1 Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni - Protocollo relativo all'interpretazione della Convenzione da parte della Corte di giustizia - Giudici nazionali legittimati ad adire la Corte in via pregiudiziale - Giudici che giudicano «in grado d'appello» - Nozione - Italia - Corte d'appello italiana chiamata a conoscere del ricorso avverso la decisione di rigetto della domanda di exequatur - Inclusione
(Convenzione 27 settembre 1968, art. 40, primo comma; Protocollo 3 giugno 1971, art. 2, punto 2)
2 Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni - Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni - Motivi di rifiuto - Violazione dell'ordine pubblico dello Stato richiesto - Valutazione da parte del giudice richiesto - Limiti - Sindacato della Corte
(Convenzione 27 settembre 1968, art. 27, punto 1)
3 Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni - Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni - Motivi di rifiuto - Violazione dell'ordine pubblico dello Stato richiesto - Nozione
(Convenzione 27 settembre 1968, art. 27, punto 1)
4 Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni - Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni - Motivi di rifiuto - Disconoscimento da parte del giudice d'origine del diritto nazionale o del diritto comunitario - Esclusione
[Trattato CE, art. 177 (divenuto art. 234 CE); Convenzione 27 settembre 1968, artt. 27, 29 e 34, terzo comma]
5 Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni - Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni - Motivi di rifiuto - Violazione dell'ordine pubblico dello Stato richiesto - Esistenza nello Stato d'origine di diritti di privativa intellettuale relativi a parti di carrozzeria di autoveicoli - Esclusione
(Convenzione 27 settembre 1968, art. 27, punto 1)
1 La Corte d'appello, adita con ricorso diretto contro la decisione di rigetto dell'istanza di exequatur, ai sensi dell'art. 40, n. 1, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve considerarsi quale giudice che giudica in grado d'appello, come tale provvisto del potere, ai sensi dell'art. 2, punto 2, del Protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione da parte della Corte della Convenzione, di domandare alla Corte di giustizia di pronunciarsi in via pregiudiziale su una questione di interpretazione della Convenzione.
Infatti, se è pur vero che, in Italia, queste due fasi del procedimento di exequatur previsto dagli artt. 31 e seguenti della Convenzione hanno entrambe luogo dinanzi alla Corte d'appello, tale apparente identità, derivante dalla scelta operata dalla Repubblica italiana, non toglie che il procedimento instaurato in forza dell'art. 32, n. 1, relativo alla presentazione della domanda di apposizione della formula esecutiva, differisce da quello promosso ai sensi dell'art. 40, n. 1. Nel primo caso, la Corte d'appello statuisce, in conformità con l'art. 34, primo comma, senza che la parte contro la quale è richiesta l'esecuzione possa, in questa fase del procedimento, presentare osservazioni. Nel secondo caso, per contro, la parte contro la quale l'esecuzione è richiesta dev'essere chiamata a comparire, conformemente all'art. 40, n. 2, davanti alla Corte d'appello. (v. punti 21-23)
2 Sebbene gli Stati contraenti restino, in linea di principio, liberi di determinare, in forza della riserva di cui all'art. 27, punto 1, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, conformemente alle loro concezioni nazionali, le esigenze del loro ordine pubblico, i limiti di tale nozione rientrano nell'interpretazione della Convenzione. Pertanto, sebbene non spetti alla Corte definire il contenuto dell'ordine pubblico di uno Stato contraente, essa è però tenuta a controllare i limiti entro i quali il giudice di uno Stato contraente può ricorrere a tale nozione per non riconoscere una decisione emanata da un giudice di un altro Stato contraente. (v. punti 27-28)
3 Un ricorso alla clausola dell'ordine pubblico, contenuta all'art. 27, punto 1, della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, è immaginabile solo nel caso in cui il riconoscimento o l'esecuzione della decisione pronunciata in un altro Stato contraente contrasti in modo inaccettabile con l'ordinamento giuridico dello Stato richiesto, in quanto leda un principio fondamentale. Per rispettare il divieto della revisione nel merito della decisione straniera, la lesione dovrebbe costituire una violazione manifesta di una regola di diritto considerata essenziale nell'ordinamento giuridico dello Stato richiesto o di un diritto riconosciuto come fondamentale nello stesso ordinamento giuridico. (v. punto 30)
4 Il giudice dello Stato richiesto non può, a pena di rimettere in discussione la finalità della Convenzione 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, ricusare il riconoscimento di una decisione promanante da un altro Stato contraente per il solo motivo che esso ritiene che in tale decisione il diritto nazionale o il diritto comunitario sia stato male applicato. Deve invece ritenersi che, in siffatte ipotesi, il sistema di rimedi giurisdizionali istituito in ciascuno Stato contraente, integrato dal meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all'art. 177 del Trattato (divenuto art. 234 CE), fornisca una sufficiente garanzia agli amministrati. (v. punto 33)
5 L'art. 27, punto 1, della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dev'essere interpretato nel senso che non può considerarsi contraria all'ordine pubblico una decisione resa da un giudice di uno Stato contraente che riconosca l'esistenza di un diritto di privativa intellettuale su parti di carrozzeria di autoveicoli e che conferisca al titolare di tale diritto una protezione che gli consenta di vietare a terzi, ossia ad operatori economici stabiliti in un altro Stato contraente, la fabbricazione, la vendita, il transito, l'importazione o l'esportazione in tale Stato contraente delle dette parti di carrozzeria. (v. punto 34 e dispositivo)