61998C0352

Conclusioni dell'avvocato generale Fennelly del 27 gennaio 2000. - Laboratoires pharmaceutiques Bergaderm SA e Jean-Jacques Goupil contro Commissione delle Comunità europee. - Ricorso contro una sentenza del Tribunale - Responsabilità extra-contrattuale della Comunità - Emanazione della direttiva 95/34/CE. - Causa C-352/98 P.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-05291


Conclusioni dell avvocato generale


1 Il presente ricorso avverso la sentenza del Tribunale di primo grado Bergaderm e Goupil/Commissione (1) è degno di nota soprattutto in quanto solleva la questione se una direttiva possa essere ritenuta di carattere amministrativo, anziché normativo, al fine di determinare il grado di illegittimità del comportamento dell'istituzione che ha adottato l'atto nell'ambito di un'azione di risarcimento per responsabilità extracontrattuale.

I - Normativa pertinente

2 Il terzo `considerando' della direttiva del Consiglio 27 luglio 1976, 76/768/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici (2) (in prosieguo: la «direttiva sui prodotti cosmetici»), come modificata in particolare dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/35/CEE (3), enuncia che la legislazione comunitaria nel settore dei cosmetici deve proporsi l'obiettivo della salvaguardia della sanità pubblica. Secondo il nono `considerando', il progresso della tecnica esige un rapido adeguamento delle prescrizioni tecniche definite da detta direttiva e da ulteriori direttive in materia.

3 L'art. 4 della direttiva sui prodotti cosmetici impone agli Stati membri di vietare l'immissione in commercio, oltre i limiti stabiliti ed al di fuori delle condizioni indicate dalla direttiva, dei prodotti cosmetici contenenti le sostanze menzionate, tra l'altro, nell'«elenco delle sostanze il cui uso è vietato nei prodotti cosmetici», di cui all'allegato II della direttiva.

4 Ai sensi dell'art. 9 della direttiva sui prodotti cosmetici è istituito un comitato per l'adeguamento al progresso tecnico delle direttive volte all'eliminazione degli ostacoli tecnici agli scambi nel settore dei prodotti cosmetici (in prosieguo: il «comitato per l'adeguamento»), composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.

5 Con decisione della Commissione 19 dicembre 1977, 78/45/CEE (4) è stato istituito un comitato scientifico di cosmetologia (in prosieguo: il «comitato scientifico») presso la Commissione. Ai sensi dell'art. 2 di tale decisione, il compito che il comitato è chiamato a svolgere consiste nel fornire pareri alla Commissione su qualsiasi problema di carattere scientifico e tecnico riguardante i prodotti cosmetici e, in particolare, sulle sostanze utilizzate per la preparazione dei prodotti cosmetici e sulle condizioni di utilizzazione di tali prodotti. La medesima decisione dispone che i membri del comitato sono nominati dalla Commissione tra «personalità scientifiche altamente qualificate e competenti nei settori [dei prodotti cosmetici]» (art. 4), che i rappresentanti dei servizi interessati della Commissione partecipano alle riunioni del comitato (art. 8, n. 2), che la Commissione può invitare a partecipare a tali riunioni anche «personalità particolarmente competenti negli argomenti allo studio» (art. 8, n. 3), e che il comitato scientifico può anche costituire nel suo ambito gruppi di lavoro che si riuniscono su convocazione della Commissione (artt. 7 e 8).

6 L'art. 8, n. 2, della direttiva sui prodotti cosmetici dispone che le modifiche necessarie per adeguare l'allegato II al progresso tecnico sono determinate secondo la procedura di cui all'art. 10. L'art. 10, n. 2, dispone che il rappresentante della Commissione presenta al comitato per l'adeguamento un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere in merito a tale progetto entro il termine che il presidente può stabilire in relazione all'urgenza del problema in causa. L'art. 10, n. 3, dispone quanto segue:

«a) La Commissione adotta le misure progettate, quando sono conformi al parere del comitato.

b) Quando le misure progettate non sono conformi al parere formulato dal comitato o in mancanza di parere, la Commissione sottopone immediatamente al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.

c) Se, al termine di un periodo di tre mesi dal momento in cui la proposta è pervenuta al Consiglio, quest'ultimo non ha deliberato, le misure in parola sono adottate dalla Commissione».

7 Dopo una serie di studi e di consultazioni avviata nel 1987, brevemente descritti in appresso, la diciottesima direttiva della Commissione 10 luglio 1995, 95/34/CE, recante adattamento al progresso tecnico degli allegati II, III, VI e VII della direttiva 76/768/CEE del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici (5) (in prosieguo: «la direttiva controversa»), ha inserito il seguente testo al numero d'ordine 358 dell'allegato II della direttiva controversa:

«Furocumarine (per esempio trioxysalan, metossi-8-psoralene, metossi-5-psoralene), salvo tenori normali nelle essenze naturali impiegate.

Nei prodotti di protezione solare e negli abbronzanti, le furocumarine devono essere presenti in quantità inferiori a 1 mg/kg».

L'art. 2 della direttiva controversa impone agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie affinché, a partire dal 1_ luglio 1996, né i fabbricanti né gli importatori stabiliti nella Comunità mettano in commercio prodotti non conformi alle disposizioni della direttiva e, a partire dal 1_ luglio 1997, detti prodotti non possano essere venduti, né ceduti al consumatore finale.

II - I fatti

8 La prima ricorrente, la Laboratoires Pharmaceutiques Bergaderm (in prosieguo: la «Bergaderm»), è una società le cui attività all'epoca dei fatti consistevano nella produzione, nell'acquisto, nella vendita e nel commercio di creme e oli solari, «acque di toeletta» e profumi. Il secondo ricorrente, il signor Jean-Jacques Goupil, era presidente del suo consiglio di amministrazione. Il 10 ottobre 1995, a conclusione di una procedura concorsuale avviata il 6 luglio 1995, è stata dichiarata la liquidazione giudiziale della Bergaderm.

9 Uno dei prodotti della Bergaderm era il Bergasol, un olio solare contenente, oltre a olio vegetale e filtri, essenza di bergamotto. Tra le molecole componenti l'essenza di bergamotto figurano «psoraleni», denominati anche «furocumarine». Uno di essi è il «bergaptene», noto nel mondo scientifico con il nome di 5-Metossi-psoralene (in prosieguo: il «5-MOP»). Il 5-MOP è fortemente fotodinamizzante; pertanto, come componente del Bergasol, l'essenza di bergamotto accelera considerevolmente il processo di abbronzatura (6). Tuttavia, si sospetta che il 5-MOP, allo stato puro, sia potenzialmente cancerogeno. Sono stati effettuati numerosi studi per verificare se il 5-MOP sia potenzialmente cancerogeno anche in quanto componente dell'essenza di bergamotto utilizzata in un prodotto abbronzante. Tali studi hanno condotto a conclusioni ampiamente divergenti (7).

10 Nel marzo del 1987, il governo tedesco ha chiesto alla Commissione di esaminare l'idea di limitare la concentrazione massima di psoraleni di origine naturale negli oli solari. La Commissione ha sollecitato un parere al comitato scientifico. Lo studio effettuato da uno dei membri del comitato scientifico concludeva che il 5-MOP, in presenza di raggi ultravioletti, è altamente fototossico e fotomutageno e quindi potenzialmente cancerogeno (8). Nonostante qualche disaccordo tra i suoi membri, il 2 ottobre 1990 il comitato scientifico ha raccomandato che 1 mg/kg fosse la concentrazione massima di 5-MOP negli oli solari.

11 Nel giugno del 1991 i ricorrenti hanno organizzato un seminario sugli effetti degli psoraleni, a conclusione del quale numerosi scienziati hanno firmato un documento nel quale dichiaravano che il rischio di effetti fotomutageni e fotocancerogeni del 5-MOP era insignificante allorché l'utilizzo di tale molecola avveniva in combinazione con filtri solari. In seguito, il comitato scientifico ha invitato numerosi esperti non facenti parte del comitato ad una riunione tenutasi il 24 settembre 1991 per discutere i risultati del seminario. Dopo aver riferito sulle loro ricerche sperimentali con oli solari contenenti essenza di bergamotto ad una concentrazione di 5-MOP oscillante tra 15 e 50 mg/kg, vari scienziati hanno affermato che le protezioni solari contenenti 5-MOP non erano meno sicure di quelle che non contenevano tale sostanza, o addirittura più sicure (9). Ciononostante, il 4 novembre 1991 il comitato scientifico ha ribadito la propria raccomandazione.

12 Il comitato per l'adeguamento si è riunito una prima volta il 17 dicembre 1991 a proposito degli psoraleni in quanto componenti di oli solari, senza riuscire ad adottare alcuna conclusione. In una nuova riunione del 1_ giugno 1992, nel corso della quale la Commissione aveva chiesto al comitato per l'adeguamento di prendere posizione su due proposte alternative, consistenti in una limitazione della concentrazione di psoraleni nei prodotti solari a 60 mg/kg, o una limitazione a 1 mg/kg, metà dei membri del comitato scientifico si è pronunciata in favore della prima proposta, e l'altra metà in favore della seconda. Il 2 giugno 1992, il comitato scientifico ha confermato il suo parere del 4 novembre 1991 (con il quale proponeva una limitazione a 1 mg/kg), e così ha fatto nuovamente il 24 giugno 1994, nonostante il protrarsi delle discussioni negli ambienti scientifici (10).

13 In occasione di una riunione tenutasi il 16 febbraio 1995, il gruppo di lavoro «prodotti cosmetici», composto da tutti i membri del comitato scientifico e del comitato per l'adeguamento, ha appoggiato all'unanimità, ad eccezione del rappresentante francese, la proposta di limitare a 1 mg/kg la concentrazione di psoraleni nei prodotti solari. Il 28 aprile 1995, il comitato per l'adeguamento ha raccomandato di limitare a 1 mg/kg la concentrazione massima di psoraleni in detti prodotti. Ciascuna delegazione in seno al comitato ha votato a favore di tale parere, ad eccezione della delegazione francese, nonché di quella finlandese che era assente. Il 10 luglio 1995, la Commissione ha adottato la direttiva controversa.

14 Nel corso della procedura amministrativa che ha portato all'adozione della direttiva controversa, i ricorrenti hanno regolarmente presentato osservazioni, di loro propria iniziativa, inviando alla Commissione e ai membri del comitato scientifico lettere e documenti contenenti dati e valutazioni scientifiche sul Bergasol. Inoltre, il signor Goupil è stato sentito il 5 novembre 1990, in occasione di una riunione del gruppo di lavoro «prodotti cosmetici». Tale gruppo di lavoro si è riunito a più riprese a proposito del Bergasol tra il 1990 e il 1995, talvolta sulla base di osservazioni scritte od orali della Bergaderm.

III - Procedimento dinanzi al Tribunale

15 Il 4 dicembre 1996, i ricorrenti hanno adito il Tribunale di primo grado in forza degli artt. 178 e 215, secondo comma, del Trattato CE (divenuti artt. 235 CE e 288 CE, secondo comma), chiedendogli di condannare la Commissione a versare a titolo di risarcimento danni l'importo di 152 867 090 FF alla Bergaderm e l'importo di 161 309 995,33 FF al signor Jean-Jacques Goupil, nonché di condannarla alle spese.

16 Dinanzi al Tribunale i ricorrenti hanno fatto valere che la direttiva controversa costituiva in realtà un atto amministrativo, in quanto riguardava esclusivamente il Bergasol. Essi hanno sostenuto che la Commissione aveva commesso due errori di procedura. In primo luogo, non aveva sottoposto al Consiglio la sua proposta di limitare la concentrazione massima di psoraleni nei prodotti solari dopo che, come sostengono i ricorrenti, il comitato per l'adeguamento aveva adottato un parere negativo il 1_ giugno 1992. In secondo luogo, la Commissione avrebbe violato i diritti della difesa dei ricorrenti, in quanto non avrebbe trasmesso al comitato per l'adeguamento le informazioni scientifiche da essi sottoposte al comitato scientifico. Inoltre, la procedura dinanzi al comitato per l'adeguamento non sarebbe avvenuta in contraddittorio. I ricorrenti hanno anche dedotto che la Commissione aveva commesso un manifesto errore di valutazione che aveva determinato una violazione del principio di proporzionalità, in quanto non aveva tenuto conto della distinzione tra i possibili rischi per la salute costituiti dal 5-MOP come sostanza chimicamente pura, da un lato, e quelli derivanti dall'impiego in un prodotto solare del 5-MOP presente nelle essenze naturali.

IV - La sentenza impugnata

17 Il Tribunale ha definito le condizioni della responsabilità della Comunità nei termini seguenti:

«48 La responsabilità della Comunità ai sensi dell'art. 215, secondo comma, del Trattato e dei principi generali ai quali tale disposizione rinvia, dipende dalla sussistenza di un complesso di presupposti riguardanti l'illegittimità del comportamento contestato all'istituzione, l'effettività del danno e l'esistenza di un nesso causale tra tale comportamento e il danno allegato (sentenze della Corte 14 gennaio 1993, causa C-257/90, Italsolar/Commissione, Racc. pag. I-9, punto 33, e del Tribunale 16 ottobre 1996, causa T-336/94, Efisol/Commissione, Racc. pag. II-1343, punto 30). Nel campo degli atti normativi la responsabilità della Comunità può sorgere solo in presenza di una violazione di una regola superiore di diritto intesa a tutelare i singoli (sentenza del Tribunale 9 dicembre 1997, cause riunite T-195/94 e T-202/94, Quiller e Heusmann/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2247, punto 49).

49 Il presente ricorso è diretto al risarcimento di un danno derivante da comportamenti della Commissione connessi alla preparazione e all'adozione di una direttiva di adattamento della direttiva sui prodotti cosmetici.

50 Esso riguarda manifestamente degli atti a carattere normativo. Infatti la direttiva costituisce un atto comunitario di portata generale e la natura normativa di un atto non viene meno solo perché è possibile determinare il numero o addirittura l'identità delle persone nei cui confronti esso si applica (ordinanza della Corte 23 novembre 1995, causa C-10/95 P, Asocarne/Consiglio, Racc. pag. I-4149, punto 30). La direttiva di adattamento riguarda, in modo generale e astratto, tutti gli imprenditori degli Stati membri che, alla scadenza dei termini fissati per la sua trasposizione in ciascuno degli ordinamenti giuridici nazionali, sono attivi nel settore interessato.

51 Occorre pertanto verificare se la convenuta abbia violato una regola superiore di diritto intesa a tutelare i singoli».

18 Il Tribunale ha respinto l'argomento secondo cui la proposta della Commissione avrebbe dovuto essere trasmessa al Consiglio dopo la riunione del comitato per l'adeguamento del 1_ giugno 1992. Non ha deciso se l'art. 10 della direttiva sui prodotti cosmetici contenesse regole superiori di diritto intese a tutelare i singoli. Ha dichiarato che dal resoconto di tale riunione emergeva che, poiché i pareri delle delegazioni degli Stati membri erano equamente divisi tra le due proposte loro presentate, la Commissione aveva deciso di ritirare la sua proposta. Una tale situazione non rientrava nell'ambito di applicazione dell'art. 10, n. 3, lett. a), né in quello dell'art. 10, n. 3, lett. b), della direttiva sui prodotti cosmetici, in quanto non esistevano più le «misure progettate». A tale riguardo, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione deve disporre di un termine sufficiente per sottoporre a nuovo esame le pertinenti questioni scientifiche (11).

19 Riguardo al principio del contraddittorio, il Tribunale ha rilevato (12) ch'esso costituisce un principio fondamentale che si applica a qualsiasi procedimento amministrativo promosso nei confronti di una persona determinata e che possa concludersi con un atto per questa lesivo (13), ma non si impone nell'ambito delle procedure legislative (14), salvo in via eccezionale e in forza di disposizioni espresse (15). La direttiva sui prodotti cosmetici non contiene disposizioni del genere. In ogni caso, dai fatti è emerso che i ricorrenti avevano esaurientemente esposto il loro punto di vista ai membri del comitato scientifico e alla Commissione, e che avevano potuto presentarlo oralmente dinanzi al gruppo ad hoc di esperti.

20 Il Tribunale ha respinto anche la censura relativa ad un manifesto errore di valutazione e ad una violazione del principio di proporzionalità (16). Ha rilevato che la Commissione aveva valutato gli effetti del 5-MOP in combinazione con componenti dei prodotti solari, quali i filtri solari. Nessun elemento del fascicolo consentiva di concludere che la Commissione avesse mal compreso l'argomentazione scientifica che le era stata sottoposta. Poiché la Commissione non era in grado di effettuare direttamente le valutazioni scientifiche necessarie a conseguire l'obiettivo di tutela della sanità pubblica perseguito dalla direttiva sui prodotti cosmetici, il comitato scientifico aveva appunto la funzione di esserle di ausilio su tali questioni (17). Pertanto, alla Commissione non poteva essere contestato il fatto di avere seguito il parere del comitato. D'altro canto, quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza di rischi per la salute del consumatore, le istituzioni possono adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (18).

V - Il ricorso contro la pronuncia del Tribunale di primo grado

21 I ricorrenti hanno proposto ricorso avverso la pronuncia del Tribunale il 24 settembre 1998, chiedendo alla Corte di annullare la sentenza impugnata e di accogliere la richiesta di condanna al risarcimento dei danni già avanzata dinanzi al Tribunale. La Repubblica francese è intervenuta a sostegno della Commissione. I ricorrenti deducono tre motivi. La Commissione ne contesta la ricevibilità, in quanto si limiterebbero a reiterare argomenti già dedotti dinanzi al Tribunale.

22 Secondo il primo motivo di impugnazione, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel qualificare la direttiva controversa come atto normativo anziché come atto amministrativo. Nonostante la forma, essa ha individuato i ricorrenti rispetto a tutti gli altri soggetti, in quanto la Bergaderm era l'unica impresa che producesse e commercializzasse un olio solare contenente 5-MOP ed il signor Goupil era titolare dell'unico brevetto che prevedesse l'impiego in un prodotto solare di essenze naturali di agrumi contenenti 5-MOP. In forza di tale brevetto, egli aveva costretto i produttori concorrenti a cessare la produzione di oli solari contenenti 5-MOP. Risulta anche che i titoli di alcune relazioni del comitato scientifico facciano espressamente riferimento al Bergasol. La Commissione replica che la direttiva controversa riguarda i ricorrenti soltanto in quanto essi svolgevano un'attività commerciale aperta a qualsiasi impresa. Essi non hanno dimostrato l'esistenza dei brevetti di cui trattasi né del divieto per altre imprese di produrre o commercializzare creme solari contenti 5-MOP. Inoltre, i brevetti hanno durata limitata e potrebbero costituire oggetto di licenza obbligatoria. In ogni caso, non si potrebbe impedire alle istituzioni comunitarie di reagire mediante provvedimenti normativi ai rischi per la salute determinati da un prodotto soltanto perché detto prodotto è stato brevettato.

23 Con il secondo motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore manifesto di valutazione in merito alla questione scientifica, in quanto tutte le prove scientifiche indicavano che il Bergasol non era nocivo e garantiva un'efficace difesa contro i raggi solari. Inoltre, contestano l'applicabilità del principio di precauzione. La Commissione replica che tale motivo censura una constatazione di fatto operata dal Tribunale ed è pertanto irricevibile. In ogni caso, i ricorrenti non hanno dimostrato che il Bergasol fosse esente da rischi né che la Commissione abbia errato nell'accogliere la raccomandazione del comitato scientifico.

24 In terzo luogo, i ricorrenti affermano che il Tribunale non ha riconosciuto tre violazioni, da parte della Commissione, di regole superiori di diritto intese a tutelare i singoli. Il Tribunale avrebbe dovuto censurare, in quanto integrante una siffatta violazione, la mancata trasmissione da parte della Commissione della propria proposta al Consiglio, poiché il comitato per l'adeguamento aveva adottato un parere negativo il 1_ giugno 1992. Inoltre, il Tribunale non avrebbe rilevato una flagrante violazione dei diritti della difesa. Tale violazione sarebbe stata aggravata dalla partecipazione al comitato per l'adeguamento dei rappresentanti dell'Austria e della Svezia, che non avevano preso parte al dibattito precedente, svoltosi prima dell'ampliamento della Comunità avvenuto nel 1995. Infine, la Commissione avrebbe trasgredito i principi di proporzionalità e del legittimo affidamento escludendo il Bergasol dal mercato senza nessuna giustificazione attinente alla sanità pubblica. Ciò sarebbe stato aggravato dal fatto che la Commissione aveva omesso di prendere in considerazione gli interessi di un categoria nettamente distinta di operatori economici (19).

VI - Analisi

A - Sulla ricevibilità

25 La Commissione contesta la ricevibilità dei tre motivi di impugnazione, in quanto i ricorrenti si sarebbero limitati a reiterare argomenti già dedotti dinanzi al Tribunale. Nelle mie conclusioni nella causa Carbajo Ferrero/Parlamento (20) ho già criticato il ricorso eccessivo a questo argomento. Come in detta causa, il presente ricorso identifica, per ciascuna censura, gli elementi della sentenza criticata cui i ricorrenti fanno riferimento e ne indica - talora in modo esaustivo, talora piuttosto sommariamente -, i motivi (21). Che ciò sia sufficiente per rispondere ai requisiti di ricevibilità emerge chiaramente dalla sentenza Carbajo Ferrero/Parlamento, in cui la Corte ha dichiarato ricevibile il motivo d'impugnazione principale (22).

B - Sul primo motivo d'impugnazione

26 I ricorrenti sostengono che il Tribunale, nel determinare la disciplina applicabile per valutare il comportamento della Commissione, ha commesso un errore di diritto qualificando la direttiva controversa come atto normativo anziché come atto amministrativo. Una condizione per l'accoglimento dei ricorsi per risarcimento dei danni cagionati da provvedimenti normativi è che vi sia violazione di una regola superiore di diritto intesa a tutelare i singoli. Invece, qualunque forma di illegittimità può far sorgere l'obbligo di risarcire i danni causati da un atto amministrativo.

27 Una direttiva costituisce di regola, per la sua stessa natura e per il suo metodo di adozione e di trasposizione, un atto che ha portata generale (23). La Corte tuttavia esaminerà, se del caso, se essa abbia portata generale sotto tutti i profili (24) oppure se il suo annullamento interessi individualmente, almeno in parte, un ricorrente (25) (diverso dal ricorrente che domandi il risarcimento dei danni da essa cagionati). Pertanto, la Corte ha come minimo lasciato irrisolta la questione se, in determinate circostanze, tale interesse individuale possa esistere o meno nel caso di una direttiva, legittimando l'interessato a contestarne la validità dinanzi al Tribunale (26). La motivazione della Corte nella sentenza Gibilterra non distingue tra direttive e regolamenti ai fini della valutazione della loro natura normativa. La questione cruciale sta «nella portata generale o non dell'atto considerato» (27). Come spiegherò più avanti, secondo me lo stesso criterio chiaramente vale per stabilire la disciplina giuridica applicabile ad un ricorso per risarcimento danni.

28 La Corte ha anche dichiarato che provvedimenti di portata generale e quindi di carattere normativo possono tuttavia riguardare individualmente determinati operatori economici, i quali hanno pertanto titolo per chiederne l'annullamento in giudizio (28). Un caso rilevante in materia è costituito dalla causa Codorniu/Consiglio. La Codorniu, una società spagnola produttrice di vini spumanti e titolare di un marchio grafico nel quale compariva la dicitura «Gran Cremant», è stata ritenuta individualmente interessata da un regolamento che limitava l'uso del termine «crémant» a taluni vini spumanti elaborati in Francia e nel Lussemburgo. Il regolamento impediva alla Codorniu di utilizzare il proprio marchio, situazione che, dal punto di vista della disposizione controversa, la distingueva dalla generalità degli altri operatori economici (29). La Corte ha successivamente spiegato tale conclusione mediante riferimento ai «diritti specifici» della Codorniu (30). L'aspetto più importante della sentenza, ai presenti fini, è che la Corte ha ammesso che il regolamento in questione aveva comunque carattere normativo (31). Tuttavia, non era stata esercitata alcuna azione per danni. Pertanto, non occorre distinguere la causa Codorniu dal caso in esame.

29 Dal riconoscimento in via eccezionale del diritto di chiedere l'annullamento di provvedimenti normativi non deriva che tali provvedimenti, per lo stesso motivo, possano essere considerati come atti di carattere amministrativo ai fini della determinazione dei criteri applicabili per stabilire la responsabilità della Comunità nell'ambito di un ricorso per danni proposto in forza dell'art. 215, secondo comma, del Trattato CE. I motivi in base ai quali le persone fisiche o giuridiche possono proporre ricorsi d'annullamento in forza dell'art. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE) contro le decisioni prese nei loro confronti e contro le decisioni che le riguardino direttamente ed individualmente sono diversi da quelli in base ai quali si distingue tra provvedimenti normativi e provvedimenti amministrativi nell'ambito di ricorsi per il risarcimento dei danni. La Corte ha svolto un'indagine comparativa dei diritti nazionali nella sentenza HNL e a./Commissione (32), in cui ha rilevato che negli Stati membri la responsabilità dei pubblici poteri per gli atti normativi nei quali si traducono scelte di politica economica sussiste solo eccezionalmente ed in circostanze particolari, e ha dichiarato:

«Questa concezione restrittiva si spiega con la considerazione che il potere legislativo, anche nei casi in cui esiste il controllo giurisdizionale sulla validità dei suoi atti, non dev'essere ostacolato nelle sue decisioni dalla prospettiva di azioni di danni ogni volta che debba adottare, nell'interesse generale, provvedimenti normativi che possono ledere interessi di singoli.

Si desume da queste considerazioni che, nei settori soggetti alla politica della Comunità in materia economica, si può esigere dal singolo che sopporti, entro limiti ragionevoli, senza poter farsi risarcire col denaro pubblico, determinati effetti, dannosi per i suoi interessi economici, prodotti da un atto normativo, anche se questo viene dichiarato invalido» (33).

30 A partire da tale pronuncia, la Corte ha chiarito che il fatto che il ricorso di una persona fisica o giuridica diretto all'annullamento di un provvedimento di portata generale sia ricevibile in considerazione dei suoi effetti individuali su detta persona non significa che tale provvedimento debba essere considerato come atto di carattere amministrativo in un'azione per danni intentata dalla stessa persona. In tal senso, nella sentenza Sofrimport (34) la Corte ha parzialmente annullato alcuni regolamenti della Commissione su ricorso di un gruppo ristretto di importatori i cui prodotti si trovavano in corso di spedizione nella Comunità al momento in cui i regolamenti erano stati adottati e dei cui interessi si sarebbe dovuto tenere conto, ma ha applicato il criterio della responsabilità per gli atti normativi alla parallela azione per danni. Nella sentenza Antillean Rice Mills e a./Commissione (35), su ricorso di taluni operatori economici, il Tribunale ha parzialmente annullato una decisione della Commissione indirizzata agli Stati membri in quanto essa, nonostante il suo carattere normativo - giacché era applicabile a tutti gli operatori interessati, considerati nel loro insieme - riguardava individualmente gli operatori ricorrenti (che avevano già stipulato contratti) in quanto persone i cui interessi dovevano essere presi in considerazione dalla Commissione. Tuttavia, la Corte ha confermato l'applicazione, da parte del Tribunale, al parallelo ricorso per risarcimento danni proposto dagli stessi operatori economici, dei criteri di responsabilità applicabili ai provvedimenti normativi (36). La Corte ha dichiarato:

«Il fatto che l'atto impugnato abbia la forma di una decisione e possa quindi in via di principio costituire oggetto di un ricorso d'annullamento non è sufficiente per escludere il carattere normativo di un tale atto. Trattandosi di un ricorso di risarcimento, tale carattere è infatti collegato alla natura dell'atto di cui trattasi e non alla sua forma (v., in tal senso, sentenza Sofrimport/Commissione, sopra menzionata)» (37).

31 Secondo me è chiaro che la direttiva controversa, per quanto rileva nel presente procedimento, ha carattere normativo. Come ha giustamente osservato il Tribunale, è un provvedimento di portata generale. Riguarda, in modo generale e astratto, tutti gli operatori attivi nel settore considerato. Pertanto, imprese come la Bioderma e la Klorane che, secondo i ricorrenti, per un certo periodo avevano prodotto e commercializzato prodotti solari contenenti 5-MOP in violazione degli asseriti diritti di brevetto del signor Goupil, erano potenzialmente interessate tanto quanto la Bergaderm. Qualora il signor Goupil avesse concesso licenze per produrre e commercializzare prodotti solari contenenti 5-MOP derivante da essenze di agrumi a determinate imprese nella Comunità, tutte le suddette imprese sarebbero state soggette alle norme sulla concentrazione massima contenute nella direttiva controversa. Anche i distributori ed i rivenditori al dettaglio che detenessero scorte di Bergasol al momento dell'entrata in vigore del divieto di fornitura ai consumatori finali avrebbero dovuto conformarvisi. Sarebbero stati colpiti allo stesso modo anche i fabbricanti di prodotti solari contenenti 5-MOP non derivante da essenze di agrumi, se fossero esistiti. Infine, la direttiva controversa continuerà a trovare applicazione, nella sua forma attuale, nei confronti di tutti i fabbricanti di prodotti solari dopo la scadenza dei diritti di brevetto del signor Goupil. Pertanto, il fatto che la Bergaderm potesse essere assertivamente considerata come l'unica impresa produttrice direttamente interessata dalla direttiva controversa non basta a privare quest'ultima del suo carattere di atto normativo. E' principio consolidato che la natura normativa di un atto non viene meno solo perché è possibile determinare il numero o addirittura l'identità delle persone nei cui confronti esso si applica (38).

32 Tale conclusione mi sembra coerente con la precedente analisi dei diversi approcci alla responsabilità della Comunità rispetto ai provvedimenti normativi ed amministrativi. Proprio come nel caso dell'esercizio delle competenze comunitarie in campo economico, la tutela della sanità pubblica e l'esigenza di un rapido adattamento al progresso della tecnica per il perseguimento dell'obiettivo prefissato (39) implicano l'esercizio di un ampio potere discrezionale da parte della Commissione. In particolare, la Commissione deve poter adottare misure protettive contro rischi reali per la salute quando sussistono incertezze riguardo alla loro esistenza o alla loro portata e «senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi» (40). La libertà della Commissione di adottare le misure generali che sembrano necessarie per sventare una minaccia alla sanità pubblica non può essere limitata dall'esigenza di tenere conto di possibili ricorsi per risarcimento danni da parte di privati i cui interessi economici - compresi i diritti di proprietà intellettuale - potrebbero essere compromessi nel caso in cui dette misure siano viziate da una qualunque forma di illegittimità.

33 Secondo me, pertanto, non vi è motivo per rimettere in discussione la decisione del Tribunale di qualificare la direttiva controversa come atto normativo di portata generale e suggerisco quindi alla Corte di respingere il primo motivo di impugnazione.

C - Sul secondo motivo d'impugnazione

34 A mio parere, la prima parte del secondo motivo d'impugnazione è irricevibile, ai sensi degli artt. 168 A del Trattato CE (divenuto art. 225 CE) e 51 dello statuto CE della Corte, in quanto censura direttamente la constatazione di fatto del Tribunale secondo cui nessun elemento del fascicolo consentiva di concludere che la Commissione avesse mal compreso la questione scientifica relativa al rischio connesso al consumo di un olio solare composto parzialmente di essenza di bergamotto (41). In ogni caso, non vedo motivi per criticare la conclusione del Tribunale, basata in particolare sulla sentenza della Corte Angelopharm (42), secondo cui la Commissione era legittimata a seguire il parere del comitato scientifico.

35 Per quanto riguarda la seconda parte di questo motivo d'impugnazione, secondo me il Tribunale non ha commesso un errore di diritto nel richiamare il principio di precauzione già citato dalla Corte nella sentenza National Farmers' Union. L'argomento tratto da detto principio, semmai, risulta ancor più convincente nelle circostanze del caso in esame. La sentenza National Farmers' Union riguardava una misura di emergenza la quale imponeva, in via provvisoria, il divieto di esportare bovini e carni bovine dal Regno Unito, tenuto conto dell'incertezza in merito ai rischi rappresentati dall'encefalopatia spongiforme bovina (ESB) per la salute dei consumatori di carni bovine. Il preambolo della misura in questione menziona espressamente l'esigenza di un approfondimento sotto il profilo scientifico. Sebbene sia provato che esistono divergenze tra i membri della comunità scientifica quanto ai rischi implicati dall'impiego di 5-MOP nei prodotti solari, la ricerca è stata molto più approfondita ed è stata condotta per un periodo di tempo ben più lungo rispetto a quella che ha preceduto l'adozione della misura di emergenza di cui alla causa National Farmers' Union, ed il parere del comitato scientifico è stato molto più deciso. Alla luce di tale prova convincente, la Commissione ben poteva optare per l'adozione di misure protettive senza attendere che la discussione scientifica conducesse ad una soluzione soddisfacente per tutti gli interessati.

D - Sul terzo motivo d'impugnazione

36 Il terzo motivo d'impugnazione riguarda presunte violazioni, da parte della Commissione, di regole superiori di diritto intese a tutelare i singoli. Poiché la direttiva controversa costituisce un provvedimento normativo, la prova di tale violazione, come ho già detto, è d'importanza decisiva per l'esito dell'azione dei ricorrenti. La prima parte riguarda la presunta inosservanza, da parte della Commissione, dell'obbligo di presentare la sua proposta al Consiglio dopo che il comitato per l'adeguamento aveva espresso parere negativo il 1_ giugno 1992. Secondo me, è chiaro che un'inosservanza dell'art. 10 della direttiva sui prodotti cosmetici, che disciplina la procedura in questione, non costituirebbe violazione di una norma superiore tale da determinare la responsabilità per i danni cagionati da un provvedimento di carattere normativo. Le norme di diritto comunitario sull'interazione tra le istituzioni politiche e gli enti quali i comitati previsti dalla decisione comitatologia (43) costituiscono esempi per antonomasia di norme relative alla ripartizione dei poteri. Nella sentenza Vreugdenhil/Commissione la Corte ha dichiarato che «il sistema di ripartizione delle competenze fra le varie istituzioni comunitarie mira a garantire il rispetto dell'equilibrio istituzionale contemplato dal Trattato e non la tutela dei singoli» (44). Di conseguenza, l'inosservanza dell'equilibrio istituzionale non può essere sufficiente da sola a comportare la responsabilità della Comunità nei confronti degli operatori lesi (45).

37 In ogni caso, condivido la valutazione del Tribunale secondo cui la Commissione era legittimata a ritirare la sua proposta, in quanto i membri del comitato per l'adeguamento erano equamente divisi circa i meriti di due proposte alternative, e a presentare una nuova proposta dopo ulteriori studi. L'argomento dei ricorrenti è fondato su un'interpretazione indebitamente letterale dell'art. 10 della direttiva sui prodotti cosmetici. Sarebbe assurdo ritenere che il semplice fatto che un determinato tipo di provvedimento può essere adottato soltanto mediante una data procedura implichi che detta procedura, una volta avviata, debba essere condotta a termine anche qualora la parte che ha proposto il provvedimento intenda riconsiderarne l'adeguatezza, o le probabilità di adozione, nel corso della procedura stessa. L'argomento dei ricorrenti comporterebbe che, qualora né il comitato per l'adeguamento né il Consiglio prendessero una decisione, la Commissione sarebbe tenuta ad adottare misure che non sostiene più. L'art. 189 A del Trattato CE (divenuto art. 250 CE) dispone che «[f]intantoché il Consiglio non ha deliberato, la Commissione può modificare la propria proposta in ogni fase delle procedure che portano all'adozione di un atto comunitario». Nulla indica che tale norma, che implica la facoltà di ritirare una proposta, non si applichi all'adozione da parte della Commissione di misure alle quali partecipano comitati in cui sono rappresentati gli Stati membri e/o il Consiglio. Nella sentenza Pharos/Commissione, in relazione ad una procedura legislativa sostanzialmente identica a quella prevista dall'art. 10 della direttiva sui prodotti cosmetici, la Corte ha dichiarato che «qualora i provvedimenti proposti dalla Commissione non siano conformi al parere del Comitato di regolamentazione [per i medicinali veterinari], o in mancanza di parere, la Commissione non è obbligata a sottoporre gli stessi provvedimenti, senza modifica, al Consiglio» (46). Analogamente, nella specie la Commissione poteva ritirare la sua proposta e presentarne una nuova dopo un ulteriore esame delle questioni scientifiche da parte del comitato scientifico. Pertanto, propongo di respingere gli argomenti dedotti dai ricorrenti a tale proposito.

38 La seconda parte di questo motivo di impugnazione riguarda l'asserito diritto dei ricorrenti di essere sentiti. Il Tribunale ha constatato che, di fatto, i ricorrenti avevano esaurientemente esposto il loro punto di vista al comitato scientifico e alla Commissione ed avevano potuto illustrare la loro posizione dinanzi al gruppo ad hoc di esperti che, a quanto risulta, comprendeva sia i membri del comitato scientifico che quelli del comitato per l'adeguamento. Pertanto, i loro argomenti sono irricevibili nei limiti in cui censurano tale constatazione. Sebbene possa ritenersi che i ricorrenti facciano valere il loro diritto a partecipare alla procedura in misura ancora maggiore, essi non hanno dedotto argomenti che mi inducano anche solo a porre in dubbio l'analisi del Tribunale, che è conforme alla giurisprudenza costante della Corte.

39 La terza parte di questo motivo d'impugnazione, relativa alla partecipazione dei rappresentanti dei governi svedese ed austriaco al comitato per l'adeguamento, è manifestamente e totalmente infondata. In mancanza di condizioni particolari stabilite nell'atto di adesione, i nuovi Stati membri possono immediatamente partecipare su un piano di parità con gli altri Stati membri a tutte le attività normative della Comunità.

40 La tesi dei ricorrenti relativa alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento costituisce un motivo nuovo ed è quindi irricevibile ai sensi dell'art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte. Gli argomenti riguardanti il principio di proporzionalità dedotti dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte sono sostanzialmente gli stessi utilizzati in relazione al presunto errore manifesto di valutazione da parte della Commissione, e sono stati esaminati congiuntamente dal Tribunale. I motivi di impugnazione relativi al principio di proporzionalità non presentano alcun elemento atto ad inficiare la mia conclusione in merito al secondo motivo, ossia che la Commissione era legittimata a seguire le valutazioni scientifiche e di fatto del comitato scientifico al fine di tutelare la sanità pubblica. Pertanto, propongo alla Corte di respingere, in quanto infondata, anche questa parte del ricorso.

VII - Conclusione

41 Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di:

«1) respingere il ricorso, e

2) condannare i ricorrenti alle spese».

(1) - Sentenza 16 luglio 1998, causa T-199/96 (Racc. pag. II-2805; in prosieguo: la «sentenza impugnata»).

(2) - GU L 262, pag. 169.

(3) - GU L 151, pag. 32.

(4) - GU L 1978, L 13, pag. 24.

(5) - GU L 167, pag. 19.

(6) - V. anche punto 8 della sentenza impugnata.

(7) - V. punti 11 e 12 della sentenza impugnata.

(8) - V. il richiamo allo studio del signor Fielder al punto 12 della sentenza impugnata.

(9) - V. punti 16-18 della sentenza impugnata.

(10) - V. punto 22 della sentenza impugnata.

(11) - Il Tribunale cita la propria sentenza 17 febbraio 1998, causa T-105/96, Pharos/Commissione (Racc. pag. II-285, punti 65 e 68). V., in generale, punti 52-56 della sentenza impugnata.

(12) - V. in generale punti 58-60 della sentenza impugnata.

(13) - Sentenza 6 dicembre 1994, causa T-450/93, Lisrestal e a./Commissone (Racc. pag. II-1177, punto 42).

(14) - Sentenza 11 dicembre 1996, causa T-521/93, Atlanta e a./Commissione (Racc. pag. II-1707, punto 70).

(15) - V. in particolare regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1995, n. 384, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1).

(16) - V. punti 62-67 della sentenza impugnata.

(17) - Il Tribunale cita la sentenza della Corte 25 gennaio 1994, causa C-212/91, Angelopharm (Racc. pag. I-171, punti 32, 34 e 38).

(18) - Punto 66 della sentenza impugnata. Il Tribunale cita la sentenza della Corte 5 maggio 1998, causa C-157/96, «National Farmers» Union e a. (Racc. pag. I-2211, punto 63; in prosieguo: la sentenza «National Farmers Union»).

(19) - Sentenza della Corte 19 maggio 1992, cause riunite C-104/89 e C-37/90, Mulder/Consiglio e Commissione (Racc. pag. I-3061, punti 16 e 17).

(20) - Causa C-304/97 P (Racc. 1999, pag. I-1749, paragrafo 8 delle mie conclusioni).

(21) - Le uniche eccezioni sono l'argomento relativo al principio di proporzionalità compreso nel terzo motivo di impugnazione, che è sostanzialmente identico al secondo motivo, ed un nuovo motivo riguardante la violazione del principio del legittimo affidamento, che è stato dedotto anche nell'ambito del terzo motivo. Più avanti raccomando di respingere l'ultimo motivo in quanto irricevibile, ai sensi dell'art. 113, n. 2, del regolamento di procedura della Corte.

(22) - Sentenza 18 marzo 1999, ibidem, punti 25-28.

(23) - Sentenza 22 febbraio 1984, causa 70/83, Kloppenburg (Racc. pag. 1075, punto 11); ordinanza 13 luglio 1988, causa 160/88 R, Fédération européenne de la santé animale/Commissione (Racc. pag. 4121, punto 28; in prosieguo: l'ordinanza «Fedesa»), e sentenza 29 giugno 1993, causa C-298/89, Governo di Gibilterra/Consiglio (Racc. pag. I-3605, punto 16; in prosieguo: la sentenza «Gibilterra»).

(24) - Ordinanza Fedesa, punto 28, e sentenza Gibilterra, punti 19-23.

(25) - Ordinanze 7 dicembre 1988, causa 138/88, Flourez e a./Commissione (Racc. pag. 6393, punti 10-12; in prosieguo: l'«ordinanza Flourez»), e Asocarne/Consiglio, citata (in prosieguo: l'«ordinanza Asocarne», punti 31 e 32).

(26) - Ordinanze Flourez, punto 11, e Asocarne, punto 32. Sebbene la Corte abbia espressamente rifiutato di affrontare la questione nella causa Asocarne, nella sentenza 17 giugno 1998, causa T-135/96, UEAPME/Consiglio (Racc. pag. II-2335, punto 63), il Tribunale ha interpretato la sentenza Gibilterra e l'ordinanza Asocarne nel senso che «emerge comunque dalla giurisprudenza (...) che [la sola circostanza che il provvedimento impugnato sia una direttiva] non è sufficiente a dichiarare irricevibili tali ricorsi [d'annullamento]» (sentenza 17 giugno 1998, causa T-135/96, UEAPME/Consiglio, Racc. pag. II-2335, punto 63).

(27) - Ordinanza Fedesa, punto 27.

(28) - Sentenze 21 febbraio 1984, cause riunite 239/82 e 275/82, Allied Corporation (Racc. pag. 1005, punto 11); 16 maggio 1991, causa C-358/89, Extramet Industrie/Consiglio (Racc. pag. I-2501, punti 13 e 14); 18 maggio 1994, causa C-309/89, Codorniu/Commissione (Racc. pag. I-1853, punti 17-19); ordinanze Asocarne, punto 43, e 24 aprile 1996, causa C-87/95 P, CNPAAP/Consiglio (Racc. pag. I-2003, punto 36); v. anche sentenza del Tribunale 14 settembre 1995, cause riunite T-480/93 e T-483/93, Antillean Rice Mills e a./Commissione (Racc. pag. II-2305, punto 66).

(29) - Loc. cit., punti 17-22.

(30) - Ordinanze Asocarne, punto 43, e CNPAAP, loc. cit., punto 36.

(31) - Loc. cit., punto 19.

(32) - Sentenza 25 maggio 1978, cause riunite 83/76, 94/76, 4/77, 15/77 e 40/77 (Racc. pag. 1209, punto 5).

(33) - Ibidem, punti 5 e 6. Il provvedimento in questione è stato dichiarato invalido in seguito ad una domanda di pronuncia pregiudiziale su tale questione nella sentenza 5 luglio 1977, causa 114/76, Bela-Muehle (Racc. pag. 1211).

(34) - Sentenza 26 giugno 1990, causa 152/88 (Racc. pag. I-2477, punti 10-13 e 25).

(35) - Citata alla nota 28.

(36) - Sentenza 11 febbraio 1999, causa C-390/95 P (Racc. pag. I-769, punti 56-61). V. punti 189-194 della sentenza del Tribunale, loc. cit.

(37) - Loc. cit., punto 60.

(38) - V. punto 50 della sentenza impugnata; sentenza Gibilterra, punto 17, e ordinanza Asocarne, punto 30.

(39) - V. terzo e nono `considerando' della direttiva sui prodotti cosmetici.

(40) - Sentenza National Farmers' Union, citata alla nota 18, in particolare punto 63.

(41) - Punto 63 della sentenza impugnata.

(42) - Loc. cit.

(43) - Decisione del Consiglio 13 luglio 1987, 87/373/CEE, che stabilisce le modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 197, pag. 33).

(44) - Sentenza 13 marzo 1992, causa C-282/90 (Racc. pag. I-1937, punto 20).

(45) - Ibidem, punto 21.

(46) - Sentenza 18 novembre 1999, causa C-151/98 P (Racc. pag. I-8157, punto 23). Si tratta della pronuncia sul ricorso avverso la sentenza del Tribunale 17 febbraio 1998, causa T-105/96, Pharos/Commissione, loc. cit., citata dal Tribunale al punto 55 della sentenza impugnata. I casi differiscono in quanto le parti interessate possono chiedere l'adozione di provvedimenti in forza della normativa in discussione nella causa Pharos, con la conseguenza che la regola secondo cui le proposte devono essere sottoposte al Consiglio «senza indugio» qualora non siano state approvate dal competente comitato per l'adeguamento impone senza dubbio alla Commissione taluni obblighi che, a mio parere, non operano nel presente contesto.