61997J0033

Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 3 giugno 1999. - Colim NV contro Bigg's Continent Noord NV. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Rechtbank van koophandel Hasselt - Belgio. - Ravvicinamento delle legislazioni - Procedura d'informazione nel settore delle norme e ragolamentazioni tecniche - Direttiva 83/189/CEE - Etichettatura e presentazione dei prodotti - Protezione dei consumatori - Lingua. - Causa C-33/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-03175


Massima
Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parole chiave


1 Ravvicinamento delle legislazioni - Procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche - Obbligo degli Stati membri di comunicare alla Commissione ogni progetto di regolamentazione tecnica - Portata

(Direttiva del Consiglio 83/189/CEE, art. 1, punto 6)

2 Ravvicinamento delle legislazioni - Procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche - Regolamentazioni tecniche ai sensi della direttiva 83/189 - Nozione - Normativa nazionale che assoggetta la commercializzazione di prodotti all'impiego di una o più lingue determinate nelle menzioni obbligatorie relative all'etichettatura, nelle istruzioni per l'uso e nel certificato di garanzia - Esclusione

(Direttiva del Consiglio 83/189, art. 1, punti 1 e 5)

3 Libera circolazione delle merci - Restrizioni quantitative - Misure di effetto equivalente - Requisiti linguistici relativi alle indicazioni figuranti sui prodotti importati - Ammissibilità - Presupposti

[Trattato CE, art. 30 (divenuto, in seguito a modifica, art. 28 CE)]

Massima


1 Non può considerarsi come progetto di regola tecnica ex art. 1, punto 6, della direttiva 83/189, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, né conseguentemente essere associato all'obbligo di notifica un provvedimento nazionale che riproduca o sostituisca, senza aggiungervi nuove specificazioni o integrazioni, regole tecniche già esistenti e - se emanate successivamente all'entrata in vigore della detta direttiva - già debitamente notificate alla Commissione.

2 L'obbligo di usare almeno la lingua o le lingue della regione in cui i prodotti vengono immessi sul mercato relativamente alle indicazioni obbligatorie circa l'etichettatura, le istruzioni per l'uso e i certificati di garanzia non costituisce una «regola tecnica» ai sensi della direttiva 83/189, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, come modificata dalla direttiva del Consiglio 88/182. Infatti, occorre distinguere tra l'obbligo di trasmettere al consumatore talune informazioni su un prodotto, obbligo che si adempie apponendovi indicazioni o aggiungendo documenti quali le istruzioni per l'uso e il certificato di garanzia, e l'obbligo di esprimere tali informazioni in una determinata lingua. A differenza del primo, che riguarda direttamente il prodotto, il secondo tipo di obbligo è volto unicamente a determinare la lingua nella quale la prima delle due condizioni va soddisfatta e non costituisce, in sé e per sé, una regola tecnica ai sensi della direttiva 83/189, ma una regola accessoria, necessaria ai fini dell'effettiva trasmissione di informazioni.

3 Requisiti linguistici relativi alle indicazioni figuranti su prodotti importati, posti da una normativa nazionale, costituiscono un ostacolo al commercio intracomunitario qualora i prodotti provenienti da altri Stati membri debbano essere etichettati in modo diverso, con conseguenti spese supplementari di confezionamento. Tuttavia, in assenza di una completa armonizzazione delle suddette esigenze, gli Stati membri possono adottare provvedimenti nazionali recanti l'obbligo di redigere le suddette indicazioni nella lingua della regione ove i prodotti vengono messi in vendita o in un'altra lingua facilmente comprensibile per i consumatori di tale regione, a condizione che i suddetti provvedimenti si applichino indistintamente a tutti i prodotti nazionali ed importati ed abbiano carattere di proporzionalità rispetto allo scopo della tutela del consumatore da essi perseguito. I detti provvedimenti devono, in particolare, limitarsi alle indicazioni cui lo Stato membro attribuisce carattere di obbligatorietà e relativamente alle quali l'uso di altri mezzi diversi dalla traduzione non consentirebbe un'adeguata informazione dei consumatori.

Parti


Nel procedimento C-33/97,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Rechtbank van Koophandel di Hasselt (Belgio), nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Colim NV

e

Bigg's Continent Noord NV,

domanda vertente sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU L 109, pag. 8), modificata dalla direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/182/CEE (GU L 81, pag. 75), nonché sull'interpretazione dei principi vigenti in materia di etichettatura dei prodotti,

LA CORTE

(Quinta Sezione),

composta dai signori J.-P. Puissochet, presidente di sezione, J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann, D.A.O. Edward (relatore) e L. Sevón, giudici,

avvocato generale: G. Cosmas

cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la Colim NV, dall'avv. H. De Bauw, del foro di Bruxelles;

- per la Bigg's Continent Noord NV, dall'avv. P. Wytinck, del foro di Bruxelles;

- per il governo francese, dalle signore K. Rispal-Bellanger, vicedirettore responsabile per il diritto dell'economia internazionale e per il diritto comunitario presso la direzione «Affari giuridici» del ministero degli Affari esteri, e R. Loosli-Surrans, chargé de mission presso la direzione medesima, in qualità di agenti;

- per il governo del Regno Unito, dalla signora L. Nicoll, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, assistita dal signor S. Morris, barrister;

- per la Commissione delle Comunità europee, dai signori H. van Lier, consigliere giuridico, e M. Schotter, funzionario nazionale distaccato presso tale servizio, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Colim NV, rappresentata dall'avv. H. De Bauw, della Bigg's Continent Noord NV, rappresentata dall'avv. P. Wytinck, del governo francese, rappresentato dalla signora R. Loosli-Surrans, del governo olandese, rappresentato dal signor J.S. van den Oosterkamp, consigliere giuridico aggiunto presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dai signori H. van Lier e M. Shotter, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, all'udienza del 10 dicembre 1997,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 19 febbraio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 10 gennaio 1997, pervenuta alla Corte il 24 gennaio successivo, il Rechtbank van Koophandel di Hasselt ha presentato, in forza dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU L 109, pag. 8), modificata dalla direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/182/CEE (GU L 81, pag. 75; in prosieguo: la «direttiva 83/189»), nonché sull'interpretazione dei principi vigenti in materia di etichettatura dei prodotti.

2 Tali questioni sono sorte nell'ambito di una controversia tra la Colim NV (in prosieguo: la «Colim») e la Bigg's Continent Noord NV (in prosieguo: la «Bigg's») in materia di etichettatura di diversi prodotti da esse posti in vendita nell'ambito delle rispettive attività commerciali.

La normativa comunitaria

3 La direttiva 83/189 prevede una procedura d'informazione ai sensi della quale gli Stati membri hanno l'obbligo di notificare alla Commissione ogni progetto di normativa tecnica rientrante nell'ambito applicativo della suddetta direttiva.

4 L'art. 1 della direttiva 83/189 così recita:

«Ai sensi della presente direttiva s'intende per:

1) "specificazione tecnica": la specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili ad un prodotto per quanto riguarda la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l'imballaggio, la marchiatura e l'etichettatura nonché i metodi e procedimenti di produzione per i prodotti agricoli ai sensi dell'articolo 38, paragrafo 1 del Trattato, per i prodotti destinati all'alimentazione umana ed animale nonché per i medicinali quali definiti all'articolo 1 della direttiva 65/65/CEE, modificata da ultimo dalla direttiva 87/21/CEE;

(...)

5) "regola tecnica": le specificazioni tecniche, comprese le disposizioni che ad esse si applicano, la cui osservanza è obbligatoria de jure o de facto, per la commercializzazione o l'utilizzazione in uno Stato membro o in una parte importante di esso, ad eccezione di quelle fissate dalle autorità locali;

6) "progetto di regola tecnica": il testo di una specificazione tecnica, comprendente anche disposizioni amministrative, elaborato per adottarlo o farlo infine adottare come regola tecnica, e che si trova in una fase preparatoria che permette ancora di apportare degli emendamenti sostanziali;

7) "prodotto": i prodotti di fabbricazione industriale e i prodotti agricoli».

5 L'art. 8, n. 1, della direttiva 83/189 impone agli Stati membri l'obbligo di comunicare alla Commissione qualsiasi progetto di regola tecnica, salvo che si tratti di una semplice trasposizione integrale di una norma internazionale o europea, e di comunicare brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica.

6 Ai sensi dell'art. 9, n. 1, della direttiva 83/189, gli Stati membri rinviano l'adozione di un progetto di regola tecnica di sei mesi, a decorrere dalla data della comunicazione di cui all'art. 8, n. 1, se la Commissione o un altro Stato membro emette, nei tre mesi successivi a tale data, un parere circostanziato secondo il quale la misura proposta deve essere modificata per eliminare o limitare gli ostacoli alla libera circolazione dei beni che potrebbero eventualmente derivarne.

La normativa nazionale

7 L'art. 13 della wet van 14 juli 1991 betreffende de handelspraktijken en de voorlichting en bescherming van de consument (legge 14 luglio 1991 sulle pratiche di commercio e sull'informazione e la tutela del consumatore, Belgisch Staatsblad del 29 agosto 1991; in prosieguo: la «WHPC») così dispone:

«Le menzioni che costituiscono oggetto dell'etichettatura e che sono rese obbligatorie dalla presente legge, dai relativi decreti di esecuzione e dai decreti di esecuzione contemplati dall'art. 122, secondo comma, le modalità di utilizzo e le attestazioni di garanzia sono formulate quantomeno nella o nelle lingue della regione nella quale i prodotti vengono posti sul mercato.

Se obbligatoria, l'etichettatura deve essere effettuata nella forma e con il contenuto fissato dalle regolamentazioni in materia.

Le menzioni dell'etichettatura debbono essere visibili, leggibili e nettamente distinte dalla pubblicità.

In nessun caso l'etichettatura può essere presentata in maniera tale da poter essere confusa con un attestato di qualità».

8 L'art. 30 della WHPC così dispone:

«Entro e non oltre il momento della conclusione della vendita, il venditore deve fornire in buona fede al consumatore ogni informazione corretta e utile relativa alle caratteristiche del prodotto o del servizio ed alle condizioni di vendita, tenuto conto del fabbisogno d'informazione espresso dal consumatore e dell'uso dichiarato dal consumatore, o ragionevolmente prevedibile».

La causa principale

9 Risulta dagli atti che le parti nella causa principale gestiscono un supermercato nella provincia, di lingua olandese, del Limburgo, la Colim a Houthalen-Helchteren e la Bigg's, dal 1996, a Kuringen-Hasselt. Lo stabilimento principale di cui il gruppo Bigg's fa parte è situato a Waterloo, in un'altra zona linguistica del Belgio.

10 Su richiesta della società Colruyt NV, di cui la Colim è filiale, un ufficiale giudiziario accertava, in data 4 luglio 1996, che numerosi prodotti posti in vendita nei magazzini della Bigg's a Kuringen-Hasselt non presentavano, nella confezione o sulle etichette, alcuna denominazione in lingua olandese - che è la lingua della regione - né in merito alle istruzioni per l'uso, né relativamente alla composizione o alla denominazione di vendita di tali prodotti.

11 In sede di nuovo accertamento, il 12 luglio successivo, lo stesso ufficiale giudiziario rilevava che le menzioni figuranti sulle etichette di una trentina di prodotti non recavano la traduzione nella lingua della regione, eccezion fatta per il prodotto Zeugg Skipper Orange 1 L, sul quale era apposta un'etichetta autoadesiva recante traduzione in lingua olandese della natura del prodotto e della sua composizione, nonché un riferimento, in olandese, alla colonnina di informazioni, ove erano disponibili ulteriori notizie.

12 Secondo la descrizione redatta dall'ufficiale giudiziario, «il funzionamento di queste colonnine di informazioni è il seguente: il codice a barre che figura su ciascun prodotto serve per essere ripreso da uno scanner, e per far quindi apparire le informazioni relative al prodotto considerato su uno schermo», e proseguiva ricordando che tali informazioni si limitavano al prezzo, nonché ad una traduzione sommaria della denominazione commerciale del prodotto. L'ufficiale giudiziario precisava che le colonnine di informazioni non fornivano al cliente alcun numero di telefono onde poter ottenere ulteriori informazioni sul prodotto.

13 Sulla base di tali accertamenti, la Colim, in data 27 settembre 1996, citava in giudizio la Bigg's dinanzi al giudice a quo (per procedimento sommario), onde ottenere una pronuncia di divieto, a pena di sanzioni, nei confronti della convenuta, di porre in vendita 48 prodotti la cui commercializzazione, alle condizioni sopra descritte dall'ufficiale giudiziario, contravveniva, in particolare, alle disposizioni degli artt. 13 e 30 della WHPC.

14 In data 18 ottobre 1996, un ufficiale giudiziario incaricato dalla Bigg's accertava che la Colim vendeva anch'essa nel suo supermercato un certo numero di prodotti non recanti alcuna etichettatura in lingua olandese.

15 La Bigg's presentava quindi dinanzi al giudice a quo una domanda riconvenzionale recante conclusioni simili a quelle formulate nei riguardi della Colim.

16 Dinanzi al giudice a quo la Bigg's ha sostenuto che le norme fatte valere dalla Colim, segnatamente gli artt. 13 e 30 della WHPC, non potevano applicarsi in quanto non erano state notificate alla Commissione secondo quanto prescritto dalla direttiva 83/189.

17 Emerge inoltre dalla risposta fornita dalla Commissione in data 2 agosto 1996 ai legali della Bigg's che la WHPC non era stata oggetto di alcuna, fosse anche parziale, notifica secondo il disposto della direttiva 83/189.

Le questioni pregiudiziali

18 Il giudice a quo afferma che, dal momento che la Colim allega una violazione degli artt. 13 e 30 della WHPC, esso, ai fini della risoluzione della controversia in via principale, necessita una decisione della Corte sul punto se la predetta normativa avrebbe dovuto essere notificata alla Commissione ai sensi della direttiva 83/189. Pertanto, il suddetto giudice ha sospeso il giudizio vertente sulla violazione degli artt. 13 e 30 della WHPC e ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se una disposizione di legge di uno Stato membro, che impone di usare almeno la lingua o le lingue dell'area dove i prodotti vengono immessi sul mercato per

- le indicazioni oggetto di etichettatura e tassativamente prescritte dalla normativa nazionale,

- le istruzioni per l'uso,

- gli attestati di garanzia, e rende quindi necessario sostituire le confezioni dei prodotti importati, sia da considerarsi una "regola tecnica" ai sensi della direttiva 83/189/CEE.

2) a) Se, quando esiste una specifica regolamentazione CEE in merito alle indicazioni che devono figurare sui prodotti, uno Stato membro possa esigere che sui prodotti importati siano ancora apposte altre indicazioni nella lingua della regione dove i prodotti vengono messi in vendita o in una lingua facilmente comprensibile per il consumatore.

b) In caso di soluzione affermativa della suddetta questione, se un siffatto requisito possa essere prescritto per tutte le indicazioni figuranti su una confezione o solo per determinate indicazioni e quali.

c) Se, quando non esiste una specifica regolamentazione CEE, in merito alle indicazioni che devono figurare sui prodotti, uno Stato membro possa esigere che tutte le indicazioni apposte sui prodotti importati o solo alcune di esse (e in tal caso quali) siano redatte nella lingua dell'area dove detti prodotti vengono venduti o in una lingua facilmente comprensibile per il consumatore».

Sulla prima questione

19 Con la prima questione il giudice a quo chiede sostanzialmente se l'obbligo di usare almeno la lingua, o le lingue, dell'area ove i prodotti vengono immessi sul mercato per l'etichettatura, i certificati di garanzia o le istruzioni per l'uso costituisca una «regola tecnica» ai sensi della direttiva 83/189, la quale avrebbe dovuto notificarsi alla Commissione.

20 Le regole tecniche devono essere notificate unicamente allorquando l'obbligo di notifica di cui all'art. 8 della direttiva 83/189 le concerna; occorre pertanto, anzitutto, precisare la portata di tale obbligo.

21 Il governo del Regno Unito sostiene che esso trova applicazione unicamente nei confronti dei provvedimenti nazionali che pongono norme tecniche nuove, o ne aggiungono a già esistenti. La direttiva 83/189 infatti sarebbe volta a dare alla Commissione e agli Stati membri la possibilità di esaminare le conseguenze, nel mercato interno, di nuovi provvedimenti in via di adozione, anteriormente alla loro messa in atto da parte dello Stato membro di cui trattasi.

22 A tal proposito, occorre ricordare che lo scopo della direttiva 83/189 è quello di salvaguardare, mediante un controllo previo, la libera circolazione delle merci, che costituisce uno dei fondamenti della Comunità (sentenza 20 marzo 1997, causa C-13/96, Bic Benelux, Racc. pag. I-1753, punto 19). Tale controllo è volto ad eliminare o a limitare gli ostacoli alla libera circolazione delle merci che potrebbero derivare dalle regole tecniche che gli Stati membri si propongono di emanare. Sotto un tale aspetto, non può considerarsi come «progetto» di regola tecnica ex art. 1, punto 6, della direttiva 83/189, né conseguentemente essere assoggettato all'obbligo di notifica, un provvedimento nazionale il quale riproduca o sostituisca, senza aggiungervi nuove specificazioni o integrazioni, regole tecniche già esistenti e - se emanate successivamente all'entrata in vigore della direttiva 83/189 - già debitamente notificate alla Commissione.

23 Spetta al giudice nazionale valutare se un tale caso si verifichi nella fattispecie.

24 Per quanto riguarda la nozione di regola tecnica ai sensi della direttiva 83/189, occorre ricordare anzitutto che tale nozione e, conseguentemente, l'ambito applicativo della direttiva, sono stati estesi dapprima mediante la direttiva 88/182, e successivamente con la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 marzo 1994, 94/10/CE, recante seconda modifica sostanziale della direttiva 83/189 (GU L 100, pag. 30).

25 Occorre però constatare che, nella causa a qua, la versione della direttiva 83/189 oggetto di applicazione è quella vigente all'epoca nella quale la notifica avrebbe dovuto essere compiuta se le disposizioni contenute all'art. 13 della WHPC fossero consistite in regole tecniche.

26 Poiché la WHPC era stata varata il 14 luglio 1991, le norme poste all'art. 13 della medesima vanno quindi esaminate alla luce della direttiva 83/189, nella versione modificata dalla direttiva 88/182.

27 Certamente, niente impedisce, logicamente, di ritenere che la normativa di uno Stato membro la quale, all'interno di tale Stato, assoggetti la commercializzazione di prodotti all'uso di una o più lingue in sede di etichettatura, di istruzioni per l'uso o di certificati di garanzia, possa considerarsi rientrante nelle «prescrizioni applicabili ad un prodotto per quanto riguarda la terminologia, i simboli (...), l'imballaggio, la marchiatura e l'etichettatura» di cui all'art. 1, punto 1, della direttiva 83/189, e conseguentemente costituire una regola tecnica ai sensi della direttiva suddetta.

28 Occorre però distinguere tra l'obbligo di trasmettere al consumatore talune informazioni su un prodotto, obbligo che si adempie apponendovi indicazioni o aggiungendo documenti quali le istruzioni per l'uso e il certificato di garanzia, e l'obbligo di esprimere tali informazioni in una determinata lingua. A differenza del primo, che riguarda direttamente il prodotto, il secondo tipo di obbligo è volto unicamente a determinare la lingua nella quale il primo va soddisfatto.

29 Le informazioni, infatti, che gli operatori economici hanno l'obbligo di comunicare all'acquirente, o al consumatore finale, salvo nei casi in cui esse possono efficacemente trasmettersi per via di disegni colorati o di segni diversi dalle parole, rimangono prive di pratica utilità se espresse in una lingua che sia incomprensibile ai destinatari. L'obbligo di enunciare le suddette informazioni in un determinato idioma non costituisce quindi, in sé e per sé, una «regola tecnica» ai sensi della direttiva 83/189, ma una regola accessoria, necessaria ai fini dell'effettiva trasmissione di informazioni.

30 Occorre pertanto risolvere la prima questione nel senso che l'obbligo di usare almeno la lingua, o le lingue, della regione in cui i prodotti vengono immessi sul mercato relativamente alle indicazioni circa l'etichettatura, le istruzioni per l'uso e i certificati di garanzia non costituisce una «regola tecnica» ai sensi della direttiva 83/189.

Sulla seconda questione

31 Con la seconda questione il giudice a quo chiede sostanzialmente se e in che misura gli Stati membri possano imporre che le indicazioni figuranti sui prodotti importati siano redatte nella lingua della regione ove i prodotti vengono messi in vendita, o in una lingua facilmente comprensibile per i consumatori di tale regione.

32 Il giudice a quo ha ben presenti, col formulare tale questione, due distinte situazioni, a seconda che esista o meno una precisa normativa comunitaria la quale, relativamente ad un determinato prodotto, specifichi le indicazioni che devono figurarvi. Nel primo caso, la questione è se e in che misura gli Stati membri possano, in merito alle indicazioni figuranti sul prodotto, porre condizioni di tipo linguistico non previste dalla normativa comunitaria. Nel secondo caso, nel quale non esiste una specifica normativa comunitaria, la questione è quella del se e in che misura gli Stati membri abbiano diritto d'imporre che tutte, o una parte, delle indicazioni figuranti sui prodotti siano espresse nella lingua della regione nella quale i prodotti vengono messi in vendita, o in una lingua facilmente comprensibile ai consumatori di tale regione.

33 In limine, occorre ricordare che, relativamente a talune categorie di prodotti, esistono direttive comunitarie che prevedono l'impiego della o delle lingue nazionali, onde garantire una migliore tutela del consumatore o della salute.

34 Nella misura in cui le suddette direttive realizzano una completa armonizzazione dei requisiti di tipo linguistico relativi ad un determinato prodotto, gli Stati membri non possono imporre condizioni linguistiche aggiuntive.

35 Allorquando, però, l'armonizzazione comunitaria sia solamente parziale o manchi totalmente, gli Stati membri mantengono in linea di principio la loro competenza ad imporre condizioni linguistiche aggiuntive.

36 Nondimeno, requisiti linguistici quali quelli di cui alla normativa in causa nel giudizio a quo, pur non costituendo regole tecniche ai sensi della direttiva 83/189, rappresentano però un ostacolo al commercio intracomunitario qualora i prodotti provenienti da altri Stati membri debbano essere etichettati in modo diverso, con conseguenti spese supplementari di confezionamento (v., in tal senso, sentenza 9 agosto 1994, causa C-51/93, Meyhui, Racc. pag. I-3879, punto 13).

37 Inoltre, la necessità di modificare la confezione o l'etichettatura dei prodotti importati esclude che si possa parlare di «modalità di vendita» ai sensi della sentenza 24 novembre 1993, cause riunite C-267/91 e C-268/91, Keck e Mithouard (Racc. pag. I-6097, punto 16).

38 L'art. 30 del Trattato CE (divenuto, successivamente a modifica, art. 28 CE) vieta ogni ostacolo alla libera circolazione delle merci derivante da norme relative ai requisiti di cui dette merci debbono essere in possesso (come quelle riguardanti la denominazione, la forma, le dimensioni, il peso, la composizione, la presentazione, l'etichettatura, il condizionamento), anche se dette norme sono indistintamente applicabili a tutti i prodotti nazionali e importati, qualora detta applicazione non possa giustificarsi con un obiettivo di interesse generale tale da prevalere sulle esigenze della libera circolazione delle merci (v., in particolare, sentenza Meyhui, citata, punto 10).

39 A tal proposito, com'è stato rilevato al punto 29 della presente sentenza, informazioni rivolte all'acquirente o al consumatore finale, e che non possano trasmettersi che con parole, non hanno pratica utilità se non vengono espresse in una lingua loro comprensibile.

40 Tuttavia, una misura nazionale che ponga tali condizioni di tipo linguistico deve comunque essere proporzionata allo scopo perseguito (v. sentenza Meyhui, citata, punto 10).

41 Ne consegue, da un lato, che un provvedimento che imponga l'uso di una lingua facilmente comprensibile per i consumatori non dev'essere tale da escludere l'impiego, eventuale, di altri mezzi atti ad una debita informazione dei consumatori medesimi, quali disegni, simboli o pittogrammi. Spetta al giudice nazionale, in ciascuna fattispecie, valutare se gli elementi che compaiono sull'etichettatura siano idonei a informare pienamente i consumatori (v., in tal senso, sentenza 12 ottobre 1995, causa C-85/94, Piageme e a., Racc. pag. I-2955, punto 28).

42 D'altro lato, il suddetto provvedimento deve limitarsi alle indicazioni che lo Stato membro di cui trattasi pone come obbligatorie. L'accesso, nella lingua del consumatore, alle informazioni di cui tale Stato non ha posto il requisito dell'obbligatorietà, dovrà essere oggetto di valutazione da parte dell'operatore economico responsabile della commercializzazione del prodotto, che, se vorrà, potrà garantirne la traduzione.

43 Per giunta, requisiti linguistici come quelli posti dalla normativa di cui al giudizio a quo, non potendosi giustificare sulla base del pubblico interesse costituito dalla tutela del consumatore se non nella misura in cui essi si applicano indistintamente, non devono nemmeno trovare applicazione unicamente nei riguardi dei prodotti importati, per non privilegiare i prodotti provenienti da altre regioni linguistiche dello stesso Stato nei confronti di quelli provenienti da altri Stati membri.

44 Occorre pertanto risolvere la seconda questione nel senso che, in assenza di una completa armonizzazione delle esigenze di tipo linguistico relative alle indicazioni figuranti su prodotti importati, gli Stati membri possono adottare provvedimenti nazionali recanti l'obbligo di redigere le suddette indicazioni nella lingua della regione ove i prodotti vengono messi in vendita, o in un'altra lingua facilmente comprensibile per i consumatori di tale regione, a condizione che i suddetti provvedimenti si applichino indistintamente a tutti i prodotti nazionali ed importati, ed abbiano carattere di proporzionalità rispetto allo scopo della tutela del consumatore da essi perseguito. I detti provvedimenti devono, in particolare, limitarsi alle indicazioni cui lo Stato membro attribuisce carattere di obbligatorietà, e relativamente alle quali l'uso di altri mezzi diversi dalla traduzione non consentirebbe un'adeguata informazione dei consumatori.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

45 Le spese sostenute dai governi francese, olandese e del Regno Unito nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Quinta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Rechtbank van Koophandel di Hasselt con ordinanza 10 gennaio 1997, dichiara:

1) L'obbligo di usare almeno la lingua, o le lingue, della regione in cui i prodotti vengono immessi sul mercato relativamente alle indicazioni circa l'etichettatura, le istruzioni per l'uso e i certificati di garanzia non costituisce una «regola tecnica» ai sensi della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/182/CEE.

2) In assenza di una completa armonizzazione delle esigenze di tipo linguistico relative alle indicazioni figuranti su prodotti importati, gli Stati membri possono adottare provvedimenti nazionali recanti l'obbligo di redigere le suddette indicazioni nella lingua della regione ove i prodotti vengono messi in vendita o in un'altra lingua facilmente comprensibile per i consumatori di tale regione, a condizione che i suddetti provvedimenti si applichino indistintamente a tutti i prodotti nazionali ed importati ed abbiano carattere di proporzionalità rispetto allo scopo della tutela del consumatore da essi perseguito. I detti provvedimenti devono, in particolare, limitarsi alle indicazioni cui lo Stato membro attribuisce carattere di obbligatorietà e relativamente alle quali l'uso di altri mezzi diversi dalla traduzione non consentirebbe un'adeguata informazione dei consumatori.