61997C0418

Conclusioni dell'avvocato generale Alber dell'8 giugno 1999. - ARCO Chemie Nederland Ltd contro Minister van Volkshuisvesting, Ruimtelijke Ordening en Milieubeheer (C-418/97) e Vereniging Dorpsbelang Hees, Stichting Werkgroep Weurt+ e Vereniging Stedelijk Leefmilieu Nijmegen contro Directeur van de dienst Milieu en Water van de provincie Gelderland (C-419/97). - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Raad van State - Paesi Bassi. - Ambiente - Direttive 75/442/CEE e 91/156/CEE - Nozione di "rifiuto". - Cause riunite C-418/97 e C-419/97.

raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-04475


Conclusioni dell avvocato generale


A - Introduzione

1 In entrambi i procedimenti in esame il Raad van State dei Paesi Bassi propone alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale relativa all'interpretazione ed all'applicazione della nozione comunitaria di rifiuto ai sensi della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti (2). Si tratta in sostanza di stabilire se determinate sostanze trattate, che vengono utilizzate come combustibile nell'industria cementiera ovvero nella produzione di energia elettrica, siano equiparabili a materie prime primarie o debbano essere (ancora) qualificate come rifiuti e di conseguenza rientrino nell'ambito di applicazione della direttiva 75/442 e del sistema di autorizzazioni e di controllo da essa previsto.

Causa C-418/97

2 Nella presente causa il giudice del rinvio si chiede se i cosiddetti «residui LUWA» debbano essere considerati rifiuti. Secondo i dati riportati nell'ordinanza di rinvio, si tratta di uno dei prodotti del processo di fabbricazione applicato dalla ARCO Chemie Nederland Ltd (in prosieguo: la «ARCO»). Oltre ad altre sostanze, questo processo dà luogo a un getto di idrocarburi contenenti molibdeno. Il molibdeno è un derivato di catalizzatori utilizzati per la produzione. Esso viene ricavato dagli idrocarburi mediante un'operazione in esito alla quale è ottenuta la sostanza indicata dalla ARCO come «residui LUWA».

3 Alla fine del 1994 la ARCO chiedeva al Minister van Volkshuisvesting, Ruimtelijke Ordening en Milieubeheer (Ministro dei Lavori pubblici, dell'Assetto territoriale e dell'Ambiente) l'autorizzazione ad esportare in Belgio rifiuti da utilizzarsi come combustibile nell'industria cementiera. L'autorizzazione veniva concessa, tuttavia - come richiesto - per l'esportazione di rifiuti, e di conseguenza solo per un periodo limitato e solo a determinate condizioni.

4 La ARCO proponeva opposizione affermando di aver proceduto alla dichiarazione dei rifiuti solo per cautelarsi, qualora le autorità avessero considerato le sostanze come rifiuti. Secondo la ARCO i residui LUWA non possono essere considerati rifiuti, in quanto essi potrebbero essere utilizzati al 100% come combustibile senza che sia necessario compiere alcuna ulteriore trasformazione. I residui LUWA possederebbero un elevato valore calorico. Inoltre, nell'impiego come combustibile nei cementifici, il molibdeno non avrebbe alcun effetto negativo per l'ambiente in quanto esso viene direttamente e completamente neutralizzato durante il suo impiego. Del resto, non vi sarebbe alcuna differenza rispetto al gasolio. L'uso dei residui LUWA sarebbe persino vantaggioso per l'ambiente, poiché consentirebbe un risparmio di fonti energetiche naturali.

5 Il giudice a quo solleva la questione se il regolamento (CEE) del Consiglio 1_ febbraio 1993, n. 259, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio (3) sia applicabile all'esportazione di residui LUWA. Presupposto per tale applicazione sarebbe che si trattasse di rifiuti ai sensi della direttiva 75/442, alla cui nozione di rifiuto si richiama il regolamento n. 259/93. Al riguardo il detentore dovrebbe voler disfarsi delle sostanze. Il giudice a quo si chiede se tale situazione possa configurarsi quando un prodotto derivante da un processo di trasformazione viene ceduto per un impiego finale come combustibile. Poiché inoltre non è inequivocabile che gli allegati II A e II B della direttiva 75/442 debbano essere interpretati nel senso che sostanze assoggettate ai processi di smaltimento ovvero di ricupero citati in tali elenchi vadano considerate in ogni caso rifiuti, il Raad van State sottopone alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se dalla semplice circostanza che viene eseguita su LUWA-bottoms un'operazione menzionata nell'allegato II B della direttiva 75/442/CEE discenda che l'operazione consiste nel disfarsi di tali sostanze e che pertanto esse vanno considerate rifiuti ai sensi della direttiva citata.

2) In caso di soluzione negativa della prima questione, se la soluzione della questione se l'uso di LUWA-bottoms come combustibile sia riconducibile al concetto di disfarsene dipenda dalla circostanza che:

a) i LUWA-bottoms siano, secondo la comune considerazione, un rifiuto, con particolare rilevanza del fatto che essi possano essere recuperati come combustibile in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale senza subire trasformazioni radicali;

b) l'uso dei medesimi come combustibile possa essere equiparato ad un sistema correntemente in uso di recupero dei rifiuti;

c) si tratti dell'uso di un prodotto principale o secondario (cioè un residuo)».

Causa C-419/97

6 Nel secondo procedimento si tratta di stabilire se frammenti di legno provenienti da attività di costruzione o di demolizione, utilizzati come combustibile per la produzione di energia elettrica, si debbano considerare rifiuti. La EPON - un'impresa che produce energia elettrica - presentava nel gennaio 1993 una domanda per un progetto volto alla realizzazione di un impianto per la trasformazione del legno da utilizzare come combustibile e per la combustione. Il funzionamento di tale impianto veniva autorizzato, a condizione che si concordassero determinati requisiti di qualità per il legno. A tale proposito venivano fissati valori limite per le concentrazioni di determinate sostanze. Contro tale autorizzazione ad accettare legno di determinata natura hanno reclamato la Vereniging Dorpsbelang Hees, la Stichting Werkgroep Weurt+, la Vereniging Stedelijk Leefmilieu Nijmegen e De Groenen Regio Gelderland, tutte associazioni per la difesa dell'ambiente.

7 Si pone pertanto il problema di stabilire se nel caso di specie il legno debba essere considerato come un rifiuto, considerando che la domanda originaria non era rivolta al rilascio di una «concessione per la combustione o per l'immagazzinaggio di rifiuti». In questo contesto il giudice a quo si chiede se sia rilevante il fatto che «già in una fase anteriore a quella dell'uso come combustibili vengano compiute operazioni» che rendono possibile un reimpiego dei rifiuti risultanti da lavori di costruzione o di demolizione. Il giudice a quo sottopone quindi alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se dalla semplice circostanza che viene eseguita su trucioli di legno un'operazione menzionata nell'allegato II B della direttiva 75/442/CEE discenda che l'operazione consiste nel disfarsi di tali sostanze e che pertanto esse vanno considerate rifiuti ai sensi della direttiva citata.

2) In caso di soluzione negativa della prima questione, se la soluzione della questione se l'uso di trucioli di legno come combustibile sia riconducibile al concetto di disfarsene dipenda dalla circostanza che:

a) con riferimento ai residui di legno risultanti da attività di costruzione o di demolizione da cui si ricavano i trucioli di legno, già in una fase anteriore a quella dell'uso come combustibile vengano compiute operazioni che possono essere considerate come un "disfarsi" dei rifiuti, cioè operazioni che servono a rendere possibile un riutilizzo dei rifiuti come materiale combustibile, vale a dire operazioni di riciclaggio.

In tal caso, se un'operazione volta a consentire il riutilizzo di un rifiuto, (cioè un'operazione di riciclaggio) debba considerarsi come un'operazione per il recupero di un rifiuto soltanto se tale operazione è espressamente menzionata nell'allegato II B della direttiva 75/442 oppure anche quando tale operazione è analoga ad un'operazione menzionata nel detto allegato;

b) i trucioli di legno costituiscono, secondo la comune considerazione, un rifiuto, con particolare rilevanza del fatto che tali sostanze possano essere recuperate come combustibili senza subire radicali trasformazioni e in modo compatibile con esigenze di tutela ambientale;

c) il loro uso come materiale combustibile sia paragonabile ad una modalità corrente di ricupero dei rifiuti».

B - Norme comunitarie pertinenti

8 L'art. 1, lett. a), della direttiva 75/442 definisce la nozione di rifiuto su cui poggia la normativa comunitaria in materia di rifiuti. Nella versione della direttiva 91/156, tale definizione recita:

«qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi.

(...)».

9 L'art. 1, lett. a), prevede inoltre che la Commissione prepari un elenco dei rifiuti che rientrano nelle categorie di cui all'allegato I. Si tratta del Catalogo europeo dei rifiuti (4).

10 Il citato allegato I della direttiva 75/442 elenca nelle categorie Q 1-Q 15 diverse categorie di rifiuti esplicitamente menzionate. Per contro, nella categoria Q 16, l'ultima dell'elenco, figura, senza ulteriori precisazioni, «qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate».

11 L'art. 4, primo comma, della direttiva stabilisce che gli Stati membri adottano le misure necessarie «per assicurare che i rifiuti siano ricuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente [...]».

12 Le operazioni di smaltimento effettuate in pratica sono riportate nell'allegato II A (D 1-D 15), mentre le rispettive operazioni di ricupero sono elencate nell'allegato II B (R 1-R 13) (5). Per il caso di specie è determinante l'operazione di ricupero R 9, che, nella versione della direttiva 91/156, prevede:

«Utilizzazione principale come combustibile o altro mezzo per produrre energia».

13 Poiché le questioni pregiudiziali sono in parte identiche per contenuto e si riferiscono unicamente a prodotti diversi (residui LUWA e trucioli di legno), esse possono essere trattate congiuntamente.

C - Sulla prima questione

14 Con tale questione, il giudice a quo chiede se dalla circostanza che una sostanza sia assoggettata ad un'operazione compresa nell'allegato II B della direttiva 75/422/CEE discenda che tale sostanza debba essere considerata come rifiuto.

Argomenti delle parti

15 Le parti intervenienti giungono alla conclusione che la prima questione debba essere risolta nel senso che la circostanza che una sostanza sia assoggettata ad un'operazione compresa nell'allegato II B della direttiva 75/442 non è sufficiente per considerare tale sostanza un rifiuto ai sensi della direttiva stessa. Solo le motivazioni sono lievemente diverse nei dettagli.

16 Per esempio, la EPON non risponde alla questione in modo generale, bensì si concentra principalmente su un'operazione di ricupero, cioè quella di «utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia» (6). Secondo la EPON, se qualunque sostanza assoggettata ad una siffatta operazione venisse considerata rifiuto, anche il carbone utilizzato come combustibile in una centrale elettrica dovrebbe essere qualificato come rifiuto. Lo stesso vale per benzina e cherosene. Le operazioni menzionate all'allegato II B dovrebbero quindi essere considerate operazioni di ricupero solo qualora ricorra un «disfarsi» di una sostanza. A tale proposito la EPON si richiama anche alla giurisprudenza della Corte, secondo la quale occorre effettuare una distinzione tra il ricupero dei rifiuti ed il normale trattamento industriale di prodotti (7). Se si considerasse l'impiego di benzina o carbone come combustibile equivalente a un «disfarsi», tale distinzione prevista dalla Corte risulterebbe pregiudicata.

17 Anche secondo il governo danese gli allegati II A e II B contengono unicamente esempi di modalità che si possono applicare a sostanze delle quali si sia accertata la natura di rifiuti.

18 La Commissione osserva che occorre anzitutto chiarire se una determinata sostanza costituisca un rifiuto. Solo in seguito si potrebbe applicare un'operazione tra quelle figuranti all'allegato II. Se si partisse invece dal trattamento per desumere la qualità di rifiuto, l'interpretazione della nozione di rifiuto risulterebbe in determinate circostanze troppo estensiva. Come esempio si fa riferimento al gasolio. La Commissione propone inoltre di fare una distinzione nella risposta, poiché alcune categorie elencate nell'allegato II B sarebbero formulate in modo che non sussistano dubbi sul fatto che si sia in presenza di un trattamento di rifiuti. Qualora una sostanza venga sottoposta ad una operazione di tale tipo, se ne può desumere che si tratti di un rifiuto.

19 Anche il Regno Unito distingue tra le singole possibilità di ricupero, ma giunge alla conclusione che l'utilizzazione come combustibile (R 9) (8) applicabile nel caso di specie non permette, di per sé, di desumere che la sostanza trasformata sia un rifiuto.

20 Allo stesso modo, secondo il governo tedesco, gli allegati II A e B conterrebbero solo indizi del fatto che la sostanza trattata ha la natura di rifiuto. Per alcune operazioni si potrebbe direttamente desumere che il trattamento riguardi un rifiuto. Altre per contro non consentono una deduzione in questo senso, poiché potrebbero essere assoggettate a tali operazioni anche materie prime. A tale proposito viene richiamato, per esempio, il carbone.

21 Anche il governo olandese fa valere che le operazioni comprese nell'allegato II B potrebbero riguardare materiali che non costituiscono rifiuti. Tale considerazione viene ulteriormente ampliata nel senso che i rifiuti potrebbero essere assoggettati anche ad operazioni che non si devono considerare come smaltimento o ricupero, come per esempio la raccolta e il trasporto.

22 Infine, il governo austriaco conclude analogamente che, nelle operazioni di cui all'allegato II B, per poter affermare la natura di rifiuto, si dovrebbe rilevare un'intenzione di disfarsi della sostanza. Quanto alla causa C-419/97, il governo austriaco ammette un proposito in tal senso con riguardo al legno derivante da attività di demolizione.

Presa di posizione

23 La formulazione della prima questione riguarda la definizione di rifiuto contenuta all'art. 1, lett. a), della direttiva 75/442, secondo la quale deve trattarsi di una sostanza che rientri nelle categorie riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi. L'allegato I non può fornire alcuna ulteriore precisazione della nozione, in quanto la categoria Q 16 «qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate» prevede una fattispecie che permette in pratica di considerare come rifiuto qualunque sostanza.

24 Di conseguenza, spetta un'importanza particolare alla nozione del «disfarsi». La direttiva 75/442 non contiene alcuna definizione esplicita della nozione di «disfarsi». Nella sentenza Inter-Environnement Wallonie la Corte ha però osservato che dalla direttiva 75/442, come modificata, nonché in particolare dagli allegati II A e II B, risulta che la nozione del «disfarsi» include al contempo lo smaltimento e il ricupero di una sostanza o di un oggetto (9). Ciò significa che ci si disfa di una cosa anche quando la si destina al ricupero. Se ne potrebbe desumere che, tutte le volte che una sostanza viene assoggettata ad un'operazione compresa nell'allegato II B, il detentore se ne disfi. Tale conclusione non è tuttavia sempre valida. Se il detentore di una sostanza la sottopone ad un'operazione compresa tra quelle figuranti all'allegato II B, ciò costituisce un serio indizio che il detentore voglia disfarsi della sostanza. Ma proprio nel caso di specie - quello del ricupero come combustibile - non si può desumere in modo automatico un'intenzione in tal senso. La categoria dell'allegato II B corrispondente recita nella versione del 1991: «R 9 utilizzazione principale come combustibile [...]». La formulazione nella versione del 1996 è ancora più chiara e si trova alla categoria R 1: «utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia». Tuttavia, anche gasolio, carbone ed altre materie combustibili primarie possono essere assoggettate ad un'operazione di tale tipo. Qualora dall'operazione si dovesse desumere un'intenzione di disfarsi e di conseguenza la natura di rifiuto della relativa sostanza, si dovrebbero considerare rifiuti anche il gasolio ed il carbone. Il fatto che una sostanza sia assoggettata ad un'operazione compresa nell'allegato II B costituisce, è vero, un serio indizio dell'intenzione di disfarsene, ma non permette di desumere in ogni caso che la sostanza in questione vada considerata come rifiuto.

25 Non è certo che si debba distinguere tra le singole categorie ed operazioni, come fanno alcune parti. Le categorie R 11-R 13 (10) parlano in particolare di utilizzazione, scambio ovvero messa in riserva di rifiuti. In tal senso è accertato che le sostanze assoggettate a tali operazioni sono, per definizione, rifiuti. Tuttavia, proprio da tali casi risulta tanto più evidente, come ha già rilevato la Commissione, che occorre anzitutto chiarire se si tratta di un rifiuto, che viene poi assoggettato ad un'operazione compresa tra quelle figuranti all'allegato II B. Come già spiegato supra, non è tuttavia possibile desumere che, viceversa, qualunque sostanza che si possa assoggettare ad un'operazione tra quelle indicate sia un rifiuto. Per tale motivo non è nemmeno opportuno esaminare - fatta eccezione per le categorie sopra menzionate R 11-R 13 - se da determinate operazioni non si possa desumere la caratteristica di rifiuto. Ciò, inoltre, escluderebbe del tutto l'elemento soggettivo del disfarsi.

D - Sulla seconda questione, sub a), nella causa C-418/97, e, rispettivamente, sulla seconda questione, sub b), nella causa C-419/97

26 Con tale questione si cerca di stabilire se le considerazioni comuni incidano sulla definizione di rifiuto e se per la natura di rifiuto di una sostanza sia determinante che tale sostanza possa essere impiegata come combustibile senza subire radicali trasformazioni e in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale.

Argomenti delle parti

27 Nelle loro osservazioni non tutte le parti entrano nei particolari riguardo alle questioni sollevate dal giudice a quo. Alcune di loro si pronunciano solo in generale sui criteri relativi alla nozione di rifiuto. Anche tali considerazioni generali devono essere considerate in questa sede nell'esame degli argomenti delle parti sulla seconda questione, sub a), o, rispettivamente, sub b).

28 I ricorrenti nella causa C-419/97 ritengono che i trucioli di legno costituiscano rifiuti che non possono essere reimpiegati in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale. Essi osservano anzitutto che il legno ottenuto da attività di demolizione impiegato per la produzione dei trucioli di legno contiene numerose sostanze tossiche, che con la combustione potrebbero sprigionare tra l'altro anche diossina. Tale composizione, che non può essere modificata da alcun trattamento, denoterebbe che si tratta senza alcun dubbio di rifiuti. Poiché, per esempio, sono contenuti anche metalli pesanti, tali rifiuti dovrebbero persino essere considerati rifiuti pericolosi. Le impurità menzionate sarebbero peraltro difficilmente riconoscibili. Anche sulla base dell'origine, come legno proveniente da attività di demolizione, i trucioli di legno dovrebbero essere considerati rifiuti, perché il detentore non potrebbe riutilizzare tali sostanze dopo il loro primo impiego. Per tale motivo, inoltre, i rifiuti verrebbero offerti gratuitamente. Il detentore avrebbe, con ciò, deciso di disfarsi di tali sostanze che, del resto, non possederebbero più alcun valore commerciale.

29 I ricorrenti osservano inoltre che i trucioli di legno impuri potrebbero essere impiegati in un impianto per la combustione di rifiuti in modo più compatibile con le esigenze di tutela ambientale. In tale impianto sarebbero installati filtri speciali e verrebbero effettuate anche le relative misurazioni di sostanze tossiche.

30 La EPON ritiene che i trucioli di legno non debbano essere considerati come rifiuti. Essa motiva la propria osservazione con il fatto che i frammenti potrebbero essere utilizzati, senza subire una radicale trasformazione e in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale, in un processo di produzione identico ad un processo in cui si impieghino materie prime primarie. Anche l'avvocato generale Jacobs nelle sue conclusioni nella causa Inter-Environnement Wallonie (11) ha ritenuto che tra gli Stati OCSE esista un consenso generale sul punto che, qualora una materia prima secondaria o un residuo sia passibile di utilizzo diretto in un processo ulteriore - possibilmente in sostituzione di una materia prima primaria - difficilmente costituirà un rifiuto.

31 La Corte distingue tra il ricupero di rifiuti e il normale trattamento industriale. Per normale trattamento industriale la EPON intende il trattamento industriale al quale sono normalmente assoggettate le materie prime primarie. Il riciclaggio o il ricupero non appartengono a tali processi. Tuttavia, poiché i trucioli di legno sarebbero assoggettati agli stessi trattamenti che interessano il carbone (triturazione e successiva combustione per produzione di energia), non si tratterebbe di rifiuto, bensì di una materia prima secondaria.

32 In tale contesto l'impiego dei trucioli di legno non solo sarebbe possibile in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale, ma avrebbe effetti positivi sull'ambiente; sostituendo il carbone con trucioli di legno, si ridurrebbe l'emissione di CO2 nella combustione. Se, ciononostante, i trucioli di legno fossero considerati rifiuti, ciò costituirebbe ancora un ulteriore motivo di svantaggio per l'ambiente. Sulla base dei particolari requisiti ai quali è assoggettato il trattamento di rifiuti, in futuro, l'industria investirà meno nel riciclaggio di rifiuti e per esempio in un caso analogo al presente impiegherà nuovamente più carbone come combustibile. La questione se sia possibile utilizzare la sostanza in un normale processo industriale dovrebbe rappresentare un criterio aggiuntivo per risolvere la questione se una sostanza vada considerata come rifiuto e certamente questo sarebbe un criterio per negare la natura di rifiuto.

33 Il legno utilizzato, inoltre, non sarebbe contaminato da sostanze pericolose come invece sostengono i ricorrenti. A tale riguardo si sarebbero stabiliti requisiti per garantire la tutela ambientale.

34 In riferimento al criterio del disfarsi, la EPON rileva che il detentore dei trucioli di legno non vuole affatto disfarsi di tale materiale, esattamente come il detentore del combustibile primario carbone.

35 Il governo danese ritiene che la nozione di rifiuto dovrebbe essere interpretata estensivamente. Ciò emergerebbe dalla lettera e dalla ratio della direttiva 75/442 e rivestirebbe un'importanza decisiva per la possibilità di regolamentare il settore ambientale. La Corte dovrebbe mantenere la propria definizione della nozione di rifiuto secondo la quale trattamenti da effettuarsi successivamente non comportano in sé che la sostanza trattata non costituisca più un rifiuto. In tal senso il fatto che una sostanza possa essere impiegata o ricuperata senza subire radicali trasformazioni non sarebbe rilevante ai fini della questione relativa al «disfarsi». A tale proposito il governo danese fa riferimento alla cenere volatile, che compare nel catalogo dei rifiuti, ma che verrebbe al tempo stesso impiegata senza ulteriore trattamento nella produzione di cemento. Qualora si attribuisse rilievo alla questione se sia possibile un riutilizzo senza radicale trasformazione, non si potrebbe considerare la cenere volatile come un rifiuto.

36 Secondo il governo danese sarebbe ugualmente irrilevante la questione se una sostanza possa essere ricuperata - nel caso di specie come combustibile - in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale. L'obiettivo della direttiva 75/442 è appunto che i rifiuti siano trattati in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale. La direttiva 75/442 diverrebbe priva di contenuto se la questione del trattamento compatibile con le esigenze di tutela ambientale fosse già contenuta nella definizione di rifiuto.

37 Il governo danese ritiene per contro che nell'esame della natura di rifiuto si dovrebbero valutare e confrontare numerosi criteri nell'ambito di un esame concreto, vale a dire la composizione nonché il trattamento precedente e successivo della sostanza. A tale riguardo nessun criterio da solo può essere considerato decisivo per la natura di rifiuto.

38 Quanto alla nozione del disfarsi, il governo danese osserva che ciò dipende da una concreta valutazione delle intenzioni o degli atti del detentore, mentre i motivi di volta in volta addotti sarebbero irrilevanti.

39 Neanche secondo il governo austriaco il fatto che le sostanze possano essere ricuperate come combustibile in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale significa che in linea di principio non si tratta di rifiuti. Quanto ai controversi residui LUWA, essi non sarebbero sottoprodotti intenzionali della produzione primaria, ma costituirebbero un residuo del ricupero di componenti di catalizzatori provenienti da un getto parziale nel processo, di per sé indesiderato. Nella considerazione comune i sottoprodotti sarebbero eventualmente considerati sostanze che non costituiscono rifiuti, ma non i residui di residui.

40 Il ricupero di rifiuti senza pericolo per la salute umana o per l'ambiente dovrebbe essere garantito ai sensi dell'art. 4 della direttiva 75/442.

41 Secondo il governo tedesco sussiste un'intenzione di disfarsi di una sostanza se questa deriva da un'operazione senza però costituire lo scopo principale o secondario dell'operazione. Lo scopo si determina in base all'orientamento del produttore, alla concezione commerciale e al fatto che la sostanza possa essere impiegata in modo compatibile con le esigenze ambientali senza un ulteriore trattamento. Un prodotto secondario che soddisfi l'ultima condizione citata non dovrebbe essere considerato un rifiuto.

42 Sulla nozione del disfarsi in generale il governo tedesco osserva che si tratta di un elemento soggettivo, il quale però non potrebbe essere inteso nel senso che possa essere presa in considerazione la sola affermazione arbitraria del produttore secondo cui la sostanza in questione non costituisce un rifiuto. In un siffatto caso l'applicazione della normativa comunitaria dipenderebbe esclusivamente da quel produttore. Per questo motivo sarebbe necessario stabilire criteri per la nozione di disfarsi. A tale proposito si rimanda allo scopo della direttiva 75/442. L'armonizzazione della terminologia perseguita dal legislatore comunitario richiederebbe un criterio oggettivo per la verifica del proposito oggettivo o dichiarato del produttore. In relazione a tale valutazione oggettiva occorrerebbe porsi la questione se le sostanze di cui trattasi siano tali da richiedere l'applicazione delle disposizioni comunitarie relative al controllo e al ricupero per evitare tutti i rischi per la salute umana e per l'ambiente. Al riguardo il governo tedesco si richiama all'argomento della Commissione secondo cui una sostanza non dovrebbe presentare in ogni caso una natura pericolosa per essere qualificata come rifiuto.

43 Secondo il governo tedesco l'assenza di valore commerciale può essere un indizio del fatto che si tratti di un rifiuto, perché ciò potrebbe indurre il detentore a depositare la merce senza controllo. Sarebbe più complicato se una sostanza avesse ancora un valore di mercato positivo, perché secondo la sentenza Tombesi (12) si potrebbe anche in tali circostanze parlare di rifiuti. Anche in un siffatto caso occorrerebbe basarsi sullo scopo della normativa in materia di rifiuti. Al riguardo il governo tedesco parla di un rischio tipicamente insito nei rifiuti. Qualora la sostanza in questione contenga ovvero possieda particolari elementi o caratteristiche, per cui nel suo impiego si dovrebbero tenere in considerazione particolari condizioni - come quelle previste dalla normativa comunitaria in materia di rifiuti -, si deve presumere si tratti di rifiuti se la composizione o le caratteristiche divergono da quelle delle materie prime naturali o dei prodotti consueti in misura tale che - al fine di tutelare l'ambiente - si debbano prevedere trattamenti particolari, per evitare i rischi tipicamente collegati al trattamento di rifiuti.

44 Qualora una sostanza sia compatibile con l'ambiente in tutti i processi di combustione, senza subire un precedente trattamento e senza misure particolari, allo stesso modo di un combustibile primario, secondo il governo tedesco essa non va considerata un rifiuto. Il diritto comunitario mira ad uno smaltimento dei rifiuti compatibile con le esigenze di tutela ambientale. Al riguardo, gli Stati membri hanno l'obbligo di controllare tutti gli stadi dello smaltimento dei rifiuti. La qualificazione delle sostanze come rifiuti dovrebbe pertanto dipendere dal possibile rischio insito in tali sostanze. Per questo motivo la dichiarazione del detentore di riciclare le proprie sostanze solo nell'impresa cementiera non può essere sufficiente per non considerare la sostanza come rifiuto, qualora un ricupero privo di pericoli sia possibile solo nella produzione di cemento. Soltanto continuando a considerare la sostanza come rifiuto si potrebbe controllare che essa venga effettivamente ricuperata in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale.

45 Nelle sue osservazioni il governo olandese si riferisce anzitutto alla nozione del «disfarsi» ed osserva che, secondo la definizione di rifiuto che discende da tale nozione, il rischio non deriva dalla cosa in sé, ma risiede nella circostanza che il detentore si disfi della cosa. La nozione di rifiuto, così com'è definita, dev'essere interpretata estensivamente. Ciò deriva, da un lato, dallo scopo della direttiva 75/442, che si basa sulla tutela della salute e dell'ambiente e richiede di conseguenza un grado di tutela elevato, nonché, dall'altro lato, dall'allegato I, perché in esso tutte le sostanze verrebbero in pratica - in virtù della categoria residuale Q 16 - considerate rifiuti. Anche dalla giurisprudenza emerge infine che la Corte ha sempre dichiarato che si deve interpretare in senso ampio la nozione di «rifiuto». Al riguardo il governo olandese si richiama tra l'altro alla sentenza Inter-Environnement Wallonie(13), nella quale la Corte ha dichiarato che il fatto che una sostanza venga utilizzata in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale non è di per sé determinante. Si dovrebbe piuttosto operare una distinzione tra rifiuto e il consueto trattamento industriale dei prodotti che non costituiscono rifiuti. Si dovrebbe valutare la situazione nel singolo caso concreto. A tal fine il governo olandese fa riferimento a tre fattori che consentono una distinzione tra rifiuto e materia prima secondaria in un normale processo industriale. Il primo di questi tre criteri, che devono essere valutati congiuntamente, è se la sostanza sia assoggettata ad un'operazione compresa nell'allegato II A o II B della direttiva 75/442. Il secondo criterio riguarda l'origine della sostanza ed il terzo la natura o composizione della stessa. Nella valutazione di tali criteri si tiene conto della volontà soggettiva del detentore, che dovrebbe però in qualche modo essere oggettivata.

46 Infine, il governo olandese applica tali criteri alla causa C-418/97 e perviene alla conclusione che i residui LUWA costituiscono rifiuti. Su tale conclusione non incide il fatto che l'utilizzazione dei residui LUWA nell'industria cementiera sia possibile in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale. Ciò emerge anche dalla sentenza Inter-Environnement Wallonie (14). La possibilità di utilizzo compatibile con le esigenze di tutela ambientale, che sussiste inoltre esclusivamente nell'ambito della produzione di cemento, non potrebbe fare sì che la sostanza non venga più considerata un rifiuto. La nozione di rifiuto non può essere subordinata all'operazione alla quale la sostanza è di volta in volta assoggettata. In un caso siffatto non sarebbe più possibile alcun controllo, neanche un controllo del trasporto di tale sostanza.

47 Anche nella causa C-419/97 il governo olandese perviene alla conclusione che, applicando i tre criteri da esso posti, i trucioli di legno si devono considerare rifiuti. La questione delle possibilità di ricupero in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale non è quindi determinante.

48 Riguardo alla questione se una sostanza si debba considerare come rifiuto, il Regno Unito sostiene che occorre accertare se, dall'allegato I della direttiva 75/442 e dal catalogo dei rifiuti, emerge che la sostanza possiede le caratteristiche tipiche di rifiuto e non va impiegata come tutti gli altri materiali combustibili. Per esempio, i residui LUWA si dovrebbero considerare come combustibile e non come rifiuti se possono essere utilizzati come combustibile in una fornace per cemento come ogni altro combustibile, cioè senza che sia necessario adottare particolari precauzioni per la salute dell'uomo e per l'ambiente. Il fatto che tale sostanza non possa essere utilizzata come combustibile in altre operazioni finalizzate alla produzione di energia non impedisce di qualificarla come combustibile e non come rifiuto, se è destinata alla combustione in una fornace per cemento. Ove la sostanza sia destinata ad essere utilizzata come combustibile in diverse altre operazioni finalizzate alla produzione di energia, per cui è necessario adottare speciali precauzioni che non sarebbero necessarie per l'utilizzazione nella fornace per cemento, si tratterebbe di un rifiuto. È' compatibile con la lettera e con la ratio della direttiva il fatto che la sostanza venga considerata o meno rifiuto a seconda che essa sia o meno utilizzata in un'operazione soggetta al controllo previsto dalla direttiva 75/442.

49 Il Regno Unito ha osservato all'udienza che i residui LUWA - in riferimento all'allegato I - possiedono palesemente la natura di rifiuto. Ciò emerge dalle categorie Q 1 e Q 8 dell'allegato I (15), poiché si tratta di un residuo di produzione.

50 Infine, il Regno Unito si chiede se un combustibile derivato, contrariamente ad un prodotto principale, contenga un certo elemento di rifiuto se possiede un valore negativo, cioè se il produttore del materiale deve ancora pagare per la sua successiva utilizzazione come combustibile. A tale proposito il Regno Unito si richiama alla giurisprudenza della Corte, secondo la quale i rifiuti potrebbero avere un valore commerciale (16). Anche se ciò non esclude in tutti i casi l'importanza del criterio del «valore negativo», indica però che ci sono altri criteri per la qualificazione di una sostanza come rifiuto. Il Regno Unito rileva inoltre la difficoltà che deriva dal fatto che il valore di mercato dipende dalle condizioni del mercato e perciò può essere solo un argomento tra i molti. Il Regno Unito fa riferimento pertanto alla questione se il combustibile derivato possa essere utilizzato come un combustibile tradizionale, che non costituisce un rifiuto.

51 Il Regno Unito osserva inoltre che occorre distinguere i prodotti derivati dai prodotti la cui durata di vita si sia esaurita e che non possano più essere impiegati per il loro scopo principale. Questi avrebbero esclusivamente la natura di rifiuto. Come esempi vengono citati i vecchi pneumatici.

52 La Commissione osserva anzitutto che secondo la definizione contenuta nella direttiva 75/442 ai fine della nozione di rifiuto sarebbe rilevante stabilire se il detentore voglia disfarsi della sostanza. Tale definizione non si basa affatto sulla comune considerazione. Non sarebbe questo un criterio idoneo per la normativa comunitaria, poiché la nozione potrebbe variare tra i singoli Stati membri, mentre lo scopo della direttiva 75/442 sarebbe proprio di promuovere un'armonizzazione della terminologia. Potrebbe risultare problematico soprattutto per la spedizione transfrontaliera di rifiuti fondare la definizione su (diverse) concezioni sociali.

53 La direttiva 75/442 non si richiama neanche ad una concezione che sia comune a tutti gli Stati membri. Del resto, la Commissione contesta che nell'ambito dell'OCSE sussista un consenso formale tra i singoli Stati riguardo alla nozione di rifiuto. Essa disporrebbe di documenti dell'OCSE dai quali emerge chiaramente che gli Stati membri hanno opinioni divergenti.

54 Secondo la direttiva 75/442 sarebbe anche irrilevante il fatto che la sostanza possa essere impiegata senza considerevoli trasformazioni e in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale. A tale riguardo la Commissione si richiama alla sentenza Inter-Environnement Wallonie (17). Del resto, dalla categoria Q 14 dell'allegato I (18) emerge che la sostanza non deve essere in sé pericolosa. Qualora il detentore non la consideri (più) utile e si disfi di essa, tale sostanza costituisce un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442. Dal semplice fatto che il detentore non voglia più tenere la sostanza sorge il pericolo che questa sia abbandonata senza controllo, ed è proprio ciò che il legislatore comunitario vorrebbe evitare mediante la direttiva (v. art. 4).

55 Conformemente alla direttiva 75/442 qualsiasi trattamento di rifiuti dovrebbe risultare compatibile con le esigenze di tutela ambientale. Il semplice fatto che sia possibile un trattamento in tal senso non potrebbe pertanto rappresentare, di per sé, alcun fondamento per non considerare più la sostanza come rifiuto.

56 Se ci si basasse - come il Regno Unito - solo sul fatto che la sostanza, per esempio i residui LUWA, non provochi alcun inquinamento ambientale, i controlli - anche delle successive spedizioni - non sarebbero più possibili. Non si potrebbe nemmeno controllare se la sostanza viene di fatto utilizzata nella produzione di cemento. Pertanto, né il testo della definizione né lo scopo delle norme comunitarie consentirebbero di escludere singole sostanze dalla nozione di rifiuto solo perché esse possono essere impiegate in alcuni casi senza effetti negativi per l'ambiente. La questione se una sostanza costituisca un rifiuto dipende quindi dal «disfarsi» e non dalle possibilità di utilizzazione successiva.

57 La Commissione ritiene che neanche il valore calorico di una sostanza costituisca un criterio per definire la natura di rifiuto. Quanto al valore commerciale di determinate sostanze, la Commissione osserva che tale valore potrebbe modificarsi da un giorno all'altro. Anche se i rifiuti possedessero un valore di mercato - in quanto combustibile più economico delle sostanze consuete - si dovrebbe tenere conto del fatto che essi potrebbero contenere impurità e, se tali sostanze non fossero più qualificate come rifiuti, non troverebbero più applicazione le necessarie normative di controllo.

58 Nelle sue osservazioni finali la Commissione rileva che secondo la giurisprudenza della Corte i rifiuti vanno considerati prodotti la cui circolazione, ai sensi dell'art. 30 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 28 CE), non potrebbe di regola essere ostacolata (19). Qualora una sostanza venga qualificata come rifiuto, ciò significa al tempo stesso imporre determinate limitazioni all'utilizzazione come combustibile al fine di tutelare l'ambiente e la salute dell'uomo. Tra queste sono comprese la necessità di un'autorizzazione all'esportazione nonché la presentazione di una garanzia bancaria per garantire che i rifiuti vengano effettivamente smaltiti ovvero impiegati in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale nello Stato di destinazione.

Presa di posizione

59 La definizione della nozione di rifiuto di cui all'art. 1, lett. a), della direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156, si basa, da un lato, sull'allegato I e, dall'altro, sul fatto che il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi della sostanza in questione. Poiché secondo la categoria Q 16 dell'allegato I qualunque sostanza può essere in pratica considerata un rifiuto e, poiché di conseguenza l'allegato I non consente di stabilire la nozione di «rifiuto», per tale definizione è determinante la nozione del «disfarsi». Almeno le prime due sottocategorie dei tre casi menzionati non possono tuttavia contribuire a stabilire una definizione esatta della nozione di «rifiuto», perché si tratta di nozioni soggettive, che devono essere oggettivate per consentire un controllo. La questione se una sostanza vada considerata come rifiuto e se le disposizioni di controllo nell'ambito della normativa in materia di rifiuti siano applicabili non può dipendere dalla dichiarazione del produttore riguardo alla propria intenzione di disfarsene. In tale modo sarebbe molto facile eludere i requisiti posti dalla normativa in materia di rifiuti. Si devono quindi applicare ulteriori criteri per la determinazione della natura di rifiuto.

60 Neanche la terza sottocategoria della nozione del «disfarsi», l'obbligo di disfarsi, può essere utile per la definizione della nozione di rifiuto. Tale sottocategoria comprende solo una parte della nozione del «disfarsi» ed è inoltre troppo indeterminata. Nemmeno dall'art. 4 della direttiva emerge un'ulteriore concretizzazione. Vero è che esso stabilisce che i rifiuti debbano essere smaltiti o ricuperati in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale, il che potrebbe essere equiparato ad un «obbligo di disfarsi». Tuttavia, da ciò discende unicamente che il «disfarsi» comprende lo smaltimento o il ricupero. Con ciò non si fornisce alcuna ulteriore informazione su quali possibili operazioni siano incluse. A tale proposito di deve richiamare anche il sesto considerando della direttiva 91/156, secondo cui è auspicabile promuovere il riciclo dei rifiuti e il loro reimpiego come materia prima e potrebbe risultare necessario adottare apposite norme per i rifiuti riutilizzabili. La Commissione afferma che tali norme finora non sono state emanate, il che però sarebbe assolutamente necessario per un'esatta determinazione della nozione di rifiuto, poiché le diverse operazioni incidono in modo significativo sulla nozione di rifiuto(20).

61 Il giudice a quo chiede se la comune concezione della nozione di rifiuto possa valere come un ulteriore criterio per la determinazione della nozione stessa. Tuttavia, ciò risulta già problematico per il semplice motivo che per spiegare una nozione soggettiva si impiega un'ulteriore nozione soggettiva. Quest'ultima può inoltre variare, come osserva la Commissione, tra i singoli Stati membri. Ciò sarebbe in contrasto con l'armonizzazione prevista dalla direttiva 75/442. Il terzo considerando della direttiva 91/156 stabilisce che, per rendere più efficace la gestione dei rifiuti, sono necessarie una terminologia comune e una definizione dei rifiuti. Questo obiettivo non può essere raggiunto con un criterio che potrebbe essere coniato in modo diverso dai singoli Stati membri, con il rischio di ostacolare persino il funzionamento dell'intero sistema di controllo. Tale situazione è ipotizzabile nei movimenti transfrontalieri di rifiuti, se la sostanza non è considerata come rifiuto in uno Stato membro e la spedizione non è pertanto comunicata allo Stato di destinazione(21).

62 A tale proposito il giudice a quo chiede se sia rilevante il fatto che una sostanza possa essere impiegata come combustibile senza subire una radicale trasformazione e in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale. In merito a tali criteri, occorre osservare che secondo l'art. 4 della direttiva 75/442 i rifiuti devono essere ricuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza applicare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente. Poiché ciò è valido per tutti i rifiuti, la direttiva 75/442 presuppone che esiste in ogni caso la possibilità di smaltire ovvero ricuperare i rifiuti in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale. Se si eliminasse dalla nozione di rifiuto qualunque sostanza che può essere smaltita ovvero ricuperata in tale maniera, non vi sarebbe più alcun rifiuto ai sensi della direttiva 75/442.

63 Al riguardo occorre inoltre richiamarsi alla giurisprudenza della Corte, la quale, nella sentenza Inter-Environnement Wallonie (22), dopo avere citato l'art. 4 della direttiva 75/442, rileva che nulla nella direttiva indica che essa non sia applicabile alle operazioni di smaltimento o di ricupero che fanno parte di un processo industriale, qualora esse non sembrino costituire un pericolo per la salute dell'uomo o per l'ambiente (23). Di conseguenza, il mero fatto che una sostanza sia inserita, direttamente o indirettamente, in un processo di produzione industriale non la esclude dalla nozione di rifiuto ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva 75/442 (24). Ne emerge che i criteri menzionati al riguardo dal giudice a quo non possono essere applicati ovvero possono eventualmente essere applicati solo in aggiunta per determinare la nozione di rifiuto.

64 La Corte ha invece stabilito che occorre distinguere tra il ricupero dei rifiuti ai sensi della direttiva 75/442 e il normale trattamento industriale di prodotti che non costituiscono rifiuti, a prescindere peraltro dalla difficoltà di siffatta distinzione (25). Si può effettuare una distinzione del genere soltanto caso per caso, considerando se nel complesso le circostanze del caso giustifichino ovvero rendano necessaria un'inclusione della relativa sostanza nella gestione dei rifiuti prevista dalla direttiva.

65 Come si desume dalla direttiva, dai rifiuti può derivare un certo pericolo che rende necessari misure e controlli specifici. In tal senso, a norma dell'art. 3, n. 1, lett. a), occorre adottare misure per promuovere la riduzione della produzione e della nocività dei rifiuti. Tale obiettivo deve essere raggiunto tra l'altro mediante l'immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da «non contribuire o da contribuire il meno possibile [...] ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento» (26). La circostanza che i rifiuti siano considerati come sostanze dalle quali possono derivare in un modo o nell'altro pericoli per la salute dell'uomo e per l'ambiente emerge anche dal fatto che, secondo l'art. 4, primo comma, della direttiva si deve assicurare che i rifiuti siano ricuperati o smaltiti senza tali pericoli.

66 La direttiva prevede inoltre numerose misure per evitare che si realizzi il rischio insito nel rifiuto. Occorre così elaborare piani di gestione dei rifiuti (art. 7) e gli stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni di smaltimento o ricupero di rifiuti debbono ottenere un'autorizzazione (artt. 9 e 10) ovvero sono soggetti a iscrizione presso le competenti autorità (art. 11, n. 2). Tali stabilimenti o imprese sono inoltre sottoposti a controlli periodici in conformità dell'art. 13 e sono in parte obbligati a tenere un registro in cui siano indicate le misure da essi adottate (art. 14).

67 Come emerge dal dodicesimo considerando della direttiva 91/156, si deve assicurare il controllo continuo dei rifiuti, dalla produzione allo smaltimento definitivo. Occorre osservare che la qualificazione di una sostanza come rifiuto ha come conseguenza anche l'applicazione di ulteriori normative che si richiamano alla nozione di rifiuto della direttiva 75/442. Si deve per esempio menzionare il regolamento n. 259/93, che prevede un controllo delle spedizioni di rifiuti. Come emerge dalle precedenti osservazioni, il legislatore comunitario presuppone che i rifiuti, cioè le sostanze di cui il detentore si disfa, possiedano una certa pericolosità.

68 Come sostiene giustamente la Commissione, tale pericolo tipico del rifiuto non risiede necessariamente solo nella natura dell'oggetto in sé, ma può anche derivare dal fatto che il detentore si disfi della sostanza e questa venga di conseguenza abbandonata ovvero immagazzinata senza controllo. La Commissione si richiama a tale proposito alla categoria Q 14 dell'allegato I, che elenca tra i rifiuti anche i prodotti di cui il detentore non si serve più. In tale descrizione non si parla di una nocività specifica della sostanza, ma unicamente del fatto che la sostanza non sia più destinata all'utilizzazione originaria. Si rende tuttavia necessario un controllo non appena la sostanza non viene più impiegata ed esso deve estendersi fino al termine dello smaltimento ovvero del ricupero dell'oggetto, affinché non derivi alcun danno per la salute o per l'ambiente. Poiché tale controllo include sostanze che non sono di per sé pericolose, a maggior ragione si dovrebbero assoggettare a controllo materie che contengono sostanze nocive, come per esempio i trucioli di legno in questione, che sono nocivi a causa delle impurità costituite da sostanze cancerogene e da altre sostanze. Tuttavia, si deve osservare che spetta al giudice nazionale accertare se le presunte impurità del legno derivante da attività di demolizione e dei trucioli di legno da esso ottenuti sussistano realmente.

69 Se da una data sostanza può quindi derivare, nelle circostanze del caso, un pericolo ed occorre pertanto sottoporla al controllo previsto dalla direttiva 75/442, questo deve sussistere fino al termine delle operazioni di smaltimento ovvero di ricupero (27), e pertanto, fino a quel momento, la sostanza va considerata come un rifiuto. Ciò vale anche per una sostanza come i residui LUWA che eventualmente, in una determinata operazione, può essere impiegata senza danni per l'ambiente o per la salute. Anche tale sostanza deve essere soggetta ai controlli specifici dei rifiuti fino al termine dell'operazione, perché solo così si può garantire che anch'essa sia impiegata in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale. Tuttavia, finché la sostanza deve essere soggetta a tale controllo, occorre considerarla come un rifiuto.

70 Lo stesso vale per legno ovvero per trucioli di legno che contengono sostanze nocive. Poiché il necessario controllo si estende anche alle operazioni che devono essere effettuate, sostanze impure ovvero sostanze che non possono essere ricuperate senza rischi in tutte le operazioni non potrebbero comunque essere ricuperate in normali operazioni come le sostanze che non costituiscono un rifiuto. Si deve di conseguenza delimitare il ricupero di rifiuti sulla base della nocività tipica del rifiuto rispetto ad un normale trattamento industriale. Se pertanto le consuete materie prime (primarie) che non costituiscono rifiuti vengono sostituite nel normale trattamento industriale da sostanze che in origine venivano utilizzate per un altro scopo e non potrebbero o non dovrebbero più (ovvero non hanno mai potuto) servire a tale scopo, e vengono ora destinate ad un altro scopo ovvero allo smaltimento, e perciò possono costituire un certo pericolo, non si può parlare di svolgimento di un normale processo di produzione.

71 Ciò è valido anche se il ricupero del rifiuto può avvenire senza ulteriori presupposti e senza effetti negativi per la salute o per l'ambiente. Anche in questo caso è necessario che la sostanza - fino all'esaurimento del rischio specifico del rifiuto - continui ad essere soggetta all'ampio controllo previsto dalle normative comunitarie, affinché possano essere soddisfatti e garantiti gli ulteriori requisiti della direttiva 75/442, come per esempio la promozione del ricupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego o altri tipi di riutilizzo rispetto allo smaltimento (28). Per tale motivo anche le osservazioni della EPON, secondo cui i trucioli di legno possono essere impiegati senza pregiudizio per l'ambiente in sostituzione del carbone, non incidono sulla conclusione.

72 Da quanto precede risulta che per la qualificazione di una sostanza come rifiuto non sono determinanti le successive operazioni effettuate su di essa. Neanche la questione se la sostanza di cui trattasi possieda un valore commerciale può incidere direttamente sulla natura di rifiuto. In tal senso, nella causa Tombesi, la Corte ha statuito che il sistema di controllo e di gestione istituito dalla direttiva 75/442, come modificata, intende riferirsi a tutti gli oggetti e le sostanze di cui il proprietario si disfa, anche se essi hanno un valore commerciale e sono raccolti a titolo commerciale a fini di riciclo, di ricupero o di riutilizzo (29). Il fatto che una sostanza non possieda (più) alcun valore commerciale potrebbe comunque essere un indizio dell'intenzione del detentore di disfarsene.

E - Sulla seconda questione, sub a), nella causa C-419/97

73 La presente questione è volta a stabilire quando e con quale trattamento una sostanza che costituisce rifiuto perde la propria natura di rifiuto.

Argomenti delle parti

74 I ricorrenti nella causa C-419/97 ritengono che la triturazione del rifiuto - in questo caso dei trucioli di legno - non induca la perdita della natura di rifiuto. Tutti i componenti si troverebbero ancora in tale sostanza. Qualora non si considerasse più tale sostanza come un rifiuto, ciò potrebbe far sì che la circolazione di rifiuti non sia più controllata. Allo stesso modo del legno di scarto si potrebbero per esempio bruciare vecchi pneumatici dopo averli assoggettati ad alcune trasformazioni. Il reimpiego economico non può configurare un criterio per la determinazione di ciò che non è rifiuto. Quanto alla combustione, si tratterebbe di un'operazione che rientra nella categoria R 9 della direttiva 75/442 (30); solo a seguito di tale operazione si potrebbe ritenere che il prodotto abbia perso la propria natura di rifiuto. Con la vendita alla EPON il detentore avrebbe unicamente voluto eludere i requisiti relativi al trattamento di rifiuti pericolosi. Anche se la sostanza perdesse la natura di rifiuto, si dovrebbe controllarne l'ulteriore circolazione.

75 La EPON ritiene che i trucioli di legno siano il prodotto di un'operazione di riciclo. Durante tale operazione i materiali dovrebbero essere sminuzzati fino a ridurli in polvere, poiché altrimenti essi non potrebbero essere impiegati nella centrale elettrica. In tale modo si genererebbe una materia prima secondaria, cioè una nuova sostanza che non costituisce più un rifiuto. L'origine di tale sostanza sarebbe irrilevante. A tale riguardo la EPON si richiama nuovamente all'OCSE e sostiene che esiste un consenso sul fatto che una materia prima secondaria o un residuo che può essere eventualmente utilizzato in modo diretto in un processo successivo in sostituzione di una materia prima primaria difficilmente può essere considerato come rifiuto. A tale proposito si richiama anche alla sentenza Inter-Environnement Wallonie (31), dalla quale emergerebbe che sostanze inserite in un processo di produzione industriale non sono perciò necessariamente escluse dalla nozione di rifiuto della direttiva 75/442. Ciononostante, il prodotto finale di un trattamento di tale tipo - secondo la EPON - non può essere considerato come rifiuto, ma come materia prima secondaria. Anche basandosi sulla natura del «disfarsi» non si modificherebbe nulla in conclusione, perché non esiste alcuna intenzione di disfarsi di una materia prima secondaria. Ciò risulterebbe già dallo scopo della direttiva 75/442, cioè la prevenzione e la riduzione di rifiuti, che non si applicherebbe appunto alle materie prime secondarie - come i trucioli di legno.

76 La EPON sostiene infine che l'applicazione del sistema di controllo relativo ai rifiuti a materie prime secondarie non sarebbe vantaggiosa per l'ambiente, poiché presenterebbe problemi di redditività ad esempio per il progetto di combustione dei trucioli di legno. Se si considerassero le materie prime secondarie come rifiuti, sarebbe difficile investire nel loro ricupero. Si impiegherebbero invece materie prime primarie. L'unica distinzione tra materie prime primarie e secondarie risiederebbe tuttavia nell'origine, che è irrilevante per la questione del «disfarsi».

77 Il governo danese ritiene che le sostanze non possano perdere la natura di rifiuto mediante una semplice operazione di triturazione. Se per esempio gli sportelli dell'impianto di combustione fossero troppo piccoli e il rifiuto dovesse essere triturato per tale motivo, non si potrebbe desumere che a seguito di ciò la sostanza non costituisca più un rifiuto. Tale impostazione sarebbe inaccettabile dal punto di vista della tutela ambientale. Sarebbe tuttavia possibile, in linea di principio, che una sostanza perda la natura di rifiuto. Essa dovrebbe però essere trattata come una sostanza primaria ed il suo detentore non dovrebbe disfarsene.

78 Il governo austriaco considera il processo del «disfarsi» come un processo che nel caso concreto ha inizio con il legno risultante da attività di demolizione. La triturazione costituirebbe soltanto un procedimento preliminare necessario in funzione del trattamento definitivo, cioè dell'utilizzazione come combustibile. Il vero ricupero avverrebbe solo con questa seconda fase. Ciò potrebbe essere diverso nel caso di legno non contaminato, quando quest'ultimo sia ottenuto nel rispetto degli speciali requisiti di qualità ai fini della commercializzazione come combustibile.

79 Il governo tedesco osserva che il legislatore comunitario non fornisce indicazioni sulla perdita della natura di rifiuto. Esso ritiene che si possa presumere che non vi sia più alcun rifiuto quando l'operazione di ricupero è conclusa. Ciò accadrebbe normalmente solo quando il potenziale energetico della sostanza sia stato ricuperato - e precisamente in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale ai sensi dell'art. 4 della direttiva 75/442. Le categorie D 14, D 15 ed anche R 11 e R 12 degli allegati (32) indicherebbero che tale ricupero può svolgersi in numerose fasi. Per poter valutare in che momento si conclude un siffatto processo e viene meno la natura di rifiuto, il governo tedesco si richiama nuovamente allo scopo della normativa comunitaria in materia di rifiuti. In una separazione dei rifiuti in base al tipo, occorrerebbe continuare a considerare come rifiuti unicamente i residui finali che non sono utilizzabili e che presentano eventualmente un rischio tipico dei rifiuti.

80 Anche il governo olandese ritiene che una sostanza possa perdere la natura di rifiuto. In base alla composizione della sostanza derivante dall'operazione di ricupero dovrebbe emergere che non si tratta più di rifiuto. Un pretrattamento soltanto diretto a permettere l'utilizzazione di una sostanza come combustibile non potrebbe essere considerato come un trattamento che fa perdere alla sostanza la natura di rifiuto. Un pretrattamento come quello avvento nel caso di specie non era volto direttamente a smaltire la sostanza, ma a renderla idonea al ricupero. Tale pretrattamento sarebbe perciò subordinato al relativo ricupero. Non si potrebbe desumere che dal pretrattamento abbia origine una materia prima secondaria.

81 A tale proposito il Regno Unito si richiama nuovamente ai prodotti il cui ciclo di vita si sia esaurito. Anche questi potrebbero perdere la natura di rifiuti soltanto quando la trasformazione sia avvenuta del tutto. Ci si chiede quindi quando sussiste un riciclo in tal senso. Il Regno Unito ritiene che il prodotto di tale riciclo debba essere paragonabile ad un prodotto originario. Riguardo al caso dei trucioli di legno viene precisato che la cernita del legno risultante da rifiuti di demolizione ai fini del reimpiego è un'operazione della categoria R 3 secondo l'allegato II B, «riciclo o ricupero di sostanze organiche» (33). Qualora non si riconoscesse tale operazione come riciclo, questa attività non potrebbe ricadere nella direttiva 75/442 e nel controllo da essa previsto. Non sarebbe determinante il fatto che i trucioli di legno non siano menzionati nell'allegato. Il ricupero sarebbe concluso allorché non sono più necessarie ulteriori misure per poter impiegare il legno come qualunque altra materia prima. Tuttavia, se i trucioli di legno mantenessero tipiche caratteristiche di rifiuto, tali da rendere necessarie ulteriori misure per il riciclo ai sensi della direttiva, essi dovrebbero essere considerati come rifiuti.

82 La Commissione osserva infine che le operazioni elencate nell'allegato II B potrebbero in parte porre fine alla natura di rifiuto. Non sarebbe però così per tutte le operazioni - la Commissione porta come esempio la categoria R 13 (34) - e inoltre nel caso di specie non si tratterebbe di nessuna di tali operazioni. Come chiarimento la Commissione rimanda all'art. 1, lett. b), della direttiva 75/442 ed alla definizione in esso contenuta del produttore di rifiuti, che comprende chiunque ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti. La Commissione cita inoltre l'art. 1, lett. d), che definisce la gestione come la raccolta, il trasporto, il ricupero e lo smaltimento dei rifiuti. Sarebbe perciò possibile adottare determinate misure prima dello smaltimento o del ricupero, misure che non influirebbero però sulla natura di rifiuto. La cernita del legno ricadrebbe nella definizione contenuta all'art. 1, lett. g), mentre la trasformazione in trucioli di legno costituirebbe un pretrattamento. Senza la triturazione in trucioli non si sarebbe potuto impiegare il legno come combustibile, ma lo si sarebbe soltanto potuto incenerire. Tale preparazione renderebbe quindi idonei per il ricupero come combustibile rifiuti che altrimenti avrebbero dovuto essere smaltiti. Quest'ultima operazione costituirebbe il vero ricupero.

83 Qualora non si seguisse questo ragionamento, si opererebbe una restrizione della sfera di applicazione delle norme comunitarie in materia di rifiuti. In numerosi casi i rifiuti non si considererebbero più come tali, solo perché essi avrebbero subito una determinata trasformazione per poter essere ricuperati come sostanze. Di conseguenza, non esisterebbe neppure più la possibilità di controllo e di tutela ambientale.

84 La Commissione ritiene che in tal senso non sia più necessario pronunciarsi sulla seconda parte della questione. Essa osserva tuttavia che l'allegato II B non è esaustivo, cioè che un'operazione potrebbe essere considerata come ricupero anche se non viene menzionata in particolare nell'allegato. Poiché l'allegato II B può essere facilmente integrato, si dovrebbe usare particolare prudenza nel qualificare come «ricupero» un'operazione non compresa in tale allegato.

Presa di posizione

85 E' vero che da operazioni di ricupero dal tipo di quelle menzionate nell'allegato II B possono derivare nuove sostanze, che si dovrebbero considerare non più come rifiuti, ma come materie prime secondarie. È anche vero che occorre promuovere azioni intese ad ottenere materie prime secondarie ai sensi della direttiva 75/442 (35). Tuttavia, la questione è se nel caso concreto si sia prodotta una siffatta materia prima secondaria.

86 Nel caso di specie, quanto ai rifiuti risultanti da attività di costruzione, si tratta incontestabilmente di rifiuti ai sensi della direttiva 75/442. Se si applica il criterio già impiegato per la natura di rifiuto, occorre stabilire se da questi rifiuti scaturisca una sostanza che non presenta più la nocività tipica del rifiuto. La EPON ritiene che sia così in base alle operazioni a cui i rifiuti sono stati assoggettati. Tali operazioni consistono nella cernita dei componenti del legno e nella loro triturazione. Con ciò, però, è chiaro che la composizione dei componenti del legno non è cambiata. Ciò significa che le sostanze nocive - nel caso fossero presenti - sono ancora contenute nel legno ora sminuzzato. Anche dalla sentenza nella causa Tombesi e dalle relative conclusioni emerge che il semplice fatto che i rifiuti siano triturati, senza che le loro caratteristiche subiscano una modifica, non li sottrae alla sfera di applicazione della normativa comunitaria(36).

87 La natura di rifiuto non è quindi andata persa. Non ha avuto origine alcuna nuova sostanza, che non debba più essere soggetta al controllo nell'ambito della gestione dei rifiuti. Ciò vale in modo particolare poiché la sostanza è destinata alla combustione in un'ulteriore operazione.

88 Le operazioni effettuate costituiscono di conseguenza un trattamento preparatorio per la successiva combustione, che è il vero ricupero. Il fatto che i trattamenti preparatori possano essere considerati come ricupero di sostanze organiche non utilizzate come solventi e quindi, secondo la categoria R 2 (37) dell'allegato II B della direttiva 75/442, come un'operazione di ricupero, non incide sulle conclusioni. Le sostanze assoggettate ad un trattamento compreso tra quelli figuranti all'allegato II B possono senz'altro possedere ancora la natura di rifiuto. In tal senso la Commissione rimanda giustamente alle categorie R 11-R 13 dell'allegato II B, che riguardano le rispettive operazioni di cui alle categorie R1-R 10 e i rifiuti in tal modo ottenuti. Questa tesi rivela che la stessa direttiva 75/442 ammette che possano ancora sussistere rifiuti anche dopo aver applicato le categorie R 1-R 10. Dalla categoria D 13 dell'allegato II A - raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui al presente allegato (38) - si evince che anche le operazioni di smaltimento possono svolgersi in diverse fasi.

89 Infine, occorre basarsi sulla definizione della nozione di «produttore» di cui all'art. 1, lett. b), della direttiva 75/442, che definisce come produttore: «[...] la persona la cui attività ha prodotto rifiuti («produttore iniziale») e/o la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti». Ne deriva che la persona che ha mutato la natura o la composizione del rifiuto deve sempre essere considerata come produttore di rifiuti e le date sostanze si devono quindi sempre considerare come rifiuti.

90 Di conseguenza, occorre rilevare che le operazioni effettuate sul legno di scarto non sono comunque sufficienti per eliminare i pericoli tipici dei rifiuti insiti nella sostanza, e che tale sostanza presenta ancora la natura di rifiuto.

91 In tal senso non occorre più rispondere alla seconda parte della questione. Ciononostante, a fini di esaustività, è d'uopo osservare che l'allegato II B della direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156, riporta dopo la nota introduttiva operazioni di ricupero che sono effettuate in pratica. Da ciò si evince che sono possibili anche altre operazioni, seppure non effettuate in pratica. Sarebbe in contrasto con l'obiettivo della direttiva, ossia la tutela dell'ambiente e della salute, il fatto che nella sfera di applicazione della direttiva non fossero incluse eventuali altre operazioni di ricupero. Infatti ciò condurrebbe a sottrarre tali operazioni - e di conseguenza le sostanze trattate - al controllo ai sensi della normativa comunitaria.

F - Sulla seconda questione, sub b), nella causa C-418/97, e, rispettivamente, sub c), nella causa C-419/97

92 Con la questione in esame il giudice a quo chiede se dal fatto che una sostanza sia trattata in un modo comparabile ad un metodo corrente di ricupero dei rifiuti si possa desumere la natura di rifiuto.

Argomenti delle parti

93 Non tutte le parti si pronunciano espressamente su tale questione. Esse si richiamano in parte alle loro osservazioni sulla prima questione. Così il governo danese, che osserva nuovamente che la definizione di rifiuto non può dipendere dall'applicazione di successive modalità di trattamento. Inoltre, in un siffatto caso la nozione sarebbe sempre più limitata dallo sviluppo di nuovi processi tecnologici, che non dovrebbero necessariamente corrispondere alle modalità correnti di ricupero.

94 Anche la EPON si richiama anzitutto alla prima questione ed osserva che si dovrebbe distinguere tra il ricupero di rifiuti mediante combustione e l'impiego di materie prime secondarie (combustibili). Se si considera la nozione di «modalità corrente di ricupero dei rifiuti» come un metodo non identico né analogo all'impiego di combustibili primari, tale criterio della modalità corrente di ricupero dei rifiuti assume rilevanza nel caso di specie. La questione se la combustione dei trucioli di legno sia analoga ad una modalità corrente di ricupero potrebbe quindi essere rilevante per stabilire se si possa parlare, nella fattispecie, di rifiuti. Con questo si dovrebbe presupporre che il ricupero come combustibile, che è comparabile all'impiego di combustibili primari, non venga considerato come una modalità corrente di ricupero dei rifiuti.

95 La Commissione osserva che il giudice a quo ha già risposto da sé alla questione, affermando che ogni utilizzazione di una sostanza come combustibile potrebbe essere considerata come un «disfarsi», se si applicasse senza limitazione il criterio della modalità corrente di ricupero. Inoltre, la Commissione si richiama alla propria risposta alla prima questione. Essa perviene quindi alla conclusione che il semplice fatto che una sostanza sia assoggettata ad un'operazione corrente di ricupero non è sufficiente per qualificarla come un rifiuto.

Presa di posizione

96 Nella questione in esame il giudice a quo non si riferisce in particolare all'allegato II B della direttiva 75/442. Quest'ultimo contiene, secondo la nota introduttiva, le operazioni di ricupero così come esse sono effettuate in pratica. Ciò significa che si devono includere nelle operazioni correnti di ricupero almeno alcune operazioni di ricupero figuranti all'allegato II B. Quest'affermazione è indubbiamente valida per l'utilizzazione come combustibile. A tale riguardo si devono però richiamare le osservazioni sulla prima questione, secondo cui le operazioni comprese nell'allegato II B possono eventualmente applicarsi anche alle materie prime. Si ricordi in proposito l'esempio della combustione di gasolio ovvero di carbone. Il fatto che una sostanza sia assoggettata ad una modalità che è paragonabile ad una modalità corrente di ricupero dei rifiuti non porta necessariamente a ritenere che il detentore volesse disfarsi della sostanza. Ciò può essere al massimo considerato come uno dei tanti indizi dell'intenzione del detentore di disfarsi della sostanza.

G - Sulla seconda questione, sub c), nella causa C-418/97

97 Con la presente questione il giudice a quo desidera sapere se dal fatto che una sostanza risulti essere soltanto un prodotto secondario ovvero un residuo di un processo di produzione si possa desumere che tale sostanza costituisce un rifiuto.

Argomenti delle parti

98 A tale proposito il governo tedesco osserva che la distinzione tra prodotti principali, secondari e residui non sarebbe qui di aiuto, poiché neanche la direttiva 75/442 impiega tale nozione. Del resto, l'uso della nozione «prodotto secondario» non sarebbe uniforme negli Stati membri, per cui sarebbe preferibile rinunciare a tale nozione. Anche nell'ambito dell'OCSE si parlerebbe soltanto di sostanze che costituiscono o non costituiscono rifiuti.

99 D'altro lato, tuttavia, lo scopo di un processo di produzione spesso non si limita ad una singola sostanza. Il governo tedesco si richiama per esempio all'industria chimica da cui avrebbe origine un'intera gamma di prodotti affini spesso qualificati come prodotti secondari. A tale proposito occorrerebbe stabilire se il prodotto in questione si debba ancora annoverare tra gli obiettivi e le finalità del processo di produzione. In caso di risposta affermativa - fosse anche solo in forma indiretta - non si potrebbe sostenere che il prodotto costituisca un rifiuto. Si dovrebbe quindi supporre la volontà di «disfarsi» quando una sostanza deriva da un processo di produzione senza che ciò rientri nello scopo principale o secondario dell'operazione.

100 Anche il Regno Unito sottolinea la problematica legata al fatto che da molti processi di produzione hanno origine numerose sostanze. Esso cita per esempio il coke come prodotto secondario della produzione di gas. Il coke sarebbe, da un lato, un prodotto secondario, ma, dall'altro, un combustibile convenzionale. Se una sostanza deriva come prodotto secondario dalla produzione di un'altra sostanza, è inutile chiedersi se la produzione di tale sostanza sia stata intenzionale. Se si attribuisse troppa rilevanza al fatto che una sostanza sia un prodotto principale o secondario, un gran numero di prodotti standard verrebbero considerati come rifiuti.

101 Il governo austriaco si esprime brevemente rilevando che nel caso di specie si tratterebbe di un residuo ottenuto dal trattamento di un getto parziale di rifiuti. Secondo l'uso commerciale corrente i sottoprodotti si considererebbero in ogni caso come sostanze che non costituiscono rifiuti, ma i residui di residui no.

102 Il governo danese ritiene che né il trattamento successivo di una sostanza, né il processo di produzione precedente possano essere determinanti per la natura di rifiuto. Anche qui il governo danese ribadisce che si dovrebbero considerare più elementi insieme per qualificare una sostanza come rifiuto.

103 Sia i prodotti secondari che i residui dovrebbero ricadere in generale nella definizione di rifiuto, poiché l'attività di un'impresa sarebbe organizzata in funzione dei prodotti principali. L'impresa si disfa di conseguenza dei prodotti secondari, e spesso vi è obbligata in virtù delle normative in materia di tutela ambientale. Un prodotto principale non costituisce normalmente un rifiuto, ma potrebbe anche essere considerato come tale, per esempio se non soddisfa i requisiti interni di qualità.

104 Il governo danese ritiene che sia determinante non limitare la nozione di «rifiuto» in modo tale che intere categorie di rifiuti, per esempio i succitati prodotti principali che non corrispondono ai requisiti di qualità, siano escluse dalla nozione. Tale necessità emergerebbe dalla giurisprudenza della Corte nella causa C-422/92 (39). Il governo danese perviene quindi alla conclusione che anche alla seconda questione, sub c), nella causa C-418/97 si debba rispondere in senso negativo.

105 Anche la Commissione si richiama alla giurisprudenza della Corte - in questo caso la sentenza Inter-Environnement Wallonie (40) - secondo cui la nozione di rifiuto non esclude in via di principio alcun tipo di residui, di prodotti di scarto e di altri materiali derivanti da processi industriali (41). Essa si richiama inoltre all'allegato I della direttiva 75/442, che impiega la nozione di «residuo» in cinque categorie. La categoria Q 8 parla per esempio di residui di processi industriali.

106 La Commissione precisa inoltre che essa considera come prodotto secondario la sostanza che derivi necessariamente dalla produzione di una o più sostanze e che per il produttore iniziale non rappresenti tuttavia un obiettivo, ma unicamente un prodotto secondario inevitabile. Tale prodotto non è di conseguenza utile per il produttore, che pertanto se ne disferà. La Commissione propone perciò di risolvere la questione nel senso che la circostanza che una sostanza sia un prodotto secondario o il residuo di un processo di produzione di un altro prodotto costituisce un indizio del fatto che potrebbe trattarsi di un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442.

Presa di posizione

107 La questione sollevata dal giudice a quo è intesa a stabilire se un prodotto di scarto ovvero un residuo di una produzione possa essere considerato a priori come rifiuto. A tale riguardo si deve anzitutto richiamare la giurisprudenza, dalla quale emerge che la nozione di rifiuto non esclude alcun tipo di residui, di prodotti di scarto e di altri materiali derivanti da processi industriali (42). Tuttavia, non ne può discendere che si debbano considerare tali sostanze solo ed in ogni caso come rifiuti. Il governo danese osserva giustamente che in questo caso un'intera categoria, cioè i prodotti la cui produzione era voluta, ma che in determinate circostanze possono tuttavia costituire rifiuti, verrebbe del tutto esclusa dalla nozione di rifiuti. Ciò non corrisponde alla «ratio» della direttiva 75/442, perché già dall'allegato I della stessa - in particolare dalla categoria Q 16 - emerge che qualunque sostanza può essere in linea di principio considerata come rifiuto. Ciò può accadere anche per un prodotto principale, per esempio quando esso non soddisfa i requisiti di qualità.

108 D'altra parte anche la distinzione tra prodotto principale e secondario è di per sé problematica, poiché vi è una gamma di prodotti secondari - come sostiene giustamente il Regno Unito - che costituiscono per esempio combustibili tradizionali. Nel caso di tali sostanze non si può presumere che il detentore voglia disfarsene, tanto più che tali sostanze costituiscono per lui un valore commerciale corrispondente. Di conseguenza, si può solo rilevare che dalla circostanza che una sostanza risulti essere un prodotto secondario ovvero un residuo di un processo di produzione si può desumere un indizio del fatto che il detentore voglia disfarsi della sostanza. Tuttavia, non si può in alcun caso derivarne in modo automatico la natura di rifiuto.

Riepilogo

109 Riassumendo, si deve rilevare che la definizione della nozione di «rifiuto» contenuta nella direttiva è troppo imprecisa per definire una nozione di rifiuto comunemente valida e generale. Al contrario, occorre giudicare caso per caso se nelle circostanze di specie si debba qualificare una data sostanza come rifiuto. I criteri menzionati dal giudice a quo potrebbero quindi, per la maggior parte, essere considerati come indizi della natura di rifiuto, ma non sarebbero però sufficienti da soli al fine di classificare una sostanza come rifiuto. Per questo motivo occorre rifarsi alla lettera ed alla ratio della direttiva e basarsi sulla pericolosità tipica di rifiuto posseduta da una sostanza. Tale nocività distingue i rifiuti dalle materie prime primarie. Se una sostanza di scarto viene impiegata ovvero trattata in modo che ne derivi una sostanza che non presenta più la nocività tipica del rifiuto e, impiegata in un normale processo di produzione, non reca pregiudizio all'ambiente più di quanto faccia una materia prima primaria, non si deve più considerare tale sostanza come un rifiuto nel senso che essa deve essere controllata ovvero il cui riutilizzo deve essere autorizzato. Il giudice nazionale, ovvero l'autorità che rilascia l'autorizzazione, ha l'onere di esaminare se la data sostanza presenti ancora la pericolosità tipica del rifiuto - superiore ai rischi che presenta una materia prima primaria paragonabile -, tale da far continuare a ritenere necessario un controllo ai sensi della direttiva. Tale controllo non rappresenta un ostacolo al reimpiego espressamente auspicato a livello di politica né all'impiego di tali sostanze come sostituti di materie prime primarie. La sostanza e l'operazione di ricupero sono soggette al controllo previsto dalla direttiva per evitare danni per la salute e per l'ambiente. Per questo motivo anche il trasporto di tali sostanze deve poter essere controllato e, di conseguenza, la libera circolazione deve poter essere eventualmente limitata, fintantoché sussiste la nocività tipica del rifiuto.

H - Conclusione

110 Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo di risolvere le questioni pregiudiziali nel modo seguente:

Causa C-418/97

«1) Dalla semplice circostanza che i "residui LUWA" siano assoggettati ad un'operazione - per esempio l'utilizzazione come combustibile - compresa nell'allegato II B della direttiva 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, non discende che ricorra un'ipotesi in cui il detentore delle sostanze se ne disfa e che le sostanze debbano essere considerate (di conseguenza) rifiuti ai sensi della direttiva citata; il ricupero della sostanza in un'operazione di questo tipo può tuttavia costituire un forte indizio della sussistenza di un "disfarsi".

2) La soluzione della questione se l'impiego dei "residui LUWA" come combustibile vada considerato rientrante nel concetto di "disfarsi" non dipende dalla circostanza che:

a) i residui LUWA siano, secondo l'opinione comune, un rifiuto, restando del pari irrilevante il fatto che tali sostanze possano essere impiegate come combustibile senza subire radicali trasformazioni e in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale;

b) l'impiego dei residui LUWA come combustibile sia comparabile ad una modalità corrente di ricupero dei rifiuti;

c) si tratti dell'impiego di un prodotto principale o secondario (cioè un residuo);

si deve invece accettare se la sostanza presenti ancora la nocività tipica dei rifiuti, che rende necessaria una sorveglianza dell'operazione di ricupero, o se essa abbia perso la propria natura di rifiuto, caso che si verifica quando essa non presenta un grado di pericolosità maggiore di una materia prima primaria comparabile».

Causa C-419/97

«1) Dalla semplice circostanza che trucioli di legno siano assoggettati ad un'operazione - per esempio l'utilizzazione come combustibile - compresa nell'allegato II B della direttiva 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, non discende che ricorra un'ipotesi in cui il detentore delle sostanze se ne disfa e che le sostanze debbano essere considerate rifiuti ai sensi della direttiva citata; il ricupero della sostanza in un'operazione di questo tipo può tuttavia costituire un forte indizio della sussistenza di un "disfarsi".

2) a) La soluzione della questione se l'impiego di trucioli di legno come combustibile vada considerato rientrante nel concetto di "disfarsi" può dipendere dalla circostanza che, con riferimento ai residui di legno risultanti da attività di costruzione o di demolizione da cui si ricavano i trucioli di legno, già in una fase anteriore a quella del ricupero come combustibile vengano compiute operazioni a seguito delle quali la sostanza ha perso la propria natura di rifiuto, cosicché essa non presenta più un grado di pericolosità maggiore di una materia prima primaria comparabile;

in tal senso un'operazione di questo tipo può non essere espressamente menzionata tra quelle figuranti all'allegato II B della direttiva 75/442.

b) La soluzione della questione se l'impiego di trucioli di legno come combustibile vada considerato rientrante nel concetto di "disfarsi" non dipende dalla circostanza che i trucioli di legno costituiscano, secondo l'opinione comune, un rifiuto; al riguardo è irrilevante che tali sostanze possano essere impiegate come combustibili senza subire radicali trasformazioni e in modo compatibile con le esigenze di tutela ambientale.

c) La soluzione della questione non dipende neanche dalla circostanza che l'impiego di trucioli di legno come combustibile sia comparabile ad una modalità corrente di ricupero dei rifiuti.

Nel complesso, si deve invece accertare se la sostanza presenti ancora la nocività tipica dei rifiuti, che rende necessaria una sorveglianza dell'operazione di ricupero, o se essa abbia perso la propria natura di rifiuto, caso che si verifica quando essa non presenta un grado di pericolosità maggiore di una materia prima primaria comparabile».

(1) - GU L 194, pag. 47.

(2) - GU L 78, pag. 32.

(3) - GU L 30, pag. 1.

(4) - Decisione della Commissione 20 dicembre 1993, 94/3/CE, che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all'art. 1 a) della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti (GU 1994, L 5, pag. 15).

(5) - Questi allegati sono stati da ultimo modificati dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE, che adatta gli allegati II A e II B della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, relativa ai rifiuti (GU L 135, pag. 32). Nelle loro osservazioni le parti si richiamano parzialmente a questa nuova formulazione degli allegati.

(6) - Categoria R 1 dell'allegato II B nella versione del 1996.

(7) - Sentenza 18 dicembre 1997, causa C-129/96, Inter-Environnement Wallonie (Racc. pag. I-7411, punto 33).

(8) - Allegato II B nella versione della direttiva 91/156.

(9) - Sentenza nella causa C-129/96 (citata alla nota 7, punto 27).

(10) - Nella versione del 1996.

(11) - Conclusioni 24 aprile 1997, causa C-129/96 (citata alla nota 7, paragrafo 78).

(12) - Sentenza 25 giugno 1997, cause riunite C-304/94, C-330/94, C-342/94 e C-224/95, Tombesi e a. (Racc. pag. I-3561, punto 52).

(13) - Causa C-129/96 (citata alla nota 7).

(14) - Causa C-129/96 (citata alla nota 7).

(15) - Nella versione della direttiva 91/156 la categoria Q 1 recita: «residui di produzione o di consumo in appresso non specificati». La categoria Q 8 recita: «residui di processi industriali (ad esempio scorie, residui di distillazione, ecc.)».

(16) - Sentenza nelle cause riunite C-304/94, C-330/94, C-342/94 e C-224/95 (citata alla nota 12).

(17) - Causa C-129/96 (citata alla nota 7).

(18) - Tale categoria recita nella versione della direttiva 91/156, «prodotti di cui il detentore non si serve più (ad esempio articoli messi fra gli scarti dall'agricoltura, dalle famiglie, dagli uffici, dai negozi, dalle officine, ecc.)».

(19) - Sentenza 17 marzo 1993, causa C-155/91, Commissione/Consiglio (Racc. pag. I-939, punto 12).

(20) - Anche dalla risposta della Commissione all'interrogazione scritta, n. E-3123/98, dell'onorevole Gianni Tamino del Parlamento europeo emerge che la Commissione non ha presentato alcuna proposta di modifica della direttiva 75/442 e che ciò sarebbe tuttavia necessario, secondo la Commissione, per una modifica della nozione di rifiuto. Di conseguenza, l'interpretazione rimarrebbe prerogativa esclusiva della Corte (GU C 135 del 14 maggio 1999, pag. 169 e segg.)

(21) - Regolamento (CEE) del Consiglio 1$ febbraio 1993, n. 259, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio (GU L 30, pag. 1).

(22) - Causa C-129/96 (citata alla nota 7).

(23) - Causa C-129/96 (citata alla nota 7, punto 30).

(24) - Causa C-129/96 (citata alla nota 7, punto 34).

(25) - Causa C-129/96 (citata alla nota 7, punto 33).

(26) - Art. 3, n. 1, lett. a), secondo trattino, il corsivo è mio.

(27) - Dodicesimo 'considerando' della direttiva 75/442.

(28) - Art. 3, lett. b).

(29) - Sentenza nelle cause riunite C-304/94, C-330/94, C-342/94 e C-224/95 (citata alla nota 12, punto 52).

(30) - Questa categoria recita, nella versione della direttiva 91/156: «utilizzazione principale come combustibile o altro mezzo per produrre energia».

(31) - Causa C-129/96 (citata alla nota 7).

(32) - Tali categorie recitano, nella versione della direttiva 91/156:

D 14: ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui al presente allegato,

D 15: deposito preliminare prima di una delle operazioni di cui al presente allegato [...],

R 11: utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R 1 a R 10,

R 12: scambio di rifiuti per sottoporli ad una qualunque delle operazioni indicate da R 1 a R 11.

(33) - Questa categoria si rinviene, nella versione della direttiva 91/156, nella categoria R 2.

(34) - Questa categoria recita, nella versione del 1996: «Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R 1 a R 12 [...]».

(35) - Art. 3, n. 1, lett. b), sub i).

(36) - Sentenza nelle cause riunite C-304/94, C-330/94, C-342/94 e C-224/95 (citata alla nota 12, punti 53 e segg.); conclusioni in questa causa (paragrafo 61).

(37) - Nella versione della direttiva 91/156.

(38) - Nella versione della direttiva 91/156.

(39) - Sentenza 10 maggio 1995 nella causa C-422/92, Commissione/Germania (Racc. pag. I-1097).

(40) - Causa C-129/96 (citata alla nota 7).

(41) - Causa C-129/96 (citata alla nota 7, punto 28).

(42) - Causa C-129/96 (citata alla nota 7, punto 28).