61999C0192

Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 7 novembre 2000. - The Queen contro Secretary of State for the Home Department, ex parte Manjit Kaur, interveniente: Justice. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division (Crown Office) - Regno Unito. - Cittadinanza dell'Unione - Cittadinanza di uno Stato membro - Dichiarazioni del Regno Unito relative alla definizione del termine "cittadino" - Cittadino britannico d'oltremare. - Causa C-192/99.

raccolta della giurisprudenza 2001 pagina I-01237


Conclusioni dell avvocato generale


1. La natura dei legami che uniscono una persona ad uno Stato membro determina in larga parte i diritti di cui essa beneficia in forza del diritto comunitario. Tale realtà si esprime attraverso l'espressione «cittadino di uno Stato membro», nozione fondamentale dell'ordinamento giuridico comunitario, poiché dal possesso di tale status dipende un gran numero di questi diritti come risultano dai principi generali del diritto comunitario.

2. Il Trattato sull'Unione europea ha modificato i termini dell'art. 8 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 17 CE ), istituendo così una cittadinanza dell'Unione e subordinando tale cittadinanza al possesso della «cittadinanza di uno Stato membro». Con ciò, il legislatore comunitario ha reiterato il suo attaccamento all'esistenza di un previo collegamento nazionale di coloro che vogliono invocare il beneficio del diritto comunitario.

3. Confrontata alla situazione particolare del diritto britannico sulla cittadinanza, il quale comprende diverse categorie di cittadinanza di cui una consente di negare al suo titolare ogni diritto d'ingresso e di soggiorno nel territorio britannico, la High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division (Crown Office) (Regno Unito), chiede innanzi tutto alla Corte di interpretare la nozione di persona avente «la cittadinanza di uno Stato membro». Il giudice a quo vuole così essere in grado di decidere sull'attribuzione dello status di «cittadino dell'Unione» a beneficio della parte ricorrente.

La High Court of Justice interroga poi la Corte sul contenuto e la portata della nozione di «cittadinanza dell'Unione» definita all'art. 8 A, n. 1, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 18, n. 1, CE) per pronunciarsi sugli effetti che tale status può produrre, in materia di diritto d'ingresso e di soggiorno, nei confronti di un cittadino britannico privato di tale diritto in forza della legislazione nazionale.

I - Contesto normativo

Diritto comunitario

4. Gli artt. 8 e 8 A, n. 1, del Trattato sono così formulati:

«Articolo 8

1. E' istituita una cittadinanza dell'Unione.

E' cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro.

2. I cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti dal presente Trattato.

Articolo 8 A

1. Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal presente Trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso».

5. In occasione della firma degli atti di adesione alle Comunità europee del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, il governo del Regno Unito faceva la seguente dichiarazione relativa alla definizione del termine «cittadini» :

«Per quanto riguarda il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, i termini "cittadini", "cittadini degli Stati membri" o "cittadini degli Stati membri e dei paesi e territori d'oltremare" che figurano nel Trattato che istituisce la Comunità economica europea, nel Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica e nel Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio o negli atti comunitari derivanti da tali trattati, indicano:

a) le persone che sono cittadini del Regno Unito e delle colonie, o le persone che sono sudditi britannici che non possiedono tale cittadinanza né la cittadinanza di un altro paese o territorio del Commonwealth, e che, nell'uno e nell'altro caso, hanno diritto di risiedere nel Regno Unito e sono pertanto esentati dal controllo del Regno Unito sull'immigrazione;

b) le persone che sono cittadini del Regno Unito e delle colonie perché sono nate o sono state iscritte nei registri dello Stato civile o naturalizzate a Gibilterra, o il cui padre sia nato o sia stato iscritto nei registri dello Stato civile o naturalizzato a Gibilterra».

6. Nel 1982, il governo del Regno Unito presentava presso il governo della Repubblica italiana, depositaria dei Trattati, una nuova dichiarazione riguardante la definizione del termine «cittadini» così formulata:

«Nella prospettiva dell'entrata in vigore del British Nationality Act del 1981, il governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord fa la seguente dichiarazione, che sostituirà, a partire dal 1° gennaio 1983, la dichiarazione fatta in occasione della firma da parte del Regno Unito del Trattato di adesione alle Comunità europee:

"Per quanto riguarda il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, i termini cittadini, cittadini degli Stati membri o cittadini degli Stati membri e dei paesi e territori d'oltremare che figurano nel Trattato che istituisce la Comunità economica europea, nel Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica e nel Trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio o negli atti comunitari derivanti da tali trattati, indicano:

a) cittadini britannici;

b) persone che sono sudditi britannici ai sensi della Parte IV del British Nationality Act del 1981 e che hanno diritto di risiedere nel Regno Unito e sono pertanto esentati dal controllo del Regno Unito sull'immigrazione;

c) cittadini dei territori britannici dipendenti che acquisiscono la cittadinanza da una connessione con Gibilterra".

(...)».

7. La Conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri che hanno sottoscritto il Trattato sull'Unione europea adottava e allegava all'Atto finale la dichiarazione n. 2, sulla cittadinanza di uno Stato membro , che dispone quanto segue:

«La Conferenza dichiara che, ogniqualvolta nel Trattato che istituisce la Comunità europea si fa riferimento a cittadini degli Stati membri, la questione se una persona abbia la nazionalità di questo o quello Stato membro sarà definita soltanto in riferimento al diritto nazionale dello Stato membro interessato. Gli Stati membri possono precisare, a titolo di informazione, quali sono le persone che devono essere considerate come propri cittadini ai fini perseguiti dalla Comunità mediante una dichiarazione presentata alla Presidenza; se necessario, esse possono modificare tale dichiarazione».

Diritto nazionale

8. In forza del British Nationality Act 1948 , la nozione di suddito britannico raggruppava, oltre ai cittadini degli Stati indipendenti del Commonwealth, i «cittadini del Regno Unito e delle colonie», da un lato, e i «sudditi britannici senza cittadinanza», dall'altro, potendo questi ultimi diventare cittadini di un paese del Commonwealth da poco indipendente al momento dell'entrata in vigore della legge sulla cittadinanza di tale paese. Se così non fosse stato, tali persone avrebbero acquisito in quel momento la cittadinanza del Regno Unito e delle colonie.

9. L'Immigration Act 1971 ha introdotto la nozione di «patriality» (diritto di residenza) i cui titolari sono i soli ad essere esentati dal controllo sull'immigrazione al momento del loro ingresso nel Regno Unito.

10. Il nuovo British Nationality Act 1981 abroga lo status di cittadino del Regno Unito e delle colonie e suddivide tutti coloro che lo possiedono in tre categorie:

a) cittadini britannici, che sono i cittadini del Regno Unito e delle colonie titolari di detto diritto di residenza nel Regno Unito;

b) «British Dependent Territories Citizens» (cittadini dei territori britannici dipendenti) che sono i cittadini del Regno Unito e delle colonie non aventi il diritto di residenza ma che soddisfano determinate condizioni di collegamento con un territorio dipendente dalla Corona britannica, ritenuto concedere loro il diritto di immigrazione in tale territorio;

c) «British overseas citizens» (cittadini britannici d'oltremare) che raggruppano tutti i cittadini del Regno Unito e delle colonie che non sono divenuti cittadini britannici o cittadini dei territori britannici dipendenti. Mancando qualsiasi collegamento con un territorio dipendente dalla Corona britannica, ad essi non è riconosciuto alcun diritto di immigrazione.

II - Fatti e procedimento

11. Nata in Kenia nel 1949, la signora Kaur era cittadina del Regno Unito e delle colonie, conformemente alla legge del 1948. Dopo l'entrata in vigore della legge del 1981, essa acquisiva lo status di cittadina britannica d'oltremare. In questa qualità, essa non aveva, in forza del diritto nazionale, il diritto di entrare né di soggiornare nel Regno Unito.

12. Dopo numerosi soggiorni temporanei nel territorio britannico e mentre si trovava di nuovo nel Regno Unito, il 4 settembre 1996 la signora Kaur reiterava la domanda per il permesso di soggiorno che aveva già presentata più volte dal 1990, data del suo primo ingresso nel territorio britannico.

13. Il 20 marzo 1997, la signora Kaur faceva appello dinanzi alla High Court of Justice avverso la decisione 22 gennaio 1997 del Secretary of State for the Home Department, con la quale quest'ultimo le negava il diritto di soggiornare nel territorio britannico.

14. In tale occasione, essa chiedeva di poter restare e di ottenere un lavoro nel Regno Unito nonché di poter viaggiare periodicamente in altri Stati membri per acquistarvi beni e servizi e, eventualmente, lavorarvi.

15. Ritenendo che la soluzione della controversia ad essa sottoposta dipendesse dall'interpretazione del diritto comunitario, la High Court of Justice, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Ove si debba decidere se la ricorrente, in qualità di cittadina britannica d'oltremare non avente titolo (ai sensi della legge britannica) per entrare o rimanere nel Regno Unito, sia una persona avente "la cittadinanza di uno Stato membro" e sia quindi un "cittadino dell'Unione" ai sensi dell'art. 8 del Trattato CE:

a) quale sia l'effetto (se un effetto vi è), ai fini del diritto comunitario:

i) della dichiarazione del Regno Unito del 1972 sulla definizione del termine "cittadini", adottata all'epoca dell'adesione alle Comunità europee e allegata all'Atto Finale della Conferenza di adesione, e

ii) della dichiarazione del Regno Unito del 1982 "sul significato di cittadino britannico", e

iii) della dichiarazione n. 2 allegata al Trattato sull'Unione europea, sottoscritto il 7 febbraio 1992, in base alla quale la cittadinanza deve essere determinata soltanto in riferimento alla legge nazionale dello Stato membro interessato, con facoltà per gli Stati membri di precisare, a titolo di informazione, quali sono le persone che devono essere considerate propri cittadini ai fini perseguiti dalla Comunità.

b) Se e nei limiti in cui il Regno Unito, dal punto di vista del diritto comunitario, non può richiamarsi alle dichiarazioni menzionate al precedente punto a), quali siano i criteri rilevanti per stabilire se una persona ha la cittadinanza di uno Stato membro ai sensi dell'art. 8, nel caso in cui la legge di uno Stato membro preveda varie categorie di cittadinanza, ma soltanto alcune di tali categorie conferiscano il diritto di entrare e trattenersi in quello Stato membro.

c) In tale contesto, quale effetto abbia il principio del rispetto dei diritti fondamentali della persona umana nel diritto comunitario invocato dalla ricorrente, in particolare laddove la stessa si richiama all'art. 3, n. 2, del quarto protocollo della Convenzione europea sui diritti dell'uomo, ai sensi del quale nessuno può essere privato del diritto di entrare nel territorio dello Stato del quale ha la cittadinanza, che non è stato ratificato dal Regno Unito.

2) Se, nelle circostanze del caso di specie, l'art. 8 A, n. 1, del Trattato CE:

a) conferisca a un cittadino dell'Unione il diritto di entrare e rimanere nel territorio dello Stato membro di cui ha la cittadinanza, anche se tale diritto gli viene altrimenti negato dalla legge nazionale;

b) conferisca diritti ulteriori rispetto a quelli riconosciuti dal Trattato CE prima delle modifiche apportate allo stesso dal Trattato sull'Unione europea;

c) dia origine a diritti direttamente efficaci che i cittadini dell'Unione possono invocare dinanzi ai giudici nazionali;

d) si applichi a fattispecie che sono completamente interne allo Stato membro».

III - Sulla seconda questione pregiudiziale, lett. d), relativa all'applicabilità dell'art. 8 A, n. 1, del Trattato

16. Occorre trattare in primo luogo tale questione in quanto la necessità di esaminare le altre questioni dipende dalla soluzione che le sarà data.

17. Il giudice a quo chiede se l'art. 8 A, n. 1, del Trattato si applichi ad una situazione come quella della fattispecie, in cui una persona che, in forza del diritto nazionale, possiede la cittadinanza di uno Stato membro senza beneficiare di un diritto d'ingresso e di soggiorno nel territorio di tale Stato membro, invoca l'art. 8 A per ottenere il diritto di soggiornare in detto territorio.

18. Se dovessimo dare una soluzione negativa, la prima questione pregiudiziale, con cui si chiede se la ricorrente sia o no una persona avente «la cittadinanza di uno Stato membro», ai sensi dell'art. 8 del Trattato, non avrebbe più ragion d'essere.

Infatti, se l'art. 8 A, n. 1, del Trattato e i diritti connessi alla nozione di «cittadinanza dell'Unione» che vi figurano dovessero essere considerati estranei ad una situazione come quella della fattispecie, diverrebbe superfluo pronunciarsi sulla cittadinanza della signora Kaur, da cui dipende appunto la qualità di «cittadino dell'Unione». Lo stesso ragionamento vale per le altre questioni incluse sotto la seconda questione pregiudiziale, in quanto queste ultime sono utili soltanto nel caso in cui la controversia rientri nell'ambito del diritto comunitario.

19. I governi italiano, danese e del Regno Unito nonché la Commissione sostengono che la questione sollevata esula dall'ambito di applicazione del diritto comunitario, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte, in particolare alla sentenza 5 giugno 1997, Uecker e Jacquet .

20. La signora Kaur osserva che, al contrario, la sua situazione non è riconducibile a tale giurisprudenza e deve essere assoggettata al diritto comunitario. Essa afferma che il diritto di soggiornare nel territorio dell'Unione europea, di cui è stata privata, è un diritto inerente alla nozione di cittadinanza dell'Unione. A suo parere, uno Stato membro non può, senza violare il diritto comunitario, adottare provvedimenti aventi l'effetto di impedire ad uno dei suoi cittadini l'esercizio dei diritti che gli sono conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario. Essa deve essere autorizzata ad entrare nel territorio dell'Unione per poter esercitare tutti i diritti che derivano dalla sua qualità di cittadino dell'Unione.

21. La sentenza Uecker e Jacquet, citata, è una delle ultime sentenze pronunciate dalla Corte conformemente alla sua giurisprudenza costante secondo cui determinate disposizioni del diritto comunitario non possono essere applicate ad attività che non abbiano alcun nesso con una qualsiasi delle situazioni considerate dal diritto comunitario e i cui elementi si collocano tutti all'interno di un solo Stato membro .

22. Tale giurisprudenza si è sviluppata in occasione di controversie attinenti al principio di non discriminazione in base alla cittadinanza enunciato dall'art. 6, primo comma, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 12, primo comma, CE) nonché agli articoli che ne garantiscono l'applicazione in settori particolari come la libera circolazione delle persone o dei servizi .

23. I principi del diritto comunitario connessi alla libera circolazione delle persone e dei servizi mirano effettivamente a garantire che uno Stato membro non possa trarre pretesto dalla cittadinanza di un cittadino di un altro Stato membro o dalla circostanza che uno dei suoi cittadini ha acquisito una formazione in un altro Stato membro per ostacolare la sua libertà di movimento sul suo proprio territorio. La cittadinanza dell'Unione, che riunisce questi principi, deve assicurare la libera circolazione delle persone in uno spazio senza frontiere interne, come prevede l'art. 7 A, secondo comma, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 14, n. 2, CE).

24. La posizione della Corte nei confronti delle situazioni interne è giustificata dall'intento di riservare l'applicazione delle disposizioni del Trattato o delle regole di diritto derivato che ne discendono alle situazioni che comportano determinati fattori di estraneità, in particolare quelli contraddistinti dall'esistenza di elementi transfrontalieri.

25. Qualora tali elementi vengano meno, il diritto comunitario non può più applicarsi a situazioni che, in questo caso, rientrano nell'ambito della competenza dei soli Stati membri. La presente causa deve essere esaminata alla luce di tale giurisprudenza.

26. La signora Kaur si avvale dello status di persona avente «la cittadinanza di uno Stato membro», ai sensi dell'art. 8 del Trattato, e di «cittadino dell'Unione», ai sensi dell'art. 8 A, n. 1, del Trattato, per sostenere la sua domanda ad ottenere il diritto di soggiorno nel territorio britannico. Essa propone un'interpretazione della nozione di persona avente «la cittadinanza di uno Stato membro» che limita il diritto degli Stati membri di fissare i criteri di attribuzione e il contenuto di tale cittadinanza .

27. La «cittadinanza dell'Unione», nozione recente del diritto comunitario, è lungi dall'essere stata del tutto esplorata dalla Corte e costituisce ancora oggetto di dibattito su taluni dei suoi aspetti . Resta il fatto che l'art. 8 A, n. 1, del Trattato enuncia in maniera inequivocabile, ai fini della presente controversia, il diritto per ogni cittadino dell'Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri , il che esprime l'idea della libera circolazione dei cittadini degli Stati membri da uno Stato membro all'altro.

La Corte ha già distinto, a proposito della libera circolazione dei lavoratori e del diritto di stabilimento, l'ingresso e il soggiorno di un cittadino di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro, che rientrano nell'ambito del diritto comunitario, dall'ingresso e dal soggiorno di tale cittadino sul suo proprio territorio, fondati sui diritti inerenti alla sua cittadinanza . Tale frontiera è stata mantenuta, a mio parere, dal testo aggiunto all'art. 8, n. 1, del Trattato dal Trattato di Amsterdam. Precisando che «La cittadinanza dell'Unione costituisce un complemento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest'ultima», il legislatore comunitario ha riaffermato l'idea di una ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e la Comunità nei settori che riguardano i diritti e i doveri che possono essere attribuiti a un individuo in base alla sua cittadinanza. Le relazioni che un cittadino mantiene con il suo Stato di origine circa il diritto d'ingresso e di soggiorno devono quindi, in via di principio, restare di competenza di tale Stato. Ne risulta che la «cittadinanza dell'Unione» è rilevante nella fattispecie solo in una prospettiva di libera circolazione tra Stati membri .

28. Ora, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, le regole in materia di libera circolazione delle persone «si applicano unicamente ai cittadini di uno Stato membro della Comunità che intendano stabilirsi nel territorio di un altro Stato membro oppure ai cittadini di questo stesso Stato che si trovino in una situazione avente elementi di collegamento con una qualunque delle situazioni previste dal diritto comunitario» .

29. Occorre osservare che, da un punto di vista rigorosamente giuridico, la richiesta formulata dalla signora Kaur non è volta a farle riconoscere il diritto di libera circolazione nel territorio comunitario ma è diretta all'ottenimento del diritto di soggiornare nel territorio dello Stato membro di cui possiede, secondo il diritto nazionale, una forma di cittadinanza.

30. In tal senso, la ricorrente non rientra in nessuno dei casi previsti dalla giurisprudenza della Corte poiché, da un lato, il procedimento a quo non ha come oggetto quello di attribuire il diritto di stabilirsi nel territorio di un altro Stato membro e, dall'altro, la sua situazione non ha elementi di collegamento con una qualunque delle situazioni previste dal diritto comunitario.

31. Come risulta dai fatti stabiliti dal giudice nazionale, pur non essendo «cittadina britannica», ai sensi del diritto nazionale, la signora Kaur possiede tuttavia la qualità di «cittadino britannico d'oltremare».

32. Pertanto due possibilità sono da tener presente.

33. Ammettiamo, in primo luogo, che spetti al diritto comunitario determinare se lo status di «cittadino britannico d'oltremare», conferendo la cittadinanza britannica alla signora Kaur, le conceda di conseguenza la «cittadinanza di uno Stato membro», ai sensi dell'art. 8 del Trattato. Un'interpretazione di tale norma che conducesse a constatare che la signora Kaur possiede la cittadinanza britannica dimostrerebbe che l'elemento transfrontaliero necessario all'applicazione del diritto comunitario manca. Risulterebbe allora che la ricorrente non cerca di stabilirsi nel territorio di un altro Stato membro e che, in ogni caso, la situazione non ha nessun elemento di collegamento con una qualunque delle situazioni previste dal diritto comunitario.

La signora Kaur fa valere infatti la libertà di circolazione delle persone all'interno della Comunità - o, come stabilisce l'art. 8 A, n. 1, del Trattato, il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri - per ottenere il diritto di soggiornare nel territorio britannico. Ora, la ricorrente, che per ipotesi è cittadina britannica, si trova fisicamente in tale territorio senza che risulti provenire da un altro Stato membro. Il diniego opposto dalle autorità britanniche di lasciarla soggiornare nel territorio del Regno Unito non pregiudica quindi affatto la libertà di circolazione nel territorio comunitario. Il solo elemento transfrontaliero è costituito dalla circostanza che la signora Kaur proviene da uno Stato terzo, sicché, ad eccezione di questo elemento extracomunitario, gli elementi della causa si collocano tutti all'interno di un solo Stato membro.

34. Tale constatazione non può essere inficiata dal fatto che la ricorrente rivendica il diritto di viaggiare in Irlanda ed esercitarvi i diritti di un cittadino dell'Unione . Una prospettiva puramente ipotetica di viaggio nel territorio della Comunità europea non presenta un nesso sufficiente con il diritto comunitario tale da giustificare l'applicazione dell'art. 8 A, n. 1, del Trattato . Aggiungo che l'oggetto del procedimento a quo è circoscritto alla contestazione di una decisione di diniego di soggiornare nel Regno Unito, il che conferma che la questione principale a cui si trova confrontato il giudice a quo è, in mancanza di altri elementi probatori che implichino la libertà di circolazione delle persone, limitata ad una problematica puramente nazionale .

35. In secondo luogo, se, come asserisce il governo del Regno Unito, la signora Kaur non possiede la cittadinanza britannica ai fini dell'applicazione del Trattato, è pacifico che essa non ha, a maggior ragione, la cittadinanza di un altro Stato membro. Di conseguenza, essa deve essere considerata, in diritto comunitario, cittadina di uno Stato terzo.

36. Ora, il principio di libera circolazione delle persone non si applica in una situazione in cui, senza possedere la cittadinanza di uno Stato membro, la persona che se ne avvale cerchi di entrare o di soggiornare nel territorio di uno degli Stati membri della Comunità.

37. La Corte a tale titolo ha chiaramente ricordato che un cittadino di un paese terzo «non può legittimamente far valere le norme in materia di libera circolazione delle persone (...)» .

38. Di conseguenza, che la signora Kaur possieda o no la cittadinanza britannica, il diritto comunitario - e in particolare la libertà di circolazione delle persone connessa alla cittadinanza dell'Unione - risulta manifestamente inapplicabile ad una situazione come quella della fattispecie.

39. Tenuto conto di tale conclusione, non si devono, come ho già osservato, risolvere le altre questioni.

Conclusione

40. Alla luce di tali considerazioni, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sottopostele dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division (Crown Office), nel seguente modo:

«L'art. 8 A, n. 1, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 18, n. 1, CE), non si applica in una situazione in cui:

- una persona che possiede la cittadinanza di uno Stato membro e che non si trova nel territorio di un altro Stato membro contesta il diniego opposto dal primo Stato membro di concederle un diritto di soggiorno nel suo territorio;

- una persona che possiede la cittadinanza di uno Stato terzo contesta il diniego opposto da uno Stato membro di concederle un diritto di soggiorno nel suo territorio».