61998J0078

Sentenza della Corte del 16 maggio 2000. - Shirley Preston e altri contro Wolverhampton Healthcare NHS Trust e altri e Dorothy Fletcher e altri contro Midland Bank plc. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: House of Lords - Regno Unito. - Politica sociale - Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Parità di retribuzione - Iscrizione ad un regime pensionistico aziendale - Lavoratori ad orario ridotto - Esclusione - Modalità procedurali nazionali - Principio di effettività - Principio di equivalenza. - Causa C-78/98.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-03201


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Politica sociale - Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Parità di retribuzione - Domanda d'iscrizione ad un regime pensionistico professinale - Termine di decadenza di sei mesi dalla cessazione dell'attività lavorativa di cui trattasi - Ammissibilità - Osservanza del principio dell'effettività del diritto comunitario - Rifiuto di prendere in considerazione i periodi di anzianità prestati prima dei due anni precedenti la domanda - Inammissibilità - Violazione del principio di effettività

[Trattato CE, art. 119 (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE - 143 CE)]

2 Politica sociale - Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Parità di retribuzione - Azione dinanzi al giudice nazionale - Principio dell'equivalenza delle modalità procedurali con quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna - Analogia di un ricorso interno - Equivalenza delle norme procedurali - Criteri

[Trattato CE, art. 119 (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE - 143 CE); direttiva del Consiglio 75/117/CEE]

3 Politica sociale - Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Parità di retribuzione - Domanda d'iscrizione ad un regime pensionistico professionale in caso di successione di contratti a tempo determinato - Termine di decadenza - Applicazione a ciascun contratto - Inammissibilità - Violazione del principio di effettività

[Trattato CE, art. 119 (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE - 143 CE)]

Massima


1 Il diritto comunitario non osta ad una norma procedurale nazionale in base alla quale la domanda di iscrizione ad un regime pensionistico professionale (dal quale derivino diritti alla pensione), domanda basata su una discriminazione fondata sul sesso contraria all'art. 119 del Trattato (gli artt. 117-120 del Trattato sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE - 143 CE), debba essere presentata, a pena di decadenza, entro il termine di sei mesi a decorrere dalla cessazione dell'attività lavorativa oggetto della richiesta, a condizione, tuttavia, che tale termine non risulti meno favorevole per i ricorsi fondati sul diritto comunitario rispetto a quelli fondati sul diritto nazionale. Infatti, la fissazione di tale termine, in quanto costituisce l'applicazione del fondamentale principio della certezza del diritto, soddisfa le esigenze del principio di effettività del diritto comunitario, secondo cui le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti derivanti dall'effetto diretto di tale diritto non devono essere strutturate in modo tale da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti attribuiti dall'ordinamento giuridico comunitario.

Per contro, il principio di effettività osta ad una norma procedurale nazionale in base alla quale i periodi di attività lavorativa dai quali derivino diritti alla pensione svolti da una parte interessata devono essere calcolati unicamente con riferimento ai periodi di attività lavorativa compiuti entro i due anni precedenti la data di proposizione della domanda. Tale norma, pur non privando totalmente gli interessati della possibilità di iscriversi al regime, impedisce di fatto che vengano presi in considerazione tutti i loro periodi di anzianità compiuti prima dei due anni dalla data di proposizione dei rispettivi ricorsi ai fini del calcolo delle prestazioni che sarebbero loro dovute anche dopo la data di presentazione della domanda. (v. punti 31, 33-35, 37, 43-45, dispositivo 1-2)

2 Per valutare il rispetto, da parte della normativa nazionale, del principio di equivalenza, secondo cui le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti derivanti dall'effetto diretto del diritto comunitario non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna, un ricorso fondato sulla violazione di disposizioni di una legge quale l'Equal Pay Act 1970, in vigore nel Regno Unito, non può considerarsi costituire un ricorso interno analogo ad un ricorso fondato sulla violazione dell'art. 119 del Trattato (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE - 143 CE). Infatti, per il fatto stesso che essa attua nell'ordinamento interno il divieto comunitario di discriminazioni basate sul sesso relativamente alle retribuzioni, quale enunciato dall'art. 119 del Trattato e dalla direttiva 75/117, tale legge non può costituire il fondamento idoneo del confronto tra le modalità procedurali di domande differenti, una fondata sul diritto comunitario e l'altra sul diritto nazionale.

All'atto di stabilire se un ricorso previsto dal diritto nazionale costituisca un ricorso di natura interna analogo a quello diretto a far valere i diritti attribuiti dall'art. 119 del Trattato, il giudice nazionale deve verificare l'analogia dei ricorsi di cui trattasi con riguardo al loro oggetto, alla loro finalità ed ai loro elementi essenziali.

Al fine di potersi pronunciare sull'equivalenza delle norme procedurali, il giudice nazionale deve accertare in modo oggettivo ed astratto l'analogia delle norme di cui trattasi in considerazione della loro rilevanza nel procedimento complessivamente inteso, dello svolgimento del procedimento medesimo e delle specificità di tali norme. (v. punti 31, 51-53, 57 63, dispositivo 3-5)

3 Il diritto comunitario, più in particolare il principio dell'effettività del medesimo, osta ad una norma procedurale nazionale per effetto della quale la domanda di iscrizione ad un regime pensionistico professionale (dal quale derivino diritti alla pensione), domanda basata su una discriminazione fondata sul sesso contraria all'art. 119 del Trattato (gli artt. 117-120 del Trattato sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE - 143 CE), debba essere presentata entro il termine di sei mesi a decorrere dalla scadenza di ogni contratto (ovvero di tutti i singoli contratti) di lavoro oggetto della domanda stessa, quando si tratti di un rapporto di lavoro stabile risultante da una successione di contratti a tempo determinato, conclusi ad intervalli regolari e riguardanti la stessa attività lavorativa cui si applichi lo stesso regime pensionistico. Infatti, se è pur vero che la certezza del diritto esige la possibilità di stabilire con precisione il dies a quo di un termine di decadenza, resta il fatto che, nel caso di contratti di questo tipo, la fissazione del dies a quo alla scadenza di ogni singolo contratto rende eccessivamente difficile l'esercizio del diritto attribuito dall'art. 119 del Trattato, mentre esiste la possibilità di fissare con precisione il dies a quo di cui trattasi. (v. punti 68-69, 72, dispositivo 6)

Parti


Nel procedimento C-78/98,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dalla House of Lords (Regno Unito) nella causa dinanzi ad essa pendente tra

Shirley Preston e altri

e

Wolverhampton Healthcare NHS Trust e altri

e tra

Dorothy Fletcher e altri

e

Midland Bank plc,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 119 del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE-143 CE),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.C. Moitinho de Almeida, D.A.O. Edward e R. Schintgen, presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn (relatore), J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann e H. Ragnemalm, giudici,

avvocato generale: P. Léger

cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

- per le signore Preston e a. e Fletcher e a., dagli avv.ti D. Pannick, QC, J. Cavanagh e signora J. McNeill, barristers, su incarico dell'avv. signora Bronwyn McKenna, solicitor;

- per il Wolverhampton Healthcare NHS Trust e a., dall'avv. signora C. Booth, QC, e dagli avv.ti T. Kerr e C. Lewis, barristers, su incarico dello studio Sharpe Pritchard, solicitors;

- per la Southern Electric plc e a., dagli avv.ti P. Elias, QC, e J. Coppel, barrister, su incarico dell'avv. H. Lewis, solicitor;

- per la Midland Bank plc, dagli avv.ti P. Elias e J. Coppel, su incarico dell'avv. T. Flanagan, solicitor;

- per il Sutton College e a., dall'avv. signora M. Tether, barrister, su incarico dello studio Norton Rose, solicitors;

- per il governo del Regno Unito, dalla signora S. Ridley, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, assistita dall'avv. N. Paines, QC;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor C. Docksey, consigliere giuridico, dalle signore M. Wolfcarius, membro del servizio giuridico, e N. Yerrell, funzionario nazionale distaccato presso il servizio giuridico medesimo, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali delle signore Preston e a. e Fletcher e a., rappresentate dagli avv.ti D. Pannick, J. Cavanagh e dall'avv. signora J. McNeill, del Wolverhampton Healthcare NHS Trust e a., rappresentati dagli avv.ti C. Booth e C. Lewis, della Southern Electric plc e a., della Midland Bank plc e del Sutton College e a., rappresentati dagli avv.ti P. Elias, J. Coppel, e dall'avv. signora M. Tether, del governo del Regno Unito, rappresentato dal signor J.E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti N. Paines e R. Hill, barrister, del governo irlandese, rappresentato dal signor A. O'Caoimh, SC, e dalla signora E. Barrington, BL, e della Commissione, rappresentata dal signor C. Docksey e dalle signore M. Wolfcarius e N. Yerrell, all'udienza del 20 aprile 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 14 settembre 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 5 febbraio 1998, pervenuta alla Corte il 23 marzo seguente, la House of Lords ha posto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), tre questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 119 del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE-143 CE).

2 Tali questioni sono sorte nell'ambito delle controversie tra la signora Preston e a. e il Wolverhampton Healthcare NHS Trust e a. e tra la signora Fletcher e a. e la Midland Bank plc.

Contesto normativo

3 Nel Regno Unito l'applicazione del principio di parità di retribuzione è garantita dall'Equal Pay Act 1970 (legge sulla parità delle retribuzioni; in prosieguo: l'«EPA»). Tale legge, emanata il 29 maggio 1970, è entrata in vigore il 29 dicembre 1975.

4 L'EPA istituisce per legge, a favore dei lavoratori subordinati, il diritto a godere di condizioni di lavoro pari a quelle di cui benefici un lavoratore di sesso opposto che svolga la stessa attività lavorativa, un'attività considerata equivalente ovvero un'attività di pari valore.

5 L'art. 1, n. 1, dell'EPA dispone che qualsiasi contratto in base al quale venga assunta nel Regno Unito una donna si considera assistito da una clausola denominata «clausola della parità di trattamento».

6 Ai sensi del successivo art. 2, n. 4, l'azione giudiziaria diretta ad ottenere l'applicazione della clausola della parità di trattamento dev'essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di sei mesi a decorrere dalla cessazione dell'attività lavorativa oggetto dell'azione stessa.

7 L'art. 2, n. 5, dell'EPA prevede che, nell'ambito di un procedimento avviato per violazione della clausola della parità di trattamento, la donna possa richiedere il versamento di arretrati della retribuzione o il risarcimento del danno solamente nei limiti del biennio antecedente la data di proposizione dell'azione giudiziaria.

8 Il detto art. 2, n. 5, dell'EPA veniva modificato nel 1976 per mezzo dell'art. 12, primo comma, dell'Occupational Pension Schemes (Equal Access to Membership) Regulations 1976 (regolamento sulla parità di accesso ai regimi pensionistici aziendali; in prosieguo: il «regolamento nazionale»). A seguito di tale modificazione, la limitazione degli effetti retroattivi a due anni prevista dal detto n. 5 dell'art. 2 dell'EPA si applica parimenti alle azioni dirette ad ottenere l'applicazione della parità di trattamento con riguardo al diritto d'iscrizione ad un regime pensionistico aziendale.

9 Le cause principali riguardano vari regimi pensionistici «di deroga convenzionale» che, in varie epoche del passato, escludevano l'iscrizione dei lavoratori ad orario ridotto. Si tratta, in particolare, dei National Health Service (NHS) Pension Scheme, Teachers' Superannuation Scheme, Local Government Superannuation Scheme, Eletricity Supply (Staff) Superannuation Pension Scheme, Electricity Supply Pension Scheme, Midland Bank Pension Scheme e Midland Bank Key-Time Pension Scheme, che appare utile descrivere brevemente.

10 Il NHS Pension Scheme è disciplinato da taluni regolamenti emanati dal segretario di Stato per la sanità ed è dal medesimo gestito. Sino al 1_ aprile 1991, i lavoratori ad orario ridotto con orario di lavoro inferiore alla metà delle ore di lavoro previste per il lavoro a tempo pieno non godevano del diritto d'iscriversi al NHS Pension Scheme. A partire da tale data tutti i lavoratori dipendenti del NHS sono autorizzati ad iscrivervisi, indipendentemente dall'orario di lavoro prestato. Ai lavoratori ad orario ridotto già in servizio e non ancora iscritti al detto regime veniva riconosciuta la possibilità di optare per l'iscrizione.

11 Sino al 1_ maggio 1995 gli insegnanti che svolgevano attività lavorativa ad orario ridotto non godevano del diritto di iscriversi al Teachers' Superannuation Scheme qualora fossero retribuiti su base oraria o qualora percepissero già una pensione d'insegnante. Tuttavia, la possibilità di iscrizione era loro riconosciuta nel caso in cui la retribuzione fosse calcolata sulla base di una frazione della retribuzione di un lavoratore a tempo pieno. Successivamente al 1_ maggio 1995 l'esclusione dei lavoratori retribuiti su base oraria veniva soppressa.

12 Sino al 1_ aprile 1986 i lavoratori che svolgevano meno di 30 ore settimanali erano esclusi dall'iscrizione al Local Government Superannuation Scheme. Successivamente a tale data, il diritto d'iscrizione veniva riconosciuto ai lavoratori ad orario ridotto che svolgessero un minimo di 15 ore settimanali e di 35 settimane annue. Il 1_ gennaio 1993 il requisito relativo alle 15 ore minime settimanali veniva eliminato. Dal 1_ maggio 1995 veniva parimenti soppresso il secondo requisito, ragion per cui, da tale data in poi, i lavoratori ad orario ridotto possono iscriversi al Local Government Superannuation Scheme.

13 Sino al 1_ ottobre 1980 i lavoratori che svolgevano meno di 34 ore e mezzo settimanali erano esclusi dall'iscrizione all'Electricity Supply (Staff) Superannuation Pension Scheme. Successivamente a tale data, il diritto d'iscrizione è stato riconosciuto ai lavoratori ad orario ridotto che svolgessero un minimo di 20 ore settimanali. Dal 1_ aprile 1988 è stato eliminato il requisito che subordinava il diritto all'iscrizione al compimento di un numero di ore lavorative minimo, ragion per cui, da tale data in poi, i lavoratori ad orario ridotto possono iscriversi al regime pensionistico, indipendentemente dall'orario di lavoro svolto.

14 Sino al 1_ gennaio 1989 i lavoratori ad orario ridotto erano esclusi dall'iscrizione al Midland Bank Pension Scheme. Successivamente a tale data, la Midland Bank plc ha istituito un regime pensionistico complementare, il Midland Bank Key-Time Pension Scheme, a favore dei lavoratori ad orario ridotto che svolgessero più di 14 ore settimanali. Dal 1_ settembre 1992 l'accesso a tale regime è stato esteso a tutti i lavoratori ad orario ridotto, indipendentemente dall'orario di lavoro svolto. Il 1_ gennaio 1994 i due regimi pensionistici venivano unificati. Tuttavia, i periodi di lavoro compiuti anteriormente al 1_ gennaio 1989 non vengono presi in considerazione ai fini del calcolo della pensione dei lavoratori ad orario ridotto. Inoltre, il diritto alla pensione prevista da tale regime è subordinato al compimento di un periodo di lavoro valido ai fini della pensione della durata minima di due anni.

Fatti e causa principale

15 Il 28 settembre 1994 la Corte pronunciava le sentenze Vroege, causa C-57/93 (Racc. pag. I-4541), e Fisscher, causa C-128/93 (Racc. pag. I-4583). In tali sentenze la Corte affermava che il diritto di iscrizione a un regime pensionistico aziendale rientra nell'ambito d'applicazione dell'art. 119 del Trattato (citate sentenze Vroege, punto 18, e Fisscher, punto 15). La Corte affermava parimenti che l'esclusione dei lavoratori ad orario ridotto dalla possibilità di iscrizione a tali regimi costituisce una discriminazione indiretta contraria all'art. 119 del Trattato, qualora colpisca un numero molto più elevato di donne che di uomini, a meno che il datore di lavoro non provi che la detta esclusione sia basata su fattori obiettivamente giustificati ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (sentenza Vroege, già citata, punto 17).

16 La Corte affermava, inoltre, che la limitazione nel tempo degli effetti della sentenza 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber (Racc. pag. I-1889), non si applica al diritto d'iscrizione a un regime pensionistico aziendale (citate sentenze Vroege, punto 32, e Fisscher, punto 28). La Corte dichiarava parimenti che gli effetti diretti dell'art. 119 del Trattato possono essere invocati al fine di esigere in via retroattiva il rispetto della parità di trattamento per quanto concerne il diritto d'iscrizione a un regime pensionistico aziendale, e ciò successivamente all'8 aprile 1976, data di pronuncia della sentenza Defrenne II, causa 43/75 (Racc. pag. 455), la quale ha sancito per la prima volta gli effetti diretti del suddetto articolo.

17 A seguito delle menzionate sentenze Vroege e Fisscher, circa 60 000 lavoratori ad orario ridotto nel Regno Unito, tanto nel settore privato quanto in quello pubblico, avviavano azioni dinanzi agli Industrial Tribunals. Richiamandosi all'art. 119 del Trattato, sostenevano di essere stati illegittimamente esclusi dall'iscrizione ai vari regimi pensionistici aziendali, precedentemente descritti ai punti 10-14. Resistenti in tali procedimenti sono i datori di lavoro o, eventualmente, gli ex datori di lavoro.

18 Nel periodo compreso tra il 1986 e il 1995, i regimi pensionistici di cui alle cause principali venivano modificati al fine di riconoscere il diritto d'iscrizione ai lavoratori ad orario ridotto. In particolare, gli emendamenti apportati nel 1995 al regolamento nazionale hanno vietato, a decorrere dal 31 maggio 1995, qualsiasi discriminazione, diretta o indiretta, fondata sul sesso in materia di affiliazione ad un regime pensionistico aziendale.

19 Con le proprie azioni le ricorrenti nelle cause principali chiedono il riconoscimento del diritto all'iscrizione retroattiva ai detti regimi pensionistici per i periodi di attività lavorativa ad orario ridotto svolti anteriormente alle dette modifiche legislative, ove taluni periodi di lavoro sono peraltro antecedenti all'8 aprile 1976.

20 Dall'ordinanza di rinvio emerge che 22 ricorsi proposti da lavoratrici nel settore pubblico ed in quello privato sono stati assunti quali «procedimenti pilota» al fine di risolvere talune questioni di diritto prima dell'esame delle questioni di fatto.

21 Per quanto riguarda una prima serie di procedimenti, il pertinente regime pensionistico era stato modificato più di due anni prima della proposizione del ricorso dinanzi all'Industrial Tribunal. Se è pur vero che il lavoro ad orario ridotto delle ricorrenti nelle cause principali che verrà svolto in futuro verrà ora effettivamente preso in considerazione ai fini della pensione, le ricorrenti medesime non possono invece chiedere, ai sensi dell'art. 12 del regolamento nazionale, il computo ai fini del diritto alla pensione dei periodi di lavoro ad orario ridotto svolti oltre due anni prima dell'avvio delle rispettive azioni dinanzi all'Industrial Tribunal.

22 Per quanto riguarda una seconda serie di procedimenti, le ricorrenti nelle cause principali avevano cessato l'attività lavorativa presso i rispettivi datori di lavoro oltre sei mesi prima dell'avvio delle rispettive azioni dinanzi all'Industrial Tribunal, ragion per cui è esclusa per le medesime, per effetto dell'art. 2, n. 4, dell'EPA, qualsiasi possibilità di azione che consenta loro il riconoscimento dei precedenti periodi di lavoro ad orario ridotto ai fini del calcolo dei diritti alla pensione.

23 Infine, una terza serie di procedimenti è caratterizzata dal fatto che le ricorrenti nelle cause principali lavoravano regolarmente presso lo stesso datore di lavoro, ma periodicamente o con soluzione di continuità, sulla base di contratti successivi e giuridicamente distinti. Dall'ordinanza di rinvio emerge che tale successione di contratti può talvolta essere ricondotta ad un contratto quadro (denominato «umbrella contract»), in base al quale le parti sono tenute al rinnovo dei singoli contratti di lavoro, stabilendo in tal modo un rapporto di lavoro continuativo.

24 In assenza di contratti quadro, il termine di cui all'art. 2, n. 4, dell'EPA inizia a decorrere dalla data di scadenza di ogni singolo contratto di lavoro e non dalla cessazione del rapporto di lavoro tra il lavoratore e l'impresa interessata. Ne consegue che il lavoratore non può ottenere il riconoscimento dei periodi lavorativi ad orario ridotto ai fini del calcolo dei propri diritti alla pensione se non subordinatamente alla condizione di aver ogni volta proposto ricorso entro il termine dei sei mesi successivi alla scadenza dei singoli contratti in base ai quali sia stata svolta l'attività lavorativa controversa.

25 Nelle cause principali le ricorrenti hanno dedotto l'incompatibilità con il diritto comunitario delle disposizioni di cui all'art. 2, n. 4, dell'EPA e dell'art. 12 del regolamento nazionale. Da un lato, tali disposizioni renderebbero praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti loro attribuiti dall'art. 119 del Trattato (principio di effettività). Dall'altro, tali modalità procedurali sarebbero meno favorevoli di quelle applicabili ad azioni analoghe previste dall'ordinamento interno e, in particolare, alle azioni fondate sul Sex Discrimination Act 1975 (legge relativa alle discriminazioni fondate sul sesso) o sul Race Relations Act 1976 (legge sui rapporti tra le razze) (principio di equivalenza).

26 Nella propria decisione 4 dicembre 1995, l'Industrial Tribunal di Birmingham riteneva, sostanzialmente, che le modalità istituite dalle disposizioni controverse fossero compatibili con il principio di effettività, in quanto non renderebbero eccessivamente difficile o praticamente impossibile l'esercizio dei diritti attribuiti alle ricorrenti dall'ordinamento giuridico comunitario.

27 Tale decisione veniva confermata dall'Employment Appeal Tribunal. Nella propria sentenza 24 giugno 1996 quest'ultimo affermava inoltre che le modalità procedurali di cui trattasi risponderebbero alle esigenze del principio di equivalenza, in quanto non risulterebbero meno favorevoli rispetto a quelle relative ad analoghi ricorsi di natura interna. L'art. 2, n. 4, dell'EPA e l'art. 12 del regolamento nazionale si applicherebbero, infatti, indistintamente alle azioni fondate sulla violazione dell'art. 119 del Trattato ed a quelle basate sulla violazione dei principi sanciti dall'EPA.

28 La sentenza dell'Employment Appeal Tribunal veniva a sua volta confermata dalla sentenza della Court of Appeal 13 febbraio 1997.

Questioni pregiudiziali

29 La House of Lords, giudice di ultimo grado, riteneva di dover adire la Corte atteso che le controversie sollevavano questioni pregiudiziali rispetto alla decisione riguardanti, in particolare, la compatibilità delle disposizioni dell'EPA, come modificato, con l'art. 119 del Trattato.

30 Ciò premesso, la House of Lords decideva di sospendere le cause e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«Premesso che:

a) a una lavoratrice ricorrente è stata negata l'affiliazione ad un regime pensionistico aziendale per il fatto di essere lavoratrice ad orario ridotto; e

b) conseguentemente, essa non gode di diritti alla pensione maturati ed erogabili al raggiungimento dell'età per il pensionamento, in connessione con l'attività prestata presso il datore di lavoro; e

c) la ricorrente sostiene che tale trattamento integra una discriminazione indirettamente fondata sul sesso, contraria all'art. 119 del Trattato CE,

sorgono le seguenti tre questioni:

1) se una norma procedurale nazionale la quale prescriva:

a) che un ricorso avente ad oggetto l'iscrizione ad un regime pensionistico aziendale (dal quale derivino diritti alla pensione), proposto dinanzi all'Industrial Tribunal, debba essere presentato entro sei mesi dalla cessazione dell'attività lavorativa oggetto del ricorso;

b) che i periodi di lavoro validi ai fini del diritto alla pensione della ricorrente debbano essere calcolati unicamente con riferimento all'attività lavorativa prestata dai due anni precedenti la data del ricorso in poi (indipendentemente dalla questione se la pensione sia erogabile anteriormente o successivamente alla data di proposizione del ricorso stesso)

sia compatibile con il principio di diritto comunitario secondo cui le norme procedurali nazionali non devono rendere, in caso di violazione del diritto comunitario, eccessivamente difficile o praticamente impossibile per la richiedente l'esercizio dei diritti attribuitile dall'art. 119.

2) Nell'ipotesi in cui:

a) i diritti attribuiti dall'art. 119 debbano trovare attuazione, in forza del diritto nazionale, per mezzo di una disciplina normativa emanata nel 1970, vale a dire anteriormente all'adesione del Regno Unito alla Comunità europea, ed entrata in vigore il 29 dicembre 1975, e che, anteriormente all'8 aprile 1976, abbia già conferito un diritto alla parità di trattamento con riguardo alla retribuzione e alle altre condizioni contrattuali;

b) le norme procedurali dettate dalla legge nazionale siano quelle menzionate nella precedente questione sub 1;

c) altre norme legislative vietino le discriminazioni in materia di lavoro e la disciplina nazionale in materia di contratti preveda termini differenti,

1) se l'attuazione dell'art. 119 compiuta attraverso la suddetta normativa nazionale sia conforme al principio di diritto comunitario secondo cui le norme procedurali nazionali non devono risultare, in caso di violazione del diritto comunitario, meno favorevoli di quelle applicabili a ricorsi analoghi di natura interna.

2) In caso contrario, quali siano i criteri rilevanti ai fini dell'accertamento se un diverso rimedio giurisdizionale nell'ordinamento nazionale costituisca un rimedio nazionale analogo a quello diretto all'esercizio dei diritti attribuiti dall'art. 119.

3) Nel caso in cui il giudice nazionale individui tale ricorso analogo rispondente ai criteri di cui al precedente punto 2, quali siano gli eventuali criteri rilevanti, in base al diritto comunitario, per stabilire se le norme procedurali poste a disciplina del ricorso o dei ricorsi analoghi siano più favorevoli rispetto alle norme procedurali che disciplinano l'attuazione dei diritti attribuiti dall'art. 119.

3) Nell'ipotesi in cui:

a) una lavoratrice dipendente abbia prestato attività lavorativa per lo stesso datore di lavoro in base a vari contratti di lavoro a tempo determinato distinti, con soluzione di continuità tra i rispettivi periodi di attività lavorativi;

b) alla scadenza di ogni singolo contratto, non sia previsto alcun obbligo per le parti di stipulare un altro contratto; e

c) la lavoratrice dipendente abbia proposto ricorso entro sei mesi dalla scadenza dell'ultimo o degli ultimi contratti, omettendo peraltro di proporre ricorso entro i sei mesi dalla scadenza del precedente contratto, o dei precedenti contratti,

se una norma procedurale nazionale che si risolva nel prescrivere che il ricorso avente ad oggetto l'iscrizione ad un regime pensionistico aziendale, iscrizione da cui derivi il diritto alla pensione, debba essere proposto entro i sei mesi dalla scadenza di ogni singolo contratto oggetto di ricorso, e che di conseguenza escluda l'attività lavorativa prestata in base ad uno o più precedenti contratti dal computo ai fini della pensione, sia compatibile con:

1) il diritto alla parità di retribuzione per un lavoro equivalente garantito dall'art. 119 del Trattato CE; e con

2) il principio di diritto comunitario secondo cui le norme procedurali nazionali non devono rendere, in caso di violazione del diritto comunitario, eccessivamente difficile o praticamente impossibile per la richiedente l'esercizio dei diritti attribuitile dall'art. 119».

Osservazioni preliminari

31 Occorre ricordare, in limine, che, secondo consolidata giurisprudenza, in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario aventi effetti diretti, a condizione, tuttavia, che le dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e che non siano strutturate in modo tale da rendere in pratica impossibile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe, Racc. pag. 1989, punti 5 e 6; causa 45/76, Comet, Racc. pag. 2043, punto 13; Fisscher, già citata, punto 39; 6 dicembre 1994, causa C-410/92, Johnson, Racc. pag. I-5483, punto 21, e 11 dicembre 1997, causa C-246/96, Magorrian e Cunningham, Racc. pag. I-7153, punto 37).

Sulla prima questione

32 La prima questione verte sull'estensione del principio di effettività e si suddivide in due parti. Con la prima parte la House of Lords chiede, sostanzialmente, se il diritto comunitario osti ad una norma procedurale nazionale secondo cui la domanda d'iscrizione ad un regime pensionistico aziendale (ovvero dal quale derivino diritti alla pensione) debba essere proposta, a pena di decadenza, entro il termine di sei mesi a decorrere dalla fine del rapporto lavorativo oggetto della richiesta.

33 Per quanto attiene alla compatibilità di una condizione relativa ai termini, come quella prevista dall'art. 2, n. 4, dell'EPA, con il principio di effettività del diritto comunitario, è giurisprudenza costante, sin dalla menzionata sentenza Rewe (punto 5), che la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza risponde, in linea di principio, a tale esigenza, in quanto costituisce l'applicazione del fondamentale principio della certezza del diritto (v. sentenza 10 luglio 1997, causa C-261/95, Palmisani, Racc. pag. I-4025, punto 28).

34 Contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti nella causa principale, l'imposizione di un termine di decadenza di sei mesi, quale previsto dall'art. 2, n. 4, dell'EPA, non può essere considerato - ancorché, per definitionem, la scadenza del termine produca il rigetto totale o parziale dell'azione avviata - quale ostacolo all'ottenimento delle somme spettanti alle ricorrenti, benché non ancora esigibili, in forza dell'art. 119 del Trattato. Tale termine non rende né impossibile né eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti attribuiti dall'ordinamento giuridico comunitario, ragion per cui non è idoneo a pregiudicare l'essenza stessa di tali diritti.

35 La prima parte della prima questione dev'essere quindi risolta nel senso che il diritto comunitario non osta ad una norma procedurale nazionale in base alla quale la domanda di iscrizione ad un regime pensionistico aziendale (ovvero dal quale derivino diritti alla pensione) debba essere presentata, a pena di decadenza, entro il termine di sei mesi a decorrere dalla cessazione dell'attività lavorativa oggetto della richiesta, a condizione, tuttavia, che tale termine non risulti meno favorevole per i ricorsi fondati sul diritto comunitario rispetto a quelli fondati sul diritto nazionale.

36 Con la seconda parte della prima questione il giudice di rinvio chiede, sostanzialmente, se il diritto comunitario osti ad una norma procedurale nazionale secondo cui i periodi di attività lavorativa da cui derivino diritti alla pensione compiuti dalle ricorrenti debbano essere calcolati unicamente con riferimento ai periodi di attività lavorativa svolti entro i due anni antecedenti alla data di proposizione della domanda.

37 Si deve anzitutto rilevare, da un lato, che tale domanda non è diretta ad ottenere, con effetti retroattivi, arretrati di prestazioni derivanti dal regime pensionistico aziendale, bensì è diretta al riconoscimento retroattivo del diritto di iscrizione al regime stesso, ai fini della determinazione di prestazioni la cui erogazione è prevista per il futuro.

38 Dall'altro, in caso di accoglimento della domanda, le ricorrenti non potrebbero pretendere, segnatamente sul piano finanziario, un trattamento più favorevole di quello di cui avrebbero goduto se fossero state regolarmente iscritte (sentenza Fisscher, già citata, punto 36).

39 Conseguentemente, la circostanza che un lavoratore possa reclamare l'iscrizione, con effetti retroattivi, a un regime pensionistico aziendale non consente allo stesso di esimersi dal versamento dei contributi concernenti il periodo d'iscrizione di cui trattasi (sentenza Fisscher, già citata, punto 37).

40 Nella menzionata sentenza Magorrian e Cunningham, la Corte ha affermato che il principio di effettività osta all'applicazione di una norma procedurale sostanzialmente identica a quella oggetto delle cause principali. Al punto 41 della detta sentenza la Corte ha infatti rilevato che una norma procedurale secondo cui, nei procedimenti in materia di iscrizione ai regimi pensionistici aziendali, il diritto di accesso al regime non può produrre effetti per un periodo anteriore ai due anni precedenti la data di proposizione del ricorso, è atta a privare gli amministrati del beneficio delle prestazioni integrative erogate dal regime cui essi hanno diritto di iscriversi, atteso che tali prestazioni potrebbero essere calcolate soltanto con riferimento ai periodi lavorativi compiuti nei due anni antecedenti alla proposizione delle rispettive domande.

41 A tal riguardo, la Corte ha affermato che, diversamente dalle disposizioni che si limitano a circoscrivere, per garantire la certezza del diritto, la portata retroattiva di una domanda diretta ad ottenere determinate prestazioni e che non intaccano, quindi, l'essenza stessa dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario, una norma procedurale come quella in esame nella causa principale rende in pratica impossibile l'esercizio da parte degli amministrati di un'azione basata sul diritto comunitario (sentenza Magorrian e Cunningham, già citata, punto 44).

42 Il diritto comunitario osta quindi all'applicazione a una domanda diretta al riconoscimento del diritto di iscrizione ad un regime pensionistico aziendale di una disposizione nazionale secondo cui gli effetti nel tempo di tale diritto, in caso di esito favorevole del ricorso, non possono iniziare a prodursi se non a decorrere dai due anni prima della data di proposizione del ricorso medesimo (sentenza Magorrian e Cunningham, già citata, punto 47).

43 Se è pur vero che la norma procedurale in esame non priva totalmente le ricorrenti nelle cause principali della possibilità di iscriversi, resta il fatto che, al pari della menzionata causa Magorrian e Cunningham, una norma procedurale del genere di quella contenuta nell'art. 12 del regolamento nazionale impedisce che vengano presi in considerazione tutti i periodi di anzianità delle interessate compiuti prima dei due anni dalla data di proposizione dei rispettivi ricorsi ai fini del calcolo delle prestazioni che sarebbero loro dovute anche dopo la data di presentazione della domanda.

44 Tale soluzione appare tanto più corretta in quanto nella menzionata causa Magorrian e Cunningham, le interessate chiedevano il riconoscimento retroattivo del diritto di iscrizione ad un regime pensionistico ai fini dell'ottenimento di prestazioni integrative, mentre, nella specie, si tratta di controversie dirette all'ottenimento della pensione di vecchiaia di base.

45 La seconda parte della prima questione dev'essere quindi risolta nel senso che il diritto comunitario osta ad una norma procedurale nazionale in base alla quale i periodi di attività lavorativa dai quali derivino diritti alla pensione svolti dalle interessate devono essere calcolati unicamente con riferimento ai periodi di attività compiuti a decorrere dai due anni precedenti la data di proposizione della relativa domanda.

Sulla seconda questione

46 Con la seconda questione la House of Lords chiede, sostanzialmente, quali siano i criteri che consentano di accertare se le modalità procedurali di cui all'art. 2, n. 4, dell'EPA e all'art. 12 del regolamento nazionale, applicabili ai ricorsi proposti dalle ricorrenti nelle cause principali sulla base dell'art. 119 del Trattato, siano meno favorevoli rispetto ad altre modalità procedurali applicabili a ricorsi analoghi di natura interna.

47 Alla luce della soluzione fornita alla seconda parte della prima questione non occorre più esaminare la portata del principio di equivalenza con riguardo all'art. 12 del regolamento nazionale.

48 Con la prima parte della seconda questione la House of Lords chiede se, al fine di garantire il rispetto del principio di equivalenza, possa ritenersi che un ricorso fondato sulla violazione di disposizioni di una legge quale l'EPA costituisca un ricorso interno analogo ad un ricorso fondato sulla violazione dell'art. 119 del Trattato.

49 Al fine di verificare se il principio di equivalenza sia rispettato nella specie, spetta al giudice nazionale, unico a disporre di conoscenza diretta delle modalità procedurali dei ricorsi nell'ambito dell'ordinamento nazionale, accertare se le modalità procedurali dirette a garantire, nel diritto interno, la tutela dei diritti derivanti ai singoli dal diritto comunitario siano conformi a tale principio ed esaminare tanto l'oggetto quanto gli elementi essenziali dei ricorsi di natura interna con i quali si asserisce che sussista un'analogia (v. sentenza 1_ dicembre 1998, causa C-326/96, Levez, Racc. pag. I-7835, punti 39 e 43).

50 Tuttavia, ai fini della valutazione che il giudice nazionale dovrà compiere, la Corte può fornire al medesimo taluni elementi relativi all'interpretazione del diritto comunitario.

51 Si deve ricordare al riguardo che, al punto 46 della menzionata sentenza Levez, pronunciata successivamente all'ordinanza di rinvio della House of Lords oggetto della causa in esame, la Corte ha affermato che l'EPA costituisce la normativa nazionale che attua il divieto comunitario di discriminazioni basate sul sesso relativamente alle retribuzioni, quale enunciato dall'art. 119 del Trattato e dalla direttiva del Consiglio 10 febbraio 1975, 75/117/CEE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (GU L 45, pag. 19). Al punto 47 della medesima sentenza, la Corte ha sottolineato che, per assicurare il rispetto del principio di equivalenza, non è sufficiente che le stesse modalità procedurali siano applicabili a due tipi di domande analoghe, l'una fondata sul diritto comunitario, l'altra sul diritto nazionale, trattandosi di uno stesso e identico rimedio giurisdizionale.

52 Atteso che, successivamente all'adesione del Regno Unito alle Comunità, l'EPA costituisce la normativa mediante la quale il Regno Unito assolve gli obblighi ad esso incombenti in forza, anzitutto, dell'art. 119 del Trattato e, in secondo luogo, della direttiva 75/117, la Corte ha ritenuto in conclusione che tale normativa non possa costituire il fondamento idoneo del confronto finalizzato a garantire il rispetto del principio dell'equivalenza (sentenza Levez, già citata, punto 48).

53 La prima parte della seconda questione dev'essere quindi risolta nel senso che un ricorso fondato sulla violazione di disposizioni di una legge quale l'EPA non costituisce un ricorso interno analogo ad un ricorso fondato sulla violazione dell'art. 119 del Trattato.

54 La seconda parte della seconda questione posta dalla House of Lords è diretta a stabilire i criteri di diritto comunitario che consentano di individuare un ricorso analogo di natura interna.

55 Il rispetto del principio dell'equivalenza presuppone che la norma controversa si applichi indifferentemente ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto comunitario e a quelli fondati sull'inosservanza del diritto interno aventi un oggetto e una causa analoghi (sentenza Levez, già citata, punto 41).

56 Al fine di verificare se il principio di equivalenza sia stato rispettato nella specie, il giudice nazionale, che è l'unico ad avere una conoscenza diretta delle modalità procedurali dei ricorsi in materia di diritto del lavoro, deve esaminare sia l'oggetto sia gli elementi essenziali dei ricorsi di natura interna tra i quali si asserisce che sussista un'analogia (sentenza Levez, già citata, punto 43).

57 Alla luce delle suesposte considerazioni, la seconda parte della seconda questione dev'essere risolta nel senso che, al fine di stabilire se un ricorso previsto dalla legge nazionale costituisca un ricorso di natura interna analogo a quello diretto a far valere i diritti attribuiti dall'art. 119 del Trattato, il giudice nazionale deve verificare l'analogia dei ricorsi di cui trattasi con riguardo al loro oggetto, alla loro finalità ed ai loro elementi essenziali.

58 Con la terza parte della seconda questione, la House of Lords chiede quali siano i criteri pertinenti al fine di accertare se le norme procedurali applicabili ad un ricorso eventualmente individuato come analogo siano più favorevoli rispetto alle norme procedurali applicabili all'esercizio dei diritti attribuiti dall'art. 119 del Trattato.

59 Ai fini della valutazione che il giudice nazionale deve compiere appare utile ricordare gli elementi relativi all'interpretazione del diritto comunitario forniti al riguardo dalla Corte nella menzionata sentenza Levez.

60 In tal senso, al punto 51 della detta sentenza, la Corte ha rilevato che il principio di equivalenza verrebbe ad essere violato se un singolo che facesse valere un diritto attribuito dall'ordinamento giuridico comunitario dovesse affrontare spese e attese superiori rispetto a colui che fondasse il proprio ricorso sulla legge puramente interna.

61 In termini più generali, la Corte ha rilevato che ciascun caso in cui si pone la questione se una norma processuale nazionale sia meno favorevole rispetto a quelle concernenti ricorsi analoghi di natura interna deve essere esaminato dal giudice nazionale tenendo conto del ruolo della detta norma nell'insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali (sentenza Levez, già citata, punto 44).

62 Ne consegue che i vari aspetti delle modalità procedurali non possono essere esaminati singolarmente, bensì devono essere collocati nel loro contesto generale. Inoltre, tale esame non può essere condotto in modo soggettivo in funzione di circostanze di fatto, dovendo invece fondarsi su un raffronto oggettivo ed astratto delle modalità procedurali di cui trattasi.

63 Alla luce delle suesposte considerazioni, la terza parte della seconda questione dev'essere risolta nel senso che, al fine di potersi pronunciare sull'equivalenza delle norme procedurali, il giudice nazionale deve accertare in modo oggettivo ed astratto l'analogia delle norme di cui trattasi in considerazione della loro rilevanza nel procedimento complessivamente inteso, dello svolgimento del procedimento medesimo e delle specificità di tali norme.

Sulla terza questione

64 Con la terza questione la House of Lords chiede, sostanzialmente, se il diritto comunitario osti ad una norma procedurale per effetto della quale la domanda d'iscrizione ad un regime pensionistico aziendale (ovvero dal quale derivino diritti alla pensione) debba essere proposta entro il termine di sei mesi a decorrere dalla scadenza di ogni contratto (ovvero di tutti i singoli contratti) oggetto della domanda.

65 Si deve ricordare, in proposito, che tale questione riguarda una serie di cause principali caratterizzate dal fatto che le ricorrenti svolgono regolarmente attività lavorativa, ma periodicamente o con soluzione di continuità, presso lo stesso datore di lavoro, in base a singoli contratti successivi e giuridicamente distinti. Orbene, dall'ordinanza di rinvio emerge che, in assenza di un contratto quadro, il termine previsto dall'art. 2, n. 4, dell'EPA decorre dalla scadenza di ogni singolo contratto di lavoro e non dalla cessazione del rapporto di lavoro tra il lavoratore e la rispettiva impresa. Ne consegue che il lavoratore non può ottenere il riconoscimento, ai fini del calcolo dei diritti alla pensione, dei periodi di attività lavorativa ad orario ridotto se non subordinatamente alla condizione di aver sempre proposto ricorso entro i sei mesi successivi alla scadenza dei singoli contratti in base ai quali ha svolto l'attività controversa.

66 Nelle proprie osservazioni scritte la Commissione ha sostenuto che l'applicazione di una siffatta norma procedurale ai ricorsi proposti da tali lavoratori sarebbe incompatibile con il principio di effettività per un duplice ordine di motivi. Da un lato, tale norma procedurale costringerebbe i lavoratori interessati che intendano ottenere il riconoscimento dei periodi di lavoro ad orario ridotto ai fini del calcolo dei propri diritti alla pensione a proporre una successione ininterrotta di ricorsi per ogni singolo contratto in base al quale abbiano svolto l'attività lavorativa controversa. Dall'altro, tale norma impedirebbe di prendere in considerazione tutti i periodi di anzianità dei lavoratori interessati ai fini del calcolo delle rispettive pensioni di vecchiaia, ancorché tali periodi di anzianità si collochino in un rapporto di lavoro continuativo. I lavoratori interessati che abbiano proposto il primo ricorso giurisdizionale entro i sei mesi successivi alla scadenza del loro ultimo contratto di lavoro sarebbero quindi privati della possibilità di ottenere il riconoscimento dei periodi di anzianità relativi ai contratti di lavoro precedenti.

67 Come già ricordato al punto 33 della presente sentenza, la Corte ha riconosciuto la compatibilità con il diritto comunitario della previsione, a pena di decadenza, di termini di ricorso ragionevoli, laddove tale previsione costituisca applicazione del principio fondamentale della certezza del diritto. Non si può quindi ritenere che termini di tal genere siano idonei a rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti attribuiti dall'ordinamento giuridico comunitario.

68 Se è pur vero che la certezza del diritto esige parimenti la possibilità di stabilire con precisione il dies a quo di un termine di decadenza, resta il fatto che, nel caso di contratti successivi a tempo determinato, del genere di quelli oggetto della terza questione, la fissazione del dies a quo del termine di decadenza alla scadenza di ogni singolo contratto rende eccessivamente difficile l'esercizio del diritto attribuito dall'art. 119 del Trattato.

69 Si deve tuttavia rilevare che esiste la possibilità di fissare con precisione il dies a quo di un termine di decadenza nel caso di un rapporto di lavoro stabile risultante da una successione di contratti a tempo determinato, conclusi ad intervalli regolari e riguardanti la stessa attività lavorativa cui si applichi lo stesso regime pensionistico.

70 Nulla osta, infatti, a che il dies a quo del termine di decadenza sia fissato, in assenza di uno degli elementi che caratterizzano un siffatto rapporto di lavoro stabile, alla data in cui si sia interrotta la successione di tali contratti, o perché sia venuta meno la regolarità degli intervalli o perché il nuovo contratto non riguardi più la stessa attività lavorativa cui si applichi lo stesso regime pensionistico.

71 Ciò premesso, esigere che la domanda di iscrizione ad un regime pensionistico aziendale debba essere presentata entro il termine di sei mesi a decorrere dalla scadenza di ogni contratto (ovvero di tutti i singoli contratti) di lavoro oggetto della domanda stessa non può essere pertanto riferito all'interesse della certezza del diritto.

72 La terza questione dev'essere quindi risolta nel senso che il diritto comunitario osta ad una norma nazionale per effetto della quale la domanda di iscrizione ad un regime pensionistico aziendale (o dal quale derivino diritti alla pensione) debba essere presentata entro il termine di sei mesi a decorrere dalla scadenza di ogni contratto (ovvero di tutti i singoli contratti) di lavoro oggetto della domanda stessa, quando si tratti di un rapporto di lavoro stabile risultante da una successione di contratti a tempo determinato, conclusi ad intervalli regolari e riguardanti la stessa attività lavorativa cui si applichi lo stesso regime pensionistico.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

73 Le spese sostenute dai governi del Regno Unito e irlandese, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla House of Lords con ordinanza 5 febbraio 1998, dichiara:

1) Il diritto comunitario non osta ad una norma procedurale nazionale in base alla quale la domanda di iscrizione ad un regime pensionistico aziendale (ovvero dal quale derivino diritti alla pensione) debba essere presentata, a pena di decadenza, entro il termine di sei mesi a decorrere dalla cessazione dell'attività lavorativa oggetto della richiesta, a condizione, tuttavia, che tale termine non risulti meno favorevole per i ricorsi fondati sul diritto comunitario rispetto a quelli fondati sul diritto nazionale.

2) Il diritto comunitario osta ad una norma procedurale nazionale in base alla quale i periodi di attività lavorativa dai quali derivino diritti alla pensione svolti dalle interessate devono essere calcolati unicamente con riferimento ai periodi di attività compiuti a decorrere dai due anni precedenti la data di proposizione della relativa domanda.

3) Un ricorso fondato sulla violazione di disposizioni di una legge quale l'Equal Pay Act 1970 non costituisce un ricorso interno analogo ad un ricorso fondato sulla violazione dell'art. 119 del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE-143 CE).

4) Al fine di stabilire se un ricorso previsto dalla legge nazionale costituisca un ricorso di natura interna analogo a quello diretto a far valere i diritti attribuiti dall'art. 119 del Trattato, il giudice nazionale deve verificare l'analogia dei ricorsi di cui trattasi con riguardo al loro oggetto, alla loro finalità ed ai loro elementi essenziali.

5) Al fine di potersi pronunciare sull'equivalenza delle norme procedurali, il giudice nazionale deve accertare in modo oggettivo ed astratto l'analogia delle norme di cui trattasi in considerazione della loro rilevanza nel procedimento complessivamente inteso, dello svolgimento del procedimento medesimo e delle specificità di tali norme.

6) Il diritto comunitario osta ad una norma nazionale per effetto della quale la domanda di iscrizione ad un regime pensionistico aziendale (o dal quale derivino diritti alla pensione) debba essere presentata entro il termine di sei mesi a decorrere dalla scadenza di ogni contratto (ovvero di tutti i singoli contratti) di lavoro oggetto della domanda stessa, quando si tratti di un rapporto di lavoro stabile risultante da una successione di contratti a tempo determinato, conclusi ad intervalli regolari e riguardanti la stessa attività lavorativa cui si applichi lo stesso regime pensionistico.