61997J0424

Sentenza della Corte del 4 luglio 2000. - Salomone Haim contro Kassenzahnärztliche Vereinigung Nordrhein. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Landgericht Düsseldorf - Germania. - Principio della responsabilità di uno Stato membro in caso di violazione - Violazioni imputabili ad un ente di diritto pubblico di uno Stato membro Presupposti della responsabilità dello Stato membro e di un ente di diritto pubblico di questo stesso Stato Compatibilità di un requisito linguistico con la libertà di stabilimento. - Causa C-424/97.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-05123


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Diritto comunitario - Diritti conferiti ai singoli - Violazione da parte di uno Stato membro - Obbligo di risarcire il danno cagionato ai singoli da un ente di diritto pubblico - Possibile insorgenza della responsabilità di tale ente in aggiunta a quella dello Stato membro

2 Diritto comunitario - Diritti conferiti ai singoli - Violazione da parte di uno Stato membro - Obbligo di risarcire il danno cagionato ai singoli - Presupposti - Violazione grave e manifesta - Nozione

3 Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Libera prestazione dei servizi - Dentisti - Convenzione per l'esercizio di attività medica con un cittadino di un altro Stato membro - Necessità di conoscenze linguistiche - Ammissibilità - Limiti

[Trattato CE, art. 52 (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE); direttiva del Consiglio 78/686/CEE, art. 3]

Massima


1 Spetta a ciascuno degli Stati membri accertarsi che i singoli ottengano un risarcimento del danno loro causato dall'inosservanza del diritto comunitario, a prescindere dalla pubblica autorità che ha commesso tale violazione e a prescindere da quella cui, in linea di principio, incombe, ai sensi della legge dello Stato membro interessato, l'onere di tale risarcimento.

Tuttavia, al risarcimento dei danni provocati ai singoli da provvedimenti interni adottati in violazione del diritto comunitario non deve necessariamente provvedere lo Stato membro stesso perché i suoi obblighi comunitari siano adempiuti. Pertanto, negli Stati membri nei quali talune funzioni legislative e amministrative sono assunte in maniera decentrata da enti locali dotati di una certa autonomia o da qualsiasi altro ente di diritto pubblico giuridicamente diverso dallo Stato, il risarcimento di tali danni, causati da provvedimenti adottati da un ente di diritto pubblico, può essere garantito da quest'ultimo.

Il diritto comunitario non osta neppure a che sia chiamata in causa la responsabilità incombente a un ente di diritto pubblico di risarcire i danni provocati ai singoli da provvedimenti da esso adottati in violazione del diritto comunitario in aggiunta alla responsabilità dello Stato membro stesso.

(v. punti 27, 29, 31-32, 34, dispositivo 1)

2 Per stabilire se vi sia stata o meno violazione grave e manifesta del diritto comunitario - ossia una delle condizioni sussistendo le quali uno Stato membro è tenuto a risarcire i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili - si deve tenere conto del margine di discrezionalità di cui dispone lo Stato membro di cui trattasi. L'esistenza e l'ampiezza di tale margine di discrezionalità devono esser valutate rispetto al diritto comunitario e non rispetto al diritto nazionale. Pertanto, il margine di discrezionalità eventualmente concesso dal diritto nazionale al funzionario o all'istituzione responsabile della violazione del diritto comunitario è a tal riguardo ininfluente.

Per stabilire se una semplice violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro costituisca una violazione grave e manifesta, il giudice nazionale investito di una domanda di risarcimento dei danni deve tenere conto di tutti gli elementi che caratterizzano la controversia sottoposta al suo sindacato. Fra tali elementi compaiono, in particolare, il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno causato, la scusabilità o l'inescusabilità di un eventuale errore di diritto, la circostanza che i comportamenti adottati da un'istituzione comunitaria abbiano potuto concorrere all'adozione o al mantenimento in vigore di provvedimenti o di prassi nazionali contrari al diritto comunitario.

(v. punti 36, 40, 41-43, 49, dispositivo 2)

3 Le autorità competenti di uno Stato membro sono autorizzate a subordinare la convenzione con un dentista, cittadino di un altro Stato membro, stabilito nel primo Stato membro e ivi autorizzato ad esercitare, ma non in possesso di uno dei diplomi menzionati all'art. 3 della direttiva 78/686, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di dentista e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, alla condizione che tale dentista abbia le conoscenze linguistiche necessarie per l'esercizio della sua attività professionale nello Stato membro di stabilimento.

L'affidabilità della comunicazione di un dentista con il suo paziente nonché con le autorità amministrative e con gli organismi professionali costituisce, infatti, un motivo imperativo di interesse pubblico idoneo a giustificare che la convenzione di un dentista sia subordinata a requisiti di natura linguistica. Nondimeno, è importante che tali requisiti linguistici non superino quanto è necessario al raggiungimento di tale obiettivo. A tale proposito, è nell'interesse dei pazienti di madrelingua diversa dalla lingua nazionale che esista un certo numero di dentisti capaci anche di comunicare con tali persone nella loro lingua.

(v. punti 59-61, dispositivo 3)

Parti


Nel procedimento C-424/97,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Landgericht di Düsseldorf (Germania), nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Salomone Haim

e

Kassenzahnärztliche Vereinigung Nordrhein,

diretta ad ottenere una pronuncia pregiudiziale sulla responsabilità di uno Stato membro e, eventualmente, di un ente di diritto pubblico di questo stesso Stato per i danni provocati da una violazione del diritto comunitario, nonché sulla legittimità della subordinazione della convenzione con un dentista, cittadino di un altro Stato membro, al requisito di una sufficiente conoscenza della lingua del paese ospitante.

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, D.A.O. Edward (relatore), L. Sevón e R. Schintgen, presidenti di sezione, P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann, H. Ragnemalm e M. Wathelet, giudici,

avvocato generale: J. Mischo

cancelliere: H. von Holstein, cancelliere aggiunto

viste le osservazioni scritte presentate:

- per signor Haim, dall'avv. H. Ungewitter, del foro di Düsseldorf;

- per il governo tedesco dai signori E. Röder, Ministerialrat presso il Ministero federale dell'Economia, e A. Dittrich, Ministerialrat presso il Ministero federale della Giustizia, e C.-D. Quassowski, Regierungsdirektor presso il Ministero federale dell'Economia, in qualità di agenti;

- per il governo ellenico, dalla signora A. Samoni-Rantou, consigliere giuridico presso il servizio speciale - sezione di diritto comunitario del ministero degli Affari esteri nonché dalla signora S. Vodina e dal signor G. Karipsiadis, uditori presso lo stesso servizio, in qualità di agenti;

- per il governo spagnolo, dalla signora N. Díaz Abad, Abogado del Estado, in qualità di agente;

- per il governo italiano, dal professor U. Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor P.G. Ferri, avvocato dello Stato;

- per il governo svedese, dal signor E. Brattgård, departmentsråd presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente;

- per il governo del Regno Unito, dal signor John E. Collins, Assistant Treasury solicitor, in qualità di agente, assistito dall'avv. Eleanor Sharpston, barrister;

- per la Commissione delle Comunità europee, dai signori B. Mongin e P. van Nuffel, membri del servizio giuridico in qualità di agenti, assistiti dall'avv. B. Wägenbaur, del foro di Amburgo,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali del signor Haim, rappresentato dall'avv. U. Faust, del foro di Aquisgrana, della Kassenzahnärztliche Vereinigung Nordrhein, rappresentata dall'avv. B. Bellwinkel, del foro di Düsseldorf, del governo tedesco, rappresentato dal signor A. Dittrich, del governo danese, rappresentato dal signor J. Molde, capodivisione presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo ellenico, rappresentato dalla signora A. Samoni-Rantou e dal signor G. Karipsiadis, del governo spagnolo, rappresentato dalla signora N. Díaz Abad, del governo francese, rappresentato da signora A. de Bourgoing, chargé de missione preso la direzione degli affari giuridici del ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo italiano, rappresentato dal signor G. Aiello, avvocato dello Stato, del governo svedese, rappresentato dal signor A. Kruse, departementsråd presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla signora E. Sharpston, e della Commissione, rappresentata da signor B. Mongin, assistito dall'avv. B. Wägenbaur, all'udienza del 9 marzo 1999,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 19 maggio 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 8 dicembre 1997, pervenuta alla cancelleria della Corte il 15 dicembre seguente, il Landgericht di Düsseldorf sottoponeva alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), tre questioni pregiudiziali sulle condizioni e le modalità di assunzione della responsabilità di uno Stato membro e, eventualmente, di un ente di diritto pubblico di tale Stato per danni provocati ai singoli da violazioni del diritto comunitario che sono loro imputabili, nonché sulla legittimità della subordinazione della convenzione con un dentista, cittadino di un altro Stato membro, al requisito di una sufficiente conoscenza della lingua dello Stato membro di stabilimento.

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di un'azione proposta dal signor Haim, dentista, contro l'organismo di diritto pubblico Kassenzahnärztliche Vereinigung Nordrhein (associazione dei medici dentisti convenzionati della Renania del Nord, in prosieguo: la «KVN») al fine di ottenere il risarcimento per il mancato guadagno che egli afferma di aver subito per effetto della violazione del diritto comunitario da parte di quest'ultima.

Il diritto comunitario

3 La Direttiva del Consiglio 25 luglio 1978, 78/686/CEE, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di dentista e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (GU L 233, pag. 1) prevede all'art. 2 che ogni Stato membro riconosce i diplomi, certificati ed altri titoli di dentista tassativamente enumerati all'articolo 3 della stessa direttiva rilasciati dagli altri Stati membri, attribuendo loro, nel proprio territorio, lo stesso effetto dei diplomi, certificati ed altri titoli da esso rilasciati per quanto concerne l'accesso alle attività i dentista ed al loro esercizio.

4 L'art. 18, n. 3, della direttiva 76/686 prevede che:

«Gli Stati membri provvedono a che, eventualmente, i beneficiari acquisiscano, nel loro interesse ed in quello dei loro pazienti, le conoscenze linguistiche necessarie all'esercizio della professione nello stato membro ospitante».

5 L'art. 20, della direttiva 76/686 dispone che:

«Gli Stati membri che esigono dai loro cittadini il compimento di un periodo di tirocinio per poter essere convenzionati in qualità di dentisti di una cassa di assicurazione-malattia possono imporre gli stessi obblighi ai cittadini degli altri Stati membri per un periodo di otto anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva. Tuttavia, la durata del tirocinio non può superare i sei mesi».

Diritto nazionale

6 L'art. 21 della Zulassungsverordnung für Kassenzahnärzte (regolamento 28 maggio 1957 in materia di convenzioni con medici dentisti mutualistici, BGGl. 1957 I, pag. 582; in prosieguo: la «ZOK») prevede:

«E' inidoneo all'esercizio dell'attività di medico convenzionato, il dentista che presenta gravi carenze mentali o personali, in particolare, colui che sia stato tossicomane o alcolizzato nei cinque anni precedenti la presentazione della sua domanda».

La controversia nella causa a qua

7 Il signor Haim, cittadino italiano, è titolare di un diploma di dentista rilasciato nel 1946 dall'Università di Istambul, in Turchia, città nella quale ha esercitato la professione di dentista fino al 1980.

8 Nel 1981 ha ottenuto il riconoscimento («Approbation») come dentista nella Repubblica federale di Germania, il che gli ha consentito di esercitare la libera professione.

9 Nel 1982 il suo diploma turco veniva riconosciuto come equipollente al diploma di laureato in scienze dentarie previsto dalla legge belga. Il signor Haim ha quindi lavorato a Bruxelles come dentista convenzionato. Tra il novembre 1991 e l'agosto 1992 egli ha interrotto quest'attività per lavorare nello studio dentistico di suo figlio in Germania.

10 Nel 1988 il signor Haim chiedeva alla KVN l'iscrizione all'albo dei dentisti per poter ottenere in seguito la convenzione con una cassa di assicurazione-malattia.

11 Ai sensi dell'art. 3, n. 2, della ZOK, tale iscrizione è subordinata al compimento di un periodo di tirocinio di almeno due anni. Ai sensi dell'art. 3, n . 4, della ZOK, tuttavia, tale condizione non si applica ai dentisti che hanno ottenuto in un altro Stato membro un diploma riconosciuto ai sensi del diritto comunitario e sono autorizzati a esercitare la loro professione.

12 Con decisione 10 agosto 1988 la KVN respingeva la domanda di iscrizione all'albo dei dentisti del signor Haim poiché questi non aveva effettuato il tirocinio preparatorio di due anni prescritto dall'art. 3 della ZOK. Essa reputava che non ci si potesse discostare da tale disposizione poiché il signor Haim non era titolare di un diploma rilasciato in uno Stato membro, ma solo di un diploma di uno Stato terzo riconosciuto equipollente ad un diploma rilasciato in uno Stato membro.

13 Il signor Haim presentava opposizione contro tale provvedimento facendo valere, in particolare, una violazione del Trattato CE. Dopo aver ottenuto un parere del ministro del Lavoro, della Sanità e della Previdenza sociale del Land Nordrhein-Westfalen, sua autorità di controllo, che condivideva la sua tesi, la KVN respingeva tale reclamo con decisione 28 settembre 1988.

14 Il ricorso del signor Haim contro la decisione della KVN veniva respinto con sentenza del Sozialgericht 28 marzo 1990 e in appello con sentenza del Landessozialgericht 24 ottobre 1990. In un giudizio per cassazione («Revision»), con ordinanza 20 maggio 1992 il Bundessozialgericht chiedeva alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione dell'art. 20 della direttiva 78/686, nonché dell'art. 52 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE).

15 Nella sentenza 9 febbraio 1994, causa C-319/92, Haim (Racc. pag. I-425, in prosieguo: la «sentenza Haim I»), la Corte stabiliva che l'art. 20 della direttiva 78/686 non vieta ad uno Stato membro di esigere da un cittadino di un altro Stato membro, che non sia in possesso di alcuno dei titoli elencati all'art. 3 della direttiva medesima, un tirocinio preparatorio al fine di poter essere convenzionato come dentista con una cassa di assicurazione-malattia, quando questi sia abilitato all'esercizio della professione sul territorio del primo Stato, e che questo stesso articolo non esonera neppure dall'obbligo del tirocinio preparatorio il cittadino di uno Stato membro che sia in possesso di un diploma rilasciato da un paese terzo, laddove tale diploma sia stato riconosciuto da un altro Stato membro come equipollente a uno dei diplomi indicati all'art. 3 della direttiva 78/686. La Corte aggiungeva nondimeno che l'art. 52 del Trattato non consente alle autorità competenti di uno Stato membro di negare l'accesso alla convenzione come dentista con una cassa di assicurazione-malattia ad un cittadino di un altro Stato membro - che non sia in possesso di alcuno dei diplomi indicati all'art. 3 della direttiva 78/686, ma che sia stato abilitato all'esercizio e abbia esercitato la professione tanto nel primo quanto nel secondo Stato membro - a causa del mancato compimento del tirocinio preparatorio imposto dalla normativa del primo Stato, senza verificare se, ed in caso affermativo in qual misura, l'esperienza di cui l'interessato comprovi già il possesso corrisponda a quella richiesta dalla normativa medesima.

16 A seguito di tale sentenza il signor Haim otteneva con decisione 4 gennaio 1995 l'iscrizione all'albo dei dentisti. Per motivi di età egli non proseguiva gli adempimenti necessari per ottenere la convenzione.

17 Il signor Haim proponeva tuttavia una nuova azione contro la KVN dinanzi al Landgericht di Düsseldorf diretta ad ottenere il risarcimento per il mancato guadagno che a suo dire gli era stato causato dal fatto che egli dal 1_ settembre 1988 alla fine del 1994 aveva avuto un reddito inferiore a quello che avrebbe potuto attendersi se avesse esercitato come dentista convenzionato in Germania.

18 Il Landgericht considerava che la KVN aveva a torto respinto la richiesta del signor Haim di iscrizione all'albo dei dentisti nel 1988, non avendo tenuto conto dell'esperienza professionale da lui maturata nell'ambito delle sue attività di medico convenzionato in Belgio. Nondimeno, la KVN, adottando tale decisione, avrebbe agito in buona fede.

19 Da un lato, infatti, l'art. 3 della ZOK non prevedeva la possibilità di derogare all'obbligo di effettuare un tirocinio di due anni in considerazione dell'esperienza professionale maturata da un dentista all'estero.

20 D'altro lato, è riguardo all'art. 52 del Trattato, che garantisce la libertà di stabilimento, che la decisione della KVN è apparsa viziata. Ora, la questione se e in qual misura il rispetto della libertà di stabilimento del signor Haim imponeva di prendere in considerazione la sua esperienza professionale non era all'epoca risolta. Secondo il giudice a quo, è solo a partire dalla sentenza 7 maggio 1991, causa C-340/89, Vlassopoulou, (Racc. pag. I-2357), che è apparso chiaro che l'esperienza professionale del signor Haim doveva essere presa in considerazione.

21 Il giudice nazionale ne desume che la KVN, respingendo nel 1988 la domanda di convenzione del signor Haim, non ha commesso errori ai sensi delle disposizioni del diritto tedesco in materia di responsabilità amministrativa delle pubbliche autorità, cosicché l'azione di risarcimento intentata dal signor Haim non trova fondamento nel diritto interno.

22 Esso si chiede tuttavia se il signor Haim potrebbe desumere un diritto al risarcimento direttamente dal diritto comunitario, dal momento che risulta dalla giurisprudenza della Corte che ogni Stato membro è responsabile dei danni provocati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario che gli sono imputabili, e ciò anche in caso di adozione di un atto amministrativo illegittimo.

23 Inoltre, tenuto conto dell'argomento della KVN secondo il quale il signor Haim, anche se fosse stato iscritto all'albo dei dentisti nel 1988, non avrebbe ottenuto la convenzione in ragione della sua insufficiente conoscenza della lingua tedesca, il giudice nazionale si chiede se le autorità nazionali possano subordinare la convenzione di un individuo quale il signor Haim a requisiti di ordine linguistico.

24 Alla luce di quel che precede, il Landgericht di Düsseldorf ha deciso di sospendere la pronuncia e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se, nel caso in cui un dipendente di un ente di diritto pubblico giuridicamente autonomo di uno Stato membro nel dare applicazione al diritto nazionale nell'ambito di una decisione individuale compia una violazione del diritto comunitario primario, accanto alla responsabilità dello Stato membro possa sussistere anche quella dell'organismo di diritto pubblico.

2) In caso affermativo: se, nel caso in cui un dipendente pubblico nazionale abbia applicato una normativa nazionale incompatibile con il diritto comunitario oppure abbia applicato una normativa nazionale in maniera non conforme al diritto comunitario, sussista una violazione grave e manifesta del diritto comunitario già per il fatto che al dipendente pubblico nella sua decisione non compete alcun potere discrezionale.

3) Se le competenti autorità di uno Stato membro possano far dipendere l'ammissione all'esercizio dell'attività di medico convenzionato con una cassa malattia di un cittadino di un altro Stato membro autorizzato in questo Stato membro, il quale non possiede un diploma menzionato nell'art. 3 della direttiva 78/686, dal fatto che questi abbia le conoscenze linguistiche di cui ha bisogno per l'esercizio della sua attività professionale nello Stato ospitante».

Sulla prima questione

25 Con la sua prima questione, il giudice a quo chiede in sostanza se il diritto comunitario osti a che la responsabilità gravante su un ente di diritto pubblico di risarcire i danni provocati ai singoli da provvedimenti da esso adottati in violazione del diritto comunitario possa sorgere oltre a quella dello Stato membro stesso.

26 In via preliminare, occorre ricordare che la responsabilità per i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario imputabili ad una pubblica autorità nazionale costituisce un principio, inerente al sistema del Trattato, che crea obblighi in capo agli Stati membri (sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich e a., Racc. pag. I-5357, punto 35; 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, Racc. pag. I-1029, punto 31; 26 marzo 1996, causa C-392/93, British Telecommunications, Racc. pag. I-1631, punto 38; 23 maggio 1996, causa C-5/94, Hedley Lomas, Racc. pag. I-2553, punto 24, e 8 ottobre 1996, cause riunite C-178/94, C-179/94 e da C-188/94 a C-190/94, Dillenkofer e a., Racc. pag. I-4845, punto 20, e 2 aprile 1998, causa C-127/95, Norbrook Laboratories, Racc. pag. I-1531, punto 106).

27 Come hanno, in sostanza, rilevato tutti i governi che hanno presentato osservazioni alla Corte e la Commissione, e come risulta dalla giurisprudenza della Corte, spetta a ciascuno degli Stati membri accertarsi che i singoli ottengano un risarcimento del danno loro causato dall'inosservanza del diritto comunitario, a prescindere dalla pubblica autorità che ha commesso tale violazione e a prescindere da quella cui, in linea di principio, incombe, ai sensi della legge dello Stato membro interessato, l'onere di tale risarcimento (sentenza 1º giugno 1999, causa C- 302/97, Konle, Racc. pag. I-3099, punto 62).

28 Gli Stati membri non possono pertanto sottrarsi a tale responsabilità né invocando la ripartizione interna delle competenze e delle responsabilità tra gli enti locali esistenti nel loro ordinamento giuridico interno, né facendo valere che l'autorità pubblica autrice della violazione del diritto comunitario non disponeva delle competenze, cognizioni o dei mezzi necessari.

29 Non risulta tuttavia dalla giurisprudenza citata nei punti 26 e 27 della presente sentenza che al risarcimento dei danni provocati ai singoli da provvedimenti interni adottati in violazione del diritto comunitario debba necessariamente provvedere lo Stato membro stesso perché i suoi obblighi comunitari siano adempiuti.

30 Infatti, per quanto riguarda gli Stati membri a struttura federale, la Corte ha già statuito che, purché le modalità procedurali in essere nell'ordinamento giuridico interno consentano una tutela effettiva dei diritti derivanti ai singoli dall'ordinamento comunitario senza che sia più difficoltoso far valere tali diritti rispetto a quelli derivanti agli stessi singoli dall'ordinamento interno, al risarcimento dei danni causati ai singoli da provvedimenti interni adottati in violazione del diritto comunitario non deve necessariamente provvedere lo Stato federale perché gli obblighi comunitari dello Stato membro siano adempiuti (sentenza Konle, citata, punti 63 e 64).

31 Ciò vale del pari per gli Stati membri, a struttura federale o meno, nei quali talune funzioni legislative e amministrative sono assunte in maniera decentrata da enti locali dotati di una certa autonomia o da qualsiasi altro ente di diritto pubblico giuridicamente diverso dallo Stato. In tali Stati membri il risarcimento dei danni causati ai singoli da provvedimenti d'ordine interno adottati in violazione del diritto comunitario da un ente di diritto pubblico può quindi essere garantito da quest'ultimo.

32 Il diritto comunitario non osta neppure alla sussistenza della responsabilità di un ente di diritto pubblico di risarcire i danni provocati ai singoli da provvedimenti da esso adottati in violazione del diritto comunitario accanto a quella dello Stato membro stesso.

33 A questo riguardo, si deve ricordare la giurisprudenza consolidata secondo la quale, con riserva del diritto al risarcimento che trova direttamente il suo fondamento nel diritto comunitario nel caso in cui le condizioni per la responsabilità di uno Stato membro per violazione del diritto comunitario siano soddisfatte, è nell'ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato, fermo restando che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (sentenze citate Francovich e a., punti 41-43, e Norbrook Laboratories, punto 111).

34 Alla luce di quanto precede, si deve risolvere la prima questione dichiarando che il diritto comunitario non osta a che la responsabilità gravante su un ente di diritto pubblico di risarcire i danni provocati ai singoli da provvedimenti da esso adottati in violazione del diritto comunitario possa sorgere oltre a quella dello Stato membro stesso.

Sulla seconda questione

35 Con la sua seconda questione il giudice a quo chiede se, nel caso in cui un funzionario pubblico nazionale abbia applicato una normativa nazionale incompatibile con il diritto comunitario oppure abbia applicato una normativa nazionale in maniera non conforme al diritto comunitario, sussista una violazione grave e manifesta, ai sensi della giurisprudenza della Corte, per il solo fatto che il funzionario pubblico nell'adottare la sua decisione non disponeva di alcun potere discrezionale.

36 Per quanto riguarda le condizioni nelle quali uno Stato membro è tenuto a risarcire i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili, emerge dalla giurisprudenza della Corte, che sono tre le condizioni, vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che si tratti di violazione grave e manifesta e che esista un nesso causale diretto tra la violazione dell'obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi. La valutazione di tali condizioni dipende da ciascun tipo di situazione (sentenza Norbrook Laboratories, citata, punto 107).

37 Queste tre condizioni devono sussistere tanto nel caso in cui i danni per i quali è richiesto il risarcimento derivino da un'inazione dello Stato membro, ad esempio per la mancata trasposizione di una direttiva comunitaria, quanto nel caso in cui essi derivino dall'adozione di un atto legislativo o amministrativo violante il diritto comunitario, che sia stato adottato dallo Stato membro stesso o da un ente di diritto pubblico giuridicamente indipendente funzionario dallo Stato.

38 Per quanto riguarda, più in particolare, la seconda condizione, la Corte ha già affermato, da un lato, che una violazione del diritto comunitario è grave e manifesta quando uno Stato membro, nell'esercizio del suo potere normativo, ha violato in modo grave e manifesto i limiti posti all'esercizio dei suoi poteri (v. citate sentenze Brasserie du pêcheur e Factortame, punto 55, British Telecommunications, punto 42, e Dillenkofer, punto 25) e che, d'altra parte, laddove lo Stato membro di cui trattasi, al momento in cui ha commesso la trasgressione, disponesse solo di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per accertare l'esistenza di una violazione grave e manifesta (v. citate sentenze Hedley Lomas, punto 28, e Norbrook Laboratories, punto 109).

39 Si deve ricordare, a tal riguardo, che l'obbligo di risarcire i danni cagionati ai singoli non può essere subordinato ad una condizione, ricavata dalla nozione di condotta imputabile per dolo o colpa, che vada oltre la violazione manifesta e grave del diritto comunitario (sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, citata, punto 79).

40 Ora, il margine di discrezionalità menzionato al punto 38 della presente sentenza è quello di cui dispone lo Stato membro di cui trattasi. La sua esistenza e la sua ampiezza sono stabiliti rispetto al diritto comunitario e non rispetto al diritto nazionale. Il margine di discrezionalità eventualmente concesso dal diritto nazionale al funzionario pubblico o all'istituzione che hanno commesso la violazione del diritto comunitario è a tal riguardo ininfluente.

41 Risulta del pari dalla giurisprudenza citata nello stesso punto 38 che una mera violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro può costituire una violazione grave e manifesta, ma non necessariamente la costituisce.

42 Per stabilire se tale violazione del diritto comunitario costituisca una violazione grave e manifesta, il giudice nazionale investito di una domanda di risarcimento dei danni deve tenere conto di tutti gli elementi che caratterizzano la controversia sottoposta al suo sindacato.

43 Fra tali elementi compaiono in particolare, il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno causato, la scusabilità o l'inescusabilità di un eventuale errore di diritto, la circostanza che i comportamenti adottati da un'istituzione comunitaria abbiano potuto concorrere all'adozione o al mantenimento in vigore di provvedimenti o di prassi nazionali contrari al diritto comunitario (v. sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, citata, punto 56, relativamente alle condizioni per l'applicazione della responsabilità dello Stato a causa di atti e omissioni del legislatore nazionale in contrasto con il diritto comunitario).

44 Riguardo all'applicazione di tali elementi nella fattispecie, emerge dalla giurisprudenza della Corte che tale applicazione deve, in linea di principio, essere operata dai giudici nazionali (sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, citata, punto 58) in conformità degli orientamenti forniti dalla Corte per procedere a tale applicazione (sentenza Konle, citata, punto 58).

45 A tale proposito, occorre ricordare che la norma di diritto comunitario di cui trattasi è una disposizione del Trattato direttamente applicabile dalla fine del periodo transitorio previsto dal Trattato, avvenuta molto tempo prima dei fatti della controversia nella causa a qua.

46 Nondimeno, allorché il legislatore tedesco ha adottato l'art. 3 della ZOK dopo che la KVN ha rifiutato l'iscrizione del signor Haim all'albo dei dentisti, la Corte non aveva ancora pronunciato la sentenza Vlassopoulou, soprammenzionata, al punto 16 della quale essa ha statuito per la prima volta che spetta allo Stato membro, fatto oggetto di una domanda di autorizzazione all'esercizio di una professione, il cui accesso a norma della legislazione nazionale è subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, prendere in considerazione i diplomi, i certificati e gli altri titoli che l'interessato ha acquisito ai fini dell'esercizio della medesima professione in un altro Stato membro procedendo ad un raffronto tra le competenze attestate da questi diplomi e le conoscenze e qualifiche richieste dalle norme nazionali.

47 E' in base allo stesso principio, che la Corte ha stabilito, nel punto 29 della sentenza Haim I, che l'art. 52 del Trattato non consente alle autorità competenti di uno Stato membro di negare l'accesso alla convenzione come dentista con una cassa di assicurazione-malattia ad un cittadino di un altro Stato membro - che non sia in possesso di alcuno dei diplomi indicati all'art. 3 della direttiva 78/686, ma che sia stato abilitato all'esercizio e abbia esercitato la professione tanto nel primo quanto nel secondo Stato membro - a causa del mancato compimento del tirocinio preparatorio imposto dalla normativa del primo Stato, senza verificare se, ed in caso affermativo in qual misura, l'esperienza di cui l'interessato comprovi già il possesso corrisponda a quella richiesta dalla normativa medesima.

48 Alla luce dei criteri e delle osservazioni esposti nei punti 43-47 della presente sentenza, spetta al giudice nazionale verificare se, nella controversia della causa a qua, sussista una violazione grave e manifesta del diritto comunitario.

49 Occorre pertanto risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che, per stabilire se sussista o meno una violazione grave e manifesta del diritto comunitario, ai sensi della giurisprudenza della Corte, si deve tenere conto del margine di discrezionalità di cui dispone lo Stato membro di cui trattasi. L'esistenza e l'ampiezza di tale margine di discrezionalità devono esser valutati rispetto al diritto comunitario e non rispetto al diritto nazionale.

Sulla terza questione

50 Con la terza questione il giudice a quo chiede se le autorità competenti di uno Stato membro siano autorizzate a far dipendere l'ammissione alla convenzione di un dentista, cittadino di un altro Stato membro, stabilito nel primo Stato membro e ivi autorizzato ad esercitare, ma non in possesso di uno dei diplomi menzionati nell'art. 3 della direttiva 78/686, dalla condizione che tale dentista abbia le conoscenze linguistiche necessarie per l'esercizio della sua attività professionale nello Stato membro di stabilimento.

51 Il giudice a quo indica che tali requisiti linguistici potrebbero essere in contrasto con l'art. 18, n. 3, della direttiva 78/686, nonché del Trattato.

52 Riguardo all'art. 18, n. 3, della direttiva 78/686, si deve constatare che le norme per il mutuo riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di dentista fissate dalla direttiva 78/686 non si applicano ai diplomi conseguiti in paesi terzi, pur se tali diplomi siano stati riconosciuti da uno Stato membro equipollenti a quelli rilasciati nel suo territorio (v. sentenza 9 febbraio 1994, causa C-154/93, Tawil-Albertini, Racc. pag. I-451, punto 13).

53 Dal momento che il diploma del signor Haim è stato rilasciato da un paese terzo, e benché sia stato riconosciuto da uno Stato membro equipollente ad un diploma menzionato nell'art. 3 della direttiva 78/686, esso non rientra nella sfera di applicazione della detta direttiva.

54 Non è di conseguenza necessario interrogarsi sulla questione se, in un caso come quello della controversia nella causa principale, il requisito di conoscenze linguistiche, per il rilascio di una convenzione, sia in contrasto o meno con l'art. 18, n. 3, di tale direttiva.

55 Basandosi sull'art. 52 del Trattato, il signor Haim sostiene, peraltro, che, contrariamente a quanto indicato dal giudice a quo, l'art. 21 della ZOK non può giustificare il requisito di conoscenze linguistiche analoghe a quelle richiestegli nella causa a qua. Tale disposizione prevede che un dentista che presenti gravi carenze mentali o personali, in particolare, colui che sia stato tossicomane o alcolizzato nei cinque anni precedenti la presentazione della sua richiesta di convenzione è inidoneo all'esercizio dell'attività di medico convenzionato. Secondo il signor Haim, risulta chiaramente dalle situazioni menzionate a mo' d'esempio nella detta disposizione che quest'ultima non riguarda e non può riguardare una carenza sul piano linguistico.

56 A questo riguardo, pur se è vero che l'art. 21 della ZOK non pare, secondo la sua formulazione, avere rapporto con le conoscenze linguistiche dell'interessato, non compete alla Corte di pronunciarsi, nell'ambito di un rinvio pregiudiziale, sull'interpretazione da dare ad una disposizione di diritto nazionale e, più in particolare, su quali tipi di carenze siano presi in considerazione da una disposizione nazionale quale l'art. 21 della ZOK.

57 Secondo la giurisprudenza della Corte, i provvedimenti nazionali che limitano l'esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato devono soddisfare quattro condizioni: applicarsi in modo non discriminatorio, rispondere a motivi imperativi di interesse pubblico, essere idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (v., in particolare, sentenze 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, Racc. pag. I-4165, punto 37, e 9 marzo 1999, causa C-212/97, Centros, Racc. pag. I-1459, punto 34).

58 Pur se, nell'ambito della ripartizione delle competenze tra giudici comunitari e nazionali, spetta, in linea di massima, al giudice nazionale di verificare che sussistano nella causa dinanzi ad esso pendente tali condizioni, la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può, ove necessario, fornire precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione.

59 A tale riguardo, come sottolinea l'Avvocato generale nei punti 105-113 delle sue conclusioni, l'affidabilità della comunicazione di un dentista con il suo paziente, nonché con le autorità amministrative e con gli organismi professionali, costituisce un motivo imperativo di pubblico interesse idoneo a giustificare che l'ammissione alla convenzione di un dentista sia subordinata a requisiti di natura linguistica. Infatti, tanto il dialogo con i pazienti quanto l'osservanza delle norme deontologiche e giuridiche specifiche per la professione dentistica nello Stato membro di stabilimento e l'esecuzione di adempimenti amministrativi richiedono un'adeguata conoscenza della lingua di tale Stato.

60 Nondimeno, è importante che requisiti linguistici che sono idonei a garantire che il dentista possa comunicare proficuamente con i propri pazienti, la cui madrelingua corrisponde a quella dello Stato membro di cui trattasi, nonché con le autorità amministrative e con gli organismi professionali di tale Stato, non superino quanto è necessario al raggiungimento di tale obiettivo. A tal proposito, è nell'interesse dei pazienti di madrelingua diversa dalla lingua nazionale che esista un certo numero di dentisti capaci anche di comunicare con tali persone nella loro lingua.

61 Si deve pertanto risolvere la terza questione pregiudiziale dichiarando che le autorità competenti di uno Stato membro sono autorizzate a subordinare la convenzione di un dentista, cittadino di altro Stato membro, stabilito nel primo Stato membro e ivi autorizzato ad esercitare, ma non in possesso di uno dei diplomi menzionati nell'art. 3 della direttiva 78/686, alla condizione che tale dentista abbia le conoscenze linguistiche necessarie per l'esercizio della sua attività professionale nello Stato membro di stabilimento.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

62 Le spese sostenute dai governi tedesco, danese, ellenico, spagnolo, francese, italiano, svedese e del Regno Unito, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Landgericht di Düsseldorf con ordinanza 8 dicembre 1997, dichiara:

1) Il diritto comunitario non osta a che la responsabilità gravante su un ente di diritto pubblico di risarcire i danni provocati ai singoli da provvedimenti da esso adottati in violazione del diritto comunitario possa sorgere oltre a quella dello Stato membro stesso.

2) Per stabilire se sussista o meno una violazione grave e manifesta del diritto comunitario, ai sensi della giurisprudenza della Corte, si deve tenere conto del margine di discrezionalità di cui dispone lo Stato membro di cui trattasi. L'esistenza e l'ampiezza di tale margine di discrezionalità devono essere valutati rispetto al diritto comunitario e non rispetto al diritto nazionale.

3) Le autorità competenti di uno Stato membro sono autorizzate a subordinare l'ammissione alla convenzione di un dentista, cittadino di altro Stato membro, stabilito nel primo Stato membro e ivi autorizzato ad esercitare, ma non in possesso di uno dei diplomi menzionati nell'art. 3 della direttiva del Consiglio 25 luglio 1978, 78/686/CEE, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di dentista e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, alla condizione che tale dentista abbia le conoscenze linguistiche necessarie per l'esercizio della sua attività professionale nello Stato membro di stabilimento.