61997J0249

Sentenza della Corte del 14 settembre 1999. - Gabriele Gruber contro Silhouette International Schmied GmbH & Co. KG. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Landesgericht Linz - Austria. - Parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Indennità di liquidazione - Discriminazione indiretta. - Causa C-249/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-05295


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


Politica sociale - Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Parità di retribuzione - Versamento di un'indennità di liquidazione ai lavoratori che si dimettono in seguito alla nascita di un figlio e in mancanza di strutture per accogliere quest'ultimo - Indennità ridotta rispetto a quella versata ai lavoratori che si dimettono per un motivo grave connesso alle condizioni di lavoro o al comportamento del datore di lavoro - Discriminazione indiretta - Insussistenza - Natura pubblica o privata delle strutture per l'infanzia - Irrilevanza

[Trattato CE, art. 119 (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE - 143 CE)]

Massima


$$L'art. 119 del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE - 143 CE) non osta ad una normativa nazionale che concede un'indennità di liquidazione a lavoratori che pongono prematuramente termine al loro rapporto di lavoro per accudire i figli a causa della carenza di strutture per la custodia dei bambini, quando tale indennità sia di importo ridotto rispetto a quella percepita, per la stessa durata effettiva del rapporto di lavoro, dai lavoratori che si dimettono per motivi gravi connessi con le condizioni di lavoro nell'impresa o con il comportamento del datore di lavoro.

L'esclusione dei lavoratori che si dimettono per causa di maternità dal godimento dell'indennità completa non costituisce infatti un provvedimento indirettamente discriminatorio nei confronti degli stessi, in quanto non ha il risultato di sfavorirli rispetto ad altri lavoratori che versano in una situazione identica o analoga alla loro. I gruppi di persone oggetto di confronto, sotto tale profilo, debbono essere, da un lato, i lavoratori che si dimettono per maternità e, dall'altro, quelli che si dimettono senza un motivo grave, e non quelli che si dimettono per un motivo grave connesso alle condizioni di lavoro nell'impresa o al comportamento del datore di lavoro, poiché le situazioni di questi ultimi, nelle quali qualsiasi prosecuzione del rapporto di lavoro è resa impossibile, hanno un oggetto e una causa di natura diversa da quella nella quale versano i lavoratori che si dimettono per causa di maternità.

Peraltro, il fatto che nello Stato membro di cui trattasi gli asili per l'infanzia siano in maggioranza gestiti da enti pubblici o con il sostegno finanziario di questi non ha alcuna incidenza al riguardo.

Parti


Nel procedimento C-249/97,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Landesgericht di Linz (Austria) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Gabriele Gruber

e

Silhouette International Schmied GmbH & Co. KG,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 119 del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE - 143 CE),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, P.J.G. Kapteyn (relatore), J.-P. Puissochet, G. Hirsch e P. Jann, presidenti di sezione, J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann, J.L. Murray, D.A.O. Edward, H. Ragnemalm, L. Sevón, M. Wathelet e R. Schintgen, giudici,

avvocato generale: P. Léger

cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la signora Gruber, dal signor Klaus Mayr, «Sekretär der Kammer für Arbeiter und Angestellte für Ober-Österreich» a Linz;

- per la Silhouette International Schmied GmbH & Co. KG, dall'avv. Christoph Szep, del foro di Linz;

- per il governo austriaco, dal signor Wolf Okresek, Ministerialrat presso la Cancelleria, in qualità agente;

- per il governo del Regno Unito, dalla signora Lindsey Nicoll, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, assistita dal signor Clive Lewis, barrister;

- per la Commissione delle Comunità europee, dalle signore Marie Wolfcarius e Barbara Brandtner, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, assistite dagli avv.ti Stefan Köck e Martin Oder, del foro di Bruxelles,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della signora Gruber, della Silhouette International Schmied GmbH & Co. KG e della Commissione all'udienza dell'8 dicembre 1998,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 23 febbraio 1999,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 24 ottobre 1996, pervenuta in cancelleria l'8 luglio 1997, il Landesgericht di Linz ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), due questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 119 del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE - 143 CE).

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la signora Gruber e la Silhouette International Schmied GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Silhouette»).

Ambito normativo

Il diritto austriaco

3 L'art. 23, n. 1, dell'Angestelltengesetz (legge relativa ai lavoratori subordinati, in prosieguo: l'«AngG») dispone che, in caso di estinzione di un rapporto di lavoro di durata ininterrotta non inferiore a tre anni, il lavoratore subordinato ha diritto ad un'indennità di licenziamento.

4 Tuttavia, ai sensi dell'art. 23, n. 7, dell'AngG, l'indennità di licenziamento non è corrisposta qualora il dipendente risolva esso stesso il contratto, si dimetta prima della scadenza del contratto senza motivi gravi oppure venga licenziato per causa a lui imputabile prima della scadenza del contratto.

5 I motivi gravi in base ai quali un lavoratore subordinato può porre fine al rapporto di lavoro e percepire l'intera indennità di licenziamento di cui all'art. 23, n. 1, dell'AngG, sono previsti dalla legge. Essi sono elencati negli artt. 26 dell'AngG e 82 bis della Gewerbeordnung 1859 (codice del lavoro, in prosieguo: la «GewO 1859»), la quale si applica agli operai.

6 L'art. 26 dell'AngG dispone quanto segue:

«Sono considerati motivi gravi che giustificano la risoluzione anticipata, da parte del lavoratore, del rapporto di lavoro, in particolare,

1) l'impossibilità di proseguire l'attività lavorativa o di proseguirla senza pregiudizio per la salute o per il buon costume;

2) l'indebita riduzione o la mancata corresponsione, da parte del datore di lavoro, della retribuzione spettante al lavoratore, il pregiudizio conseguente - in caso di pagamento in natura - ad un'alimentazione malsana o insufficiente o all'alloggio insalubre, ovvero l'inadempimento di altre importanti clausole del contratto di lavoro;

3) il rifiuto, da parte del datore di lavoro, di adempiere i propri obblighi in materia di tutela della vita e della salute del lavoratore e in materia di buon costume;

4) la colpa grave del datore di lavoro nei confronti del lavoratore o di un suo familiare, conseguente a suoi atti, ad oltraggi al buon costume o a gravi lesioni dell'onore, oppure al suo rifiuto di tutelare il lavoratore contro siffatti comportamenti tenuti da un collega o da un familiare del datore di lavoro».

7 L'art. 82 bis della GewO 1859 recita:

«Un operaio può cessare la sua attività lavorativa prima della scadenza del periodo di durata del contratto di lavoro e senza preavviso nei seguenti casi:

a) se si trova nell'impossibilità di continuare la propria attività lavorativa senza comprovabile pregiudizio per la propria salute;

b) se il datore di lavoro si rende responsabile di maltrattamenti o di gravi lesioni dell'onore del lavoratore o di un suo familiare;

c) qualora il datore di lavoro o un suo familiare istighi l'operaio o un suo familiare a comportamenti contrari alla legge o al buon costume;

d) qualora il datore di lavoro si rifiuti ingiustamente di versargli il salario pattuito o contravvenga ad altre importanti clausole del contratto di lavoro;

e) qualora il datore di lavoro non sia in grado di versargli il suddetto salario o si rifiuti di farlo».

8 L'art. 23 bis, n. 3, dell'AngG, introdotto nel 1971, dispone che i lavoratori di sesso femminile hanno diritto a percepire, se il rapporto di lavoro è durato ininterrottamente per cinque anni, la metà dell'indennità di licenziamento dovuta ai sensi dell'art. 23, n. 1, quando si licenzino anticipatamente dopo la nascita di un figlio vivente durante il periodo di tutela di cui all'art. 5, n. 1, del Mutterschutzgesetz (legge sulla tutela della madre, in prosieguo: il «MSchG»). Qualora faccia valere il diritto ad un congedo parentale ai sensi del MSchG, il lavoratore di sesso femminile deve presentare le dimissioni entro e non oltre i tre mesi precedenti la fine di tale congedo.

9 In forza dell'art. 23 bis, n. 4, dell'AngG, il diritto a percepire la suddetta indennità di licenziamento sussiste per i lavoratori di sesso maschile che abbiano fatto valere il loro diritto ad un congedo parentale ai sensi dell'Eltern-Karenzurlaubsgesetz (legge relativa ai congedi parentali, in prosieguo: l'«EKUG») o ai sensi di norme di legge analoghe, e che si licenzino anticipatamente entro e non oltre i tre mesi precedenti la fine di tale congedo.

10 Sia il MSchG che l'EKUG prevedono per i lavoratori un congedo parentale di due anni.

11 Ai sensi dell'art. 2 dell'Arbeiterabfertigungsgesetz (legge relativa all'indennità di licenziamento spettante agli operai), le disposizioni degli artt. 23 e 23 bis dell'AngG sono applicabili agli operai.

La controversia nella causa principale

12 La signora Gruber lavorava alle dipendenze della Silhouette come operaia dal 23 giugno 1986 al 13 dicembre 1995.

13 Ella è madre di due figli, nati il 1_ ottobre 1993 e il 19 maggio 1995. In occasione della nascita sia del primo che del secondo figlio l'interessata fruiva di un periodo di congedo parentale di due anni, di modo che, dall'autunno del 1993, ella si trovava soggetta prima al regime del congedo di maternità (tutela precedente e successiva al parto) e, successivamente, a quello del congedo parentale. A fronte di difficoltà incontrate nel provvedere alla custodia dei figli e connesse con la mancanza di centri di accoglienza, e pur avendo manifestato l'effettivo desiderio di continuare la sua attività lavorativa, ella poneva fine, in data 16 novembre 1995, al suo contratto di lavoro per occuparsi dei figli.

14 In seguito a tali dimissioni così motivate, la Silhouette versava alla signora Gruber l'indennità di licenziamento di cui all'art. 23 bis, n. 3, dell'AngG.

15 Sostenendo che alla base delle proprie dimissioni vi erano motivi gravi, attinenti alla mancanza di centri di accoglienza per i bambini al di sotto dei tre anni nella regione in cui ella risiede, ossia il Land federale dell'Alta Austria, la signora Gruber presentava ricorso dinanzi al Landesgericht di Linz impugnando la riduzione dell'indennità di licenziamento. Nell'ambito della causa principale, ella ha sostenuto di aver diritto al versamento della totalità di tale indennità, sulla base dell'art. 23, n. 1, dell'AngG, in quanto le disposizioni nazionali che hanno limitato i suoi diritti costituiscono una discriminazione indiretta dei lavoratori di sesso femminile, vietata dall'art. 119 del Trattato.

16 Ritenendo che la soluzione della controversia ed esso sottoposta dipendesse dall'interpretazione di quest'ultima norma, il Landesgericht di Linz ha sospeso il giudizio e ha proposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se sia compatibile con l'art. 119 del Trattato CE il fatto che siano soprattutto le donne a dover porre termine al loro rapporto di lavoro, per carenza di centri di accoglienza per l'infanzia, al fine di accudire ai propri figli, e che dette lavoratrici, pur soddisfacendo ulteriori requisiti (una maggiore anzianità aziendale), ottengano al massimo la metà dell'indennità di licenziamento loro spettante per il periodo di servizio effettivamente prestato (art. 23 bis, n. 3, dell'AngG), mentre agli uomini spetta un'indennità di licenziamento sulla base di tale intero periodo.

2) Se sia rilevante in proposito il fatto che in Austria gli asili nido siano in maggioranza gestiti da organi pubblici o con il sostegno finanziario di questi».

Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

17 La Silhouette sostiene che le suddette questioni vanno dichiarate irricevibili. Infatti esse avrebbero carattere ipotetico, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice a quo e dalla signora Gruber, quest'ultima non era costretta a dimettersi per mancanza di strutture di accoglienza per il figlio poiché ella avrebbe potuto ancora fruire per oltre un anno di un congedo parentale. Conseguentemente, ella non potrebbe avvalersi dell'art. 23, n. 1, dell'AngG. In udienza, la Commissione ha parzialmente aderito a questo punto di vista in quanto il diritto di continuare a beneficiare del congedo parentale poteva essere decisivo nell'esame della questione se sussistesse una situazione di necessità tale da costringere il lavoratore ad abbandonare il mercato del lavoro.

18 In udienza, la signora Gruber ha riconosciuto che avrebbe effettivamente potuto beneficiare, ancora per un anno, del congedo parentale. Nel contempo ella ha sostenuto che il problema posto dal giudice a quo si sarebbe in ogni caso presentato al termine di tale congedo, in quanto i bambini possono essere accolti negli asili nido solo a partire dall'età di 3 anni e quindi la situazione del figlio tra i 2 e i 3 anni non sarebbe mutata.

19 Come ha rilevato l'avvocato generale nel paragrafo 23 delle sue conclusioni, la censura della Silhouette si risolve nel contestare la valutazione dei fatti e l'applicazione della legge nazionale operate dal giudice a quo. Ora, spetta al giudice nazionale, secondo una costante giurisprudenza, fornire alla Corte gli elementi di fatto o di diritto necessari per favorire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte. Secondo la medesima giurisprudenza, spetta al giudice nazionale interpretare le disposizioni nazionali controverse. La Corte non può quindi sostituirsi al giudice a quo nel decidere se le suddette norme si applichino nell'ambito della controversia di cui esso è investito.

20 Ne consegue che le questioni pregiudiziali sono ricevibili.

Sulla prima questione

21 Con la prima questione il giudice a quo chiede in sostanza se l'art. 119 del Trattato osti ad una normativa nazionale che concede un'indennità di licenziamento a lavoratori che risolvono anticipamente il loro rapporto di lavoro per accudire ai figli a causa della carenza di strutture di accoglienza per l'infanzia - indennità ridotta rispetto a quella percepita, per la stessa durata effettiva del loro rapporto di lavoro, dai lavoratori che si licenziano per motivi gravi - qualora i lavoratori che percepiscono l'indennità di licenziamento ridotta siano in maggioranza donne.

22 Occorre rilevare, in limine, che è pacifico che l'indennità di licenziamento rientri nella nozione di retribuzione ai sensi dell'art. 119 del Trattato. La causa principale verte infatti sul calcolo dell'importo dell'indennità di licenziamento spettante all'interessata.

23 Allo stesso modo, è pacifico che nella fattispecie non può trattarsi di una discriminazione diretta in base al sesso. Infatti, il pagamento dell'indennità di licenziamento ridotta di cui all'art. 23 bis dell'AngG è effettuato alle stesse condizioni per i lavoratori di sesso femminile e per lavoratori di sesso maschile che risolvono il loro rapporto di lavoro in seguito alla nascita di un figlio.

24 Occorre pertanto stabilire se l'applicazione di una disposizione quale l'art. 23 bis dell'AngG, in circostanze come quelle menzionate dal giudice a quo, costituisca un provvedimento indirettamente discriminatorio nei confronti delle lavoratrici.

25 Secondo una giurisprudenza costante, vi è discriminazione indiretta quando l'applicazione di un provvedimento nazionale, benché formulato in modo neutro, di fatto sfavorisca un numero molto più alto di donne che di uomini (v., in particolare, sentenza 2 ottobre 1997, causa C-1/95, Gerster, Racc. pag. I-5253, punto 30).

26 Inoltre, emerge del pari dalla giurisprudenza della Corte che l'art. 119 del Trattato osta all'applicazione di norme che conservano differenze di trattamento tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile in applicazione di criteri non fondati sul sesso, ogni volta che le dette differenze non possano spiegarsi in base a fattori obiettivamente giustificati ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (v., in particolare, sentenza 9 febbraio 1999, causa C-167/97, Seymour-Smith e Perez, Racc. pag. I-623, punto 52).

27 Occorre pertanto verificare in primo luogo se l'applicazione dell'art. 23 bis, n. 3, abbia il risultato di sfavorire una lavoratrice come la signora Gruber rispetto ad altri lavoratori che si trovino in una situazione identica o analoga alla sua.

28 A tal proposito sono state sostenute due diverse tesi.

29 Secondo la prima tesi, propugnata dalla signora Gruber e dalla Commissione, i gruppi da confrontare sono, da un lato, i lavoratori che si licenziano per maternità e, dall'altro, quelli che si licenziano per motivi gravi. Sotto questo profilo, esiste una situazione di svantaggio, in quanto il primo gruppo di persone riceve solo la metà dell'indennità di licenziamento concessa al secondo. Tale ragionamento si risolverebbe così nel considerare la risoluzione del rapporto di lavoro per maternità come un motivo equivalente ad un motivo grave ai sensi dell'art. 26 dell'AngG, con conseguente diritto all'indennità di licenziamento piena prevista dall'art. 23, n. 1, della stessa legge.

30 La Silhouette e il governo austriaco sostengono invece che i gruppi da mettere a confronto sono, da un lato, i lavoratori che si licenziano per maternità e, dall'altro, quelli che si licenziano senza un motivo grave, o che risolvono volontariamente il loro rapporto di lavoro per motivi personali. Secondo tale punto di vista, non sussisterebbe nessuno svantaggio, in quanto il primo gruppo avrebbe diritto ad un'indennità di licenziamento che invece non spetterebbe al secondo. Ne conseguirebbe che l'art. 23 bis, n. 3, dell'AngG, il quale contempla il diritto ad un'indennità di licenziamento limitata, costituirebbe una disposizione eccezionale che concede un trattamento di favore per i lavoratori interessati.

31 La fondatezza dell'una o dell'altra delle suddette tesi dipende dalla questione se l'oggetto e la causa della situazione in cui si trovano i lavoratori che si licenziano per accudire ai figli siano simili a quelli che caratterizzano la situazione dei lavoratori che si licenziano per motivi gravi ai sensi degli artt. 26 dell'AngG e 82 bis della GewO 1859.

32 Dagli esempi menzionati negli artt. 26 dell'AngG e 82 bis della GewO 1859 sembra risultare che le situazioni considerate hanno, come caratteristica comune, il fatto che sono connesse con le condizioni di lavoro nell'impresa o con il comportamento del datore di lavoro e che si tratta di situazioni in cui la prosecuzione dell'attività lavorativa è resa impossibile, cosicché non può pretendersi che il lavoratore mantenga in essere il suo rapporto di lavoro, neanche durante il periodo di preavviso normalmente previsto in caso di dimissioni.

33 Di conseguenza, le situazioni sopra menzionate hanno oggetto e causa di natura diversa rispetto alla situazione in cui si trova una lavoratrice come la signora Gruber.

34 Pertanto l'esclusione di una lavoratrice come la signora Gruber dal beneficio di cui all'art. 23, n. 1, dell'AngG non costituisce una misura indirettamente discriminatoria.

35 Occorre quindi risolvere la prima questione nel senso che l'art. 119 del Trattato non osta ad una normativa nazionale che riconosce un'indennità di licenziamento a lavoratori che risolvano anticipamente il loro rapporto di lavoro per accudire ai figli a causa della carenza di centri di accoglienza per questi ultimi, indennità che sia ridotta rispetto a quella percepita, per la stessa durata effettiva del rapporto di lavoro, dai lavoratori che si licenziano per motivi gravi connessi con le condizioni di lavoro nell'impresa o con il comportamento del datore di lavoro.

Sulla seconda questione

36 Con la seconda questione il giudice a quo chiede sostanzialmente se il fatto che, nello Stato membro di cui trattasi, gli asili nido siano per lo più gestiti da organi pubblici o con il sostegno finanziario di questi abbia influenza sulla soluzione data alla prima questione.

37 A tal proposito basta rilevare che la questione se la concessione di un'indennità di licenziamento ridotta a lavoratori che risolvano anticipamente il loro rapporto di lavoro per accudire ai figli a causa della carenza di centri di accoglienza per questi ultimi costituisca una discriminazione ai sensi dell'art. 119 del Trattato non può dipendere dal carattere pubblico o privato di tali strutture.

38 Occorre pertanto risolvere la seconda questione nel senso che il fatto che, nello Stato membro di cui trattasi, gli asili nido siano per lo più gestiti da organi pubblici o con il sostegno finanziario di questi non incide sulla soluzione data alla prima questione.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

39 Le spese sostenute dal governo austriaco e dal governo del Regno Unito, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Landesgericht di Linz, con ordinanza 24 ottobre 1996, dichiara:

1) L'art. 119 del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 - 143 CE) non osta ad una normativa nazionale che riconosce un'indennità di licenziamento a lavoratori che risolvano anticipamente il loro rapporto di lavoro per accudire ai figli a causa della carenza di centri di accoglienza per questi ultimi, indennità che sia ridotta rispetto a quella percepita, per la stessa durata effettiva del rapporto di lavoro, dai lavoratori che si licenziano per motivi gravi connessi con le condizioni di lavoro nell'impresa o con il comportamento del datore di lavoro.

2) Il fatto che, nello Stato membro di cui trattasi, gli asili nido siano per lo più gestiti da organi pubblici o con il sostegno finanziario di questi non incide sulla soluzione data alla prima questione.