1. Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Libera prestazione dei servizi - Architetti - Riconoscimento dei diplomi e dei titoli - Normativa nazionale che limita l'esercizio dell'attività di architetto in funzione della definizione della professione nello Stato membro in cui è stato conseguito il diploma - Inammissibilità
(Direttiva del Consiglio 85/384/CEE, artt. 2 e 10)
2. Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Restrizioni - Art. 56 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 46 CE) - Oggetto - Esistenza di direttive che comportano il ravvicinamento delle legislazioni - Effetti
[Trattato CE, art. 56 (divenuto, in seguito a modifica, art. 46 CE)]
1. Viola gli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 2 e 10 della direttiva 85/384, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell'architettura e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi, lo Stato membro che non permetta ai titolari di un diploma di laurea in architettura rilasciato da un altro Stato membro e riconosciuto ai sensi della direttiva di esercitare competenze diverse da quelle che essi potrebbero esercitare nel loro paese di origine in base al titolo rilasciato da quest'ultimo, salvo il caso in cui agiscano in collaborazione con altro professionista abilitato ad esercitare tali competenze ed il cui titolo sia stato parimenti riconosciuto ai sensi della normativa dello Stato membro ospitante.
Dagli artt. 2 e 10 della detta direttiva emerge che, quando un'attività è abitualmente svolta da architetti titolari di un diploma rilasciato dallo Stato membro ospitante, un architetto migrante titolare di un diploma, certificato o altro titolo ricompreso nella sfera di applicazione della direttiva deve poter parimenti accedere a tale attività, anche se i suoi diplomi, certificati o altri titoli non implicano necessariamente un'equivalenza sostanziale riguardo alla formazione conseguita. Infatti, pur essendo vero che compete al legislatore nazionale dello Stato membro ospitante definire l'ambito di attività della professione di architetto, dal momento che una determinata attività è considerata da uno Stato membro ricompresa nel detto ambito, l'esigenza del mutuo riconoscimento implica che gli architetti migranti devono poter parimenti accedere a tale attività.
( v. punti 37-38, 45, dispositivo 1 )
2. L'art. 56 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 46 CE) non mira a riservare talune materie alla competenza esclusiva degli Stati membri, ma ammette che le norme interne deroghino al principio della libera circolazione, nella misura in cui ciò sia e continui ad essere giustificato per il conseguimento degli obiettivi previsti. Allorché direttive comunitarie dispongono l'armonizzazione dei provvedimenti necessari a garantire la tutela di un determinato obiettivo, il ricorso all'art. 56 del Trattato cessa di essere giustificato ed è entro lo schema tracciato dalla direttiva di armonizzazione di cui trattasi che vanno effettuati i controlli appropriati e adottati i provvedimenti di tutela.
( v. punti 41-42 )