61998J0190

Sentenza della Corte del 27 gennaio 2000. - Volker Graf contro Filzmoser Maschinenbau GmbH. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberlandesgericht Linz - Austria. - Libera circolazione dei lavoratori - Indennità di licenziamento - Diniego in caso di risoluzione del contratto di lavoro da parte del lavoratore al fine di svolgere un'attività lavorativa in un altro Stato membro. - Causa C-190/98.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-00493


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


Libera circolazione delle persone - Lavoratori - Parità di trattamento - Normativa nazionale che nega il diritto ad un'indennità di licenziamento al lavoratore che ponga fine volontariamente al suo contratto di lavoro - Ammissibilità

[Trattato CE, art. 48 (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE)]

Massima


$$L'art. 48 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE) non osta ad una normativa nazionale che neghi il diritto all'indennità di licenziamento ad un lavoratore qualora quest'ultimo ponga volontariamente fine al contratto di lavoro per svolgere un'attività subordinata presso un nuovo datore di lavoro stabilito in tale Stato membro o in un altro Stato membro, mentre concede il diritto alla detta indennità al lavoratore qualora il contratto venga risolto senza che ciò accada su iniziativa del lavoratore stesso o ciò gli sia imputabile.

Da una parte, infatti, una siffatta normativa si applica indipendentemente dalla cittadinanza del lavoratore interessato e non pregiudica maggiormente i lavoratori migranti rispetto ai lavoratori nazionali. Dall'altra, se disposizioni, anche indistintamente applicabili, che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il paese d'origine per avvalersi del diritto alla libera circolazione, o che lo dissuadano dal farlo, costituiscono, condizionando l'accesso dei lavoratori al mercato del lavoro, ostacoli frapposti a tale libertà, la detta normativa non è atta a impedire al lavoratore di porre fine al contratto di lavoro per svolgere un'attività lavorativa subordinata alle dipendenze di un altro datore di lavoro, né a dissuaderlo dal farlo, atteso che il diritto all'indennità di licenziamento non dipende dalla scelta del lavoratore di rimanere o meno presso l'attuale datore di lavoro, bensì da un evento futuro ed ipotetico, cioè la successiva risoluzione del contratto senza che essa avvenga su sua iniziativa o gli sia imputabile, in quanto un evento del genere costituisce una circostanza troppo aleatoria e indiretta perché la detta normativa possa essere considerata tale da ostacolare la libera circolazione dei lavoratori. (v. punti 15-16, 23-26 e dispositivo)

Parti


Nel procedimento C-190/98,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dall'Oberlandesgericht di Linz (Austria) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Volker Graf

e

Filzmoser Maschinenbau GmbH,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 48 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.C. Moitinho de Almeida, L. Sevón e R. Schintgen (relatore), presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann, H. Ragnemalm e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: N. Fennelly

cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per il signor Graf, dal signor K. Mayr, segretario della Kammer für Arbeiter und Angestellte für Oberösterreich;

- per la Filzmoser Maschinenbau GmbH, dagli avv.ti S. Köck e T. Eilmansberger, del foro di Vienna;

- per il governo austriaco, dal signor F. Cede, Botschafter presso il ministero federale degli Affari esteri, in qualità di agente;

- per il governo tedesco, dai signori E. Röder, Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, e C.-D. Quassowski, Regierungsdirektor presso lo stesso ministero, in qualità di agenti;

- per il governo danese, dal signor J. Molde, consigliere giuridico, capo divisione presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

- per il governo italiano, dal professor Umberto Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dall'avocato dello Stato I.M. Braguglia;

- per il governo del Regno Unito, dalla signora S. Ridley, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, assistita dall'avv. S. Masters, barrister;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor P.J. Kuijper, consigliere giuridico, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti I. Brinker e R. Karpenstein, del foro di Bruxelles,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali del signor Graf, della Filzmoser Maschinenbau GmbH, del governo italiano e della Commissione, all'udienza del 18 maggio 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 16 settembre 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 15 aprile 1998, giunta alla Corte il 19 maggio seguente, l'Oberlandesgericht di Linz ha sollevato, in forza dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE) una questione pregiudiziale vertente sull'interpretazione dell'art. 48 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE).

2 La questione è sorta nell'ambito di una controversia tra il signor Graf, cittadino tedesco, e la Filzmoser Maschinenbau GmbH (in prosieguo: la «Filzmoser»), con sede in Wels (Austria), in ordine al diniego da parte della Filzmoser di pagare al signor Graf l'indennità di licenziamento reclamata da quest'ultimo ai sensi dell'art. 23 dell'Angestelltengesetz (legge relativa al rapporto di lavoro impiegatizio, in prosieguo: l'«AngG»), all'atto della risoluzione del contratto di lavoro concluso con la Filzmoser al fine di recarsi a svolgere un'attività lavorativa in Germania.

La normativa nazionale

3 L'art. 23 dell'AngG prevede quanto segue:

«1. Se il rapporto di lavoro ha avuto durata ininterrotta di tre anni, allo scioglimento spetta al dipendente una liquidazione. Detta liquidazione è pari al doppio dell'ultimo stipendio mensile spettante al dipendente e dopo i 5 anni viene aumentata al triplo, dopo 10 anni di servizio al quadruplo, dopo 15 anni di servizio al sestuplo, dopo 20 anni di servizio a nove volte e dopo 25 anni di servizio a dodici volte lo stipendio mensile. (...)

(...)

7. Fatto salvo l'art. 23 bis, non sussistono spettanze alla liquidazione se il dipendente si dimette, se senza gravi motivi chiede lo scioglimento anticipato del rapporto di lavoro o se lo scioglimento anticipato del rapporto di lavoro avviene per colpa dell'interessato.

(...)».

4 Le disposizioni dell'art. 23 bis dell'AngG non sono rilevanti nel giudizio a quo.

La controversia pendente dinanzi al giudice a quo

5 Con lettera 29 febbraio 1996 il signor Graf denunciava il contratto di lavoro concluso con la Filzmoser il 3 agosto 1992, al fine di potersi trasferire in Germania ed ivi svolgere, dal 1_ maggio 1996, una nuova attività lavorativa alle dipendenze della G. Siempelkamp GmbH & Co., la cui sede si trova in Düsseldorf.

6 Fondandosi sull'art. 23, n. 7, dell'AngG, la Filzmoser negava il versamento al signor Graf dell'indennità di licenziamento pari a due mesi di retribuzione che quest'ultimo reclamava ai sensi del n. 1 della medesima disposizione. Il signor Graf citava allora il suo ex datore di lavoro dinanzi al Landesgericht di Wels onde ottenere il pagamento della detta indennità facendo valere in particolare che l'art. 23, n. 7, dell'AngG è in contrasto con l'art. 48 del Trattato.

7 Con sentenza 4 febbraio 1998 il Landesgericht di Wels respingeva la domanda del signor Graf dichiarando in particolare che l'art. 23, n. 7, dell'AngG non configura una discriminazione né un ostacolo vietato dall'art. 48 del Trattato atteso che, in primo luogo, tale disposizione non limiterebbe la mobilità transfrontaliera più di quella all'interno dell'Austria e, in secondo luogo, che la perdita di un'indennità di licenziamento pari a due mesi di retribuzione non sarebbe atta a comportare un ostacolo rilevante per la libera circolazione dei lavoratori ai sensi della sentenza della Corte 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman (Racc. pag. I-4921).

8 Il Landesgericht rilevava inoltre che la disposizione di cui è causa nel giudizio a quo svolge in particolare una funzione previdenziale e transitoria e persegue pertanto scopi legittimi di politica sociale con la conseguenza che comunque sarebbe giustificata da esigenze tassative di interesse generale. A tale proposito ha osservato in particolare che, in caso di risoluzione del contratto di lavoro da parte del datore di lavoro, il lavoratore, senza che la cosa possa essergli addebitata e molto spesso in modo per lui imprevisto, si ritroverebbe in una situazione in cui sussistono esigenze transitorie, mentre il lavoratore che rinunci volontariamente al posto di lavoro, prendendo l'iniziativa di risolvere il contratto di lavoro, potrebbe prevedere nell'ambito dei suoi progetti le conseguenze che ne derivano.

9 Il signor Graf impugnava la sentenza del Landesgericht di Wels dinanzi all'Oberlandesgericht di Linz, dinanzi al quale sosteneva, integrando gli argomenti già respinti in primo grado, che dalla citata sentenza Bosman non poteva inferirsi che, per essere vietato dall'art. 48 del Trattato, un ostacolo alla libera circolazione deve essere «rilevante». Ha altresì contestato la fondatezza dei motivi di politica sociale presi in considerazione dal Landesgericht per giustificare l'indennità di licenziamento, per lo meno per quanto riguarda la perdita della medesima ai sensi dell'art. 23, n. 1, dell'AngG.

10 L'Oberlandesgericht di Linz rilevava anzitutto che non vi è una giurisprudenza della Corte relativa ad una fattispecie paragonabile, che gli argomenti dedotti dalle parti, benché contraddittori, apparivano del tutto convincenti prima facie, che il Landesgericht era giunto alla soluzione adottata solo dopo un'accorta ed approfondita valutazione e che la più recente dottrina pubblicata in Austria aveva difeso quasi unanimemente l'opinione che la perdita dell'indennità di licenziamento in caso di risoluzione del contratto di lavoro da parte del lavoratore stesso non è compatibile, o lo è solo difficilmente, con il principio della libera circolazione.

11 Riteneva quindi dubbio che finalità di politica sociale, per quanto legittime, ovvero esigenze tassative d'interesse generale possano, alla luce della giurisprudenza della Corte relativa al principio di proporzionalità, giustificare un'esclusione così ampia e generale del diritto all'indennità di licenziamento come quella prevista dall'art. 23, n. 7, dell'AngG. Esso osservava che gli argomenti del giudice di primo grado erano fondati, a questo proposito, su premesse lacunose ed inesatte. Infatti non sarebbe certo che qualsiasi risoluzione da parte del datore di lavoro sia atta a sorprendere il lavoratore e sopravvenga senza che quest'ultimo vi abbia in qualche modo contribuito. Viceversa, anche circostanze diverse inerenti all'azienda, imputabili o no al datore di lavoro, potrebbero spingere un lavoratore con una notevole anzianità di servizio e titolare quindi di un diritto a un'indennità di licenziamento notevole a cambiare lavoro senza che la cosa debba necessariamente essergli imputata. Infine talune cessazioni del rapporto di lavoro non dipenderebbero in modo determinante né dal lavoratore né dal datore di lavoro, ma sarebbero la conseguenza di elementi oggettivi ricollegabili all'una o all'altra parte del contratto di lavoro.

12 Considerando infine che neppure la portata della citata sentenza Bosman per il diritto del lavoro in generale è manifesta, tenuto conto in particolare del fatto che la Corte avrebbe ammesso in tale sentenza cause di giustificazione estremamente ampie, di indole altresì non economica, mentre si sarebbe richiamata ai principi estremamente generali sanciti nelle sentenze 7 marzo 1991, causa C-10/90, Masgio (Racc. pag. I-1119), e 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus (Racc. pag. I-1663), l'Oberlandesgericht di Linz ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l'art. 48 del Trattato CE osti alla normativa nazionale in forza della quale un lavoratore, cittadino di uno Stato membro, allo scioglimento del proprio rapporto di lavoro non fruisce di alcuna liquidazione solo perché ha volontariamente sciolto detto rapporto, licenziandosi, per svolgere un'attività lavorativa subordinata in un altro Stato membro».

La questione pregiudiziale

13 Con tale questione il giudice a quo domanda in sostanza se l'art. 48 del Trattato osti alla normativa nazionale che neghi il diritto all'indennità di licenziamento ad un lavoratore qualora quest'ultimo ponga fine al contratto di lavoro per svolgere un'attività lavorativa subordinata in un altro Stato membro, mentre concede il diritto a siffatta indennità al lavoratore qualora il contratto venga sciolto senza che il lavoratore stesso abbia preso l'iniziativa o che la risoluzione gli sia imputabile.

14 Si deve ricordare in primo luogo che l'art. 48, n. 2, del Trattato dispone esplicitamente che la libera circolazione dei lavoratori implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. D'altra parte, secondo la giurisprudenza della Corte, la norma della parità di trattamento, sancita dall'art. 48 del Trattato, vieta non soltanto le discriminazioni palesi, basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi forma dissimulata di discriminazione che, in applicazione di altri criteri di distinzione, conduca di fatto allo stesso risultato (v., in particolare, sentenza 7 maggio 1998, causa C-350/96, Clean Car Autoservice, Racc. pag. I-2521, punto 27).

15 Ora, una normativa come quella su cui verte il giudizio a quo si applica indipendentemente dalla cittadinanza del lavoratore interessato.

16 D'altra parte, una normativa del genere nega la concessione dell'indennità di licenziamento al lavoratore che ponga fine volontariamente al contratto di lavoro per svolgere un'attività lavorativa subordinata alle dipendenze di un nuovo datore di lavoro, a prescindere dal fatto che quest'ultimo sia stabilito nello stesso Stato membro ovvero in uno Stato membro diverso da quello del precedente datore di lavoro. Pertanto non può sostenersi che essa pregiudichi maggiormente i lavoratori migranti rispetto ai lavoratori nazionali e di conseguenza rischi di svantaggiare più particolarmente i primi.

17 Del resto, come il giudice a quo ha esplicitamente osservato nell'ordinanza di rinvio, non sussiste nessun elemento agli atti da cui emerga che una normativa del genere danneggi una determinata categoria di lavoratori che intendono svolgere una nuova attività lavorativa in un altro Stato membro.

18 Va rilevato in secondo luogo che dalla giurisprudenza della Corte e in particolare dalla citata sentenza Bosman si desume che l'art. 48 del Trattato non vieta solo qualsiasi discriminazione, diretta o indiretta, fondata sulla cittadinanza, ma anche le normative nazionali le quali, benché applicate indipendentemente dalla cittadinanza dei lavoratori interessati, comportino ostacoli alla libera circolazione dei medesimi.

19 Secondo il signor Graf, la perdita dell'indennità di licenziamento in caso di risoluzione del contratto di lavoro da parte del lavoratore stesso configura siffatto ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori, paragonabile a quello in discussione nella citata sentenza Bosman. A questo proposito sarebbe secondario il fatto che il lavoratore subisca una perdita finanziaria perché cambia datore di lavoro ovvero che il nuovo datore di lavoro sia tenuto ad effettuare un pagamento al fine di assumere il lavoratore.

20 Le altre parti che hanno presentato osservazioni alla Corte affermano invece che non ogni normativa nazionale, applicabile a prescindere dalla cittadinanza dei lavoratori interessati, che sia atta a spiegare un'influenza negativa sulla decisione dei medesimi di avvalersi del diritto alla libera circolazione costituisce necessariamente un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori.

21 A questo proposito va sottolineato che la Corte ha più volte dichiarato che il complesso delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone è volto ad agevolare ai cittadini comunitari l'esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio della Comunità ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorirli qualora intendano svolgere un'attività economica nel territorio di un altro Stato membro (v., in particolare, citata sentenza Bosman, punto 94, e sentenza 26 gennaio 1999, causa C-18/95, Terhoeve, Racc. pag. I-345, punto 37).

22 In tale contesto i cittadini degli Stati membri dispongono, in particolare, del diritto, conferito loro direttamente dal Trattato, di lasciare il paese d'origine per entrare nel territorio di un altro Stato membro ed ivi soggiornare al fine di esercitare un'attività economica (v., in particolare, citate sentenze Bosman, punto 95, e Terhoeve, punto 38).

23 Disposizioni, anche indistintamente applicabili, che impediscano ad un cittadino di uno Stato membro di lasciare il paese d'origine per avvalersi del diritto alla libera circolazione, o che lo dissuadano dal farlo, costituiscono quindi ostacoli frapposti a tale libertà (v., in particolare, citate sentenze Bosman, punto 96, e Terheove, punto 39). Tuttavia, per poter costituire ostacoli del genere, occorre che esse condizionino direttamente l'accesso dei lavoratori al mercato del lavoro negli altri Stati membri (v., in tal senso, sentenza 10 maggio 1995, causa C-384/93, Alpine Investments, Racc. pag. I-1141, punti 36-38).

24 A questo proposito è giocoforza constatare che una normativa come quella su cui verte il giudizio a quo non è atta ad impedire al lavoratore di porre fine al contratto di lavoro per svolgere un'attività lavorativa subordinata alle dipendenze di un altro datore di lavoro, né a dissuaderlo dal farlo, atteso che il diritto all'indennità di licenziamento non dipende dalla scelta del lavoratore di rimanere o meno presso l'attuale datore di lavoro bensì da un evento futuro ed ipotetico, e cioè la successiva risoluzione del contratto senza che essa avvenga su sua iniziativa o gli sia imputabile.

25 Ora, un evento del genere costituirebbe una circostanza troppo aleatoria e indiretta perché possa essere considerata tale da ostacolare la libera circolazione dei lavoratori una normativa che non attribuisce la stessa conseguenza alla risoluzione del contratto di lavoro da parte del lavoratore stesso e ad una risoluzione di cui il lavoratore non abbia preso l'iniziativa o che non sia ad esso imputabile (v., in tal senso, in tema di libera circolazione dei lavoratori, in particolare, sentenze 7 marzo 1990, causa C-69/88, Krantz, Racc. pag. I-583, punto 11, e 21 settembre 1999, causa C-44/98, BASF, Racc. pag. I-6269, punti 16 e 21).

26 Alla luce del complesso delle considerazioni sin qui svolte si deve risolvere la questione nel senso che l'art. 48 del Trattato non osta alla normativa nazionale che neghi il diritto all'indennità di licenziamento ad un lavoratore qualora quest'ultimo ponga volontariamente fine al contratto di lavoro per svolgere un'attività lavorativa subordinata in un altro Stato membro, mentre concede il diritto alla detta indennità al lavoratore qualora il contratto venga risolto senza che ciò accada su iniziativa del lavoratore stesso o gli sia imputabile.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

27 Le spese sostenute dai governi austriaco, danese, tedesco, italiano e del Regno Unito nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulla questione sottopostale dall'Oberlandesgericht di Linz con ordinanza 15 aprile 1998, dichiara:

L'art. 48 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 39 CE) non osta alla normativa nazionale che neghi il diritto all'indennità di licenziamento ad un lavoratore qualora quest'ultimo ponga volontariamente fine al contratto di lavoro per svolgere un'attività lavorativa subordinata in un altro Stato membro, mentre concede il diritto alla detta indennità al lavoratore qualora il contratto venga risolto senza che ciò accada su iniziativa del lavoratore stesso o gli sia imputabile.