61998C0374

Conclusioni dell'avvocato generale Alber del 15 febbraio 2000. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese. - Inadempimento di uno Stato - Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE - Conservazione degli uccelli selvatici - Zone di protezione speciale. - Causa C-374/98.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-10799


Conclusioni dell avvocato generale


I - Introduzione

1. La Commissione ha proposto il presente ricorso per inadempimento contro la Repubblica francese basandosi su numerosi motivi.

2

2. Da un lato, la Commissione fa valere la violazione dell'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (in prosieguo: la direttiva «protezione degli uccelli»); la Francia avrebbe omesso di classificare il sito delle «Basses Corbières» come zona di protezione speciale di talune specie di uccelli rientranti nell'allegato I della direttiva , nonché di talune specie migratrici. Allo stesso tempo la Francia non avrebbe adottato misure speciali di conservazione per quanto riguarda l'habitat di tali specie di uccelli.

3. Dall'altro lato, la Commissione contesta alla Francia la violazione dell'art. 6, nn. 2, 3 e 4, della direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (in prosieguo: la direttiva «habitat»). A tale proposito la Francia è accusata di non aver adottato le opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali nonché le perturbazioni - tali da avere conseguenze significative - delle specie accolte in tale sito. La Commissione sostiene che il degrado ovvero le perturbazioni sarebbero conseguenti all'apertura ed all'esercizio di una cava di calcare nel territorio dei comuni di Tautavel e di Vingrau.

II - Le disposizioni applicabili

1. La direttiva «protezione degli uccelli»

4. In via preliminare occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 1, la direttiva «protezione degli uccelli» concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico. L'art. 4 prevede (più rigorose) misure speciali di conservazione per le specie elencate nell'allegato I e per le specie migratrici.

5. Il nono considerando della direttiva «protezione degli uccelli» recita quanto segue:

«considerando che la preservazione, il mantenimento o il ripristino di una varietà e di una superficie sufficienti di habitat sono indispensabili alla conservazione di tutte le specie di uccelli; che talune specie di uccelli devono essere oggetto di speciali misure di conservazione concernenti il loro habitat per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione nella loro area di distribuzione; che tali misure devono tener conto anche delle specie migratrici ed essere coordinate in vista della costituzione di una rete coerente».

Per alcune specie di uccelli particolari tale premessa si concretizza nell'art. 4 della direttiva che recita:

«Articolo 4

1. Per le specie elencate nell'allegato I sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l'habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione.

A tal fine si tiene conto:

a) delle specie minacciate di sparizione;

b) delle specie che possono essere danneggiate da talune modifiche del loro habitat;

c) delle specie considerate rare in quanto la loro popolazione è scarsa o la loro ripartizione locale è limitata;

d) di altre specie che richiedono una particolare attenzione per la specificità del loro habitat.

Per effettuare le valutazioni si terrà conto delle tendenze e delle variazioni dei livelli di popolazione.

Gli Stati membri classificano in particolare come zone di protezione speciale i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie, tenuto conto delle necessità di protezione di queste ultime nella zona geografica marittima e terrestre in cui si applica la presente direttiva.

2. Analoghe misure vengono adottate dagli Stati membri per le specie migratrici non menzionate nell'allegato I che ritornano regolarmente, tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica marittima e terrestre in cui si applica la presente direttiva per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. A tale scopo, gli Stati membri attribuiscono una importanza particolare alla protezione delle zone umide e specialmente delle zone d'importanza internazionale.

3. (...)

4. Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l'inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi del presente articolo. Gli Stati membri cercheranno inoltre di prevenire l'inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione».

2. La direttiva «habitat»

6. L'art. 2, n. 1, della direttiva «habitat» definisce nel seguente modo il suo scopo:

«1. Scopo della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato».

Al riguardo il n. 3 della disposizione consente la seguente limitazione:

«3. Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali».

7. Per quanto riguarda gli habitat naturali, la direttiva «habitat» distingue tra «siti di importanza comunitaria» e «zone di protezione speciale» che possono tuttavia eventualmente coincidere. Ai sensi dell'art. 4, n. 2, terzo comma, l'elenco dei siti di importanza comunitaria è fissato dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 21. Per contro, le «zone di protezione speciale» (in prosieguo tale espressione verrà scritta in corsivo o abbreviata in ZPS) sono designate direttamente dallo Stato membro. Al riguardo, l'art. 1 così recita:

«Ai fini della presente direttiva si intende per

a)-k) (...)

l) "Zona speciale di conservazione": un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale (...).

m) e n) (...)».

8. Ai sensi dell'art. 3, n. 1, primo comma, prima frase: «E' costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000».

L'art. 3, n. 1, secondo comma, stabilisce: «La rete "Natura 2000" comprende anche le zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE».

9. L'art. 6 della direttiva «habitat» reca disposizioni in materia di oggetto e obblighi giuridici in una zona di protezione speciale:

«Articolo 6

1. Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all'occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all'allegato I e delle specie di cui all'allegato II presenti nei siti.

2. Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica.

4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell'incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell'uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

10. Per quanto riguarda le ZPS, in conformità della direttiva «protezione degli uccelli» l'art. 7 della direttiva «habitat» così recita:

«Articolo 7

Gli obblighi derivanti dall'articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall'articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva 79/409/CEE, per quanto riguarda le zone classificate a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 di detta direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva 79/409/CEE, qualora essa sia posteriore».

11. Tali disposizioni vengono così esplicate dal settimo e dal decimo considerando della direttiva:

«considerando che tutte le zone designate, comprese quelle già classificate o che saranno classificate come zone di protezione speciale ai sensi della direttiva 79/409/CEE [...], dovranno integrarsi nella rete ecologica europea coerente»;

«considerando che qualsiasi piano o programma che possa avere incidenze significative sugli obiettivi di conservazione di un sito già designato o che sarà designato deve formare oggetto di una valutazione appropriata».

III - I fatti e il procedimento

12. La situazione veniva portata all'attenzione della Commissione in seguito ad una denuncia avente per oggetto il progetto dell'apertura di una cava di calcare nel territorio dei comuni di Tautavel e di Vingrau nel dipartimento «Pyrénées-Orientales».

13. Nel sito delle «Basses Corbières» vivono numerose specie di uccelli che necessitano di protezione, elencate - almeno alcune - nell'allegato I della direttiva «protezione degli uccelli» , in particolare una coppia di aquile di Bonelli, appartenenti ad una specie minacciata di estinzione . Inoltre il sito è posizionato all'interno di un corridoio delle rotte degli uccelli migratori di importanza europea. Le autorità francesi hanno classificato le «Basses Corbières» in un inventario delle zone importanti per la conservazione degli uccelli selvatici (Zones Importantes pour la Conservation des Oiseaux sauvages, ZICO) sotto la denominazione ZICO LR07, con una superficie di 47 400 ettari. All'interno di tale sito le autorità francesi, con relativo «decreto di biotopo» (arrêté de biotope) del 1991 , hanno designato come biotopo prevalentemente per la protezione delle aquile di Bonelli una superficie di circa 231 ettari nel territorio dei comuni di Vingrau e di Tautavel. Allo stesso tempo veniva adottato un analogo decreto per una superficie di circa 123 ettari, situata anch'essa nel sito delle «Basses Corbières». Con un terzo decreto a tali siti veniva aggiunto un ulteriore territorio di 280 ettari.

14. La Commissione veniva a conoscenza del fatto che il 4 novembre 1994 la società OMYA aveva ottenuto l'autorizzazione per l'estrazione a cielo aperto di calcare nel territorio dei comuni di Vingrau e di Tautavel, nonché per la costruzione di impianti di trasformazione in loco. La società OMYA gestisce dal 1968 una cava di calcare nel territorio del comune di Tautavel. Poiché è prevedibile l'esaurimento di tale giacimento di calcare, la società ha chiesto l'autorizzazione per estrarre il calcare nel territorio designato, in cui si trovano giacimenti di calcare dello stesso tipo e della stessa qualità. Dal punto di vista geologico si tratta di un'estensione del giacimento fino al territorio di un altro comune.

15. Oppositori del progetto hanno impugnato l'autorizzazione dinanzi ai giudici nazionali, esaurendo le vie di ricorso interne esperibili. Si deve presumere che in ultima istanza l'autorizzazione sia passata in giudicato.

16. La Commissione parte dal presupposto che l'estrazione di calcare generi gravi conseguenze per l'ambiente ed ha pertanto richiamato l'attenzione delle autorità francesi sul progetto con lettera del 10 novembre 1994. Le autorità francesi rispondevano con lettera del 19 settembre 1995. Poiché la Commissione non riteneva tale lettera atta a eliminare il sospetto di un inadempimento, essa avviava il procedimento per inadempimento con lettera di diffida notificata il 2 luglio 1996. Il governo francese rispondeva mediante la sua rappresentanza permanente con lettera del 28 novembre 1996. Alla luce del contenuto di tale corrispondenza, la Commissione riteneva che la Repubblica francese fosse venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù della direttiva «protezione degli uccelli» nonché della direttiva «habitat». Pertanto il 19 dicembre 1997 essa inviava al governo francese un parere motivato fissando il termine di due mesi. Nella lettera di risposta del 12 giugno 1998, notificata alla Commissione il 22 luglio 1998, le autorità francesi segnalavano un conflitto tra fautori ed oppositori dell'estrazione di calcare a Vingrau che avrebbe reso necessaria una mediazione, la cui conclusione avrebbe consentito l'avvio della procedura di classificazione come zone di protezione speciale ai sensi della direttiva «protezione degli uccelli».

17. Con atto introduttivo del 14 ottobre 1998, depositato in cancelleria il 16 ottobre 1998, la Commissione ha proposto ricorso contro la Repubblica francese chiedendo che la Corte voglia

- dichiarare, da un lato, che la Repubblica francese, non avendo classificato il sito delle «Basses Corbières» come zona di protezione speciale di talune specie di uccelli rientranti nell'allegato I della direttiva 79/409/CEE, nonché di talune specie migratorie non menzionate dall'allegato I, e non avendo adottato misure speciali di conservazione per quanto riguarda il loro habitat in violazione dell'art. 4, nn. 1 e 2, della detta direttiva, e, dall'altro, non avendo adottato le opportune misure nel sito delle «Basses Corbières» per evitare le perturbazioni delle specie accolte in tale sito nonché il degrado dei loro habitat tali da avere conseguenze significative, susseguenti all'apertura ed all'esercizio di cave di calcare nel territorio dei comuni di Tautavel e di Vingrau, in violazione dell'art. 6, nn. 2, 3 e 4, della direttiva 92/43/CEE, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del Trattato;

- condannare la Repubblica francese alle spese.

18. Il governo francese invita la Corte - senza formulare un argomento specifico - a dichiarare la parziale infondatezza del primo motivo ed a respingere il secondo motivo.

19. Il governo francese riconosce di non aver tempestivamente proceduto alla classificazione formale delle zone di protezione speciale. A prescindere da ciò, esso sostiene di aver tuttavia adottato misure idonee a tutelare gli interessi ornitologici delle «Basses Corbières», in modo da conformarsi all'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva «protezione degli uccelli». Il primo motivo sarebbe pertanto parzialmente infondato.

20. Per quanto riguarda il secondo motivo, il governo francese fa valere che il progetto di estrazione del calcare avrebbe costituito l'oggetto di un'esauriente valutazione dell'incidenza sul sito. I requisiti di cui all'art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva «habitat» sarebbero pertanto soddisfatti. Di conseguenza, il secondo motivo andrebbe respinto.

21. La Corte ha chiesto alle parti di rispondere per iscritto ad alcuni quesiti. Ad entrambe le parti la Corte ha sottoposto un quesito avente sostanzialmente il seguente contenuto: ai sensi dell'art. 7 della direttiva «habitat» gli obblighi derivanti dall'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» vengono sostituiti dagli obblighi derivanti dall'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat» solo per i siti già classificati come zone di protezione speciale ovvero riconosciuti come tali. Al momento della scadenza del termine fissato nel parere motivato (20 febbraio 1998), nel sito delle «Basses Corbières» non risultava comunque classificata alcuna zona di protezione speciale. Le parti dovrebbero spiegare il motivo per cui ritengono comunque applicabile l'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat» nel caso di specie.

22. Mentre la Commissione ha chiarito tale aspetto con precisione, il governo francese sostiene che l'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat» non è applicabile. Il secondo motivo sarebbe pertanto irricevibile e in ogni caso infondato.

23. La Corte ha inoltre chiesto che la Commissione le fornisse dati riguardanti la menzione del sito delle «Basses Corbières» nell'inventario ornitologico europeo intitolato «Important Bird Areas in Europe», dati sull'ampliamento delle zone di protezione speciale in relazione alle «zone importanti per la conservazione degli uccelli selvatici» (ZICO) , nonché informazioni sulle rotte di migrazione delle specie migratrici che passano sul sito delle «Basses Corbières».

La Commissione ha risposto a tutte le domande in maniera esauriente con il supporto di elenchi, carte geografiche e schemi.

24. Sulle osservazioni delle parti ritornerò nell'ambito dell'analisi delle singole questioni giuridiche.

IV - Sul primo motivo

1. Argomenti delle parti

25. Con il primo motivo la Commissione fa valere che la Repubblica francese ha violato l'art. 4 della direttiva «protezione degli uccelli» riguardo a numerosi aspetti. Da un lato, le autorità francesi avrebbero omesso, contrariamente agli obblighi, di classificare il sito delle «Basses Corbières» come zona di protezione speciale ai sensi della disposizione, il che configurerebbe una violazione sia del n. 1 di tale articolo, in quanto il detto sito accoglie numerose specie che necessitano di protezione figuranti nell'allegato I della direttiva, che del n. 2, poiché il sito in questione rappresenta una stazione importante nelle rotte di migrazione delle specie migratrici. Per quanto riguarda altre misure di conservazione ai sensi dell'art. 4, n. 1, la Repubblica francese avrebbe adempiuto solo parzialmente tale obbligo. Il decreto nazionale di biotopo n. 774/91 riguarderebbe solo la protezione delle aquile di Bonelli, mentre non sarebbero state adottate specifiche misure di conservazione né per le altre specie di uccelli accolte nel sito che necessitano di particolare protezione, né per le specie migratrici che frequentano il sito.

26. Nella replica la Commissione rammenta esplicitamente che il momento determinante per la valutazione dell'esistenza di un inadempimento è la scadenza del termine fissato nel parere motivato, nella fattispecie il 20 febbraio 1998. La classificazione tardiva delle zone di protezione speciale sarebbe ininfluente. Tuttavia, anche tenendo conto delle classificazioni che hanno avuto luogo ovvero sono state proposte nel 1999, la superficie delle zone di protezione speciale andrebbe considerata insufficiente in quanto rappresenta solo l'1,35% delle ZICO. Nella replica, al fine di dimostrare la rilevanza della regione ai fini della conservazione degli uccelli, la Commissione si basa su uno studio realizzato nel marzo 1999 riguardante la designazione delle zone importanti per la conservazione degli uccelli in Francia (ZICO). Su tale base, la Commissione ritiene che debba essere dichiarata zona di protezione speciale una superficie complessiva di almeno 10 950 ettari. Si tratterebbe infatti di territori di interesse primario per i rapaci. Inoltre necessiterebbero di particolare protezione e sarebbero quindi meritevoli di classificazione come zone di protezione speciale siti con una superficie complessiva di 16 600 ettari, destinati soprattutto a territorio di caccia per i rapaci. Si dovrebbe in ogni caso evitare di pregiudicare tali siti ai sensi dell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli». La Commissione ritiene che la superficie complessiva delle zone descritte - 27 550 ettari, corrispondenti al 58% delle ZICO - sia un quadro di riferimento adatto per la determinazione dei «siti maggiormente idonei» per la conservazione delle specie protette. Secondo le stime di esperti locali il sito in cui è progettata la cava di calcare di Vingrau rientrerebbe in tali zone che necessitano di protezione.

27. Infine, dalla circostanza che negli ultimi tempi le aquile di Bonelli siano scomparse dal territorio sarebbe possibile desumere che la protezione di tali uccelli è stata insufficiente. La Commissione non sarebbe neanche informata di eventuali azioni penali avviate conseguentemente alla scomparsa degli uccelli. In generale, non si sarebbero adottate misure di conservazione sufficienti ai sensi della direttiva «protezione degli uccelli».

28. Il governo francese riconosce che nel sito delle «Basses Corbières» le zone di protezione speciale ai sensi della direttiva «uccelli» sono state classificate tardivamente . Tale ritardo andrebbe imputato ad un conflitto tra fautori ed avversari del progetto di ampliamento della cava di estrazione di calcare. Gli oppositori del progetto si sarebbero serviti della direttiva «protezione degli uccelli» per impedirne la realizzazione, sebbene le stesse associazioni locali per la conservazione degli uccelli ritengano che l'iniziativa sia compatibile con la protezione degli uccelli. Del resto, essi avrebbero fatto ricorso a tutte le vie giuridiche interne esperibili per impedire il piano, sicché infine il Conseil d'État ha respinto il ricorso per abuso e condannato per lo stesso motivo il «Comitato di difesa di Vingrau» (Comité de defense de Vingrau) al pagamento di una multa di FRF 10 000 .

29. La controversia si collocherebbe in un contesto economicamente e socialmente teso. Il calcare estratto a Tautavel viene trasformato nello stabilimento di Salses. L'esercizio della cava garantirebbe direttamente o indirettamente circa 200 posti di lavoro in un territorio caratterizzato da un tasso di disoccupazione del 17,5%, rispetto alla media nazionale del 12%. Il prodotto sociale lordo della regione è pari a FRF 92 800 a fronte di una media nazionale pari a FRF 122 000. Dal punto di vista economico il dipartimento Languedoc-Roussillon si trova al penultimo posto prima della Corsica.

30. Il conflitto tra fautori e avversari dell'estrazione di calcare avrebbe assunto dimensioni tali da richiedere l'intervento dell'ex ministro dell'Ambiente, signora Bouchardeau, in qualità di mediatrice. Ciononostante, la situazione non è ancora stata risolta definitivamente.

31. Il conflitto non costituirebbe di per sé una giustificazione della classificazione tardiva delle zone di protezione speciale, ma sarebbe una spiegazione del comportamento delle autorità francesi. Nell'interesse della sopravvivenza della specie rara delle aquile di Bonelli non sarebbe stato opportuno porre gli uccelli al centro della controversia.

32. Per quanto riguarda l'obbligo che incombe agli Stati membri di classificare le zone di protezione speciale, il governo francese osserva che lo Stato membro gode di un certo margine di discrezionalità nella scelta dei relativi siti. Non sussisterebbe neanche l'obbligo di classificare necessariamente come zona di protezione speciale ciascuna ZICO considerata nella sua interezza. Nel ricorso la Commissione non avrebbe indicato dove si dovessero esattamente localizzare le zone di protezione speciale da classificare, considerando che la ZICO LR07 delle «Basses Corbières» è pur sempre costituita da un territorio di circa 47 000 ettari. Riprendendo i dati dell'inventario delle ZICO in Francia, il governo francese rileva che nei vasti territori delle ZICO, in cui si dovrebbe occasionalmente considerare anche la presenza umana, solo le parti più rilevanti sarebbero idonee alla classificazione come zone di protezione speciale, vale a dire il nocciolo duro del sito interessante dal punto di vista ornitologico. La ZICO situata nel sito delle «Basses Corbières» comprende il territorio di due dipartimenti e sarebbe pertanto solo un quadro di riferimento all'interno del quale vanno determinati i siti maggiormente idonei alla conservazione degli uccelli. Proprio a causa della presenza di rapaci, che avrebbero per natura un territorio di caccia molto esteso, il governo francese non prevedrebbe di dichiarare l'intera superficie zona di protezione speciale. Del resto, sarebbe difficile determinare con precisione il territorio di caccia di un rapace, in quanto dipendente dalla stagione e dalle risorse alimentari effettivamente disponibili. Nella letteratura scientifica si reperiscono dati sull'estensione della riserva di caccia di un'aquila di Bonelli corrispondente ad un'area oscillante tra i 20 e i 300 km2. Il territorio di caccia di un'aquila reale - che si sarebbe insediata solo nel corso degli ultimi anni nel sito delle «Basses Corbières» - viene circoscritto a 160 km2.

33. A tale proposito il governo francese rimanda anche alle conclusioni dell'avvocato generale Fennelly nella causa C-166/97, il quale afferma che «occorre incoraggiare gli Stati membri a intraprendere studi esaustivi dei loro territori nazionali per conformarsi all'obbligo di classificazione che la direttiva prescrive. Sarebbe controproducente [...] ritenere che qualsiasi zona definita come idonea per la tutela degli uccelli selvatici debba obbligatoriamente essere classificata» .

34. I criteri adottati dalle autorità francesi per classificare le zone di protezione speciale nella regione delle «Basses Corbières» sarebbero esclusivamente ornitologici. Conformemente a recenti dichiarazioni del «Groupe Ornithologique Roussillonnais (GOR)» e del «Groupe de Recherche et d'Information sur les Vertébrés et leur Environnement (GRIVE)», nonché alla luce del «bilancio ecologico» delle valutazioni dell'incidenza sul sito del progetto relativo alla cava di estrazione di calcare nel territorio dei comuni di Vingrau e di Tautavel, le «Basses Corbières» accolgono un'avifauna tipicamente mediterranea composta da uccelli da cova. A parte l'aquila di Bonelli tali uccelli non sarebbero rari. Per contro, vi sono numerosi atti giuridici relativi alla particolare necessità di proteggere l'aquila di Bonelli . La ferma intenzione del governo francese di conservare l'aquila di Bonelli verrebbe provata dall'adozione di 19 decreti di biotopo, di cui 12 solo in Languedoc-Roussillon, espressamente emanati al fine di proteggere l'aquila di Bonelli e altre specie.

35. Per quanto riguarda altre specie che necessitano di protezione accolte nella regione, menzionate dalla Commissione, il governo francese rammenta, da un lato, che i rapaci di grosse dimensioni nidificano di regola in luoghi che presentano caratteristiche geografiche analoghe ai siti che accolgono le aquile di Bonelli e, dall'altro, che la loro presenza si manifesta in varie forme distinte. Tali uccelli potrebbero comportarsi come nidificatori, sedentari o come migratori. I criteri per la classificazione di una come zona di protezione speciale prenderebbero prevalentemente in considerazione le specie di uccelli sedentari o abitualmente nidificatori che figurano nell'allegato I della direttiva «protezione degli uccelli». Per esempio, l'albanella reale (circus cyanus), la gallina prataiola (tetrax tetrax) e la ghiandaia marina (coratius garrulus) andrebbero considerate come uccelli che nidificano solo occasionalmente nella regione.

36. Quanto agli uccelli migratori - menzionati o meno nell'allegato I della direttiva «protezione degli uccelli» - occorre considerare che la regione sarebbe una zona di passaggio piuttosto che una stazione di sosta o di approvvigionamento di cibo. Alcune specie come la cicogna bianca (ciconia ciconia), la cicogna nera (ciconia nigra), il nibbio bruno (milvus migrans) e l'albanella minore (circus pygargurs) potrebbero sì essere osservate durante la sosta o mentre si cibano, ma il sito delle «Basses Corbières» non comprende grandi territori di raccolta, presenti invece in prossimità degli stagni costieri. I venti influiscono inoltre sul sorvolamento delle «Basses Corbières». In presenza di brezza proveniente dal mare (direzione sud est - nord ovest) gli uccelli sarebbero costretti a sorvolare le prime dorsali. Per contro, il vento con direzione nord ovest - sud est sposterebbe le rotte sulle propaggini esterne della ZICO e potrebbe persino far interrompere il volo degli uccelli. Inoltre il governo francese non è a conoscenza di censimenti scientifici degli uccelli migratori che sorvolano le «Basses Corbières», cosicché non si potrebbe dichiarare in maniera attendibile il numero di uccelli che sorvolano regolarmente tale sito. Sarebbe quindi fondato dal punto di vista scientifico il fatto che la Francia abbia dedicato particolare attenzione all'aquila di Bonelli nel quadro della sua politica di conservazione degli uccelli nel sito delle «Basses Corbières», occupandosi anche delle altre specie di uccelli la regione accoglie.

37. Solo per il sito delle «Basses Corbières» sarebbero stati emanati tre decreti di biotopo volti alla conservazione di quattro posti di nidificazione dell'aquila di Bonelli, di cui due nel territorio dei comuni di Tautavel e di Vingrau e due nel territorio dei comuni di Maury, di Vlanèzes e di Raziguières. Sarebbe infine protetta una regione con superficie di 280 ettari nel territorio del comune di Feuilla, nel dipartimento dell'Aude. Dal testo e dai rispettivi allegati dei decreti di biotopo emergerebbe esplicitamente che tali disposizioni sarebbero state emanate oltre che per la conservazione dell'aquila di Bonelli, anche per almeno altre 13 specie che necessitano di protezione ai sensi dell'allegato I della direttiva «protezione degli uccelli» .

2. Analisi

38. Per quanto riguarda la prima censura del primo motivo, relativa alla mancata classificazione di zone di protezione speciale nelle «Basses Corbières» in violazione dell'obbligo in tal senso, è superfluo esaminare in modo astratto gli obblighi che incombono al governo francese, in quanto questo ha esplicitamente ammesso l'omissione. Poiché la sussistenza di un inadempimento dev'essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato , neanche la classificazione tardiva delle zone di protezione speciale consente di sanare la violazione. Considerato che l'oggetto della prima censura è la classificazione formale, in questo caso non viene in rilievo neanche il contenuto dei decreti di biotopo. L'accertamento di un inadempimento degli obblighi derivanti dall'art. 4, n. 1, della direttiva «protezione degli uccelli» può quindi essere effettuato già su tale base senza dover valutare la localizzazione geografica e l'estensione delle zone di protezione speciale da classificare.

39. Quanto alla seconda censura del primo motivo, vale a dire il fatto di aver omesso di adottare misure speciali di conservazione relative agli habitat delle specie menzionate nell'allegato I della direttiva «uccelli» ai sensi dell'art. 4, n. 1, prima frase, la situazione è diversa. L'art. 4, n. 1, impone agli Stati membri di adottare misure speciali di conservazione, di cui la classificazione delle zone di protezione speciale è solo una, anche se privilegiata («in particolare»). L'art. 4, n. 2, prevede un regime analogo («analoghe misure») «per le specie migratrici non menzionate nell'allegato I che ritornano regolarmente [...] per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione».

40. E' pacifico che le «Basses Corbières» accolgono numerose specie di uccelli menzionate nell'allegato I della direttiva «protezione degli uccelli». Tra le parti sussistono invece opinioni discordanti riguardo ad alcune specie, soprattutto quanto alla questione - valutata in modo divergente - se le specie di cui trattasi presenti in tale regione siano sedentarie, occasionalmente nidificatrici o migratrici. Sia la Commissione che il governo francese basano le proprie affermazioni su nozioni ornitologiche, cui non può sostituirsi un'analisi della Corte.

41. Le specie menzionate nell'allegato I beneficiano, già secondo una valutazione puramente giuridica, dello status speciale di protezione di cui all'art. 4, n. 1, della direttiva «protezione degli uccelli». La disposizione non distingue infatti a seconda del modo di vita degli uccelli ovvero della loro classificazione biologica, bensì rimanda in toto all'elenco di cui all'allegato I.

42. Per effettuare l'ulteriore esame si può e si deve partire dal presupposto che le «Basses Corbières» accolgono diverse specie di uccelli -tra le 10 e le 20 specie- menzionate nell'allegato I della direttiva «protezione degli uccelli». Secondo l'opinione concorde delle parti, occorre rivolgere un'attenzione particolare ai rapaci e tra questi, in particolare, all'aquila di Bonelli, in quanto specie minacciata di estinzione in Europa. Anche a tale riguardo entrambe le parti nel procedimento hanno posto l'aquila di Bonelli al centro dei loro argomenti. In ogni caso le censure della Commissione sono intese piuttosto a dimostrare che le autorità francesi avrebbero trascurato tutte le altre specie che necessitano di protezione.

43. Pertanto, occorre anzitutto esaminare se siano state adottate «misure speciali di conservazione» per le specie che necessitano di protezione. Ai fini della valutazione di tale questione può essere rilevante se siano state adottate eventuali misure di conservazione idonee e sufficienti. Si deve quindi effettuare un esame analogo riguardo alle specie migratrici non menzionate nell'allegato I della direttiva «protezione degli uccelli» in relazione alle circostanze concretizzate dall'art. 4, n. 2. Vengono in esame, in quanto misure di conservazione ai sensi della disposizione, i decreti di biotopo nn. 773/91, 774/91 e 95.0226 degli anni 1991 e 1995, menzionati dal governo francese. Con superfici rispettivamente di 123, 231 e 280 ettari, nel sito delle «Basses Corbières» risulta un'area complessiva di 634 ettari che ha uno status particolare per quanto riguarda la conservazione degli uccelli. I decreti di biotopo nn. 773/91 e 774/91 sono formulati in modo quasi identico, mentre il decreto n. 95.0226 presenta un testo divergente. I tre decreti hanno in comune il fatto che i biotopi classificati indicano esplicitamente nel titolo l'aquila di Bonelli . Tuttavia, nei considerando dei decreti nn. 773/91 e 774/91 l'oggetto della tutela viene definito come «l'aquila di Bonelli e le altre specie protette menzionate negli elenchi dell'allegato del decreto». Tali elenchi riportano rispettivamente 41 e 38 specie di uccelli, di cui circa un terzo figura nell'allegato I della direttiva «protezione degli uccelli» . Per completare la descrizione della fauna protetta dai decreti di biotopo interessa peraltro la circostanza, comunque di importanza secondaria ai fini del presente procedimento, che l'allegato dei decreti di biotopo menziona oltre alle specie di uccelli anche altri animali come ad esempio insettivori (riccio), chirotteri, roditori e carnivori.

44. L'art. 1 del decreto di biotopo n. 95.0226 descrive in modo analogo l'oggetto di tutela. Anche in tale caso si parla dell'«aquila di Bonelli e delle altre specie animali menzionate nell'elenco allegato al decreto».

45. Le misure di conservazione per le specie di uccelli e di animali designati sono descritte in modo differente nei decreti del 1991 e nel decreto del 1995. I decreti di biotopo del 1991 vietano espressamente di accedere al territorio, in particolare praticando l'alpinismo, nel periodo che intercorre tra il 15 gennaio e il 30 giugno. Sono previste eccezioni a tale divieto solo per lavori di manutenzione effettuati dai proprietari del terreno, nonché per determinate attività di conservazione degli uccelli. Inoltre, sono vietati tutti gli interventi che pregiudicano l'integrità dell'equilibrio biologico del sito. Anche nel caso di tale divieto generale sono previste eccezioni limitate per misure di conservazione delle aquile e per il mantenimento della pubblica sicurezza e dell'ordine pubblico. E' vietato appiccare il fuoco e causare qualsiasi tipo di inquinamento del sito.

46. Il decreto n. 774/91 consente esplicitamente la costruzione di uno schermo paesaggistico da parte della società OMYA per il deposito dei materiali estratti. Tale autorizzazione comporta l'obbligo di ricoprire la barriera con piante tipiche del luogo.

47. Nel decreto di biotopo n. 95.0226 le attività vietate vengono descritte in maniera sostanzialmente più precisa. E' vietato calpestare, raccogliere o strappare la vegetazione, percorrere il sito a piedi uscendo dai sentieri, andare in motocicletta o in bicicletta, ecc. La descrizione dettagliata delle attività vietate non denota tuttavia necessariamente un grado di protezione più elevato di quello previsto dai decreti di biotopo nn. 773/91 e 774/91. In tali decreti i divieti vengono formulati solo in maniera più globale.

48. A tale riguardo non è necessariamente rilevante stabilire differenze sostanziali del grado di protezione fissato nei decreti di biotopo. Quel che riveste importanza è se sia garantita una protezione sufficiente per gli uccelli presenti nel territorio che si devono considerare come specie che necessitano di protezione ai sensi del diritto comunitario. La risposta può essere senz'altro affermativa. L'intero corpo di obblighi e divieti previsti dai decreti di biotopo vanno a beneficio della flora e della fauna delle regioni protette. Il riferimento, presente nei decreti nn. 773/91 e 774/91, al periodo che intercorre tra il 15 gennaio e il 30 giugno e l'esplicito divieto di attività alpinistiche in tale arco di tempo sono volti, effettivamente, alla conservazione dei posti di nidificazione e dei periodi di cova dell'aquila di Bonelli. Ciononostante, anche altre specie e in particolare i rapaci dalle abitudini di nidificazione analoghe beneficiano della tutela. Un esempio evidente di tale affermazione è l'insediamento dell'aquila reale nella regione in seguito all'adozione dei decreti di biotopo.

49. L'osservazione della Commissione secondo cui i decreti di biotopo sarebbero unicamente volti alla conservazione delle aquile di Bonelli va pertanto respinta. Sia la posizione privilegiata di tale rapace che la conseguente protezione materiale delle altre specie tutelate appaiono adeguate.

50. La Commissione si richiama al fatto che nel procedimento precontenzioso il governo francese avrebbe soltanto indicato il decreto di biotopo n. 774/91, ma non i decreti di biotopo nn. 773/91 e 95.0226. Tale circostanza potrebbe risalire ad un malinteso, in quanto l'autorizzazione ad estrarre il calcare nel territorio dei comuni di Tautavel e di Vingrau è senza dubbio all'origine del procedimento principale e il decreto di biotopo n. 774/91 comprende proprio tale territorio. Poiché il motivo del ricorso si estende all'intero sito delle «Basses Corbières», il governo francese aveva motivo di menzionare l'insieme delle misure adottate in tale sito. In ogni caso niente impedisce alla Corte di prendere atto di tutte le misure di conservazione adottate nel sito delle «Basses Corbières».

51. La Commissione ritiene che l'insufficienza delle misure di conservazione sia dimostrata dal fatto che nel 1998 un'aquila di Bonelli (maschio) e recentemente il secondo elemento della coppia sono scomparsi dagli speroni rocciosi di Vingrau. Anche in un altro sito del territorio considerato dal decreto di biotopo n. 773/91 sarebbe scomparsa una coppia di aquile di Bonelli.

52. Da un lato, come sostiene giustamente il governo francese, non si può escludere che cause naturali siano responsabili della scomparsa degli uccelli. Dall'altro lato, il governo francese ha affermato, senza essere contraddetto sul punto, che nel giugno 1999 è stata avvistata un'aquila di Bonelli sugli speroni rocciosi di Vingrau. Del resto, entrambe le parti nutrono la speranza che le aquile di Bonelli possano nuovamente insediarsi nei posti di nidificazione conosciuti, la Commissione per attenersi alla necessità di protezione sostenuta, il governo francese per dimostrare la misura sufficiente del grado di protezione.

53. La scomparsa differita delle aquile di Bonelli non sembra necessariamente indicare l'inidoneità dei decreti di biotopo in relazione alla conservazione degli animali. Infatti una coppia di aquile reali si è recentemente insediata, il che denota una relativa integrità del paesaggio ovvero un ambiente preservato.

54. La Commissione sembra del resto nutrire alcuni dubbi in merito alla scomparsa della coppia di aquile di Bonelli dai loro posti di nidificazione abituali per ragioni legate all'ambiente e chiede implicitamente al governo francese di avviare indagini giudiziarie sulla scomparsa degli animali.

55. Si può quindi concludere che i biotopi istituiti dal decreto costituiscono uno strumento idoneo alla conservazione delle aquile di Bonelli e degli altri uccelli che necessitano di protezione accolti nel territorio. A tale conclusione si collega tuttavia la questione se tali misure fossero adeguate quanto alla loro portata.

56. Sia nel procedimento precontenzioso che nel ricorso la Commissione ha sollevato la censura generica della mancata adozione di idonee misure di conservazione nel sito delle «Basses Corbières». Per quanto riguarda la mancata classificazione delle zone di protezione speciale, una censura generica può essere giustificata dalla completa assenza di tali misure. Per contro, in presenza di alcune misure diventa problematico esaminare se siano sufficienti o meno, tanto più che nel ricorso non si specifica quali misure avrebbero dovuto essere adottate in quale sito esattamente localizzato dal punto di vista geografico.

57. Un primo elemento è ovviamente la designazione della ZICO LR07. Riguardo al rapporto tra l'estensione di una ZICO e la classificazione delle zone di protezione speciale la Corte ha già statuito che esse non devono essere necessariamente identiche. «(...) occorre constatare che il solo fatto che il sito di cui trattasi è stato incluso nell'inventario ZICO non prova che doveva essere classificato come ZPS» . Solo nella replica la Commissione ha segnalato, sulla base di uno studio del marzo 1999, determinate regioni all'interno della ZICO LR07 che avrebbero dovuto essere classificate come zona di protezione speciale ovvero la cui classificazione andrebbe ancora effettuata.

58. Per poter valutare se le misure speciali di conservazione adottate sotto forma dei decreti di biotopo - aldilà dell'omessa classificazione delle zone di protezione speciale - fossero sufficienti sotto il profilo giuridico, occorre anzitutto stabilire un criterio. Al riguardo si propone un'applicazione analogica della giurisprudenza relativa al rapporto tra l'estensione di una ZICO e la classificazione delle zone di protezione speciale. Sia nella causa C-166/97 che nella causa C-96/98 , la Commissione contestava alla Repubblica francese di non aver classificato superfici sufficienti come zona di protezione speciali nel quadro delle zone importanti per la conservazione degli uccelli (ZICO). Nei due casi la Repubblica francese veniva condannata proprio in merito a tale punto specifico. Occorre tuttavia considerare che nelle due cause succitate la Repubblica francese aveva fondamentalmente ammesso l'omissione.

59. Nella causa C-166/97 era stata riconosciuta come ZICO una superficie di 21 900 ettari dell'estuario della Senna. Inoltre, si doveva partire dal presupposto che 7 800 ettari dell'estuario figuravano nell'inventario ornitologico europeo «Important Bird Areas in Europe», pubblicato nel 1989. Nel caso specifico una superficie di 2 750 ettari classificata come zona di protezione speciale era insufficiente.

60. Nella causa C-96/98 si presentava una situazione analoga. 77 900 ettari del Marais poitevin venivano riconosciuti come una zona importante per la conservazione degli uccelli (ZICO). 57 830 ettari di Marais poitevin figuravano nell'inventario ornitologico europeo «Important Bird Areas in Europe». Alla data rilevante nell'ambito del procedimento per inadempimento era stata dichiarata ZPS una superficie di 26 250 ettari. In seguito a ulteriori ampliamenti, la superficie classificata come ZPS nell'aprile 1996 era di 33 742 ettari. Nel procedimento veniva annunciata l'ulteriore classificazione di 15 000 ettari. In mancanza di un'esauriente specificazione dei territori da classificare la Corte ha accertato l'inadempimento sulla base dell'ammissione del governo francese.

61. Dalle due sentenze si potrebbe eventualmente trarre la conclusione che nel caso in esame la sproporzione numerica tra l'estensione della ZICO LR07 e l'area di ZPS istituita dai decreti di biotopo indichi una violazione. Come già detto, la ZICO delle «Basses Corbières» è stata riconosciuta con una superficie di 47 400 ettari. Nell'inventario ornitologico europeo «Important Bird Areas in Europe» il sito delle «Corbières» nel dipartimento Languedoc-Roussillon figura con una superficie di 150 000 ettari. Tuttavia, le cosiddette Corbières comprendono sia la ZICO LR07 delle «Basses Corbières» che la ZICO LR06 delle «Hautes Corbières». Ciononostante, tali confronti numerici vanno considerati oculatamente, in quanto la superficie totale delle ZICO LR06 e LR07 sarebbe di 122 150 ettari , mentre il territorio che figura nell'inventario «Important Bird Areas in Europe» viene valutato in 150 000 ettari, il che significa pur sempre una differenza di circa 27 000 ettari. A tali superfici si contrappongono aree per complessivi 680 ettari classificate come ZPS dai decreti di biotopo in questione, che rappresentano una percentuale dell'1,35%.

62. Al riguardo non si può tuttavia trascurare che nel corso del procedimento il governo francese ha affermato ritenuto di aver adempiuto tutti gli obblighi che gli incombono in virtù della direttiva «protezione degli uccelli» classificando, pur se tardivamente, le ZPS nelle «Basses Corbières», che come superficie equivalgono ai territori tutelati dai tre decreti di biotopo. Al fine di definire un criterio obiettivo per stabilire se tale ordine di grandezza possa risultare sufficiente per adempiere gli obblighi che incombono allo Stato membro, può essere utile considerare le ZPS classificate in precedenza in relazione alle ZICO designate. Per farsi un'idea complessiva della suddivisione delle ZICO operata in Francia dalla «Ligue pour la protection des oiseaux» (LPO) è utile sapere che secondo uno studio del 1995 in tale Stato esistono 285 ZICO. Sulla base del loro interesse ornitologico la LPO ha classificato 7 categorie. Le ZICO sono così suddivise:

- Classe A' comprendente 6 ZICO di interesse del tutto eccezionale

- Classe A comprendente 27 ZICO di interesse eccezionale

- Classe B comprendente 21 ZICO di interesse molto elevato

- Classe C comprendente 32 ZICO di interesse elevato

- Classe D comprendente 42 ZICO di interesse mediamente elevato

- Classe E comprendente 65 ZICO di interesse particolarmente rilevante

- Classe F comprendente tutte le altre ZICO di interesse rilevante.

63. La classificazione come ZPS può anche essere subordinata al tipo di classe alla quale appartengono i territori. Su richiesta della Corte la Commissione ha fornito un quadro complessivo delle percentuali con cui sono state classificate ZPS nell'ambito delle ZICO della classe C e nelle classi inferiori. Dalla tabella si può desumere che alcune ZICO sono state classificate come ZPS all'80-90% o addirittura al 100%. In una regione (l'«Estuaires du Trieux et du Jaudy») la ZPS classificata supera persino i confini della ZICO. Una percentuale elevata di superfici classificate non dipende inoltre necessariamente dall'estensione della ZICO. La ZICO del «Parc national des Cévennes», comprendente 84 000 ettari e appartenente alla classe D, è stata dichiarata al 100% come ZPS. Altrove esistono anche percentuali molto basse di territori classificati, come ad esempio:

- 0,58% in una ZICO della classe D (Barthes de l'Adour)

- 1,91% in una ZICO della classe E (Penes du Moulle de Jaut)

- 0,32% in una ZICO della classe F (Fresnes en Woevre - Mars la Tour)

- 0,83% in una ZICO della classe D (Plateau de l'Arbois, Garrigues de Lançon et chaîne des côtes)

- 0,21% in una ZICO della classe D (Lac Léman)

- 0,45% in una ZICO della classe E (Basse Ardèche).

Alla classe C appartengono, a parte la superficie indicata con lo 0,76% nel sito delle «Basses Corbières», percentuali di

- 43,77 (Baie de Saint-Brieuc)

- 72,12 (Montagne de la Clape)

- 96,09 (Cap Gris-Nez)

- 82,42 (Estuaires Picards: Baies de Somme et d'Authie)

- 11,83 (Traicts et Marais Salants de la presqu'île guérandaise)

- 37,5 (Iles d'Hyères)

- 31,53 (Hauts Plateaux du Vercors et Forêt des Coulmes)

- 78,11 (Parc national de la Vanoise).

Il confronto numerico potrebbe apparentemente costituire un indizio della classificazione insufficiente dal punto di vista della superficie delle zone di protezione speciale nelle «Basses Corbières». Tuttavia, al fine di evitare conclusioni affrettate, non si può ignorare che solo 64 ZICO delle 199 appartenenti alle classi C, D e F figurano nell'elenco messo a disposizione dalla Commissione, vale a dire solo un terzo di tali ZICO. Numerosi elementi inducono a credere che nella maggior parte delle ZICO designate - circa due terzi - non è stata classificata alcuna ZPS. Pertanto, i meri numeri non sono sufficienti a fornire la prova di un inadempimento.

64. Si tratta pertanto di stabilire in quale misura la Commissione abbia potuto rendere credibile il fatto che si sarebbero dovute adottare ulteriori misure di conservazione. Solo nella replica la Commissione ha designato siti concreti che considera particolarmente adatti per la classificazione come ZPS. In una fase precedente del procedimento essa non era evidentemente in grado di descrivere in modo concreto il comportamento richiesto. E' problematico fondare la condanna nell'ambito del procedimento per inadempimento sulla censura astratta di aver omesso di adottare misure speciali di conservazione, laddove alcune misure - eventualmente insufficienti - siano state effettivamente prese.

65. Anche se, quindi, il confronto tra la superficie delle ZICO ed i siti protetti istituiti dai decreti di biotopo potrebbe rappresentare un indizio dell'insufficienza delle misure di conservazione adottate, consideratane l'estensione geografica, esso non consente di per sé di concludere che sussiste un inadempimento.

66. Occorrono ulteriori argomenti che consentano di individuare dove e per quali tipi di misure la protezione è insufficiente. In tale contesto è rilevante l'argomento della Commissione secondo il quale le autorità francesi non avrebbero tenuto sufficientemente conto degli uccelli migratori che frequentano il sito delle «Basses Corbières».

67. A tale riguardo si può effettivamente constatare che alla data rilevante nell'ambito del procedimento per inadempimento non era stata adottata alcuna misura speciale per gli uccelli migratori, né sotto forma di classificazione di zone di protezione speciale né mediante altre misure speciali di conservazione. Dai decreti di biotopo non emerge che essi tutelino in maniera specifica gli uccelli migratori.

68. Tuttavia, l'art. 4, n. 2, della direttiva «protezione degli uccelli» impone «analoghe misure» per le «specie migratrici [...] che ritornano regolarmente [...] per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione». La Commissione ha dimostrato sulla base di carte geografiche che le «Basses Corbières» vanno considerate come zona di passaggio di uccelli migratori, il che non viene in linea di principio contestato dal governo francese. La Commissione non ha però neppure affermato che il sito delle «Basses Corbières» rappresenterebbe un'area di riproduzione, di muta e di svernamento degli uccelli migratori. Perchè sussista una particolare necessità di protezione ai sensi della direttiva, si dovrebbe perlomeno trattare di «zone in cui si trovano le stazioni» degli uccelli migratori. Il governo francese ha sostenuto che nelle «Basses Corbières» non si individuano aree da classificare come «zone in cui si trovano le stazioni». In particolare, non ci sarebbe alcun luogo specifico di raccolta degli uccelli migratori, come accadrebbe forse in prossimità degli stagni costieri.

69. Occorre menzionare solo incidentalmente che il governo francese ha ammesso che si possono occasionalmente osservare cicogne, nibbi bruni e albanelle minori durante il riposo e mentre si cibano. Significativamente, tali specie di uccelli figurano nell'allegato I della direttiva «protezione degli uccelli» e la loro comparsa in una regione dà luogo di per sé a misure speciali di conservazione.

70. Del resto, la Commissione non ha precisato se ed eventualmente dove si possano individuare stazioni degli uccelli migratori. In tale contesto, la completa assenza di misure speciali di conservazione per gli uccelli migratori potrebbe al limite portare alla conclusione che sussiste un'omissione dello Stato membro in violazione di un obbligo in tal senso. Ciononostante il mero dato di fatto che un territorio si trovi sulla rotta degli uccelli migratori non può ancora essere sufficiente per generare gli obblighi che incombono ad uno Stato membro ai sensi dell'art. 4, n. 2, della direttiva «protezione degli uccelli».

71. Si devono aggiungere ulteriori circostanze menzionate all'art. 4, n. 2, per obbligare uno Stato membro ad agire. Pertanto, la censura basata sull'art. 4, n. 2, della direttiva «protezione degli uccelli» relativa all'omissione delle misure di conservazione per gli uccelli migratori va respinta.

72. Nell'ambito del primo motivo, solo la censura relativa alla mancata classificazione delle zone di protezione speciale ai sensi dell'art. 4, n. 1, della direttiva «uccelli» conduce quindi all'accertamento di un inadempimento.

V - Sul secondo motivo

1. Argomenti delle parti

73. Con il secondo motivo la Commissione fa valere che la Repubblica francese non ha adottato misure idonee ad evitare le perturbazioni degli uccelli accolti nelle «Basses Corbières», nonché il deterioramento del loro habitat. Gli obblighi derivanti dall'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» sarebbero validi anche per i territori che non sono stati dichiarati zone di protezione speciale in violazione dell'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva.

74. Tenuto conto del fatto che, dalla data in cui la direttiva «habitat» è entrata in vigore, vale a dire il 10 luglio 1994, gli obblighi derivanti dall'art. 6, nn. 2, 3 e 4, della direttiva «habitat» sostituiscono quelli sanciti dall'art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva «protezione degli uccelli», la Commissione ritiene che le disposizioni di cui all'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat» avrebbero dovuto essere applicate anche nel caso di specie. L'apertura della cava di estrazione di calcare avrebbe avuto luogo in violazione di tali norme.

75. L'estrazione di calcare comporta un deterioramento significativo e causa una riduzione del territorio di caccia dell'aquila di Bonelli, il che potrebbe provocare problemi soprattutto nel periodo di allevamento dei piccoli. Inoltre l'esercizio della cava di calcare avrebbe come conseguenza danni visivi e acustici. Soprattutto, il rumore e le linee elettriche potrebbero costituire un pericolo per le aquile.

76. Vero è che le autorità francesi hanno osservato che l'autorizzazione all'esercizio della cava di calcare sarebbe stata concessa a condizioni conformi ai requisiti di cui all'art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», in quanto sarebbe stata effettuata una valutazione esauriente dell'incidenza sul sito. Conformemente a tale studio si sarebbero adottate misure compensative al fine di ridurre le conseguenze dell'estrazione per l'ambiente naturale. Tuttavia, lo studio non sarebbe mai stato messo a disposizione della Commissione. Le informazioni comunicate alla Commissione non erano pertanto sufficienti per poter valutare se la procedura di autorizzazione soddisfacesse i requisiti di cui all'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat». Il tentativo di una giustificazione a posteriori non potrebbe quindi eliminare la violazione delle disposizioni della direttiva.

77. Nella replica la Commissione osserva esplicitamente che gli studi realizzati non soddisfano i requisiti posti dal diritto comunitario e sono incompleti. Del resto, il governo francese farebbe riferimento solo a misure di precauzione (mesures de précaution) e non a misure compensative (mesures compensatoires), come prescritte dalla direttiva.

78. Il governo francese rileva anzitutto che la Commissione non fornisce alcuna prova del fatto che la cava di calcare provochi perturbazioni significative per la coppia di aquile di Bonelli o per altri uccelli protetti. Il governo francese fa valere che

a) da nessuno studio scientifico sarebbe emerso che il progetto può avere conseguenze significative sulle specie protette e in particolare sull'aquila di Bonelli;

b) l'esercizio della cava di calcare sarebbe stato preceduto da una valutazione esauriente dell'incidenza sul sito da cui risulta che non si prevede alcuna conseguenza significativa per l'ambiente derivante dal progetto;

c) sarebbero state adottate misure speciali a titolo di misura precauzionale al fine di impedire eventuali conseguenze significative per l'ambiente.

Sul punto a)

79. Il governo francese rammenta anzitutto che l'estrazione del calcare nel territorio del comune di Tautavel viene esercitata dal 1968. Durante tutti questi anni le aquile di Bonelli avrebbero nidificato apparentemente indisturbate sui pendii di Vingrau.

80. Già con l'adozione del decreto di biotopo il governo francese si sarebbe impegnato a porre sotto protezione territori maggiormente estesi, in modo che i posti di nidificazione delle aquile non potessero essere danneggiati dagli alpinisti. Del resto, le associazioni locali per la protezione della natura avrebbero partecipato alla pianificazione dell'ampliamento della cava di calcare al fine di impedire che i posti di nidificazione venissero danneggiati.

81. Ricerche scientifiche a livello nazionale avrebbero dimostrato, da un lato, che l'uomo costituisce sì una minaccia per le aquile di Bonelli, ma che esisterebbero, dall'altro lato, in ugual misura pericoli naturali. Ad esempio, da alcuni anni si rileverebbe una mortalità insolita delle giovani aquile attribuibile ad un parassita (Trichomonas columbiae) che ha infestato i rapaci.

82. Peraltro, le linee elettriche per l'esercizio della cava di calcare sarebbero state posate sotto terra, cosicché non potrebbero costituire alcun rischio grave per gli uccelli. Al fine di diminuire gli eventuali disturbi provocati dal rumore si sarebbe realizzato uno schermo paesaggistico. Inoltre, dalla valutazione dell'incidenza sul sito, anteriore all'autorizzazione, si potrebbe dedurre che, per quanto riguarda i rumori, quasi tutti gli animali sarebbero in grado di adattarsi, come dimostra tra l'altro l'esercizio della cava di Tautavel.

83. Il territorio di caccia dell'aquila di Bonelli andrebbe determinato con grande cautela. Esso avrebbe una dimensione tale da non potersi concludere che l'estrazione di calcare pregiudichi in modo «significativo» l'habitat delle aquile. La cava di calcare e i relativi impianti occuperebbero una superficie di 30 ettari, mentre la ZICO delle «Basses Corbières» si estende su 47 000 ettari.

Sul punto b)

84. Il governo francese contesta anzitutto l'affermazione della Commissione secondo cui non sarebbero state esaminate soluzioni alternative al progetto. Sia la società OMYA che le autorità francesi avrebbero valutato altre possibilità. I giacimenti di calcare di Salses-Opoul menzionati dalla Commissione sarebbero sostanzialmente meno estesi di quelli di Vingrau-Tautavel. Mentre per lo sfruttamento dei giacimenti di Salses-Opoul si può prevedere un esaurimento entro otto-dieci anni, nel caso di Vingrau-Tautavel si sarebbe attualmente concessa un'autorizzazione per 30 anni. Di conseguenza, non vi sarebbe alcuna alternativa.

85. Indipendentemente da quanto precede, sarebbe stata effettuata una complessa valutazione dell'incidenza sul sito in conformità del diritto nazionale vigente. Lo studio si fonderebbe su otto ricerche preliminari (che prendono in esame l'aspetto geologico e idrologico, la dislocazione della cava, i disturbi acustici, la viticoltura, la caduta di polvere e l'ambiente naturale). Tutti gli studi sarebbero stati realizzati prima della data rilevante per l'applicazione della direttiva «habitat», vale a dire il 10 giugno 1994. Il Conseil d'État avrebbe esplicitamente preso posizione sulla portata e sul contenuto degli studi e sarebbe pervenuto alla conclusione che la valutazione dell'incidenza sul sito risulta sufficiente in conformità dei requisiti posti dal diritto nazionale.

86. Tutte le possibili fonti di deterioramento dell'habitat degli uccelli menzionate dalla Commissione, vale a dire rumore, linee elettriche nonché la diminuzione della riserva di caccia dei rapaci sarebbero state esaminate.

Sul punto c)

87. Infine, sarebbero state decise numerose misure preventive. Al fine di conservare il territorio di caccia delle aquile è necessario realizzare punti di rifornimento idrico ed effettuare la manutenzione di prati per favorire la riproduzione della piccola selvaggina. La società OMYA si sarebbe espressamente impegnata, su richiesta degli ornitologi locali, ad insediare esemplari di piccola taglia nel territorio al fine di incrementare le risorse alimentari delle aquile. Sarebbe prevista l'introduzione di lepri nel sito.

88. Al fine di proteggere l'ambiente naturale confinante sarebbe stato realizzato uno schermo paesaggistico atto a diminuire i danni ottici ed acustici. Tutte le misure si integrerebbero in un piano globale per la conservazione dell'ambiente naturale. Inoltre le modifiche del paesaggio conseguenti all'esercizio dell'estrazione di calcare non sarebbero irreversibili. Il direttore dei lavori sarebbe incaricato di ripristinare l'aspetto naturale del territorio.

89. A titolo di chiarimento terminologico, il governo francese osserva che la nozione di «misure compensative» (mesures compensatoires) è stata utilizzata conformemente al diritto nazionale e comprende misure volte ad attenuare ogni eventuale conseguenza derivante da un progetto. Nell'art. 6 della direttiva «habitat» la nozione viene invece utilizzata per indicare misure intese a compensare conseguenze negative per un habitat. A scanso di equivoci il governo francese avrebbe adottato la nozione di «misure preventive» (mesures de précaution).

90. Dal punto di vista del contenuto occorre rilevare che le autorità francesi ritengono che l'estrazione di calcare non comporti conseguenze «significative» per l'habitat degli uccelli, cosicché esse non avrebbero dovuto comunicare alla Commissione alcuna misura compensativa ai sensi dell'art. 6 della direttiva «habitat».

2. Analisi

Sull'applicabilità della direttiva «habitat»

a) L'applicabilità della direttiva «habitat» nel caso di specie è incerta in quanto la procedura di autorizzazione per l'ampliamento della cava di estrazione di calcare ha sicuramente avuto inizio prima del 10 luglio 1994, termine indicato per la completa applicabilità della direttiva. Vero è che l'autorizzazione è stata concessa solo il 9 novembre 1994, ma alcuni elementi indicano che la domanda di autorizzazione è stata presentata decisamente prima di tale data. Da un lato, il governo francese adduce che tutti i singoli studi volti alla valutazione dell'incidenza sul sito sono stati realizzati molto prima del luglio 1994. Dall'altro lato, esso sostiene che già nel 1991 era stata concessa un'autorizzazione per l'ampliamento della cava di calcare che, dopo vari procedimenti intentati dagli oppositori del progetto, sarebbe ora altrettanto definitiva. La società OMYA disporrebbe infine di due autorizzazioni per lo stesso progetto, la seconda delle quali presenterebbe condizioni più rigorose della precedente. Solo l'autorizzazione più recente avrebbe pertanto costituito l'oggetto del presente procedimento.

91. Nel procedimento per inadempimento C-431/92 , intentato dalla Commissione contro la Repubblica federale di Germania per la violazione della direttiva VIA in relazione ad un progetto concreto, il governo federale si è difeso sostenendo che la procedura di autorizzazione in questione sarebbe stata avviata già precedentemente alla data rilevante per l'applicabilità della direttiva. L'argomento addotto non è stato accolto, poiché la Corte si è basata sull'avvio formale della procedura di autorizzazione, avvenuto senza dubbio dopo la data determinante, e ha ritenuto al riguardo irrilevanti eventuali fasi preliminari. Non va escluso che, nel caso di una diversa successione temporale, l'argomento addotto dal governo federale avrebbe potuto essere accolto.

92. Nel presente procedimento la data precisa dell'avvio formale della procedura di autorizzazione non emerge dagli atti. Pertanto, nonostante i dubbi manifestati, occorre proseguire l'esame.

b) Una seconda obiezione di tipo contenutistico relativa all'applicabilità della direttiva «habitat» emerge dal conglobamento della direttiva «protezione degli uccelli» nella direttiva «habitat» ai sensi dell'art. 7 di quest'ultima. Conformemente a tale articolo gli obblighi derivanti dall'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat» sostituiscono gli obblighi derivanti dall'art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva «uccelli» e precisamente per quanto riguarda le ZPS classificate o analogamente riconosciute a norma dell'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva «uccelli», a decorrere - v. art. 7 - dalla data di entrata in vigore della direttiva «habitat» ovvero «dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva 79/409/CEE [...]».

93. Tale formulazione si basa inequivocabilmente sul fatto che il territorio deve anzitutto avere lo status di ZPS ai sensi della direttiva «uccelli» perché possano essere validi gli obblighi di cui all'art. 6 della direttiva «habitat». Il fatto che siano previsti termini diversi di applicabilità, per le zone di protezione già classificate «a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva» e per le zone ancora da classificare «dalla data di classificazione o di riconoscimento», non lascia dubbi sull'interpretazione.

94. La prima classificazione formale come zone di protezione speciale nelle «Basses Corbières» è avvenuta nel 1999 . Secondo un'interpretazione letterale, la direttiva «habitat» non può quindi essere applicata ai fatti che costituiscono l'oggetto del presente procedimento per inadempimento.

95. Seppure edotta di tale problematica, la Commissione tuttavia ha ribadito la sua valutazione che l'art. 6 della direttiva «habitat» dovrebbe applicarsi al caso di specie. Essa motiva quanto asserito adducendo che nella sentenza 2 agosto 1993, causa C-355/90 , la Corte ha statuito che gli obblighi che scaturiscono dall'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» non dovrebbero essere rispettati soltanto allorché è stata costituita formalmente una ZPS . Tale giurisprudenza sarebbe confermata dalle sentenze nelle cause C-166/97 e C-96/98 , secondo cui gli obblighi che derivano dall'art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva «protezione degli uccelli» devono essere rispettati anche nel caso in cui la zona interessata non sia stata classificata come ZPS, dal momento in cui doveva esserlo .

96. I motivi a favore dell'applicabilità dell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» anche in caso di mancata classificazione come ZPS sarebbero altrettanto validi per l'applicabilità dell'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat». In caso negativo, si configurerebbe una dualità delle disposizioni di cui, da un lato, all'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» e, dall'altro lato, all'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat». La disposizione contenuta all'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» sarebbe in un certo senso più rigorosa, poiché essa non prevede possibilità di eccezioni nella stessa misura dell'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat». Sarebbe paradossale se a territori di fatto non classificati si applicassero norme più rigorose di quelle applicate alle zone di protezione speciale formalmente classificate ovvero riconosciute come tali.

97. E' vero che la Corte ha riconosciuto l'applicabilità dell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» nel caso di territori che avrebbero dovuto essere dichiarati zone di protezione speciale ai sensi dell'art. 4, nn. 1 e 2, ma che non erano stati effettivamente classificati. Ciononostante, la conseguenza giuridica che la Commissione collega alla precedente affermazione, nel senso dell'applicabilità dell'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat», non è la sola possibile. Al fine di evitare un'interpretazione contra legem dell'art. 7 della direttiva «habitat» si dovrebbe prediligere un altro approccio. In tal senso, sulla base della giurisprudenza si può muovere dell'idea che, a norma dell'art. 4, n. 4, gli Stati membri adottano le misure idonee ad evitare l'inquinamento o il deterioramento degli habitat nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative, tenuto conto degli obiettivi di detto articolo, anche nei territori che avrebbero dovuto essere dichiarati ZPS ai sensi dei nn. 1 e 2 di tale articolo.

98. Al riguardo occorre rammentare il contesto processuale in cui la Corte ha postulato per la prima volta tale obbligo. Nell'ambito di un procedimento per inadempimento il Regno di Spagna era stato accusato di essere venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in virtù dell'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva «protezione degli uccelli». Nei confronti della censura più ampia di aver anche omesso di adottare, in violazione del relativo obbligo, misure idonee ai sensi dell'art. 4, n. 4, il governo spagnolo si era difeso facendo valere che esso non poteva essere perseguito a causa dell'omessa classificazione delle zone di protezione speciale e, al tempo stesso, per non aver adottato le misure richieste in tali territori. La Corte in quel caso respingeva l'argomento addotto dal governo spagnolo a sua difesa e perveniva alla menzionata dichiarazione di applicabilità dell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» e delle misure vincolanti ivi previste.

99. Dietro tale giurisprudenza si può riconoscere il principio molto diffuso in diritto comunitario secondo il quale uno Stato membro non deve trarre alcun vantaggio dall'inosservanza degli obblighi che gli incombono in virtù del diritto comunitario . Se la Corte avesse accolto la logica dell'argomento difensivo addotto dal governo spagnolo nella causa C-355/90, ciò avrebbe significato per gli Stati membri che, in caso di omessa classificazione di zone di protezione speciale, essi avrebbero potuto essere citati, tutt'al più, a causa di tale omissione. A parte ciò, si sarebbe quasi venuta a creare, tuttavia, una lacuna giuridica, ragion per cui non avrebbero potuto essere citati a causa dell'inquinamento o del deterioramento degli habitat delle specie di uccelli che necessitano di protezione.

100. Sicuramente si sarebbe favorito un comportamento titubante degli Stati membri nella classificazione di zone di protezione speciale se la Corte non si fosse espressa a favore dell'applicabilità dell'art. 4, n. 4, anche nel caso di una mancata classificazione come ZPS, ma in un altro contesto essa ha applicato un criterio particolarmente rigoroso per quanto riguarda il deterioramento di zone di protezione speciale. In tale caso la Corte non ha ammesso esigenze economiche o ricreative per giustificare interventi all'origine di alterazioni dell'ambiente - anche se il governo britannico, in qualità di parte interveniente, rimandava all'art. 2 della direttiva -, bensì solo motivi di interesse generale superiore a quello al quale risponde lo scopo ecologico contemplato dalla direttiva, come la prevenzione del pericolo di inondazioni e la protezione della costa .

101. La Commissione si riferisce proprio a tale situazione di partenza quando parla di un regime più rigoroso ai sensi dell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» rispetto agli obblighi derivanti dall'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat», secondo cui motivi di natura sociale o economica potrebbero essere presi in esame sotto forma di «motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

102. La dualità dei regimi evocata dalla Commissione tra, da un lato, le zone di protezione speciale classificate e, dall'altro lato, quelle che avrebbero dovuto essere classificate potrebbe non presentare problemi se gli Stati membri sono spinti a classificare le ZPS poiché viene offerta loro la possibilità di evitare i requisiti rigorosi di cui all'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» (nell'interpretazione che ne ha dato la Corte ).

103. Non si tratta assolutamente di valutare tutte le regioni, indipendentemente dalle caratteristiche, in base alle condizioni maggiormente rigorose di cui all'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» solo perché esse non sono state classificate come ZPS. Si tratta piuttosto dei territori che avrebbero dovuto essere riconosciuti come tali. Detti territori dovrebbero presentare qualità particolari caratterizzate da un alto livello di specificità riguardo al loro interesse ornitologico. Ai sensi dell'art. 4, n. 1, quarto comma, deve trattarsi di uno dei «territori più idonei in numero e in superficie» alla conservazione delle specie. Il fatto che un territorio venga qualificato come una zona che avrebbe dovuto essere classificata come ZPS va di pari passo anche con un certo giudizio negativo per quanto riguarda il mancato rispetto degli obblighi che incombono agli Stati membri ai sensi dell'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva «protezione degli uccelli». Per tutte le altre regioni vale comunque l'obbligo di impegnarsi di cui all'art. 4, n. 4, seconda frase, che stabilisce: «gli Stati membri cercheranno inoltre di prevenire l'inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione».

104. In esito a questa riflessione sul rapporto concorrenziale dell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» e dell'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat», occorre rilevare che l'art. 6, nn. 2-4, non viene applicato in forza dell'art. 7 della direttiva «habitat» ai territori che non hanno costituito l'oggetto di una classificazione formale ovvero non sono stati riconosciuti come una ZPS. Nel caso di specie occorre pertanto attenersi all'applicazione dell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli».

105. Nell'ambito del secondo motivo occorre quindi chiarire se le autorità francesi, avendo concesso l'autorizzazione per l'ampliamento della cava di calcare nel territorio dei comuni di Vingrau e di Tautavel, siano venute meno agli obblighi che incombono loro in virtù dell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli». Poiché è pacifico che nel novembre 1994 il territorio non era classificato come ZPS, doveva comunque trattarsi di un sito che avrebbe dovuto essere classificato come una ZPS.

106. Il territorio dei comuni di Vingrau e di Tautavel è compreso nel sito istituito dal decreto di biotopo n. 774/91. Nel frattempo proprio tale territorio è stato classificato come ZPS, nel gennaio 1999. Alla luce di tale fatto non ci sono dubbi che il territorio cui si riferisce l'autorizzazione va considerato come situato in un'area da classificare come ZPS. L'obbligo che incombe allo Stato membro era ed è quindi di adottare misure idonee «a prevenire [...] l'inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi del presente articolo ».

107. La Commissione parte ovviamente dal presupposto che le alterazioni ambientali derivanti dalla cava di estrazione di calcare conducano a siffatto deterioramento significativo degli habitat, nonché a perturbazioni dannose agli uccelli. Per contro, il governo francese fa valere che i cambiamenti non sarebbero «significativi» ai sensi della disposizione.

108. In realtà la disposizione non vieta qualunque intervento sull'ambiente, bensì solo quelli che abbiano conseguenze significative tenuto conto degli obiettivi dell'art. 4. A tale riguardo non si può trascurare che l'avifauna può reagire in maniera molto sensibile agli interventi dell'uomo sull'ambiente.

109. Al fine di valutare se un intervento sia «significativo» ai sensi della disposizione, si deve partire dagli obiettivi dell'art. 4 della direttiva «protezione degli uccelli». La disposizione impone una cura particolare degli habitat degli uccelli dichiarati specie che necessitano di protezione ai sensi dell'allegato I della direttiva «protezione degli uccelli». La presenza nella regione di alcune di tali specie, soprattutto dell'aquila di Bonelli, è indiscussa.

110. Per quanto concerne la più volte citata aquila di Bonelli, si deve anzitutto ricordare che l'estrazione di calcare a Tautavel viene effettuata già dal 1968. Durante tutti questi anni le aquile di Bonelli hanno sempre continuato a nidificare sugli speroni rocciosi di Vingrau. Il fatto che negli anni 1997/98 la coppia di aquile di Bonelli sia scomparsa non può essere connesso all'ampliamento della cava di estrazione di calcare, poiché all'epoca tali attività non erano ancora state avviate.

111. Secondo le affermazioni del governo francese - rimaste al riguardo incontestate - le linee elettriche necessarie al funzionamento dell'impianto sono posate sotto terra in modo tale da non costituire un pericolo grave per gli uccelli.

112. E' prevedibile che, quando la cava di calcare ampliata sarà pienamente operativa, occuperà una superficie di 30 ettari, che, rapportata alla superficie complessiva del biotopo istituito dal decreto n. 774/91 ovvero dell'attuale ZPS di 231 ettari, costituisce il 7,7%. Qualora si metta in relazione la superficie utile di 30 ettari con la ZICO LR07 vasta 47 400 ettari, la dimensione della superficie occupata diventa ancora più relativa.

113. Ciononostante, non è escluso che l'esercizio della cava di calcare comporti perturbazioni acustiche e un deterioramento del territorio di caccia dei rapaci.

114. A tale proposito il governo francese ha fatto riferimento allo schermo paesaggistico esplicitamente autorizzato al fine di ristabilire l'equilibrio del sito e a misure volte a favorire la riproduzione della selvaggina che è preda dei rapaci.

115. Tuttavia occorre chiedersi se e in che misura si debba tenere conto di tali misure compensative nell'ambito dell'esame dell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli».

116. Contrariamente all'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli», l'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat» prevede misure compensative qualora il progetto - nonostante conclusioni negative della valutazione dell'incidenza sul sito - venga ugualmente realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.

117. L'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» non prevede di per sé alcuna eccezione. Escluso il già citato interesse generale superiore riconosciuto dalla giurisprudenza per le misure volte alla tutela dell'integrità fisica e della vita delle persone , non sono in linea di principio ammissibili altre deroghe. Tuttavia, nella detta severa sentenza la Corte ha rilevato che il progetto in questione comportava «ripercussioni positive concrete per gli habitat degli uccelli» .

118. Pertanto, si potrebbe ammettere che determinate misure compensative vengano prese in considerazione nell'esame volto a stabilire se le conseguenze siano significative. Da un lato, la norma di cui all'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» non va considerata come divieto assoluto di qualsiasi intervento. Dall'altro lato, la rilevanza delle conseguenze del progetto va valutata complessivamente. A questa condizione le misure compensative stabilite o proposte dalle autorità francesi possono essere prese in esame nella valutazione d'insieme. Se si considerano la realizzazione e il rinverdimento dello schermo paesaggistico, la coltivazione di prati, la realizzazione di punti di rifornimento idrico, l'insediamento ovvero la riproduzione di piccola selvaggina, nonché l'impegno di ripristinare l'aspetto originario del paesaggio, potrebbe apparire del tutto probabile che gli habitat degli uccelli presenti sul territorio non vengano danneggiati in misura «significativa». Propongo pertanto di respingere il secondo motivo.

119. Nel caso in cui la Corte non intenda adottare la soluzione sopra proposta e decida di ammettere, ai sensi dell'art. 7 - nonostante i dubbi dal punto di vista temporale e di contenuto - l'applicabilità dell'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat», si devono aggiungere in subordine alcune considerazioni.

120. Il progetto di ampliamento della cava di estrazione di calcare dovrebbe in tal caso soddisfare le condizioni poste da detta disposizione. Innanzitutto, per quanto concerne i requisiti formulati dall'art. 6, n. 2, sull'applicazione della disposizione, è d'uopo precisare che, nonostante l'ampia concordanza della formulazione dell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli» e dell'art. 6, n. 2, della direttiva habitat, i contenuti non coincidono. Ad esempio, una «conseguenza significativa» tenuto conto dell'obiettivo dell'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva «protezione degli uccelli» non corrisponde ad una «conseguenza significativa» tenuto conto dell'obiettivo della direttiva «habitat». L'art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva «protezione degli uccelli» riguarda esplicitamente la conservazione di determinate specie di uccelli, mentre lo scopo della direttiva «habitat» è definito in maniera diversa e probabilmente più ampia . L'art. 6, nn. 2 e 3, menziona inoltre le perturbazioni che «potrebbero avere conseguenze significative» ovvero qualsiasi progetto che «possa avere incidenze significative» su una ZPS. Va da sé che la mera possibilità che si verifichino conseguenze significative comporta obblighi di prevenzione di portata più vasta rispetto ai casi in cui la conseguenza si manifesta effettivamente. L'uso del congiuntivo («auswiken könnten») denota un obbligo più generico dell'impiego dell'indicativo («auswirken») nell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli». Le considerazioni precedenti sulla rilevanza delle conseguenze non vanno pertanto necessariamente trasposte all'art. 6, n. 2, della direttiva «habitat».

121. In tal senso è assolutamente possibile, se non probabile, che l'ampliamento della cava di estrazione di calcare costituisca un «progetto» ai sensi dell'art. 6, n. 3, della direttiva «habitat». Ciò comporta necessariamente la realizzazione di una valutazione dell'incidenza sul sito, come è richiesto anche all'art. 6, n. 3. Affinché, nonostante conclusioni negative della valutazione dell'incidenza sul sito, il progetto possa essere autorizzato prevedendo misure compensative, occorre un previo esame dei motivi di deroga di cui all'art. 6, n. 4. A tale riguardo possono essere rilevanti anche interessi economici e sociali. La Commissione va informata in proposito.

122. Le autorità francesi hanno effettivamente fatto eseguire numerosi studi preliminari e sono giunte alla conclusione che il progetto sia compatibile con gli obiettivi ambientali formulati. Anche se le autorità fossero pervenute in un primo momento ad una conclusione negativa, esse avrebbero dovuto attenersi all'art. 6, n. 4, della direttiva «habitat» nel successivo corso del procedimento.

123. Ammettendo che, nell'ambito del loro esame ai sensi dell'art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», le autorità francesi fossero pervenute ad una conclusione negativa della valutazione , esse avrebbero avuto la possibilità, ai sensi dell'art. 6, n. 4, in mancanza di soluzioni alternative, di realizzare il piano o il progetto «per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica». Per quanto riguarda eventuali alternative, il governo francese ha illustrato che tale possibilità è stata esaminata a fondo ma scartata. L'alternativa esaminata dello sfruttamento dei giacimenti di calcare di Salses-Opoul avrebbe potuto essere presa in considerazione a motivo della qualità dei minerali, ma non per quanto riguarda la loro quantità.

124. Dal punto di vista procedurale le autorità francesi potevano quindi addurre motivi sociali ed economici. Nel caso di specie l'elevato tasso di disoccupazione della regione, a fronte della possibilità di mantenere ovvero di creare 200 posti di lavoro, ha sicuramente un peso. L'analisi dei singoli elementi si traduce in una decisione discrezionale che può essere esaminata solo dal punto di vista della sua legittimità, e non dell'opportunità del suo contenuto. Le autorità francesi, nell'ambito di tale processo di ponderazione, hanno evidentemente statuito in senso positivo senza che fossero rilevati gravi errori di valutazione. Lo Stato membro che sceglie di procedere ai sensi dell'art. 6, n. 4, della direttiva «habitat» ha tuttavia l'obbligo di adottare misure compensative. Il fatto che siano state deliberate siffatte misure compensative è stato già evocato nell'ambito dell'esame dell'art. 4, n. 4, della direttiva «protezione degli uccelli».

125. La Commissione sostiene a tale proposito di non essere stata informata del procedimento nelle forme stabilite dall'art. 6, n. 4. A tale obiezione il governo francese controbatte in modo convincente adducendo che tutti gli studi sono stati realizzati prima del 10 luglio 1994, data rilevante per l'applicazione della direttiva «habitat». In questo contesto temporale degli eventi non si potrebbe pretendere il rispetto dei requisiti formali derivanti da tale direttiva. Deve quindi essere determinante e sufficiente il fatto che le disposizioni della direttiva «habitat» sono state prese in considerazione dal punto di vista del contenuto .

126. In conclusione occorre pertanto rilevare che, anche se la problematica relativa all'applicazione dell'art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat» dovesse essere risolta in senso affermativo, il secondo motivo non può condurre alla condanna richiesta.

VI - Sulle spese

127. A norma dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, a norma del n. 3, primo comma, del medesimo articolo, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, la Corte può compensare in tutto o in parte le spese. Poiché la Commissione è risultata vittoriosa soltanto su una parte delle sue conclusioni, le spese vanno compensate.

VII - Conclusione

128. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di statuire come segue:

«1) La Repubblica francese, avendo omesso di classificare nel sito delle "Basses Corbières" zone di protezione speciale ai sensi delle disposizioni vigenti, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 4, n. 1, della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici;

2) Il ricorso è respinto per il resto.

3) Ciascuna delle parti sopporterà le proprie spese».