Conclusioni dell'avvocato generale Léger del 30 marzo 2000. - The Queen contro Secretary of State for the Home Department, ex parte Nana Yaa Konadu Yiadom. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Court of Appeal (England & Wales) - Regno Unito. - Libera circolazione delle persone - Deroghe - Decisioni in materia di polizia degli stranieri - Permesso temporaneo di soggiorno - Garanzie giurisdizionali - Mezzi di ricorso - Artt. 8 e 9 della direttiva 64/221/CEE. - Causa C-357/98.
raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-09265
1. La signora Yiadom, cittadina olandese originaria del Ghana, al momento del suo arrivo nel Regno Unito, veniva ammessa a titolo temporaneo nel territorio britannico in attesa dell'esame della sua domanda di ingresso da parte delle autorità nazionali competenti.
2. Dopo una serie di accertamenti, il Secretary of State for the Home Department le comunicava che, per motivi di ordine pubblico, non le veniva concesso l'ingresso, nel senso giuridico del termine, nel territorio britannico. Veniva contestato alla signora Yiadom il fatto di avere facilitato, in passato, l'ingresso illegale di altre persone nel Regno Unito. La possibilità di reiterare questo genere di infrazioni giustificava la decisione di diniego che le veniva opposta.
3. Tra i mezzi di ricorso che il diritto nazionale le consente di esperire figura l'«out of country right of appeal», la cui caratteristica consiste nel poter essere esperito solo a condizione che l'interessato non si trovi sul territorio nazionale.
4. La signora Yiadom intende beneficiare di questo diritto d'appello, ma contesta la fondatezza del requisito al quale è subordinato.
5. Pertanto, l'oggetto principale delle questioni proposte dal giudice del rinvio è costituito dal diritto per un cittadino comunitario di rimanere sul territorio di uno Stato membro, al fine di esperire un mezzo di ricorso avverso il provvedimento di diniego di ingresso di cui è destinatario. Tuttavia, la risposta a tali domande è condizionata in larga parte dalla natura del provvedimento adottato nei riguardi dell'interessata nella causa principale.
I - La normativa pertinente
La direttiva 64/221/CEE
6. La direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964 attiene al coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica .
7. Essa riguarda i provvedimenti relativi all'ingresso nel territorio, al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno, o all'allontanamento dal territorio, che sono adottati, per tali motivi, dagli Stati membri .
8. Uno dei principali obiettivi perseguiti dalla direttiva consiste nell'«(...) offrire in ogni Stato membro, ai cittadini degli altri Stati membri, idonei mezzi di ricorso avverso gli atti amministrativi in questo settore» .
9. Ai sensi dell'art. 8 della medesima direttiva: «Avverso il provvedimento (...) di ingresso [V. la successiva nota 11, NdT], di diniego di rilascio del permesso di soggiorno o del suo rinnovo, o contro la decisione di allontanamento dal territorio, l'interessato deve avere assicurata la possibilità di esperire i ricorsi consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi».
10. L'art. 9 recita testualmente:
«1. Se non sono ammessi ricorsi giurisdizionali o se tali ricorsi sono intesi ad accertare soltanto la legittimità dei provvedimenti impugnati o se essi non hanno effetto sospensivo, il provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno o quello di allontanamento dal territorio del titolare del permesso di soggiorno è adottato dall'autorità amministrativa, tranne in casi di urgenza, solo dopo aver sentito il parere di una autorità competente del paese ospitante, dinanzi alla quale l'interessato deve poter far valere i propri mezzi di difesa e farsi assistere o rappresentare secondo la procedura prevista dalla legislazione di detto paese.
La suddetta autorità deve essere diversa da quella cui spetta l'adozione dei provvedimenti di diniego del rinnovo del permesso o di allontanamento dal territorio.
2. Il provvedimento di diniego del rilascio del primo permesso di soggiorno e quello di allontanamento dal territorio prima del rilascio di tale permesso sono sottoposti, a richiesta dell'interessato, all'esame dell'autorità il cui parere preliminare è previsto al paragrafo 1. L'interessato è allora autorizzato a presentare di persona i propri mezzi di difesa a meno che non vi si oppongano motivi di sicurezza dello Stato.»
La normativa nazionale
11. L'art. 3, n. 1, dell'Immigration (European Economic Area) Order 1994 (regolamento relativo all'immigrazione all'interno dello Spazio economico europeo) dispone quanto segue:
«Salvo il disposto dell'art. 15, n. 1, un cittadino dello SEE è autorizzato a risiedere nel territorio del Regno Unito previa esibizione, al suo arrivo, di un documento d'identità o di un passaporto nazionale valido rilasciato da un altro Stato dello SEE».
12. L'art. 15, n. 1, del medesimo regolamento dispone:
«Una persona non è autorizzata a risiedere nel Regno Unito in forza dell'art. 3 qualora il suo allontanamento sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di igiene (...) la detta persona può impugnare il diniego di autorizzazione al pari di una persona alla quale sia stato negato l'ingresso e che abbia il diritto di presentare ricorso ai sensi dell'art. 13, n. 1, della legge 1971, ma il ricorso non può essere proposto fintantoché la persona permane nel Regno Unito».
13. Ai sensi dell'art. 13 dell'Immigration Act 1971 (legge relativa all'immigrazione), una persona che si è vista rifiutare l'ingresso nel territorio del Regno Unito ha il diritto di interporre appello avverso questa decisione dinanzi ad un adjudicator . Tale diritto di ricorso viene qualificato «out of country», vale a dire che può essere esperito unicamente quando l'interessato non sia più fisicamente presente nel Regno Unito, a meno che non sia titolare di un visto di ingresso ovvero di un valido permesso di lavoro .
14. Inoltre, l'Immigration Act 1971 prevede, ai nn. 16 e 21 del suo allegato 2, che qualsiasi persona che può essere sottoposta ad indagine può essere trattenuta per accertamenti sotto l'autorità di un agente del servizio di immigrazione, in attesa che il suo caso venga esaminato e che il provvedimento che gli concede o rifiuta l'ingresso nel territorio venga adottato. In alternativa al fermo per accertamenti, qualsiasi persona che possa essere detenuta per tali motivi può, con l'autorizzazione scritta di un agente del servizio di immigrazione, essere ammessa a titolo temporaneo nel Regno Unito senza essere detenuta ovvero essere rimessa in libertà. Tale ammissione a titolo temporaneo può comportare limitazioni relative, segnatamente, al diritto al lavoro, sia in caso di lavoro subordinato che in caso di esercizio di una libera professione.
15. Ai sensi dell'art. 11, n. 1, del Immigration Act 1971, viene specificamente considerata come non entrata nel territorio del Regno Unito una persona che non si è altrimenti introdotta nel territorio nazionale per tutto il tempo che essa sia trattenuta per accertamenti o ammessa a titolo temporaneo ovvero lasciata in libertà provvisoria, in forza dei poteri conferiti dall'allegato 2 di questa legge.
16. I mezzi di ricorso precedentemente descritti devono essere tenuti distinti, nel Regno Unito, dalla domanda di controllo giurisdizionale (Application for judicial Review) con la quale i giudici di diritto comune, ossia la High Court of Justice (in Inghilterra, in Galles e in Irlanda del Nord) possono controllare la legittimità delle decisioni delle pubbliche amministrazioni .
II - Fatti e procedimento
17. La signora Yiadom arrivava sul territorio britannico il 7 agosto 1995 . Essa era accompagnata da una cittadina originaria del Ghana che essa denunciava falsamente come sua figlia. Quest'ultima veniva rimpatriata nel Ghana, mentre la signora Yiadom veniva ammessa a titolo temporaneo, a condizione che non svolgesse alcuna attività lavorativa. Il provvedimento di diniego di ingresso veniva adottato dal Secretary of State il 3 marzo 1996.
18. A causa del diniego di ingresso, il permesso temporaneo di soggiorno veniva prolungato mentre, il 31 maggio 1996, veniva revocata la limitazione relativa allo svolgimento di una attività lavorativa, in attesa che venisse statuito nel merito del ricorso introdotto dall'interessata.
19. Infatti, il 17 maggio 1996, la signora Yiadom veniva autorizzata a interporre un ricorso giurisdizionale avverso la decisione del Secretary of State dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Queen's Bench Division (Crown Office). Ma, poiché questo ricorso veniva respinto l'8 luglio 1997, essa interponeva appello dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales). Essa faceva valere, da una parte, il fatto che la sua presenza non costituisse una minaccia vera o sufficientemente grave da minacciare un interesse fondamentale del Regno Unito e, dall'altra, denunciava l'esistenza di un vizio di procedura, caratterizzato dal fatto che la legge nazionale non riconosce il diritto, di cui agli artt. 8 e 9 della direttiva, di interporre appello dinanzi all'adjudicator continuando a soggiornare nel territorio del Regno Unito («in-country right of appeal»). Essa sostiene che il fatto che una persona raggiunta da un provvedimento di diniego di ingresso nel territorio di uno Stato membro possa proporre un ricorso unicamente dopo aver lasciato questo territorio («out of country right of appeal») sarebbe in contrasto con queste disposizioni.
III - Le questioni pregiudiziali
20. Ritenendo che l'interpretazione della direttiva sia necessaria ai fini della risoluzione della controversia, la Court of Appeal (England & Wales) ha deciso di sospendere il giudizio e di proporre alla Corte le seguenti sei questioni pregiudiziali:
«1. Se gli artt. 8 e 9 della direttiva del Consiglio 64/221/CEE, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica (GUCE 1964, n. 56, pag. 850) trovino entrambi applicazione nei riguardi di decisioni concernenti l'ingresso nel territorio di uno Stato membro, oppure se tali decisioni di ingresso siano soggette unicamente alle disposizioni dell'art. 8.
2. Nel caso in cui la risposta alla prima questione sia nel senso che l'art. 8, e non l'art. 9, della direttiva 64/221 trova applicazione nei riguardi di decisioni di ingresso nel territorio di uno Stato membro, se i requisiti posti dall'art. 8 siano soddisfatti da disposizioni di diritto nazionale le quali garantiscano ai cittadini di uno Stato membro, a cui venga negato l'ingresso in un altro Stato membro per ragioni di ordine pubblico, un diritto di adire organi giudiziari, diritto che può essere esercitato però unicamente quando gli interessati non siano più fisicamente presenti nello Stato membro di cui trattasi.
3. Ai fini dell'art. 8 e/o dell'art. 9 della direttiva 64/221/CEE, qualora il diritto nazionale:
- consenta alle competenti autorità, in via alternativa alla custodia, di concedere un "permesso temporaneo di soggiorno" ad un cittadino di un altro Stato membro, il quale non possieda un normale permesso di soggiorno nel territorio dello Stato ospitante, senza però concedergli "ingresso" ai sensi del diritto nazionale di tale Stato membro; e
- consenta alle competenti autorità di trattenere la persona di cui trattasi in stato di soggiorno temporaneo fino ad avvenuto espletamento delle indagini volte ad appurare se le circostanze giustifichino o meno un allontanamento della persona suddetta dallo Stato membro in oggetto per motivi di ordine pubblico,
se la successiva decisione di "negare l'ingresso" a tale persona, e quindi di escluderla dal territorio dello Stato membro per motivi di ordine pubblico, sia un provvedimento vertente sull'ingresso nel territorio di uno Stato membro, oppure abbia natura di provvedimento di espulsione dal territorio del medesimo Stato.
4. Se la risposta alla questione sub 3 possa essere diversa a seconda che il diritto nazionale consenta alle competenti autorità di adottare limitazioni al diritto al lavoro, poste inizialmente come requisito del sopraccitato permesso temporaneo di soggiorno, e le suddette autorità a ciò provvedano successivamente all'adozione della decisione di negare l'ingresso nel territorio nazionale in pendenza di un procedimento giudiziario di impugnazione di tale diniego.
5. Se la risposta alla questione sub 3 sia tale da poter essere influenzata e, in caso affermativo, in che modo, dall'eventuale lentezza (a) nel "negare l'ingresso" e/o (b) nel dare attuazione al provvedimento suddetto, allontanando concretamente la persona di cui trattasi dal territorio dello Stato membro.
6. Se la risposta alla questione sub 5 sia a sua volta tale da poter essere influenzata e, in caso affermativo, in che modo, dal fatto che il ritardo nel dare attuazione al provvedimento di "negare l'ingresso" sia dovuto ad un procedimento giudiziario volto a statuire in merito alla legittimità del provvedimento medesimo».
IV - Sul contenuto delle questioni pregiudiziali
21. Per fugare qualsiasi ambiguità che potrebbe risultare dalla complessità di alcuni elementi del fascicolo, è opportuno ricordare che due punti sono considerati acquisiti nella causa principale.
22. Da una parte, la signora Yiadom è una cittadina comunitaria, essendo di nazionalità olandese. Questo dato non è assolutamente messo in dubbio ed è confermato dal fatto che le questioni proposte dal giudice del rinvio si riferiscono all'interpretazione della direttiva 64/221, la cui applicazione è limitata, secondo il disposto dell'art. 1, ai cittadini degli Stati membri.
23. Dall'altra, la Court of Appeal, nel passaggio dell'ordinanza di rinvio dedicata a ciò che essa qualifica come «impugnazione classica » per distinguerlo dal ricorso di cui agli artt. 8 e 9 della direttiva, afferma di non dubitare della fondatezza del provvedimento adottato nei confronti della signora Yiadom per motivi di ordine pubblico .
Come emerge dalla formulazione delle questioni proposte, il giudice del rinvio non chiede quindi di essere illuminato sui criteri utilizzati per qualificare il comportamento dell'interessata all'origine del provvedimento di diniego di ingresso. La Court of Appeal vuole solo ottenere elementi interpretativi degli artt. 8 e 9 della direttiva, fatto che restringe l'oggetto dell'esame della Corte ai mezzi di ricorso esperibili avverso la decisione adottata nei confronti di un cittadino della Comunità che si reca in un altro Stato membro.
24. La prima questione pregiudiziale mira a determinare se una decisione relativa all'ingresso di un cittadino comunitario nel territorio di uno Stato membro rientri nell'ambito di applicazione degli artt. 8 e 9 della direttiva oppure del solo art. 8, l'unico di questi due articoli che si riferisca ai «provvedimenti (...) di ingresso».
25. La terza, quarta, quinta e sesta questione hanno in comune il fatto di descrivere le circostanze che accompagnano il provvedimento di diniego di ingresso adottato nei confronti della signora Yiadom, così ad esempio il fatto di essere stata ammessa a titolo temporaneo sul territorio britannico ovvero il tempo trascorso tra il suo arrivo nel Regno Unito e la decisione.
Proponendo tali questioni, il giudice britannico vuole sapere se, tenuto conto di questi elementi, la qualifica «provvedimento di ingresso» sia giustificata o se, invece, non sia il caso di parlare, più correttamente, di un provvedimento di allontanamento.
26. Un cambiamento di qualifica non sarebbe privo di conseguenze sui mezzi di ricorso esperibili avverso la decisione contestata. L'art. 9 non menziona i «provvedimenti di ingresso», cosicché si può ragionevolmente dedurne che la procedura da esso prevista non sia loro applicabile. Al contrario, se una delle qualificazioni previste dall'art. 9 dovesse essere attribuita al provvedimento contestato, questo sarebbe sottoposto alle disposizioni della normativa nazionale che rientrano nell'ambito di applicazione di questo testo e alle garanzie procedurali da esso previste.
27. E' necessario quindi riunire la prima e le ultime quattro questioni per precisare se, tenuto conto delle circostanze della causa principale, un provvedimento come quello adottato nei confronti della signora Yiadom possa essere considerato un «provvedimento di ingresso».
28. In altri termini, è opportuno verificare se l'art. 8 della direttiva debba essere interpretato nel senso che costituisce un «provvedimento (...) di ingresso», ai sensi di questo articolo, non rientrando pertanto nel campo di applicazione delle disposizioni dell'art. 9, il provvedimento che rifiuta a un cittadino comunitario privo di permesso di soggiorno il diritto di ingresso nel territorio di uno Stato membro, in una fattispecie come quella in esame nella causa principale, in cui:
- l'interessato sia stato ammesso a titolo temporaneo su questo territorio, in attesa dell'adozione di un provvedimento,
- diversi mesi siano trascorsi tra il suo arrivo e il provvedimento di ingresso,
- successivamente all'adozione del provvedimento di ingresso, l'interessata sia stata autorizzata a svolgere un'attività lavorativa su questo territorio, in attesa che venisse statuito in merito al ricorso giurisdizionale di legittimità introdotto avverso questa decisione,
- il provvedimento di ingresso non sia stato, ancora oggi, eseguito,
- il ritardo accumulato nell'esecuzione del provvedimento di ingresso sia dovuto alla introduzione del ricorso giurisdizionale.
29. Con la seconda questione pregiudiziale si vuole accertare se l'art. 8 della direttiva debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro può subordinare la proposizione di un mezzo di ricorso avverso un «provvedimento (...)di ingresso» adottato nei confronti di un cittadino comunitario alla condizione che quest'ultimo abbia preliminarmente lasciato il suo territorio.
Secondo la formulazione dell'ordinanza di rinvio, la questione deve essere esaminata nell'ipotesi in cui un «provvedimento (...) di ingresso», ai sensi dell'art. 8, rientri nel campo di applicazione dell'art. 8 e non dell'art. 9.
30. Pertanto, è opportuno esaminare, nell'ordine, la prima e le quattro ultime questioni e, se del caso, la seconda questione pregiudiziale.
V - La nozione di «provvedimento di diniego di ingresso», ai sensi dell'art. 8 della direttiva (prima e terza-sesta questione pregiudiziale)
31. Dall'art. 8 della direttiva risulta che a qualsiasi cittadino comunitario deve essere assicurata la possibilità di esperire, contro i provvedimenti che lo riguardano, i ricorsi consentiti ai cittadini avverso gli atti amministrativi.
Uno Stato membro non può quindi istituire per questa categoria di cittadini ricorsi disciplinati da procedure particolari che offrano minori garanzie di quelle offerte nell'ambito dei ricorsi esperibili dai cittadini avverso gli atti dell'amministrazione .
32. L'art. 9 della direttiva ha una funzione complementare rispetto all'art. 8. Le sue disposizioni mirano ad assicurare un minimo di garanzie procedurali alle persone colpite da una delle misure di cui all'art. 9, nelle seguenti tre ipotesi, previste nel n. 1 dello stesso articolo: «Se non sono ammessi ricorsi giurisdizionali o se tali ricorsi sono intesi ad accertare soltanto la legittimità dei provvedimenti impugnati o se essi non hanno effetto sospensivo» .
33. Le misure enunciate all'art. 9 sono il provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, l'allontanamento dal territorio del titolare del permesso di soggiorno (n. 1), il diniego del rilascio del primo permesso di soggiorno, l'allontanamento dal territorio prima del rilascio di tale permesso (n. 2).
34. Quando un ricorso, che rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 8 ed è proposto avverso uno di questi provvedimenti, è ricompreso in una delle tre categorie previste all'art. 9, n. 1, questo articolo impone l'intervento di una autorità indipendente abilitata a rendere un parere sul provvedimento contestato in presenza dell'interessato.
35. Tuttavia, come ho già esposto, il meccanismo di compensazione procedurale messo così in opera non riguarda i ricorsi proposti avverso tutte le misure adottate in materia di ingresso e di soggiorno. L'intervento della autorità indipendente è, infatti, previsto per i ricorsi esperibili contro i provvedimenti precedentemente descritti, tra i quali non figurano i «provvedimenti di ingresso» .
36. Bisogna dunque dedurre che un «provvedimento (...) di ingresso», ai sensi dell'art. 8, esula dalle disposizioni dell'art. 9, anche quando non possa essere oggetto di un ricorso giurisdizionale oppure quando sia unicamente possibile un ricorso giurisdizionale limitato all'esame della legittimità ovvero un ricorso giurisdizionale esaustivo ma che non produce effetto sospensivo . Ora, la garanzia procedurale minima prevista da quest'ultimo articolo comprende il diritto per l'interessato di «(...) far valere i propri mezzi di difesa e farsi assistere o rappresentare secondo la procedura prevista dalla legislazione di detto paese» o di «(...) presentare di persona i propri mezzi di difesa a meno che non vi si oppongano motivi di sicurezza dello Stato» .
37. Ai sensi della legge nazionale applicabile nel caso specifico, il provvedimento contestato è un provvedimento di diniego di ingresso. Lo status della signora Yiadom sul territorio britannico è qualificato come «permesso temporaneo di soggiorno», che significa, secondo i termini dell'Immigration Act 1971 che l'interessata viene considerata al di fuori del territorio del Regno Unito per tutto il periodo in cui essa beneficia del detto permesso temporanea.
38. La signora Yiadom pertanto è stata ammessa a soggiornare fisicamente sul territorio britannico per diversi mesi, pur essendole, da un punto di vista giuridico, proibito l'ingresso in questo territorio.
39. Per quanto sorprendente possa essere, questa situazione è motivata da considerazioni assolutamente comprensibili. Infatti, non si può contestare a uno Stato membro di istruire nel migliore dei modi il provvedimento che potrebbe portarlo ad allontanare un cittadino comunitario, incidendo in tal modo sul principio della libera circolazione delle persone, anche se, facendo ciò, si avvale di una facoltà prevista dal Trattato. Deve ammettersi che tali precauzioni, adottate nell'interesse della persona implicata, possono richiedere un certo periodo di tempo.
40. Aggiungo che misure che consentono ad un individuo di soggiornare sul territorio nazionale, in attesa dell'adozione del provvedimento che riguarda il suo diritto di ingresso, e quindi di potervi svolgere un'attività lavorativa, in attesa di un ricorso giurisdizionale, non possono essere considerate tali da ledere, di per se stesse, il principio della libera circolazione.
41. Nondimeno, resta il fatto che, ai fini dell'applicazione degli artt. 8 e 9, la circostanza che il provvedimento contestato sia intervenuto dopo un soggiorno prolungato dell'interessata compiuto in condizioni simili a quelle di un cittadino comunitario regolarmente ammesso sul territorio nazionale mi induce a riflettere sulla vera natura di questo provvedimento, con riferimento alla nozione di «provvedimento (...) di ingresso», di cui all'art. 8.
42. Preciso subito che questa nozione non può dipendere dalle qualificazioni adottate dalle legislazioni nazionali.
43. Risulta, infatti, dalla giurisprudenza consolidata della Corte che «l'ordinamento giuridico comunitario non intende, in via di principio, definire le sue nozioni ispirandosi ad uno o più ordinamenti giuridici nazionali senza un'espressa precisazione in tal senso» .
44. Questo principio non vale soltanto per le disposizioni del Trattato o per i regolamenti, ma si applica anche alle direttive . L'interpretazione di un termine impiegato in una disposizione di una direttiva «(...) che non rinvia al diritto degli Stati membri per la determinazione del proprio significato e del proprio contenuto (...) non può essere lasciata alla discrezione di ciascuno Stato membro» . Ora, la direttiva non fa alcun riferimento al diritto degli Stati membri, circostanza che corroborerebbe la validità di interpretazioni diverse a seconda delle legislazioni nazionali.
45. L'applicazione uniforme del diritto comunitario così come il principio di uguaglianza impongono questa conclusione .
46. L'obiettivo del coordinamento dei regimi speciali istituiti dagli Stati membri per gli stranieri, perseguito dalla direttiva, va nella stessa direzione. Il coordinamento «(...) presuppone, in particolare, un ravvicinamento delle procedure seguite in ciascuno Stato membro per far valere motivi di ordine pubblico (...)» .
47. La direttiva non ha certamente per obiettivo quello di raggiungere un'assoluta uniformità delle procedure nazionali in materia. Tuttavia, i mezzi di ricorso esperibili avverso provvedimenti che limitano la libera circolazione delle persone devono presentare alcune caratteristiche comuni, sia per ragioni di parità di trattamento delle persone interessate che per le garanzie connesse al rispetto del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo.
48. Occorre, poi, ricercare i motivi che hanno indotto il legislatore comunitario a creare ricorsi diversi a seconda del tipo di provvedimento, al fine di chiarire il contenuto della nozione di «provvedimento di ingresso».
49. La distinzione non è facile da spiegare, soprattutto perché la direttiva non offre alcuna informazione che possa giustificarla.
50. Il fatto che un provvedimento adottato nei confronti di un cittadino comunitario, in materia di ingresso e di soggiorno, sia abbinato a mezzi di ricorso sensibilmente meno garantisti dei suoi diritti rispetto a quelli che sono esperibili avverso altri provvedimenti dello stesso tipo, fondati nondimeno su identici motivi di ordine pubblico, può essere giustificato soltanto dalla diversità di obiettivi perseguiti.
Da qui la necessità di verificare ciò che distingue un cittadino comunitario, raggiunto da un provvedimento di diniego di ingresso, da quello che, per esempio, si trova opposto a un provvedimento di diniego del rilascio del primo permesso di soggiorno oppure a un provvedimento di allontanamento prima del rilascio di tale permesso.
51. In principio, il destinatario di un provvedimento di diniego di ingresso si trova alla frontiera dello Stato membro quando viene a conoscenza di questo. Allo stesso modo, se è entrato in questo territorio, egli è quanto meno sottoposto al controllo diretto delle autorità competenti di questo Stato, per tutto il tempo necessario alla decisione, in modo tale che il suo ingresso nel territorio è effettivamente limitato.
52. Per questo motivo ritengo che la distinzione tra l'art. 8 e l'art. 9 tenga conto del luogo in cui si trova fisicamente il cittadino comunitario e, se è entrato materialmente nel territorio dello Stato membro di destinazione, del tempo che vi ha soggiornato e delle condizioni del suo soggiorno, nel momento in cui il provvedimento di diniego viene adottato e in cui si pone la questione dei mezzi di ricorso.
53. L'ingresso materiale di un individuo nel territorio di uno Stato membro costituisce, infatti, il primo stadio delle relazioni che un cittadino straniero può mantenere con uno Stato membro diverso dal suo. Il soggiorno prolungato e regolare, da un punto di vista amministrativo, in questo Stato costituisce una tappa ulteriore di questo processo. A partire dal primo stadio, la persona presente sul territorio nazionale, anche quando sia in attesa della regolarizzazione della sua situazione, beneficia obiettivamente di diverse occasioni per tessere relazioni sociali, personali o professionali, rispetto alla persona che non ha ancora superato le frontiere. In definitiva, essa è più integrata nello Stato ospitante.
54. Solo così si spiega il fatto che ogni riesame della situazione di un cittadino comunitario, che sia regolarmente stabilito sul territorio di uno Stato membro (diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, allontanamento dal territorio del titolare di un permesso di soggiorno), o che sia effettivamente entrato in questo territorio nella speranza di rimanervi (diniego del rilascio del primo permesso di soggiorno, allontanamento prima del rilascio di tale permesso), sia accompagnato da garanzie minime che riservano all'interessato il diritto di contestare il provvedimento controverso con efficaci mezzi di ricorso.
55. Le modalità di impugnazione dei provvedimenti adottati in materia devono trovare un equilibrio tra la necessaria tutela dell'ordine pubblico, che motiva la decisione contestata, e la legittima tutela del diritto dell'individuo a invocare la libera circolazione delle persone sul territorio della Comunità.
56. Il carattere limitato dei mezzi di ricorso previsti per le persone respinte alla frontiera per motivi di ordine pubblico si spiega, conseguentemente, con il fatto che il loro interesse ad entrare e a soggiornare sul territorio dello Stato membro di destinazione non è, in principio, così marcato come nel caso in cui vi avessero già soggiornato.
57. Da ciò discende che la qualificazione di «provvedimento di ingresso» può difficilmente essere attribuita senza tenere conto del fatto che, nel caso specifico, l'interessata è effettivamente entrata nel territorio nazionale e che vi ha soggiornato diversi mesi.
58. Un cittadino comunitario che ha beneficiato di un «permesso temporaneo di soggiorno» sul territorio nazionale non si trova in una situazione diversa, dal punto di vista della sua presenza materiale su questo territorio, da quella di un cittadino comunitario che già vi si trovi in attesa del rilascio o del rinnovo di un permesso di soggiorno. Per quanto provvisoria, per definizione, la presenza fisica dell'interessato è la conseguenza del fatto che egli ha superato le frontiere e si trova, materialmente, sul territorio dello Stato membro di destinazione.
59. La signora Yiadom non ha sicuramente esercitato alcuna attività professionale prima che il provvedimento di diniego di ingresso fosse adottato. Tuttavia, l'organizzazione materiale del suo soggiorno, reso necessario dalla sua presenza effettiva e prolungata sul territorio britannico, l'ha posta in una situazione più difficile di quella in cui si sarebbe trovata semplicemente se un provvedimento di diniego di ingresso le fosse stato opposto alla frontiera. A questo proposito, un provvedimento come quello adottato nei suoi confronti assomiglia piuttosto ad un provvedimento che le ingiunga di allontanarsi dal territorio nazionale.
60. L'elemento che distingue una persona ammessa a titolo temporaneo da altri cittadini comunitari opposti a una decisione che rimetta in causa il loro diritto di soggiorno si riferirebbe piuttosto alla durata della sua presenza sul territorio dello Stato membro di destinazione. Colui che chiede il rinnovo del suo permesso di soggiorno è, per definizione, presente dal momento della concessione del primo permesso di cui beneficiava. Egli si trova quindi sul territorio dello Stato membro di destinazione da molto più tempo rispetto alla persona che è stata ammessa con riserva di un esame della sua situazione rispetto alle esigenze dell'ordine pubblico nazionale.
61. Colui che ha presentato una prima richiesta di permesso di soggiorno non è, al contrario, sempre in tale situazione. La sua richiesta non testimonia necessariamente del compimento di un soggiorno preliminare prolungato o più lungo della durata media del «permesso di soggiorno a titolo temporaneo», nello Stato membro in causa.
62. Ne è prova il fatto che la signora Yiadom è rimasta sul territorio britannico a partire dal 7 agosto 1995, data del suo arrivo, fino al 3 marzo 1996, data del provvedimento di diniego di ingresso, e cioè sette mesi, mentre, secondo l'art. 5, n. 1, primo comma, della direttiva: «La decisione relativa alla concessione o al diniego del primo permesso di soggiorno deve essere presa nel più breve termine, ed al più tardi entro sei mesi dalla domanda» .
63. Risulta dunque che il tempo prescritto per una decisione relativa a un permesso di soggiorno non è, per natura, maggiore di quello prescritto per un provvedimento di diniego di ingresso. Dal punto di vista del diritto a una tutela giurisdizionale efficace, niente consente di distinguere il destinatario di un provvedimento di diniego di ingresso fisicamente presente sul territorio nazionale da diversi mesi da una persona che richieda un permesso di soggiorno, posta nella stessa situazione .
64. Lo stesso ragionamento vale in caso di «provvedimento di allontanamento dal territorio prima del rilascio di tale permesso», ai sensi dell'art. 9, n. 2. Non si può, in principio, escludere l'ipotesi nella quale un cittadino comunitario indesiderabile venga espulso, per motivi di ordine pubblico, al termine di un brevissimo soggiorno, fatto che lo porrebbe nella stessa situazione di una persona ammessa a titolo temporaneo.
65. In ciascuno di questi casi, il provvedimento adottato nei confronti dell'interessato ha l'effetto di allontanarlo dal territorio dello Stato membro in cui si trovava da un certo periodo e nel quale gli veniva riconosciuto il diritto di soggiorno in condizioni di libertà simili, se non identiche, a quelle di un altro cittadino comunitario e perfino di un cittadino dello stesso paese .
66. Non esiste pertanto alcun motivo per riservargli mezzi di ricorso diversi privandolo della garanzia procedurale di cui all'art. 9, nel caso in cui la legislazione nazionale non gli assicuri un ricorso giurisdizionale, esaustivo e sospensivo.
67. Nel caso specifico, l'autorizzazione ad esercitare un'attività lavorativa, rilasciata successivamente al provvedimento di diniego di ingresso, in attesa che fosse deciso in merito al ricorso giurisdizionale, e il ritardo nella esecuzione del provvedimento di diniego, imputabile al medesimo ricorso, non devono, a mio parere, essere tenuti in considerazione nella qualificazione del provvedimento contestato.
68. Così come il permesso temporaneo di soggiorno prima del diniego di ingresso, la revoca delle limitazioni allo svolgimento di un'attività lavorativa è destinata a rendere più tollerabile l'attesa resa necessaria dalla preparazione o dall'esame dei motivi del provvedimento. Conseguentemente, tale mitigazione delle condizioni di soggiorno sul territorio nazionale permette anche di rendere più stretti i legami esistenti tra il cittadino comunitario e lo Stato ospitante.
69. Tuttavia, queste circostanze, successive alla decisione contestata, non possono influire, una volta adottata quest'ultima, sulla qualifica che le è data. Adottando un provvedimento di diniego di ingresso, le autorità competenti si sono pronunciate in modo esplicito sul diritto dell'interessata ad entrare nel territorio nazionale. Poiché il divieto di ingresso le era stato chiaramente notificato, lo Stato membro può più liberamente organizzare il soggiorno provvisorio della persona respinta autorizzandola ad esercitare una attività professionale fino all'esaurimento dei mezzi di ricorso.
Inoltre, la qualificazione giuridica data al provvedimento in causa determina il regime dei ricorsi, in quanto un «provvedimento di ingresso» è disciplinato in modo diverso, sotto questo aspetto, dalla direttiva. Sarebbe illogico che questa qualificazione potesse essere modificata successivamente all'adozione del provvedimento, per il sopraggiungere di circostanze nuove, proprio nel momento in cui si deve statuire in merito al ricorso introdotto avverso quest'ultimo.
70. Per quanto riguarda il ritardo accumulato nell'esecuzione del provvedimento contestato, la Commissione ha ricordato, giustamente, i termini della sentenza 20 settembre 1990, Sevince , secondo cui una persona che aspira al riconoscimento di un diritto di soggiorno non può «(...) ottenere tale diritto per il semplice fatto che egli, a seguito del diniego, da parte delle autorità nazionali, del rilascio di un permesso di soggiorno valido per questo periodo e della proposizione, contro tale diniego, di un rimedio giurisdizionale previsto dall'ordinamento giuridico nazionale, ha fruito dell'effetto sospensivo connesso al suo ricorso e ha potuto in tal modo ottenere, in via provvisoria e nelle more della definizione della controversia, l'autorizzazione a soggiornare nello Stato membro di cui trattasi e ad esercitare ivi una attività lavorativa subordinata» .
71. Questo principio deve essere trasposto nella presente fattispecie. Benché enunciato in un altro contesto giuridico , esso interessa anche i rapporti tra il principio della libera circolazione delle persone e i mezzi di ricorso predisposti per garantirne la effettività. Aggiungo che questi non devono essere sviati dal loro obiettivo, che consiste nel permettere il riesame o il controllo della legittimità del provvedimento contestato e non di trarre un diritto di soggiorno supplementare dal connesso effetto sospensivo.
72. Il provvedimento contestato deve quindi essere qualificato, secondo gli artt. 8 e 9 della direttiva, a partire dagli elementi di cui dispongono le autorità competenti nel momento in cui esse si sono pronunciate, di modo che il tempo trascorso tra questo provvedimento e quello che statuisce sul ricorso non può essere preso in considerazione. La stessa conclusione vale per le condizioni in cui l'interessato, che beneficia di un permesso temporaneo di soggiorno, risiede sul territorio nazionale aspettando la decisione in merito al suo ricorso. L'autorizzazione allo svolgimento di una attività professionale è, a questo proposito, ininfluente.
73. Tenuto conto di quanto precede, concludo che non costituisce un «provvedimento di ingresso», ai sensi dell'art. 8 della direttiva, un provvedimento, come quello in esame nella causa principale, che rifiuta l'ingresso nel territorio nazionale di uno Stato membro ad un cittadino comunitario privo di permesso di soggiorno, quando questo è stato ammesso a titolo temporaneo e ha soggiornato diversi mesi sul territorio dello Stato membro, in attesa di questo provvedimento.
74. Al contrario, un provvedimento simile presenta le caratteristiche di una «decisione di allontanamento dal territorio», ai sensi dell'art. 8 della direttiva.
75. Il tempo trascorso tra il provvedimento contestato e la sua esecuzione, il fatto che questo ritardo sia imputabile all'introduzione di un ricorso per motivi di legittimità e la circostanza che, posteriormente al provvedimento di diniego di ingresso, l'interessato sia stato autorizzato ad esercitare una attività professionale, non costituiscono elementi tali da incidere sulla qualificazione attribuita al provvedimento in causa.
VI - Sulla seconda questione pregiudiziale
76. La questione formulata dalla Court of Appeal attiene al principio di diritto nazionale secondo cui un cittadino comunitario a cui sia stato negato l'ingresso nel territorio di uno Stato membro con un «provvedimento di ingresso», ai sensi dell'art. 8 della direttiva, può esperire un ricorso giurisdizionale solo a condizione che abbia lasciato questo territorio.
77. Dalla formulazione della questione risulta che il giudice del rinvio chiede alla Corte di fornirgli elementi di interpretazione dell'art. 8, su questo punto, nell'ipotesi in cui una decisione di rifiuto di ingresso, così come quella adottata nei confronti della signora Yiadom, dovesse essere qualificata come «provvedimento di ingresso», cosicché dovrebbe rientrare nell'ambito di applicazione di questo articolo e non nel campo dell'art. 9.
78. Ho evidenziato che non è questa la fattispecie in esame e che il provvedimento contestato deve essere qualificato in termini diversi.
79. Così come risulta dalle osservazioni della Commissione, i mezzi di ricorso previsti dalla legislazione nazionale non sono gli stessi in caso di provvedimento di diniego di ingresso, ai sensi dell'art. 15, n. 1, dell'Immigration Order 1994, da una parte e, in caso di decisione di allontanamento, ai sensi dell'art. 15, n. 2, di questo testo, o di rifiuto o di ritiro del permesso di soggiorno, ai sensi dell'art. 18 dello stesso testo, dall'altra.
80. Secondo la Commissione, in queste ultime ipotesi relative all'allontanamento o al permesso di soggiorno del cittadino comunitario, quest'ultimo potrebbe esperire il ricorso anche se si trovi nel Regno Unito (in-country right of appeal) .
81. Questi elementi relativi alla legislazione nazionale confermano il contenuto della seconda questione pregiudiziale, proposta nella sola ipotesi in cui la qualificazione della misura controversa comportasse la proposizione di un mezzo di ricorso subordinato alla assenza del ricorrente. Tenuto conto della risposta alle precedenti questioni pregiudiziali, la presente questione è divenuta priva di oggetto.
Conclusione
82. Tenuto conto di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere nel modo seguente alle questioni formulate dalla Court of Appeal (England & Wales):
«L'art. 8 della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1964, 64/221/CEE, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, deve essere interpretato nel senso che costituisce una "decisione di allontanamento dal territorio" e non un "provvedimento di ingresso", ai sensi del medesimo testo, il provvedimento con il quale uno Stato membro rifiuta al cittadino di un altro Stato membro privo di permesso di soggiorno il diritto di entrare nel proprio territorio, in una fattispecie come quella della causa principale, in cui un cittadino comunitario è stato ammesso a titolo temporaneo sul territorio dello Stato membro di destinazione, secondo la normativa nazionale, fatto che gli ha consentito di entrare in questo territorio e di soggiornare ivi per un periodo di sette mesi senza essere sottoposto a un controllo diretto e continuo da parte delle autorità nazionali competenti, in attesa di questo provvedimento.
Il tempo trascorso tra il provvedimento e la sua esecuzione, il fatto che questo ritardo sia imputabile alla proposizione di un ricorso per motivi di legittimità e la circostanza che, posteriormente all'adozione di questo, l'interessato sia stato autorizzato ad esercitare una attività professionale non costituiscono elementi tali da incidere sulla qualificazione attribuita al provvedimento in causa».