordare che, al di là delle varie modifiche apportate alle direttive 75/442 e 78/319, i termini per l'adempimento degli univoci obblighi da queste sempre imposti sono scaduti, rispettivamente, il 18 luglio 1977 e il 22 marzo 1980; comunque i ritardi sarebbero ugualmente eccessivi anche se si volesse tenere conto esclusivamente del periodo intercorso tra il 1° aprile 1993 o il 27 giugno 1995 (termini per la trasposizione delle direttive 91/156 e 91/689) e l'ottobre 1998 (scadenza del termine di due mesi indicato nel parere motivato del 5 agosto 1998 indirizzato alla Repubblica francese) .

39. Per questo motivo, non posso associarmi all'accusa di irragionevolezza che il governo resistente rivolge alla Commissione per il fatto di pretendere che tutto il territorio francese fosse coperto da piani di gestione dei rifiuti già quando è stata avviata la presente procedura e di non apprezzare invece la diligenza di cui le autorità nazionali avrebbero dato prova assicurando che l'85-90% dei dipartimenti e delle regioni disponessero di piani di gestione dei rifiuti dopo diversi anni di sforzi intesi alla trasposizione delle direttive 75/442 e 91/689. Tanto più mi è difficile associarmi a quest'accusa ove si tenga conto delle severe posizioni della giurisprudenza comunitaria sull'esigenza che le direttive in esame ricevano piena e integrale attuazione e delle motivazioni che le ispirano, le quali muovono dall'idea che «le conseguenze del mancato rispetto dell'obbligo derivante dall'art. 4, primo comma, della direttiva 75/442 modificata rischiano, per la natura stessa di tale obbligo, di mettere in pericolo la salute dell'uomo e di recare pregiudizio all'ambiente anche in una parte ridotta del territorio di uno Stato membro» .

3. Sulle difficoltà incontrate dalle autorità francesi

40. Come ho prima ricordato, il governo francese sostiene anche che l'infrazione contestatagli può trovare giustificazione in una serie di difficoltà da esso incontrate, quali la decisione della Regione Midi-Pyrénées (Mezzogiorno-Pirenei) di provvedere essa stessa, in luogo del governo centrale, alla predisposizione del piano regionale, o la particolare complessità tecnica che presenta la redazione dei piani relativi alle isole (Corsica e Guadalupa) o alle regioni d'oltremare (Guiana) rispetto ai piani delle regioni della Francia metropolitana. Anche la mancata adozione di alcuni piani dipartimentali sarebbe dovuta, in particolare, a situazioni geografiche complesse (Parigi) o a decisioni dell'autorità giudiziaria.

41. Alla luce di quanto ho detto poc'anzi, tuttavia, non mi pare che tali argomentazioni possano giustificare ritardi così consistenti. Devo ricordare d'altra parte la costante giurisprudenza della Corte, ribadita più volte anche rispetto all'attuazione delle direttive in esame, secondo la quale «uno Stato membro non può eccepire situazioni interne, come difficoltà di attuazione emerse nella fase dell'esecuzione di un atto comunitario, per giustificare l'inosservanza di obblighi e termini imposti dal diritto comunitario» . Secondo una nota giurisprudenza della Corte, le autorità francesi avrebbero potuto giustificare il mancato o tardivo adempimento solo se avessero dimostrato l'impossibilità oggettiva di eseguire gli obblighi specifici imposti dalle direttive 75/442 e 91/689, ma nella specie non mi pare che le difficoltà denunciate si configurino come casi di impossibilità oggettiva, né del resto dette autorità le hanno evocate come tali.

4. Sugli obiettivi del legislatore francese

42. Infine, sempre nel tentativo di giustificare il ritardo in questione, il governo francese sottolinea che il legislatore nazionale si sarebbe posto obiettivi più ambiziosi di quelli perseguiti dalle direttive 75/442 e 91/689, puntando, in particolare, ad anticipare la trasposizione della direttiva 99/31 rispetto alla scadenza ufficiale del 16 luglio 2001 (v. art. 16, n. 1).

43. Tuttavia, neppure questa tesi mi pare convincente. Se è vero, infatti, che numerose sono le direttive di armonizzazione parziale che consentono espressamente agli Stati membri di adottare disposizioni nazionali più complete o più severe di quelle che devono formare l'oggetto della trasposizione, ciò non giustifica naturalmente eventuali ritardi nel perseguimento del risultato voluto dalle direttive. Oltre infatti a ribadire con chiarezza e severità i ben noti principi sull'obbligo di attuare tempestivamente una direttiva, la giurisprudenza della Corte ha anche chiarito che, quando le istituzioni comunitarie procedono a successive modifiche di una direttiva, gli Stati membri non possono ritardare la trasposizione di quest'ultima per provvedere al recepimento congiunto di tutte le direttive .

44. Per concludere dunque sulla prima delle contestazioni mosse dalla Commissione, ritengo che, non avendo ancora provveduto all'elaborazione di piani di gestione dei rifiuti per l'insieme del proprio territorio, la Repubblica francese non abbia soddisfatto gli obblighi che le incombono in virtù degli artt. 7, n. 1, della direttiva 75/442, come modificata, e 6, n. 1, della direttiva 91/689.

B - Sul carattere incompleto della copertura materiale dei piani di gestione

1. Sull'insufficienza degli elementi sui quali la Corte è chiamata a pronunciarsi

45. Venendo ora al merito della seconda contestazione mossa dalla Commissione alla Francia nel presente giudizio, occorre prendere le mosse dai rilievi concernenti l'incompletezza materiale dei piani di gestione. Su questo punto, peraltro, il governo resistente ha sollevato un'eccezione di carattere preliminare fondata su un'asserita insufficienza delle indicazioni fornite nel ricorso della Commissione circa gli elementi di diritto e di fatto necessari ai fini del giudizio della Corte. Secondo detto governo, infatti, le contestazioni della Commissione sarebbero motivate da generici dubbi quanto alla completezza della copertura materiale dei piani di gestione e quindi verrebbero meno all'obbligo di «indicare (...) i motivi esatti sui quali la Corte è chiamata a pronunciarsi, nonché, quanto meno sommariamente, gli elementi di diritto e di fatto sui quali detti motivi si fondano» .

46. Devo ricordare tuttavia che a denunciare una carenza di informazioni è stata anzitutto la Commissione, la quale ha lamentato che quelle trasmesse dal governo resistente nel corso della fase precontenziosa della presente procedura non le abbiano agevolato il compito di accertare se la totalità dei rifiuti oggetto delle direttive in esame fosse stata effettivamente presa in considerazione dai piani di gestione già elaborati dalla Repubblica francese. In particolare, la Commissione ha eccepito che le disposizioni nazionali comunicatele fanno riferimento a nozioni di rifiuti proprie del diritto francese, nozioni delle quali non è neppure definita la portata materiale; di conseguenza, essa non ha potuto operare un confronto con le corrispondenti nozioni delle direttive ed in particolare accertare se e quali categorie di rifiuti restassero ancora escluse dai piani di gestione nazionali, sebbene coperte dalla normativa comunitaria. Da qui la scelta di contestare alla Repubblica francese l'incompletezza materiale di detti piani, corroborando la contestazione con argomenti relativi solo ad alcune categorie di rifiuti, ma esprimendo il dubbio che essi potessero estendersi ad altri casi.

47. Credo che la censura mossa dalla Commissione sia fondata, e non solo perché sono innegabili i ritardi con i quali la Francia le ha comunicato i provvedimenti attuativi delle direttive 75/442 e 91/689, taluni dei quali, come vedremo, segnalati addirittura nel corso del presente giudizio. Il fatto è che in realtà, sia nel parere motivato sia nell'atto introduttivo del presente giudizio, i dubbi formulati dalla Commissione non esaurivano la motivazione delle contestazioni mosse al governo resistente, ma intendevano piuttosto fungere da premessa alla scelta della Commissione di selezionare, come prova dell'infrazione, solo tre categorie di rifiuti per le quali gli elementi a disposizione consentivano di procedere con un adeguato corredo di informazioni. Il fatto quindi che, in presenza di informazioni giudicate inadeguate rispetto agli obblighi imposti dalle direttive , la Commissione si sia limitata ad esprimere il timore che quei tre casi non fossero isolati non pregiudica affatto, a mio avviso, la ricevibilità del ricorso in parte qua.

2. Sul merito della contestazione: premessa

48. Come si è appena visto, per contestare il carattere incompleto della copertura materiale dei piani di gestione, in violazione degli artt. 7, n. 1, della direttiva 75/442, come modificata, e 6, n. 1, della direttiva 91/689, la Commissione assume a riferimento tre categorie di rifiuti: i policlorodifenili (in prosieguo: «PCB»), i rifiuti provvenienti da attività mediche e i rifiuti domestici speciali.

49. Il governo francese replica anzitutto con un rilievo di carattere generale. Esso sostiene infatti di essersi conformato alle disposizioni delle direttive in esame individuando diverse categorie di rifiuti, che coprono integralmente tutti i rifiuti oggetto delle direttive comunitarie, anche se la tecnica prescelta è stata alquanto particolare, dato che si è proceduto nei seguenti termini:

- per taluni rifiuti, quali i «rifiuti domestici e assimilati» e i «rifiuti industriali speciali», si è fornita una definizione degli stessi in una circolare ministeriale del 1° marzo 1994 (depositata peraltro solo nel corso del presente giudizio), con la quale sono state anche impartite alcune direttive in merito all'elaborazione dei piani di gestione, regionali o dipartimentali;

- più in generale, poi, con il decreto n. 97-157 del 15 maggio 1997, relativo alla classificazione dei rifiuti pericolosi (décret relatif à la classification des déchets dangereux; JORF del 23 maggio 1997, pag. 7764; in prosieguo: il «decreto n. 97-157», anch'esso prodotto solo in corso di causa), si è provveduto a stabilire una classificazione completa dei rifiuti pericolosi, sia pure sotto forma di una mera nomenclatura degli stessi (allegato II del decreto 97-157) e quindi senza alcuna disposizione specifica quanto alla loro gestione. In questo modo, però, se ho ben compreso, il governo francese ritiene di aver stabilito un preciso punto di riferimento per l'elaborazione dei piani di gestione sprovvisti di indicazioni specifiche quanto ai rifiuti pericolosi, consentendo di estendere tali piani a tutti i rifiuti previsti dalle direttive in esame.

50. Non esistono dunque, conclude la Repubblica francese, categorie residuali di rifiuti che sfuggano alle previsioni dei piani di gestione, sicché gli obblighi imposti dalle direttive sarebbero stati integralmente adempiuti.

51. La Commissione si limita a sottolineare che il governo francese le fornisce solo ora una definizione di determinate categorie di rifiuti e che comunque, malgrado tali informazioni, la tecnica legislativa scelta da detto governo non le consente di stabilire con certezza se le categorie di rifiuti di cui si tiene conto nei piani di gestione già esistenti assicurino effettivamente la copertura voluta dalla normativa comunitaria.

52. In effetti, anche a prescindere dal fatto che i predetti provvedimenti francesi siano stati comunicati con grave ritardo, il loro contenuto non pare tale da rimuovere i dubbi della Commissione. Ma a parte ciò, a me sembra che sia discutibile proprio la tecnica scelta dal governo francese per la trasposizione delle direttive in esame. Come ha rilevato la stessa Commissione, infatti, la scelta di attuare le direttive in esame con una mera circolare ministeriale non può non suscitare perplessità, specie alla luce della nota giurisprudenza della Corte secondo la quale nel trasporre una direttiva gli Stati membri debbono definire nel settore di cui trattasi un preciso quadro normativo che conformi l'ordinamento nazionale alle disposizioni della direttiva , in termini tali che non sussistano dubbi o ambiguità non solo quanto ai contenuti della normativa nazionale rilevante e alla sua conformità alla direttiva, ma anche quanto al valore formale di detta normativa e alla sua idoneità a fungere da appropriata base giuridica per la disciplina del settore. Sicché, ad esempio, non è sufficiente, ai fini di una corretta trasposizione della direttiva, una semplice prassi o una circolare amministrativa, dato che, a differenza delle autentiche fonti normative, esse non offrono garanzie di stabilità, obbligatorietà e pubblicità .

53. D'altra parte, non mi pare neppure soddisfacente la tecnica di trasposizione consistente nell'adozione di un decreto ministeriale contenente una mera nomenclatura di rifiuti pericolosi da poter poi utilizzare ai fini dell'elaborazione dei piani di gestione che non tengano espressamente conto di tale categoria di rifiuti. Ciò perché, come sottolinea la Commissione nella replica, è proprio nei piani di gestione che occorre ritrovare tutte le indicazioni necessarie a individuare i tipi di rifiuti cui tali piani si applicano, in modo da consentire alla Commissione di verificarne la completezza quanto alla copertura materiale .

54. Ciò detto, passo ora all'esame specifico degli addebiti sulle tre categorie di rifiuti evocate dalla Commissione.

3. I policlorodifenili («PCB»)

55. In merito ai PCB, la Commissione sottolinea che ben 22 delle 26 regioni francesi non dispongono del piano di gestione ad esse relativo. La Repubblica francese non nega che questa era la situazione nell'ottobre 1998, allo scadere cioè del termine indicato nel parere motivato. Dopo aver precisato però che nel novembre 1999 il numero delle regioni prive di piani si era ridotto a 12, il governo resistente obietta che la perdurante omissione non costituisce un'infrazione alla direttiva 91/689, in quanto ai piani regionali che non tengono espressamente conto dei PCB devono considerarsi applicabili le disposizioni del decreto n. 97-157 contenente un elenco completo dei rifiuti pericolosi . A suo avviso, comunque, sarebbe ormai inutile procedere alla revisione dei restanti piani di gestione regionali, dato che sarebbe in corso di elaborazione un piano nazionale per la decontaminazione e/o lo smaltimento degli apparecchi contenenti PCB in attuazione della direttiva 96/59/CE del Consiglio, del 16 settembre 1996, concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) (GU L 243, pag. 31; in prosieguo: la «direttiva 96/59»). Ai sensi dell'art. 11, n. 1, di tale direttiva, infatti, gli Stati membri devono predisporre programmi e piani per la decontaminazione, la raccolta e/o lo smaltimento di apparecchi contenenti PCB entro il 16 settembre 1999.

56. Potrei limitarmi ad osservare che lo stesso governo francese ammette che, ancor oggi, non tutte le regioni dispongono di un piano di gestione dei PCB e dedurne che, per ciò solo, la contestazione della Commissione su questa categoria di rifiuti dovrebbe considerarsi fondata. Per scrupolo di completezza comunque mi soffermerò ora brevemente anche sugli altri argomenti evocati dal governo francese.

57. Quanto all'argomento secondo cui ai piani regionali che non tengono espressamente conto dei PCB sono applicabili le disposizioni del decreto n. 97-157 contenente un elenco completo dei rifiuti pericolosi (ivi compresi i PCB), ho già detto che questa tecnica legislativa non può ritenersi soddisfacente, perché si limita in sostanza ad un generico rinvio, mentre su tali rifiuti, come per tutti i rifiuti, l'art. 7, n 1, della direttiva 75/442 (cui rinvia l'art. 6, n. 1, della direttiva 91/689) impone che siano fornite indicazioni assai puntuali negli stessi piani di gestione.

58. Quanto poi alla presunta inutilità della trasposizione della direttiva 91/689 a seguito della sopravvenuta adozione della direttiva 96/59, devo rilevare, con la Commissione che la direttiva 91/689 menziona espressamente i PCB e, pertanto, non si può prescindere da essi in sede di trasposizione di tale direttiva; che le due direttive impongono distinti termini di trasposizione e la Commissione non ha ancora ricevuto dal governo francese alcuna notizia circa l'avvenuta trasposizione della direttiva 96/59; che comunque quest'ultima non autorizza alcuna deroga quanto alla trasposizione della direttiva 91/689; che il fatto che l'art. 11 della direttiva 96/59 preveda che gli Stati membri devono predisporre programmi e piani per la decontaminazione, la raccolta e/o lo smaltimento di apparecchi contenenti PCB non può giustificare la mancanza di piani di gestione per le sostanze contenenti i PCB; e, infine, che in ogni caso non si può giustificare il ritardo nella trasposizione di una direttiva (la direttiva 91/689 avrebbe dovuto essere trasposta entro il 27 giugno 1995) invocando i lavori in corso per l'attuazione di una diversa direttiva (nella specie, la direttiva 96/59).

59. A mio avviso, dunque, la contestazione sui PCB deve considerarsi fondata.

4. I rifiuti provenienti da attività mediche

60. Secondo la Commissione, lo stesso governo francese riconosce che vi sono ancora cinque regioni, tra quelle che dispongono già di un piano di gestione dei rifiuti, i cui piani non coprono i rifiuti provenienti da attività mediche. Altre sei regioni sarebbero invece coperte da «schemi territoriali di eliminazione dei rifiuti ospedalieri», oggetto di una circolare ministeriale del 21 settembre 1990, con la quale si invitano le regioni ad attrezzarsi per l'eliminazione dei rifiuti ospedalieri e si forniscono loro indicazioni di carattere generale per quanto concerne i metodi e gli strumenti da impiegare allo scopo. La Commissione ricorda però che questi «schemi» non le sono ancora stati comunicati dalle autorità francesi e che quindi essa non è in grado di valutarne la conformità alle prescrizioni della normativa comunitaria, tanto più che queste stesse autorità avrebbero previsto di sostituire detti «schemi» con dei «piani». Inoltre, la Commissione manifesta forti riserve quanto alle garanzie di conformità alle esigenze della direttiva 75/442 che la circolare ministeriale può offrire. Da ciò essa conclude che la Repubblica francese non avrebbe ottemperato agli obblighi che le incombono in virtù delle direttive in esame neppure per le sei regioni interessate da detti «schemi».

61. Il governo francese non contesta che in cinque regioni non c'è ancora un piano di gestione per la categoria di rifiuti in esame, ma sottolinea ancora una volta che, stante l'uso dell'espressione «quanto prima» nell'art. 7, n. 1, della direttiva 75/442, la decorrenza del termine di trasposizione di quest'ultima non implicherebbe inadempimento della stessa. Quanto alle sei regioni coperte dagli «schemi territoriali di eliminazione dei rifiuti ospedalieri», il governo francese sostiene che, ai sensi della precitata circolare, detti schemi sono equivalenti ai piani di gestione già elaborati per altre regioni in conformità degli artt. 7, n. 1, della direttiva 75/442 e 6, n. 1, della direttiva 91/689. In ogni caso, e pur riconoscendo di non averli comunicati tempestivamente, esso non ritiene ammissibile una contestazione nel merito di detti «schemi» prima che la Commissione li abbia esaminati.

62. Non credo di dovermi soffermare sulle contestazioni relative alle prime cinque regioni, dato che è lo stesso governo resistente ad ammettere il ritardo, né mi pare che esso possa giustificarlo invocando l'espressione «quanto prima», dato quel che ho detto in precedenza al riguardo (supra, paragrafi 33-39). Quanto invece alle sei regioni che sarebbero coperte da «schemi territoriali di eliminazione dei rifiuti ospedalieri», confermo le riserve già espresse più sopra, e condivise dalla Commissione, sul ricorso ad una semplice circolare ministeriale per prescrivere alle regioni istruzioni circa la futura adozione di detti «schemi». Anche ammettendo, comunque, che questi esistano effettivamente, seppure mai notificati alla Commissione, osservo che la circolare in questione non contiene alcuna indicazione circa i termini entro i quali avrebbero dovuto essere elaborati; essa infatti si limita a prevedere che, qualora l'ambito territoriale regionale non risulti il più adatto, i prefetti regionali possono decidere, in collaborazione con i prefetti dipartimentali, che i lavori di preparazione degli schemi in questione vengano svolti, almeno in parte, a livello dipartimentale. Il che suona ulteriore conferma dell'inadeguatezza della circolare ai fini della piena attuazione delle direttive.

63. Quanto infine all'obiezione che il governo francese muove all'affermazione della Commissione secondo cui detti schemi non equivarrebbero ai piani di gestione dei rifiuti previsti dalle direttive comunitarie in questione, mi basta osservare che la circolare ministeriale riguarda solo i «rifiuti ospedalieri», mentre l'allegato I.A della direttiva 91/689 fa riferimento a categorie più ampie di rifiuti provenienti da attività mediche, comprendendovi (oltre, appunto, ai «rifiuti di ospedali») anche i «[rifiuti] provenienti da altre attività mediche» (punto 1) e i «prodotti farmaceutici, medicinali, prodotti veterinari» (punto 2). In sostanza, quantomeno dal punto di vista dell'ambito di copertura materiale, gli schemi (se esistenti) non sembrerebbero avere la stessa portata dei piani di gestione oggetto della direttiva 91/689.

64. La contestazione della Commissione in merito alla categoria dei rifiuti provenienti da attività mediche deve pertanto considerarsi fondata.

5. I rifiuti domestici speciali

65. Per quanto concerne infine i rifiuti domestici speciali, la Commissione ritiene insoddisfacente la tecnica di trasposizione scelta dal legislatore francese, il quale ha previsto che questa categoria possa essere omessa dai piani di gestione regionali e rinviata a quelli dipartimentali o, in alternativa, che i rifiuti domestici speciali possano essere oggetto al contempo sia di un piano regionale sia di un piano dipartimentale. In effetti, osserva la ricorrente, ben 18 dipartimenti non dispongono ancora di piani di gestione né a livello regionale né a livello dipartimentale.

66. La Repubblica francese replica che la presente contestazione costituisce in parte una ripetizione della prima censura, in quanto 15 di detti 18 dipartimenti sono già stati menzionati dalla ricorrente per dimostrare l'incompletezza della copertura geografica dei piani di gestione. Quanto ai restanti 3, cioè quelli relativi ai dipartimenti dell'Oise, dell'Alta-Loira e di Puy de Dôme, il governo resistente precisa che il progetto di un piano di gestione per il primo dipartimento sarebbe stato adottato dal prefetto in data 19 ottobre 1999 (e quindi, in ogni caso, in data successiva alla scadenza del termine fissato nel parere motivato della Commissione del 5 agosto 1998), mentre i restanti sarebbero in corso di revisione. Anche in questo caso, comunque, il governo francese giustifica il proprio ritardo invocando l'espressione «quanto prima» di cui agli artt. 7, n. 1, della direttiva 75/442 e 6, n. 1, della direttiva 91/689.

67. E' indubbio, e la stessa Commissione lo riconosce, che la presente contestazione si sovrappone in parte alla censura sull'incompletezza territoriale dei piani di gestione; essa però resta valida per i tre dipartimenti per i quali lo stesso governo francese ammette che non sono state adottate misure relative ai rifiuti domestici speciali. Né mi pare il caso di tornare sulla giustificazione ancora una volta addotta dal governo francese per escludere l'infrazione, dato che del rilievo da attribuire all'espressione «quanto prima» mi sono già ampiamente occupato in precedenza (v. paragrafi 33-39).

68. In conclusione, ritengo che vada accolta anche la seconda censura mossa dalla Commissione, visto che la Repubblica francese non ha provveduto a elaborare piani di gestione dei rifiuti completi quanto alla loro copertura materiale.

C - Mancanza nei piani di gestione già elaborati di un capitolo specifico relativo ai rifiuti d'imballaggio

69. La Commissione contesta infine alla Repubblica francese che i piani di gestione dei rifiuti già elaborati non contengono un capitolo specifico relativo ai rifiuti di imballaggio, e ciò in violazione dell'art. 14 della direttiva 94/62, la quale avrebbe dovuto essere trasposta entro il 30 giugno 1996 (v. art. 22, n. 1).

70. Il governo resistente obietta che il decreto n. 96-1008 prevede espressamente, all'art. 2, lett. d), l'inclusione nei piani di gestione dell'indicazione delle misure relative ai rifiuti di imballaggio, e che l'art. 12 di detto decreto impone la revisione entro tre anni dei piani di gestione non conformi a detta disposizione. Secondo le indicazioni fornite dal governo francese, il processo di revisione dei piani di gestione è ancora in corso; tuttavia, in considerazione delle iniziative già intraprese e del fatto che l'art. 14 della direttiva 94/62, rinviando all'art. 7 della direttiva 75/442, ripropone l'espressione «quanto prima», conferendo così un presunto carattere «mobile» al termine di trasposizione della direttiva, la Repubblica francese ritiene che non sussista alcuna violazione della stessa.

71. Non credo di dover spendere molte parole sul punto. Visto infatti che lo stesso governo francese riconosce che non tutti i piani di gestione dei rifiuti già elaborati contengono uno specifico capitolo relativo ai rifiuti di imballaggio, e considerato quanto ho detto a proposito dell'espressione «quanto prima» (v. paragrafi 33-39), ritengo che anche la terza delle censure mosse dalla Commissione sia fondata.

72. In conclusione, vi propongo di dichiarare che, non avendo elaborato piani di gestione dei rifiuti né per l'insieme del suo territorio né per l'insieme dei rifiuti e non avendo incluso in tutti i piani di gestione già predisposti uno specifico capitolo relativo ai rifiuti di imballaggio, la Repubblica francese non ha ottemperato agli obblighi che le incombono in virtù delle pertinenti direttive comunitarie.

IV - Sulle spese

73. In base al disposto dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta richiesta. Poiché la Commissione ha concluso in questo senso e considerato quanto ho appena detto sull'esito del ricorso, ritengo che la richiesta vada accolta.

V - Conclusioni

74. Alla luce delle considerazioni che precedono propongo, perciò, alla Corte di dichiarare che:

«1) Non avendo elaborato piani di gestione dei rifiuti né per l'insieme del suo territorio né per l'insieme dei rifiuti e non avendo incluso in tutti i piani di gestione già predisposti uno specifico capitolo relativo ai rifiuti di imballaggio, la Repubblica francese non ha ottemperato agli obblighi che le incombono in virtù degli artt. 7, n. 1, della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (così come modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio del 18 marzo 1991), 6, n. 1, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi, e 14 della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.

2) La Repubblica francese è condannata alle spese».