61997C0375

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 26 novembre 1998. - General Motors Corporation contro Yplon SA. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal de commerce de Tournai - Belgio. - Direttiva 89/104/CEE - Marchi d'impresa - Tutela - Prodotti o servizi non simili - Marchio d'impresa che gode di notorietà. - Causa C-375/97.

raccolta della giurisprudenza 1999 pagina I-05421


Conclusioni dell avvocato generale


1 Nella presente causa, alla Corte è stato chiesto ancora una volta di avventurarsi nel territorio largamente inesplorato della normativa comunitaria relativa ai marchi d'impresa. La questione posta dal Tribunal de commerce (Tribunale commerciale) di Tournai (Belgio) riguarda l'interpretazione della nozione di marchio d'impresa che gode di «notorietà» in uno Stato membro di cui agli artt. 4, n. 4, lett. a), e 5, n. 2, della prima direttiva del Consiglio sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (1) (in prosieguo: la «direttiva sui marchi d'impresa» o, semplicemente, la «direttiva»).

2 La suddetta direttiva non si preoccupa di definire tale nozione. Inoltre, mentre si è cercato a livello internazionale di dare una definizione comune di marchio «notoriamente conosciuto» ai sensi della convenzione di Parigi, la direttiva sembrerebbe tracciare una distinzione tra marchio «notoriamente conosciuto» [di cui all'art. 4, n. 2, lett. d), della direttiva] e marchio che gode di «notorietà».

Fatti e procedimento dinanzi al giudice nazionale

3 La General Motors Corporation (in prosieguo: la «General Motors»), attrice nel procedimento principale a quo, è registrata negli Stati Uniti d'America. Essa è titolare del marchio d'impresa «Chevy», depositato il 18 ottobre 1971 presso l'ufficio Benelux dei marchi. Il marchio è stato oggetto di una registrazione Benelux con il n. 702 63, per designare in particolare autovetture. Con questa registrazione si rivendicano i diritti acquisiti con un precedente deposito belga del 1_ settembre 1961 e con un precedente utilizzo nei Paesi Bassi nel 1961 e nel Lussemburgo nel 1962. Attualmente in Belgio il marchio è usato più specificamente per designare vans e autoveicoli analoghi.

4 La convenuta nella causa principale, la Yplon SA (in prosieguo: la «Yplon»), è registrata a Bailleul, Belgio. Anch'essa utilizza il marchio «Chevy», sebbene non in relazione alle autovetture. La Yplon usa il marchio in relazione a detersivi, deodoranti ed altri prodotti di pulizia. Nell'ordinanza di rinvio è stato appurato che, sin dal 1988, la Yplon ha registrato e fatto un uso abituale, a volte anche intensivo, del suo marchio in relazione a tali prodotti nei paesi del Benelux e in diversi altri paesi, compresi molti altri Stati membri e vari paesi terzi.

5 In seguito ad una serie di attribuzioni, la Yplon è divenuta titolare di due registrazioni Benelux del marchio «Chevy» in relazione a a) prodotti della categoria 3, e cioè «preparati per pulire e altre sostanze per il bucato; preparati per pulire, lucidare, sgrassare e abradere; saponi, profumi, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli, dentifrici» (registrazione n. 443 389 del 30 marzo 1988), e b) detergenti e prodotti di pulizia delle categorie 1, 3 e 5 (registrazione n. 506 286 del 10 luglio 1991).

6 Con la sua citazione a comparire dinanzi al Tribunale belga, la General Motors ha chiesto, sulla base del precedente art. 13.A, 2, della legge uniforme Benelux sui marchi, un'inibitoria nei confronti della Yplon all'uso del marchio «Chevy».

7 Tuttavia, il 1_ gennaio 1996, l'art. 13.A, 2, della legge uniforme Benelux è stato sostituito dall'art. 13.A, 1, lett. c), in conformità al protocollo del 2 dicembre 1992 che modifica tale legge. Di conseguenza, la General Motors chiede ora al giudice a quo di dichiarare che l'uso da parte della Yplon del marchio «Chevy» era contrario al precedente art. 13.A, 2, della legge uniforme Benelux, dal momento che tale uso era continuato fino al 31 dicembre 1995, e che, dal 1_ gennaio 1996, il suddetto uso era incompatibile con l'art. 13.A, 1, lett. c), della legge modificata. Chiede che alla Yplon venga proibito di usare il marchio «Chevy», a pena del pagamento di una sanzione pecuniaria periodica.

8 La previgente legge uniforme Benelux (art. 13.A) stabiliva che il titolare esclusivo di un marchio aveva il diritto di opporsi:

1) a qualsiasi uso del marchio o di un contrassegno somigliante in relazione a prodotti per i quali il marchio è stato registrato, o per prodotti simili;

2) a qualsiasi altro utilizzo che, nel commercio e senza giustificato motivo, venga fatto del marchio o di un contrassegno somigliante, in condizioni che possono recare pregiudizio al titolare del marchio.

9 Questa legge è stata modificata allo scopo di recepire, sebbene in ritardo, la direttiva sui marchi d'impresa nell'ordinamento del Benelux: nonostante la direttiva dovesse essere trasposta negli ordinamenti degli Stati membri entro il 31 dicembre 1992, la legge Benelux modificata non è entrata in vigore fino al 1_ gennaio 1996 (2). L'art. 13.A, 1, lett. c), della legge Benelux modificata stabilisce che il titolare di un marchio ha il diritto di opporsi a qualsiasi uso che, nel commercio e senza giustificato motivo, venga fatto di un marchio che gode di reputazione all'interno del territorio del Benelux o di un contrassegno somigliante per prodotti non simili a quelli per cui il marchio è stato registrato, se l'uso di tale contrassegno consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla reputazione del marchio o reca pregiudizio agli stessi. Tale disposizione è intesa a trasporre l'art. 5, n. 2, della direttiva, i cui termini sono indicati più avanti, al paragrafo 20.

10 Sebbene la Yplon abbia usato il suo marchio sin dal 1988, solo il 12 ottobre 1995 ha ricevuto per la prima volta dal difensore della General Motors una formale ingiunzione con cui le si intimava di cancellare volontariamente la sua registrazione Benelux e la sua registrazione internazionale, nonché di impegnarsi ufficialmente a rinunciare a qualunque uso del contrassegno «Chevy». La General Motors sostiene che l'uso da parte della Yplon del contrassegno «Chevy» comporta una diluizione del suo marchio e quindi pregiudica la sua funzione pubblicitaria.

11 La Yplon, tuttavia, sostiene che il marchio «Chevy» della General Motors non gode di alcuna reputazione all'interno del Benelux, e che pertanto non può beneficiare della protezione concessa dalle disposizioni in questione. Inoltre, dal momento che i prodotti interessati dalle registrazioni dei rispettivi marchi sono del tutto differenti, la Yplon ritiene che l'utilizzo del suo marchio «Chevy» non possa in alcun modo danneggiare il carattere distintivo del marchio della General Motors.

12 La Yplon afferma che in numerose occasioni, dal 1994, la General Motors ha contestato la sua registrazione del marchio «Chevy» in diversi paesi dell'Europa, in particolare in Germania, Spagna e Danimarca, e che ogni volta la sua domanda è stata respinta. Inoltre, la Yplon sostiene che sono state effettuate diverse registrazioni del marchio «Chevy» da parte di terzi, compresi molti omonimi e quasi-omonimi, quali «Chevi», «Chewy», «Chevys», «Chevu Chase», «Chevi-Perform», «Chavy», e «Cherry».

13 Nel procedimento a quo, la Yplon ha chiesto in via riconvenzionale che il marchio della General Motors fosse dichiarato decaduto in ragione del suo mancato uso, e che la General Motors fosse condannata al pagamento dei danni per aver proposto un'azione vessatoria e priva di ogni fondamento. Secondo la Yplon, la General Motors non ha usato il suo marchio nei paesi del Benelux né nei tre anni successivi alla richiesta di registrazione né in seguito per un periodo ininterrotto di cinque anni. La General Motors, per contro, ha prodotto documenti per provare l'utilizzo del marchio.

14 Il Tribunal de commerce di Tournai osserva che l'applicazione della disposizione della legge Benelux rilevante nella presente fattispecie comporta la comprensione del concetto di marchio d'impresa che gode di «reputazione». Dopo aver rilevato che non vi è alcuna giurisprudenza relativa al significato da attribuire a tale nozione, e ritenendo che fosse necessario definirlo affinché la disposizione potesse essere applicata dai giudici, ha sottoposto alla Corte la seguente questione:

«Alla lettura dell'art. 13.A, 1, lett. c), della legge uniforme Benelux introdotto in conformità del protocollo di modifica in vigore dal 1_ gennaio 1996, quale significato esatto occorra dare all'espressione "reputazione del marchio" e se si possa anche dire che questa "reputazione" valga per tutto il territorio Benelux o per una parte di esso».

15 Nel procedimento dinanzi alla Corte sono state presentate osservazioni scritte dalla General Motors e dalla Yplon, dai governi belga, francese e olandese, e dalla Commissione. All'udienza erano rappresentati la General Motors e la Yplon, i governi dei Paesi Bassi e del Regno Unito e la Commissione.

Ricevibilità

16 Sebbene la questione proposta riguardi l'interpretazione di una legge nazionale in relazione alla quale la Corte non è competente nei procedimenti di cui all'art. 177 del Trattato CE, ritengo che il rinvio sia ammissibile, dal momento che l'art. 13.A, 1, lett. c), è inteso a trasporre l'art. 5, n. 2, della direttiva. Come osserva la Commissione, la Corte può quindi assistere il giudice a quo elaborando la sua risposta in termini d'interpretazione della direttiva.

17 La questione può pertanto essere riformulata come segue:

«1) Come debba essere interpretata la nozione di marchio d'impresa che gode di "notorietà" ai sensi dell'art. 5, n. 2, della direttiva.

2) Se la notorietà del marchio debba estendersi a tutti i paesi del Benelux, o sia sufficiente che essa sia riscontrabile in uno di questi paesi o in una parte di esso».

La direttiva

18 La direttiva sui marchi d'impresa è stata adottata in attuazione dell'art. 100 A del Trattato CE. Il suo scopo non era «procedere ad un riavvicinamento completo delle legislazioni degli Stati membri in tema di marchi di impresa», bensì ravvicinare le «disposizioni nazionali che hanno un'incidenza più diretta sul funzionamento del mercato interno» (terzo `considerando' della direttiva).

19 Secondo il nono `considerando', nonostante l'obiettivo di armonizzazione della direttiva, gli Stati membri non sono privati «della facoltà di tutelare maggiormente i marchi d'impresa che abbiano acquisito una notorietà» (3). Inoltre, il sesto `considerando' stabilisce che la direttiva «non esclude che siano applicate ai marchi di impresa norme del diritto degli Stati membri diverse dalle norme del diritto dei marchi di impresa, come le disposizioni sulla concorrenza sleale, la responsabilità civile o la tutela dei consumatori».

20 L'art. 5 della direttiva precisa i diritti conferiti dal marchio d'impresa:

«1. Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a) un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b) un segno che, a motivo dell'identità o della somiglianza di detto segno col marchio di impresa e dell'identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa.

2. Uno Stato membro può inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio di impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l'uso immotivato del segno consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi».

21 Disposizioni corrispondenti a quelle di cui agli artt. 5, n. 1, lett. a), 5, n. 1, lett. b), e 5, n. 2, sono contenute all'art. 4, che disciplina gli impedimenti alla registrazione del marchio e i motivi di nullità: v. gli artt. 4, n. 1, lett. a), 4, n. 1, lett. b), e 4, n. 4, lett. a), - l'art. 4, n. 4, lett. a), corrisponde all'art. 5, n. 2 (4).

22 Disposizioni analoghe a quelle della direttiva appaiono nel regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (5). Il regolamento si riferisce sia ai marchi nazionali che godono di «notorietà nello Stato membro in questione», sia ai marchi comunitari che godono di «notorietà nella Comunità» [art. 8, n. 5, e art. 9, n. 1, lett. c)].

La struttura della direttiva

23 La direttiva assicura pertanto tre livelli di protezione. In primo luogo, i titolari dei marchi hanno il diritto immediato di vietare l'uso di marchi identici in relazione a beni e servizi identici a quelli per i quali il marchio è stato registrato [art. 5, n. 1, lett. a)].

24 In secondo luogo, se il segno cui il titolare del marchio si è opposto è identico o simile al suo marchio registrato e i rispettivi beni o servizi sono identici o simili, il titolare può vietare l'uso del segno, ma esclusivamente a condizione che esso possa dare adito a rischi di confusione per il pubblico [art. 5, n. 1, lett. b)].

25 In terzo luogo, gli Stati membri hanno facoltà di predisporre un ulteriore tipo di tutela per i marchi che godono di notorietà, rispetto all'uso di un segno identico o simile per beni e servizi che non sono simili a quelli per cui il marchio è stato registrato, se l'uso immotivato di tale segno consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio d'impresa o reca pregiudizio agli stessi: ai sensi dell'art. 5, n. 2, gli Stati membri possono prevedere che, in tali circostanze, il titolare del marchio abbia il diritto di vietare ai terzi di usare il marchio nel commercio senza il suo consenso. Nella fattispecie è in discussione il significato dell'espressione «marchio che gode di notorietà».

L'art. 5, n. 2

26 In limine si può osservare che, a differenza dell'art. 5, n. 1, lett. b), l'art. 5, n. 2, non richiede il rischio di confusione per il pubblico. Alcuni hanno sostenuto che il requisito della confusione fosse implicito nell'art. 5, n. 2, in quanto sembrava paradossale che la confusione fosse richiesta dall'art. 5, n. 1, lett. b), qualora i rispettivi beni e servizi fossero identici o simili, ma non dall'art. 5, n. 2, in relazione a beni e servizi diversi. In ogni caso, il problema è stato risolto dalla Corte nella sentenza SABEL (6), la quale, pronunciandosi sull'art. 5, n. 1, lett. b), ha dichiarato che l'art. 5, n. 2, non richiede la confusione.

27 L'art. 5, n. 2, non richiede neppure la somiglianza tra i beni e i servizi interessati. Tradizionalmente, in molti Stati membri i marchi d'impresa sono stati protetti in attuazione del principio di «specialità», vale a dire il principio secondo cui i marchi vanno protetti solo in relazione ai beni e servizi rispetto ai quali sono stati registrati, o in relazione a beni e servizi simili. La tutela dei beni e servizi diversi è stata spesso concessa dalle legislazioni nazionali relative alla concorrenza sleale e settori analoghi, piuttosto che dalla legislazione sui marchi d'impresa.

28 La Commissione rileva che l'art. 5, n. 2, non era apparso nella sua proposta iniziale di direttiva da essa trasmessa, giacché essa riteneva che una tutela così ampia non fosse giustificata per i marchi nazionali, ma dovesse essere limitata ad un numero ristretto di marchi comunitari, vale a dire a marchi notoriamente conosciuti (7). In ogni caso, nel corso dei lavori del Consiglio, era stata introdotta una disposizione a tutela dei marchi che godono di «notorietà» su richiesta dei paesi del Benelux, ed era divenuta l'art. 5, n. 2, della direttiva.

29 Nonostante l'art. 5, n. 2, sia chiaramente fondato sull'art. 13.A, 2 della legge uniforme Benelux, sussistono tuttavia alcune importanti differenze. In primo luogo, la protezione è prevista solo per i marchi che godono di «notorietà». In secondo luogo, la protezione è prevista solo in relazione ai beni e servizi che non sono simili. In terzo luogo, la direttiva indica il tipo di danno nei confronti del quale è prevista la tutela. Questi sono gli elementi chiave dell'art. 5, n. 2.

Marchi che godono di notorietà e marchi notoriamente conosciuti (8)

30 Tanto nel procedimento dinanzi alla Corte, quanto nella discussione generale sull'argomento, l'attenzione è stata focalizzata sul rapporto tra «marchi che godono di notorietà» di cui all'art. 4, n. 4, lett. a), e all'art. 5, n. 2, della direttiva, e marchi notoriamente conosciuti nel senso attribuito a tale espressione dall'art. 6 bis della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale. Vi è un riferimento ai marchi notoriamente conosciuti in questo senso all'art. 4, n. 2, lett. d), della direttiva.

31 La General Motors, i governi belga e olandese e la Commissione sostengono che la condizione prevista dalla direttiva, secondo cui un marchio deve godere di «notorietà», è un requisito meno rigoroso rispetto a quello secondo cui esso debba essere notoriamente conosciuto. Questa è anche l'opinione accolta nel memorandum WIPO del 1995 sui marchi notoriamente conosciuti (9).

32 Allo scopo di comprendere la relazione intercorrente tra le due espressioni, è utile considerare i termini e lo scopo della protezione offerta ai marchi notoriamente conosciuti in base alla convenzione di Parigi e all'accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (TRIPs). L'art. 6 bis della convenzione di Parigi prevede che i marchi notoriamente conosciuti sono protetti contro la registrazione o l'uso di una «riproduzione, imitazione o traduzione atte a produrre confusione» rispetto a beni identici o simili. Tale protezione è estesa dall'art. 16, n. 3, del TRIPs ai prodotti o servizi non affini a quelli per i quali un marchio è stato registrato, a condizione che l'uso di tale marchio «indichi un nesso tra i medesimi prodotti o servizi e il titolare del marchio registrato e purché esista il rischio che tale uso possa pregiudicare gli interessi del titolare del marchio registrato». La protezione concessa ai marchi notoriamente conosciuti da queste disposizioni sembrerebbe intesa ad assicurare una tutela speciale per questi marchi contro lo sfruttamento in paesi in cui non siano ancora stati registrati.

33 La protezione dei marchi notoriamente conosciuti in base alla convenzione di Parigi e al TRIPs è pertanto una protezione di tipo eccezionale, concessa anche ai marchi non registrati. Non sarebbe quindi sorprendente che il requisito secondo cui il marchio debba essere notoriamente conosciuto richiedesse uno standard relativamente elevato affinché il marchio potesse fruire di tale protezione eccezionale. Nel caso dei marchi che godono di notorietà non è possibile formulare considerazioni di questo tipo. In realtà, come suggerirò più avanti, non vi è alcuna necessità di imporre uno standard così elevato per soddisfare il requisito della notorietà di cui all'art. 5, n. 2, della direttiva.

34 Questa tesi è corroborata quanto meno da alcune diverse versioni linguistiche della direttiva. Nel testo tedesco, ad esempio, i marchi previsti dall'art. 6 bis della convenzione di Parigi sono definiti «notorisch bekannt», mentre quelli previsti nell'art. 4, n. 4, lett. a), e nell'art. 5, n. 2, sono definiti semplicemente «bekannt». Analogamente, le due espressioni in olandese sono rispettivamente «algemeen bekend» e «bekend».

35 I testi francese, spagnolo e italiano sono invece leggermente meno chiari, dal momento che adoperano rispettivamente le espressioni «notoirement connues», «notoriamente conocidas» e «notoriamente conosciuti» in relazione ai marchi di cui all'art. 6 bis della convenzione di Parigi, e le espressioni «jouit d'une renommée», «goce de renombre» e «gode di notorietà» per i marchi di cui agli artt. 4, n. 4, lett. a), e 5, n. 2, della direttiva.

36 Vi è una certa ambiguità anche nel testo inglese. Il termine «well known» di cui all'art. 6 bis della convenzione di Parigi ha una connotazione di tipo quantitativo (il Concise Oxford Dictionary definisce «well known» come «noto ai più» (10)), mentre il termine «reputation» di cui all'art. 4, n. 4, lett. a), e all'art. 5, n. 2, potrebbe configurare criteri di tipo qualitativo. Il Concise Oxford Dictionary definisce il termine «reputation» come «1. ciò che viene generalmente detto o creduto in relazione al carattere o alla situazione di una persona o di una cosa (...); 2. il fatto di essere ben considerato; distinzione; rispettabilità (...); 3. credito, fama, o notorietà». In verità, è stato suggerito che vi è una discrepanza tra il testo tedesco e i testi inglese e francese, dal momento che la «notorietà» di un marchio non è un concetto quantitativo ma semplicemente l'attrattiva di un marchio, che gli conferisce un valore pubblicitario (11).

37 A prescindere dal fatto che la nozione di marchio che gode di notorietà sia di tipo quantitativo, qualitativo o di entrambi i tipi, è possibile a mio parere concludere che, sebbene la nozione non sia in sé chiaramente definita, un marchio che gode di «notorietà» non ha bisogno di essere conosciuto così come un marchio notoriamente conosciuto.

38 Sorge quindi la questione se si possa trovare un qualunque criterio per stabilire che cosa s'intenda per marchio che gode di notorietà. Secondo il governo francese, dal momento che l'art. 5, n. 2, deroga ad un principio generale del diritto dei marchi d'impresa, vale a dire il principio di specialità, offrendo una tutela in relazione a beni e servizi non collegati fra di loro, la norma deve essere interpretata in senso stretto. Esso afferma che, sebbene l'art. 5, n. 2, non sia limitato, come suggerisce la Yplon, solo ai marchi famosi, ciononostante, per beneficiare dell'art. 5, n. 2, un marchio deve soddisfare due condizioni: in primo luogo, deve essere conosciuto da un'ampia porzione del pubblico interessato ai due prodotti in questione - nella specie, prodotti di pulizia e autovetture; in secondo luogo, il marchio precedente deve avere una notorietà tale che il consumatore, alla vista del marchio contestato, associ il marchio successivo a quello precedente e li metta in collegamento tra loro.

39 A mio parere non vi è dubbio che, se si vuole dare alla nozione di marchio che gode di notorietà un qualche significato, si deve accertare che tale marchio sia noto ad una parte significativa del pubblico interessato. Sembra dubbio, tuttavia, che sia necessario specificare nei dettagli i requisiti che deve soddisfare un marchio che gode di notorietà.

40 In primo luogo, come ha sottolineato lo stesso governo francese - ed anche altri in questo procedimento -, è difficile formulare una definizione generale ed è essenziale che i giudici nazionali procedano caso per caso, senza ricorrere a criteri rigidi, che potrebbero rilevarsi arbitrari nell'applicazione ai casi specifici. Ad esempio, la pratica di usare percentuali fisse del pubblico interessato è attualmente ampiamente criticata, e potrebbe risultare inadeguata se applicata da sola.

41 In secondo luogo, per effettuare un accertamento realistico della notorietà, i giudici dovrebbero usare vari criteri, compreso, ad esempio, il grado di conoscenza o di riconoscibilità del marchio tra il pubblico interessato, la durata, l'estensione e l'area geografica di uso del marchio, l'entità e la portata dell'investimento nella promozione del marchio (12).

42 Soprattutto, è necessario dare il giusto peso all'insieme delle disposizioni dell'art. 5, n. 2. Di conseguenza, in ciascun caso il giudice a quo dev'essere convinto che l'uso del segno contestato sia avvenuto senza giustificato motivo, e che esso consenta di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio d'impresa, o rechi pregiudizio agli stessi. Questi criteri, se applicati correttamente, assicureranno che il marchio che gode di notorietà, a prescindere dal fatto che tale notorietà sia o meno sostanziale, non fruisca di una protezione indebitamente estesa.

43 Va rilevato in particolare che l'art. 5, n. 2, a differenza dell'art. 5, n. 1, lett. b), non si riferisce alla mera possibilità o probabilità che le sue condizioni vengano soddisfatte. La formulazione adoperata è più esplicita: «trarre indebito vantaggio, o recare pregiudizio» (il corsivo è mio). Inoltre il trarre un indebito vantaggio e il subire un pregiudizio devono essere adeguatamente provati, in altre parole, accertati adeguatamente dal giudice nazionale: quest'ultimo dev'essere convinto dalla prova di un pregiudizio effettivo, o di un vantaggio indebito. Il modo preciso di amministrare tale prova, a mio parere, costituisce un problema riguardante le regole probatorie e processuali nazionali, esattamente come nell'ipotesi in cui si debba stabilire la probabilità di confusione: v. il decimo `considerando' del preambolo.

44 Pertanto, in risposta alla prima questione, concludo nel senso che la nozione di marchio il quale gode di notorietà ai sensi dell'art. 5, n. 2, della direttiva deve essere interpretata nel senso di marchio conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato, ma che non ha bisogno dello stesso grado di notorietà di un marchio notoriamente conosciuto ai sensi della convenzione di Parigi.

La seconda questione

45 Affronterò a questo punto la questione se, tenuto conto della natura unitaria del sistema Benelux dei marchi d'impresa, la notorietà di un marchio debba estendersi a tutti e tre i paesi del Benelux o se sia sufficiente che sia riscontrabile in uno di questi paesi o in una parte di esso. L'esistenza del sistema Benelux dei marchi d'impresa è espressamente riconosciuta dall'art. 1 e dall'art. 4, n. 2, lett. a), della direttiva. In ogni caso, l'art. 4, n. 4, lett. a), e l'art. 5, n. 2, si riferiscono ai marchi che godono di notorietà nello «Stato membro» interessato.

46 Risulta che, nel sistema del Benelux, se viene proposta un'azione semplicemente per vietare l'uso di un determinato marchio registrato, un provvedimento che vieti tale uso può essere limitato solo ad un paese particolare, ma che la registrazione di un marchio vale o è annullata per tutto il Benelux (13). Concordo con l'opinione della Commissione secondo cui, dal momento che i paesi del Benelux hanno unificato la loro legislazione sui marchi d'impresa, il territorio del Benelux dev'essere equiparato al territorio di uno Stato membro ai fini dell'applicazione dell'art. 5, n. 2, della direttiva.

47 Quanto al significato di notorietà in uno Stato membro, è sufficiente, a mio parere, che il marchio abbia notorietà in una parte rilevante del suddetto Stato. E' di conseguenza sufficiente che il marchio goda di notorietà in una parte rilevante del territorio del Benelux, che potrebbe corrispondere ad uno solo dei paesi in questione. Questo è l'unico metodo per riconoscere le differenze culturali e linguistiche che possono esistere all'interno di uno Stato membro; di conseguenza, un marchio potrebbe avere notorietà regionale, per esempio nella parte del Belgio di lingua olandese.

Conclusione

48 In conclusione, ritengo che le questioni proposte dal Tribunal de commerce di Tournai, debbano essere risolte nel modo seguente:

«1) affinché un marchio goda di "notorietà" ai sensi dell'art. 5, n. 2, della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, deve essere accertato che il marchio è conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato;

2) è sufficiente che tale notorietà sia estesa ad una parte rilevante del territorio del Benelux, che può essere solo una parte di un solo paese del Benelux».

(1) - Direttiva 21 dicembre 1988, 89/104/CEE (GU 1989, L 40, pag. 1).

(2) - In base all'art. 16, n. 1, della direttiva, gli Stati membri avrebbero dovuto recepirne le disposizioni entro il 28 dicembre 1991. Tuttavia, in base alla decisione della Commissione 92/10/CEE (GU L 70, pag. 27), il Consiglio ha fatto uso del potere conferitogli dall'art. 16, n. 2, ed ha posticipato il termine ultimo per la trasposizione della direttiva al 31 dicembre 1992.

(3) - Questa nota interessa la versione delle conclusioni in lingua inglese.

(4) - L'art. 4, n. 3, contiene disposizioni corrispondenti all'art. 4, n. 4, lett. a), in relazione ad un marchio d'impresa comunitario, e si riferisce ad un marchio d'impresa comunitario che gode di notorietà nella Comunità. La protezione di tali marchi, in ogni caso, è obbligatoria e non discrezionale.

(5) - GU 1994, L 11, pag. 1.

(6) - Sentenza 11 novembre 1997, causa C-251/95 (Racc. pag. I-6191).

(7) - V. la proposta della Commissione (GU 1980, C 351, pag. 1, e Boll. CE, Supplemento 5/80).

(8) - Vi è dottrina abbondante sull'argomento: v., in particolare, Frederick W. Mostert, Famous and Well-Known Marks, An International Analysis, Butterworths, 1997.

(9) - Memorandum preparato dall'International Bureau in relazione alle discussioni tenute nel novembre 1995 sulla definizione di marchio notoriamente conosciuto, WKM/CE/1/2, punto 35.

(10) - O «completamente conosciuto», ma quest'ultimo significato è chiaramente inapplicabile al contesto dei marchi d'impresa.

(11) - A. Kur, Well-known marks, highly renowned marks and marks having a (high) reputation - what's it all about?, in IIC, n. 23, 1992, pag. 218.

(12) - V. la discussione sul marchio «notoriamente conosciuto» tenuta dalla World Intellectual Property Organisation a Ginevra. V., in particolare, i seguenti documenti prodotti per lo Standing Committee on the Law of Trademarks, Industrial Designs and Geographical Indications in relazione all'incontro del luglio 1998: SCT/1/3, SCT/1/5, SCT/1/6.

(13) - T. van Innis, Les signes distinctifs, Bruxelles, 1997, pagg. 467-469.