Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 20 settembre 2001. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania. - Inadempimento di uno Stato - Sesta direttiva IVA - Buoni sconto - Base imponibile. - Causa C-427/98.
raccolta della giurisprudenza 2002 pagina I-08315
1. La presente causa riguarda il modo in cui debba essere determinata la base imponibile dell'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA») nel caso in cui il fornitore originario di un bene offra al dettagliante successivo, nel quadro di un sistema promozionale, una compensazione per la riduzione di prezzo concessa da tale dettagliante al proprio cliente su presentazione di un tagliando o di un buono emesso dal fornitore originario, ma, tra il fornitore ed il dettagliante, siano presenti nella catena uno o più altri operatori e il rimborso non incida sui prezzi pagati da e a tali altri operatori intermedi.
2. La Commissione ritiene che, non avendo disposto, in tali circostanze, la rettifica della base imponibile del primo fornitore, le autorità tedesche non abbiano adempiuto gli obblighi loro incombenti in forza della sesta direttiva IVA , in particolare alla luce della sentenza della Corte nella causa Elida Gibbs .
Il contesto normativo
Il sistema dell'IVA in generale
3. Il principio sul quale si basa l'IVA è così illustrato all'art. 2 della prima direttiva IVA :
«Il principio del sistema comune di imposta sul valore aggiunto consiste nell'applicare ai beni ed ai servizi un'imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell'imposizione.
A ciascuna transazione, l'imposta sul valore aggiunto, calcolata sul prezzo del bene o del servizio all'aliquota applicabile al suddetto bene o servizio, è esigibile, previa deduzione dell'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto che ha gravato direttamente sul costo dei diversi elementi costitutivi del prezzo» .
4. Il sistema delle deduzioni è diretto ad evitare un effetto cumulativo nei casi in cui l'IVA sia stata riscossa anche su beni e/o servizi utilizzati per produrre quelli forniti, vale a dire ad evitare che l'IVA venga riscossa nuovamente sull'IVA già applicata. In tal modo, si costituisce una catena di operazioni, nella quale l'importo netto dovuto in ciascuna fase della catena rappresenta una quota determinata del valore aggiunto nella fase considerata. Quando la catena si conclude, l'importo totale riscosso corrisponde alla quota corrispondente del prezzo finale.
5. Tale approccio garantisce anche la «neutralità» dell'IVA nei confronti dei soggetti passivi che sono fornitori nella catena di operazioni. Essi devono versare un'imposta in quanto devono addebitare l'IVA ai destinatari delle loro forniture, ma, in base al funzionamento del sistema delle deduzioni, essi non devono, in linea di principio , sostenere direttamente alcun onere fiscale; solo il consumatore finale al termine della catena di distribuzione sostiene in realtà tale onere.
Le disposizioni applicabili della sesta direttiva
6. Ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, fatte salve talune specifiche eccezioni che non riguardano l'oggetto della causa in esame, la
base imponibile per le operazioni eseguite all'interno di un paese è costituita
«da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».
7. L'art. 11, parte A, n. 3, lett. b), precisa che la base imponibile non deve includere «i ribassi e le riduzioni di prezzo concessi all'acquirente o al destinatario della prestazione ed acquisiti al momento in cui si compie l'operazione».
8. Ai sensi del primo comma dell'art. 11, parte C, n. 1:
«In caso di (...) riduzione di prezzo dopo che l'operazione è stata effettuata, la base imponibile viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri».
9. L'art. 17, n. 2, prevede che:
«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall'imposta di cui è debitore:
a) l'imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;
(...)».
10. A norma dell'art. 20, n. 1:
«La rettifica della deduzione iniziale è effettuata secondo le modalità fissate dagli Stati membri, in particolare:
(...)
b) quando, successivamente alla dichiarazione, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l'importo della deduzione, in particolare (...) qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo, (...)».
11. Infine, ai sensi dell'art. 21:
«L'imposta sul valore aggiunto è dovuta:
1. In regime interno:
(...)
c) da chiunque indichi l'imposta sul valore aggiunto in una fattura o in un altro documento che ne fa le veci;
(...)».
La legislazione tedesca controversa
12. L'art. 17, n. 1, dell'Umsatzsteuergesetz (legge tedesca sull'imposta sul valore aggiunto; in prosieguo l'«UstG») prevede che:
«Nel caso in cui la base di calcolo di una cifra d'affari imponibile sia modificata (...)
1. l'imprenditore che ha realizzato tale cifra d'affari è tenuto a rettificare in maniera corrispondente l'importo dell'imposta dovuta, e
2. l'imprenditore destinatario è tenuto a rettificare in maniera corrispondente l'importo dell'imposta che è legittimato a dedurre a questo titolo».
La sentenza della Corte di giustizia nella causa Elida Gibbs
13. In tale controversia , un produttore utilizzava due tipi fondamentali di sistemi di promozione delle vendite. In base al sistema dei «buoni sconto» («money-off»), un dettagliante accettava buoni di riduzione del prezzo da clienti a titolo di pagamento parziale per un prodotto e riceveva il rimborso dell'importo della riduzione da parte del produttore, a prescindere dal fatto di aver acquistato i beni direttamente dal produttore o tramite un grossista. In base al sistema dei «buoni rimborso», il produttore stampava buoni di un determinato valore sulle confezioni dei suoi prodotti impegnandosi a riscattare tali buoni in contanti direttamente nei confronti di qualunque acquirente finale che glieli presentasse . Il VAT and Duties Tribunal London (Commissione competente in materia di IVA), ha richiesto alla Corte se la base imponibile del produttore fosse il prezzo al quale esso aveva inizialmente fornito i beni, ovvero quello stesso prezzo meno il rimborso.
14. Nel risolvere tale questione, la Corte ha messo in evidenza i principi base del sistema dell'IVA, in particolare la sua neutralità rispetto ai soggetti passivi e il fatto che l'onere fiscale è sostenuto dal consumatore finale, con la conseguenza che la base imponibile su cui va calcolata l'IVA dovuta non può eccedere il corrispettivo realmente pagato da tale consumatore .
15. Tenendo presenti tali principi ed interpretando la nozione di «corrispettivo» di cui all'art. 11, parte A, n. 1, lett. a) della sesta direttiva, conformemente alla sua giurisprudenza precedente , nel senso che tale corrispettivo rappresenta il valore realmente ricevuto in ciascun caso di specie, la Corte ha dichiarato che, nel caso dei due tipi di sistema di cui trattasi:
«Non sarebbe (...) compatibile con la direttiva il fatto che la base imponibile sulla quale è calcolata l'IVA dovuta dal produttore, in quanto soggetto passivo, fosse più elevata dell'importo che egli ha alla fine riscosso. Se così fosse, non verrebbe rispettato il principio della neutralità dell'IVA nei confronti dei soggetti passivi, tra cui rientra il produttore.
Di conseguenza, la base imponibile che si applica al produttore in quanto soggetto passivo deve essere costituita dall'importo corrispondente al prezzo al quale egli ha venduto la merce ai grossisti o ai dettaglianti, decurtato del valore dei buoni.
Questa interpretazione è corroborata dall'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva, il quale, al fine di assicurare la neutralità della posizione del soggetto passivo, stabilisce che, in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo che l'operazione è stata effettuata, la base imponibile viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri» .
16. La Corte ha ritenuto che l'assenza di un legame contrattuale diretto fra il produttore e il consumatore finale non inficiava tale affermazione e ha respinto le obiezioni mosse dai governi del Regno Unito, tedesco ed ellenico secondo cui le necessarie rettifiche della base imponibile degli operatori intermedi avrebbero reso il sistema impraticabile, precisando che in realtà non vi era alcun bisogno di procedere a tali rettifiche .
Il procedimento nella causa in esame
17. Nel 1992, la Commissione chiedeva a tutti gli Stati membri se in base alla loro legislazione un produttore che rimborsasse un dettagliante per una riduzione concessa ad un consumatore finale in cambio di un buono avesse diritto di ridurre la propria base imponibile di conseguenza. Il governo tedesco rispondeva nel senso che, ai sensi dell'art. 17, primo comma, della UstG, una simile riduzione era possibile solo nel caso in cui fosse interessato l'importo dell'operazione intervenuta fra il produttore e il suo cliente diretto; qualora il rimborso fosse effettuato nei confronti di un'altra persona situata in una fase successiva della catena di distribuzione, la base imponibile del produttore non poteva essere ridotta.
18. La Commissione riteneva che tale situazione fosse incompatibile con la sesta direttiva e avviava il procedimento previsto dall'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE) ma, in seguito ad uno scambio di corrispondenza, acconsentiva a sospendere tale procedimento in attesa della pronuncia della sentenza nella causa Elida Gibbs. Dato che, successivamente a tale pronuncia, il governo tedesco non provvedeva a modificare la propria normativa ma manteneva la sua precedente posizione , la Commissione emanava, il 23 marzo 1998, un parere motivato e, il 26 novembre 1998, proponeva il presente ricorso, al fine di ottenere che la Corte dichiari che, non avendo adottato disposizioni che permettano di rettificare la base imponibile in caso di riscatto di «buoni sconto», la Repubblica federale tedesca è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dall'art. 11 della sesta direttiva.
19. I governi francese e del Regno Unito hanno entrambi annunciato la loro intenzione di intervenire a sostegno della Repubblica federale di Germania in questa causa, ma il governo francese ha successivamente desistito . Il Regno Unito ha presentato una memoria di intervento. All'udienza i governi della Repubblica federale di Germania e del Regno Unito nonché la Commissione hanno presentato osservazioni orali.
Analisi
L'oggetto della controversia
20. In primo luogo è pacifico che le disposizioni tedesche controverse hanno l'effetto che la Commissione attribuisce loro. La questione da chiarire è se tale effetto sia compatibile con la sesta direttiva.
21. In secondo luogo, la Commissione mira ad ottenere una declaratoria di inadempimento solo in riferimento al trattamento riservato dalla Repubblica federale di Germania ai «buoni sconto», benché, come ha evidenziato il governo tedesco, essa dedichi una considerevole parte delle sue osservazioni al trattamento dei «buoni rimborso».
22. E' chiaro che la pronuncia della Corte deve limitarsi al trattamento dei «buoni sconto».
23. Tuttavia, la situazione che la Commissione lamenta è la mancata previsione, da parte della Repubblica federale di Germania, di disposizioni per la rettifica della base imponibile del primo fornitore quando questi riscatta un buono attraverso un pagamento in contanti ad un dettagliante che ha accettato il buono stesso quale pagamento parziale di beni venduti ad un consumatore finale, nel caso in cui il fornitore non abbia fornito detti beni direttamente al dettagliante. Non vi è alcuna apprezzabile differenza - per quanto riguarda la rettifica della base imponibile del primo fornitore - fra tale situazione e quella in cui il pagamento in contanti è effettuato direttamente al consumatore. Il problema è quello della possibilità di operare una rettifica della base imponibile del fornitore a seguito di un pagamento (una riduzione di prezzo o uno sconto) che «salti» una o più fasi della normale catena dell'IVA.
24. In sede d'udienza, il governo tedesco ha sostenuto che le fattispecie dei «buoni sconto» e dei «buoni rimborso» sono molto diverse. Tuttavia, tale affermazione appariva chiaramente basata sugli esempi illustrati nella tabella da esso presentata alla Corte, nei quali il primo fornitore aveva venduto direttamente al dettagliante . In tale caso, la legge tedesca permette che sia operata una rettifica dell'importo di tale operazione originaria ove sia utilizzato un «buono sconto», ma non nel caso in cui un «buono rimborso» determini un pagamento diretto da parte del primo fornitore nei confronti del consumatore finale. Vi è quindi una differenza in tal caso, ma essa scompare quando un altro anello - per esempio un grossista - si aggiunge alla catena fra il primo fornitore e il dettagliante. In un caso del genere, che rappresenta la situazione contestata dalla Commissione, la legge tedesca vieta ogni rettifica della base imponibile del fornitore, si tratti di «buoni sconto» o di «buoni rimborso».
25. Perciò, nonostante il carattere circoscritto della domanda formale, è a mio avviso accettabile, ai fini dell'analisi, prendere in considerazione il caso dei «buoni sconto» accanto a quello dei «buoni rimborso».
26. In terzo luogo, i governi tedesco e del Regno Unito invitano la Corte a rivedere l'orientamento seguito nella sua sentenza nella causa Elida Gibbs, o per modificarlo in senso contrario o per limitarne in qualche modo gli effetti . La Commissione sottolinea che gli argomenti proposti dal governo tedesco sono essenzialmente quelli che lo stesso aveva fatto valere in quella causa, e che sono stati esplicitamente respinti dalla Corte. Entrambi i governi ritengono che tale sentenza sia, quanto meno in parte, incompatibile con i principi del sistema dell'IVA. Il governo del Regno Unito rileva in particolare che la sentenza è stata emessa da una sezione composta da cinque giudici ridotta a tre e che essa ha disatteso le conclusioni dell'avvocato generale.
27. Per la verità, a meno che la Corte non si scosti dalla sentenza Elida Gibbs, sembra discenderne direttamente una sentenza avversa alla Repubblica federale di Germania e una difesa di tale Stato membro appare difficile. I termini della sentenza sono chiari ed è pacifico che la normativa tedesca non è conforme ad essi.
28. La presente causa può pertanto essere considerata come un riesame, dinanzi al plenum della Corte, delle questioni trattate nella causa Elida Gibbs.
La catena base
29. Sarà necessario prendere in esame alcuni esempi specifici del funzionamento di tale sistema. A tale scopo, può essere utile definire a questo punto un modello semplificato della normale catena dell'IVA. Va sottolineato che un simile modello, così come gli analoghi modelli utilizzati dalle parti nelle loro osservazioni, è di carattere astratto e non riflette tutte le complesse realtà dell'IVA nel commercio reale. Malgrado il suo livello di astrattezza, tuttavia, esso fornisce una precisa immagine dell'applicazione dell'imposta.
30. Baserò la mia catena semplificata su quella utilizzata dal governo tedesco nella sua controreplica, che consta di quattro parti (e tre operazioni). Le quattro parti includono tre soggetti passivi (che potrebbero essere un produttore, un grossista ed un dettagliante) ed un consumatore finale. Indicherò questi ultimi, rispettivamente, come A, B, C e D.
31. Si può ritenere che le operazioni in questione siano vendite successive del medesimo prodotto, con un aumento del prezzo in ciascuna fase, anche se le caratteristiche essenziali rimarrebbero in linea di principio le stesse per altri tipi di catena. In effetti, la caratteristica dei sistemi di buoni «a salto» è tale che essi si applicano quasi inevitabilmente solo a beni e solo nei casi in cui i beni interessati non vengono trasformati in maniera sostanziale dalle operazioni della catena: l'obiettivo di A è quello di promuovere la vendita dei propri beni, non di beni che incorporino beni da lui forniti.
32. Al fine di semplificare le cose il più possibile, adotterò un'aliquota fittizia dell'IVA del 10% e considererò l'aumento del prezzo ad ogni stadio pari a 100 (la valuta è al riguardo irrilevante), al netto dell'imposta.
33. Perciò, la catena base è la seguente: i) A vende a B ad un prezzo netto di 100, più 10% di IVA, per un totale di 110, e versa 10 al fisco a titolo di IVA a valle ; ii) B vende a C ad un prezzo netto di 200, più 10% di IVA, per un totale di 220; B deve perciò pagare al fisco 20 a titolo di IVA a valle, importo da cui egli deduce la propria IVA a monte pari a 10; iii) C vende a D al prezzo al dettaglio (IVA inclusa) di 330, composto dal prezzo netto di 300, più 10% di IVA; C deve a sua volta pagare al fisco 10, importo che rappresenta l'IVA pari a 30 che ora grava sul prodotto, meno l'importo di 20 già versato nelle fasi precedenti.
34. In tale catena, gli operatori A, B e C non hanno, in realtà, direttamente sostenuto l'onere dell'IVA ma hanno semplicemente aggiunto l'imposta in misura proporzionale all'aumento da essi applicato al prezzo netto, ripercuotendola insieme all'importo dell'IVA che già gravava sulla loro imposta a monte, sulla persona successiva nella catena. Ad ogni fase, l'intero importo della loro imposta a valle è raccolto da tale persona successiva e la differenza fra quest'ultimo e la loro imposta a monte è versato al fisco. Tuttavia, al termine della catena, D, che non è un soggetto passivo che utilizzi i beni ai fini delle proprie operazioni imponibili, paga il prezzo netto totale di 300, più 10% di IVA, per un totale di 330.
Le varianti fondamentali
35. Essenzialmente, la causa Elida Gibbs riguardava due varianti di tale catena base ed entrambe sono state discusse nella presente causa.
36. La prima si verifica quando A emette un «buono sconto» (la cosa più semplice sarà presumere che il valore nominale del buono sia di 11) a favore di D promettendo nel contempo che rimborserà tale valore nominale di detto buono a C se C lo accetta da D a titolo di pagamento parziale dei beni prodotti da A. In tale variante, gli importi netti pagati e ricevuti da B non sono interessati.
37. Nella seconda, A emette un «buono rimborso» (che in genere sarà unito ai beni in modo tale da servire anche da prova di acquisto) a favore di D e rimborsa il valore nominale di tale buono (che supporrò ancora pari a 11) direttamente a D. In tale variante, gli importi netti pagati e ricevuti da B e da C non sono interessati.
38. In entrambi i casi, l'importo (11) del rimborso o della riduzione di cui beneficia D riguarda il prezzo IVA inclusa. Si può pertanto ritenere che esso includa una componente netta di 10 ed una componente IVA pari a 1.
39. Come ho sottolineato in precedenza, non vi è alcuna differenza sostanziale fra tali due varianti ai fini della presente causa. La questione specifica nella causa in esame riguarda l'operazione avvenuta fra A e B, ed è quella se la base imponibile di A (e di conseguenza l'importo della sua imposta a valle) possa essere ridotta senza incidere sull'importo dell'imposta a monte che B può dedurre.
Le posizioni in conflitto
40. La Commissione, nel valutare le conseguenze della sentenza Elida Gibbs, considera essenzialmente la situazione nel suo complesso.
41. Essa sostiene che nel caso in cui un produttore abbia venduto un bene ad un intermediario ad un prezzo pari a 110 imposta inclusa (prezzo netto pari a 100), ed in un secondo tempo proceda ad un rimborso a titolo promozionale di 11 imposta inclusa (importo netto pari a 10), la base imponibile deve essere 100-10=90 e l'imposta 10-1=9. Ciò varrebbe a prescindere dal fatto che l'importo di 11 sia stato rimborsato o scontato allo stesso intermediario, ad un altro intermediario posto nella catena in una fase successiva, o all'acquirente finale. Assoggettare il produttore ad un'imposta maggiore non sarebbe compatibile con il principio di neutralità.
42. Inoltre, nel caso in cui il consumatore finale abbia ottenuto uno sconto o un parziale rimborso del prezzo pagato, l'importo totale dell'IVA riscossa non potrebbe eccedere la quota proporzionale del prezzo effettivamente pagato (ossia meno la riduzione o il rimborso) che rappresenta l'IVA all'aliquota applicabile. Pertanto, ove un consumatore acquisti un prodotto al prezzo di 330 IVA compresa (prezzo netto pari a 300) per il quale riceva una riduzione o rimborso di 11, con un prezzo finale pari a 319 IVA compresa (prezzo netto pari a 290), l'importo totale dell'IVA prelevata dovrebbe essere di 29 (il 10% di 290). Sarebbe quindi in contrasto con la sesta direttiva riscuotere un totale di 30 in un caso del genere.
43. Diversamente dalla Commissione, i governi tedesco e del Regno Unito considerano fase per fase ciascuna singola operazione nella catena di distribuzione, sostenendo che la neutralità, la certezza e il controllo effettivo sono garantiti solo quando ciascun operatore della catena deduce dalla sua imposta a valle l'esatto importo dell'IVA su di esso ripercossa nella forma di imposta a monte; qualunque rettifica operata dovrebbe perciò riguardare entrambe le parti di un'operazione. Qualora una somma di denaro venga trasferita al di fuori di un'operazione nella catena, essa non potrebbe avere alcun effetto sull'importo d'imposta dovuto per tale operazione.
44. I due governi hanno avanzato una serie di obiezioni specifiche nei confronti della posizione adottata dalla Commissione (e dalla Corte nella sentenza Elida Gibbs), obiezioni che esaminerò successivamente nell'ordine. Esse possono essere raggruppate in tre categorie - discordanze nel calcolo dell'imposta dovuta, perdita di entrate fiscali e distorsione della concorrenza - ma sono presentate, come gli argomenti della Commissione, in termini di principi base del sistema dell'IVA.
45. Tuttavia, le posizioni contrastanti fanno ritenere che, nei tipi di sistema di buoni di cui trattasi, sia impossibile conciliare pienamente tutti questi principi. Mentre una simile conciliazione dovrebbe ovviamente essere realizzata ovunque possibile, non è facile, come ha osservato l'avvocato generale Fennelly nelle sue conclusioni per la sentenza Kuwait Petroleum , ricavare un «insieme di principi del tutto coerente e tale da poter essere applicato senza esitazione a qualsiasi programma promozionale che nasca dalla genialità dei commercianti».
I principi in conflitto
46. Entrambe le parti insistono sulla neutralità dell'IVA nei riguardi degli operatori commerciali - l'onere effettivo dell'imposta dovrebbe essere sostenuto solo nella fase finale del consumo e l'imposta riscossa nelle fasi precedenti della catena dovrebbe essere trasferita a tale fase finale.
47. Tuttavia, esse sostengono punti di vista diversi quanto alle esigenze essenziali che tale neutralità comporta. Da una parte (e questo è il punto di vista sostenuto dalla Commissione), un tale principio comporta che un soggetto passivo non deve essere assoggettato ad un'imposta maggiore di quanto da lui alla fine effettivamente ricevuto in base all'operazione, e che l'imposta totale riscossa sulla catena di distribuzione nel suo complesso dev'essere pari alla quota proporzionale corrispondente del prezzo finale netto. D'altra parte (e questo è il punto di vista sostenuto dalla Repubblica federale di Germania e dal Regno Unito), esso comporta che l'importo dedotto relativamente a ciascuna operazione deve corrispondere esattamente all'importo riscosso sulla precedente operazione.
48. Nella norma (la catena base che ho sopra descritto) tali due esigenze sono entrambe soddisfatte e sono totalmente compatibili.
49. Nelle varianti di cui trattasi, tuttavia, il fatto che sia praticata una riduzione di prezzo, dopo che la fornitura ha avuto luogo, nella forma di un pagamento da A a C o D può difficilmente essere preso in considerazione senza compromettere l'una o l'altra esigenza.
50. Se A (che ha sopportato l'onere della riduzione di prezzo) è autorizzato a ridurre di conseguenza la propria base imponibile, la sua imposta a valle non corrisponderà più all'imposta a monte di B; B, a meno che la sua situazione fiscale non venga rettificata, potrà dedurre dalla propria imposta a valle un importo maggiore di quello che è stato riscosso per la sua imposta a monte. Se però A non è autorizzato ad operare in tal senso, egli dovrà versare un'imposta su una somma maggiore di quanto da lui effettivamente ricevuto e l'importo totale dell'IVA riscossa su tutte le operazioni della catena sarà maggiore rispetto alla somma ottenuta moltiplicando il prezzo pagato alla fine da D per l'aliquota appropriata.
51. La presente causa riguarda la base imponibile relativa alla vendita da parte di A nei confronti di B. Ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, tale base è il corrispettivo versato al fornitore. Come è stato sottolineato nella sentenza Elida Gibbs , tale corrispettivo è l'importo realmente ricevuto in ogni caso concreto. Pronunciandosi in tal modo, la Corte non ha introdotto innovazioni, ma ha ribadito una giurisprudenza conforme risalente al 1981 e la regola è stata ulteriormente riaffermata in seguito . Nella presente causa è chiaro che, così definito, il corrispettivo versato ad A, una volta eseguito il pagamento promozionale, è inferiore all'importo inizialmente pagato allo stesso da B.
52. Inoltre, la caratteristica dell'IVA è che essa rappresenta una determinata quota proporzionale del valore aggiunto in ogni fase della catena e, nella fase finale del consumo, la medesima quota proporzionale del valore totale prodotto nella catena di distribuzione. Ai sensi dell'art. 2 della prima direttiva, essa è «un'imposta generale sul consumo esattamente proporzionale al prezzo dei beni e dei servizi, qualunque sia il numero di transazioni intervenute nel processo di produzione e di distribuzione antecedente alla fase dell'imposizione». Nella presente causa, una volta eseguito il pagamento promozionale, il valore totale prodotto nella catena di distribuzione è inferiore al valore non ridotto della fornitura da C a D.
53. Tenendo presenti le considerazioni suesposte, passo alle circostanziate obiezioni sollevate dai governi tedesco e del Regno Unito.
Discordanze nel calcolo dell'imposta dovuta e nel controllo
54. Può essere utile a questo punto ritornare alle semplificate catene modello sopra descritte, per esaminare esattamente cosa accade se si segue il punto di vista della Repubblica federale di Germania e cosa accade se si segue quello della Commissione.
55. Nella variante «buoni sconto», D paga a C la somma di 319 in contanti, insieme ad un buono per 11, ed A paga a C la somma di 11 in cambio del buono. Dal punto di vista della Repubblica federale di Germania, ciò non ha alcun effetto su nessuna delle imposte sul valore aggiunto (10+10+10) prelevate nelle tre fasi della catena, dal momento che è distinto da ciascuna delle tre operazioni. Dal punto di vista della Commissione, il pagamento riduce la base imponibile di A di 10 e quindi l'importo della sua IVA a valle di 1, ma non ha effetti sulla base imponibile o sull'ammontare dell'imposta nella seconda e nella terza operazione - nè, per la verità, sull'ammontare dell'imposta a monte deducibile da B relativamente alla prima operazione; l'IVA complessiva riscossa è quindi 9+10+10.
56. Nella variante «buoni rimborso», A paga a D la somma di 11 relativamente all'acquisto da parte di D da C al prezzo di 330 imposta inclusa. Di nuovo, dal punto di vista della Repubblica federale di Germania, ciò non ha alcun effetto su nessuna delle tre operazioni. A parere della Commissione, il solo effetto è ancora una volta la riduzione di 10 della base imponibile di A e di 1 dell'imposta a valle dello stesso; non cambiano gli importi dell'imposta a monte deducibile da parte di B e di C.
57. La ragione per cui il risultato è lo stesso in base a ciascuna posizione in entrambe le varianti è che il pagamento con «salto» è semplicemente spostato ad uno stadio precedente o successivo rispetto alla prima operazione, ma vi è sempre almeno un operatore nella catena il quale né riceve né effettua il pagamento. Sembra pacifico che, in mancanza di tale «salto» - se A vendesse direttamente a C il quale vendesse a D, e D pagasse in parte con un buono successivamente riscattato da A presso C , o se il buono utilizzato da D fosse riscattato prima da B presso C e poi da A presso B, o se A vendesse direttamente a D e poi restituisse parte del prezzo d'acquisto - tutte le basi imponibili dovrebbero essere rettificate.
58. Tuttavia, nella fattispecie di «salto» di cui trattasi, la posizione adottata dalla Corte nella causa Elida Gibbs e sostenuta dalla Commissione nella presente causa comporta che la base imponibile di A corrisponde al valore da quest'ultimo realmente ricevuto e l'ammontare dell'IVA ricevuta dal fisco è esattamente proporzionale al valore finale prodotto nella catena di distribuzione, mentre la posizione espressa dalla Repubblica federale di Germania e dal Regno Unito non porta ad alcuno di tali risultati.
59. D'altro canto, l'orientamento seguito nella sentenza Elida Gibbs porta ad una situazione in cui A, che aveva originariamente addebitato a B un'IVA di 10 (che B ha dedotto, nel suo versamento al fisco, dall'imposta a valle ripercossa sulla sua vendita a C), è allora autorizzato a ridurre tale importo a 9 in via retroattiva senza pregiudicare il diritto di B a dedurre 10. La Repubblica federale di Germania e il Regno Unito ritengono che questa sia un'inaccettabile discordanza, che comporta uno sfasamento tra il modo in cui l'imposta è addebitata e quello in cui è riscossa.
60. Non sono persuaso del fatto che tale discordanza sia inammissibile. L'imposta sul valore aggiunto è - come dice il nome - un'imposta sul valore che si aggiunge ad ogni fase. Ad ogni fase, l'importo dovuto al fisco è calcolato in base alla differenza fra imposta a monte e imposta a valle. Il valore reale delle operazioni, benché rilevante al fine di verificare se l'importo complessivo dell'imposta è stato correttamente riscosso, non incide su tale differenza. Da questo punto di vista, mi sembra irrilevante stabilire se, nel caso in cui l'imposta a valle di A sia retroattivamente rettificata, l'imposta a monte di B sia a sua volta rettificata o meno, purché la differenza fra le imposte a monte e a valle di B sia pari all'ammontare dell'imposta all'aliquota corretta sul valore realmente aggiunto da B. Una rettifica artificiosa delle operazioni intermedie, che sarebbe possibile ai sensi dell'art. 20, n. 1, della sesta direttiva, ma che tutte le parti concordemente ritengono un'operazione molto macchinosa, è semplicemente non necessaria al fine di conseguire il risultato corretto.
61. Tuttavia, tre specifici argomenti devono essere trattati nel presente capo.
62. In primo luogo, il governo tedesco sostiene che, dal momento che ai sensi dell'art. 21, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, chiunque indichi l'imposta sul valore aggiunto in una fattura è soggetto al pagamento di tale imposta, nessuna rettifica può essere operata nei confronti della base imponibile di un fornitore senza rettificare la fattura.
63. Tuttavia, non ritengo che l'art. 21, n. 1, lett. c), debba essere interpretato nel senso che richieda un tale risultato. Questa disposizione è diretta a garantire che quando l'imposta è fatturata, essa venga effettivamente versata, non già a calcolarne l'importo. Lo scopo principale è quello di garantire che gli importi dedotti a titolo di imposta a monte sulla base delle fatture si compensino lungo la catena di distribuzione con gli importi pagati a titolo d'imposta a valle. Tale scopo non è vanificato da una rettifica che, benché non trasferita su tutte le successive transazioni della catena, non ha effetto alcuno su tale equilibrio globale.
64. L'art. 21, n. 1, lett. c), è stato interpretato dalla Corte sopratutto in due sentenze: la Genius Holding e la Schmeink & Cofreth . Nessuna di tali cause riguardava la questione che forma oggetto del caso di specie, ma è chiaro da entrambe le sentenze che l'esame della Corte riguardava principalmente la possibilità di frode o, più in generale, la perdita di entrate fiscali. Nella sentenza Schmeink in particolare, essa non ha adottato una posizione restrittiva nei confronti di tale disposizione, ma ha considerato che il suo scopo, anche per quanto riguarda la frode, era semplicemente quello di garantire la corretta riscossione dell'imposta dovuta. La Corte ha anche espressamente ammesso (nella sentenza Genius) che l'importo dell'imposta deducibile da parte di B non deve necessariamente essere lo stesso che A è tenuto a versare ai sensi dell'art. 21, n. 1, lett. c), e (nella sentenza Schmeink) che la disposizione non preclude una rettifica successiva dell'importo dovuto da A sulla base della fattura, purché non vi sia alcun rischio di perdita di entrate fiscali.
65. Tratterò più ampiamente in prosieguo la questione della perdita di entrate fiscali ma non ritengo vi sia alcun rischio di una simile perdita nelle ipotesi che ho delineato in precedenza.
66. In secondo luogo, la Repubblica federale di Germania ed il Regno Unito sostengono che un rimborso effettuato da A nei confronti di D (o di C) dovrebbe essere considerato come un corrispettivo versato da parte di un terzo e, perciò, come parte della base imponibile ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), anzichè come una riduzione di prezzo dopo che l'operazione è stata effettuata, fattispecie che dà luogo ad una riduzione della base imponibile ai sensi dell'art. 11, parte C, n. 1. La Repubblica federale di Germania sostiene che, quanto alla fornitura da parte di C nei confronti di D, A non è parte dell'operazione più di quanto non lo sarebbe la nonna di D, se avesse anticipato una parte del prezzo; il Regno Unito paragona la situazione all'ipotesi in cui A, rimanendo fuori dal negozio di C, distribuisse banconote agli acquirenti dei suoi prodotti.
67. Ritengo che una simile analisi sia corretta, nei limiti in cui si tratta dell'operazione tra C e D. O (nel caso dei «buoni sconto») D paga 319 a C unitamente ad un buono di 11 che A poi riscatta presso C, o (nel caso dei «buoni rimborso») egli paga l'intero prezzo di 330 e successivamente riceve 11 da A. Nel primo caso, A è un terzo rispetto all'operazione fra C e D, che paga una parte del corrispettivo, nel secondo egli è totalmente estraneo alla transazione. In entrambi i casi, l'importo corretto dell'IVA da riscuotere relativamente alla vendita al dettaglio è di 30 (10% del prezzo finale netto di vendita ricevuto da C) meno l'imposta a monte di C pari a 20.
68. Tuttavia, l'applicazione dell'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), a tale operazione non preclude l'applicazione dell'art. 11, parte C, n. 1, alla base imponibile di A, la quale si riferisce ad una diversa operazione. E' il prezzo di tale prima fornitura che è stato ridotto. L'art. 11, parte C, n. 1, inoltre, riguarda solamente la riduzione della base imponibile del fornitore del bene, non dell'imposta a monte dell'acquirente. Anche se normalmente una riduzione interesserà entrambe le parti di un'operazione, nulla impedisce la sua applicazione a una sola parte quando solo una parte è interessata.
69. Pertanto, non vedo alcun conflitto fra le due disposizioni nella loro applicazione ai tipi di sistema qui considerati, o fra la loro applicazione e la posizione sostenuta dalla Commissione.
70. In terzo luogo, il governo tedesco sottolinea che la riduzione della base imponibile prevista dall'art. 11, parte C, n. 1, è soggetta «alle condizioni stabilite dagli Stati membri». Ciò autorizza uno Stato membro ad imporre la condizione che può essere operata una rettifica solo se la fattura di A venga rettificata, e che in tal caso anche l'imposta a monte di B debba essere ridotta?
71. Nella sentenza Molenheide , la Corte ha sostenuto che
«se è legittimo che i provvedimenti adottati dagli Stati membri tendano a preservare il più efficacemente possibile i diritti dell'erario, essi non devono eccedere quanto è necessario a tal fine. Essi non possono quindi essere utilizzati in modo tale da rimettere sistematicamente in discussione il diritto alla deduzione dell'IVA, il quale è un principio fondamentale del sistema comune dell'IVA istituito dalla normativa comunitaria in materia.
(...) il principio di proporzionalità si applica a provvedimenti nazionali che (...) vengono adottati da uno Stato membro nell'esercizio della sua competenza in materia di IVA, nei limiti in cui, qualora eccedessero quanto necessario per raggiungere il loro obiettivo, essi arrecherebbero pregiudizio ai principi del sistema comune dell'IVA, e in particolare al regime delle deduzioni che ne costituisce un elemento essenziale».
72. Tali affermazioni fanno specificamente riferimento al diritto alla deduzione dell'IVA, ma ritengo che il diritto a deduzione sia semplicemente un aspetto del più generale diritto di un soggetto passivo di non essere tenuto a pagare un'imposta superiore a quanto dovrebbe essere riscosso in base al valore delle sue operazioni. Il diritto di un soggetto passivo a che la propria imposta a valle sia calcolata sulla base corretta (a seguito di una rettifica retroattiva qualora la base sia cambiata) è un altro aspetto, almeno altrettanto importante, e devono essergli applicati i medesimi principi.
73. In base al mio punto di vista sul corretto modo di considerare la catena di operazioni nei sistemi di cui trattasi, ritengo che una condizione secondo cui la rettifica retroattiva dev'essere trasferita lungo l'intera catena perchè possa esservi diritto ad una riduzione, ecceda quanto è necessario per realizzare l'obiettivo di tutelare i diritti dell'erario. Ciò non può quindi essere giustificato sulla base dei poteri degli Stati membri ai sensi dell'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva.
74. Con ciò non si deve privare tale disposizione del suo effetto negando agli Stati membri ogni potere di determinare le condizioni per operare una rettifica. Ritengo tuttavia che il tipo di condizione prevista si riferisca piuttosto al fatto di garantire che nessuna riduzione sia concessa se non è giustificata e possa includere, per esempio, requisiti relativi alla debita prova documentale dei pagamenti effettuati.
Perdita di entrate fiscali
75. Sia la Repubblica federale di Germania sia il Regno Unito sostengono che la posizione della Commissione comporta una perdita di entrate fiscali.
76. Al riguardo, si deve tener presente che non si verifica una perdita di entrate fiscali semplicemente perché manca un introito fiscale. Si ha una perdita di entrate fiscali solo laddove un'imposta avrebbe dovuto essere riscossa ma non lo è stata.
77. Nel modello semplificato da me utilizzato, la posizione del governo tedesco comporta la riscossione di un'IVA pari a 10 sulla fornitura da parte di A nei confronti di B e pari a 30 sull'intera catena di operazioni in questione. La posizione adottata dalla Corte nella sentenza Elida Gibbs e sostenuta dalla Commissione nella presente causa comporta che gli importi riscossi ammontano rispettivamente solo a 9 e 29.
78. A mio parere, l'esame delle operazioni dimostra che, di norma, 9 e 29 sono gli importi corretti dell'imposta da riscuotere, alla luce del valore effettivo ricevuto da A e del valore economico totale prodotto nella catena. La differenza fra tali importi e quelli di 10 e 30 che il fisco tedesco pretende di prelevare non è una «perdita» di entrate fiscali.
79. Tuttavia, la Repubblica federale di Germania ha identificato due situazioni che esulano da tale norma. La Commissione replica che tali situazioni sono nella pratica estremamente rare. Per poche che siano, esse non possono essere trascurate. Su un terzo argomento, tuttavia, la posizione tedesca è a mio avviso decisamente errata.
- Esportazioni esenti
80. Ai sensi dell'art. 15 della sesta direttiva, un certo numero di operazioni effettuate al di fuori della Comunità sono esenti da IVA. Ai sensi dell'art. 17, n. 3, lett. b), l'intera imposta a monte relativa a tali operazioni dev'essere dedotta o rimborsata. Il governo tedesco sottolinea che, se C o D si trova al di fuori della Comunità, B o C, a seconda del caso, avrà diritto ad un rimborso o ad una deduzione dell'intera imposta a monte di 20 a cui è già stato assoggettato il bene fornito; tuttavia, se A successivamente effettua un pagamento promozionale pari a 11 riducendo i costi di D ed è autorizzato a ridurre nel contempo la propria imposta a valle di 1, il fisco dovrà restituire un totale di 21 mentre è stato riscosso solo 20.
81. Ciò comporterebbe in effetti una perdita di entrate fiscali.
82. La Commissione obietta che i rimborsi connessi al sistema dei buoni che riguardino esportazioni sono praticamente inesistenti. Tuttavia, all'udienza il governo tedesco ha fatto riferimento a pagamenti in contanti a titolo promozionale, per somme non trascurabili, effettuati da produttori di automobili ad acquirenti finali, compresi acquirenti al di fuori della Comunità. Tali situazioni dovrebbero di conseguenza essere tenute in considerazione, anche se a mio parere esse possono essere trattate in modo adeguato senza modificare radicalmente la posizione adottata nella sentenza Elida Gibbs.
83. Se, nella normale situazione intracomunitaria, A può essere autorizzato a rettificare la propria imposta a valle diminuendola a seguito di un pagamento a titolo promozionale effettuato nei confronti o a favore di D, ciò avviene perché il prezzo pagato da D comprende l'IVA, di modo che qualunque riduzione di esso può essere considerata comprensiva anche di una quota proporzionale di IVA. Qualora invece un prodotto sia esportato dalla Comunità in esenzione dall'IVA, conformemente agli artt. 15 e 17, n. 3, lett. b), della sesta direttiva, nessuna IVA comunitaria è inclusa in alcun prezzo applicato in quella fase o in qualsiasi fase successiva della catena. Pertanto qualunque pagamento fatto da A ad un acquirente successivo al di fuori della Comunità non può ritenersi comprensivo di un importo di IVA che possa dare origine ad una riduzione nell'imposta a valle di A.
84. Non dovrebbe essere eccessivamente difficile assicurare che A non possa dedurre dalla propria imposta a valle ciò che sarebbe in tali casi un importo di IVA fittizio. Di norma, al fine di operare una tale deduzione, A deve come minimo tenere un'ordinata contabilità da cui risulti dove sono stati fatti i pagamenti. Qualora sistemi di buoni siano praticati al di fuori della Comunità, nel caso dei «buoni sconto» devono essere conclusi accordi con i dettaglianti stranieri; sia nel caso dei «buoni sconto» sia nel caso dei «buoni rimborso», perchè i pagamenti siano in qualche modo di incentivo all'acquisto, essi devono essere effettuati in una divisa non comunitaria. Entrambi questi fattori dovrebbero rendere il controllo da parte delle autorità tributarie relativamente semplice da realizzare.
85. Pertanto sembra che il tipo di condizioni previste dall'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva siano appropriate e sufficienti per impedire ingiustificate pretese o perdite di entrate fiscali.
86. Il governo tedesco sostiene altresì che sorgerebbe lo stesso problema nel caso di operazioni esenti all'interno della Comunità - se, ad esempio, la fornitura da parte di C nei confronti di D fosse un'operazione esente, mentre la fornitura da A a B fosse stata un'operazione imponibile.
87. In tali casi, C non sarà stato in grado di dedurre alcuna imposta a monte ma si deve tuttavia ritenere che il prezzo dell'operazione finale non includa alcuna IVA. La risposta è tuttavia la stessa: poiché il prezzo d'acquisto di D non include l'IVA, nemmeno una riduzione o rimborso parziale di tale prezzo può includere l'IVA e A non può rettificare la propria imposta a valle.
88. In ogni caso, la caratteristica dei sistemi dei buoni è tale per cui è molto improbabile che essi siano utilizzati relativamente ad operazioni che sono o possono essere esentate dall'IVA ai sensi dell'art. 13 della sesta direttiva.
- Pagamenti effettuati ad un consumatore «finale» che sia soggetto passivo
89. Il secondo tipo di situazione alla quale il governo tedesco si riferisce è quella in cui D, il quale beneficia della riduzione di prezzo offerta da A, non è un vero e proprio consumatore finale ma un soggetto passivo che utilizza il prodotto acquistato ai fini delle sue operazioni imponibili. Nell'ipotesi nei cui confronti esso solleva obiezioni, D acquista un bene ad un prezzo di 330, imposta inclusa, utilizza il medesimo ai fini delle sue operazioni imponibili e quindi deduce un'imposta a monte pari a 30 dalla sua imposta a valle. Tuttavia, se egli riceve da A un pagamento promozionale di 11 ed A è autorizzato a ridurre la propria imposta a valle di 1 a tale titolo, D sarà stato autorizzato a dedurre un importo di IVA che non è né dovuto né pagato.
90. Ancora una volta, l'ipotesi descritta comporta un'effettiva perdita di entrate fiscali.
91. Di nuovo, la Commissione obietta che simili ipotesi sono estremamente rare nella pratica ed essa può, fino ad un certo punto, aver ragione. Se D utilizza i beni prodotti da A in misura più che meramente marginale ai fini delle sue operazioni imponibili, è meno probabile che egli se li procuri tramite intermediari ma presumibilmente cercherà di ottenerli al minor prezzo possibile, se può direttamente da A. Tuttavia, non è difficile immaginare che un produttore di beni utilizzati, ad esempio, da piccoli artigiani possa vendere solo tramite grossisti ma possa ciononostante applicare un sistema di «buoni rimborso» per ricompensare gli artigiani che acquistano tali prodotti.
92. Tuttavia, ancora non mi sembra eccessivamente difficile evitare il tipo di perdita di entrate fiscali prospettata. Innanzitutto, non concordo con il punto di vista del governo tedesco secondo cui D potrebbe dedurre l'intera imposta a monte pari a 30, fatturatagli da C, dalla propria imposta a valle. Una volta ammesso che A possa ridurre la propria imposta a valle di 1, deve essere anche ammesso che l'imposta a monte di D debba essere ridotta di 1 quando questi riceve il pagamento promozionale di A per l'importo di 11. Se è un soggetto passivo, D deve tenere un'adeguata contabilità delle proprie entrate ed uscite e la mancata registrazione di pagamenti promozionali del genere configurerà una frode.
93. Il governo tedesco può temere che tali frodi siano difficili da individuare e che l'obbligo di contabilizzare i pagamenti promozionali sia difficile da far rispettare. Tuttavia, ciò si verificherà solo in circostanze eccezionali. I soggetti passivi in genere non ottengono le loro forniture articolo per articolo presso punti vendita al dettaglio, pratica che potrebbe aumentare i loro costi, rispetto all'acquisto in grandi quantità presso grossisti o analoghi fornitori specializzati, in misura maggiore del compenso di solito ottenuto sfruttando qualunque breccia nel sistema dell'IVA connessa con l'uso di «buoni rimborso» o «buoni sconto». Di norma, i controlli non dovrebbero essere troppo difficili da realizzare. Nel caso dei «buoni rimborso», i libri contabili di A devono presumibilmente registrare qualunque pagamento effettuato nei confronti di D. Nel caso dei sistemi di «buoni sconto», che in ogni caso è improbabile che contengano qualche «salto», C potrebbe essere obbligato a indicare su ogni fattura a D il fatto che i beni siano stati parzialmente pagati con un buono.
- Doppia deduzione dell'IVA
94. Inoltre, il governo tedesco adduce un'ulteriore situazione in cui, a suo parere, si verifica una perdita di entrate fiscali. Nel caso dei «buoni sconto», a suo dire, il fatto che il valore netto del buono non possa essere incluso nella base imponibile di C, come confermato dalla Corte nelle sentenze Boots e Argos , insieme alla riduzione della base imponibile di A, porterebbe ad una doppia deduzione e ad una perdita di entrate fiscali.
95. In questo caso, credo che il governo tedesco faccia riferimento a torto alla giurisprudenza Boots e Argos nel presente contesto, poiché tali cause non riguardavano pagamenti con «salto» come quelli di cui trattasi. Come rileva la Commissione, nel tipo di situazione in esame, il valore netto del buono dovrebbe essere incluso nella base imponibile di C. C riceve effettivamente tale importo da A [a titolo di corrispettivo versato da un terzo, conformemente all'art. 11, parte A, n. 1, lett. a)], di modo che vi è una sola deduzione. Ciò non contrasta con la posizione adottata in un diverso contesto economico nella sentenza Boots, in cui il valore del buono non doveva essere incluso nella base imponibile del dettagliante perché si trattava di una riduzione concessa dal dettagliante stesso, o nella sentenza Argos, in cui il buono era riscattato direttamente dal produttore in cambio dei prodotti da lui forniti.
Distorsione di concorrenza
96. Infine, il governo tedesco sostiene che l'orientamento seguito nella sentenza Elida Gibbs provoca distorsioni della concorrenza in due tipi di casi nei quali il trattamento fiscale dei sistemi di buoni (che utilizzano solo le risorse finanziarie di A) è più favorevole rispetto a quello di altri sistemi promozionali dei quali possono beneficiare altri operatori.
97. Non sono convinto del fatto che un incentivo fiscale agli operatori affinché utilizzino le loro proprie risorse anzichè trattare con altri configuri necessariamente una distorsione della concorrenza, ma esso potrebbe certo comportare una diminuzione, anzichè un aumento, degli scambi. In ogni caso, a mio parere, o tale incentivo non esiste o, in ogni caso, i suoi effetti sono probabilmente trascurabili; nel caso in cui esista, esso appare giustificato dalle disposizioni della sesta direttiva.
- Confronto con la pubblicità
98. Il governo tedesco sostiene che lo scopo dei sistemi di buoni utilizzati dai produttori è quello di aumentare le vendite senza ridurre gli introiti dei dettaglianti ad ogni vendita. Si tratta di iniziative promozionali adottate per scelta e a spese del produttore e, in quanto tali, esse costituiscono alternative alle campagne pubblicitarie. Se il produttore è autorizzato a ridurre la propria base imponibile nel caso di un sistema di buoni, egli sarà più propenso a operare tale scelta, distorcendo così la concorrenza a scapito delle agenzie di pubblicità.
99. La Commissione osserva che, quanto alla scelta fra un sistema di buoni e la pubblicità, il governo tedesco fonda la sua argomentazione su cifre che confondono prezzi al lordo e prezzi al netto dell'imposta.
100. Sono d'accordo con la Commissione. Se A decide di pagare 11 a D ed è autorizzato a ridurre la sua imposta a valle di 1 ogni volta che D compra uno dei suoi prodotti, la situazione è identica, per quanto riguarda l'IVA, a quella in cui egli decida di spendere lo stesso importo per fare pubblicità ai suoi prodotti. Se A spende 11 in servizi pubblicitari, tale somma includerà un'IVA pari a 1, che corrisponde, dal punto di vista di A, all'imposta a monte che egli può dedurre dalla sua imposta a valle. In entrambe le situazioni, benché i meccanismi siano diversi, il risultato è che A paga 1 in meno di imposta a valle. Per A, la situazione dell'IVA è pertanto interamente neutra quanto alla scelta del metodo promozionale e non esiste un incentivo economico nei suoi confronti a scegliere un metodo anzichè un altro con la conseguenza che non esiste nessuna palese distorsione della concorrenza.
101. E' vero che le autorità fiscali riceveranno in totale leggermente di meno soprattutto se egli sceglie di usare un sistema di buoni ma, a meno che il risentimento di A non sia tale che egli, purchè la propria situazione rimanga inalterata, scelga sistematicamente la soluzione meno vantaggiosa per loro, non vi è alcun motivo connesso con l'IVA per cui egli debba evitare i servizi delle agenzie di pubblicità. E' molto più probabile che la sua decisione venga presa sulla base degli effetti attesi sulle vendite.
- Confronto con i sistemi di omaggi
102. Il governo tedesco sostiene che autorizzare A a ridurre la propria imposta a valle a seguito di pagamenti a titolo promozionale del tipo di quelli di cui trattasi, darebbe luogo ad una differenza di trattamento fra tali sistemi di buoni e il tipo di sistema di «omaggi» esaminato dalla Corte nella sentenza Kuwait Petroleum .
103. In tale controversia, una compagnia petrolifera offriva ai propri clienti un bollino ogni 12 litri di carburante acquistati. Una volta raccolto un certo numero di bollini, essi potevano essere scambiati con «omaggi» scelti in uno speciale catalogo. La Corte ha affermato che il fatto che i «regali» fossero gratuiti non poteva essere considerato come un ribasso o una riduzione di prezzo ai sensi dell'art. 11, parte A, n. 3, lett. b), della sesta direttiva e che la cessione di tali «regali», a meno che essi non fossero di modico valore, doveva essere trattata come una cessione effettuata a titolo oneroso e quindi come un'operazione imponibile .
104. Pertanto, un tale fornitore deve versare l'IVA sul valore della cessione dei «regali», ma è anche autorizzato a dedurre l'imposta a monte sostenuta in occasione del loro acquisto. Il risultato sembrerebbe essere neutro dal punto di vista dell'IVA: dal momento che nessun valore è aggiunto i due importi si compensano totalmente.
105. Secondo la tesi del governo tedesco, se A decide di adottare un sistema di «omaggi», egli acquista i «regali» ad un prezzo netto di 10, sul quale egli dovrà pagare 1 di IVA. Egli li cede quindi a D in un'operazione che è considerata a titolo oneroso. Poiché nessun valore è stato aggiunto, il presunto corrispettivo sarà sempre di 10 e l'IVA a valle di 1. Dopo la deduzione dell'imposta a monte, il risultato netto sull'IVA di A sarà nullo. Se egli opta per un sistema di «buoni sconto» o di «buoni rimborso», egli offre a D uno sconto o un rimborso pari a 11, costituito da una riduzione di prezzo netta di 10 e da una corrispondente riduzione dell'IVA di 1. Il risultato netto sulla sua IVA, conformemente alla sentenza Elida Gibbs, sarà una riduzione della sua imposta a valle pari a 1.
106. Vi è in effetti una differenza nel trattamento fiscale in questo caso, ma, come osserva la Commissione, tale differenza di trattamento è insita nelle disposizioni della sesta direttiva. Emerge chiaramente dall'art. 11, parte A, n. 3, lett.b), e parte C, n. 1, che i ribassi e le riduzioni di prezzo non devono essere inclusi nella base imponibile, siano essi autorizzati al momento della fornitura o successivamente. Appare altresì chiaramente da tali disposizioni e dall'art. 5, n. 6, come interpretato dalla Corte nella sentenza Kuwait Petroleum, che la cessione a titolo gratuito di beni (come gli «omaggi») per scopi commerciali è una cessione a titolo oneroso, la cui base imponibile è il loro prezzo di costo, e non vi è ribasso o riduzione di prezzo in tali circostanze. I due tipi di sistemi rientrano nell'ambito di applicazione di diverse disposizioni, il che spiega la differenza di trattamento. Come la Commissione ha evidenziato all'udienza, un sistema comporta la fornitura di più beni allo stesso prezzo, l'altro comporta la fornitura degli stessi beni ad un prezzo inferiore.
107. Inoltre, ritengo che il governo tedesco non abbia dimostrato che una simile differenza di trattamento porti ad una qualche distorsione della concorrenza. E' vero che se A fosse indotto da considerazioni fiscali a guardare con favore ad un sistema di «buoni sconto» o di «buoni rimborso» rispetto ad un sistema di «omaggi», i fornitori di prodotti utilizzati come «omaggi» farebbero meno affari. Tuttavia, A sceglierà presumibilmente fra diversi tipi di sistemi promozionali alla luce del loro costo netto per lui e dei loro effetti sulle vendite; egli sceglierà il sistema che maggiormente incoraggia D a comprare al minor costo per lui (A). Non vi è motivo per supporre che D troverà un sistema che offra una riduzione o un rimborso pari a 11 imposta inclusa sempre più attraente di uno che offra un «omaggio» il cui valore sia di 11 imposta inclusa.
Considerazioni finali
108. Non vi è squilibrio tra gli argomenti addotti nella causa in esame. La Commissione ha svolto un ragionamento convincente a sostegno della tesi secondo cui, anche qualora la Corte non si fosse pronunciata in quei termini nella sua sentenza nella causa Elida Gibbs, l'IVA sulla fornitura di A nei confronti di B, sulla base dei principi della sesta direttiva, dovrebbe tener conto della riduzione pagata da A a C o a D, e l'importo totale di IVA riscossa su tutta la catena di distribuzione dovrebbe essere proporzionale all'importo realmente pagato dal consumatore finale. I governi tedesco e del Regno Unito hanno segnalato i problemi strutturali e pratici derivanti da tale orientamento, problemi che non possono essere trascurati.
109. Non di meno ritengo che il punto di vista della Commissione debba prevalere.
110. In primo luogo e innanzi tutto sono del parere che, nel caso di una divergenza di posizioni non diversamente conciliabile, all'esigenza che l'importo dell'IVA riscossa corrisponda alla quota proporzionale corretta del valore reale ricevuto alla fine dal fornitore (e, per la catena nel suo complesso, del prezzo finale) dovrebbe essere dato maggior peso di quello dato alle esigenze strutturali. In altre parole, il conseguimento dello scopo è più importante dell'applicazione dei mezzi intesi a conseguirlo.
111. Inoltre, i problemi strutturali e pratici in questione non sono insuperabili. Ho suggerito talune soluzioni nel corso di queste conclusioni e risulta chiaramente, da quanto è stato detto nel corso della fase scritta e all'udienza, che la legislazione di tutti gli Stati membri è stata ora resa conforme alla sentenza Elida Gibbs, con la sola eccezione della Repubblica federale di Germania. Solo un altro Stato membro ha ritenuto che le difficoltà derivanti da tale adeguamento giustificassero un intervento a sostegno della Repubblica federale di Germania nella presente causa.
112. In tali circostanze, a mio parere non ci si dovrebbe scostare dall'interpretazione adottata dalla Corte nella sentenza Elida Gibbs senza una giustificazione perentoria. Le preoccupazioni espresse dalla Repubblica federale di Germania e dal Regno Unito, benché reali, non sono tali da convincermi che la presente situazione non sia conciliabile con i principi fondamentali del sistema dell'IVA o dia luogo a problemi insolubili nell'impedire qualunque ingiustificata perdita di entrate fiscali. Di conseguenza, ritengo che sarebbe in ogni caso del tutto sproporzionato - come avverrebbe se ci si scostasse dalla sentenza Elida Gibbs - imporre a tutti gli altri Stati membri di modificare di nuovo la loro normativa in materia di IVA che sembra funzionare in maniera soddisfacente.
V - Conclusione
113. Sono di conseguenza del parere che la Corte dovrebbe
1) dichiarare che, non avendo adottato le disposizioni che permettono la rettifica della base imponibile di un fornitore nel caso in cui egli riscatti i buoni accettati a titolo di pagamento parziale dei suoi beni da un operatore successivo, anche quando egli non ha fornito direttamente i beni a tale operatore, la Repubblica federale di Germania è venuta a meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 11 della sesta direttiva IVA;
2) condannare la Repubblica federale di Germania a sopportare le spese del procedimento, salvo quelle del Regno Unito, il quale deve sopportare le proprie spese.