1. Aiuti concessi dagli Stati - Nozione - Normativa nazionale applicabile a qualsiasi impresa che sia sottoposta ad una procedura di amministrazione controllata - Inclusione
[Trattato CE, art. 92, n. 1, (divenuto, in seguito a modifica, art. 87, n. 1, CE)]
2. Aiuti concessi dagli Stati - Decisione della Commissione che constata l'incompatibilità di un aiuto col mercato comune e ne ordina la restituzione - Possibilità per la Commissione di lasciare alle autorità nazionali il compito di calcolare l'ammontare preciso dell'aiuto da restituire
[Trattato CE, art. 93, n. 2 (divenuto, in seguito a modifica, art. 88, n. 2, CE)]
3. Aiuti concessi dagli Stati - Recupero di un aiuto illegittimo - Applicazione del diritto nazionale - Presupposti e limiti - Normativa nazionale che esclude la produzione di interessi da parte delle imprese dichiarate fallite - Ammissibilità
[Trattato CE, art. 93, n. 2 (divenuto, in seguito a modifica, art. 88, n. 2, CE)]
1. L'art. 92, n. 1, del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 87, n. 1, CE) non distingue gli interventi statali a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti.
La semplice circostanza che una normativa nazionale sia applicabile a qualsiasi impresa che sia sottoposta ad una procedura di amministrazione controllata o che abbia contratto debiti nei confronti degli istituti previdenziali o del pubblico Erario non è dunque sufficiente per far venir meno automaticamente la qualifica di aiuti ai sensi dell'art. 92 del Trattato che spetta a provvedimenti adottati dalle autorità competenti di uno Stato membro nei confronti di un'impresa sottoposta a tale procedura.
E' vero che l'eventuale perdita di introiti fiscali che deriverebbe per uno Stato dall'applicazione ad una impresa di una normativa in materia di amministrazione controllata e fallimento non potrebbe di per sé giustificare la qualifica come aiuto di tale normativa. Infatti una tale conseguenza è inerente a qualsiasi regime legale che fissa l'ambito nel quale si organizzano i rapporti tra un'impresa insolvente e l'insieme dei suoi creditori, senza perciò che si possa dedurne automaticamente l'esistenza di un onere finanziario supplementare sostenuto direttamente o indirettamente dai pubblici poteri e destinato a concedere alle imprese interessate un vantaggio determinato.
Per contro, un tale vantaggio può derivare da determinati provvedimenti o anche dalla mancata adozione, in particolari circostanze, di provvedimenti da parte delle autorità interessate, come nel caso in cui l'impresa abbia potuto proseguire per anni le sue attività senza ottemperare agli obblighi tributari e previdenziali.
( v. punti 16-20 )
2. Nessuna norma di diritto comunitario impone che la Commissione, all'atto di ordinare la restituzione di un aiuto dichiarato incompatibile con il mercato comune, determini l'importo esatto dell'aiuto da restituire. E' sufficiente che la decisione della Commissione contenga elementi che permettano al destinatario della decisione stessa di determinare senza difficoltà eccessive tale importo.
La Commissione può dunque validamente limitarsi a constatare l'obbligo di restituzione dell'aiuto in questione e lasciare alle autorità nazionali il compito di calcolare l'ammontare preciso dell'aiuto da restituire, nel caso in cui per tale calcolo sia necessario valutare regimi tributari o previdenziali articolati secondo modalità stabilite dalla normativa nazionale applicabile.
( v. punti 25-26 )
3. Se in linea di principio il recupero di un aiuto illegittimamente concesso, volto a ristabilire la situazione preesistente, deve avvenire nel rispetto delle pertinenti norme di procedura dell'ordinamento nazionale, dette norme però devono essere applicate in modo da non rendere praticamente impossibile il recupero prescritto dal diritto comunitario.
Ora, l'obiettivo di ristabilire la situazione preesistente è raggiunto quando l'aiuto in parola, eventualmente maggiorato degli interessi di mora, è stato restituito dal beneficiario, in quanto, per effetto di tale restituzione, quest'ultimo è privato del vantaggio di cui aveva fruito rispetto ai suoi concorrenti.
La normativa nazionale applicabile nella fattispecie prevede che i debiti delle imprese dichiarate fallite cessino di produrre interessi a partire dalla data della dichiarazione di fallimento. Una norma siffatta, giustificata dal comune interesse dei creditori a non gravare il patrimonio dell'impresa in stato di fallimento di nuove obbligazioni suscettibili di pregiudicare ulteriormente la sua situazione, si applica indistintamente a tutti i creditori, pubblici o privati, in tutte le procedure di questo tipo.
Tale normativa, tenuto conto dell'obiettivo da essa perseguito, della mancanza di qualsivoglia discriminazione nella sua applicazione e del fatto che essa è limitata ai soli interessi maturati successivamente alla dichiarazione di fallimento sugli aiuti illegittimamente percepiti prima di tale dichiarazione, non può ritenersi idonea a rendere praticamente impossibile il recupero degli aiuti imposto dal diritto comunitario.
( v. punti 34-37 )