Conclusioni dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 28 settembre 1999. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica ellenica. - Inadempimento di uno Stato - Sentenza della Corte che accerta un inadempimento - Omessa esecuzione - Art. 171 del Trattato CE (divenuto art. 228 CE) - Sanzioni pecuniarie - Penalità - Rifiuti - Direttive 75/442/CEE e 78/319/CEE. - Causa C-387/97.
raccolta della giurisprudenza 2000 pagina I-05047
I - Introduzione
1 La presente causa è la prima nella quale la Corte dovrà pronunciarsi sull'art. 171 del Trattato CE (divenuto art. 228 CE), come modificato dal Trattato sull'Unione europea. Detta disposizione apre la strada all'inflizione di sanzioni economiche agli Stati membri che non abbiano dato esecuzione ad una sentenza della Corte relativa ad un ricorso per violazione del Trattato ex art. 169 (divenuto art. 226 CE).
La laconicità del testo e la complessità della questione sollevano numerosi problemi giuridici, tra i quali spiccano quelli relativi alla natura delle sanzioni, al loro possibile effetto retroattivo ed ai limiti di questo, nonché ai rispettivi poteri della Corte e della Commissione quanto alla scelta del tipo e dell'entità della sanzione, per citare soltanto i principali. Presumibilmente, comunque, i problemi non si esauriranno con la pronuncia della sentenza. Per ora, infatti, rimangono irrisolte questioni fondamentali come quella del momento in cui cessa l'inadempimento (totale o parziale), o quella relativa al procedimento per accertare detta cessazione, o alle conseguenze del mancato pagamento, da parte dello Stato in causa, della sanzione inflitta.
Il caso di specie presenta un altro inconveniente, in quanto l'inadempimento addebitato alla Repubblica ellenica non si limita, come accade spesso, alla mancata trasposizione nel diritto interno di una direttiva comunitaria, ma riguarda piuttosto il fatto che non siano state adottate le necessarie misure sostanziali per conformarsi alla normativa europea. In concreto, si tratta di valutare se nella regione cretese di La Canea i rifiuti vengano smaltiti in conformità delle direttive del Consiglio 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (1), e 78/319/CEE, relativa ai rifiuti tossici e nocivi (2).
I problemi cui si è sopra accennato condizionano l'analisi, che è stata effettuata con la consapevolezza dell'importanza della prassi necessaria per precisare i profili, attualmente ancora ben vaghi, di questo nuovo istituto processuale del diritto comunitario.
II - L'ambito normativo
A - Le direttive 75/442 e 78/319
2 Le direttive 75/442 e 78/319 hanno lo scopo di eliminare le differenze tra le disposizioni vigenti nei vari Stati membri in materia di smaltimento dei rifiuti e di contribuire alla tutela dell'ambiente e al miglioramento della qualità della vita. Conformemente all'art. 145 dell'Atto di adesione della Repubblica ellenica, detto Stato avrebbe dovuto conformarsi alle due direttive entro il 1_ gennaio 1981.
3 L'art. 4 della direttiva 75/442 dispone:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti verranno smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente e in particolare:
- senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora;
- senza causare inconvenienti da rumori od odori;
- senza danneggiare la natura e il paesaggio».
4 L'art. 5 della direttiva 75/442 dispone che gli Stati membri «stabiliscono o designano l'autorità o le autorità competenti incaricate, in una determinata zona, di programmare, organizzare, autorizzare e controllare le operazioni di smaltimento dei rifiuti». A norma dell'art. 6 della direttiva:
«La o le autorità competenti di cui all'articolo 5 dovranno elaborare quanto prima uno o più piani che contemplino fra l'altro:
- i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire;
- i requisiti tecnici generali;
- i luoghi adatti allo smaltimento;
- tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare.
Tale o tali piani potranno riguardare ad esempio:
- le persone fisiche o giuridiche abilitate a procedere allo smaltimento dei rifiuti,
- la stima dei costi delle operazioni di smaltimento,
- le misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento dei rifiuti».
5 L'art. 14 della direttiva 75/442 prescrive che gli Stati membri comunichino alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno emanate nel settore disciplinato da detta direttiva.
6 La direttiva 78/319 contiene disposizioni analoghe in relazione ai rifiuti tossici e nocivi. L'art. 5 di detta direttiva dispone:
«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti tossici e nocivi siano smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente e in particolare:
- senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora;
- senza causare inconvenienti da rumori od odori;
- senza danneggiare la natura e il paesaggio.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare l'abbandono, lo scarico, il deposito e il trasporto incontrollati dei rifiuti tossici e nocivi, come pure la consegna degli stessi ad impianti, stabilimenti o imprese diversi da quelli di cui all'articolo 9, paragrafo 1».
7 L'art. 9, n. 1, della direttiva 78/319 prescrive che gli impianti, gli stabilimenti o le imprese che provvedono all'ammasso, al trattamento e/o al deposito di rifiuti tossici e nocivi devono ottenere un'autorizzazione dalle autorità competenti.
8 L'art. 12 della direttiva 78/319 dispone:
«1. Le autorità competenti elaborano e tengono aggiornati programmi per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi. Tali programmi contemplano in particolare:
- i tipi ed i quantitativi di rifiuti da smaltire;
- i metodi di smaltimento;
- i centri specializzati per il trattamento, se necessario;
- i luoghi di deposito adeguati.
Le autorità competenti degli Stati membri possono includere altri aspetti particolari, come la stima dei costi delle operazioni di smaltimento.
2. Le autorità competenti pubblicano i programmi di cui al paragrafo 1. Gli Stati membri comunicano tali programmi alla Commissione.
3. La Commissione organizza regolarmente con gli Stati membri un confronto dei programmi suddetti, per assicurare una sufficiente armonizzazione nell'applicazione della presente direttiva».
9 L'art. 21, n. 2, della stessa direttiva prescrive che gli Stati membri comunichino alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno da essi adottate nel settore disciplinato dalla direttiva.
10 Il «rifiuto» è definito dall'art. 1, lett. a), di entrambe le direttive come «qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'obbligo di disfarsi in virtù delle disposizioni nazionali vigenti». I «rifiuti tossici e nocivi» sono definiti dall'art. 1, lett. b), della direttiva 78/319 come «tutti i rifiuti che contengono o che sono stati contaminati dalle sostanze o materie elencate nell'allegato della presente direttiva di natura, in quantità o concentrazioni tali da presentare un pericolo per la salute o per l'ambiente».
B - L'art. 171 del Trattato (divenuto art. 228 CE)
11 Il Trattato sull'Unione europea, entrato in vigore il 1_ novembre 1993, ha aggiunto, mediante l'art. G.51, un secondo paragrafo all'ex art. 171 del Trattato CEE. La disposizione che ne risulta la quale, a partire dall'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, avvenuta il 1_ maggio 1999, è divenuta l'art. 228 CE, dispone:
«1. Quando la Corte di giustizia riconosca che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del presente trattato, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta.
2. Se ritiene che lo Stato membro in questione non abbia preso detti provvedimenti, la Commissione, dopo aver dato a tale Stato la possibilità di presentare le sue osservazioni, formula un parere motivato che precisa i punti sui quali lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza della Corte di giustizia.
Qualora lo Stato membro in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta, la Commissione può adire la Corte di giustizia. In questa azione essa precisa l'importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze.
La Corte di giustizia, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.
Questa procedura lascia impregiudicate le disposizioni dell'articolo 170».
C - Le comunicazioni della Commissione sull'applicazione dell'art. 171 del Trattato CE e sul metodo di calcolo della penalità da esso prevista
12 Benché non costituiscano testi normativi propriamente detti, tali comunicazioni sono vincolanti per l'istituzione che le ha emanate, quanto meno nel senso che essa può derogarvi soltanto con adeguata motivazione, per non infrangere il principio della parità di trattamento.
13 La Comunicazione della Commissione 21 agosto 1996, avente ad oggetto l'applicazione dell'articolo 171 del Trattato CE (in prosieguo: la «prima comunicazione») (3), stabilisce, tra l'altro, quanto segue:
«(...)
4. L'articolo 171 offre la possibilità di scegliere tra due tipi di sanzioni pecuniarie: la somma forfettaria o la penalità. Tenendo conto dell'obiettivo fondamentale perseguito dall'intera procedura d'infrazione, che è quello di pervenire il più rapidamente possibile all'ottemperanza, la Commissione ritiene che la penalità sia lo strumento più adeguato per conseguire tale obiettivo.
Ciò non significa tuttavia che essa abbandoni la possibilità di richiedere il pagamento di una somma forfettaria.
5. La fissazione dell'importo della sanzione deve orientarsi all'obiettivo che questo strumento persegue: garantire l'applicazione effettiva del diritto comunitario. La Commissione ritiene che l'importo vada calcolato in funzione di tre criteri fondamentali:
- la gravità dell'infrazione,
- la durata di quest'ultima,
- la necessità d'imprimere alla sanzione un effetto dissuasivo onde prevenire le recidive.
6. Quanto alla gravità, un'infrazione che consista nella mancata esecuzione di una sentenza è da considerarsi sempre grave. Tuttavia, con riguardo alla specifica necessità di fissare l'importo della sanzione pecuniaria, la Commissione terrà anche conto di due parametri strettamente legati all'infrazione che ha portato alla pronuncia della sentenza non eseguita, ossia: l'importanza delle norme comunitarie oggetto dell'infrazione e le conseguenze di quest'ultima sugli interessi generali e particolari.
(...)
8. Sotto il profilo dell'efficacia della sanzione, occorrerà fissare l'importo in misura adeguata per garantirne l'effetto dissuasivo. L'applicazione di sanzioni puramente simboliche toglierebbe qualsiasi effetto utile a questo strumento complementare della procedura d'infrazione e andrebbe contro l'obiettivo ultimo di questa stessa procedura, che è quello di garantire la piena applicazione del diritto comunitario.
Come si è precisato al punto 3, la decisione in merito all'applicazione della sanzione dipenderà dalle circostanze inerenti al caso di specie. Per contro, a partire dal momento in cui si ritiene necessaria la sanzione, occorrerà tener conto del suo carattere dissuasivo, aumentandone segnatamente la misura ove sussista il rischio di recidiva (o quando la recidiva sia stata accertata), al fine di annullare i vantaggi economici che lo Stato membro inadempiente potrebbe aver tratto dall'infrazione».
14 Dal canto suo, la Comunicazione 28 febbraio 1997«Metodo di calcolo della penalità prevista dall'articolo 171 del Trattato CE», (in prosieguo: la «seconda Comunicazione») (4), dispone, in particolare, quanto segue:
«(...)
Le sanzioni pecuniarie che la Commissione propone alla Corte di giustizia delle Comunità europee devono essere prevedibili per gli Stati membri e calcolate secondo un metodo che rispetti sia il principio di proporzionalità che quello della parità di trattamento fra Stati membri. Inoltre, occorre che la Commissione applichi un metodo chiaro ed uniforme, poiché dovrà motivare dinanzi alla Corte di giustizia la determinazione dell'importo della penalità.
(...)
La penalità che lo Stato membro dovrà pagare è costituita da una somma, dovuta per ogni giorno di ritardo, con cui viene sanzionata l'omessa esecuzione della sentenza della Corte; essa decorre dal giorno in cui la seconda sentenza della Corte viene notificata allo Stato membro di cui trattasi e termina il giorno in cui quest'ultimo pone fine all'infrazione. (...)
L'importo della penalità giornaliera si calcola come segue:
- moltiplicando un importo di base fisso ed uniforme per un coefficiente di gravità e un coefficiente di durata;
- moltiplicando il risultato ottenuto per un fattore invariabile per paese (il fattore "n") che tiene conto sia della capacità finanziaria dello Stato membro di cui trattasi sia del numero di voti di cui dispone nel Consiglio.
(...)
L'importo di base fisso ed uniforme è un forfait di base uniforme al quale verranno applicati i coefficienti moltiplicatori. (...) Esso è stato determinato in modo da:
- lasciare alla Commissione un ampio potere discrezionale nell'applicazione dei coefficienti moltiplicatori;
- mantenerlo entro un limite ragionevole, vale a dire sopportabile per tutti gli Stati membri;
- rappresentare un importo abbastanza elevato per garantire una sufficiente pressione sullo Stato membro di cui trattasi, qualunque esso sia.
Detto importo fisso è pari a 500 ECU al giorno.
(...)
E' vero che sotto il profilo strettamente giuridico, l'infrazione è sempre della stessa natura: inottemperanza ad una sentenza della Corte che ha constatato un inadempimento e violazione dell'articolo 171, paragrafo 1 del trattato.
(...)
A seconda della gravità dell'infrazione l'importo di base fisso viene moltiplicato per un coefficiente compreso tra 1 e 20.
(...)
Per calcolare la penalità si tiene conto della durata dell'infrazione a decorrere dalla prima sentenza della Corte. (...).
(...)
A seconda della durata dell'infrazione, l'importo fisso sarà moltiplicato per un coefficiente variante da 1 a 3.
(...)
L'importo della penalità deve far sì che la sanzione sia nel contempo dissuasiva e proporzionata.
L'efficacia dissuasiva della sanzione si presenta sotto un duplice aspetto. La sanzione perciò deve essere sufficientemente elevata da indurre lo Stato membro:
- a regolarizzare la propria posizione e a metter fine all'infrazione (perciò deve essere superiore ai vantaggi che lo Stato membro trae dall'infrazione),
- a non recidivare.
Per garantire efficacia dissuasiva alla sanzione è necessario evitare sanzioni puramente simboliche (...). La penalità deve quindi esercitare sullo Stato membro una pressione tale da indurlo ad una regolarizzazione effettiva. (...)
Per l'efficacia dissuasiva è stato scelto un fattore "n" pari a una media geometrica basata sul prodotto interno lordo (PIL) dello Stato membro in causa e sulla ponderazione dei voti in seno al Consiglio (...). Come si vede, il fattore "n" combina la capacità finanziaria di ciascuno Stato (rappresentata dal suo PIL) con il numero di voti di cui dispone nel Consiglio. La formula che ne risulta consente di ottenere uno scarto ragionevole (che va da 1,0 a 26,4) fra i vari Stati membri.
Il fattore "n" è il seguente:
(...)
Grecia: 4,1
(...)
Per calcolare l'importo della penalità giornaliera da infliggere a uno Stato membro, il risultato ottenuto applicando alla somma forfettaria di base il coefficiente di gravità e il coefficiente di durata viene moltiplicato successivamente per il fattore "n" (invariabile) dello Stato membro in causa.
(...)».
III - I fatti
15 Il 7 aprile 1992 la Corte di giustizia ha pronunciato la sentenza con cui ha deciso la causa C-45/91, Commissione/Grecia (5), e in cui ha dichiarato che:
«(...) la Repubblica ellenica, non avendo adottato i provvedimenti necessari affinché nel nomós di La Canea rifiuti e i rifiuti tossici e nocivi vengano smaltiti senza mettere in pericolo la salute umana e senza arrecare danno all'ambiente e non avendo disposto per detta regione piani o programmi per lo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti tossici e nocivi, è venuta meno agli obblighi incombentile ai sensi degli artt. 4 e 6 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, e degli artt. 5 e 12 della direttiva del Consiglio 20 marzo 1978, 78/319/CEE, relativa ai rifiuti tossici e nocivi».
16 Non avendo ricevuto alcuna notizia circa le misure adottate per conformarsi alla sentenza, l'11 ottobre 1993 la Commissione ha inviato una lettera alle autorità elleniche, rammentando loro gli obblighi ad esse incombenti in virtù della sentenza della Corte di giustizia.
17 Il 1_ novembre 1993 è entrato in vigore il Trattato sull'Unione europea.
18 Nei giorni 18 e 19 aprile 1994, si sono svolti ad Atene incontri sull'applicazione del diritto comunitario in materia ambientale, cui hanno preso parte rappresentanti del governo greco e della Commissione.
19 Con lettera ricevuta dalla Commissione il 24 agosto 1994, le autorità elleniche hanno spiegato che il consorzio dei comuni di La Canea, organismo competente per la gestione dei rifiuti, aveva ottenuto una «autorizzazione preliminare» allo scavo di due nuove aree per l'interramento di rifiuti nelle regioni di Kopidani e Vardia e che era in corso il relativo studio di impatto ambientale. Una volta ultimato detto studio - presumibilmente verso la fine del 1994 -, il consorzio avrebbe elaborato il progetto finale di realizzazione, messa in funzione, controllo e recupero di quello che tra i due terreni risultasse più adatto. L'autorità competente, precisava il governo greco, avrebbe comunicato alla Commissione qualsiasi novità relativa a detto progetto.
20 Il 21 settembre 1995, non avendo ricevuto alcuna informazione circa il progetto in questione, la Commissione ha deciso di avviare il procedimento previsto dall'art. 171, n. 2, del Trattato. Mediante lettera recante la medesima data, la Commissione ha chiesto alle autorità elleniche di presentare osservazioni entro il termine di due mesi.
21 In data 14 dicembre 1995, la Repubblica ellenica ha fatto valere che le autorità locali competenti avevano scelto il terreno, il che avrebbe consentito l'esecuzione del programma di smaltimento dei rifiuti che era stato predisposto.
Dal tenore di tale comunicazione la Commissione deduceva che, a quattro anni dalla predetta sentenza della Corte che aveva constatato l'inadempimento, le autorità elleniche non avevano ancora fatto quanto necessario per porvi rimedio. Infatti, il programma di smaltimento dei rifiuti si trovava ancora in fase preliminare e non era operativo, ed i rifiuti continuavano quindi ad essere depositati nella discarica situata alla foce del torrente Kouroupitos, con pericolo per la salute umana e per l'ambiente.
22 Ritenendo che la Grecia fosse inadempiente agli obblighi impostile dall'art. 171, n. 1, in data 6 agosto 1996 la Commissione ha inviato alle autorità elleniche un parere motivato, invitandole al contempo a porre rimedio all'infrazione entro un nuovo termine di due mesi.
Nella stessa comunicazione, la Commissione ha avvertito le autorità elleniche che avrebbe potuto essere irrogata una penalità per inosservanza di una sentenza della Corte di giustizia, il cui importo sarebbe stato fissato dalla Commissione al momento dell'avvio del procedimento giudiziario.
23 Le autorità elleniche hanno replicato con lettera 11 novembre 1996. Anzitutto, esse hanno dichiarato che era stato adottato un piano nazionale di smaltimento dei rifiuti, applicato su scala locale, con una sufficiente dotazione finanziaria.
Per quanto riguarda il piano regionale di smaltimento dei rifiuti di La Canea, le autorità elleniche hanno precisato ch'esso consisteva nell'attuazione di un piano globale di smaltimento dei rifiuti comprendente le seguenti azioni:
- la separazione dei rifiuti all'origine;
- la costruzione e la messa in funzione di un impianto di riciclaggio meccanico;
- la preparazione e lo scavo di un'area per l'interramento delle immondizie;
- un programma di riordino e recupero della regione per far fronte all'eliminazione incontrollata dei rifiuti nella discarica del Kouroupitos.
Su tale ultima questione, le autorità elleniche hanno spiegato, senza fornire ulteriori ragguagli, che avevano portato a termine interventi concreti per risolvere definitivamente il problema della discarica del Kouroupitos,e che stavano elaborando, a questo proposito, programmi speciali di smaltimento.
24 Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi e dei rifiuti provenienti dalle strutture ospedaliere, le autorità elleniche hanno dichiarato che il ministero competente stava adottando una serie di provvedimenti, tra i quali il finanziamento dello studio e dell'esecuzione di lavori per lo smaltimento dei rifiuti. In concreto, l'amministrazione prefettizia di La Canea aveva avviato le pratiche necessarie per l'installazione di un impianto di riciclaggio meccanico e per riservare un'area all'interramento delle immondizie. A parere delle autorità competenti, la realizzazione di tali programmi avrebbe risolto il problema del Kouroupitos e, in generale, le carenze nello smaltimento di rifiuti di La Canea.
25 Con lettera 28 agosto 1997, le autorità elleniche hanno informato la Commissione circa la stato di avanzamento dei lavori. Hanno dichiarato, ad esempio, che erano stati terminati lo studio di impatto ambientale relativo all'impianto di riciclaggio e la prima fase di una procedura di licitazione internazionale ristretta.
26 La risposta delle autorità elleniche non ha soddisfatto la Commissione, la quale ha ritenuto i provvedimenti adottati insufficienti per conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia, e ha pertanto proposto il ricorso in esame, chiedendo la condanna al pagamento di una penalità pari a 24 600 euro per ogni giorno di mora, a decorrere dalla pronuncia della sentenza che definirà la presente lite.
IV - Nel merito
27 Il governo greco, da un lato, eccepisce l'irricevibilità del ricorso, affermando che con esso si pretende di sanzionare un comportamento con effetti retroattivi. Dall'altro lato, in subordine, e in relazione all'importo della penalità, invoca, fra l'altro, la mancanza di intenzionalità da parte dello Stato in causa. Le autorità elleniche partono dal presupposto che il procedimento e le sanzioni di cui all'art. 171 abbiano carattere penale, o, quanto meno, quasi penale, e siano pertanto loro applicabili i principi elaborati in diritto penale.
Occorre quindi preliminarmente esaminare la natura giuridica delle sanzioni previste dall'art. 171, per verificare se costituiscano misure di carattere penale o ad esse equiparabili. Successivamente, seguendo la struttura del testo del Trattato, mi pronuncerò sulle eventuali infrazioni dell'art. 171, n. 1, per concludere con l'esame delle conseguenze che possono trarsi da dette infrazioni ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo.
A - Questione preliminare: la natura delle sanzioni ex art. 171
28 L'art. 171, n. 1, che non è stato modificato dal Trattato di Maastricht, sancisce il carattere vincolante delle sentenze pronunciate dalla Corte di giustizia in conformità dell'art. 169 (divenuto art. 226 CE). Infatti, lo Stato condannato «è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta».
29 Il paragrafo 2 del medesimo articolo conferisce alla Commissione il potere di avviare una nuova azione nei confronti dello Stato membro inadempiente. Essa è tenuta a dare preliminarmente alle autorità dello Stato interessato la possibilità di presentare le proprie osservazioni, e quindi ad emettere un parere motivato in cui dovrà precisare i punti sui quali lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza della Corte di giustizia. Qualora detto Stato non prenda entro il termine fissato i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza comporta, la Commissione può adire la Corte di giustizia, precisando l'importo della somma forfettaria o della penalità che ritiene debba essere versato dallo Stato membro.
30 Nei paragrafi che seguono tenterò di dimostrare che la natura del procedimento di cui all'art. 171, n. 2, dev'essere determinata in funzione dell'obiettivo fondamentale che il Trattato assegna all'intera procedura di infrazione, che altro non è se non fare in modo che gli Stati membri adempiano i loro obblighi nel più breve tempo possibile (6). La mia analisi riguarderà la sanzione pecuniaria che la Commissione può chiedere e che la Corte può infliggere sotto forma di penalità. La multa, o più correttamente, la penalità (7), costituisce «una pena pecuniaria irrogata dal giudice per costringere il debitore ad ottemperare al suo obbligo principale ed è fissata, di regola, in un tanto per giorno di ritardo o per altra unità di tempo» (8). Tuttavia, anche le condanne al pagamento di una somma forfettaria, sulle quali nelle sue comunicazioni la Commissione non si pronuncia (9), vanno considerate come provvedimenti volti a conseguire il risultato finale dell'ottemperanza, e non come pena da infliggere ad uno Stato membro per punirlo del suo comportamento antigiuridico né, ancor meno, come una sorta di condanna al risarcimento del danno causato dal ritardo nell'adempimento. In caso contrario, si altererebbe irrimediabilmente l'economia di detta procedura, la quale presenterebbe natura diversa a seconda del tipo di sanzione richiesta dalla Commissione (10).
31 In limine, ammetto che è forte la tentazione di ricondurre istituti nuovi, e quindi ancora sconosciuti, a categorie giuridiche classiche e ben note. Tale tentazione si acuisce, data l'importanza che in ogni società democratica rivestono i diritti della difesa, allorché l'istituto considerato presenta (o sembra presentare) alcune caratteristiche proprie dell'azione punitiva dello Stato. Tale assimilazione ha consentito di superare in buona parte, già da diverso tempo, la distinzione che si formulava tra le sanzioni ai fini processuali in base alla loro origine: penale o amministrativa. Attualmente è pacifico che alle une e alle altre debbano applicarsi principi analoghi. Tale evoluzione dev'essere accolta con favore, soprattutto in un'ottica comunitaria. Infatti, non sono rari i casi in cui uno stesso comportamento viene perseguito penalmente in uno Stato membro e per via amministrativa in un altro, il che, al contempo, rende manifesta l'artificiosità della distinzione.
32 Risulta più discutibile, a mio parere, l'applicazione dei principi elaborati dal diritto penale in contesti quali la difesa della concorrenza o la lotta contro la discriminazione basata sul sesso. In tali casi, il proposito del legislatore è preservare o creare una situazione oggettiva (il libero gioco della concorrenza, nel primo caso, la parità tra uomini e donne, nel secondo), e non punire una presunta intenzione antigiuridica di un dato operatore economico. Per tale motivo, nei suddetti due esempi, contrariamente a quanto avviene in diritto penale, perché abbia luogo l'infrazione sanzionabile non sono richiesti il dolo, e neanche la colpa. Sebbene non si possa mai escludere del tutto l'elemento repressivo, le sanzioni economiche inflitte nelle predette circostanze perseguono anzitutto, in mancanza di strumenti più adeguati, il fine di esercitare una coazione indiretta sull'operatore affinché tenga un determinato comportamento, e non quello di sanzionare una condotta illecita.
33 Lo stesso vale, secondo me, per il regime instaurato dall'art. 171. Infliggendo una sanzione allo Stato membro inadempiente non si persegue altro scopo se non quello di indurlo ad ottemperare mediante una coazione che comporta una sanzione economica di entità notevole e che aumenta di giorno in giorno. Pertanto, se si dovesse inquadrare detto istituto in una delle materie giuridiche tradizionali, ritengo ch'esso dovrebbe essere collocato nel procedimento di esecuzione delle sentenze. Nell'iter ordinario dell'esecuzione delle sentenze per via giudiziaria, a parte naturalmente il possibile ricorso alla forza, possono comminarsi sanzioni pecuniarie. Tale è la prassi corrente nei procedimenti civili ed amministrativi di vari Stati membri continentali (11).
34 Così, in Francia i giudici civili adottano astreintes, di elaborazione giurisprudenziale, sin dall'inizio del secolo scorso. Se in origine vi è stata una certa confusione circa il possibile carattere risarcitorio del provvedimento, tali dubbi sono stati dissipati dal legislatore. La legge 16 luglio 1980, n. 80-539, relativa alle penalità amministrative e all'esecuzione delle sentenze da parte delle persone giuridiche di diritto pubblico, sancisce il potere del giudice amministrativo di adottare astreintes, configurandole come strumenti indiretti per l'esecuzione delle sentenze di condanna, di cui costituiscono provvedimenti accessori e rafforzano l'obbligatorietà.
35 In Belgio, nei Paesi Bassi e in Lussemburgo, le astreintes sono disciplinate dalla Convenzione Benelux 26 novembre 1973, relativa alla legge uniforme sulle penalità. In nessuna delle tre leggi che traspongono la Convenzione nel diritto interno si attribuisce carattere penale alle sanzioni pecuniarie che possono essere inflitte dal giudice.
36 L'art. 354, n. 1, della legge austriaca sull'esecuzione delle sentenze dei giudici ordinari (Exekutionsordnung, legge 27 maggio 1986, da allora più volte modificata) consente di comminare sanzioni, sia pecuniarie che privative della libertà personale, qualora la sentenza imponga un obbligo di fare non eseguibile da terzi o il cui adempimento dipenda dalla volontà del condannato (unvertretbare Handlung).
37 L'art. 888 del codice di procedura civile tedesco (Zivilprozeßordnung) contiene una disposizione analoga, che disciplina l'esecuzione delle sentenze (Zwangsvollstreckung). La giurisprudenza tedesca ha espressamente dichiarato che le sanzioni di cui all'art. 888 non hanno carattere penale o quasi penale, bensì servono esclusivamente ad intimare l'ottemperanza. Pertanto, rispetto ad esse non trovano applicazione i principi del diritto processuale penale (12).
38 Nell'economia dell'ordinamento giuridico comunitario, poiché è difficile concepire l'impiego di qualunque forma di violenza legittima nei confronti di uno Stato per indurlo ad ottemperare, per vincere la resistenza dello Stato membro renitente non vi è altra scelta che ricorrere alla coazione. Essa può esplicarsi per via politica o diplomatica. Infatti, secondo la teoria internazionalista classica, si sarebbe benissimo potuto affidare al Consiglio il compito di far eseguire le sentenze della Corte di giustizia, mediante, ad esempio, il potere di limitare o sospendere il diritto di voto dello Stato membro in questione. Ciò accade, in una certa misura, per le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo. Ai sensi dell'art. 54 della Convenzione di Roma del 1950, sull'esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo vigila il Comitato dei Ministri, conferenza permanente dei ministri degli Esteri degli Stati membri del Consiglio d'Europa e organo direttivo dell'organizzazione (13). L'esecuzione propriamente detta delle sentenze della Corte di Strasburgo, che, secondo quanto da essa ripetutamente dichiarato, rivestono carattere meramente dichiarativo, comporta soltanto il pagamento di una determinata somma corrispondente ad un'«equa soddisfazione» (satisfaction équitable - art. 41 della Convenzione -) (14). Tale somma comprende un indennizzo per il danno morale e materiale sofferto in conseguenza dell'infrazione della Convenzione e la rifusione, parziale o totale, dei costi e delle spese processuali sostenute. Tuttavia, sin dall'inizio si è andata affermando l'interpretazione secondo la quale, se la violazione dei diritti e delle libertà garantite dalla Convenzione, accertata mediante sentenza della Corte dei diritti dell'uomo, era dovuta alla legislazione o alla prassi amministrativa dello Stato convenuto, l'esecuzione di detta sentenza comprendeva anche la modifica di tale legislazione o prassi. Naturalmente, trattandosi spesso di norme che toccano direttamente i diritti fondamentali della persona, tali modifiche non sempre sono semplici da apportare. Esse possono richiedere revisioni costituzionali o coinvolgere poteri pubblici diversi dallo Stato centrale, firmatario della Convenzione e unico internazionalmente responsabile per la sua osservanza.
39 L'esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, soprattutto per quanto riguarda il possibile obbligo di modificare una normativa nazionale, presenta analogie, quanto alle sue conseguenze, con l'esecuzione delle sentenze di inadempimento della Corte di giustizia. Infatti, buona parte di queste ultime ha per oggetto la mancata trasposizione di una determinata direttiva da parte dello Stato membro convenuto o il mantenimento di una norma di diritto interno contraria al diritto comunitario.
Orbene, per ottenere l'esecuzione di una sentenza della Corte di Strasburgo, il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa si avvale unicamente di strumenti di pressione politica e diplomatica. Lo statuto del Consiglio d'Europa autorizza quest'ultimo, in caso di grave violazione dei principi dello Stato di diritto e dei diritti umani, a sospendere la rappresentanza dello Stato inadempiente, e si può giungere sino a chiedergli di lasciare il Consiglio.
40 Con tali provvedimenti non si persegue altro obiettivo se non quello cui mira l'art. 171, e tuttavia pochi si spingerebbero ad affermare che tale particolare procedimento di esecuzione delle sentenze possa dare avvio ad un nuovo completo esame della causa, o, tanto meno, che nel corso di tale procedimento lo Stato inadempiente possa avvalersi delle garanzie riconosciute agli imputati di un processo penale.
41 Esiste almeno un'altra ragione per la quale non ritengo appropriato considerare il procedimento di cui all'art. 171 come un'azione di natura penale. Mi riferisco a quelle che possono essere definite considerazioni di ontologia giuridica. Vi è qualcosa di aberrante nel riconoscere ad uno Stato inadempiente le garanzie offerte ad un imputato, molte delle quali trovano la propria origine nel principio fondamentale della presunzione d'innocenza. Le monde à l'envers! Lo Stato, la cui principale caratteristica, in una società democratica, è il rispetto della legalità, può avvalersi di un privilegio nella sua persistente inosservanza di questa stessa legalità?
42 Per i motivi che ho esposto, concludo nel senso che il procedimento di cui all'art. 171 non è equiparabile ad un processo penale, e presenta semmai analogie con una speciale procedura giudiziaria di esecuzione delle sentenze. Beninteso, con ciò non voglio dire che lo Stato in causa non fruisca di alcuna garanzia processuale - il che sarebbe altrettanto assurdo -, bensì che la portata dei diritti della difesa che occorre riconoscergli dev'essere adeguata all'obiettivo perseguito.
43 Le conseguenze della corretta classificazione del procedimento di cui all'art. 171 sono varie e importanti. Da essa dipendono, tra l'altro, l'applicazione in blocco o meno del sistema di garanzie penali (volontarietà, tipizzazione del delitto, certezza della pena, irretroattività), la natura dei poteri della Commissione in tale settore, nonché la portata dell'esame spettante alla Corte. Mi occuperò separatamente di ciascuna di tali questioni, con riferimento alla causa in esame.
B - Sulle infrazioni dell'art. 171, n. 1, del Trattato
44 Il primo paragrafo dell'art. 171, che non è stato modificato dal Trattato di Maastricht, impone allo Stato membro dichiarato inadempiente al Trattato da una sentenza della Corte di giustizia di prendere i provvedimenti che l'esecuzione di detta sentenza comporta.
45 Come ho già rilevato, la sentenza della Corte 7 aprile 1992 addebitava alla Repubblica ellenica un'infrazione multipla di determinati obblighi impostile dall'ordinamento comunitario, ai sensi dell'art. 189, terzo comma, del Trattato (divenuto art. 249 CE, terzo comma), in materia di smaltimento dei rifiuti, ossia:
- inadempimento dell'obbligo impostole dall'art. 4 della direttiva 75/442: smaltimento dei rifiuti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente;
- inadempimento dell'obbligo impostole dall'art. 6 della stessa direttiva 75/442: elaborazione di un piano per lo smaltimento dei rifiuti;
- inadempimento dell'obbligo impostole dall'art. 5 della direttiva 78/319: smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente;
- inadempimento dell'obbligo impostole dall'art. 12 della direttiva 78/319: elaborazione e aggiornamento di programmi per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi.
46 Ritengo che tali obblighi siano «divisibili», nel senso che, in una certa misura, ciascuno di essi può essere adempiuto indipendentemente dagli altri e che, nonostante l'ottica globale adottata dalla Commissione nel presente ricorso, una buona amministrazione della giustizia esige ch'essi vengano considerati separatamente. Come spiegherò più avanti, tale chiave interpretativa deve consentire alla Corte di variare la sanzione da infliggere in funzione dell'adempimento o dell'inadempimento di ciascuno dei suddetti obblighi, considerati individualmente.
47 Passo quindi ad analizzare l'adempimento di ciascuno degli obblighi in questione, per poi valutare l'importo della penalità da comminare allo Stato convenuto in relazione a ciascuno di essi. Prima, però, occorre ch'io esamini le due questioni preliminari, vale a dire la questione relativa alla vigenza degli obblighi il cui inadempimento integra la presunta infrazione, e la questione della determinazione della durata dell'ottemperanza o dell'inosservanza cui si riferisce la sentenza di inadempimento.
a) Sulla vigenza degli obblighi derivanti dalle direttive 75/442 e 78/319
48 Sebbene tale questione non sia stata sollevata da nessuna delle parti, ritengo utile dedicarle qualche considerazione. Occorre verificare se gli obblighi stabiliti dalle due direttive sui rifiuti siano ancora in vigore esattamente come lo erano al momento della pronuncia della sentenza di inadempimento o se, al contrario, siano stati modificati, o addirittura abrogati, da norme successive. In quest'ultimo caso, non esistendo gli obblighi iniziali, è probabile che il procedimento di cui all'art. 171 sia rimasto privo di oggetto, posto che con esso si tenta di indurre all'adempimento di un obbligo esistente.
49 Orbene, risulta che gli artt. 4 e 6 della direttiva 75/442 sono stati modificati dalla direttiva 18 marzo 1991, 91/156/CEE (15), mentre alla direttiva 78/319 sono state apportate deroghe mediante la direttiva 12 dicembre 1991, 91/689/CEE (16). Entrambe le direttive concedevano agli Stati membri un termine di due anni per mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi ad esse.
50 Rammento (v. supra, paragrafi 2-10) che le direttive 75/442 e 78/319 prescrivevano obblighi analoghi quanto allo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti tossici e nocivi ed all'elaborazione dei relativi piani o programmi. L'attuale situazione giuridica è la seguente.
51 Quanto ai rifiuti cosiddetti «solidi», l'art. 4 della direttiva 91/156 stabilisce:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano ricuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e in particolare:
- senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la fauna e la flora;
- senza causare inconvenienti da rumori od odori; - senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse.
Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per vietare l'abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti».
Dal canto suo, l'art. 7 della direttiva 91/156, che ha sostituito l'art. 6 della direttiva 75/442, dispone:
«1. Per realizzare gli obiettivi previsti negli articoli 3, 4 e 5 la o le autorità competenti di cui all'articolo 6 devono elaborare quanto prima uno o più piani di gestione dei rifiuti, che contemplino fra l'altro:
- tipo, quantità e origine dei rifiuti da ricuperare o da smaltire;
- requisiti tecnici generali;
- tutte le disposizioni speciali per rifiuti di tipo particolare;
- i luoghi o impianti adatti per lo smaltimento.
Tali piani potranno riguardare ad esempio:
- le persone fisiche o giuridiche abilitate a procedere alla gestione dei rifiuti,
- la stima dei costi delle operazioni di ricupero e di smaltimento,
- le misure atte ad incoraggiare la razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento dei rifiuti.
2. Eventualmente, gli Stati membri collaborano con gli altri Stati membri interessati e la Commissione per l'elaborazione dei piani. Essi li trasmettono alla Commissione.
3. Gli Stati membri hanno la facoltà di prendere i provvedimenti necessari per impedire movimenti di rifiuti non conformi con i loro piani di gestione dei rifiuti. Tali provvedimenti devono essere comunicati alla Commissione e agli Stati membri».
52 In definitiva, per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti solidi, le modifiche apportate dalla nuova normativa comunitaria non incidono sugli obblighi il cui inadempimento ha costituito oggetto della sentenza della Corte 7 aprile 1992.
53 Riguardo ai rifiuti tossici e nocivi («rifiuti pericolosi», secondo la nuova terminologia), la direttiva 91/689 rinvia in via suppletiva alla direttiva 75/442 (come modificata), mentre introduce «norme supplementari e più severe che tengano conto della natura speciale di questi rifiuti» (17). Se ne deve dedurre che gli obblighi attualmente vigenti in relazione allo smaltimento dei rifiuti pericolosi hanno almeno la stessa portata di quelli vigenti nell'aprile del 1992.
54 In conclusione, se è vero che gli obblighi oggetto della sentenza 7 aprile 1992 hanno subito alcune modifiche formali, gli stessi continuano però a sussistere nella sostanza, e con essi la necessità che tutti gli Stati membri adottino i provvedimenti necessari per conformarvisi.
b) Sul momento cui dev'essere riferita la sentenza della Corte di giustizia
55 La sentenza che la Corte deve pronunciare nell'ambito del procedimento di cui all'art. 171, n. 2, comporta necessariamente, insieme all'eventuale condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria, una pronuncia relativa all'adempimento da parte dello Stato membro convenuto degli obblighi impostigli dalla precedente sentenza, pronunciata in forza dell'art. 169 del Trattato (divenuto art. 226 CE).
56 Detta pronuncia dovrà riguardare un momento determinato nel tempo. Tale questione risulta di particolare importanza se si tiene conto del tempo durante il quale gli Stati membri hanno avuto la possibilità di conformarsi, in tutto o in parte, alla prima sentenza della Corte e dell'incidenza di tale fattore sul calcolo della sanzione economica da comminare o sulla necessità stessa di tale sanzione.
57 Qual è il momento più appropriato? Dinanzi al silenzio del Trattato ed alle analogie esistenti tra il procedimento di cui all'art. 171, n. 2, ed il ricorso per inadempimento di cui all'art. 169, si potrebbe rispondere che sia l'azione della stessa Commissione che la sentenza della Corte devono fare riferimento alla data limite fissata allo Stato membro dalla Commissione nel suo parere motivato. Infatti, è questo il momento il cui la Corte ritiene costituita la litis, per così dire, nei ricorsi per inosservanza del Trattato (18). Così, anche qualora l'inosservanza sia stata sanata a posteriori, vi è interesse alla prosecuzione del giudizio onde stabilire il fondamento dell'eventuale responsabilità di uno Stato membro, in conseguenza dell'inadempimento, nei confronti di altri Stati membri, della Comunità o di privati (19).
58 Non credo che tale ragionamento valga anche nel presente procedimento. Nella specie, l'obiettivo - come ho già rilevato -, non è una nuova dichiarazione di inadempimento, bensì è indurre lo Stato membro renitente a conformarsi ad una sentenza d'infrazione. D'altro canto, è altrettanto indubbio che la Corte possa svolgere la sua funzione giurisdizionale soltanto in relazione ad una situazione cristallizzata in un determinato momento. Per tale motivo, ritengo che il termine ultimo da concedere allo Stato convenuto affinché presenti osservazioni in merito al grado di adempimento raggiunto, e alla Commissione affinché presenti osservazioni circa l'importo e le modalità della sanzione pecuniaria da infliggere, debba essere quello dell'udienza pubblica o, in mancanza di questa, la chiusura della fase scritta. In altre parole, il termine ultimo deve coincidere con il momento processuale a partire dal quale inizia la funzione giurisdizionale della Corte, ossia il momento della presentazione delle conclusioni da parte dell'avvocato generale e della pronuncia della sentenza da parte della Sezione. A sostegno di questa tesi può farsi valere anche il fatto che tra il termine finale per conformarsi al parere motivato e, quanto meno, la presentazione del ricorso può trascorrere un periodo di tempo notevole (oltre due anni, nella fattispecie), durante il quale la situazione, in fatto e in diritto, può mutare notevolmente.
59 In ogni caso, l'analisi che segue è fondata sull'insieme degli argomenti formulati dalle parti sino all'udienza compresa.
c) Sull'adempimento dell'obbligo di smaltire i rifiuti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente (art. 4 della direttiva 75/442)
60 Per quanto riguarda l'obbligo di smaltire i rifiuti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente, occorre svolgere un'osservazione preliminare relativa alla sua sfera di applicazione. Tale osservazione vale anche per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi, che analizzerò in seguito.
61 Secondo il governo greco, la sentenza 7 aprile 1992 gli impone l'adempimento di quattro obblighi tra loro distinti, ma che, in base alla loro natura, possono essere riuniti in due gruppi: da un lato, gli obblighi relativi allo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti tossici e nocivi senza pericolo per la salute dell'uomo e per l'ambiente e, dall'altro, quelli relativi all'elaborazione di piani e programmi di smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti tossici e nocivi. Mentre i primi potrebbero essere considerati come norme di diritto «sostanziale», i secondi rivestirebbero carattere «processuale» o di pianificazione politica. Pertanto, l'applicazione delle disposizioni relative ai provvedimenti per lo smaltimento non presupporrebbe l'applicazione delle norme sulla predisposizione e trasmissione dei piani e programmi, né, viceversa, l'applicazione delle disposizioni relative ai piani e programmi presupporrebbe l'osservanza delle norme sull'adozione di provvedimenti per lo smaltimento.
Per contro, la Commissione ritiene che un corretto smaltimento dei rifiuti implichi necessariamente il deposito o l'eliminazione di questi ultimi conformemente ad un piano.
62 Condivido l'interpretazione della Commissione: sarebbe del tutto assurdo che uno Stato membro potesse considerare di essersi conformato alle direttive avendo elaborato, da un lato, piani di smaltimento dei rifiuti e, dall'altro, smaltendo questi ultimi senza pericolo per la salute dell'uomo e per l'ambiente, ma non in conformità dei suddetti piani.
63 Ritengo, pertanto, che l'obbligo degli Stati membri di prendere provvedimenti per garantire che i rifiuti vengano smaltiti senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo né per la fauna e la flora, senza causare inconvenienti da rumori od odori e senza danneggiare la natura e il paesaggio, al fine di tutelare la salute dell'uomo e l'ambiente (art. 4 della direttiva 75/442), implichi necessariamente l'obbligo di subordinare detti provvedimenti al piano di smaltimento previsto dalla stessa direttiva.
64 In relazione all'inadempimento, il governo greco dichiara in sua difesa che la quantità di rifiuti solidi depositati nel burrone del Kouroupitos si è ridotta in misura significativa. Tale diminuzione è stata resa possibile dallo scavo e dall'ampliamento di quattro aree per l'interramento dei rifiuti (nei comuni di Sfakia, Kalyves, Selino e Kissamo) e dall'adozione di un sistema di separazione e riciclaggio della carta. Inoltre, è stato avviato un programma sperimentale per la raccolta dell'alluminio e sono stati elaborati piani per l'installazione di un centro regionale di riciclaggio. Uno studio condotto dal Politecnico di Creta rileva una bassissima presenza di sostanze tossiche (diossine e furani) nella zona del Kouroupitos e in un raggio di due chilometri.
65 Ritengo, d'accordo con la Commissione, che l'insieme dei provvedimenti adottati dalle autorità elleniche costituisca soltanto un'ottemperanza parziale e frammentaria della disposizione di cui all'art. 4 della direttiva 75/442.
66 Come ammette lo stesso governo greco, lo scarico di rifiuti solidi continua nella zona del Kouroupitos. Perdurano quindi l'«inquinamento del mare, in particolare (...) quando il torrente Kouroupitos straripa», i «rischi di incendi dovuti a incenerimenti selvaggi», la «proliferazione di roditori e di insetti di ogni tipo», gli «odori fetidi», la «degradazione di un sito di "bellezza eccezionale", unico lido della regione rocciosa di Akrotiri» (20). Come ha rilevato la Commissione, dello stesso studio tecnico addotto dal governo greco (21) può essere citato il seguente passaggio:
«(...) nella zona del Kouroupitos sono state rilevate elevate concentrazioni di sostanze tossiche, come idrocarburi aromatici policiclici, policlorobifenili, policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani e metalli pesanti. L'inquinamento causato da queste sostanze pericolose è notevole nella zona del Kouroupitos e diminuisce con l'aumentare della distanza».
Infine, il governo greco non ha dimostrato che i provvedimenti sinora adottati rispondano ad un piano di smaltimento dei rifiuti solidi della regione.
67 Il governo greco sottolinea le difficoltà di varia natura che occorre superare per poter individuare un'area adeguata all'interramento dei rifiuti atta a sostituire la discarica del Kouroupitos. Tra esse menziona l'esistenza di una vasta falda freatica, la proliferazione di nuclei abitati isolati e l'abbondanza di siti archeologici e di bellezze naturali ed architettoniche. Elenca poi i vari studi occorsi per l'individuazione della località denominata Strongylo Kefali.
68 Le precisazioni del governo greco riguardano attività che, nel migliore dei casi, costituiscono una fase preliminare dell'adempimento degli obblighi impostigli dall'art. 4 della direttiva 75/442 e, per la loro propria natura, non possono essere equiparate ad un adempimento.
69 Per tali motivi, ritengo si debba dichiarare che la Repubblica ellenica ha violato l'art. 171, n. 1, in quanto non si è conformata alla sentenza 7 aprile 1992 per quanto attiene agli obblighi derivanti dall'art. 4 della direttiva 75/442.
d) Sull'adempimento dell'obbligo di elaborare un piano per lo smaltimento dei rifiuti (art. 6 della direttiva 75/442)
70 La Commissione sostiene che la Grecia non ha adempiuto l'obbligo di elaborare un piano per lo smaltimento dei rifiuti solidi per la regione di La Canea.
71 Il governo greco afferma che il 27 ottobre 1997 sono state adottate le risoluzioni ministeriali nn. 114218 e 113944 relative alla definizione di un quadro complessivo per i progetti e i programmi di smaltimento dei rifiuti solidi ed al piano nazionale di smaltimento dei rifiuti solidi (22). Il 25 novembre 1997 è stato approvato il piano di smaltimento dei rifiuti del dipartimento di La Canea che, secondo il governo greco, è applicabile sia ai rifiuti solidi che a quelli tossici e nocivi. Detto piano di smaltimento comprende tutti i piani e programmi d'intervento adottati singolarmente sino a quel momento.
72 Secondo la Commissione, il documento del 25 novembre 1997 non costituisce un piano nel senso inteso dall'art. 6 della direttiva 75/442 o dall'art. 12 della direttiva 78/319, bensì uno studio preventivo per detto piano. Più che risoluzioni sullo smaltimento dei rifiuti, esso contiene una serie di proposte per ciascuna delle unità territoriali nelle quali è suddiviso il dipartimento.
73 Dal canto mio, senza dover procedere ad un'analisi esaustiva del documento, mi limito a rinviare al suo preambolo e al suo stesso testo (pagg. 14 e 15 del primo volume). Vi si riconosce, come ha sottolineato la Commissione, che si tratta di uno studio preliminare e che «per completarlo, sarà necessario valutare tutti i dati in esso contenuti».
74 In tali circostanze, non si può sostenere che il documento del 25 novembre 1997 sia, per quanto riguarda i rifiuti solidi, sufficientemente preciso quanto ai tipi e ai quantitativi di rifiuti da smaltire, ai requisiti tecnici generali, ai luoghi adatti al loro trattamento, smaltimento o deposito, o ad altre disposizioni speciali per poter essere considerato un piano nel senso inteso dall'art. 6 della direttiva 75/442. Quanto ai rifiuti tossici e nocivi, detto documento non contiene neppure precisazioni in merito ai tipi e ai quantitativi dei rifiuti da smaltire, ai metodi di smaltimento, ai centri specializzati per il trattamento o ai luoghi di deposito adeguati, e non può costituire ottemperanza a quanto disposto dall'art. 12 della direttiva 78/319.
e) Sull'adempimento dell'obbligo di smaltire i rifiuti tossici e nocivi senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente (art. 5 della direttiva 78/319)
75 Secondo il governo greco, dal 1996 nel burrone del Kouroupitos non vengono più depositati rifiuti tossici o nocivi, i quali vengono affidati ad un'impresa privata che li trasporta all'estero ai fini dello smaltimento. Lo stesso accade per i rifiuti ospedalieri, che vengono raccolti da un automezzo speciale e conservati in vano frigorifero sino al loro incenerimento pirolitico. Per quanto riguarda i sedimenti di depositi di idrocarburi, il governo greco assicura ch'essi vengono depositati in luogo adeguato sino alla spedizione all'estero. L'amministrazione dipartimentale si occupa del trasporto degli oli minerali usati verso un impianto di rigenerazione, mentre le autocisterne non depositano più nel Kouroupitos il contenuto delle fosse biologiche, in quanto a La Canea è stato installato un sistema di depurazione biologica.
In conclusione, sempre secondo il governo greco, lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi nella regione di La Canea viene effettuato in modo perfettamente conforme alla direttiva 78/319, giacché sono stati adottati i provvedimenti necessari per tutelare la salute umana e l'ambiente.
76 La Commissione sostiene che i provvedimenti adottati dalla Grecia sono frammentari e di effetto limitato nel tempo. Infatti, nulla prova che in futuro tutti i rifiuti pericolosi della regione continueranno ad essere trasportati all'estero. Né il governo greco produce la prova che tutti i rifiuti ospedalieri vengano inviati all'inceneritore pirolitico. Infine, i provvedimenti adottati non rispondono ad un piano o programma globale per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi.
77 Ritengo che, nell'ambito di un ricorso in forza dell'art. 171, spetti allo Stato membro convenuto provare di aver adeguatamente ottemperato alla sentenza che constata la violazione del Trattato. L'attività della Commissione può, in tal caso, limitarsi a evidenziare gli obblighi di cui non si sia pienamente dimostrato l'adempimento. Ciò vale a fortiori quando, come nella specie, la normativa comunitaria impone allo Stato membro di comunicare alla Commissione i provvedimenti adottati. Per tale motivo, occorre constatare l'inadempimento. Infatti, «azioni materiali parziali o normative frammentarie non possono soddisfare l'obbligo, incombente ad uno Stato membro, di elaborare (...) un programma globale per raggiungere taluni obiettivi» (23).
78 In ogni caso, non è stato dimostrato che i provvedimenti adottati dalle autorità elleniche rispondano ad un piano organico e stabile di smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi conformemente all'art. 12 della direttiva 78/319. Come ho già rilevato (v. supra, paragrafo 62), l'obbligo di smaltire i rifiuti in ossequio alle direttive 75/442 e 78/319 implica la subordinazione di tale smaltimento ai piani e programmi ivi prescritti.
79 Per tali motivi, devo concludere che la Repubblica ellenica non ha adempiuto completamente l'obbligo di smaltire i rifiuti tossici e nocivi della regione di La Canea conformemente all'art. 5 della direttiva 78/319.
f) Sull'adempimento dell'obbligo di elaborare e tenere aggiornati programmi per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi (art. 12 della direttiva 78/319)
80 In relazione all'obbligo di elaborare un programma di smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi per la regione di La Canea, il governo greco ha sostenuto che il documento 25 novembre 1997 (v. supra, paragrafo 71) ha per oggetto la pianificazione dello smaltimento sia dei residui solidi che di quelli tossici e nocivi.
Per l'analisi di tale questione mi richiamo, pertanto, al capo dell'analisi concernente l'osservanza della sentenza 7 aprile 1992 in relazione all'art. 6 della direttiva 75/442.
C - Sull'applicazione dell'art. 171, n. 2, del Trattato
81 La questione principale che occorre risolvere nella fattispecie è quella relativa alla determinazione della penalità o della somma forfettaria da infliggere allo Stato membro convenuto. Poiché è la prima volta che la Corte viene chiamata a conoscere di tale questione, occorre anzitutto analizzare il problema dei limiti temporali relativi all'inflizione di sanzioni e le funzioni che nell'ambito del presente procedimento spettano rispettivamente alla Commissione e alla Corte. Come ho già rilevato, tali questioni sono intimamente connesse alla natura giuridica attribuita all'istituto in questione.
a) Sulla retroattività del disposto dell'art. 171, n. 2
82 Come ho già osservato, il governo greco ritiene contraria al diritto l'applicazione retroattiva della procedura prevista dall'art. 171, n. 2. Secondo detto governo, tenendo conto del fatto che il procedimento amministrativo preliminare è cominciato l'11 ottobre 1993 (v. supra, paragrafo 16), vale a dire, prima dell'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, e che il nuovo testo dell'art. 171 prevede l'irrogazione di gravi sanzioni economiche, si tratterebbe di un caso di applicazione retroattiva di una norma più sfavorevole, in violazione del principio generale «nulla poena sine lege», sancito dalla Corte di giustizia nella sentenza 3 marzo 1982, Alpha Steel/Commissione (24).
83 La causa Apha Steel, invocata dalla convenuta, pare piuttosto corroborare l'argomentazione da me proposta. Indubbiamente, nella suddetta controversia la Corte ha ammesso, ancorché indirettamente, l'esistenza in diritto comunitario del principio generale «nulla poena sine lege». Tuttavia, alla Corte interessava sostanzialmente chiarire che non tutte le disposizioni che impongono un onere ad un privato costituiscono una sanzione. In detta causa erano in esame alcune disposizioni della decisione generale della Commissione 31 ottobre 1980, 2794/80/CECA (25) , con la quale era stato istituito un regime di quote nella produzione dell'acciaio. Dette disposizioni favorivano le imprese rispondenti a determinati requisiti, escludendo al contempo da tali benefici - e, comparativamente, danneggiando - le altre imprese. La Corte di giustizia ha correttamente dichiarato che dette disposizioni non costituivano affatto una sanzione nei confronti delle imprese che non presentavano i requisiti prescritti, e non si poteva quindi ritenere ch'esse trasgredissero il principio «nulla poena sine lege».
84 In altre parole, solo i provvedimenti che possono propriamente classificarsi come sanzioni danno adito alla speciale protezione garantita in diritto penale, e non già tutte le disposizioni che abbiano conseguenze finanziarie sfavorevoli per un determinato soggetto. Nella causa Alpha Steel/Commissione il pregiudizio economico era determinato dalla concessione di condizioni migliori alle imprese concorrenti nell'ambito di un piano di incentivi industriali. Nella specie, il pregiudizio economico che da ultimo può derivare allo Stato membro convenuto dev'essere inteso come un'intimazione a conformarsi all'ordinamento giuridico comunitario, non come una pena o un castigo.
85 In definitiva, trattandosi di un nuovo provvedimento destinato a favorire l'esecuzione delle sentenze d'infrazione pronunciate dalla Corte di giustizia, ai fini della realizzazione dell'ordinamento comunitario, l'irrogazione delle sanzioni previste dall'art. 171 non è soggetta al divieto di retroattività della legge penale. I provvedimenti coercitivi vanno considerati come strumenti procedurali accessori alla prima sentenza che ha constatato l'infrazione, e non come norme di natura penale o ad esse equiparabili.
b) Sulle funzioni della Commissione e della Corte di giustizia nell'ambito del procedimento di cui all'art. 171, n. 2,
86 L'art. 171, n. 2, si limita molto succintamente a disporre che, esaurito il corrispondente procedimento amministrativo (26), la Commissione può adire la Corte e precisare l'importo che considera adeguato alle circostanze, mentre la Corte può «comminare» il pagamento della sanzione qualora ritenga che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sua sentenza. Il legislatore non ha detto nulla di più. Il delicato compito di individuare i criteri di calcolo delle penalità viene delegato in toto alla Corte, con la collaborazione della Commissione, cui spetta una prima stima. Non metto in dubbio la gravità delle difficoltà politiche che hanno impedito ai firmatari del Trattato di Maastricht di trovare una soluzione più soddisfacente, né difendo l'ingenua tesi secondo cui la funzione giurisdizionale è circoscritta all'applicazione di norme giuridiche preesistenti al caso concreto. Tuttavia, desidero manifestare l'inquietudine che suscita in me vedere che viene lasciato all'organo che dirime i conflitti nell'Unione il compito di configurare un regime che, in definitiva, deve supplire all'inefficacia di altri strumenti, essenzialmente politici, per indurre gli Stati membri al rispetto dell'ordinamento giuridico comunitario.
Detto questo, passo ad esaminare il regime di determinazione delle penalità di cui all'art. 171, n. 2, e, in particolare, le rispettive competenze della Commissione e della Corte.
87 A norma della suddetta disposizione, la Commissione precisa quindi l'importo che considera adeguato alle circostanze e la Corte, se del caso, qualora constati l'inadempimento, infligge una sanzione. Dunque, il testo di tale paragrafo non stabilisce alcun nesso tra la facoltà della Commissione di precisare e quella della Corte di «comminare». Tuttavia, non ritengo che si tratti di facoltà del tutto autonome, e cioè che la Corte possa liberamente discostarsi dalla proposta della Commissione quanto al tipo di sanzione e all'importo. Ciò per i seguenti quattro motivi.
88 In primo luogo, perché, se così fosse, cioè se la Corte fosse totalmente libera di irrogare o meno, d'ufficio, una sanzione pecuniaria e di determinarne l'importo, la funzione della Commissione, una volta proposto il ricorso, si ridurrebbe a quella di un amicus curiae che proporrebbe una soluzione sulla base delle proprie conoscenze ed opinioni. Questa medesima facoltà spetta, in ogni caso, agli altri eventuali intervenienti, ossia agli Stati membri e alle altre istituzioni. A mio parere, se il Trattato dispone che, una volta proposto il ricorso in forza dell'art. 171, la Commissione deve precisare le modalità di calcolo e l'importo della sanzione che ritiene adeguata, evidentemente mira a qualcosa di più del semplice obbligo della Commissione di chiarire alla Corte un punto essenziale del procedimento. Dato lo specifico riferimento contenuto nel Trattato, la proposta della Commissione dev'essere dotata di forza giuridica superiore rispetto a quella riconosciuta alle deduzioni od osservazioni delle parti.
89 Il secondo motivo attiene alla natura stessa del procedimento di cui all'art. 171, n. 2. Come ho già rilevato, lo scopo di tale procedimento non è punire lo Stato membro per il suo inadempimento, bensì indurlo ad ottemperare. La Commissione fruisce a tale scopo della più ampia discrezionalità, nel senso che non le è imposto alcun obbligo di reagire dinanzi ad un'infrazione dell'art. 171, n. 1. Ciò in quanto, al momento di decidere se adire o meno la Corte, la Commissione deve tenere conto anche di fattori di opportunità politica, e non soltanto di considerazioni di natura giuridica. Orbene, nemmeno l'irrogazione e la quantificazione di una penalità possono prescindere da valutazioni di opportunità politica. In quest'ottica, sarebbe contrario all'economia dell'art. 171 che la Commissione fosse da un lato promotrice del procedimento - posto che solo ad essa compete la decisione di avviarlo ed il potere di interromperlo mediante rinuncia - e che, al contempo, la sua proposta relativa alla sanzione non costituisse nulla più che un semplice suggerimento, senza alcuna incidenza sulla decisione che la Corte adotterà a tempo debito.
90 Il terzo motivo non è altro che una conseguenza del secondo. Il legislatore comunitario non ha inteso configurare un regime rigido nel quale a ciascun tipo di inadempimento corrisponda una determinata sanzione. Poiché non è così, la decisione relativa all'inflizione ed all'entità della sanzione comporta necessariamente, sia pure in parte, una scelta di tipo politico. La Commissione sembra aver deciso di effettuare detta scelta, per quanto riguarda la determinazione dell'importo, mediante il ricorso ad un criterio basato sulla «gravità dell'inadempimento». Orbene, qualora si accogliesse la tesi secondo cui l'irrogazione e la quantificazione della penalità spettano esclusivamente alla Corte, sentita la Commissione, si delegherebbe a tale organo giurisdizionale la valutazione di elementi di opportunità politica, con grave pregiudizio della ripartizione delle competenze tra le istituzioni dell'Unione. Che diritto ha la Corte di decidere che l'infrazione reiterata delle disposizioni delle direttive sui rifiuti, oggetto del presente procedimento, è più o meno grave di quella delle disposizioni della direttiva 89/48/CEE, relativa al riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore (27), e in che misura? (28).
91 Il quarto motivo è di natura meramente processuale, ma non per questo è meno importante. Se la Corte godesse di assoluta libertà ai fini dell'inflizione e della determinazione della sanzione che ritiene adeguata, senza dover tenere conto della proposta della Commissione - che costituirà ovviamente l'oggetto del contraddittorio -, quid dei diritti della difesa?
92 Dall'altro lato, è altrettanto indubbio che l'art. 171 non vincola la Corte alla proposta della Commissione. Dunque, quali sono i limiti del potere della Corte? Per rispondere a questa domanda, occorre anzitutto analizzare il contenuto della proposta della Commissione.
93 Sembra logico che, nella sua proposta, la Commissione debba pronunciarsi su a) l'opportunità o meno di comminare una sanzione (29), b) il tipo di sanzione che sia opportuno infliggere (somma forfettaria o penalità) e c) l'importo che ritiene adeguato alle circostanze. In relazione a quest'ultimo elemento, la Commissione deve illustrare adeguatamente i motivi per i quali ritiene che la sanzione proposta sia adeguata alle circostanze del caso.
94 A mio parere, poiché ogni scelta della Commissione comporta inevitabilmente una valutazione di opportunità, l'esame spettante alla Corte non deve travalicare il limite ch'essa incontra in relazione ad atti di autorità comunitarie adottati in base a valutazioni complesse.
In tali ipotesi, la giurisprudenza della Corte riconosce all'autorità comunitaria un ampio potere discrezionale il cui esercizio è soggetto ad un sindacato giurisdizionale limitato, il che implica che il giudice comunitario non può sostituire la valutazione degli elementi di fatto operata da detta autorità con la propria. In tali casi, il giudice comunitario si limita ad esaminare i dati di fatto e le conseguenze giuridiche che l'autorità comunitaria ne ha tratto e, in particolare, se detta autorità non sia incorsa in un errore manifesto o in uno sviamento di potere, o abbia oltrepassato i limiti del suo potere discrezionale (30).
95 Orbene, nella specie occorre rilevare che, per sua natura, lo stesso esercizio del potere discrezionale presupposto dalle tre indicazioni menzionate al paragrafo 93 implica un controllo limitato da parte del giudice comunitario. Pertanto, la Corte deve prestare attenzione a non sostituire la propria valutazione a quella della Commissione, per evitare di sovvertire l'essenza della funzione giurisdizionale ch'essa svolge. Deve quindi accertare i fatti e verificare che la proposta di sanzione non sia inficiata da un errore manifesto. Essendo assai improbabile che la mera indicazione di una sanzione e dell'importo corrispondente possa comportare un'infrazione per sviamento di potere, seppure intesa in senso strettamente oggettivo, o che implichi un manifesto travalicamento dei limiti del potere discrezionale della Commissione, il sindacato giurisdizionale di una proposta di sanzione di questa natura avrà piuttosto per oggetto il rispetto dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento (31).
96 Secondo giurisprudenza costante, per stabilire se una disposizione di diritto comunitario sia conforme al principio di proporzionalità occorre verificare se i mezzi da essa contemplati siano idonei a conseguire lo scopo perseguito e non eccedano quanto è necessario per raggiungere detto scopo (32). Nel procedimento di cui all'art. 171, n. 2, la Corte deve accertare se, nell'ambito dell'ampio margine di discrezionalità implicito in qualunque valutazione di opportunità, la proposta della Commissione sia idonea e non sproporzionata rispetto all'obiettivo che deve perseguire, che altro non è se non riuscire ad indurre lo Stato membro in questione a dare esecuzione alla sentenza con la quale è stata accertata l'infrazione del Trattato di cui trattasi.
97 Sempre secondo la giurisprudenza della Corte, il divieto di discriminazione impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo che una differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata (33). Nella specie, la Corte dovrà evitare che a situazioni di inadempimento in linea di principio analoghe vengano applicate sanzioni diverse, salvo che la Commissione non motivi debitamente tale differenza.
98 Tale è, a mio avviso, il contesto in cui va condotto il sindacato giurisdizionale sulla proposta prevista dall'art. 171, n. 2: riconoscendo alla Commissione un ampio potere discrezionale per la valutazione di opportunità che la proposta inevitabilmente comporta, l'esame della Corte riveste carattere limitato e in nessun caso essa può sostituire la propria valutazione a quella contenuta nella proposta. Per la stessa natura della proposta, tale esame limitato avrà ad oggetto la presenza di un errore manifesto di valutazione ed il rispetto dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento.
99 Posso ora esprimere la mia opinione circa la proposta di sanzione formulata dalla Commissione.
c) Sulla proposta di sanzione formulata dalla Commissione
100 La Commissione, ai fini della trasparenza, ha pubblicato due Comunicazioni relative, rispettivamente, all'applicazione dell'art. 171 del Trattato CE ed al metodo di calcolo della penalità ivi prevista. Data la stessa natura del presente procedimento, non occorre formulare un giudizio di carattere generale circa la conformità al diritto dei criteri menzionati in questi due documenti, ma va piuttosto esaminato se, nella loro applicazione al caso concreto, siano stati rispettati i limiti che ho menzionato in precedenza. Ciò non significa, ovviamente, ch'io ritenga le suddette comunicazioni del tutto prive di valore giuridico. Al contrario, ritengo che esse vincolino sufficientemente l'istituzione che le ha emanate per imporle il divieto di «venire contra factum proprium», la cui inosservanza potrà, se del caso, essere invocata in giudizio in quanto possibile espressione del principio di non discriminazione (34). Inoltre, qualora la Commissione non si considerasse vincolata dalle sue stesse comunicazioni, la trasparenza non ne trarrebbe alcun vantaggio (35).
101 In relazione all'insieme degli obblighi derivanti dalla sentenza 7 aprile 1992, la proposta iniziale della Commissione conteneva le seguenti richieste:
a) che fosse irrogata una sanzione alla Repubblica ellenica;
b) che detta sanzione assumesse la forma di una penalità;
c) che l'importo di detta penalità fosse pari a 24 600 euro per giorno di ritardo a partire dalla data della sentenza e sino a che lo Stato convenuto non si fosse totalmente conformato alla sentenza che ha constatato l'inadempimento.
Quest'ultimo importo risulta dalla moltiplicazione della somma forfettaria di base (500 euro) per i coefficienti di gravità (6) e di durata (2) scelti, e, infine, per il coefficiente denominato «capacità di pagamento» dello Stato convenuto (4,1) (36).
102 La Corte ha invitato per iscritto la Commissione a considerare l'ipotesi che ciascuna delle infrazioni addebitate alla Repubblica ellenica avesse carattere autonomo e ad indicare, per ciascuna di esse, i corrispondenti coefficienti di gravità e di durata.
103 Nella sua risposta, la Commissione ha indicato e giustificato i seguenti coefficienti di gravità:
- coefficiente 4 per l'infrazione dell'art. 4 della direttiva 75/442;
- coefficiente 2 per l'infrazione dell'art. 6 della direttiva 75/442;
- coefficiente 1 per l'infrazione dell'art. 5 della direttiva 78/319;
- coefficiente 1 per l'infrazione dell'art. 12 della direttiva 78/319.
La Commissione ha applicato a tutte le infrazioni lo stesso coefficiente di durata, cioè 2.
L'applicazione di ciascuno dei suddetti coefficienti all'importo di base (500) moltiplicato per il coefficiente di «capacità di pagamento» (4,1) dà un totale di 32 800 euro (37) giornalieri per l'insieme delle infrazioni, del pari dovuti, per ciascuno degli obblighi, a partire dalla pronuncia della sentenza che dirima la controversia e sino all'adempimento di ognuno di essi, autonomamente considerati.
104 Ammetto di nutrire una certa perplessità dinanzi al punto di vista adottato dalla Commissione. Non condivido la sua affermazione di principio, secondo cui l'indicazione di un coefficiente di gravità e di durata per ciascuna delle disposizioni violate dà come risultato un importo totale superiore a quello che risulta applicabile per l'insieme delle infrazioni, considerate globalmente. La Commissione non ha dedotto alcun motivo per giustificare tale differenza di risultati.
Ritengo, invece, che quando l'esecuzione di una sentenza che constata un inadempimento comporti l'osservanza di obblighi diversi che possono essere eseguiti separatamente, non solo è possibile, ma è anche auspicabile che la proposta della Commissione e la decisione della Corte precisino la rilevanza di ciascuno dei suddetti obblighi ai fini del calcolo della sanzione. Ciò è perfettamente conforme all'obiettivo del procedimento per l'irrogazione di una sanzione, che non è altro - ripeto - che quello di indurre lo Stato membro renitente a conformarsi all'ordinamento giuridico comunitario. Orbene, la possibilità di adempimento parziale o graduale e la corrispondente diminuzione della sanzione si inquadrano bene in tale obiettivo. Inoltre, soltanto un'indicazione che tenga conto di ciascun obbligo separatamente dagli altri consentirà alla Corte di graduare la sanzione proposta in funzione degli obblighi di cui sia stato accertato l'inadempimento nel corso del procedimento giudiziario. Infine, l'esame individuale degli obblighi avvicina il presente procedimento ad uno strumento per l'esecuzione delle sentenze, e, al contempo, lo allontana da quella che può essere considerata una valutazione di carattere politico in merito al comportamento di uno Stato membro nell'ambito di un determinato settore del diritto comunitario.
105 Ritengo, pertanto, che sia preferibile il metodo consistente nel valutare singolarmente l'adempimento di ciascuno degli obblighi derivanti dalla sentenza che ha constatato l'infrazione, in quanto essi presentano sufficiente autonomia per poter formare oggetto di adempimento separato.
106 Come ho già rilevato, ritengo che gli obblighi relativi all'elaborazione di piani e programmi, di cui agli artt. 6 della direttiva 75/442 e 12 della direttiva 78/319, siano perfettamente autonomi, nel senso che possono dare luogo ad esecuzioni indipendenti. Ciò non vale per gli obblighi derivanti dagli artt. 4 della direttiva 75/442 e 5 della direttiva 78/319. Infatti, gli obblighi degli Stati membri di adottare le misure necessarie per assicurare che i rifiuti, compresi quelli tossici e nocivi, siano smaltiti senza rischi per la salute dell'uomo e per l'ambiente comprendono l'obbligo di subordinare dette misure ad un piano o programma (v. supra, paragrafi 63 e 78).
107 La sentenza 7 aprile 1992, pertanto, può essere integralmente eseguita mediante l'adeguato smaltimento dei rifiuti, compresi quelli tossici e nocivi, in conformità dei corrispondenti piani o programmi, mentre la corretta elaborazione di detti piani o programmi - in quanto obblighi autonomi - costituirebbe un adempimento parziale.
108 Quanto alle modalità della sanzione e all'importo da considerare «adeguato alle circostanze», ribadisco che il punto di partenza dev'essere necessariamente costituito dalla proposta della Commissione, soggetta, a sua volta, al sindacato giurisdizionale limitato che ho menzionato in precedenza. Il problema sta nel fatto che, nella specie, la Commissione ha proposto due importi. In primo luogo, una penalità di 24 600 euro al giorno per l'infrazione, considerata globalmente, addebitata alla Grecia, e, in secondo luogo, un insieme di penalità per la violazione delle singole disposizioni, ammontante ad un totale di 32 800 euro al giorno.
109 Capisco che la Commissione abbia potuto preferire un'ottica globale e quindi abbia proposto una sanzione per l'insieme delle violazioni accertate nella sentenza della Corte. Non capisco tuttavia perché, nel caso in cui le infrazioni vengano considerate singolarmente, l'importo risultante dalla somma delle diverse sanzioni debba essere più elevato - persino molto più elevato - di quello che risulta adeguato in base al primo metodo. La Commissione, da parte sua, si limita - come ho già osservato - a formulare al riguardo una dichiarazione di principio (38). In tali circostanze, ritengo che la seconda proposta della Commissione costituisca, in realtà, una nuova valutazione che, essendo priva di giustificazione, va scartata, tenuto conto del principio di non arbitrarietà dell'azione amministrativa e della preferenza, tra due sanzioni adeguate, per quella che risulti meno sfavorevole (in applicazione della massima «in dubio, pro libertate»).
110 Occorre quindi esaminare la proposta della Commissione relativa all'inflizione di una penalità di 24 600 euro al giorno.
111 I criteri applicati dalla Commissione per il calcolo del suddetto importo sono i seguenti: gravità dell'infrazione, durata dell'inadempimento e fattore di «capacità di pagamento».
Nella scelta di tali criteri non riscontro alcun elemento che riveli un errore manifesto di valutazione o un'inosservanza dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento. Come ho già detto, non spetta al giudice comunitario pronunciarsi sull'opportunità di scegliere l'uno o l'altro criterio o su come detti criteri vadano applicati in concreto. Se così fosse, l'organo giudiziario sostituirebbe la propria valutazione a quella della Commissione.
Pertanto, è sufficiente che la Corte ritenga che i criteri che la Commissione intende applicare risultino, tra i tanti, adeguati allo scopo dell'art. 171, n. 2. A tale proposito, ritengo necessario formulare alcune precisazioni in merito all'«idoneità» del metodo scelto dalla Commissione, al di là di quanto affermato da quest'ultima nella sua seconda Comunicazione.
112 Se il fine ultimo del procedimento ex art. 171, n. 2,- lungi dal costituire la punizione di un illecito - è di attuare l'ordinamento giuridico comunitario, il suo obiettivo più immediato consiste nel vincere rapidamente la resistenza dello Stato membro renitente, esercitando una coazione indiretta mediante una sanzione pecuniaria (39). Detta coazione, per essere efficace, deve tenere conto delle possibilità economiche di ciascun Stato. Per tale motivo, risulta pienamente giustificato adeguare la sanzione in base ad un fattore di «capacità di pagamento» (40).
113 Più tenue pare il rapporto tra il grado d'intenzionalità riscontrabile nell'inadempimento dello Stato convenuto (41) ed i criteri di durata e gravità dell'infrazione scelti dalla Commissione. Nessuna delle due Comunicazioni della Commissione indica con chiarezza il motivo per il quale sono stati adottati tali parametri, che presentano spiccate analogie con altri parametri utilizzati in materia penale. Qualora rispondessero alla stessa giustificazione di questi ultimi, ritengo che dovrebbero essere dichiarati contrari alla logica dell'art. 171, n. 2. Infatti, la penalità «è diretta a piegare la resistenza opposta all'esecuzione, determinando l'adempimento del debitore (coazione indiretta o "astreinte")»; ciò non costituisce la finalità della sanzione, che consiste piuttosto (indipendentemente dai suoi fini generali) in una somma dovuta per un comportamento illecito già posto in essere» (42). Tuttavia, sono dell'avviso che sia possibile preservare la validità di tali criteri considerando che con essi si esprime non già la graduazione di una pena in funzione della gravità e della durata dell'illecito, bensì l'urgenza con la quale occorre, in ciascun caso, assicurare il rispetto dell'ordinamento comunitario. In altre parole, con l'aumento dell'importo della penalità in funzione della gravità e della durata dell'infrazione si manifesterebbe la precisa volontà che la rapidità dell'adempimento, direttamente proporzionata - presumibilmente - all'entità della penalità, sia superiore in caso di violazioni persistenti di importanti interessi comunitari che non nel caso di infrazioni di breve durata a norme sostanziali meno rilevanti. Visti in quest'ottica, mi sembra che i criteri di gravità e durata rispondano all'obiettivo dell'art. 171 di indurre ad un adempimento il più rapido possibile.
114 Per quanto riguarda l'applicazione dei predetti criteri al caso concreto, la Commissione ha applicato un coefficiente di 6 su 20 in relazione alla gravità, e di 2 su 3 in relazione alla durata. I motivi addotti dalla Commissione sono sufficienti e rientrano nel potere discrezionale che occorre riconoscerle; inoltre essi non contengono, in linea di principio, alcun errore manifesto, né risultano sproporzionati o discriminatori.
115 Pertanto concludo, provvisoriamente, nel senso che la proposta della Commissione di infliggere alla Repubblica ellenica una sanzione pecuniaria pari a 24 600 euro al giorno per indurla a conformarsi alla sentenza 7 aprile 1992 è adeguata alle circostanze, ai sensi dell'art. 171, n 2, CE.
116 Tuttavia, come ho già rilevato, sia nella proposta della Commissione sia nella sentenza della Corte, dev'essere preferito un criterio che consenta di considerare singolarmente l'esecuzione di ciascuno degli obblighi derivanti dalla sentenza che ha constatato l'infrazione, in quanto essi sono sufficientemente autonomi per formare oggetto di adempimento a sé stante.
117 Per coerenza con quest'ultima affermazione, dovrò esprimere il mio parere riguardo all'importanza relativa da attribuirsi a ciascuna infrazione. Pertanto, mi richiamerò, ancora una volta, al parere emanato dalla Commissione, cui spetta la valutazione di opportunità che inevitabilmente comporta tale giudizio. Nella sua proposta di sanzioni separate, la Commissione perviene ad un totale nel cui ambito le infrazioni delle diverse disposizioni presentano il seguente peso relativo:
- per la violazione dell'art. 4 della direttiva 75/442: 50%;
- per la violazione dell'art. 6 della direttiva 75/442: 25%;
- per la violazione dell'art. 5 della direttiva 78/319: 12,5%;
- per la violazione dell'art. 12 della direttiva 78/319: 12,5%.
Oppure, espressi in euro al giorno:
- per la violazione dell'art. 4 della direttiva 75/442: 12 300;
- per la violazione dell'art. 6 della direttiva 75/442: 6 150;
- per la violazione dell'art. 5 della direttiva 78/319: 3 075;
- per la violazione dell'art. 12 della direttiva 78/319: 3 075.
118 Ritengo, ancora, che i motivi addotti dalla Commissione per attribuire tale peso relativo a ciascuna infrazione rientrino nell'ampio potere discrezionale di cui essa dispone in questo contesto, salvo per quanto riguarda la violazione dell'art. 12 della direttiva 78/319. Secondo detto articolo, infatti, gli Stati membri elaborano e tengono aggiornati programmi per lo smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi. Da parte sua, come ho già rilevato, l'art. 5 della stessa direttiva impone l'obbligo di smaltire detti rifiuti conformemente ad un programma. Sotto questo profilo, l'adempimento dell'obbligo di cui all'art. 5 presuppone necessariamente l'osservanza dell'art. 12. Risulta contrario alle regole della logica attribuire la medesima rilevanza al tutto e alla parte. Occorre, pertanto, ridurre il peso relativo dell'infrazione dell'obbligo di elaborare programmi per lo smaltimento dei rifiuti tossici nella stessa proporzione che intercorre tra l'art. 4 e l'art. 6 della direttiva 75/442, vale a dire passando dall'unità alla metà. Nel caso dell'art. 12 della direttiva 78/319, si dovrà passare dal 12,50% al 6,25%. Se si vuole evitare una reformatio in pejus, tale riduzione della gravità relativa comporterà una riduzione proporzionale del totale dell'infrazione. L'importo di 24 600 euro al giorno dev'essere ridotto del 6,25%, ossia di 1 537,50 euro al giorno. Ciò determina la seguente rettifica:
- per la violazione dell'art. 12 della direttiva 78/319: 1 537,50.
119 Ritengo, inoltre, per effetto delle stesse regole del ragionamento deduttivo, che debbano applicarsi soltanto le sanzioni relative agli obblighi di smaltimento dei rifiuti (art. 4 della direttiva 75/442 e art. 5 della direttiva 78/319), in quanto comprendono - come ho già rilevato - l'obbligo di elaborare piani e programmi (art. 6 della direttiva 75/442 e art. 12 della direttiva 78/319). Le sanzioni relative a tali ultimi obblighi avranno carattere meramente teorico, nel senso che serviranno per calcolare la riduzione da applicare in caso di adempimento parziale, ossia nel caso in cui lo Stato convenuto elabori i piani e programmi senza riuscire a smaltire i rifiuti conformemente ad essi. Se ne deduce che la penalità da irrogare dev'essere configurata nel modo seguente:
- per la violazione dell'art. 4 della direttiva 75/442: 12 300;
- per la violazione dell'art. 5 della direttiva 78/319: 3 075.
E' possibile procedere ad una riduzione di 6 150 euro al giorno in caso di adempimento parziale degli obblighi derivanti dall'art. 6 della direttiva 75/442, e di 1 537,50 euro al giorno per l'eventuale adempimento parziale degli obblighi derivanti dall'art. 12 della direttiva 78/319.
120 Propongo, pertanto, d'irrogare alla Repubblica ellenica una penalità di 15 375 euro al giorno, a partire dalla data della notifica della sentenza della Corte e sino alla completa esecuzione della sentenza 7 aprile 1992.
V - Sulle spese
121 Dalla valutazione complessiva del ricorso da me proposta consegue che, ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la Repubblica ellenica dev'essere condannata alle spese.
VI - Conclusione
122 Alle luce di tutto quanto precede, propongo alla Corte di:
1) dichiarare che la Repubblica ellenica non si è conformata alla sentenza 7 aprile 1992, Commissione/Grecia (causa C-45/91), in quanto persiste nell'inadempimento degli obblighi impostile in relazione all'adozione delle misure necessarie per garantire che nella regione di La Canea i rifiuti e i rifiuti tossici e nocivi vengano smaltiti senza pericolo per salute umana e senza recare pregiudizio all'ambiente, e che per detta regione vengano elaborati piani o programmi per lo smaltimento dei rifiuti e dei rifiuti tossici e nocivi;
2) irrogare alla Repubblica ellenica una penalità di importo pari a 15 375 euro al giorno da versare a partire dalla data di notifica della sentenza che decide il presente procedimento e sino a che venga posta fine alle infrazioni;
3) condannare la Repubblica ellenica alle spese.
(1) - Direttiva 15 luglio 1975 (GU L 194, pag. 39).
(2) - Direttiva 20 marzo 1978 (GU L 84, pag. 43).
(3) - GU C 242, pag. 6.
(4) - GU C 63, pag. 2.
(5) - Racc. pag. I-2509.
(6) - V. punto 4 della prima Comunicazione (supra, paragrafo 13).
(7) - Il termine sanzione, più generico, non modifica la natura dell'istituto.
(8) - Alcalá-Zamora e Castillo, N.: Cuestiones de terminología procesal, Messico, 1972, pag. 54, citato da Aragoneses Martínez, S.: Las «astreintes», Madrid, 1985, pag. 17.
(9) - Salvo per avvisare che non rinuncia alla possibilità di chiederne l'inflizione.
(10) - Lo stesso Alcalá-Zamora completa la sua definizione affermando che l'astreinte «può anche consistere in una somma determinata che il debitore deve versare per ciascuna delle violazioni commesse» (ibidem).
(11) - I diritti di ispirazione anglosassone conoscono l'istituto del contempt of court che, sebbene persegua finalità analoghe, assume chiaramente profili penali, in quanto pone in primo piano la repressione dell'inosservanza delle decisioni giudiziarie, in quanto attacco all'autorità giudiziaria.
(12) - V., ad esempio, la sentenza citata in «Entscheidungen der Oberlandesgerichte in Zivilsachen», 1982, pag. 102 e segg., e Göhler, E.: Das Einführungsgesetz zum Strafgesetzbuch, Neue juristische Wochenschrift, 1974, pag. 825 e segg., in particolare a pag. 826.
(13) - Analogamente, il Consiglio di Sicurezza è abilitato a prendere i provvedimenti necessari in caso di mancata esecuzione di una sentenza della Corte internazionale di giustizia (art. 94 della Carta delle Nazioni Unite).
(14) - Quale risulta dalla modifica apportata dal Protocollo 11 marzo 1994, n. 11.
(15) - Direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE, che modifica la direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti (GU L 78, pag. 32).
(16) - Direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20).
(17) - Quarto `considerando' della direttiva 91/689.
(18) - V., ad esempio, sentenza 30 maggio 1991, causa C-361/88, Commissione/Germania (Racc. pag. I-2567, punto 31).
(19) - Ibidem.
(20) - Secondo quanto risulta dalla denuncia presentata il 22 settembre 1987 - e di cui il governo greco non ha mai contestato la veridicità - menzionata nella relazione d'udienza della succitata causa C-45/91 (Racc. 1992, pag. I-2510).
(21) - E che, significativamente, è intitolato «Environmental impact of uncontrolled solid waste combustion in the Kouroupitos» (Impatto ambientale dell'incenerimento incontrollato di rifiuti solidi nel Kouroupitos).
(22) - Gazzetta ufficiale del governo greco 1016/B/17.11.97.
(23) - Sentenza 28 maggio 1998, causa C-298/97, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-3301, punto 16).
(24) - Causa 14/81 (Racc. pag. 749, punto 28).
(25) - GU L 291, pag. 1.
(26) - Che è identico a quello previsto dall'art. 169 del Trattato (divenuto art. 226 CE), con la differenza che la Commissione nel suo parere motivato deve precisare «i punti» sui quali lo Stato convenuto non si è conformato alla prima sentenza.
(27) - Direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/48/CEE, relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni (GU L 19, pag. 16), oggetto della causa C-197/98, Commissione/Grecia, anch'essa relativa ad un procedimento ex art. 171.
(28) - Da un punto di vista strettamente giuridico, qualsiasi inosservanza di una sentenza della Corte riveste, in realtà, la stessa gravità, cioè quella corrispondente, è bene ribadirlo, all'inosservanza di una decisione avente carattere vincolante (v., in tal senso, il primo paragrafo del punto 3.1 della seconda Comunicazione, supra, paragrafo 14).
(29) - In tal senso, non credo debba attribuirsi significato più ampio al testo dell'art. 228, che sembra esigere che la Commissione indichi la sanzione da infliggere. In ogni caso, per conformarsi a siffatta interpretazione della norma, alla Commissione basterebbe proporre una sanzione simbolica.
(30) - V., in particolare, sentenze 13 luglio 1996, cause riunite 56/64 e 58/64, Consten e Grundig/Commissione (Racc. pag. 457); 22 gennaio 1976, causa 55/75, Balkan-Import Export (Racc. pag. 19, punto 8); 14 luglio 1983, causa 9/82, Øhrgaard e Delvaux/Commissione (Racc. pag. 2379, punto 14); 15 giugno 1993, causa C-225/91, Matra/Commissione (Racc. pag. I-3203, punti 24 e 25), e 5 maggio 1998, causa C-157/96, National Farmers' Union e a. (Racc. pag. I-2211, punto 39).
(31) - Nello stesso senso, v. il secondo paragrafo del punto 1 della seconda Comunicazione della Commissione (supra, paragrafo 14).
(32) - V., tra molte altre, sentenza 8 aprile 1992, causa C-256/90, Mignini (Racc. pag. I-2651, punto 16).
(33) - V., ad esempio, sentenza 5 ottobre 1994, causa C-280/93, Germania/Consiglio (Racc. pag. I-4973, punto 67).
(34) - Così ha dichiarato la Corte nell'ambito della giurisprudenza relativa al pubblico impiego. V., tra le altre, sentenze 30 gennaio 1974, causa 148/73, Louwage e a./Commissione (Racc. pag. 81, punto 12), e 29 marzo 1984, causa 25/83, Buick/Commissione (Racc. pag. 1773, punto 15).
(35) - In questo senso, in relazione alla politica degli aiuti di Stato, v. Jestaedt, Th. e Häsemeyer, U.: «Die Bindungswirkung von Gemeinschftsrahmen und Leitlinien im EG-Beihilfenrecht», Europäische Zeitschrift für Wirtschaftsrecht, 1995, pag. 787 e segg.
(36) - 500 x 6 x 2 x 4,1 = 24 600.
(37) - - Art. 4 della direttiva 75/442: 500 x 4 x 2 x 4,1 = 16 400
- Art. 6 della direttiva 75/442: 500 x 2 x 2 x 4,1 = 8 200
- Art. 5 della direttiva 78/319: 500 x 1 x 2 x 4,1 = 4 100
- Art. 12 della direttiva 78/319: 500 x 1 x 2 x 4,1 = 4 100.
(38) - Nella sua risposta scritta al quesito della Corte, la Commissione afferma, infatti, che «il metodo consistente nel proporre coefficienti di gravità e di durata diversi per ciascuna infrazione condurrebbe, qualora risultino violate più direttive o disposizioni, ad importi che, sommati, determinerebbero una penalità complessiva piuttosto elevata».
(39) - In tal senso, Díez-Hochleitner, J.: «La respuesta del T.U.E. al incumplimiento de las sentencias del Tribunal de Justicia por los Estados miembros», Revista de instituciones europeas, 1993, pagg. 837-899, in particolare a pag. 879.
(40) - Sebbene sia strano che per il calcolo della «capacità di pagamento» di ciascuno Stato membro si sia tenuto conto del numero di voti di cui detto Stato dispone nel Consiglio (v. punto 4 della seconda Comunicazione della Commissione, supra, paragrafo 14).
(41) - La nozione di «volontà», riferita ad uno Stato, è intesa sempre in senso metaforico. Così, anche un inadempimento non addebitabile alle autorità centrali di uno Stato dev'essere considerato come un esempio di «volontà di inadempimento» da parte di tale Stato.
(42) - García de Enterría, E. e Fernández, T.-R.: Curso de derecho administrativo, vol. I, Madrid, 1989, pag. 743.